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Studio sull'esposizione al rischio da micotossine nel polline

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

DIPARTIMENTO DI SCIENZE VETERINARIE

Corso di Laurea Magistrale in

SCIENZE E TECNOLOGIE DELLE PRODUZIONI ANIMALI

TESI DI LAUREA

Studio sull’esposizione al rischio da micotossine nel polline

Candidata

Dott.ssa Alice Alpini

Relatore

Prof. Carlo D’Ascenzi

_______________________________________ ______________________________________

Correlatore

Prof.ssa Roberta Nuvoloni

___________________________________________

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Indice

Indice ... 2

Introduzione ... 6

PARTE GENERALE ... 7

1 Significato botanico ed entomologico del polline. ... 8

1.1 Il Polline sotto il profilo botanico... 8

1.1.1 L’impollinazione ... 8

Impollinazione anemofila ... 8

Impollinazione zoofila ... 9

1.1.2 La struttura e le caratteristiche del polline ... 9

1.1.3 La morfologia del granulo pollinico ... 10

1.1.4 Categorie di granuli di polline ... 11

1.2 Il polline per le api... 13

1.2.1 Il ruolo del polline per le api ... 13

1.2.2 Il polline come alimento per le api ... 14

2 Il polline come prodotto dell’apicoltura ... 16

2.1 Il polline d’api come prodotto alimentare ... 16

2.1.1 Introduzione ... 16

2.1.2 Tipologie commerciali di polline ... 16

2.1.3 Il processo produttivo ... 17

2.1.4 Composizione chimica del polline ... 21

2.1.5 Proprietà nutraceutiche del polline d’api ... 22

Proprietà ricostituenti ... 22

Proprietà ipolidemiche ... 22

Proprietà positive nei confronti del sistema cardiocircolatorio ... 23

Proprietà positive nei confronti della funzionalità epatica ... 23

Proprietà antiinfiammatoria ... 24

Proprietà antiallergiche ... 24

Proprietà antibiotiche ... 24

Proprietà positive nei confronti della prostata ... 24

Proprietà antidepressive ... 25

Proprietà antiossidanti ... 25

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Proprietà antidiabetiche ... 25

3 La sicurezza alimentare del polline ... 26

3.1 I principi della sicurezza alimentare ... 26

3.1.1 L’igiene dei prodotti alimentari ... 26

3.1.2 Gli strumenti di dimostrazione ... 28

3.1.2.1 Buone Pratiche di Lavorazione (GMP) ... 28

3.1.2.2 Il sistema HACCP ... 29

3.2 La gestione della sicurezza alimentare del polline ... 30

3.2.1 Introduzione ... 30

3.2.2 Obbiettivi di “sicurezza alimentare” ... 30

3.2.2.1 Pericoli microbiologici ... 30

3.2.2.2 Pericoli chimici ... 31

3.2.3 Obbiettivi di “idoneità alimentare” ... 31

3.2.3.1 Contaminazioni da agenti e sostanze estranee ... 31

3.2.3.2 Fenomeni alterativi ... 32

3.3 Misure di prevenzione ... 34

3.3.1 Efficacia preventiva delle buone pratiche apistiche ... 34

3.3.2 Deumidificazione ... 35

3.3.3 Comunicazione al consumatore ... 36

4. La valutazione del rischio di contaminazione da micotossine nel polline ... 37

4.1 Muffe e micotossine ... 37

4.2 Identificazione del pericolo micotossine ... 38

4.3 Esposizione al rischio da micotossine ... 40

4.3.1 La contaminazione fungina del polline ... 40

4.3.2 Fattori condizionanti lo sviluppo e la tossinogenesi delle specie fungine ... 40

4.4 Le aflatossine ... 42

4.4.1 Identificazione del pericolo alimentare da aflatossine ... 42

4.4.2 Esposizione al rischio alimentare da aflatossine ... 43

4.4.3 La gestione del rischio alimentare da aflatossine ... 44

4.5 Ocratossine ... 46

4.5.1 Identificazione del pericolo alimentare da ocratossine ... 46

4.5.2 La gestione del rischio alimentare da ocratossine ... 47

4.6 Zearalenone ... 48

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4

4.6.2 Gestione del rischio alimentare da zearalenone ... 48

4.7 Fumonisine ... 50

4.7.1 Identificazione del pericolo da fumonisine ... 50

4.7.2 La gestione del rischio alimentare da fumonisine ... 50

4.8 Deossinivalenolo ... 52

4.8.1 Identificazione del pericolo alimentare da deossinivalenolo ... 52

4.8.2 La gestione del rischio alimentare da deossinivalenolo ... 52

4.9 Tossine T-2 e HT-2 ... 54

4.9.1 Identificazione del pericolo alimentare da tossine T-2 e HT-2 ... 54

4.9.2 Gestione del rischio alimentare da tossine T-2 e HT-2 ... 54

PARTE SPERIMENTALE ... 55

5. Introduzione alla parte sperimentale ... 56

6. Materiali e metodi ... 57

6.1 Piano sperimentale ... 57

6.2 Analisi fisico-chimiche... 58

6.2.1 Determinazione della activity water ... 58

Taratura dello strumento ... 58

Misurazione ... 58

Trascrizione dei valori di aw riscontrati ... 58

6.3 Analisi micologiche ... 60

6.3.1 Metodologia impiegata ... 60

6.3.2 Identificazione dei lieviti attraverso Kit 32C Sistema ID32C ... 60

6.4 Analisi chimiche ... 62

6.4.1 Metodologia impiegata ... 62

6.4.2 Accertamento della Fumonisina mediante Fumonisin Elisa Assay ... 62

6.4.3 Accertamento del Zearalenone mediante Zearalenone ELISA Assay ... 63

6.4.4 Accertamento della Deossinivalenolo mediante Deoxynivalenol (DON) Assay ... 63

6.4.5 Accertamento dell’Ocratossina A mediante Ochratoxin A Assay For Grains ... 64

6.4.6 Accertamento dell’Aflatossina B1 mediante Aflatoxins ELISA Assay ... 64

7. Risultati ... 66

7.1 Analisi fisico-chimiche: aw ... 66

7.1.1 aw determinata al momento delle analisi micologiche e chimiche ... 66

7.1.2 aw determinata a 150 gg dalla prima apertura dei campioni ... 67

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7.3 Analisi chimiche: micotossine... 70

8. Considerazioni e conclusioni ... 71

Analisi fisico-chimiche: aw ... 71

Analisi micologiche ... 72

Analisi chimiche: micotossine ... 73

Bibliografia ... 76

Sitografia ... 84

Elenco delle norme riportate ... 85

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Introduzione

Il polline d’api è un prodotto primario dell’apicoltura esposto, per la sua origine integralmente naturale, alla contaminazione da specie fungine potenzialmente tossigene, che in specifiche condizioni ambientali possono trovare opportunità di sviluppo.

Le micotossine sono composti tossici prodotti dal metabolismo secondario di alcune specie di funghi appartenenti per la maggior parte a tre generi molto diffusi, Aspergillus, Penicillium e Fusarium, mentre altri generi hanno minore importanza (Claviceps, Alternaria, Cladosporium e Rhizopus). Fra le micotossine più conosciute e temute troviamo: Aflatossine B1 (M1 nel latte), B2, G1 e G2; Ocratossina A; Patulina; Deossinivalenolo; Zearalenone; Fumonisine; Tossine T2 e HT2; Citrinina; alcaloidi della Claviceps spp (particolarmente, ergometrina, ergotamina, ergosina, ergocristina, ergocriptina ed ergocornina nonché le «-inine» ad esse associate).

Il presente studio ha voluto indagare sul rischio di contaminazione da micotossine nel polline, valutando i valori di aw, la contaminazione fungina e la presenza di tossine (ELISA essay per Aflatossine, Fumonisina, Zearalenone, Deossinivalenolo, Tossina T2, Ocratossina A.) in polline grezzo prodotto in Toscana durante l’annata pollinica 2017.

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1 Significato botanico ed entomologico del polline.

1.1 Il Polline sotto il profilo botanico

Il polline è il veicolo attraverso il quale, nel processo di fecondazione del fiore, il patrimonio genetico maschile viene trasferito all’interno dell’ovario dove darà origine a tutte quelle trasformazioni che porteranno alla formazione del frutto (Biondi, 2000).

1.1.1 L’impollinazione

L'impollinazione è il trasporto di polline, non intenzionale da parte della pianta, dalla componente sessuale maschile (lo stame, la cui parte terminale sono le antere) alla componente sessuale femminile (stigma), dell'apparato riproduttivo delle piante (contenuto nei coni o nei fiori) appartenente alla stessa pianta o a piante diverse della stessa specie.

L'impollinazione incrociata, che consiste nel trasferire polline di una specie ad un altro esemplare della stessa specie, è quella che assicura il mantenimento della varietà genetica e, di conseguenza, la maggior salute e resistenza delle piante alle malattie e ai fattori ambientali.

Ci sono due principali forme di impollinazione incrociata: l’impollinazione anemofila e l’impollinazione entomofila.

Impollinazione anemofila

È la più semplice forma di trasporto del polline. I fiori ad impollinazione anemofila sono normalmente piccoli e la maggior parte delle volte appartenenti alle piante filogeneticamente meno evolute (es. Gimnosperme).

Dato che il vento non garantisce che il polline arrivi sempre a destinazione, le specie anemofile affidano la riuscita dell’impollinazione ad una elevata produzione di polline. Spesso le piante anemofile sviluppano un evidente dimorfismo sessuale, con organi maschili adatti a produrre una grande quantità di granuli pollinici e con quelli femminili fatti in modo da riuscire ad intercettarli con facilità ad esempio avendo uno stigma frangiato in modo da poter catturare il polline che passa nell'aria vicina a loro.

I granuli pollinici delle specie anemofile sono leggeri ed asciutti, di piccole dimensioni, talvolta dotati di dispositivi che ne favoriscono la sospensione nell’aria (come ad esempio sacche aerifere nei pollini delle conifere), spesso anche causa di allergie.

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Impollinazione zoofila

L’impollinazione zoofila è quella operata da animali come piccoli uccelli (colibrì) nelle zone tropicali, pipistrelli, ma soprattutto insetti appartenenti a vari ordini, quali lepidotteri, coleotteri, ditteri e imenotteri. L’impollinazione aiutata dagli insetti si chiama entomofila.

I fiori a impollinazione entomofila hanno bisogno di attirare gli insetti e lo fanno con profumo intenso e colori vivaci, sono dotati di corolle e calici ampi, e producono molto nettare.

Questa differenza nell’aspetto dei fiori ha fatto sì che le api potessero distinguere e concentrarsi quindi su quei fiori che hanno pollini importanti per la propria nutrizione.

Le piante zoofile producono poco polline, di dimensioni più grandi e pesanti, con una consistenza morbida e malleabile, e un profumo dolce e aromatico. Fioriscono in periodi stagionali o in momenti della giornata favorevoli ai pronubi specifici.

1.1.2 La struttura e le caratteristiche del polline

La Palinologia, dal greco παλύνειν, spargere, o da παλε, farina e λόγος, parola, discorso, studio, è la scienza che studia il polline, termine di derivazione latina (pollen-linis) che significa “fior di farina” e “polvere finissima”.

Il primo che si accorse che gli insetti trasportavano il polline da un fiore ad un altro fu Christian Konrad Sprengel nel 1793.

Il polline è un organismo aploide, che si sviluppa nei loculi, cavità dell’antera circondate da un tessuto effimero, il tappeto, che ha la funzione di nutrire e regolare lo sviluppo dei granuli (Pacini, 1997). Quando i granuli sono fisiologicamente maturi l’antera si apre ed espone il polline agli agenti disperdenti. Questo processo di apertura è anticipato da una parziale perdita di acqua da parte dell’antera, inoltre anche i granuli prima, durante o dopo l’apertura possono perdere acqua (Pacini, 2000). Al momento dell’apertura dell’antera il polline può essere:

• espulso dall’antera, come in alcune piante anemofile;

• disperso non appena l’antera si apre, perché non ci sono meccanismi che lo trattengono, come avviene in molte piante anemofile;

• trattenuto nell’antera dal pollenkitt, una sostanza viscosa derivata dalla degenerazione del tappeto dell’antera (Pacini et Hesse, 2005), finché la forza di adesione del polline all’antera non è vinta dal vento, o perché il polline è caricato accidentalmente dagli animali che visitano i fiori.

In tutti e tre i casi il polline dal momento dell’apertura dell’antera è sempre sottoposto ad oscillazioni di temperatura e di umidità relativa. Se i granuli non hanno dei meccanismi per sopravvivere a questi

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stress possono perdere o acquisire acqua, essere invasi da muffe e batteri, soprattutto quando l’umidità relativa è alta, ed eventualmente morire più o meno velocemente. Il tempo e lo spazio che intercorrono tra l’apertura dell’antera e l’arrivo del polline sui siti di atterraggio dello stigma nelle Angiosperme o sulla goccia micropilare nelle Gimnosperme, possono oscillare ampiamente.

1.1.3 La morfologia del granulo pollinico

Il singolo granulo di polline è costituito da un involucro esterno, l’esina, contenente un terpene polimerico, la sporopollenina, che ha la funzione di conferire all’involucro una notevole resistenza. L’involucro infatti si può conservare nel tempo anche per moltissimi anni.

La superficie, all’analisi microscopica può apparire liscia, rugosa, reticolata, fornita di spine o di creste ecc. È infatti dalla superficie che possiamo riconoscere il gruppo a cui appartiene.

Dove la sporopollenina è assente, si costituiscono le aperture dove transita il tubetto pollinico. Sotto lo strato di esina, si trova un involucro più interno, l’intina, che è costituito da cellulosa e sostanze pectiche.

Infine, ancora più in profondità si trova il complesso citoplasmatico e il materiale genetico caratteristico della specie (Biondi, 2000).

Seguendo la meiosi, la parete callosa che racchiude la tetrade di microspore si dissolve. Le microspore rilasciate iniziano il loro sviluppo come granuli di polline depositando una matrice extracellulare altamente scolpita, l'esina. Sebbene il pattern dell’esina sia determinato dal granulo pollinico, quasi tutti i precursori degli acidi grassi e del fenilpropanoide del terpene polimerico, la sporopollenina, sono sintetizzati nel tappeto. Il diradamento della parete delle cellule del tappeto facilita la secrezione dei precursori della sporopollenina in una varietà di vescicole e corpi lipidici, compresi i corpi di Ubisch. La formazione dell'esina è completata dalla prima mitosi del polline. Questa divisione asimmetrica genera una piccola cellula generativa e una cellula vegetativa molto più grande che subisce l'allargamento citoplasmatico per riempire la maggior parte del granulo pollinico. Le cellule del tappeto continuano a secernere vari componenti necessari per lo sviluppo del polline e questi possono includere fibrille che si accumulano all'interno delle bacule dell'esina in un modello che predice le successive aree di accumulo del mantello pollinico. All'interno delle cellule del tappeto c'è una trasformazione dei plastidi in elaioplasti e la formazione di grandi corpi lipidici citoplasmatici. Questi ultimi hanno una matrice fibrosa interna che contiene proteine. Tra la prima e la seconda mitosi pollinica, vi è una proliferazione di corpi oleosi di stoccaggio all'interno della cellula vegetativa. Le cellule del tappeto si riempiono di elaioplasti e corpi lipidici citoplasmatici quando raggiungono la

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fine della loro maturazione e quindi subiscono la lisi. Il contenuto di cellule del tappeto principalmente lipidiche viene rilasciato nella locula e alla fine si accumula all'interno delle bacule dell'esina. Vi sono notevoli modifiche strutturali e compositive apportate sia alle proteine che ai componenti lipidici rilasciati dal tappeto quando vengono trasformati nel rivestimento maturo dei pollini. I granuli pollinici continuano ad accumulare corpi oleosi fino all'inizio della disidratazione. Circa il 20% dei corpi oleosi viene mobilizzato per fornire energia ai granuli di polline che maturano dopo la perdita della loro principale fonte di nutrienti: il tappeto. Durante la disidratazione, i restanti corpi oleosi si avvolgono nel reticolo endoplasmatico ruvido e numerose vescicole si accumulano intorno alla periferia del citoplasma del polline. Il rivestimento pollinico extracellulare si trasforma in una struttura più compatta e omogenea. Il granulo di polline è quindi pronto per la sua breve esistenza come organismo indipendente (Piffanelli et al., 1997).

1.1.4 Categorie di granuli di polline

Al momento dell’apertura dell’antera si possono distinguere i granuli di polline a seconda di varie caratteristiche quali: forma, dimensioni, struttura, contenuto in acqua, stadio di sviluppo, maniera di aggregazione (Bacchetta et al., 2006).

Le dimensioni dei granuli possono variare tra 30 e 200 micron, con moltissime specie che hanno granuli di 60–80 micron. La forma dei granuli è solitamente ovale, talvolta sferica.

La presenza o assenza di amido al suo interno è solitamente un carattere sistematico (Franchi et al., 1996). Infatti, durante lo sviluppo si ha sempre l’accumulo di amido, ma nel polline maturo questo può essere totalmente o parzialmente idrolizzato (Pacini, 1996). Se è assente non significa che non ci siano i carboidrati di riserva, questi però sono localizzati all’interno di vescicole citoplasmatiche invece che negli amiloplasti (Franchi et al., 1996). Nel granulo maturo esistono anche delle riserve solubili di carboidrati, principalmente glucosio, fruttosio e saccarosio (Speranza et al., 1997). Il granulo di polline, a seconda del gruppo sistematico a cui appartiene, può aver completato il suo sviluppo prima della dispersione, oppure può completare il suo sviluppo durante la crescita del tubetto pollinico.

I granuli si distinguono in: trinucleati e binucleati; i primi sono quelli che hanno completato il loro sviluppo, cioè sono composti da due gameti maschili e una cellula del tubetto; i binucleati, invece, devono ancora differenziare i gameti maschili prima della divisione mitotica.

Ultimamente è stato visto che, come avviene nei semi, ci sono due categorie di granuli: quelli parzialmente disidratati, analoghi ai semi ortodossi, e quelli parzialmente idratati, analoghi a quelli recalcitranti (Franchi et al., 2002; Nepi et al., 2001; Pacini et Hesse, 2004; Pacini et al., 2006). Anche

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in questo caso, come nei semi, quello che fa la differenza tra le due categorie è il 30% di acqua presente nel polline. I granuli che in natura diventano parzialmente disidratati, con un contenuto di acqua inferiore al 30% resistono bene agli stress di umidità relativa e temperatura, sono facilmente conservabili, ma germinano più lentamente, impiegando un tempo sempre superiore ad un’ora. I granuli con un contenuto di acqua superiore al 30% invece, non sopportano la deidratazione, ma germinano velocemente, anche dopo pochi minuti, perché la fase di reidratazione è molto breve (Bacchetta et al., 2006).

Quando l’antera si apre i granuli possono presentarsi per la dispersione in differenti maniere, che dipendono dal tipo di meccanismo che li tiene insieme a formare masserelle. Con il termine “unità disperdente del polline” si intende la configurazione con cui il polline viene disperso. Infatti, i granuli possono essere dispersi individualmente, come avviene in moltissime piante anemofile, oppure raggruppati. I quattro granuli di polline che derivano da una meiosi possono separarsi, oppure rimanere insieme a formare una tetrade, perché hanno delle pareti in comune. Tredici differenti tipi di unità disperdenti del polline sono stati individuati da Pacini e Franchi (1998). I granuli di polline in monadi o in tetradi possono essere dispersi in unità disperdenti più complesse, perché tenuti insieme da sostanze viscose come il pollenkitt o filamenti adesivi. Tutto questo porta al fatto che i granuli di polline possono arrivare sullo stigma da soli o insieme, in masse anche di alcune centinaia di migliaia, come nelle Orchidaceae. Da un punto di vista genetico, ne consegue che, maggiore è il numero di granuli che compongono un’unità disperdente che arriva sullo stigma, più alto sarà il numero dei semi di un frutto che hanno lo stesso padre. Viceversa, se il polline è disperso individualmente, è più facile che sullo stigma arrivino dei granuli provenienti da piante differenti, cioè da padri differenti; in questo caso ci sarà una forte competizione maschile (selezione gametofitica) (Bacchetta et al., 2006).

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1.2 Il polline per le api

1.2.1 Il ruolo del polline per le api

Il polline costituisce una fonte nutrizionale essenziale per le api, dal momento che rappresenta l’unico apporto proteico. La raccolta del polline da parte delle api avviene coinvolgendo varie parti del corpo, dalle quali viene poi aggregato con miele o nettare e trasferito, sotto forma di palline, nell’apposito spazio delle cestelle presenti sulla superficie esterna delle tibie delle zampe posteriori, concave e circondate da una frangia di setole ricurve, che svolgono la funzione di piccole borse o tasche. L’ape bottinatrice trasferisce il polline dalla spazzola di una zampa alla cestella di quella opposta, utilizzando alternativamente i due pettini, portando alla formazione della pallottolina di polline (Frilli et al., 2001).

Alcuni numeri sul bottinamento del polline: - 15 mg di polline a viaggio

- 20 viaggi al giorno = 300 mg - 40-50 kg a colonia in un anno

- 3-4 kg prelievo medio per colonia in un anno

Nell'alveare, il polline raccolto, inumidito con la saliva e frammentato da api incapaci di volare, è confezionato in celle a nido d'ape. Successivamente, la superficie del polline raccolto viene ricoperta da un sottile strato di miele e cera. La sostanza che è stata creata è il pane d'api sottoposto a fermentazione anaerobica e conservato grazie all'acido lattico. Il pane d'api costituisce la fonte proteica di base per la colonia di api. Inoltre, è anche la fonte di sostanze nutritive e minerali per la pappa reale prodotta dalle api operaie (Komosinska-Vassev et al., 2015).

La conversione del polline in pane d'api e le relative variazioni biochimiche sono considerate essere il risultato di un'azione microbica, principalmente la fermentazione di acido lattico da parte di batteri e lieviti (Foote, 1957; Haydak, 1958). Chevtchik (1950) ha condotto analisi microbiologiche sul polline fresco e sul polline immagazzinato nelle celle e ha riportato quattro fasi di sviluppo microbico del polline fermentato che si verificano durante sette giorni dal momento della comparsa dei batteri lattici, lieviti, batteri produttori di indolo (Escherichia) e batteri aerobici.

La prima fase dura 12 ore ed è caratterizzata dallo sviluppo di un gruppo eterogeneo di microrganismi compresi i lieviti. Nella seconda fase, i batteri lattici anaerobici (Streptococco) utilizzano fattori di crescita prodotti da lieviti e batteri putrefattivi e abbassano il pH del polline. La terza fase è caratterizzata dalla scomparsa dello Streptococco e dallo sviluppo del Lactobacillus che produce più acido lattico dello Streptococco. La quarta fase, inizia alla fine del settimo giorno, ed è caratterizzata

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dalla scomparsa dei batteri lattici e di alcuni lieviti a causa della grande quantità di acido lattico prodotto. Il polline diventa sterile dal punto di vista microbico e il pH è circa 4.

Pain e Maugenet (1966) riportarono che tre generi microbici (Lactobacillus, Pseudomonas e

Saccharomyces) sono importanti nella modificazione del polline durante la conservazione. Lactobacillus causa una fermentazione dell'acido lattico che stabilizza il polline aumentando l'acidità.

Questa fermentazione dell'acido lattico si completa entro 15 giorni sebbene gli organismi responsabili abbiano mantenuto una popolazione stazionaria per diversi mesi. I lieviti, inizialmente presenti in piccoli numeri, aumentano dopo la fermentazione e sussistono nel polline immagazzinato più a lungo rispetto ad altri organismi. Questi ricercatori hanno seminato il polline sterilizzato mediante irradiazione gamma con Lactobacillus e hanno concluso che una fermentazione di acido lattico puro produce un prodotto poco appetitoso e di scarso valore nutritivo per le api. Quindi, si pensa che i lieviti giochino un ruolo importante dal punto di vista nutrizionale. È stato anche riferito che i sistemi enzimatici coinvolti nella fermentazione del polline sono simili ai sistemi enzimatici dei lieviti (Okunuki, 1943).

Egorova (1971) ha isolato un batterio che ha chiamato Lactobacterium pollinis dai campioni di pane d'api raccolti in primavera ed estate. Questo batterio si è ritrovato sia in coltura pura che in colture miste con i lieviti. In una coltura mista con i lieviti il batterio è sopravvissuto fino a sei mesi senza subcoltura. Però in coltura pura il batterio doveva essere sottoposto a subcoltura ogni 30 giorni. Quindi sembrerebbe che i lieviti usino l'acido lattico prodotto dal batterio o stavano fornendo i fattori di crescita necessari.

1.2.2 Il polline come alimento per le api

Il polline contiene dal 10 al 36% di proteine. Tutti gli amminoacidi indicati in tabella 1 sono fondamentali per la normale crescita delle api giovani e con l’eccezione dell’Istidina e dell’Arginina, non possono essere sintetizzati dalle api.

Tabella 1: Aminoacidi contenuti nel polline (g/100g) Proteina

Grezza Lis. Met. Cist. Tript. Arg. Ist. Leuc. Isol. Fen. Treon. Val.

25,0 1,9 0,37 0,15 0,30 1,4 0,42 1,97 1,42 1,22 1,15 1,57

Legenda: Lis. (Lisina); Met. (Metionina); Cist. (Cistina); Tript. (Triptofano); Arg. (Arginina); Ist. (Istidina); Leu. (Leucina); Isol. (Isoleucina); Fen.(Fenilalanina); Treon.(Treonina); Val. (Valina).

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Il polline è utilizzato dalle api in miscela con il miele e la pappa reale per l’alimentazione delle larve e delle api giovani (da 1 a 15 giorni di età) (Anderson et al., 2004). Esso è indispensabile per la produzione della stessa pappa reale, sostanza secreta dalle ghiandole ipofaringee delle api nutrici. Il fabbisogno di proteine delle api diminuisce generalmente con l’età dell’ape; dal decimo giorno si riduce notevolmente, ed in pochi giorni l’ape si nutrirà quasi esclusivamente di carboidrati ottenuti dal miele o dal nettare.

Nel polline si ritrovano anche le vitamine. Particolarmente importanti nell’alimentazione delle api nutrici risultano quelle del complesso della vitamina B (tiamina, riboflavina, nicotinammide, piridoxina, acido pantotenico, acido folico e biotina). L’acido pantotenico risulta fondamentale nella differenziazione della regina (Anderson et al.,2004). L’acido nicotinico e l’acido ascorbico nell’allevamento della covata.

Il polline contiene anche sali minerali: calcio, cloro, rame, ferro, magnesio, fosforo, potassio, silicio e zolfo, elementi essenziali nel metabolismo dell’ape (Anderson et al., 2004).

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2 Il polline come prodotto dell’apicoltura

2.1 Il polline d’api come prodotto alimentare

2.1.1 Introduzione

L’uso da parte dell’uomo del polline d’api come alimento ha una lunga storia, che affonda in secoli lontani. Conosciuto già dagli egiziani, le sue proprietà medicinali sono state declamate dai precursori della medicina, quali Ippocrate, Plinio il Vecchio e Pitagora (Campos et al., 2010).

In anni recenti le sue qualità nutraceutiche sono state accertate dalla ricerca scientifica. Oggi sappiamo con sicurezza che il polline rappresenta un alimento dotato di nutrienti di altissimo valore, con specifiche proprietà protettive per l’organismo umano (D’Ascenzi, 2017). È infatti ricco in amminoacidi, fra i quali tutti i 22 essenziali per l’uomo, acidi grassi polinsaturi, vitamine, antiossidanti, microelementi, e per questo è indicato come integratore in diete per soggetti con esigenze nutrizionali specifiche. A questo proposito si segnala che soli 15g di polline, corrispondenti ad un cucchiaio da cucina, possono provvedere al fabbisogno giornaliero di aminoacidi liberi. Allo stesso tempo, dimostrazioni scientifiche ne hanno confermato le proprietà protettive, che lo rendono in grado di agire come coadiuvante nella terapia di alcune patologie della senilità, quali prostatite, ipertensione, ecc. (Campos et al., 2010; Elist, 2006; Wagenlehner et al., 2009). Non v’è dubbio che le qualità evidenziate propongono il polline d’api come integratore alimentare di pregio, e ne fanno una risorsa con grandi prospettive all’interno dell'apicoltura italiana (D’Ascenzi, 2017).

2.1.2 Tipologie commerciali di polline

Le tipologie commerciali di polline sono essenzialmente due: il polline disidratato ed il polline fresco. Ambedue i prodotti sono sottoposti ad un trattamento di deumidificazione, ma con intensità diverse: nel polline disidratato si conduce il prodotto a valori di aw tali da consentirne la conservazione a temperatura ambiente; nel polline fresco, il valore di aw raggiunto viene abbinato ad una bassa temperatura ambientale, generalmente inferiore agli 0° C.

Polline disidratato secco. Questo tipo di polline può essere conservato a temperatura ambiente, ma in un luogo asciutto, al riparo dalla luce e da fonti di calore meglio se in un contenitore chiuso.

Polline fresco. Questo tipo di polline deve essere conservato in freezer fino al consumo, quindi è opportuno usare vaschette per alimenti richiudibili.

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2.1.3 Il processo produttivo

Il processo produttivo del polline si compone delle seguenti fasi: Raccolta;

Pulizia preliminare;

Deposito a basse temperature; Pulizia;

Asciugatura; Confezionamento.

Raccolta. La raccolta del polline avviene attraverso trappole per polline, posizionate dagli apicoltori sul percorso che le api percorrono per entrare negli alveari. In Italia si sta diffondendo soprattutto il modello di trappola denominato “frontale”, che dimostra di ottimizzare la produzione, salvaguardando al meglio l’esclusione di sporcizia, rappresentata da frammenti di cera, acari, api o altri insetti, che le stesse api gettano fuori dall’alveare (D’Ascenzi et al., 2018).

Le trappole sono costituite da una griglia all’entrata dell’arnia, dove avviene l’ingresso e l’uscita delle api.

La trappola cosiddetta “Metalori” è fra le più utilizzate in Italia. Consiste in una griglia con fori del diametro di 4,8-5mm, generalmente in plastica, collegata inferiormente con il cassettino raccogli polline, generalmente con una cornice in legno e un fondo a rete in acciaio inox o in plastica.

L’ingresso dell’arnia viene posizionato in alto rispetto alla apertura tradizionale, praticando due fori nella parte alta del portichetto, e chiudendo l’ingresso posizionato nella parte bassa dell’arnia. La trappola viene posizionata contro i fori alti sull’arnia. Il predellino di volo è direttamente collegato alla griglia raccogli polline.

I fori per i fuchi, che hanno una dimensione maggiore delle api bottinatrici, sono posizionati direttamente sulla trappola, ai lati. L’apertura e la chiusura degli “sfucatori” viene regolata da strisce di materiale plastico poste frontalmente sulla trappola. Le aperture per i fuchi sono alternativamente aperte e chiuse ogni 4-5 giorni in modo da non consentire alle api bottinatrici di prendere l’abitudine di passare da queste aperture invece che dai fori della trappola. Tra arnia e trappola rimane lo spazio sufficiente all’uscita dei fuchi.

Le trappole sono posizionate sugli alveari nei periodi in cui l’apicoltore ritiene di svolgere la raccolta del polline, in base al tipo di produzione scelta, l’intervallo di tempo di applicazione, lo stato di salute e forza della famiglia di api.

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La raccolta del polline viene eseguita generalmente la sera, in modo da evitare l’eventuale inumidimento. Nei periodi asciutti la raccolta può essere eseguita ogni due giorni, mentre invece in periodi con elevata umidità ambientale viene effettuata giornalmente (Metalori, 2017).

Pulizia preliminare. Al momento della raccolta è necessario effettuare una prima pulizia per togliere le impurità più grossolane come parti del corpo delle api, frammenti di insetti, frammenti di cera, e piccoli frammenti di legno. Questa prima pulizia viene effettuata utilizzando un piccolo vagliatore con maglie da 4 mm. Questo passaggio è importante perché, se questi frammenti venissero messi in congelatore insieme al polline, andrebbero a finire nel prodotto rendendo difficile la pulizia successiva che viene effettuata nei locali di lavorazione (Metalori, 2017).

Deposito a basse temperature. Nel caso in cui alla raccolta non possa seguire l’immediato avvio al laboratorio di produzione, occorre preservare il polline sia dallo sviluppo di microrganismi che dalla possibile umidificazione. Infatti, il polline presenta un’alta igroscopicità e l’attitudine ad assorbire vapori cosicché è essenziale contenerlo all’interno di contenitori impermeabili (D’Ascenzi et al., 2018). L’ambiente più adatto per tenere il polline in deposito è il frigorifero a temperature possibilmente < -18°C (D’Ascenzi et al., 2018).

L’esposizione a questa temperatura per oltre 24 ore risana il polline da uova, larve ed insetti adulti. Una volta che il polline è stato raccolto e vagliato dovrà essere trasportato nel più breve tempo possibile nei locali di lavorazione; chiuso in contenitori e messo in cella frigorifera a una temperatura di – 18°C (Metalori, 2017).

La presenza di uova e larve di insetto, particolarmente quelle della tarma della cera (Galleria

mellonella) rappresenta un rischio molto rilevante ai fini igienici. Per risanare il polline da questo tipo

di agenti biologici è molto efficace l’applicazione di temperature di -18° C per 24 h.

Dopo la cernita ed il risanamento, il polline può essere direttamente stoccato a circa -18°C. Con questo sistema si ottimizza la conservazione delle proprietà biologiche e nutrizionali, ma anche quelle organolettiche, come l’aroma dei fiori dai quali viene bottinato dalle api.

Pulizia. Esistono diverse macchine per la pulizia del polline, ma nel funzionamento si basano tutte sui principi della vagliatura tramite soffi d’aria, quindi dell’aspirazione delle impurità con una pistola aspiratrice da parte di un operatore e del vaglio attraverso rulli calibratori. La macchina più semplice, detta “a nastro”, consente di eliminare le particelle d’impurità più piccole con un getto d’aria, quindi fa si che il polline venga depositato su un nastro per l’ispezione a vista, dove l’operatore intervenendo

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con una pistola ad aspirazione, asporta eventuali impurità rimaste (più grosse e pesanti del polline) (Metalori, 2017).

Asciugatura. L’asciugatura avviene a temperature relativamente basse (30-40° C): nel “polline fresco”, conservato in confezioni chiuse a temperature < 0° C, e si raggiunge un’Umidità Relativa (UR) del 9-15%. Il “polline disidratato” invece, viene conservato in confezioni chiuse a temperatura ambiente, si raggiunge un’UR del 4 e 8%. Il polline, in relazione al suo contenuto in nutrienti, al tenore idrico e alla contaminazione microbica a cui è esposto, è una matrice in cui è possibile il verificarsi della proliferazione di microrganismi indesiderati, capaci di determinare alterazioni, oltre che il verificarsi di rischi sanitari (Belhadj et al., 2012).

A causa del contenuto in acqua, il polline può esporsi ad alterazioni, oltre che allo sviluppo di pericoli microbiologici. La stabilità conservativa è ottenuta con la deumidificazione. Il sistema oggi più utilizzato prevede l’uso di appositi essiccatoi in cui una corrente d’aria relativamente calda, generata da una resistenza elettrica abbinata a un ventilatore, investe il polline disposto in strati sottili su più piani, a strati dello spessore di 2-3 cm.

Tempi e temperature sono applicati in modo quanto più ridotto, per non pregiudicare le proprietà nutrizionali ed organolettiche (Szczesna et al., 1995). La temperatura non dovrebbe superare i 34-36°C. Nel caso della produzione di polline fresco, un essiccatore standard riesce, nel giro di 2-4 ore, a portare la percentuale di UR su valori prossimi al 9-16 %. Per quanto riguarda il polline disidratato occorrono tempi più lunghi per raggiungere valori di UR di 4-8 %.

Confezionamento. Il prodotto finito viene confezionato in involucri impermeabili all’acqua (Metalori, 2017; Bogdanov, 2012; Campos et al., 2010). È oltremodo raccomandato che il polline fresco sia conservato a temperature < – 18°C, in contenitori opachi alla luce, chiusi ermeticamente per evitare reidratazioni. Per la successiva commercializzazione, il polline fresco può essere confezionato in vaschette di plastica per alimenti, trasportato in catena del freddo, conservato in freezer e consumato entro pochi mesi (Canale e Benelli, 2017). Invece il polline secco una volta sanificato viene tolto dalla cella, stoccato in fusti da 300 kg, che verranno chiusi ermeticamente per permettere un lento ritorno a temperatura ambiente del polline, evitando così la formazione di condensa nei sacchi di conservazione. Fatto questo il prodotto secco è pronto per il confezionamento.

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Figura 1: Diagramma di flusso del processo di produzione del polline

Raccolta

Prima pulizia preliminare

Conservazione a temperature < -18°C Pulizia polline Asciugatura Confezionamento Commercializzazione Polline fresco (aw < 0,60) Conservato a T < 0° C Polline disidrato (aw 0,2-0,3) Conservato a T° ambiente

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2.1.4 Composizione chimica del polline

La composizione del polline varia molto in base all’origine botanica.

Tabella 2: Composizione chimico fisica del polline d’api.

Acqua 6-20% al momento della raccolta il contenuto di acqua (Contessi, 2013; Morgano et al., 2011). Forte influenza clima e momento della giornata.

Proteine

7-30 % di proteine. Ricca composizione amminoacidica.

Dai15 ai 19 amminoacidi, fra cui 8 amminoacidi essenziali per le api e per l’uomo come arginina, triptofano, fenilalanina, istidina leucina e lisina (Mc Caufhey et al., 1980).

Risultano variare molto gli amminoacidi serina, cisteina, istidina, lisina e prolina (Somerville, 1997) in relazione all’origine botanica.

Zuccheri

25-48% t.q., soprattutto sotto forma di zuccheri semplici. Es pollini originari dalla fioritura di lampone (Rubus idaeus), biancospino (Creataegus monogyna) e sorbo (Sorbusd aucuparia) > contenuto di saccarosio: 5,2 %

Pollini provenienti dai fiori di tiglio (Tilia), grano saraceno (Fagopyrum esculentum) e trifoglio rosso (Trifolium pratense) < contenuto saccarosio: media del 3, 7 %.

Lipidi

1-11% del totale (Somerville, 2006).

Triglicerdi+acidi grassi liberi (>a.g. insaturi: a.linoleico,a.oleico,a.linolenico e saponificabili . idrocarburi, alcoli lineari e steroli).

• Tarassaco (Taraxacum officinalis): 15%, • Trifolium repens: 8,75%

• Brassicacee: 8,75% • Cistaceae: 5.28%

• Fagaceae: 3,95% (Somerville, 2006).

Vitamine

Vitamina A, vitamina PP, vitamina C (36/59 mg% e diminuisce progressivamente con il tempo), vitamina D, vitamina E e le vitamine appartenenti al gruppo B (B1, B2, B5, B6, B8, B9, B12) (Szczesna,1991).

Elevato contenuto di carotenoidi, fra cui il betacarotene (molecola mancante di un ossigeno, formata da un solo H e C, precursore della vitamina A), che in presenza di ossigeno tende a ossidarsi rapidamente, perdendo le proprie caratteristiche biologiche

Tabella 3: Vitamine e microelementi del polline (da Campos et al., 2008).

Sostanza Min g/100g Max g/100g Provit. A 1 20 Vit.E 4 32 Vit. C 7 56 Vit. B1 0.6 1.3 Vit. B2 0.6 2 Vit. B3 4 11 Ac. Folico 0.3 1 Biotina 0.05 0.07 Ac. Pantotenico 0.5 2 Potassio 400 2000 Calcio 20 300 Fosforo 80 600 Magnesio 20 300 Ferro 1.1 17 Zinco 3 25 Rame 0.2 1.6 Manganese 2 11

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2.1.5 Proprietà nutraceutiche del polline d’api

I pregi nutrizionali che il polline esprime nelle api si confermano anche nell’uomo.

Il polline era conosciuto già dagli egiziani. Le sue proprietà medicinali furono declamate dai precursori della medicina, come Ippocrate, Plinio e Pitagora (Campos et al., 2010). In anni recenti le sue qualità nutraceutiche sono state accertate dalla ricerca scientifica.

Proprietà ricostituenti

Il polline d'api è stato anche proposto come prezioso integratore alimentare. È stato dimostrato che topi e ratti, nutriti con polline, hanno mostrato un contenuto di vitamina C e magnesio più elevato nel timo, nel muscolo cardiaco e nei muscoli scheletrici, nonché un maggiore contenuto di emoglobina e un maggior numero di globuli rossi rispetto agli animali trattati con mangimi standard. Inoltre, il polline ha anche allungato la durata della vita degli animali da esperimento (Oliveira et al., 2009; Khalil et al., 2010).

Negli animali denutriti e in quelli sottoposti a una dieta non vitaminica, il polline ha prodotto aumenti di peso più rapidi rispetto a una dieta normale.

La ricerca dimostra che il polline ha un alto valore nutrizionale e una proprietà di integrare rapidamente le carenze nutrizionali. I componenti che svolgono il ruolo vitale nel processo sono aminoacidi, vitamine e bioelementi (Attia et al., 2011; Tikhonov et al., 2006).

Le proprietà nutrizionali del polline e i processi metabolici regolatori sono usati, anche nei casi di mancanza di appetito, ritardo nello sviluppo e malnutrizione di bambini e adulti, o durante periodi di recupero, dopo gli interventi chirurgici, e alle persone che lavorano molto sia fisicamente che mentalmente (Attia et al., 2011; Tikhonov et al., 2006).

Proprietà ipolidemiche

Studi farmacologici sperimentali condotti su ratti e conigli hanno dimostrato che il polline ha un'attività ipolipidemica che diminuisce il contenuto di lipidi totali plasmatici. Inoltre, la diminuzione della concentrazione lipidica nel siero è correlata al contenuto di tali ormoni come l'insulina, il testosterone e la tiroxina, responsabili di un metabolismo lipidico più elevato (Manning, 2001; Ju´zwiak, 1989).

Gli studi clinici hanno confermato l'attività ipolipidemica del polline. Ha ridotto il contenuto delle sostanze lipidiche sopra menzionate nel sangue dal 20 al 35% dei pazienti (Kassyanenko, 2010). È stato anche applicato con successo in soggetti con iperlipidemia e aterosclerosi. Nei pazienti che non

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hanno reagito al farmaco anti aterosclerotico, il polline ha abbassato il livello di lipidi e colesterolo e diminuito l'aggregazione delle piastrine (Pola´nski et al., 1998; Pola´nski, 1998). Nei pazienti affetti da arteriosclerosi con miopia significativa e atrofia ottica parziale, il polline ha abbassato il livello di colesterolo nel sangue, aumentato il campo visivo e stabilizzato l'acuità visiva (Machoy-Mokrzy´nska et al., 1992).

Proprietà positive nei confronti del sistema cardiocircolatorio

Il polline, è applicato anche con successo in condizioni postinfartuali, nonché in disturbi sistemici circolatori e ipertensione arteriosa. Inoltre, piccole dosi di polline somministrate agli anziani consentono sia l'inibizione delle alterazioni aterosclerotiche dei vasi sanguigni che il miglioramento del flusso sanguigno cerebrale (Wang et al., 1987).

L'attività anti-aterosclerotica del polline è principalmente attribuita alla presenza di acidi grassi insaturi (es. ω-3 e acido α-linolenico), fosfolipidi e fitosteroli. Inoltre, è stata confermata una diminuita capacità di aggregazione piastrinica e una maggiore attività del sistema fibrinolitico nelle persone che assumono polline. Indica l'effetto anti-aterosclerotico che protegge dalle malattie cardiache e dai colpi cerebrali (Samochowiec e W´ojcicki, 1981).

Proprietà positive nei confronti della funzionalità epatica

Gli studi sugli animali hanno anche mostrato l'azione disintossicante del polline. I ratti sono stati avvelenati con sostanze tossiche che imitano i sintomi dell'epatite virale, e inducono steatosi e cirrosi. Sotto la loro influenza, sono stati dosati livelli molto alti di enzimi quali alanina e aspartato transaminasi, fosfatasi acida e bilirubina (Florek e Leciejewska, 1995). Il polline ha abbassato il livello di queste sostanze nel sangue anche a valori fisiologici, il che dimostra le proprietà terapeutiche di questo prodotto in riferimento al tessuto epatico. Inoltre, quando è stato somministrato con sostanze tossiche, ha protetto le cellule del fegato dal loro effetto dannoso, questo indica quindi, la sua capacità di prevenire la tossicità. Nel processo di detossificazione, un ruolo importante è giocato dai polifenoli, principalmente flavonoidi e acidi fenolici (Ju´zwiak, 1992 e Yıldız, 2013). È inoltre molto importante l'attività disintossicante del polline e del pane d'api in fenomeni come contaminazione da metalli pesanti, gas, polveri industriali e droghe (Eraslan et al., 2009).

Il polline è raccomandato nelle condizioni degenerative iniziali e nelle malattie colestatiche del fegato nonché nei danni tossici e post traumatici di questo organo (Pascoal et al., 2014; Choi, 2007).

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Proprietà antinfiammatoria

Il polline è anche caratterizzato da un'elevata attività antinfiammatoria. Gli elementi responsabili di tale attività sono i flavonoidi e gli acidi fenolici, nonché gli acidi grassi e i fitosteroli1 (Choi, 2007). Il polline è raccomandato nelle infiammazioni acute e croniche (Pascoal et al., 2014; Choi, 2007). La letteratura scientifica evidenzia come il polline sigilla i capillari, rimuove i gonfiori del sistema cardiovascolare e ha un effetto spasmolitico sulla muscolatura liscia, specialmente della vescica e dell'uretra (Yakusheva, 2010).

Proprietà antiallergiche

Ricerche recenti indicano che il polline ha un'attività antiallergica. Protegge i mastociti dalla degranulazione dovuta al rilascio di istamina che è l'esponente principale delle reazioni allergiche. Ad esempio, il rilascio di istamina dai mastociti, indotto dal siero contenente anticorpi anti-IgE, è stato inibito dal polline nel 62% dei casi (Ishikawa et al., 2008).

Proprietà antibiotiche

È stato dimostrato che gli estratti di etanolo pollinico hanno una forte attività antibiotica efficace per i batteri Gram-positivi umani, per esempio, Staphylococcus aureus, batteri Gram-negativi, tra cui

Escherichia coli, Klebsiella pneumoniae, Pseudomonas aeurgionsa e funghi come Candida albicans

(Baltruˇsayt et al., 2007 e Erkmen et al., 2008). I composti con attività antimicrobica sono:

- Flavonoidi: ai quali si attribuiscono poteri antibatterici, antivirali. Il loro nome deriva da flavus (= biondo) e si riferisce al ruolo che giocano come pigmenti vegetali.

- Glucosio-ossidasi : deriva dalle secrezioni dell’ape (D’Ascenzi, 2018).

Proprietà positive nei confronti della prostata

L'effetto benefico del polline nelle condizioni infiammatorie della ghiandola prostatica è noto da molto tempo. I medici confermano che, nelle infiammazioni della prostata non di origine batterica, il polline migliora la condizione dei pazienti rimuovendo efficacemente il dolore. L'effetto positivo è stato riscontrato nei casi di iperplasia prostatica benigna. Nella fase iniziale del carcinoma della prostata, è stato riscontrato un miglioramento. Quando il polline è stato somministrato insieme agli agenti chemioterapici, il numero di persone che hanno avvertito un significativo effetto terapeutico è aumentato significativamente (Dro´zdzik, 1993 e Shoskes et al., 2003).

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Proprietà antidepressive

Il polline, somministrato insieme agli antidepressivi, consente l'abbassamento delle loro dosi e migliora la condizione generale nel breve periodo di tempo. Per questo motivo ci sono meno casi di dipendenze da farmaci o effetti collaterali. Grazie alle sue proprietà nutrizionali e grazie al miglioramento dell'afflusso di sangue al tessuto nervoso, il polline aumenta la capacità mentale e rafforza il sistema nervoso indebolito dallo stress o dall'eccesso di lavoro (W´ojcicki, 1989; W´ojcicki, 1991). Pertanto, il polline è efficace nel curare la stanchezza fisica e mentale, l’astenia e l’apatia. Effetti particolarmente positivi si hanno nelle depressioni causate dalla diminuzione dell'energia vitale, specialmente nelle persone anziane. L'uso a lungo termine del polline, anche a piccole dosi, consente un graduale miglioramento dell'umore, ripristina il desiderio di vivere e rafforza fisicamente l'organismo (W´ojcicki, 1991).

Nell'alcolismo cronico, piccole dosi di polline e tranquillanti insieme alla somministrazione di fluidi consentono sia l'attenuazione dei sintomi di astinenza che una significativa riduzione della loro durata. Le carenze di molte sostanze come proteine, vitamine e bioelementi, in particolare il magnesio, che si verificano nell'alcolismo cronico, sono in gran parte integrate dal polline (Komosinska-Vassev et al., 2015).

Proprietà antiossidanti

Il polline ha inoltre un’attività antiossidante. I composti fenolici presenti nel polline hanno una spiccata capacità a neutralizzare gli effetti dell’ossidazione, consistenti in stress ossidativo cellulare ed ossidazione di composti funzionali alla vita degli organismi. In aggiunta, i flavonoidi concorrono a ridurre l’ossidazione dei lipidi. L’attività antiossidante è strettamente correlata alla prevenzione delle malattie cardiovascolari, le neoplasie e il diabete.

Proprietà antimutagene

Un’altra proprietà conferita sempre da fenoli e flavonoidi è l’attività antimutagena che deriva soprattutto dal potere antiossidante, che rallenta i processi degenerativi cellulari. Prove cliniche hanno potuto confermare la capacità protettiva nei confronti di varie patologie della senilità.

Proprietà antidiabetiche

Alcuni lavori hanno identificato un’attività antidiabetica del polline sostenuta da varie sostanze, come steroidi, alcaloidi, saponine, flavonoidi, tannini e zuccheri (Ghoshal e Saoji, 2013).

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3 La sicurezza alimentare del polline

3.1 I principi della sicurezza alimentare

3.1.1 L’igiene dei prodotti alimentari

L’igiene degli alimenti è definita dal Codex Alimentarius come “tutte le condizioni e le misure necessarie per garantire la sicurezza e l’idoneità alimentare dei prodotti alimentari in tutte le fasi, dalla produzione al consumo” (Codex Alimentarius Commission, 2003).

Sempre il Codex Alimentarius definisce la sicurezza alimentare “la garanzia che l’alimento non causerà danno al consumatore, allorché sia preparato e consumato nel rispetto dell’uso a cui è destinato”.

Per idoneità alimentare si intende “la garanzia che l’alimento è adatto per il consumo umano, nel rispetto dell’uso a cui è destinato”.

La tradizione del diritto alimentare identifica l’idoneità alimentare nel concetto di genuinità. Per genuinità si intende “il rispetto delle caratteristiche preliminari per la stessa qualifica di alimento”, comprendente sia l’esclusione di sostanze estranee alla normale composizione del prodotto alimentare”, sia “l’assenza di modificazioni delle caratteristiche organolettiche, conseguenti ad alterazione”.

Tutte le definizioni descritte sottolineano come la “garanzia” sia lo strumento basilare nel raggiungimento dell’igiene dei prodotti alimentari.

Per garanzia si intende “l’insieme delle attività volte a dimostrare il possesso di requisiti stabiliti da norme, oppure da accordi, come i contratti con i fornitori”.

Sostenere la garanzia comporta quindi che la produzione e la commercializzazione del prodotto alimentare siano condotte in modo che chiunque trovi evidenze che dimostrano come siano stati ottemperati tutti i requisiti (D’Ascenzi, 2017).

Il Regolamento CE n. 178/2002 ha trasformato i principi espressi dal Codex Alimentarius in disposizioni legali vigenti per tutti i prodotti alimentari commercializzati sul territorio dell’Unione Europea. La norma, alla Sezione 4, dedicata ai “requisiti generali della legislazione alimentare”, con l’articolo 14 dispone quali condizioni comportino l’esclusione dalla commercializzazione dei prodotti alimentari in quanto a rischio:

1. Gli alimenti a rischio non possono essere immessi sul mercato. 2. Gli alimenti sono considerati a rischio nei casi seguenti: a) Se sono dannosi per la salute

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La prima condizione di esclusione dal commercio si riferisce alla mancanza delle garanzie di “sicurezza alimentare”; la seconda riguarda invece la mancanza di garanzie relative all’ “idoneità alimentare”.

3 Per determinare se un alimento sia a rischio occorre prendere in considerazione quanto segue:

a) Le condizioni d’uso normali dell’alimento da parte del consumatore in ciascuna fase della produzione, della trasformazione e della distribuzione;

b) Le informazioni messe a disposizione del consumatore, comprese le informazioni riportate sull’etichetta o altre informazioni generalmente accessibili al consumatore sul modo di evitare specifici effetti nocivi per la salute provocati da un alimento o categoria di alimenti.

4 Per determinare se un alimento sia dannoso per la salute occorre prendere in considerazione quanto segue:

a) Non soltanto i probabili effetti immediati e/o a breve termine, e/o a lungo termine dell’alimento sulla salute di una persona che lo consuma, ma anche su quella dei discendenti;

b) I probabili effetti tossici cumulativi di un alimento;

c) La particolare sensibilità, sotto il profilo della salute, di una specifica categoria di consumatori, nel caso in cui l’alimento sia destinato ad essa.

La non ottemperanza alla “sicurezza alimentare” presuppone che sia tenuta presente la potenzialità patogena dell’agente oggetto di contaminazione, sia sotto il profilo degli effetti a breve termine, sia quelli a medio e lungo termine, tanto nel consumatore quanto nei suoi discendenti. La potenzialità patogena deve comprendere anche la particolare sensibilità di specifiche categorie di consumatori (es. persone che soffrono di allergie o intolleranze alimentari).

5 Per determinare se un alimento sia inadatto al consumo umano occorre prendere in considerazione se l’alimento sia inaccettabile per il consumo umano secondo l’uso previsto, in seguito a contaminazione dovuta a materiale o ad altri motivi, o in seguito a putrefazione, deterioramento o decomposizione.

La non ottemperanza all’ “idoneità alimentare” presuppone invece che siano valutate le garanzie nei confronti della contaminazione del prodotto alimentare da elementi estranei alla sua composizione naturale o dichiarata, o della modificazione dei caratteri organolettici conseguenti a fenomeni alterativi (D’Ascenzi, 2017).

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3.1.2 Gli strumenti di dimostrazione

Il Regolamento CE 178/2002, alla Sezione 4, dedicata ai Requisiti generali della legislazione alimentare, con l’Articolo 17 dispone: “Spetta agli operatori del settore alimentare e dei mangimi

garantire che nelle imprese da essi controllate gli alimenti o i mangimi soddisfino le disposizioni della legislazione alimentare inerenti alle loro attività in tutte le fasi della produzione, della trasformazione, e della distribuzione e verificare che tali disposizioni siano soddisfatte”.

Offrire la “garanzia” significa non solo dare evidenza che i requisiti siano ottemperati, ma anche dimostrare che nel modo in cui l’azienda opera ci sono i presupposti perché tutti i requisiti siano perseguiti in modo efficace ed affidabile. Le modalità con cui oggi gli operatori sono chiamati a garantire l’ottemperanza ai requisiti legali presuppongono la dimostrazione:

• della conoscenza degli obbiettivi da raggiungere;

• del possesso delle competenze, degli strumenti e dei metodi necessari per perseguire gli obbiettivi;

• della capacità a gestire i propri processi produttivi in modo da raggiungere gli obbiettivi in modo efficace e affidabile;

• l’accertamento dei livelli di efficienza/efficacia ottenute con le azioni finalizzate al perseguimento degli obbiettivi identificati;

• lo svolgimento di momenti di riesame finalizzati a correggere ed aggiornare le azioni e il proprio sistema organizzativo, nell’ottica del miglioramento continuo (D’Ascenzi, 2017). Gli operatori delle filiere alimentari devono applicare strumenti capaci di dimostrare l’efficacia della prevenzione realizzata. Le opportunità a disposizione sono due: le buone pratiche di lavorazione (GMP) e il sistema Hazard Analysis Critical Control Point (HACCP).

3.1.2.1 Buone Pratiche di Lavorazione (GMP)

Le GMP si caratterizzano per avere obbiettivi relativamente generici. La norma UNI EN ISO 22000 le definisce “condizioni e attività di base (della sicurezza alimentare) necessarie per mantenere un ambiente igienico lungo tutta la filiera alimentare, idoneo alla produzione, gestione e fornitura di prodotti finiti sicuri e alimenti sicuri per il consumo umano”.

Le GMP riguardano sia gli obbiettivi di sicurezza che quelli di idoneità alimentare. Generalmente le procedure adottate consentono di perseguire obbiettivi non specifici, quali la minimizzazione di contaminazioni indesiderate sull’alimento, causa di insudiciamento o alterazioni. In alcuni contesti,

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gli obbiettivi d’igiene sostenuti con le GMP possono essere ulteriormente caratterizzati, specificando azioni di prevenzione nei riguardi di specifici pericoli.

Quand’anche applicate con l’obbiettivo di prevenire un pericolo, la loro corretta esecuzione presenta modalità di valutazione basate prevalentemente su parametri qualitativi (es. cotto/crudo, presente/assente ecc). Le GMP hanno una funzione preliminare e metodologicamente propedeutica. Servono a mettere ordine, individuando le modalità di produzione più adeguate agli obbiettivi di igiene. Sulle loro basi possono essere impiantati strumenti di prevenzione più specifici (esempio HACCP). Tuttavia, in alcuni contesti, il loro potere risolutivo, benché non elevato, può riuscire comunque a coprire tutti gli obbiettivi di igiene. Non a caso, viene loro riconosciuto un ruolo esclusivo in taluni ambiti: il Codex Alimentarius le qualifica come l’unico strumento applicabile a obbiettivi di idoneità alimentare (Codex Alimentarius, 2003). Il Regolamento 852/2004 le indica come l’unico strumento obbligatorio nel settore delle produzioni primarie (Art. 5, comma 3 Reg. 852/2004).

3.1.2.2 Il sistema HACCP

Il sistema HACCP consiste in uno strumento di prevenzione finalizzato in modo specifico alla sicurezza alimentare. Le azioni di prevenzione sono realizzate avvalendosi delle funzioni tecnologico/produttive, gestendo le potenzialità preventive delle stesse, in modo da ottenere i risultati attesi attraverso modalità coerenti con le caratteristiche specifiche dei pericoli identificati (D’Ascenzi, 2017). Le modalità applicative, descritte dalla Commissione Codex Alimentarius, consistono in sette principi, dai quali emerge la sistematicità con cui si passa dall’identificazione dei pericoli alimentari alla gestione dei Critical Control Point (CCP). Questi ultimi consistono in fasi di produzione, la cui gestione oculata è essenziale all’ottenimento della neutralizzazione di una o più pericoli, mediante la concretizzazione di 3 possibili opzioni: l’esclusione della contaminazione dei pericoli; la distruzione degli stessi o la loro riduzione ad un livello accettabile. A differenza di quanto consentano le attitudini espresse dalle fasi di produzione gestite come GMP, il monitoraggio sul corretto svolgimento delle fasi di produzione gestite come CCP deve basarsi sulla misurazione di parametri quantitativi, con scale di misura continue, nelle quali sono evidenziati specifici limiti critici (ISO 22000:2005).

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3.2 La gestione della sicurezza alimentare del polline

3.2.1 Introduzione

Coerentemente ai principi descritti dal Codex Alimentarius e alle disposizioni prescritte dal Regolamento 178/2002, si possono individuare nella produzione di polline obbiettivi di “idoneità alimentare” e obbiettivi di “sicurezza alimentare”. Nel prodotto destinato al consumatore, entro la data di scadenza, non devono esserci:

- Pericoli in grado di produrre danno;

- Agenti estranei alla composizione naturale del prodotto in quantità inaccettabili; - Modificazioni delle caratteristiche organolettiche ad un livello inaccettabile.

3.2.2 Obbiettivi di “sicurezza alimentare”

Gli obbiettivi di “sicurezza alimentare” riguardano la prevenzione dei pericoli alimentari. Le azioni preventive consistono nell’esclusione della contaminazione dei pericoli, nella loro distruzione o nella gestione dei fattori determinanti la loro presenza sul polline, con la finalità di mantenerli ad una dimensione tollerabile da parte dei consumatori (D’Ascenzi, 2017).

3.2.2.1 Pericoli microbiologici

Il polline, grazie ai suoi bassi valori di Aw, non rappresenta solitamente un prodotto in cui i microrganismi possano trovare facili condizioni di sviluppo, ancora di più se ci si riferisce ai microrganismi patogeni, che generalmente sono più esigenti dei microrganismi alteranti. Il batterio più resistente ai bassi valori di Aw è Staphylococcus aureus, il cui sviluppo si ferma ad Aw di 0,83, un valore molto più elevato di quello in grado di bloccare Saccaromyces ruxii, pari a 0,60. Più resistenti di Staphylococcus aureus risultano essere alcune muffe produttrici di micotossine, fra le quali troviamo specie in grado di svilupparsi anche a valori di Aw inferiori a 0,83, la cui prevenzione, richiede Aw inferiori a 0,70.

Sebbene quindi il polline sia un prodotto a ridotto rischio microbiologico, l’ambiente di raccolta e produzione lo rende esposto alle contaminazioni di batteri patogeni, capaci di sopravvivere, almeno per un certo periodo transitorio successivo alla contaminazione. Per questo è importante applicare buone pratiche igieniche nelle fasi di produzione del polline, in modo da minimizzare queste contaminazioni a valori che non costituiscano un rischio reale per il consumatore.

Infine, il polline, come prodotto naturale non sottoposto ad alcun trattamento di sterilizzazione, può veicolare spore di Clostridium botulinum. Anche per questa eventualità, il polline non è un alimento

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adatto ai bambini lattanti che non hanno ancora sviluppato completamente le funzioni gastrointestinali e risultano così esposti a questo tipo di pericolo (D’Ascenzi et al., 2004).

Riguardo ai limiti legali per i microrganismi patogeni, la norma di riferimento è il Regolamento 2073/2005. Tale norma fa una distinzione fondamentale fra “criteri di sicurezza alimentare”, che definiscono i requisiti di sicurezza alimentare, e “criteri di igiene di processo”, che costituiscono dei riferimenti tecnici utili agli operatori per gestire al meglio i processi produttivi.

Per “criterio di sicurezza alimentare” si intende “un criterio che definisce l’accettabilità di un prodotto o di una partita di prodotti alimentari, applicabile ai prodotti immessi sul mercato”.

Per “criterio di igiene di processo” si intende “un criterio che definisce il funzionamento accettabile del processo di produzione. Questo criterio, che non si applica ai prodotti immessi sul mercato, fissa un valore indicativo di contaminazione al di sopra del quale sono necessarie misure correttive volte a mantenere l’igiene del processo di produzione”.

Tra i criteri microbiologici di sicurezza alimentare solo uno è applicabile al polline, nonostante con un rischio reale relativamente ridotto. Si tratta del criterio per Listeria monocytogenes in prodotti alimentari pronti che non costituiscono terreno favorevole alla sua crescita.

Per “alimenti pronti” si intendono “i prodotti alimentari destinati dal produttore o dal fabbricante al consumo umano diretto, senza che sia necessaria la cottura o altro trattamento per eliminare o ridurre a un livello accettabile i microrganismi presenti”.

3.2.2.2 Pericoli chimici

Fra i pericoli chimici a cui è esposto il polline, troviamo prodotti fitosanitari, metalli pesanti, radionuclidi, PCB e diossine, alcaloidi pirrolizidinici, micotossine.

3.2.3 Obbiettivi di “idoneità alimentare”

Gli obbiettivi di “idoneità alimentare” riguardano sia la prevenzione dalle contaminazioni da agenti estranei, riguardante la minimizzazione della contaminazione da materiale e sostanze estranee alla composizione naturale, sia la prevenzione delle alterazioni, riguardante il mantenimento delle caratteristiche organolettiche specifiche.

3.2.3.1 Contaminazioni da agenti e sostanze estranee

Gli agenti estranei che possono inficiare l’idoneità alimentare del polline sono le impurità che derivano dagli ambienti di raccolta e di lavorazione. Si tratta più spesso di frammenti di api e insetti,

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frammenti di cera, piccoli frammenti di legno. In più, si deve considerare anche la facilità con cui il polline può assorbire vapori e sostanze di ogni natura, che sono disperse nell’aria (D’Ascenzi, 2017). Non risultano al momento limiti legali sulle contaminazioni da sostanze e materiali estranei del polline.

3.2.3.2 Fenomeni alterativi

Le alterazioni che possono coinvolgere il polline sono di due tipi: alterazioni fisico-chimiche e alterazioni microbiologiche.

Le alterazioni fisico-chimiche più rilevanti sono rappresentate dall’irrancidimento ossidativo, dall’imbrunimento non enzimatico e da fenomeni di imbibizione o di eccessivo essiccamento. L’irrancidimento ossidativo trova nel polline un terreno favorevole, tenuto conto delle caratteristiche quali-quantitative della componente lipidica, ricca di acidi grassi polinsaturi, particolarmente sensibili all’ossidazione.

L’imbrunimento non enzimatico trova nel polline i reagenti necessari (gruppi carbonilici e gruppi amminici) e le condizioni ambientali di produzione che lo favoriscono (processo di disidratazione). Fenomeni di imbibizione o di eccessivo essiccamento sono favoriti dall’esposizione agli agenti ambientali e metereologici.

Per quanto riguarda le alterazioni microbiologiche, occorre sapere che il polline, fin dal momento della raccolta in apiario, presenta generalmente un contenuto di acqua poco favorevole allo sviluppo microbiologico, sebbene l’esposizione all’umidità ambientale unita alla sua forte igroscopicità, lo renda molto suscettibile ad incrementi del contenuto in acqua. I microrganismi che più frequentemente si dimostrano capaci di sviluppo sono quelli con caratteristiche ecologiche più estreme in termini di resistenza a bassi valori di Aw quali muffe e lieviti (D’Ascenzi, 2017).

Le muffe sono responsabili di importanti modificazioni organolettiche, sia per effetto della loro presenza fisica, capace di diffondersi su tutta la superficie del polline, alterandone l’aspetto, sia per i prodotti del loro catabolismo, capaci di modificare fortemente odore e sapore del polline.

Ancora più estremi delle muffe sono alcuni lieviti appartenenti al genere Saccaromyces, che sono in grado di metabolizzare per fermentazione gli zuccheri presenti nel polline, inducendo così l’alterazione delle caratteristiche organolettiche. In questo ambito, Saccaromyces rouxii risulta l’agente microbico più resistente a bassi valori di Aw, dal momento che interrompe lo sviluppo solo a valori prossimi a 0,60, corrispondenti nel polline a valori di U.R. del 14-15 % (Collin et al., 1995). Nei riguardi degli agenti microbiologici alteranti, non risultano al momento limiti legali specifici applicabili al polline. L’unico standard tecnico efficace è rappresentato dal valore di Aw capace di bloccare il microrganismo alterante più resistente. Ci si riferisce al valore di Aw pari a 0,60.

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Alcuni Autori propongono di applicare un limite su Muffe e Lieviti pari a < 50.000 ufc/g (Campos et al., 2008), che potrebbe rappresentare un utile indicatore per la gestione delle fasi di produzione, con il fine di prevenire lo sviluppo di questi agenti particolarmente resistenti ai bassi valori di Aw (D’Ascenzi, 2017). Per quando riguarda gli altri tipi di alterazione, non troviamo al momento riferimenti tecnici, ad eccezione della proposta dagli stessi Autori di applicare l’analisi sensoriale (Campos et al., 2008).

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