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Valutazione e miglioramento della Brand Awareness delle aziende presenti sui social network: il caso TIMvision

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Academic year: 2021

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Sommario

0. Introduzione ...4

1. I social media ... 10

1.1 Definizione del social media marketing ... 10

1.2 Definizione e classificazione dei social media ... 12

1.3 Definizione e diffusione dei social network ... 16

1.4 Social network e aziende ... 18

2. Processo di valutazione... 22

2.1 Analisi della letteratura ... 23

2.2 Processo di valutazione... 33

2.3 Modello di valutazione ... 36

2.3.1 Metodologia utilizzata ... 36

2.3.2 Descrizione del modello ... 37

2.3.2.1 KPI Attività ... 38

2.3.2.2 KPI Influenza ... 41

3. Il caso TIMvision ... 45

3.1 Introduzione ... 45

3.2 Analisi AS - IS ... 46

3.2.1 Player Video on Demand in Italia ... 46

3.2.2 Presenza dei player sui social network ... 50

3.3 Analisi dei canali di comunicazione ... 53

3.3.1 Facebook ... 53

3.3.1.1 Modello di valutazione ... 53

3.3.1.2 Analisi dell’ambito “Attività” ... 54

3.3.1.2.1 Channel performance ... 54

3.3.1.2.2 Content Performance ... 58

3.3.1.3 Analisi dell’ambito “Influenza” ... 65

3.3.1.3.1 Influenza diretta ... 65

3.3.1.3.2 Influenza indiretta ... 66

3.3.1.4 Evidenze ... 66

3.3.2 Youtube ... 68

3.3.2.1 Modello di valutazione ... 68

3.3.2.2 Analisi dell’ambito “Attività” ... 68

3.3.2.2.1 Channel performance ... 68

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3.3.2.3 Analisi dell’ambito “Influenza” ... 72

3.3.2.3.1 Influenza diretta ... 72

3.3.2.3.2 Influenza indiretta ... 72

3.3.2.4 Evidenze ... 74

3.3.3 Instagram ... 75

3.3.3.1 Modello di valutazione ... 75

3.3.3.2 Analisi dell’ambito “Attività” ... 76

3.3.3.2.1 Channel performance ... 76 3.3.3.2.2 Content performance ... 79 3.3.3.3 Influenza ... 82 3.3.3.3.1 Influenza diretta ... 82 3.3.3.3.2 Influenza indiretta ... 82 3.3.3.4 Evidenze ... 83 3.3.4 Twitter ... 84 3.3.4.1 Modello di valutazione ... 84

3.3.4.2 Analisi dell’ambito “Attività” ... 85

3.3.4.2.1 Channel performance ... 85

3.3.4.2.2 Content performance ... 87

3.3.4.3 Analisi dell’ambito “Influenza” ... 90

3.3.4.3.1 Influenza diretta ... 91

3.3.4.3.2 Influenza indiretta ... 91

3.3.4.4 Evidenze ... 93

3.3.5 Conclusioni ... 94

3.4 Analisi del target ... 95

3.4.1 Introduzione ... 95

3.4.2 Analisi delle fasce d’età ... 95

3.4.2.1 Video on demand ... 95

3.4.2.2 Social network ... 98

3.4.2.3 Conclusioni ... 103

3.4.3 Consumer behaviour ... 104

3.4.4 Definizione del target ... 112

3.4.4.1 Principali profili ... 112

3.4.4.2 Generational behaviour ... 114

3.4.4.3 Profilo Junior ... 115

3.4.4.4 Profilo Young ... 116

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3.5 TIMvision vs Netflix ... 118

3.6 Proposte ... 123

3.7 Tool di monitoraggio e controllo ... 129

4. Conclusioni ... 134

5. Bibliografia ... 138

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0. Introduzione

Negli ultimi anni c’è stata la diffusione di un nuovo tipo di media che ha rivoluzionato non solo il modo di trascorrere il tempo libero e di interagire con le persone, ma anche il mondo del marketing e della comunicazione aziendale: i social network. Per via della loro crescente diffusione, i social network sono stati oggetto di un forte interesse come oggetto di analisi sia in ambito accademico sia in quello giornalistico e commerciale. Per quanto concerne la ricerca scientifica, diverse aree e discipline hanno prodotto studi basati sull’analisi dei social media e dei social network: si va dall’economia al marketing, dalla scienza politica alla sociologia e alla scienza della comunicazione, passando per la psicologia e l’epidemologia, solo per citare le più diffuse (Ceron, Curini, & M.Iacus, 2013). Per meglio comprendere la portata di tale fenomeno è utile riportare alcuni dati significativi: secondo lo studio “Digital in 2016” effettuato dall’agenzia di comunicazione Wearesocial, il 31% della popolazione mondiale, circa 2,3 miliardi di persone, è presente su questi canali per costruire relazioni e per cercare, creare, leggere e condividere contenuti. In Italia gli utenti attivi sono 28 milioni, con una penetrazione del 47%. Si tratta di dati che le imprese non possono assolutamente permettersi di ignorare e, difatti, fare marketing con i social network è ormai una pratica diffusa tra le aziende che cercano di promuovere la loro attività online.

Ma perché è così importante per le aziende prestare attenzione a questi nuovi canali di comunicazione? Il motivo è semplice: i social network non solo hanno influenzato il modo di rapportarsi delle persone, spostando il piano delle relazioni in maniera consistente su queste nuove realtà virtuali, ma hanno soprattutto cambiato l’approccio dei consumatori al web, in precedenza unidirezionale e autoreferenziale, dando loro la possibilità di creare e diffondere in totale autonomia qualsiasi tipo di contenuto e di porsi, in questo modo, sullo stesso piano delle aziende. Questi nuovi media hanno in sostanza modificato l’intero mercato, rendendolo decisamente più orizzontale e democratico, concedendo da un lato un accesso facilitato all’informazione e ai contenuti, e dall’altro permettendo a chiunque di creare a sua volta informazione. Ogni consumatore, infatti, può condividere un’esperienza d’acquisto e di consumo, diffondendo un messaggio che i brand non possono controllare. A causa dell’elevato numero di

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utenti, infatti, le informazioni si diffondono rapidamente attraverso i social media (Lawrence et al, 2010;. Zailskaite-Jakste e Kuvykaite, 2012).

Per le aziende, dunque, esiste un’opportunità concreta di poter andare incontro a esigenze e aspettative degli utenti, grazie alla possibilità di ottenere dati personali e informazioni dettagliate su questi ultimi in modo rapido ed efficace. Infatti, è la natura stessa dei social media che spinge i consumatori ad essere disposti a condividere informazioni personali che normalmente si rifiutano di condividere in modo diretto con le aziende. La diffusione di gruppi che raccolgono utenti con lo stesso interesse apre nuove possibilità alle aziende di avvicinarsi ai consumatori e raccogliere informazioni riguardo le loro preferenze, i loro desideri ed i loro bisogni (Kozinets, 2002), rendendo possibile la creazione di un profilo molto più dettagliato riguardo al proprio target.

Allo stesso tempo le aziende, al fine di mantenere relazioni proficue e durature, hanno bisogno di identificare minacce ed opportunità in anticipo e di monitorare e prevedere la loro crescita (Banerjee e Agarwal, 2012; Coombs e Holladay, 2012) per prevenire perdite finanziarie o di reputazione. Difatti, i social network sono piattaforme ideali per il passaparola (il cosiddetto word of mouth): gli utenti condividono opinioni e fanno raccomandazioni riguardo prodotti e servizi (Vollmer e Precourt, 2008). E’ stato dimostrato che i consumatori tengono conto delle opinioni altrui nel momento in cui considerano l’acquisto di un prodotto o un servizio: addirittura il 78% dei consumatori globali afferma di fidarsi delle opinioni degli altri consumatori più di ogni altro mezzo (Bhise e Ghugè, 2014). Le aziende hanno quindi la possibilità di aumentare il loro raggio d’influenza in modo rapido ed esponenziale, raggiungendo potenziali consumatori che altrimenti non avrebbero mai raggiunto (Dong-Hun, 2010), ma devono fronteggiare anche i rischi derivanti dall’utilizzo di tali mezzi di comunicazione. Ad esempio, frequenti possono essere i commenti negativi da parte degli utenti (Dekay, 2012). Recenti studi rivelano che molte compagnie non rispondono a tali feedback e, spesso, addirittura li eliminano (Tsimonis e Dimitriadis, 2014). Le aziende dovrebbero, invece, sviluppare appropriate strategie di risposta ai feedback negativi, per non correre il rischio di avere più svantaggi che vantaggi dal social media marketing. Pertanto, il monitoraggio dei social network è diventato di vitale importanza.

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I social network hanno, quindi, numerose applicazioni per le aziende: possono essere utilizzati per amplificare il cosiddetto ” word-of-mouth marketing”, per ricerche di mercato, per processi di generazione di idee e per lo sviluppo di nuovi prodotti, per processi di co-innovazione, per migliorare la customer service, le pubbliche relazioni e la gestione della reputazione, per migliorare la gestione della comunicazione con i propri dipendenti. Di conseguenza, numerosi sono i benefici derivanti dal social network marketing: le aziende possono incrementare la cosiddetta “brand awareness”, il traffico web, la fedeltà al marchio, le probabilità di successo in lanci di nuovi prodotti (Bhise e Ghugè, 2014).

Per questo motivo, attratte dalla rapida penetrazione dei social media nella società (Dickey e Lewis, 2010), le imprese stanno incrementando il loro utilizzo come parte delle attività di marketing e rafforzamento del marchio aziendale (Gallaugher e Ransbotham, 2010).

La loro attenzione si è spostata da una comunicazione passiva e unidirezionale, concentrata perlopiù sulla home page aziendale, ad una più efficace comunicazione bidirezionale (Booth e Matic, 2011). Secondo il report “La socialMediAbility delle Aziende Italiane” effettuato dalll’Università IULM di Milano emerge che l’adozione dei social media da parte delle imprese italiane è in costante crescita, con un tasso di penetrazione nel 2015 del 73%, anche se solo un piccolo numero di loro sembra utilizzare tali mezzi in modo efficace (Kaplan e Haenlein, 2010).

I social network possono portare benefici impensabili purché non vengano considerati solamente come ulteriori canali di vendita o mezzi in cui la comunicazione va in una sola direzione. Molte aziende, infatti, hanno inteso questo nuovo media semplicemente come un’ulteriore vetrina di prodotti, in cui risulta più agevole interagire con gli utenti e coinvolgere i potenziali clienti (Cosenza, 2012). Poche di loro invece, soprattutto in Italia, considerano i social network come un luogo in cui creare una vera e propria comunità intorno al brand, ponendosi in ascolto delle esigenze dei consumatori per offrire loro un migliore servizio e instaurare una solida relazione di fiducia a lungo termine.

Nel tempo, comunque, c’è stata un’evoluzione da parte delle aziende verso una gestione più professionale dei social media, con la nascita di nuove figure dedicate. Tuttavia, c’è ancora una diffusa assenza di pianificazione e di strategie di comunicazione, con le aziende che si limitano a pubblicizzare i loro prodotti e

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la loro immagine sui social network, invece di considerare la comunicazione su questi canali come una parte importante della comunicazione integrata aziendale. Per un’efficace gestione della presenza sui social network, andrebbe sviluppata una strategia di comunicazione ed una pianificazione in termini obiettivi, tempi, risorse e azioni da svolgere, come in qualsiasi altra attività di marketing tradizionale. In secondo luogo, diventa essenziale avere degli indicatori dell’efficacia della comunicazione sui social network in modo che le aziende possano valutare il proprio operato in modo il più oggettivo possibile ed intraprendere le necessarie azioni correttive e/o migliorative. A tal proposito, dall’analisi della letteratura emerge come le aziende non abbiano ancora trovato un metodo univoco, affidabile ed efficace per la valutazione delle attività compiute in questi mezzi, sia per una carenza di competenze analitiche interne sia per un errato approccio al problema e sia, in alcuni casi, per l’inadeguatezza degli strumenti. Per quanto riguarda le imprese italiane, nel 2014 oltre il 50% di queste affermava di non riuscire a determinare i risultati qualitativi e quantitativi delle loro attività nei social media (The CMO Survey, 2014). Dalla nascita della social media analytics, le aziende spesso hanno considerato la misurazione come una serie di metriche volte a raccogliere dati sulle pagine web e sul comportamento dei consumatori, senza poi trasformare questi dati in informazioni utili per prendere decisioni di business (Lovett e Owyang, 2010). L’analisi dei dati raccolti, è stata nella maggior parte dei casi tralasciata dalle aziende, vanificando così tutti gli sforzi di misurazione compiuti.

Risulta quindi necessario per le aziende sviluppare una metodologia per la misurazione, la valutazione, il monitoraggio e il controllo della comunicazione sui diversi social network presidiati. Anche i ricercatori hanno mostrato un crescente interesse nell’individuare cosa misurare e come (Zhang e Vos, 2013). Professionisti e studiosi hanno infatti riconosciuto la necessità per le organizzazioni di quantificare il contributo delle attività effettuate sui social media, con riferimento sia al contributo finanziario sia al valore generato dai dati provenienti dalle conversazioni degli utenti (Agostino e Sidorova, 2016).

L'importanza di quantificare i contributi dei social media è riconosciuta in diverse discipline accademiche, anche se con sfumature diverse. La letteratura di marketing ha riconosciuto che i social network devono essere valutati per la loro

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efficacia (Michaelidou et al., 2011, p. 1155), sottolineando l'importanza per le aziende di valutare il contributo finanziario delle attività sui social media (Hanna et al., 2011). Studi inerenti al campo delle relazioni pubbliche, invece, si sono concentrati principalmente sui contributi dei social media in termini di interazioni e relazioni che si verificano su questi strumenti, sottolineando l'importanza di quantificare la capacità di interagire in modo efficace con i clienti (Waters et al.,2009).

I dati derivanti dall’analisi dei social media sono considerati preziosi dalle aziende poiché permettono non solo di valutare le loro prestazioni (Senior, 2015) ma anche di sostenere la crescita del loro business e della redditività (El-Sayed e Westrup, 2011).

Tuttavia, selezionare le informazioni da tracciare e sviluppare metodologie e metriche appropriate è sfidante (Fogel, 2010; Fernando, 2010). Alcuni studi sono stati effettuati con lo scopo di esplorare come misurare il contributo dei social media e dei social network, ma si concentrano su indicatori o metodi specifici per reperire e analizzare i dati (Bravo-Marquez et al 2014; Yan et al., 2014), dando vita a un paesaggio frammentato e incompleto. Manca, infatti un chiaro framework di riferimento sul quale basare un’attività di misurazione di tali strumenti.

Questo lavoro mira a individuare una metodologia di valutazione delle performance aziendali sui social network, in un’ottica di miglioramento della brand awareness.

Il primo capitolo parte da una panoramica sui social media e sul social media marketing, per poi focalizzarsi sulla sottoclasse dei social network e sulla loro importanza per le aziende.

Il secondo capitolo inizia con una revisione sistematica della letteratura, effettuata con lo scopo di analizzare i metodi già utilizzati ed evidenziare non solo i vantaggi ma anche le difficoltà collegate al processo di monitoraggio. Prosegue poi con la descrizione della metodologia seguita, del modello di misurazione creato e dei KPI utilizzati. L’obiettivo dichiarato è, come detto, aumentare la conoscenza della marca, la cosiddetta brand awareness, e costruire un’immagine e un posizionamento in linea con la strategia aziendale.

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La metodologia creata viene applicata nel terzo capitolo ad un caso reale: vengono infatti valutate le performance sui social network di aziende reali. Dalla ricerca “Brands & Social Media” effettuata da OssCom, Centro di ricerca sui media e la comunicazione dell’Università Cattolica, e Digital PR, è emerso che, tra le aziende presenti sui social, quelle che hanno il più alto livello di engagement e la più alta frequenza di aggiornamento appartengono al settore delle TELCO. Per questo motivo, il brand preso in considerazione per l’analisi è TIMvision, servizio con il quale TIM è presente nel settore del video on demand. Data la presenza di numerosi player, l’esigenza di TIM è rivedere strategie e modalità di comunicazione sui social network per il servizio in questione. L’obiettivo dello studio effettuato è quindi individuare azioni finalizzate a migliorare il posizionamento comunicativo di TIMvision nel mercato del video on demand. Coerentemente con il processo di valutazione ideato, il caso studio è articolato nelle seguenti fasi:

1. Analisi AS-IS: viene svolta un’analisi preliminare volta a stabilire il posizionamento dei diversi player sui principali social network;

2. Costruzione del modello: il modello è adattato al caso specifico e sono creati KPI ad hoc in base ai dati disponibili;

3. Misurazione e analisi dei dati: una volta costruito il modello è possibile iniziare l’attività di misurazione vera e propria, tramite un approccio quantitativo/qualitativo, per individuare le diverse strategie di comunicazione adottate dai player;

4. Analisi del target: è necessario comprendere quali sono gli utenti con cui interagisce l’azienda e quali sono i media e le modalità di comunicazione più efficaci per il target individuato;

5. Best practice: è utile integrare le diverse fasi di analisi svolte in precedenza con uno scouting delle migliori pratiche utilizzate dai principali competitor nel campo della comunicazione sui social network;

6. Proposte: una volta analizzati i dati raccolti, vengono proposte azioni correttive e/o migliorative. Infatti, se si conoscono i comportamenti, i bisogni e le preferenze degli utenti, è possibile impostare le future campagne di comunicazione sulla base di un set di conoscenze approfondite e confermate nel tempo.

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Questo lavoro ha pertanto l’intento di proporre una metodologia di valutazione delle performance aziendali sui social network, in un’ottica di miglioramento della brand awareness, tramite l’implementazione di diverse fasi di analisi e l’applicazione di tali fasi ad un caso reale.

1. I social media

Questo capitolo ha tre obiettivi principali: il primo è chiarire i concetti base necessari al prosieguo della trattazione: verranno quindi definiti il social media marketing e i social media; il secondo è identificare, attraverso diversi tipi di classificazione, i social network, che non sono altro che una sotto-classe dei primi e sui quali verrà focalizzata l’analisi nei capitoli successivi; l’ultimo, infine, è chiarire la portata di questi mezzi e la loro importanza per le aziende che vogliano farne uso per promuovere il loro brand e i loro prodotti.

1.1 Definizione del social media marketing

Il social media marketing è l’insieme delle attività condotte sui social media per aumentare la consapevolezza del marchio, identificare potenziali consumatori, generare contatti, e costruire relazioni significative con i clienti. È quindi quella branca del marketing che si occupa di dare visibilità ad un'azienda o brand sui social network, le comunità digitali e le diverse piattaforme del web 2.01.

Racchiude una serie di pratiche che comprendono: la gestione dei rapporti online (PR 2.0), l’ottimizzazione delle pagine web fatta per i social media (SMO, Social Media Optimization), la gestione e il monitoraggio dei canali utilizzando strumenti dedicati, il customer care, la cura dei contenuti e l’interazione, l’analisi dei risultati ottenuti.

In sostanza, il social media marketing indica la gestione della comunicazione integrata su tutte le diverse piattaforme che il web 2.0 mette continuamente a disposizione (social network, foto/video/slide sharing, comunità 2.0, wiki, etc.), con l’obiettivo di creare conversazioni con utenti/consumatori. L’azienda,

1 Web 2.0: rappresenta l’evoluzione del Web rispetto alla condizione precedente. Constantinides and

Fountain (2008, p. 232) definiscono il Web 2.0 come “una raccolta di applicazioni online open-source, interattive e controllate dagli utenti, che aumentano le esperienze, la conoscenza e il potere di mercato degli utilizzatori”. Esistono cinque categorie principali di Web 2.0: blog, social network, forum, aggregatori di contenuti e community.

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attraverso il proprio corporate blog o siti di social networking, è infatti abilitata ad una relazione che avvicina mittente e destinatario. L’aspetto maggiormente innovativo rispetto al marketing tradizionale, caratterizzato da una comunicazione essenzialmente unidirezionale, è proprio la possibilità per aziende e consumatori di relazionarsi tra di loro in modo più paritario e adottando una comunicazione bidirezionale, permettendo quindi al consumatore di esprimersi senza intermediari e alle aziende di ascoltare i reali bisogni dei clienti. Per le aziende, dunque, esiste un’opportunità concreta di poter andare incontro a esigenze e aspettative degli utenti, grazie alla possibilità di ottenere dati personali e informazioni dettagliate su questi ultimi in modo rapido ed efficace. Infatti, è la natura stessa dei social media che spinge i consumatori ad essere disposti a condividere informazioni personali che normalmente si rifiutano di condividere in modo diretto con le aziende.

Qual è, in sostanza, l’obiettivo del social media marketing? Sappiamo che è possibile suddividere il marketing in due macro aree: il brand awareness marketing e il lead generation marketing (Callidus Cloud, 2010; Liggins, 2013; Scott, 2013). Con brand awareness marketing si intendono tutte quelle attività di marketing volte a far conoscere il prodotto e il brand al maggior numero possibile di potenziali consumatori, e legate alla formazione di un’immagine di marca. Il lead generation marketing, invece, coinvolge tutte quelle attività volte a generare nuovi contatti commerciali, e quindi ad aumentare le vendite.

Anche gli obiettivi di social media marketing possono essere suddivisi in due tipologie: obiettivi di breve termine e obiettivi di lungo termine (Barger & Labrecque, 2013).

I primi puntano principalmente alla realizzazione delle vendite, e di conseguenza possono essere associati al lead generation marketing. L’obiettivo è mettere in vista i propri prodotti e generare contatti commerciali, incoraggiando l’acquisto e l’eventuale riacquisto.

I secondi, invece, riguardano soprattutto la creazione di una relazione di fiducia con il cliente e di un consolidamento del brand, rientrando quindi nel brand awareness marketing. Tra gli obiettivi di lungo termine rientrano il miglioramento della soddisfazione del consumatore (attraverso un’assistenza ai clienti effettuata direttamente sui social media), la creazione della consapevolezza di marca, la costruzione di una relazione col cliente (finalizzata alla fedeltà al marchio) e,

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infine, la creazione di una community attorno al brand, indubbiamente uno degli obiettivi principali dei social network (Barger & Labrecque, 2013).

La metodologia sviluppata in questa tesi ha l’obiettivo di misurare l’efficacia delle modalità di comunicazione utilizzate dalle aziende al fine di accrescere la brand awereness tra gli utenti dei social network, focalizzandosi quindi sugli obiettivi a lungo termine.

1.2 Definizione e classificazione dei social media

Numerose sono le descrizioni usate per definire i social media, ma data la loro recente comparsa non esiste ancora una definizione universalmente riconosciuta e accettata.

Sigala e Marinidis (2009), ad esempio, definiscono i social media come “tecnologie poco costose, user-friendly, internet-based e mobile-based che permettono la condivisione di material generato dagli utenti”. Altre definizioni descrivono i social media come “contenuti che sono creati dai loro utenti” (Comm, 2009); “strumenti online e piattaforme internet-based che permettono agli utenti di collaborare ai contenuti, condividere opinioni ed esperienze e connettersi per business o piacere” (Strauss e Frost, 2009, p.326); “un insieme di applicazioni internet-based e costruite sui principi ideologici e tecnologici del Web 2.0 che consentono la creazione e lo scambio di contenuti user-generated (UGC)2” (Kaplan e Haenlein, 2010). In modo più intuitivo, sono definiti come “piattaforme virtuali che permettono di creare, pubblicare e condividere contenuti, i quali, a loro volta, sono generati direttamente dai loro utenti” (You e Kak, 2012).

La caratteristica principale dei social media è, quindi, la loro orizzontalità nella creazione e diffusione dei contenuti: tutti gli utenti hanno la possibilità di creare nuovi contenuti senza alcuna barriera (Ceron, Curini & M.Iacus, 2013). Inoltre, il contenuto non è immutabile e unidirezionato, ma chiunque può modificarlo e ridistribuirlo a suo piacimento (Cosenza, 2012).

A differenza dei media tradizionali, nei social media tutti i soggetti sono posti sullo stesso stesso livello gerarchico, e in questo senso le aziende e i brand non hanno né potere né controllo sugli altri utenti e sui contenuti prodotti, ma costituiscono semplicemente un altro nodo all’interno della rete sociale (Peter, 2013).

2 UGC: con questo acronimo si intendono le varie forme di contenuti creati dagli utenti finali e disponibili

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Se in origine i social media furono progettati per la conversazione e la condivisione, oggi si sono evoluti nei principali canali di informazione, comunicazione e coinvolgimento.

Negli ultimi anni sono state fatte diverse classificazioni con lo scopo di mettere ordine nel vasto panorama dei social media. Una delle prime classificazioni è stata fatta da Scoble nel 2007 con il suo diagramma Starfish, una rappresentazione a forma di stella di 12 tipologie di social media: video, foto, blog, eventi, strumenti di collaborazione, wiki, audio, email, sms, microblog, social network. Per ogni classe vengono identificati i principali attori (fig.1).

Figura 1 - Starfish di Scoble

Nel corso degli anni sono state sviluppate classificazioni più complesse ed evolute, in linea con la complessità e dinamicità del mondo dei social media. Kaplan e Hainlen, ad esempio, classificano i social media in base a due coppie di variabili: la “social presence” e la “media richness” si riferiscono al tipo di contatto “multimediale” (fisico, visivo o acustico) che gli utenti possono avere e

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alla quantità di informazioni che possono essere trasmesse in un determinato periodo di tempo; la “self-presentation” e la “self-disclosure” indicano il tipo di presentazione che l’utente può dare di sé e la quantità di informazioni personali che si possono trasmettere.

Social presence & Social richness

LOW MEDIUM HIGH

Self-presentation &

Self-disclosure

LOW Blogs Social Networking Sites Virtual Social Worlds HIGH Collaborative Projects Content Communities Virtual Games Worlds Tabella1 - Classificazione dei Social Media di Kaplan e Hainlen

In base a queste coppie di variabili emergono sei diverse tipologie di social media:

1. Collaborative projects: sono siti che permettono la creazione simultanea e congiunta di contenuti da parte di diversi utenti (e.g. Wikipedia). L'idea principale progetti è che lo sforzo congiunto di molti attori porta ad una miglior risultato rispetto a ciò che un individuo potrebbe raggiungere individualmente. Questi media sono caratterizzati da un basso contatto tra gli utenti, e da un livello praticamente inesistente di informazioni personali trasmesse, quindi da una relazione pressoché assente.

2. Blogs: i blog sono particolari tipi di siti web che di solito mostrano i contenuti pubblicati in ordine cronologico inverso (OCSE, 2007)e rappresentano la prima forma di social media. Sono gli equivalenti social delle pagine web personali e sono presenti in diverse varianti, dai diari personali che descrivono la vita dell'autore a sintesi di tutte le informazioni rilevanti in una specifica area tematica. I blog sono generalmente gestite da una sola persona, ma forniscono la possibilità di interazione con gli altri attraverso l'aggiunta di commenti.

3. Content Communities: sulle comunità di contenuti gli utenti non sono tenuti a creare un profilo personale e solitamente trasmettono un numero limitato di informazioni personali, come la data in cui si sono uniti alla comunità e il numero di video condivisi. Sono piattaforme che permettono la condivisione tra gli utenti

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di contenuti di vario tipo: testo (BookCrossing), foto (Flickr, Pinterest), video (Youtube) e presentazioni (SlideShare).

4. Social Networking Sites: i social network (e.g. Facebook, Google plus) sono applicazioni che consentono agli utenti di connettersi tramite la creazione un profilo personale, collegarsi con amici e colleghi, inviare messaggi istantanei tra di loro e condividere contenuti di vario tipo come foto, video, file audio. Questi media si caratterizzano sicuramente per un alto livello di presentation e self-disclosure: gli utenti forniscono un numero consistente di informazioni personali e sono disposti a creare delle strette relazioni con gli utenti a cui si collegano.

5. Virtual Game Worlds: sono piattaforme che replicano un ambiente tridimensionale in cui gli utenti possono apparire sotto forma di avatar personalizzati e interagire tra di loro come farebbero nella vita reale. Gli utenti devono rispettare regole rigide e predefinite nel contesto dei cosidetti giochi di ruolo online multiplayer (MMORPG).

6. Virtual Social Worlds: anche in queste piattaforme gli utenti assumono la forma di un avatar e possono interagire con altri utenti-avatar in un ambiente virtuale e tridimensionale, simulando una seconda vita reale ma con una maggiore libertà di comportamento (e.g. Second Life). Queste piattaforme rappresentano il massimo livello di social presence e media richness (Kaplan e Hainlen, 2010).

Una delle ultime classificazioni fatte è il Social Media Landscape di Fred Cavazza (fig.2). Egli definisce i social media come “un insieme di servizi online per pubblicare e condividere contenuti, scambiare messaggi di qualsiasi tipo, ospitare conversazioni, collaborare e consentire a individui e gruppi di incontrarsi a fini personali o professionali”. Questa definizione è illustrata dal suo diagramma, nel quale l’ecosistema dei social media, al cui centro sono presenti Facebook, Google+ e Twitter, viene suddiviso in base a 6 funzioni principali: publishing, sharing, buying, localization, networking, playing.

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Figura 2 - Social Media Landscape 2016

1.3 Definizione e diffusione dei social network

Come precedentemente visto, i social network costituiscono un sottoinsieme specifico dei social media. Secondo l’Enciclopedia Treccani il termine social network identifica “un sito web che permette la realizzazione di reti sociali virtuali, consentendo tra l’altro agli utenti, di solito previa registrazione e creazione di un profilo personale protetto da password, di condividere contenuti testuali, immagini, video e audio e di interagire tra loro, e la possibilità di effettuare ricerche nel database della struttura informatica.” Le informazioni condivise variano da servizio a servizio e possono includere dati personali, sensibili (credo religioso, opinioni politiche, inclinazioni sessuali ecc.) e professionali.

Come per tutti i social media, gli utenti dei social network non sono solo fruitori, ma anche creatori di contenuti. Qual è allora la peculiarità dei social network rispetto ai social media?

I social media per poter essere classificati come social network devono soddisfare tre condizioni minimali: il mezzo in questione deve avere degli utenti specifici, cioè persone o organizzazioni che hanno creato un profilo specifico per

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accedere al network; gli utenti registrati devono essere collegati tra loro; tali utenti devono avere la possibilità di comunicare in modo interattivo tra di loro (Ceron, Curini, & M.Iacus, 2013).

Il tipo di legame che si crea tra gli utenti può essere simmetrico o asimmetrico: nel primo caso un utente può collegarsi con un altro utente e accedere alle sue informazioni personali e ai contenuti che pubblica solo dopo l’approvazione di quest’ultimo (e.g. Facebook), nel secondo caso invece un utente può decidere di collegarsi ad un altro senza che sia necessaria l’approvazione di quest’ultimo (e.g. Twitter). Ovviamente sono possibili forme ibride (e.g. Google Plus).

I social network svolgono quindi due funzioni fondamentali: da un lato producono relazioni, dall’altro contenuti (dati testuali, audio, foto, video e applicazioni) (Ceron, Curini, & M.Iacus, 2013).

Per capire la portata che questi media hanno per le aziende è utile considerare i dati di diffusione di questi mezzi in Italia e nel mondo.

Dal rapporto “Digital in 2016”, effettuato dall’agenzia We Are Social, emerge che sono circa 1,3 milardi gli accout attivati nel mondo sui social media (fig.3), con una penetrazione del 31% e una crescita ripetto all’anno precedente del 10%.

Figura 3 - Utenti attivi nei social media nel mondo (Fonte: We are social, 2016)

Facebook è di gran lunga il canale social maggiormente utilizzato (più di 1.5 miliardo di utenti attivi); Whatsapp si sta avvicinando al miliardo di utenti attivi

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(oggi ne conta 900 milioni, contro i 600 di 12 mesi fa), mentre Facebook Messanger ha superato gli 800 milioni (erano 500 milioni nel 2015); Snapchat ha raddoppiato la sua base utenti, passando da 100 a 200 milioni.

In Italia gli utenti attivi sui social media sono 28 milioni (fig.4), con una penetrazione del 47%, e il tempo speso su queste piattaforme è in media di 1,57 ore al giorno.

Figura 4 - Utenti attivi nei social media in Italia (Fonte: We are social , 2016)

Anche in Italia è Facebook la piattaforma social più usata,seguita da WhatsApp e Facebook Messanger, entrambi parte dell’ecosistema costruito da Zuckerberg; Instagram passa, invece, a una penetrazione del 12% (contro il 6% del 2015).

1.4 Social network e aziende

Attratte dalla rapida penetrazione dei social media nella società (Dickey e Lewis, 2010), le imprese stanno incrementando il loro utilizzo come parte delle attività di marketing e rafforzamento del marchio aziendale (Gallaugher e Ransbotham, 2010), anche se solo un piccolo numero di loro sembra utilizzare tali mezzi in modo efficace (Kaplan e Haenlein, 2010).

L’attenzione delle aziende verso i social media si può far risalire all’esplosione del fenomeno dei blogger in rete (Cosenza, 2012). Dal momento in cui i contenuti del Web cominciarono ad essere creati da consumatori, e non più solo dalle

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aziende, quest’ultime hanno iniziato a considerare queste nuove figure come soggetti influenti nel mercato e a coinvolgerle nei loro piani di comunicazione. Il dominio dei blog come mezzo di comunicazione sociale però terminò con l’avvento dei social network, e molte aziende sostituirono i loro blog aziendali con un profilo sui principali social network.

Secondo il report “La socialMediAbility delle Aziende Italiane” effettuato dalll’Università IULM di Milano emerge che l’adozione dei social media da parte delle imprese italiane è in costante crescita, con un tasso di penetrazione nel 2015 del 73% (fig.5).

Figura 5 - Aziende presenti su almeno un social media (Fonte: La socialMediAbility delle Aziende Italiane)

I social network più utilizzati sono Facebook, utilizzato dal 79% delle imprese, Youtube e Google Plus, entrambi con una penetrazione del 55%. È evidente la differenza nei livelli di adozione tra le grandi (presenti sui social media nell’ 87% dei casi) e le piccole e medie aziende (con tassi di penetrazione rispettivamente del 67% e del 62%): è un dato sorprendente dato che proprio le PMI potrebbero beneficiare dell’uso dei social network, sia in termini di costi da sostenere sia in termini di visibilità ottenibile.

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Fare marketing con i Social Network è ormai una pratica diffusa tra le aziende che cercano di promuovere la loro attività online, poiché hanno reso molto più semplice e veloce l’interazione tra i potenziali consumatori e le aziende, con innegabili vantaggi per quest’ultime.

Un primo motivo per cui utilizzare queste piattaforme è sicuramente la loro penetrazione tra i potenziali consumatori: i principali social network contano milioni di utenti. Inoltre, la diffusione di gruppi che raccolgono utenti con lo stesso interesse apre nuove possibilità alle aziende di avvicinarsi ai consumatori e raccogliere informazioni riguardo le loro preferenze, i loro desideri ed i loro bisogni (Kozinets, 2002), rendendo possibile la creazione di un profilo molto più dettagliato riguardo al proprio target.

Il secondo motivo è la loro sfera d’influenza: i social network sono piattaforme ideali per il passaparola (il cosiddetto word of mouth). Gli utenti condividono opinioni e fanno raccomandazioni riguardo prodotti e servizi (Vollmer e Precourt, 2008). E’ stato dimostrato che i consumatori tengono conto delle opinion altrui nel momento in cui considerano l’acquisto di un prodotto o un servizio: addirittura il 78% dei consumatori globali afferma di fidarsi delle opinioni degli altri consumatori più di ogni altro mezzo (Bhise e Ghugè, 2014). Le aziende hanno quindi la possibilità di aumentare il loro raggio d’influenza in modo rapido ed esponenziale, raggiungendo potenziali consumatori che altrimenti non avrebbero mai raggiunto (Dong-Hun, 2010). Infine, diretta conseguenza dei precedenti benefici sono il rafforzamento del marchio (Fanion, 2011) e l’incremento delle vendite (New Media Age, 2010). Ovviamente, oltre ai benefici che i social network offrono alle aziende ci sono anche rischi derivanti dal loro utilizzo. Ad esempio, frequenti possono essere i commenti negativi da parte degli utenti (Dekay, 2012). Recenti studi rivelano che molte compagnie non rispondono a tali feedback e, spesso, addirittura li eliminano (Tsimonis e Dimitriadis, 2014). Le aziende dovrebbero, invece, sviluppare appropriate strategie di risposta ai feedback negativi, per non correre il rischio di avere più svantaggi che vantaggi dal social media marketing.

I social network hanno numerose applicazioni per le aziende: possono essere utilizzati per amplificare il cosiddetto” word-of-mouth marketing”, per ricerche di mercato, per processi di generazione di idee e per lo sviluppo di nuovi prodotti, per processi di co-innovazione, per migliorare la customer service, le pubbliche

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relazioni e la gestione della reputazione, per migliorare la gestione della comunicazione con i propri dipendenti. Di conseguenza, numerosi sono i benefici derivanti dal social network marketing: le aziende possono incrementare la cosiddetta “brand awareness”, il traffico web, la fedeltà al marchio, le probabilità di successo in lanci di nuovi prodotti (Bhise e Ghugè, 2014).

I social network possono portare benefici impensabili purché non vengano considerati solamente come ulteriori canali di vendita o mezzi in cui la comunicazione va in una sola direzione. Niente di più sbagliato.

Molte aziende infatti hanno inteso questo nuovo media semplicemente come un’ulteriore vetrina di prodotti, in cui risulta più agevole interagire con gli utenti e coinvolgere i potenziali clienti (Cosenza, 2012). Poche di loro invece, soprattutto in Italia, considerano i social network come un luogo in cui creare una vera e propria comunità intorno al brand, ponendosi in ascolto delle esigenze dei consumatori per offrire loro un migliore servizio e instaurare una solida relazione di fiducia a lungo termine.

Nel tempo, comunque, c’è stata un’evoluzione da parte delle aziende verso una gestione più professionale dei social media, con la nascita di nuove figure dedicate.

Tuttavia, c’è ancora una diffusa assenza di pianificazione e di strategie di comunicazione, con le aziende che si limitano a pubblicizzare i loro prodotti e la loro immagine sui social network, invece di considerare la comunicazione su questi canali come una parte importante della comunicazione integrata aziendale.

Per un’efficace gestione della presenza sui social network, andrebbe sviluppata una strategia di comunicazione ed una pianificazione in termini obiettivi, tempi, risorse e azioni da svolgere, come in qualsiasi altra attività di marketing tradizionale. In secondo luogo, diventa essenziale avere degli indicatori dell’efficacia della comunicazione sui social network in modo che le aziende possano valutare il proprio operato in modo il più oggettivo possibile ed intraprendere le necessarie azioni correttive e/o migliorative.

Per fare questo è necessario sviluppare una metodologia per la misurazione, la valutazione, il monitoraggio e il controllo della comunicazione sui diversi social network in cui è presente un’azienda.

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2. Processo di valutazione

Professionisti e studiosi hanno riconosciuto la necessità per le organizzazioni di quantificare il contributo delle attività delle aziende effettuate sui social media con riferimento sia al contributo finanziario sia al valore generato dai dati provenienti dalle conversazioni degli utenti (Agostino e Sidorova, 2016).

L'importanza di quantificare i contributi dei social media è anche riconosciuto in diverse discipline accademiche, anche se con sfumature diverse. La letteratura di marketing ha riconosciuto che i social network devono essere valutati per la loro efficacia (Michaelidou et al., 2011, p. 1155), sottolineando l'importanza per le aziende di valutare il contributo finanziario delle attività di social media (Hanna et al., 2011). Studi inerenti al campo delle relazioni pubbliche, invece, si sono concentrati principalmente sui contributi dei social media in termini di interazioni e relazioni che si verificano su questi strumenti, sottolineando l'importanza di quantificare la capacità di interagire in modo efficace con i clienti (Waters et al.,2009).

I dati derivanti dall’analisi dei social media sono considerati preziosi dalle aziende poiché permettono non solo di valutare le loro prestazioni (Senior, 2015) ma anche di sostenere la crescita del loro business e della redditività (El-Sayed e Westrup, 2011).

Alcuni studi sono stati effettuati con lo scopo di esplorare come misurare il contributo dei social media, ma si concentrano su indicatori o metodi specifici per reperire e analizzare i dati inerenti i social media (Bravo-Marquez et al 2014; Yan et al., 2014), dando vita a un paesaggio frammentato e incompleto. Manca, infatti, un chiaro processo sul quale basare un’attività di misurazione di tali strumenti. Questo capitolo mira a definire una metodologia di valutazione delle modalità di comunicazione delle aziende sui social network al fine di migliorare la loro brand awareness, individuando metriche e metodi per lo sviluppo di un modello di misurazione.

Prima di procedere alla costruzione del modello, e più in generale del processo di valutazione, è però necessario effettuare un’analisi integrata della letteratura, mirata all’individuazione dei modelli e delle metodologie già sviluppati nell’ambito dei social media.

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2.1 Analisi della letteratura

Il monitoraggio dei social media è diventato di vitale importanza per le aziende. L’incremento dell’utilizzo di tali mezzi richiede metodi per misurare le interazioni tra consumatori e brand: di conseguenza, i ricercatori hanno mostrato un crescente interesse in cosa misurare e come (Zhang e Vos, 2013). Per contro, il rapido sviluppo dei social media e dei relativi metodi di monitoraggio crea non pochi problemi (Adkins e Luxury, 2011). Selezionare le informazioni da tracciare e sviluppare metriche appropriate è sfidante (Fogel, 2010; Fernando, 2010). Nuovi metodi si affacciano costantemente sul mercato, molti dei quali appaiono come black box per le aziende, rendendo così difficile comparare e tenere traccia di cosa è realmente a loro disposizione (Zang e Vos, 2013). È utile, quindi, effettuare un’analisi della letteratura mirata all’identificazione dei principali processi e modelli di valutazione dei social media già sviluppati e all’individuazione delle metodologie per la creazione di nuovi framework.

Peter (2013), ad esempio, partendo da un modello per la rappresentazione dei social media, fornisce alcune linee guida per la definizione delle metriche e per la costruzione di una dashboard per la valutazione di tali mezzi. Non propone, quindi, un modello di valutazione, ma il suo obiettivo è delineare le azioni da seguire per arrivare ad una sua realizzazione. Le principali raccomandazioni sono riportate di seguito.

- Dal controllo all’influenza: nel processo di comunicazione sui social media, contrariamente a quanto avviene nei media tradizionali, il controllo non è nelle mani dell’azienda. La natura dei social media, infatti, è orizzontale e egualitaria, e l’azienda è semplicemente un attore alla pari di tutti gli altri utenti. L’azienda dovrebbe relazionarsi con i cosiddetti influencer, con l’obiettivo che questi si facciano mediatori del messaggio e promotori del brand o del prodotto. A questo scopo, in termini di social media analytics, è importante costruire metriche che permettano di identificare gli influencer e, più in generale, di monitorare quanto viene detto sul brand sui social media. È importante inoltre impostare delle metriche che misurino la capacità di risposta dell’azienda ai diversi utenti che vi entrano in contatto.

- Dal dato statico a quello dinamico: nei social media risulta più importante e rilevante misurare i trend di crescita o decrescita rispetto al dato in sé. È la

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variazione nel tempo a decretare il successo di una campagna volta ad aumentare la propria community, o a portare maggiore traffico al sito.

- Dalla quantità alla qualità: l’importanza di una metrica di qualità è stata spesso sottovalutata in ambito manageriale, preferendo a volte dei dati di volume, che dessero l’illusione di un successo, molte volte solo apparente e non consistente. Facendo un esempio è molto più significativo misurare le persone coinvolte, e la variazione di queste, rispetto ai fans della pagine. Quest’ultimi infatti possono essere stati acquisiti attraverso campagne a pagamento, e quindi nella maggior parte dei casi sono poco coinvolti e meno sensibili al messaggio che vuole veicolare l’azienda, non sono quindi contatti di qualità e potenziali consumatori. Mentre la condivisione di un contenuto, o la pubblicazione di un post sulla pagina dell’azienda e tutte le altre interazioni che possono avere gli utenti, rappresentano azioni di valore che vanno monitorate nel tempo, per capire se l’operato dell’azienda sta creando sempre più promotori spontanei, o se sta disgregando la propria community.

- Bilanciamento delle metriche: nei social media molto spesso è necessario combinare diverse metriche per fotografare ed analizzare un singolo fenomeno. Per questo è importante affiancare a metriche quantitative, metriche qualitative, e a metriche statiche, quelle dinamiche e di distribuzione. Queste metriche andrebbero poi messe in relazione tra loro per capire i cambiamenti che sono in atto.

- Metriche generiche e specifiche: le metriche specifiche di ogni social network e quelle comuni ai vari social media servono a captare diversi comportamenti del consumatore, e vanno quindi considerate ed utilizzate entrambe. Da un lato, infatti, il consumatore utilizza i vari social network per scopi diversi e per condividere contenuti di diverso tipo; allo stesso modo i vari social hanno caratteristiche uniche e differenti per la loro stessa natura e richiedono metriche specifiche. Dall’altro lato, il consumatore è unico e si muove attraverso i social media con lo stesso obiettivo. Per questo motivo, utilizzare solo metriche specifiche o solo metriche generiche precluderebbe la misurazione di uno di questi due comportamenti, tralasciando un’informazione importante.

Alberghini, Cricelli e Grimaldi (2014) hanno sviluppato una metodologia per monitorare i social media utilizzati dai dipendenti di un’azienda. Tale

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metodologia, essenzialmente basata sul metodo P-D-C-A (Deming, 1986), è suddivisa in quattro step principali: la definizione di obiettivi strategici; il processo di razionalizzazione, con la selezione dei KPI; l’applicazione e il monitoraggio dei KPI; la proposta di azioni correttive. Essa è sintetizzata nell’immagine seguente (fig.6).

Il modello sviluppato seguendo tale metodologia è strutturato su tre categorie principali: partecipazione, attenzione e relazione. Ognuna di queste è poi ulteriormente suddivisa in sottocategorie, per ognuna delle quali sono definiti i relativi KPI, mostrati nella figura seguente (fig.7).

Ovviamente, tali KPI non sono replicabili per il modello che verrà sviluppato in questa tesi, per due motivi principali: in primo luogo, tale modello riguarda il monitoraggio dell’utilizzo dei social media interno all’azienda, effettuato quindi dai suoi dipendenti e non dai potenziali consumatori; in secondo luogo, i KPI

Figura 6 - Metodologia di monitoraggio dei social media (Fonte: Alberghini, Cricelli e Grimaldi, 2014)

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selezionati sono relativi al monitoraggio dei social media e non dei social network, pertanto non possono essere riutilizzati ( o perlomeno non tutti). Tuttavia, risultano interessanti (ed eventualmente replicabili) la metodologia utilizzata per arrivare al modello e la strutturazione del modello stesso.

Secondo McCann e Barlow (2015) un mix di misure quantitative e qualitative è necessario per valutare appieno il raggiungimento di un obiettivo. Essi forniscono degli esempi di metriche raggruppati per i diversi obiettivi che un’azienda mira a raggiungere attraverso l’utilizzo dei social media (fig.8).

Figura 8 – Esempi di metriche (Fonte: McCann e Barlow, 2015)

Tuttavia, non è spiegato come tali metriche vengono calcolate e, anche in questo caso, la maggior parte di esse si riferisce ai social media in generale e non ai social network.

Coursaris, van Osch e Balogh (2015) hanno effettuato uno studio sulle diverse tipologie di messaggi pubblicati su Facebook, basandosi sulla classificazione proposta da Puto e Wells (1984) e sviluppata da Laskey et al. (1989) che divide i messaggi in informazionali e transformazionali. I primi sottolineano la trasmissione di fatti e dati verificabili relativi al marchio, mentre i secondi si concentrano sull'esperienza del consumatore con il brand.

Secondo Rossiter e Bellman (2005), inoltre, diverse tipologie di messaggi producono diverse reazioni da parte degli utenti. Messaggi informazionali inviano

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stimoli negativi, mentre messaggi transformazionali inducono gratificazione sensoriale, stimolazione intellettuale e approvazione sociale.

Sulle base di queste affermazioni, e dopo aver analizzato 369 post , Coursaris, von Osch e Balogh hanno dimostrato che: più viene citato il brand, più il messaggio appare informazionale; al contrario, meno viene citato il brand, più il

messaggio appare transformazionale; più il messaggio appare

transformazionale, maggiore è il coinvolgimento del consumatore; una maggiore ricchezza del messaggio, attraverso l’utilizzo di foto, video o link, è associata a un maggiore livello di engagement (fig.9).

Figura 9 – Processo di creazione di engagement (Fonte: Coursaris, van Osch e Balogh, 2015)

È chiaro che non si tratta di un vero e proprio modello di valutazione, ma più di un modello di classificazione, le cui evidenze possono però essere utilizzate per valutare se effettivamente diverse tipologie di post producono diversi effetti sugli utenti e quali sono quelle che garantiscono il livello di engagement più elevato.

Un quadro di riferimento interessante delle principali metriche utilizzate per la misurazione dei social media è stato recentemente sviluppato da Agostino e Sidorova (2016). Il punto di partenza è la tipologia delle metriche che è necessario da misurare, che possono fare riferimento a diversi ambiti: finanziario, struttura di rete, interazioni, contenuto delle conversazioni e opinioni degli utenti. La figura seguente sintetizza i diversi KPI raccolti (fig.10).

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Figura 10 – Esempi di metriche (Fonte: Agostino e Sidorova, 2016)

Indicatori finanziari forniscono una valutazione sintetica del contributo finanziario dei social media in termini di redditività dell'investimento sugli stessi. Un indicatore è rappresentato dal cosiddetto social media ROI (Fisher, 2009; Powell et al, 2011.; Romero, 2011; Kaske et al 2012.; Crumpton, 2014; Jobs e Gilfoil, 2014), che fornisce una valutazione sintetica sulla capacità dell'organizzazione di utilizzare i social media. Il social media ROI ha più di 14 diverse definizioni (Crumpton, 2014) e il suo calcolo è stato riconosciuto come una sfida sia per le imprese sia per le organizzazioni non-profit (Fisher, 2009; Romero, 2011, Jobs e Gilfoil, 2014), tranne che per campagne specifiche o azioni sui social media i cui i costi e benefici possono essere facilmente definiti e calcolati. Tale indicatore, però, fornisce una vista parziale sui contributi di social media, perché non è in grado di misurare le reazioni della comunità e le interazioni con l’azienda.

Più interessanti sono gli indicatori non finanziari. Quelli relativi alla struttura della rete supportano la valutazione del contributo generato dalla rete di utenti dei social media. Essi comprendono la multiplessità3, la centralità, la densità e la

vicinanza (Coulter e Roggeveen, 2012; Ellison e Boyd, 2013;. Kane et al, 2014) e permettono, ad esempio, l'identificazione degli influencer, intesi come nodi della rete con un ruolo predominante per influenzare gli altri (Li et al., 2014; Bernabè-Moreno et al., 2015). Gli indicatori relativi alle interazioni, invece, hanno l'obiettivo di misurare l'attività degli utenti dei social media. Essi sono ampiamente

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discussi nella letteratura di marketing e comprendono awareness, engagement, word-of-mouth e viralità. L’awareness quantifica la capacità di un'organizzazione di trasmettere informazioni agli utenti attraverso i social media (Hoffman e Fodor, 2010; Agostino, 2013); l’engagement misura la capacità di un'organizzazione di stabilire interazioni con gli utenti (Hoffman e Fodor, 2010; Agostino, 2013; Bonson e Ratkai, 2013) ; il word-of-mouth (Hoffman e Fodor, 2010) valuta la capacità degli utenti di comunicare il loro parere tra di loro, contribuendo in tal modo alla popolarità di un post; la viralità, infine, (Bonson e Ratkai, 2013) è un indicatore dell'intensità di propagazione di un messaggio postato sui social media. Gli indicatori relativi al contenuto hanno lo scopo di valutare il contributo delle conversazioni sui social media. Nel campo giornalistico, due indicatori sono stati sviluppati:

1. la rilevanza, che quantifica l'importanza di una data parola;

2. l’unicità, che quantifica l'occorrenza di una parola o frase (Diakopoulos et al., 2010).

Infine, indicatori di sentiment, discussi soprattutto in letteratura, quantificano il sentimento (positivo, neutro o negativo) associato alle conversazioni social media. Numerose misure possono essere trovate per quantificare il sentiment delle conversazioni, e il dibattito sulla metrica più appropriata è ancora aperto. Come visto, anche se negli ultimi anni è avvenuto un incremento considerevole del numero di pubblicazioni inerenti metriche e metodologie per l’analisi dei social media, e nello specifico dei social network, lo stato dell’arte in questo campo nel mondo accademico risulta ancora incompleto e frammentato. È utile, quindi, prendere in considerazione ricerche e pubblicazioni effettuate dalle aziende del settore, che spesso, pur partendo da un approccio sicuramente meno teorico, forniscono modelli di misurazione più esaustivi e di maggiore utilità pratica.

Levitt e Owyang (2010), in una ricerca effettuata per conto di Web Analytics Demystified and Altimeter Group, affermano ad esempio che metriche sviluppate partendo da specifici obiettivi di business sono molto più efficaci (fig.11). In quest’ottica, utilizzando quindi una metodologia objective-based, hanno identificato quattro distinti obiettivi di business dai quali partire per la misurazione dei social media: incoraggiare il dialogo con gli utenti, promuovere l’advocacy, facilitare il supporto ai clienti, stimolare l’innovazione.

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Figura 11 - Il modello di misurazione (Fonte: Levitt e Owyang, 2010)

Il primo obiettivo implica l’incoraggiamento di una conversazione, offrendo al proprio target qualcosa di cui parlare e ottenendo in cambio preziose informazioni. Per raggiungere tale obiettivo è necessario prevedere: attività di “building awareness” e di “passaparola”, attraverso conversazioni e la loro promozione; il coinvolgimento degli utenti per carpire le loro opinioni riguardo le idee, i valori, i prodotti e le attività dell'organizzazione; risposte agli utenti, per conto del marchio, attraverso interazioni genuine.

Il secondo obiettivo richiede l'appoggio e la dedizione degli individui che fungono da ambasciatori di alcuni prodotti, marchi o organizzazioni, pur non avendo alcun ruolo ufficiale. In questo modo, le aziende possono estendere la loro portata sfruttando il passaparola e attività virali. La promozione dell’advocacy richiede: l’incoraggiamento di attività di passaparola, promuovendo e sostenendo conversazioni condivise dagli utenti; lo sviluppo di rapporti con gli utenti che hanno una certa affinità con il marchio; il rafforzamento delle relazioni esistenti con i clienti.

Dato che i consumatori possono ora rivolgersi ai social media per esporre i loro problemi, la capacità di fornire sostegno ai clienti è fondamentale: in particolare, le compagnie vengono valutate in base alla loro capacità di rispondere in modo tempestivo e alla qualità delle loro risposte.

Per quanto riguarda l’ultimo obiettivo, le organizzazioni che sanno veramente ascoltare i loro clienti sui social media possono trarre spunti da commenti,

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suggerimenti e conversazioni e identificare così requisiti ed esigenze di prodotto ed altre opportunità per l’innovazione.

La tabella seguente (tab.1) mostra i KPI individuati per ciascuno degli obiettivi appena descritti.

Tabella 1 – Obiettivi di Business e KPI (Fonte: Levitt e Owyang, 2010)

Etlinger e LI (2011), invece, hanno effettuato un’interessante ricerca per conto di Altimeter Group in cui propongono non solo un framework di valutazione completo della descrizione dei diversi KPI utilizzati, ma anche una chiara metodologia da seguire per la creazione di nuovi modelli.

Prima di iniziare a sviluppare o valutare strategie sui social media, è necessario partire da obiettivi di core business, per poi andare a definire le strategie di business che supportano questi obiettivi. Lo sviluppo di metriche adeguate dovrebbe seguire lo stesso processo: bisogna, infatti, determinare come misurare il successo da una prospettiva di business prima di focalizzarsi sui social media. Occorre poi valutare la capacità dell’azienda a misurare i social media, in termini di risorse, livello di padronanza ,capacità di analisi e presenza di strumenti necessari. Questa è la fase più critica della strategia di misurazione dei social media, dato che molte aziende non addestrano sufficientemente il personale per la misurazione dei social media e spesso affidano questo compito a dipendenti troppo impegnati e impreparati.

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Una volta definiti gli obiettivi, le metriche e le risorse che si hanno a disposizione, è possibile selezionare gli strumenti necessari alla misurazione. Dato che si tratta di un settore ancora nuovo, gli strumenti presenti sul mercato sono ancora in una fase di sviluppo; non esiste inoltre un unico tool ideale per ciascun obiettivo e ciascuna azienda.

Il modello sviluppato prevede sei obiettivi di business: salute del brand, ottimizzazione delle azioni di marketing, generazione di ricavi, efficienza, customer experience, innovazione. Essi sono raffigurati nella seguente infografica (fig.12).

Figura 12 – The Social Media Measurement Compass (Fonte: Levitt e Owyang, 2010)

Il primo obiettivo consiste nel misurare come e quanto gli utenti parlano e interagiscono con il marchio ed è il più comune per l’analisi dei social media. Gli insight derivanti dai social media aggiungono ricchezza agli sforzi effettuati per ricerche di mercato, aiutando a prevenire o mitigare crisi e a scoprire minacce e opportunità.

Per quanto riguarda il secondo obiettivo individuato, i dati provenienti dai social media risultano preziosi per la funzione marketing poiché è possibile valutare in tempo reale come performano i contenuti e le campagne adottate ed avere dei driver per il futuro.

Una best practice emergente è quella di integrare la strategia di misurazione nella pianificazione iniziale di una campagna per facilitare l'apprendimento, le responsabilità, ed il miglioramento continuo.

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I social media di solito non sono lo strumento più efficace per la generazione diretta di ricavi, ma hanno un impatto dimostrabile nell’attrarre clienti. La chiave è comprendere quale ruolo rivestono i social media nel processo d'acquisto. Per quanto riguarda l’obiettivo di efficienza, anche se i social media richiedono investimenti iniziali e risorse dedicate, sono in grado di fornire benefici sia di contenimento dei costi per le organizzazioni (per esempio nell’interazione con i clienti) sia di riduzione dei tempi (ad esempio nella diffusione del brand).

Inoltre, i social media possono avere un impatto immediato sulla customer experience, portando a vantaggi per tutta l'organizzazione, come ad esempio brand awareness, risparmio sui costi e aumento delle entrate.

Infine, il processo di innovazione può essere favorito dall’analisi dei feedback effettuati dagli utenti sui social media che può portare sia all’identificazione di opportunità sia alla riduzione di rischi.

Come visto, non esiste un modello definitivo per la misurazione dei social media né tantomeno un set predefinito di metriche: la sfida è usare le conoscenze esistenti, la propria esperienza e le risorse che si hanno a disposizione per sviluppare le metriche che meglio descrivano e misurino il valore del proprio business. Questa sezione mira a fare chiarezza, cercando di definire un processo efficace di valutazione e fornendo un framework di riferimento, su quali sono le principali metriche da adottare per una corretta analisi dei social network, attraverso la sintesi dei modelli e delle metodologie precedentemente esposti ed un’integrazione con fattori e indici che non sono ancora stati presi in considerazione.

2.2 Processo di valutazione

Dall’analisi della letteratura emerge come il processo di valutazione delle performance sui social network, per essere davvero efficace, debba necessariamente partire da una chiara definizione degli obiettivi di business (Levitt e Owyang, 2010; Etlinger e LI, 2011). Come visto, infatti, le motivazioni che spingono un’azienda ad essere presente sui social network possono essere diverse, dall’ottimizzazione delle azioni di marketing alla generazione dei ricavi fino alla customer experience, e non è quindi possibile prescindere da queste per valutare le modalità di comunicazione utilizzate.

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In quest’ottica è stata quindi utilizzata una metodologia objective-based, dove in questo caso l’obiettivo di business è il rafforzamento della salute del brand, che consiste nel misurare come e quanto gli utenti parlano e interagiscono con il marchio e che è anche il più comune per l’analisi dei social media.Tale obiettivo implica l’incoraggiamento di una conversazione, offrendo al proprio target qualcosa di cui parlare e ottenendo in cambio preziose informazioni. Per raggiungerlo è necessario prevedere: attività di “building awareness” e di “passaparola”, attraverso conversazioni e la loro promozione; il coinvolgimento degli utenti per carpire le loro opinioni riguardo le idee, i valori, i prodotti e le attività dell'organizzazione; risposte agli utenti, per conto del marchio, attraverso interazioni genuine.

Ricordiamo poi la metodologia sviluppata da Alberghini, Cricelli e Grimaldi (2014) per monitorare i social media utilizzati dai dipendenti di un’azienda. Tale metodologia, essenzialmente basata sul metodo P-D-C-A (Deming, 1986), è suddivisa in quattro step principali: la definizione di obiettivi strategici; il processo di razionalizzazione, con la selezione dei KPI; l’applicazione e il monitoraggio dei KPI; la proposta di azioni correttive.

Integrando i contributi estrapolati dall’analisi della letteratura con elementi innovativi di cui le precedenti metodologie erano carenti, è stato creato un processo di valutazione objective-based e ispirato dal metodo P-C-D-A, che si articola nelle seguenti fasi:

1. Definizione dell’obiettivo: come visto, diversi possono essere gli obiettivi di un’azienda presente sui social network. Nel nostro caso, come già scritto in precedenza, l’obiettivo è il rafforzamento del brand.

2. Analisi AS-IS: prima di procedere all’analisi vera e propria, è necessario svolgere un’analisi preliminare con lo scopo di stabilire il posizionamento dei diversi player sui principali social network;

3. Costruzione del modello: spesso l’attività di misurazione dei social network è condotto senza avere presenti né l’obiettivo da perseguire né un modello da seguire, causando alle aziende un inutile spreco di tempo e risorse. È, invece, necessario creare un modello di valutazione che orienti gli analisiti attraverso gli innumerevoli dati presenti sui social network e verso il loro obiettivo finale. Il modello deve essere sempre adattato all’azienda

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specifica e all’obiettivo da perseguire. e i KPI devono essere creati in base ai dati e agli strumenti disponibili;

4. Misurazione e analisi dei dati: una volta costruito il modello è possibile iniziare l’attività di misurazione vera e propria, tramite un approccio quantitativo/qualitativo, per individuare le diverse strategie di comunicazione adottate dai player;

5. Analisi del target: questa fase è un elemento innovativo della metodologia, dato che stranamente si tratta di una fase sottovalutata e ignorata dalla letteratura nell’ambito dell’analisi delle performance sui social network. Spesso invece è proprio la non piena comprensione del proprio target di riferimento che è alla base di un’errata strategia di comunicazione, che porta non solo a modalità di interazione con gli utenti errate, ma addirittura ad essere presenti sui social network sbagliati. Per una corretta strategia di brand awareness, quindi, è necessario comprendere quali sono gli utenti con cui interagisce l’azienda e quali sono i media e le modalità di comunicazione più efficaci per il target individuato;

6. Scouting best practice: anche questa fase è un elemento innovativo, ritenuto utile per integrare le diverse fasi di analisi svolte in precedenza con uno scouting delle migliori pratiche utilizzate dai principali competitor nel campo della comunicazione sui social network;

7. Azioni correttive e/o migliorative: una volta analizzati i dati raccolti, vengono proposte azioni correttive e/o migliorative. Infatti, se si conoscono i comportamenti, i bisogni e le preferenze degli utenti, è possibile impostare le future campagne di comunicazione sulla base di un set di conoscenze approfondite e confermate nel tempo.

Nel paragrafo successo vengono esposto la metodologia e i criteri seguiti per la costruzione del modello, che è la fase più critica dell’intero processo di valutazione.

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