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Il problema della Location

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Academic year: 2021

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I problemi di ‘‘Posizionamento’’ e di

‘‘Irrigazione’’ ottimi

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Indice

1 Introduzione 5

2 Esagoni magici 7

2.1 Riempire il quadrato . . . 8

2.2 Riempire il piano intero . . . 12

3 Trasporto ottimo 15 3.1 Preliminari . . . 18

3.2 Esistenza della soluzione ottima . . . 19

3.3 Risultati qualitativi . . . 21

4 Problema asintotico per l’irrigazione 29 4.1 Γ-convergenza . . . 31 4.2 Preliminari . . . 36 4.3 Dimostrazione . . . 42 4.4 Stime su θd,p . . . 48 5 Quantizzazione 51 5.1 Definizioni . . . 51 5.2 Risultati . . . 55 5.3 Dimostrazioni . . . 59 5.4 Conclusioni . . . 63 Riferimenti bibliografici . . . 67 3

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Capitolo 1

Introduzione

Il problema del posizionamento ottimo consiste nel deteterminare nel “miglior modo possibile” la disposizione di un certo numero di punti in un’assegnata regione del piano. Il modo migliore `e relativo al tipo di problema che stiamo studiando; frequentemente si tratta di voler minimizzare una funzione di costo assegnata (si cerca sempre di minimizzare i costi!).

Oltre ai notevoli interessi matematici, il problema ha numerose appli-cazioni nei pi`u svariati campi:

• come possono essere disposti in una citt`a gli uffici pubblici o altri centri di utilit`a sociale, in modo da massimizzare i benefici per i cittadini? • in che modo una grande industria pu`o sistemare le sue aziende in una

determinata area, minimizzando i costi di produzione e di consegna? Il problema dell’irrigazione `e simile a (e in un certo senso “generalizza”) quello del posizionamento ottimo. La differenza `e che invece di posizionare dei punti (cio`e insiemi zero dimensionali), bisogna posizionare insiemi di di-mensione uno, ad esempio una rete di canali (oppure strade, fibre ottiche, reti elettriche,. . .), da cui il nome irrigazione. Per studiare il problema si suppone che solo la lunghezza dei segmenti sia fissata a priori e nient’altro. Il problema prende il nome dell’esempio classico con il quale viene presenta-to: se ho un terreno da irrigare, come posso posizionare i tubi dell’acqua in modo da avere l’irrigazione migliore?

Nonostante il grande lavoro dedicato ad entrambi i problemi e nonostante ci siano numerose dimostrazioni di teoremi di esistenza di soluzioni ottime, non si sono ancora comprese a fondo le propriet`a qualitative delle soluzioni (soprattutto nel caso di dimensione d ≥ 3 ma anche in dimensione 2 diverse questioni, come ad esempio la regolarit`a delle reti ottime, sono ancora aperte)

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e questi problemi continuano ad incuriosire gli studiosi e a stimolare una vasta produzione letteraria.

In questa tesi abbiamo affrontato i problemi presentati sopra da diversi punti di vista, concentrandoci sulle questioni matematiche e rimandando alla bibliografia per la trattazione degli aspetti informatici ed algoritmici.

Come primo caso, sfruttando il lavoro di Morgan e Bolton ([1]), diamo una dimostrazione elementare di una soluzione del problema asintotico del posizionamento in dimensione 2 che usa semplici risultati di geometria. Di-mostreremo che nel caso in cui il costo `e semplicemente la distanza e quest’ul-tima sia calcolata con la norma euclidea, la soluzione otquest’ul-tima si avvicina as-intoticamente, per n → ∞ a quella in cui gli n punti (i centri di produzione) sono distribuiti in modo da coincidere con i centri di n esagoni che formano un ricoprimento della regione (trascurando gli ‘effetti’ di bordo).

Successivamente studiamo i problemi nel contesto del trasporto ottimo (sfruttando il lavoro [2]). Iniziamo con una breve introduzione al proble-ma del trasporto ottimo; essendo tale contesto molto generale, si riesce ad avere una dimostrazione relativamente semplice di un teorema di esistenza di soluzioni ottime sia del problema del posizionamento che di quello dell’ir-rigazione. Enunceremo in seguito alcuni risultati qualitativi per il proble-ma dell’irrigazione (riguardanti per esempio il comportamento asintotico per l → 0 e per l → +∞).

Dimostriamo successivamente teoremi limite e risultati per il problema asintotico dell’irrigazione (usando l’articolo [4]) sfruttando alcune tecniche di Γ-convergenza. Prima di enunciare e dimostrare i risultati presentiamo quindi anche una introduzione alla teoria della Γ-convergenza.

Infine, dopo un’introduzione alla teoria della “quantizzazione”, sfruttan-do il lavoro di Cohort ([5]) mostreremo alcuni risultati sulla versione prob-abilistica del problema del posizionamento. In particolare, vedremo come approssimare una funzione (o anche una distribuzione di probabilit`a) con somme di masse di Dirac, minimizzando l’errore di approssimazione. Faremo un confronto tra la quantizzazione (normalizzata) ottima e quella (normal-izzata) casuale. Mostreremo che esse sono molto vicine tra loro e che la differenza tra le due diventa sempre pi`u piccola con il crescere della dimen-sione. Concluderemo con una osservazione sul fatto che l’analogo confronto deterministico/probabilistico per il problema dell’irrigazione non esiste in letteratura, a causa della difficolt`a di definire una rete casuale.

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Capitolo 2

Esagoni magici

Un modo pratico per misurare l’efficienza di una distribuzione di centri di produzione `e la distanza media ρ di consumatori uniformemente distribuiti dal pi`u vicino centro, supponendo ad esempio che i costi di trasporto siano proporzionali alla distanza.

Il problema di trovare la distribuzione ottima dei centri `e stato a lungo studiato, anche al di fuori del contesto del posizionamento. I primi tenta-tivi di soluzione erano buoni nelle idee ma non rigorosi nelle dimostrazioni (vedi [14]).

Quando il numero di punti `e piccolo, la soluzione ottima corrisponde al modo intuitivo di disposizione dei punti (ad esempio se n = 1 `e il centro della figura). Sembra che essi si dispongano sui vertici di poligoni regolari.

Figura 2.1: Disposizione ottima di 2-11 punti nel quadrato

Tuttavia non `e cos`ı. Quando il numero dei punti cresce ed `e sufficiente-mente grande da rendere trascurabili gli effetti di bordo, i centri sembrano disporsi in modo da coincidere con i centri di esagoni regolari che formano un ricoprimento della figura.

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Proveremo che gli esagoni sono veramente ottimi rispetto a qualsiasi altro tipo di figura.

2.1

Riempire il quadrato

Dimostreremo che, date n regioni economiche che formano un (grande) quadra-to, la distanza media da punti associati ad ogni regione `e maggiore di quella calcolata con esagoni regolari centrati rispetto a poligoni di qualsiasi altra forma e scelta di punti.

Lemma 2.1.1. Fra gli n-agoni di area unitaria, la distanza media dall’ori-gine `e minimizzata solo dall’ n-agono regolare centrato nell’origine.

Dimostrazione Consideriamo un poligono Π per cui valga il minimo. Ogni lato di Π incontra, nel suo punto di mezzo p, una semiretta uscente dall’o-rigine con un angolo θ uguale a π/2. Supponiamo per assurdo che ci`o non sia vero: se θ < π/2, ruotando il lato intorno a p si avrebbe una famiglia di nuovi poligoni di area fissata ma con derivata iniziale della distanza ρ tale che

dρ dθ < 0.

Per θ piccolo dunque, esisterebbe un poligono Π0 con la stessa area e distanza media ρ pi`u piccola di Π, contraddizione. Abbiamo dimostrato quindi che ogni lato deve intersecare nel suo punto di mezzo un raggio uscente dall’ori-gine con un angolo di π/2 e quindi che il poligono minimizzatore deve essere inscritto in un cerchio.

La seconda ed ultima osservazione `e che ogni lato deve avere la stessa distanza media dall’origine:

aveE|x| = aveE0|x| ∀E, E0 lati di Π

in cui “ave” `e la distanza media di un lato dall’origine e | | indica la norma euclidea. Se cos`ı non fosse potremmo infatti muovere alcuni lati verso l’in-terno ed altri verso l’esl’in-terno e diminuire ρ. Possiamo ora concludere che Π deve essere l’n-agono regolare centrato nell’origine.  Osservazione 2.1.2. Osserviamo che l’esagono `e il poligono che realizza il minimo del perimetro tra i poligoni regolari di area fissata che tassellano il piano (ovvero il triangolo equilatero, il quadrato e l’esagono).

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2.1. RIEMPIRE IL QUADRATO 9 La distanza media dal centro di un cerchio unitario, divisa per il fattore√π, `e

2 3

π ≈ 0, 3761.

La distanza media ρ0(6) dal centro dell’esagono regolare `e

ρ0(6) = 2−3/23−7/4(4 + 3 ln(3)) ≈ 0, 3772

ed altri valori di ρ0(n) sono mostrati nella Tabella 2.1. I valori sono stati

calcolati usando la formula generale dell’n-agono inscritto nella circonferenza unitaria, normalizzato dividendo per l’area elevata alla 3/2:

ρ0(n) = 2nRπ/n 0 R cos(π/n)cos θ 0 r 2drdθ  2nR0π/nR cos(π/n) cos θ 0 r drdθ 3/2.

n ρ0(n) approssimato per difetto

3 0,4036 4 0,3825 5 0,3784

6 0,3772 approssimato per eccesso 7 0,3766

8 0,3764 20 0,3761

∞ 0,3761 il cerchio

Tabella 2.1: la distanza media ρ0(n) dal centro dell’n-agono regolare di area

unitaria

Lemma 2.1.3. Si consideri un ricoprimento di un quadrato costituito da un numero finito di poligoni convessi che si intersecano solo su lati e vertici coincidenti e i cui vertici siano di grado almeno 3 (tranne eventualmente i vertici del quadrato). Allora il numero medio di lati per poligono `e minore di 6.

Dimostrazione Supponiamo che ci siano n poligoni convessi P e che P abbia N (P ) lati. Sia N0 il numero totale di lati esterni (dei poligoni). Ad ogni lato

interno al quadrato corrispondono due facce e il numero di lati l `e: l =X P N (P ) 2 + N0 2 .

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Ad ogni vertice interno corrispondono almeno tre facce poich´e i poligoni sono convessi mentre i vertici esterni, tranne al pi`u i quattro vertici del quadrato, corrispondono ad almeno due facce. Per i vertici vale dunque:

v ≤X P N (P ) 3 + N0 3 + 4 3. Per la formula di Eulero,

1 = v − l + n ≤ X P N (P ) 3 + N0 3 + 4 3 ! − X P N (P ) 2 + N0 2 ! + n da cui otteniamo: n −X P N (P ) 6 ≥ 1 − 4 3 + N0 6 ≥ 1 − 4 3+ 4 6 = 1 3 > 0 da cui segue la tesi:

1 n X P N (P ) < 6.  Possiamo finalmente enunciare il teorema che ci garantisce il risultato finale: Teorema 2.1.4. Consideriamo nel piano R2 una partizione di un quadrato

di area A in n aree Pi con i punti pi associati (pi ∈ Pi sono i ‘centri di

produzione’). Allora la distanza media ρ:

ρ = 1 A n X i=1 Z Pi |x − pi|dx

`e maggiore della media corrispondente per un esagono regolare di area A/n centrato nell’origine:

ρ > (A/n)1/2ρ0(6).

Dimostrazione Possiamo supporre che Pi sia l’insieme di punti pi`u vicini a

pi(si vede facilmente che questa `e una condizione necessaria per minimizzare

la distanza media) che `e quindi un poligono convesso (i poligoni Pi sono le

celle di Voronoi rispetto ai punti pi; vedi l’ultimo capitolo). I Pi sono un

ricoprimento del quadrato che soddisfa l’ipotesi del Lemma 2.1.3; se neces-sario infatti basta suddividere opportunamente i lati che non si intersecano

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2.1. RIEMPIRE IL QUADRATO 11 completamente. Siano Ni ed Ai rispettivamente il numero di lati e l’area di

Pi. Con l’opportuno riscalamento, applicando il Lemma 2.1.1 otteniamo:

ρ = 1 A n X i=1 Z Pi |x − pi|dx ≥ 1 A n X i=1 A3/2i ρ0(Ni).

Per limitare il membro destro dal basso supponiamo che gli Ai ≥ 0 siano

scelti in modo da minimizzare

f =XA3/2i ρ0(Ni) t.c.

X

Ai = A.

Utilizzando il metodo dei moltiplicatori di Lagrange otteniamo per qualche λ: 0 = ∂f ∂Ai − λ = 3 2A 1/2 i ρ0(Ni) − λ

per cui Ai = cρ0(Ni)−2 per qualche costante c. Grazie ai vincoli otteniamo

allora c = A/P ρ0(Ni)−2. Per cui

ρ ≥ 1 A n X i=1 A3/2i ρ0(Ni) = 1 A X (A ρ0(Ni)−2)3/2 (P ρ0(Ni)−2)3/2 ρ0(Ni) = = 1 A X A3/2ρ0(Ni)3/2 (P ρ0(Ni)−2)3/2 ρ0(Ni) = A1/2 (P ρ0(Ni)−2)3/2 X ρ0(Ni)−2  = = A1/2Xρ0(Ni)−2 −1/2 . Resta ora da dimostrare soltanto che

1 ρ0(6)2 > 1 n X 1 ρ0(Ni)2 .

Poich´e 1/ρ0(N )2 `e una funzione strettamente crescente di N e per il Lemma

2.1.3 il valore degli Ni `e mediamente minore di 6 ci basta controllare la

seguente condizione di concavit`a 1/ρ0(6)2− 1/ρ0(M )2

6 − M >

1/ρ0(N )2− 1/ρ0(6)2

N − 6 per 3 ≤ M < 6 < N. La funzione 1/ρ0(N )2 cresce verso il valore limite (del cerchio) 9π/4 < 7.069;

bisogna quindi dimostrare solamente che 1/ρ0(6)2− 1/ρ0(M )2

6 − M > 7.069 − 1 ρ0(6)2

,

che segue dai valori riportati nella Tabella 2.1.  Osservazione 2.1.5. Si pu`o approssimare l’esagono ottimo con un numero grande di esagoni pi`u piccoli. Questo teorema pu`o essere facilmente general-izzato a domini diversi dai quadrati.

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2.2

Riempire il piano intero

Dimostriamo che per regioni poligonali e convesse di area media 1 che rico-prono il piano, gli esagoni regolari minimizzano la distanza media dal centro pi`u vicino. Il seguente lemma implica che l’errore di troncamento `e piccolo! Lemma 2.2.1. Sia C ⊂ R2 un sottoinsieme convesso di diametro δ. Allora

la distanza media di C da qualsiasi punto p del piano `e almeno δ/128. Dimostrazione Inscriviamo C in un rettangolo R di lunghezza δ ed altezza h. Supponiamo che p sia sulla linea verticale che passa per il centro di R oppure su di essa. Sia C0 il triangolino scuro in figura. Si verifica facilmente

che C0 `e contenuto in C. Quindi

Z C |x − p| ≥ Z C0 |x − p| ≥ δ 4area(C0) ≥ δ 4 1 2 h 4 δ 4 = δ 128δh ≥ δ 128area(C).

Figura 2.2: La distanza di un punto qualsiasi p del piano da C `e almeno δ/128.  Teorema 2.2.2. Consideriamo un ricoprimento del piano R2 formato da poligoni convessi Pi di area Ai e punti associati pi. Sia Q(r) = [−r/2, r/2]2.

Supponiamo che {Pi : Pi ⊂ Q(r)} sia finito e che

lim inf

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2.2. RIEMPIRE IL PIANO INTERO 13 dove ave `e la media delle aree degli Ai che appartengono all’insieme. Sia

ρ(r) = 1 r2

Z

Q(r)

|x − pi(x)|dx

dove pi(x) `e il punto associato al poligono che contiene x.

Allora

lim inf

r→∞ ρ(r) ≥ ρ0(6).

Dimostrazione Per ε > 0, sia r ≥ 2048ρ0(6)/ε2. Siano Pi0 = Pi ∩ Q(r),

A0i = area(Pi0) e q = {Pi0 : 0 < A0i < Ai}. Se

X

P0 i∈q

A0i ≤ εr2

allora i poligoni nell’insieme {Pi0 : A0i > 0}, che riempiono Q(r), hanno area media non pi`u piccola di 1 − ε e per il Teorema 2.1.4 si ha ρ(r) > (1 − ε)1/2ρ 0(6). D’altra parte, se P P0 i∈qA 0 i ≥ εr2, la porzione di S Pi∈qPi a distanza almeno

δ = εr/8 da ∂Q(r) ha area almeno εr2/2. Per il Lemma 2.2.1 tali regioni danno a ρ(r) un contributo pari ad almeno (δ/128)(ε/2), per cui

ρ(r) ≥ 256δε = ε2r/2048 ≥ ρ0(6),

grazie alla scelta di r. 

Osservazione 2.2.3. L’ipotesi che gli insiemi Pi siano convessi e poligonali

non `e molto restrittiva; se ci fossero, infatti, regioni Pi con piccole parti

che vanno all’infinito, esse semplicemente non verrebbero mai contate. Per ogni partizione minimizzante di una regione poligonale del piano, ogni Pi

`e semplicemente il poligono convesso dei punti pi`u vicini a pi. Il Teorema

2.2.2 vale, senza ipotesi sulle regioni, troncando le regioni che hanno parti che tendono all’infinito.

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Capitolo 3

Trasporto ottimo

Studiamo, perch´e ci sar`a utile per la trattazione sia del problema del posizion-amento che dell’irrigazione, una formulazione del problema del trasporto ottimo con regioni libere di Dirichlet.

Il problema del trasporto ottimo ha origine con G. Monge nel 1781 e al giorno d’oggi `e ancora molto studiato grazie alle sue numerose applicazioni e connessioni con altri campi della matematica, sia pura che applicata.

Data una funzione (misurabile) T : Rd → Rd e due misure non negative f+

ed f− su Rd, diciamo che T trasporta f+ in f, e chiameremo T mappa di

trasporto, se

f+(T−1(B)) = f−(B) per ogni sottoinsieme boreliano B ⊆ Rd. Equivalentemente possiamo scrivere T]f+ = f−, dove T] `e l’operatore

push-forward. E’ evidente che per trasportare f+ in f`e necessario che le due

misure abbiano la stessa massa, che nel seguito normalizzeremo ad 1, suppo-nendo quindi di considerare misure di probabilit`a.

Per ogni mappa di trasporto T , definiamo il costo per portare f+ su fcos`ı:

J (T ) = Z

c(x, T (x))df+(x),

dove c(x, y) `e una funzione di costo data, che noi supporremo continua e non negativa.

Il problema del trasporto ottimo `e allora cosi definito: min{J (T ) : T trasporta f+ su f}.

Normalmente viene usata come costo una funzione della distanza euclidea nello spazio. Ad esempio `e molto studiato il caso c(x, y) = kx − ykp e nel caso p = 1 si trova il classico problema del trasporto di Monge. Anche il caso

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p = 2 `e molto studiato per le sue applicazioni, ad esempio in fluidodinamica. Bisogna osservare che oltre al problema di trovare il minimo del funzionale J , ci si pu`o trovare in situazioni in cui non esistono mappe di trasporto. Questo inconveniente pu`o verificarsi ad esempio quando f+ = δ

0 mentre f− non `e

una massa puntiforme, come nel caso f+ = δ

0 mentre f−= 12δ−1+12δ+1.

Il problema `e stato, parzialmente, risolto da Kantorovich che ha sostituito le mappe di trasporto con i piani di trasporto. La teoria dei piani di trasporto (come quella delle mappe di trasporto) `e definita per spazi pi`u generali di quello euclideo; si pu`o fare tutto ad esempio su uno spazio metrico (X, d). A noi non servir`a troppa generalit`a e quindi la descriveremo in Rd; vedi [3] per

una trattazione generale.

I piani di trasporto sono misure (boreliane) non negative γ definite sullo spazio prodotto Rd× Rd tali che

π]+γ = f+, π−] γ = f−,

dove π+ e π− sono le proiezioni sul primo e sul secondo fattore rispettiva-mente. Si vede facilmente che ogni mappa di trasporto T induce un piano di trasporto γT definito da γT = (Id × T )]f+ mentre ogni piano di trasporto

che sia concentrato su un grafico γ-misurabile `e indotto da un’opportuna mappa di trasporto. Il costo di un generico piano di trasporto γ `e dato semplicemente da

J (γ) = Z

c(x, y)dγ(x, y),

e il problema del trasporto ottimo si traduce nel problema di minimo: min{J (γ) : γ `e un piano di trasporto di f+ su f−}.

Osserviamo che anche in questo caso, affinch´e la classe dei piani di trasporto sia non vuota, f+ ed fdevono avere la stessa massa.

In generale si considera il problema del trasporto ottimo confinato in re-gioni limitate dello spazio. In tale caso, tutti i cammini sui quali avviene il trasporto devono essere cammini geodetici appartenenti al sottoinsieme considerato. Nel seguito supporremo che l’insieme K nel quale avviene il trasporto sia la chiusura di un sottoinsieme connesso, limitato e liscio Ω ⊂ Rd,

cio`e K = ¯Ω. Quanto abbiamo detto prima sui cammini significa che in questo caso la funzione costo c(x, y), che misura il costo per portare la massa da x ad y, deve tener conto del fatto che la forma di Ω, tranne nel caso in cui quest’ultimo sia convesso, cambia la lunghezza dei cammini (geodetici). Per esempio, una funzione costo della forma c(|x − y|), (dove | | rappresenta la distanza euclidea) deve essere sostituita da c(dΩ(x, y)), dove dΩ`e la distanza

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17 geodetica su Ω data dalla formula:

dΩ(x, y) := inf Z 1 0 |α0(t)|dt : α ∈ Lip([0, 1], ¯Ω), α(0) = x, α(1) = y  . Introduciamo ora il concetto di regione libera di Dirichlet. Nelle applicazioni pu`o essere utile a volte introdurre delle regioni Σ ⊂ ¯Ω, le regioni di Dirichlet appunto, in cui il costo di trasporto si annulla, o comunque sia praticamente trascurabile. Ci`o significa che in tali aree, cio`e lungo Σ, `e possibile trasportare massa gratis (non influisce sul costo totale il trasporto della merce da un estremo all’altro di un lungo magazzino, oppure, se per esempio la merce attraversa la Germania `e nullo il costo dell’autostrada, supponendo che il costo della benzina non ci interessi!). Il problema si modifica in quanto la presenza di aree di Dirichlet modifica la distanza (e di conseguenza il costo) che governa il problema del trasporto ottimo. La distanza diventa infatti in questo caso

dΩ,Σ(x, y) := inf {dΩ(x, y) ∧ (dΩ(x, ξ1) + dΩ(y, ξ2)) : ξ1, ξ2 ∈ Σ}

e in realt`a `e una semidistanza che non conta i cammini (o i pezzi di cammino) percorsi su Σ.

Generalizziamo anche il concetto di piano di trasporto in presenza di regioni di Dirichlet non vuote Σ ⊂ Ω; diremo che una misura di Borel γ definita sul prodotto ¯Ω × ¯Ω `e un piano di trasporto di f+ su fse

π]+γ − π−] γ = f+− f− su ¯Ω \ Σ.

Possiamo dare ora la nuova formulazione del problema del trasporto ottimo, con regioni libere di Dirichlet, sfruttando la semidistanza definita prima:

min Z

c(dΩ,Σ(x, y)) : γ `e un piano di trasporto di f+ su f−



. (3.1) Osserviamo che in questo caso, grazie alla versione generalizzata di piano di trasporto, non bisogna pi`u richiedere che f+ ed fabbiano la stessa massa.

Non ci occuperemo di questo problema nella sua massima generalit`a ma studieremo il problema di ottimizzazione che consiste nel trovare la migliore regione di Dirichlet possibile sotto alcune condizioni.

Definiamo cio`e il minimo del problema (3.1) come M K(Σ) e studiamo il problema di minimizzazione di M K rispetto a Σ. La versione del problema che interessa a noi `e quella in cui f−= 0, in cui il funzionale M K si riduce a

M K(Σ) = Z

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dove distΩ(x, Σ) := infy∈ΣdΩ(x, y). In generale, data una misura µ e un

insieme E appartenente alla famiglia dei boreliani di µ, si definisce la misura µxE := 1E· µ, ovvero (µxE)(B) := µ(E ∩ B).

Nel nostro caso, se per esempio Ω `e un aperto del piano e Σ un suo sottoinsieme unidimensionale, se scegliamo f+= LdxΩ, abbiamo il problema

dell’irrigazione: Ω `e il terreno da irrigare e Σ l’insieme dei tubi da disporre sul terreno.

Possiamo considerare dei vincoli ‘naturali’ per le regioni libere: Σ pu`o variare nella classe dei sottoinsiemi chiusi di ¯Ω con lunghezza fissata (usando come misura per le lunghezze la misura di Hausdorff H1) e con un numero fissato di componenti connesse. Sono in un certo senso naturali perch´e senza queste due ipotesi la soluzione del problema di minimizzazione `e banalmente zero (se non si impongono limiti sulla lunghezza di Σ allora Σ pu`o essere den-so in ¯Ω e nel caso di lunghezza nulla, senza limiti sul numero di componenti connesse, e cio`e di punti, allora Σ pu`o di nuovo essere denso).

Con tali limitazioni, nel caso in cui f+ = LdxΩ ed f− = 0 ed il vincolo sulla lunghezza di Σ sia zero, il problema si riduce al problema del posiziona-mento, della disposizione ottima di un numero finito di punti nell’insieme Ω.

3.1

Preliminari

Prima di poter dimostrare il Teorema sull’esistenza di regioni di Dirichlet ot-time diamo alcune definizioni e teoremi che serviranno nella dimostrazione. Per una trattazione completa dell’argomento (e per le dimostrazioni) si ve-da [8].

Definizione 3.1.1 (Distanza di Hausdorff). Indichiamo con CE la famiglia

di tutti i sottoinsiemi chiusi dello spazio metrico E. Per ogni insieme S ⊂ E e ogni ε > 0, sia Sε l’ε-intorno di S, cio`e l’insieme dei punti a distanza

minore di ε da S. Definiamo la funzione

dH(C, D) := min{1, h(C, D)}, C, D ∈ CE

dove

h(C, D) := inf{r ∈ [0, +∞) : C ⊂ Dr e D ⊂ Cr}.

Proposizione 3.1.2. La funzione dH `e una metrica sull’insieme CE, detta

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3.2. ESISTENZA DELLA SOLUZIONE OTTIMA 19 Definizione 3.1.3. Data una successione {Cn} ⊂ CE ed un C ∈ CE, se

limn→∞dH(C, Cn) = 0 diremo che {Cn} converge a C rispetto alla metrica

di Hausdorff e scriveremo Cn H

→ C.

Proposizione 3.1.4. Lo spazio metrico (CE, dH) `e completo se lo spazio E

`e completo.

Teorema 3.1.5 (Blaschke). Se E `e compatto allora (CE, dH) `e uno spazio

metrico compatto.

Teorema 3.1.6 (Golab). Supponiamo che {Cn} ⊆ CE sia tale che ogni Cn

sia connesso e Cn H → C. Allora C `e connesso e H1(C) ≤ lim inf n→∞ H 1(C n).

3.2

Esistenza della soluzione ottima

Dimostriamo ora l’esistenza di regioni di Dirichlet ottime per il problema nel-la sua formunel-lazione generale; avremo cos`ı un teorema di esistenza di soluzione ottima sia per il problema del posizionamento che per quello dell’irrigazione. Teorema 3.2.1. Siano l ≥ 0 un numero reale fissato, Ω un sottoinsieme limitato e connesso di Rd con frontiera di Lipschitz, f+ ed f− due misure non-negative su ¯Ω. Con le definizioni date sopra, sia M K il minimo del problema

min Z

c(dΩ,Σ(x, y)) : γ `e un piano di trasporto di f+ su f−

 . Consideriamo il problema di ottimizzazione

minM K(Σ) : Σ ⊂ ¯Ω chiuso, connesso e t.c. H1(Σ) ≤ l . (3.2) Se la funzione c `e continua, allora il problema ammette soluzione.

Dimostrazione Sia {Σν}

ν=1 una successione di sottoinsiemi chiusi e connessi di ¯Ω che

minimizzano il funzionale M K e tali che H1

ν) ≤ l per ogni ν ∈ N. Per

il teorema di Blaschke si ha Σν → Σ nel senso di Hausdorff a meno di

sottosuccessione (non riordinata) e Σ ⊂ ¯Ω `e anch’esso chiuso e limitato. Inoltre, per il teorema di Golab si ha H1(Σ) ≤ l. La convergenza secondo

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Hausdorff implica anche che dΩ(x, Σν) → dΩ(x, Σ) per ogni x ∈ ¯Ω, e da

questo segue:

dΩ,Σν(x, y) → dΩ,Σ(x, y) ∀(x, y) ∈ ¯Ω × ¯Ω.

Inoltre, siccome tutte le dΩ,Σν sono Lipschitz-continue per la distanza euclidea

con la stessa costante di Lipschitz, la convergenza `e in realt`a uniforme. Siano ora γν i rispettivi piani di trasporto ottimi, cio`e

M K(Σν) = Z ¯ Ω× ¯Ω c(dΩ,Σν(x, y)) dγν(x, y) con la condizione π]+γν − π]−γν = f+− f− su ¯Ω \ Σν ∀ν ∈ N. La successioneγν( ¯Ω) ∞

ν=1 pu`o essere considerata limitata e quindi, a meno

di sottosuccessione (anche stavolta non riordinata) si ha γν * γ debolmente∗

nel senso delle misure, con γ appartenente all’insieme delle misure di Borel positive su ¯Ω. Si ha allora

π]+γ − π−] γ = f+− f− su ¯Ω \ Σ

che si dimostra facilmente. Per ogni ψ ∈ C0( ¯Ω \ Σ) si ha infatti: Z ¯ Ω ψ d(π]+γ − π]−γ) = lim ν Z ¯ Ω ψ d(π]+γν − π]−γν) = Z ¯ Ω ψ d(f+− f−),

poich`e (grazie alla convergenza Σν → Σ nel senso di Hausdorff) ogni funzione

a supporto compatto in ¯Ω\Σ ha supporto compatto anche in ¯Ω\Σν per ν ∈ N

abbastanza grande.

Resta da dimostrare che il sottoinsieme Σ cos`ı trovato `e effettivamente un minimo del problema. Con un semplice calcolo si ha:

M K(Σ) ≤ Z ¯ Ω× ¯Ω c(dΩ,Σ(x, y)) dγ(x, y) = = lim ν Z ¯ Ω× ¯Ω c(dΩ,Σν(x, y)) dγν(x, y) e la tesi `e dimostrata. 

(21)

3.3. RISULTATI QUALITATIVI 21

3.3

Risultati qualitativi

In questo paragrafo mostriamo alcune propriet`a qualitative che (“crediamo”) ogni soluzione ottima Σopt del problema (3.1) deve soddisfare. Enunciamo

alcune congetture sulle propriet`a degli insiemi ottimi; mostriamo delle figure in cui ci sono approssimazioni numeriche di Σopt in alcuni casi particolari ed

enunceremo (senza dimostrarli) teoremi che valgono con ipotesi pi`u restrittive (cio`e riguardanti casi meno generali) di quanto vorremmo ma che ci portano a credere che le congetture formulate siano vere.

Nel seguito supporremo che Ω ⊂ Rd sia un sottoinsieme aperto, connesso e limitato dello spazio con frontiera di Lipschitz e che le misure f+ ed f

siano sempre diverse tra loro ed assolutamente continue rispetto alla misura di Lebesgue. Per semplicit`a consideriamo solo il caso in cui la funzione costo sia φ(t) = t, sebbene molti dei problemi possano essere posti in maniera analoga per funzionali di costo pi`u generali.

Problema 3.3.1 (Regolarit`a). Studiare le propriet`a di regolarit`a delle so-luzioni Σopt. Crediamo che Σopt sia regolare a tratti, cio`e formata da un

numero finito di curve lisce unite tra di loro in punti di singolarit`a.

Problema 3.3.2 (Assenza di curve chiuse). Studiare le propriet`a topologiche di Σopt. Crediamo che Σopt non contenga curve chiuse. In dimensione 2 ci`o

pu`o essere espresso dicendo che Ω \ Σopt `e connesso.

Problema 3.3.3 (Punti tripli). Studiare la natura dei punti singolari nomi-nati precedentemente. Crediamo che essi possano essere solamente dei punti tripli, cio`e punti in cui si incontrano tre curve con angoli di 120◦.

Problema 3.3.4 (Distanza dal bordo). Studiare i casi in cui le soluzioni ottime Σopt non intersecano il bordo ∂Ω. Crediamo che ci`o avvenga almeno

quando Ω `e convesso.

Problema 3.3.5 (Comportamento per lunghezze piccole). Studiare il com-portamento asintotico delle soluzioni Σopt per l → 0. Crediamo che per l

sufficientemente piccolo Σopt sia una curva liscia. In generale, sarebbe

inte-ressante ottenere una stima del numero dei punti singolari in funzione della lunghezza di Σopt.

Problema 3.3.6 (Comportamento per lunghezze grandi). Studiare il com-portamento asintotico delle soluzioni Σopt per l → +∞. Si vede facilmente

che il valore Vl del problema di ottimizzazione (3.2) si annulla per l → +∞.

Sarebbe interessante conoscere l’ordine di convergenza della quantit`a Vl.

(22)

`e interessante studiare il Γ-limite per l → +∞ del funzionale riscalato: Gl(Σ) =

1

lβM K(Σ)

rispetto alla convergenza Σl → λ ⇔

1 lH

1

xΣl→ λ debolmente∗ nel senso delle misure.

In particolare, se Σl sono soluzioni ottime di lunghezza l, `e interessante

conoscere il comportamento asintotico dei Σl e del loro limite λ nel senso

indicato sopra.

Supponiamo adesso che Ω sia convesso, che f+ sia la misura di Lebesgue

su Ω e che f− = 0. Il funzionale M K(Σ) si riduce al funzionale ‘distanza media’ dΩ e il problema (3.1) diventa:

min Z

dist(x, Σ)dx : Σ ⊂ ¯Ω chiuso, connesso, H1(Σ) ≤ l 

. (3.3) Studiamo il problema nel caso particolare in cui Ω sia il disco unitario in R2. Per quanto riguarda il problema del posizionamento, se n = 1 il punto ottimo `e ovviamente il centro del cerchio. Per n ≥ 2 non molto grande, con l’aiuto di calcoli numerici si vede che i punti sembrano disporsi sui vertici di una pavimentazione fatta da poligoni regolari.

Figura 3.1: Disposizione ottima di 5 e 6 punti nel cerchio

Gi`a per n = 6 si vede che uno dei punti ottimi `e il centro del poligono rego-lare e si vede quindi che la soluzione ottima `e quella descritta nel precedente capitolo. C’`e quindi anche una conferma del fatto che per n sufficientemente grande gli effetti di bordo sono trascurabili e che la configurazione `e ottima anche per figure diverse dal quadrato.

(23)

3.3. RISULTATI QUALITATIVI 23 Studiamo il caso dell’irrigazione. Questa situazione `e molto pi`u difficile da trattare rispetto al caso precedente dal punto di vista numerico. Il prob-lema principale `e quello di identificare un programma che possa individuare le propriet`a topologiche di Σopt. Inoltre `e chiaro che questo problema ha un

gran numero di minimi locali e che i vincoli sulla lunghezza non sono affatto semplici da trattare numericamente. Per affrontare tutti questi problemi si usano i cosiddetti Algoritmi di evoluzione (EAs) con metodi di errore adat-tivi. Non tratteremo questo argomento qui e rimandiamo il lettore a [6] per gli EAs e a [7] per una descrizione pi`u accurata degli algoritmi e di diversi casi di studio di Σopt.

Ci si potrebbe aspettare che, almeno per piccole lunghezze l, Σopt sia una

circonferenza centrata nell’origine; ci`o `e invece vietato dal Teorema 3.3.10 che enunceremo in seguito. Si potrebbe pensare allora che, sempre nel caso di l piccola, Σopt sia un segmento centrato nell’origine ma anche in questo

caso ci`o `e vietato. Infatti

Proposizione 3.3.7. Esiste l0 > 0 tale che per ogni l ≤ l0 il segmento di

lunghezza l centrato nell’origine non `e ottimo per il problema(3.3). Per una dimostrazione si veda l’appendice A in [2].

Ecco alcune figure in cui si vedono approssimazioni numeriche degli in-siemi ottimi, di diverse lunghezze, nel disco.

(24)

Figura 3.3: Insiemi ottimi di lunghezza 1.25 e 1.5 nel disco

Figura 3.4: Insiemi ottimi di lunghezza 2 e 3 nel disco

Mostro anche delle approssimazioni numeriche degli insiemi ottimi nella palla unitaria in R3:

(25)

3.3. RISULTATI QUALITATIVI 25

Figura 3.5: Insiemi ottimi di lunghezza 1 e 2 nella palla unitaria di R3

Figura 3.6: Insiemi ottimi di lunghezza 3 e 4 nella palla unitaria di R3

Punti singolari La prossima proposizione non dimostra completamente quanto affermato nel Problema 3.3.3 ma mostra che ragionevolmente quello `e il risultato da aspettarsi per Σopt in generale. Non enunciamo la proposizione

nella sua massima generalit`a ma ci`o baster`a a restringere la natura dei punti singolari ai soli punti tripli.

Proposizione 3.3.8. Se tre o pi`u rami di Σopt si incontrano in un punto,

allora il numero di rami `e al pi`u tre.

Nella dimostrazione della Proposizione `e utile il

Lemma 3.3.9. Siano d = 2 e Σ ⊂ ¯Ω un sottoinsieme compatto e connesso tale che Σ ∩ Ω 6= ∅. Allora esiste una costante C > 0 tale che per ogni ε > 0 esiste un segmento Sε di lunghezza ε tale che:

(26)

• la disuguaglianza Z Ω dist(z, Σε)dz ≤ Z Ω dist(z, Σ)dz − Cε3/2 `e vera per ε > 0 abbastanza piccolo.

Assenza di curve chiuse Il prossimo Teorema dimostra che se Σopt `e

abbastanza regolare, `e vera la congettura nel problema (3.3). Teorema 3.3.10. Sia d=2. Allora per H1-q.o. x ∈ Σ

opt e per ogni ε > 0

sufficientemente piccolo, l’insieme Σopt\ Bε(x) `e sconnesso.

Osservazione 3.3.11. Se Σopt `e regolare a tratti la tesi del teorema implica

che Σopt non pu`o contenere curve chiuse; in tale caso infatti Σopt \ Bε(x)

sarebbe connesso per ε abbastanza piccolo.

Distanza dal bordo Potremo dare una risposta parziale al Problema 3.3.4. Nel caso particolare in cui d = 2, Ω ⊂ R2 sia convesso, con bordo abbastanza regolare e con curvatura positiva, allora l’intersezione di Σoptcon ∂Ω non pu`o

avere misura H1 positiva. Vale infatti il seguente Teorema:

Teorema 3.3.12. Siano Ω ⊂ R2 un sottoinsieme convesso con frontiera

C2 in cui ogni punto ha curvatura positiva e Σ

opt una soluzione ottima del

problema (3.3). Allora H1(Σopt∩ ∂Ω) = 0.

Enunciamo ora un teorema un po’ pi`u generale, nel senso che quando la lunghezza dell’insieme ottimo `e abbastanza piccola esso deve stare lontano dal bordo. In questo caso il risultato vale in qualsiasi dimensione.

Teorema 3.3.13. Esistono l0 > 0 e d0 > 0 che dipendono solo da Ω e da

d tali che per ogni l < l0, l’insieme ottimo Σopt che risolve il problema (3.1)

soddisfa dist(Σopt, ∂Ω) > d0. In particolare Σopt∩ ∂Ω = ∅.

Per dimostrare il precedente Teorema `e utile il seguente:

Lemma 3.3.14. Consideriamo in un sottoinsieme convesso ¯Ω ⊂ Rd il prob-lema di posizionamento ottimo con un solo punto, ovvero trovare un punto P ∈ ¯Ω che sia il punto di minimo di

inf Q∈ ¯Ω Z Ω |x − Q|dx. Allora P /∈ ∂Ω.

(27)

3.3. RISULTATI QUALITATIVI 27 Stime asintotiche Il prossimo teorema riguarda il comportamento asintoti-co del valore del funzionale M K quando al tendere della lunghezza all’infinito e fornisce una risposta parziale al Problema 3.3.6.

Teorema 3.3.15. Sia d > 1 e definiamo V (l) :=

Z

dist(x, Σopt)dx

se H1(Σopt) = l. Allora esistono due costanti positive c e C che dipendono

solo da Ω e da d tali che

c ≤ V (l) lN −11 ≤ C.

Per dimostrare il teorema `e utile il seguente:

Lemma 3.3.16. Siano d > 1 e Q ⊂ Rd un cubo. Supponiamo che Q sia

suddiviso da una griglia uniforme parallela ai lati in piccoli sotto-cubi di lato ε > 0. Sia Σ ⊂ Rd una curva di Lipschitz di lunghezza l e k il numero di

sotto-cubi aventi intersezione non vuota con Σ. Allora esistono due costanti positive c1 e c2 che non dipendono da ε e da l tali che

k ≤ c1

l ε + c2.

(28)
(29)

Capitolo 4

Problema asintotico per

l’irrigazione

In questo capitolo dimostriamo un risultato di convergenza per il problema dell’irrigazione al tendere di l, che `e come sempre la lunghezza dei sottoin-siemi considerati, all’infinito.

Quando l = 0 ha interesse sapere il comportamento dei punti quando il loro numero tende all’infinito.

Siano Ω un sottoinsieme aperto, connesso e limitato con frontiera di Lip-schitz in Rd, d ≥ 2 e Σ(Ω) la classe di tutti i sottoinsiemi connessi e compatti σ ⊂ ¯Ω di lunghezza (cio`e la misura di Hausdorff H1(σ)) finita. Studiamo

l’andamento per l → ∞ del funzionale: Fl(σ) = l p d−1R Ωf (x)dσ(x) pdx se σ ∈ Σ(Ω), H1(σ) = l, +∞ altrimenti.

Studieremo quindi il minimo di Fl al variare di σ quando l tende all’infinito.

Nella definizione di Fl, f ∈ L1(Ω) `e una data funzione non negativa, dσ `e

la funzione distanza dall’insieme σ e p > 0 `e un numero reale fissato. Il termine ld−1p `e una normalizzazione aggiunta affinch´e il funzionale limite non

sia degenere.

Osservazione: Il collegamento con il problema del trasporto si ottiene osser-vando che (dimostrazione in [12]), per ogni insieme σ contenuto in Rded ogni

p ≥ 1, vale Z Ω f (x)dσ(x)pdx = inf µ  ρp(f, ν)p : ν ∈ M(Rd), ν(Rd) = Z Ω f, supp(ν) ⊂ σ  , in cui M indica lo spazio delle misure finite e ρp `e la distanza di Wasserstain

tra misure con uguale massa:

(30)

date due misure di probabilit`a boreliane P1 e P2 tali che R kxkrdPi < +∞ definiamo ρp(P − 1, P2) = inf µ Z kx − ykpdµ(x, y) 1/p , (4.1)

in cui l’inf `e preso su tutte le misure di probabilit`a (boreliane) µ definite su Rd× Rd con leggi marginali fissate P1 e P2; ρr `e detta Lr distanza di

Wasser-stain.

Enunciamo ora il teorema che d`a la risposta al nostro problema e lo dimostr-eremo in seguito dopo aver enunciato alcuni risultati preliminari.

Teorema 4.0.17. I funzionali Fl Γ-convergono rispetto alla topologia debole∗

su P( ¯Ω) al funzionale F∞, definito su P( ¯Ω) cos`ı:

F∞(µ) = θd,p Z Ω f (x) ρ(x)d−1p dx. (4.2)

Abbiamo indicato con ρ ∈ L1(Ω) la densit`a (la derivata di Radon-Nikodym) di µ rispetto alla misura di Lebesgue e con θd,p una costante che dipende dalla

dimensione d e dall’esponente p.

Il rapporto nell’integrale si intende uguale a zero nei punti in cui sia f che ρ si annullano. La costante θd,p `e definita cos`ı:

θd,p = inf  lim inf n→∞ H 1 (σn) p d−1 Z Id dσn(x) p dx  , (4.3)

in cui Id= [0, 1]d`e il cubo unitario in Rde l’inf `e preso su tutte le successioni {σn} tali che σn∈ Σ(Id) e limnH1(σn) = +∞.

La formula di θd,p non dovrebbe stupire, almeno considerando la

Γ-con-vergenza: l’espressione di θd,p pu`o essere trovata con opportune localizzazioni

e riscalamenti che sono abbastanza comuni nella teoria della Γ-convergenza. Precisiamo che il valore di θd,p pu`o essere calcolato esplicitamente solo

quan-do d = 2 (in seguito lo calcoleremo). Lo stesso accade per il problema del posizionamento, anche se l’espressione di θd,p `e diversa poich´e si usa un

riscalamento diverso. Nel Teorema 4.4.3 daremo comunque delle limitazioni inferiori per θd,p.

Osserviamo infine che il funzionale Γ-limite F∞ ha un minimo unico

in P( ¯Ω): min µ∈P( ¯Ω) F∞(µ) = min ρ≥0,Rρ≤1θd,p Z Ω f (x) ρ(x)d−1p dx = = θd,p Z Ω f (x)p+d−1d−1 dx p+d−1d−1 ,

(31)

4.1. Γ-CONVERGENZA 31 che si ottiene scegliendo

ρ = f d−1 p+d−1 R Ωf d−1 p+d−1 .

Il nostro risultato `e espresso nei termini della Γ-convergenza. Per questo motivo dedicheremo un breve paragrafo alla presentazione dei concetti prin-cipali di questa teoria. Per una trattazione completa dell’argomento si veda [13].

4.1

Γ-convergenza

Diamo le definizioni ed i risultati in un contesto un po’ pi`u generale di quello che ci servir`a. In questo paragrafo, X indicher`a uno spazio metrico con la distanza d associata. L’insieme N (x) indicher`a la famiglia di tutti gli insiemi aperti di che contengono x ∈ X.

Definizione 4.1.1. Sia f : X → [−∞, +∞]. Definiamo il limite inferiore (abbreviato liminf) di f in x come

lim inf

y→x f (x) = supU ∈N (x)y∈Uinf f (y),

ed il limite superiore come lim sup

y→x

f (x) = inf

U ∈N (x)supy∈Uf (y).

Definizione 4.1.2. Una funzione f : X → ¯R `e detta (sequenzialmente) semicontinua inferiormente (s.c.i) in x ∈ X se per ogni successione (xj)

convergente ad x si ha f (x) ≤ lim inf j f (xj), o in altre parole f (x) = min{lim inf j f (xj) : xj → x}.

Diciamo che f `e semicontinua inferiormente (in X) se lo `e in ogni punto x di X.

Diamo finalmente la definizione di Γ-convergenza:

Definizione 4.1.3. Diciamo che una successione di funzioni fj : X → ¯R Γ-converge in X ad f∞: X → ¯R se, per ogni x ∈ X si ha

(32)

(i) ( disuguaglianza liminf) per ogni successione (xj) convergente ad x

f∞(x) ≤ lim inf

j fj(xj);

(ii) ( disuguaglianza limsup) esiste una successione (xj) convergente ad x

tale che

f∞(x) ≥ lim sup j

fj(xj).

La funzione f∞ `e detta Γ-limite di (fj) e scriviamo f∞= Γ-limjfj.

Definizione puntuale Diciamo che la successione (fj) Γ-converge al valore

f∞(x) in x se valgono le propriet`a (i) e (ii) precedenti; in tal caso scriveremo

f∞(x) = Γ- limjfj(x). Usando queste notazioni abbiamo che fj Γ-converge

ad f∞ se e soltanto se f∞(x) = Γ-limjfj(x) per ogni x ∈ X.

Vediamo ora alcune semplici propriet`a del Γ-limite.

Osservazione 4.1.4 (Γ-convergenza come uguaglianza tra i limiti inferiore e superiore). La disuguaglianza liminf in (i) pu`o essere riscritta cos`ı:

f∞(x) ≤ inf{lim inf

j fj(xj) : xj → x}.

Inoltre `e sempre vero che inf{lim inf

j fj(xj) : xj → x} ≤ inf{lim supj fj(xj) : xj → x}

e se ( ¯xj) `e una successione per cui `e vera la disuguaglianza in (ii)

inf{lim sup j fj(xj) : xj → x} ≤ lim sup j fj( ¯xj) ≤ f∞(x) e otteniamo quindi f∞(x) = min{lim inf j fj(xj) : xj → x} = min{lim supj fj(xj) : xj → x}. (4.4) L’ultima uguaglianza `e molto importante; se la esprimiamo come una uguaglianza di inf

f∞= (x) inf{lim inf

j fj(xj) : xj → x} = inf{lim supj fj(xj) : xj → x} (4.5)

essa `e equivalente alla definizione di Γ-limite. L’ultima uguaglianza `e impor-tante anche perch´e in tal modo l’esistenza (ed eventualmente anche il calcolo)

(33)

4.1. Γ-CONVERGENZA 33 del Γ-limite, che non sempre esiste, `e espressa in funzione di due quantit`a che sono sempre definite e che possono essere calcolate separatamente. La prima quantit`a `e una limitazione inferiore per il Γ-limite mentre la seconda una limitazione superiore.

Ci sono altre definizioni equivalenti di Γ-limite che possono essere usate in contesti diversi a seconda di quale `e pi`u facile da calcolare. Una propriet`a molto importante (la cui dimostrazione segue direttamente dalla definizione) `e la seguente:

Proposizione 4.1.5. Se (fj) Γ-converge a f∞ e g : X → ¯R `e una funzione d-continua, allora (fj + g) Γ-converge a (f∞+ g).

Osservazione 4.1.6 (Γ-limite di una successione costante). Consideriamo il caso semplice in cui fj = f per ogni j ∈ N. In questo caso si vede facilmente

che (fj) Γ-converge. Il limite f∞ deve soddisfare

f∞(x) ≤ lim inf

j f (xj), per ogni x ed ogni xj → x.

Non `e per`o sempre cos`ı! Se f non `e s.c.i. allora esiste un ¯x ed una successione ¯

xj → ¯x tale che

lim inf

j f ( ¯xj) < f (¯x)

e quindi, in particolare, f∞(¯x) 6= f (¯x). Questo significa che la Γ-convergenza

non soddisfa la propriet`a che una successione costante fj = f converga a f.

Questo infatti accade se solo se f `e semi-continua inferiormente.

La Γ-convergenza ed il Γ-limite dipendono molto dalla metrica. Quando c’`e bisogno di esplicitare la dipendenza dalla metrica si pu`o scrivere anche Γ(d)-limj, Γ(d)-convergenza.

Pu`o succedere infatti, che anche quando due distanze d e d0sono confrontabili, cio`e lim j d 0 (xj, x) = 0 ⇒ lim j d(xj, x) = 0,

l’esistenza del Γ-limite per una metrica non implica l’esistenza dello stesso per l’altra metrica. Vale per`o che se entrambi i Γ-limiti esistono si ha:

Γ(d)- lim

j fj ≤ Γ(d 0)- lim

j fj. (4.6)

La disuguaglinza segue subito dalla formula per il Γ-limite con gli inf : l’in-sieme delle successioni convergenti per d `e pi`u grande e contiene quello delle successioni convergenti per d0.

(34)

La definizione di Γ-convergenza pu`o essere data anche per spazi pi`u gene-rali degli spazi metrici. Usiamo anche qui la definizione di Γ-limite ottenuta con gli inf, riscrivendola in termini topologici

f∞(x) = sup U ∈N (x)

lim inf

j y∈Uinf fj(y) = supU ∈N (x) lim supj y∈Uinf fj(x). (4.7)

Quando siamo in spazi topologici questa `e proprio la definizione di Γ-limite. Riscrivendo l’operatore liminf in termini di inf e sup, si vede che il Γ-limite pu`o essere interpretato come una composizione dei due soli operatori “ele-mentari”. Osserviamo anche che si pu`o sostituire N (x) con una famiglia di palle aperte che generano la topologia di X.

A partire dalla definizione topologica `e possibile dare una definizione di Γ-convergenza in funzione del comportamento asintotico di problemi di minimo (locale): dalla seconda uguaglianza in (4.7) abbiamo

inf

U f∞≥ lim supj infU fj (4.8)

per ogni insieme aperto U , supponendo che inf

K f∞≤ sup{lim infj infU fj : U ⊃ K, U aperto} (4.9)

per ogni insieme compatto K. La formula `e connessa alla prima uguaglianza in (4.7) scegliendo K = {x}.

A partire dalla formula (4.8) possiamo sostituire il problema con gli aperti con un problema senza vincoli, in cui si penalizza la distanza dal punto x. Per esempio, se tutte le fj sono non negative, si ha una definizione equivalente

affermando che, per qualche p > 0, f∞(x) = sup

n∈N

lim inf

j inf{fj(y) : d(y, x) < 1/n}

= sup

n∈N

lim sup

j

inf{fj(y) : d(y, x) < 1/n}. (4.10)

Che queste definizioni siano tutte equivalenti ce lo garantisce il seguente fondamentale

Teorema 4.1.7. Siano fj, f∞ : X → [−∞, +∞]. Le seguenti condizioni

sono equivalenti:

1. f∞ = Γ- limjfj in X come nella prima definizione;

2. per ogni x ∈ X vale (4.4); 3. per ogni x ∈ X vale (4.5);

(35)

4.1. Γ-CONVERGENZA 35 4. per ogni x ∈ X vale (4.7);

5. la disuguaglianza (4.4) vale per ogni insieme aperto U e la disuguaglian-za (4.9) vale per ogni insieme compatto K;

6. se fj(x) ≥ −c(1 + d(x, x0)p) per qualche p > 0 e x0 ∈ X allora vale

(4.10) per ogni x ∈ X.

L’asimmetria nella definizione di Γ-limite si riflette nei ruoli che hanno gli operatori inf e sup nelle precedenti condizioni equivalenti tra loro. La ‘preferenza’ per l’inf deriva dal fatto che (in questo caso) la Γ-convergenza `e modellata per studiare problemi di minimo.

Alcune propriet`a delle funzioni fj possono fornire informazioni sul

com-portamento dei problemi di minimo:

Definizione 4.1.8. Una funzione f : X → ¯R si dice coerciva se per ogni t ∈ R l’insieme {f ≤ t} `e precompatto. Una funzione f : X → ¯R si dice debolmente coerciva se esiste un insieme non vuoto e compatto K ⊂ X tale che infXf = infKf .

Se una funzione `e coerciva allora `e anche debolmente coerciva. Ecco il risultato sulla convergenza:

Teorema 4.1.9. Sia (X, d) uno spazio metrico e (fj) una successione di

funzioni equi-debolmente coercive su X. Sia f∞ = Γ- limjfj. Allora

∃ min

X f∞= limj infX fj.

Inoltre, se (xj) `e una successione precompatta tale che limjfj(xj) = limjinfXfj

allora ogni limite di una sotto-successione di (xj) `e un punto di minimo per

f∞.

Osservazione 4.1.10. Sfortunatamente, la Γ-convergenza non implica la convergenza dei minimi locali: si pu`o dimostrare, per esempio, che ci`o `e vero nel caso in cui fj(t) = t2 + sin(jt) (che ha Γ-limite f∞(t) = t2 − 1) oppure

fj(t) = et+ sin(jt) (che ha Γ-limite f∞(t) = et− 1). Per avere convergenza

dei minimi locali servono ipotesi un po’ pi`u restrittive.

Come ultima propriet`a vediamo che data la seguente definizione: Definizione 4.1.11. Sia fj : X → ¯R e x ∈ X. La quantit`a

Γ- lim inf

(36)

`e detta Γ-limite inferiore della successione (fj) in x; la quantit`a Γ- lim sup j fj(x) = inf{lim sup j fj(xj) : xj → x}

`e detta Γ-limite superiore della successione (fj) in x.

Se vale Γ- lim inf j fj(x) = λ = Γ- lim supj fj(x) allora scriviamo λ = Γ- lim j fj(x)

e diciamo che λ `e il Γ-limite della successione (fj) in x,

vale:

Proposizione 4.1.12. Il Γ-limite inferiore e quello superiore esistono in ogni punto x ∈ X. Possiamo dire che una successione (fj) Γ-converge a f∞

se e soltanto se per x ∈ X fissato il Γ-limite esiste e si ha λ = f∞(x).

Enuncio un ultimo risultato che ci sar`a utile in seguito:

Proposizione 4.1.13. I Γ-limiti inferiore e superiore di una successione (fj) sono entrambe funzioni d-semicontinue inferiormente.

4.2

Preliminari

Torniamo al nostro problema. Conviene associare ad ogni σ ∈ Σ(Ω) la misura di probabilit`a H1(σ)−1H1xσ (ovvero la misura di Hausdorff normalizzata

ristretta a σ) e considerare Fl come un funzionale definito su P( ¯Ω), lo spazio

delle misure di probabilit`a con supporto contenuto in ¯Ω:

Fl(µ) =    ld−1p R Ωf (x)dσ(x) pdx se µ = 1 lH 1xσ per qualche σ ∈ Σ(Ω) t.c. H1(σ) = l, +∞ altrimenti.

Poich´e P( ¯Ω) `e compatto rispetto alla topologia debole∗, una conseguenza del Teorema 4.0.17 `e:

(37)

4.2. PRELIMINARI 37 Corollario 4.2.1. Vale la seguente formula:

lim l→∞σ∈Σ(Ω)min Fl(σ) = θd,p Z Ω f (x)p+d−1d−1 dx p+d−1d−1 .

Inoltre, se σn `e un minimo di Fln ed ln → ∞, allora la successione di misure

di probabilit`a H1

n)−1H1xσn converge nella topologia debole∗ alla misura di

probabilit`a µ = ρdx, dove ρ = f d−1 p+d−1 R Ωf d−1 p+d−1 .

Osservazione 4.2.2. Il caso f ≡ 1 rende pi`u formale l’intuizione (sul com-portamento qualitativo) che per una successione di minimi σn, la “lunghezza

di σn per unit`a d’area” tenda ad una costante. Nella dimostrazione del

Teo-rema 4.4.4 troveremo anche la figura che risulta essere ottima nel quadrato (per altre forme basta dividere tutta la figura in quadratini e inserire in og-nuno di essi la figura ottima riscalata). Quale sia la forma esplicita di una sequenza asintoticamente ottima `e ancora un problema aperto in dimensione maggiore di 2.

D’ora in poi Id = [0, 1]d indicher`a il cubo unitario in Rd, (d ≥ 2), |E|

la misura di Lebesgue di E ⊂ Rd e Σ(E) la classe di tutti i sottoinsiemi compatti e connessi σ ⊆ ¯E tali che H1(σ) < +∞.

Definizione 4.2.3. Dato un insieme Γ ∈ Σ(Id), diciamo che Γ ricopre se Γ ∩ ∂Id coincide con i 2d vertici di Id. Inoltre si chiamer`a 1

k-estensione periodica di Γ in Id l’insieme: Γk = [ x∈1kZd,x+1kId⊂Id  x + 1 k  Γ

Γk `e composto da kd copie di Γ, scalate di un fattore 1/k e messe dentro Id nel modo solito. Se Γ ricopre allora Γk resta connesso e

H1k) = kd−1H1(Γ). (4.11) Si ha anche che H1(Γk)d−1p Z Id (dΓk)pdx ≤ kpH1(Γ) p d−1 X x∈1 kZd,x+ 1 kId⊂Id Z 1 kId (d1 kΓ) p dx = H1(Γ)d−1p Z Id (dΓ)pdx.

(38)

Lemma 4.2.4. Sia Γ ∈ Σ(Id) un ricoprimento e Γk una 1 k-estensione peri-odica di Γ. Allora H1k)d−1p (d Γk)p ∗ * g in L∞(Id), dove g `e una costante tale che

g ≤ H1(Γ)d−1p

Z

Id

(dΓ)pdx.

Inoltre, la misura di probabilit`a H1(Γk)H1kconverge, nella topologia debole∗ di P(Id), alla misura di Lebesgue.

Dimostrazione Indichiamo con ˆΓ =S

x∈Zd(x + Γ) l’estensione periodica di Γ

e con gk(x) = dΓˆ(kx). Sappiamo che gkp ∗ * ˆg in L∞(Id) dove ˆ g = Z Id dpˆ Γdx ≤ Z Id dpΓdx. (4.12)

Si vede facilmente che dΓk(x) = 1

kgk(x) se x ∈ I

de 1/k < d

∂Id(x) da cui segue

kpdp Γk

* ˆg in L∞loc(Id). Da questa propriet`a, e dalla limitazione uniforme

kpdΓk(x)p ≤ gk(x) = dΓˆ(kx) ≤ kdˆΓkL(Rd) ∀x ∈ Id si ottiene kpdp Γk ∗ * ˆg in L∞(Id). Se poniamo g = H1(Γ)d−1p ˆg, usando (4.11) e (4.12) otteniamo la tesi.

L’ultima parte del Lemma `e ovvia. 

Lemma 4.2.5. Per ogni ε > 0 e per ogni l (l dipende da ε) esiste un insieme C ∈ Σ(Id) tale che C ricopre e H1(C) = l e

H1(C)d−1p

Z

Id

(dC)pdx ≤ (1 + ε)θd,p,

dove θd,p `e quella definita in (4.3).

Dimostrazione Dato ε > 0, dalla definizione di θd,p segue che esiste σ ∈ Σ(Id)

tale che H1(σ)d−1p Z Id dpσdx < (1 + ε/4)θd,p, (4.13) H1(σ) + 2d√d H1(σ) !d−1p < 1 + ε/2 1 + ε/4. (4.14)

(39)

4.2. PRELIMINARI 39 Possiamo scegliere δ ∈ (0, 1) sufficientemente piccolo in modo che sostituendo σ con (1−2δ)σ+(δ, . . . , δ) (nel senso di insieme) valgano ancora (4.13) e (4.14) e possiamo quindi supporre che σ ∩ ∂Id = ∅. Se definiamo Γ = σ ∪S2d

i=1si,

dove si ⊂ Id `e il pi`u piccolo segmento che unisce σ con l’i-esimo vertice di

Id, allora Γ ∈ Σ(Id) ricopre e (4.13) e (4.14) implicano H1(Γ)d−1p Z Id dpΓdx ≤  H1(σ) + 2d √ d d−1p Z Id dpσdx < (1 + ε/2)θd,p. (4.15)

Per l > 0 abbastanza grande, se poniamo k =   l H1(Γ) d−11  , abbiamo l ≤ H1(Γ)(k + 1)d−1,  1 + 1 k p ≤ 1 + ε 1 + ε/2. (4.16) Sia Γk la 1 k-estensione periodica di Γ in I

d: poich´e Γ ricopre per costruzione,

da (4.11) e (4.15) abbiamo H1k) = kd−1H1(Γ), H1k) d p − 1 Z Id dpΓkdx ≤ (1 + ε/2)θd,p. (4.17)

Per completare la dimostrazione, poniamo C := Γk∪ ∆, dove ∆ ⊂ Id `e un

qualsiasi sottoinsieme compatto tale che Γk∪∆ sia connesso e H1k∪∆) = l.

Allora (4.16) e (4.17) implicano: H1(C)d−1p Z Id dpCdx = ld−1p Z Id dpΓk∪∆dx ≤  l H1k) d−1p H1k)d−1p Z Id dpΓkdx ≤  l kd−1H1(Γ) d−1p (1 + ε/2)θd,p ≤  1 + 1 k p (1 + ε/2)θd,p ≤ (1 + ε)θd,p.  Definizione 4.2.6. Per ogni k ≥ 1, chiamiamo griglia di ordine k l’insieme Gk⊂ Id:

Gk = {(x1, . . . , xd) ∈ Id: kxi ∈ Z ∀i ∈ {1, . . . , d} tranne al pi`u uno}.

Si pu`o facilmente dimostrare che Gk`e composto da d(k +1)dsegmenti unitari

ortogonali ad una faccia di Id, che `e connesso e

H1(G

k) = d(k + 1)d, dGk(x) ≤

C

k ∀x ∈ I

d, (4.18)

(40)

Lemma 4.2.7. Dati h punti y1, . . . , yh nel cubo unitario Id, esiste un

sot-toinsieme connesso e compatto E ⊂ Id tale che y

i ∈ E per ogni i e

H1(E) ≤ Ch(d−1)/d, dove C dipende solo dalla dimensione d.

Dimostrazione Per ogni k ≥ 1, sia Gk la griglia di ordine k. Definiamo

Fk = Gk ∪Shi=1si, dove si `e il pi`u piccolo segmento che unisce yi con Gk.

Allora la formula (4.18) implica H1(s

i) ≤ C/k e quindi H1(F k) = H1(Gk) + h X i=1 H1(s i) ≤ C h k ≤ d(k + 1) d−1+ Ch k.

Basta quindi definire E = Fk con il k ottimo: k = bh1/dc. 

Il seguente risultato `e di fondamentale importanza per la dimostrazione della disuguaglianza nel Γ- lim inf.

Proposizione 4.2.8. Sia Q un qualsiasi cubo in Rd. Per ogni successione {σn} ⊂ Σ(Rd) tale che limnH1(σn∩ Q) = +∞, vale

lim inf n (H 1 n∩ Q)) p d−1 Z Q dpσ ndx ≥ |Q| 1+d−1p θ d,p. (4.19)

Dimostrazione Presa una successione {σn} come nelle ipotesi, chiamiamo

ln = H1(σn ∩ Q). Scalando e traslando Q, possiamo supporre che Q =

Id sia il cubo unitario e anche che σ

n \ Q 6= ∅ perch´e in questo caso la

sequenza dei σn⊆ Q soddisfa (4.19) per definizione di θd,p. Passando ad una

sottosuccessione possiamo anche supporre che il liminf in (4.19) sia finito e quindi: M := sup n (ln) p d−1 Z Q dpσndx < +∞. (4.20) Scegliamo xn∈ Q tale che rn:= dσn(xn) = maxQdσn.

Allora B(xn, rn) ∩ σn = ∅ e Z Q dpσndx ≥ Z Q∩B(xn,rn) dpσndx ≥ Z Q∩B(xn,rn) dp∂B(x−n,r n)dx ≥ Cr p+d n ,

dove C dipende solo da d e da p. Sfruttando (4.20) otteniamo max

Q dσn = rn≤

T lp/(p+d)(d−1)n

(41)

4.2. PRELIMINARI 41 in cui T dipende da d, p ed M .

Consideriamo ora una generica σ ∈ Σ(Rd) tale che σ \ Q 6= ∅, l :=

H1(σ ∩ Q) > 0 e la seguente costruzione che sar`a effettuata in seguito per

ogni σn.

Per ε > 0 piccolo, sia σε l’unione delle componenti connesse di σ ∩ Q di lunghezza almeno ε e sia Qε il cubo di lato 1 − ε concentrico con Q.

Dimostriamo che

r := sup

x∈Q

dσ(x) ≤ ε ⇒ dσ ≡ dσε in Q. (4.22)

Infatti, dσ ≤ dσε `e ovvio poich´e σε ⊆ σ. Per la disuguaglianza opposta, sia

x ∈ Q4ε qualsiasi e y ∈ σ tale che |x − y| = dσ(x). Poich´e r ≤ ε si ha y ∈ Q

e se A `e la componente connessa di σ ∩ Q che contiene y si ha A ∩ ∂Q 6= ∅ e quindi

H1(A) ≥ d∂Q(y) ≥ d∂Q(x) − |x − y| ≥ 2ε − dσ(x) ≥ 2ε − r ≥ ε.

Segue che A ⊂ σε e, poich´e y ∈ A, abbiamo anche d

σ ≥ dσε in Q.

Inoltre, σε ha al pi`u l/ε componenti connesse e quindi, per il Lemma (4.2.7), possiamo trovare E ⊂ Q per cui

E ∪ σε sia connesso e H1(E) ≤ C l ε

d−1d

, (4.23)

in cui C dipende solo dalla dimensione.

Per ogni k ∈ N poniamo Gεk := Gk\ Q4ε, dove Gk`e la griglia di ordine k.

Si vede facilmente che Gk `e connessa e

kε ≥ 1 ⇒ H1(Gεk) ≤ Cεkd−1 e sup Q\Q4ε dGε k ≤ C k, (4.24)

dove C dipende solo dalla dimensione. Definiamo Γ = Γ(ε, k) := σε ∪ E ∪

k ∪ s, dove s ⊂ Q `e un segmento che rende Γ connesso (vedi 4.23). Se

supponiamo che entrambe le implicazioni (4.22) e (4.24) siano soddisfatte abbiamo Z Q dpσdx ≥ Z Q4ε dpσdx = Z Q4ε dpσεdx ≥ Z Q4ε dpΓdx = Z Q dpΓdx − Z Q\Q4ε dpΓdx ≥ ≥ Z Q dpΓdx − Cε sup Q\Q4ε dpΓ ≥ Z Q dpΓdx − Cε sup Q\Q4ε dpGε k ≥ Z Q dpΓdx − C ε kp, (4.25)

(42)

in cui C dipende solo dalla dimensione. Usando (4.23) e il membro destro di (4.24) otteniamo anche H1(Γ) ≤ H1ε) + H1(E) + H1(Gε k) + H1(s) ≤ ≤ H1(σ) + C l ε d−1d + Cεkd−1+ diam(Q). (4.26) Se effettuiamo la costruzione appena mostrata con σ = σn e Γ = Γn(εn, kn),

scegliendo

εn=

T lp/(p+d)(d−1)n

e kn= ln1/d,

in cui T `e la costante che appare in (4.21), allora (4.22) implica che rn≤ εn,

da cui abbiamo dσn ≡ dσεn, e (almeno per n grande poich´e l → ∞) knεn ≥ 1

e quindi sono vere anche le implicazioni (4.24). Segue che la stima in (4.25) `e valida anche per σn e Γn e otteniamo

lim n (ln) p d−1 Z Q dpσndx ≥  lim inf n (ln) H1 n) d−1p  lim inf n H 1 (Γn) p d−1 Z Q dpΓndx  −CT lim sup n (ln) − p (p+d)(d−1) ≥ θ d,p  lim inf n (ln) H1 n) d−1p , (4.27)

poich´e Γn ⊆ Q `e connesso. Per completare la dimostrazione osserviamo che

(4.26) implica H1 n) ≤ H1(σn) + C  ln εn d−1d + Cεnknd−1+ diam(Q) = = ln+ C Td−1d (ln)1− 1 p+d + CT (l n) 1−(p+d)(d−1)p + diam(Q),

e quindi l’ultimo termine in (4.27) `e limitato inferiormente da 1. 

4.3

Dimostrazione

Dimostriamo il Teorema 4.0.17.

Dimostrazione Definiamo per ogni µ ∈ P( ¯Ω) il Γ-liminf ed il Γ-limsup della successione di funzionali Fl:

Γ−(µ) := infnlim inf

n Fln(µn) o , Γ+(µ) := inf  lim sup n Fln(µn)  ,

(43)

4.3. DIMOSTRAZIONE 43 in cui entrambi gli inf sono presi su tutte le successioni di numeri reali positivi ln → ∞ e tutte le successioni di misure {µn} tali che µn

* µ in P( ¯Ω). Os-serviamo che, essendo la topologia debole∗ su P( ¯Ω) `e metrizzabile, possiamo restringerci alla definizione sequenziale di Γ− e di Γ+ (vedi [13] e [15]).

La dimostrazione del Teorema `e divisa in due parti: Parte 1: Γ−(µ) ≥ F∞(µ) ∀µ ∈ P( ¯Ω).

Per dimostrare questo, prendiamo µ ∈ P (Ω), una successione µn ∗

* µ e una successione di numeri reali positivi ln → ∞. Dobbiamo dimostrare che

lim inf

n Fln(µn) ≥ F∞(µ),

supponendo (possiamo farlo passando ad una sottosequenza) che Fln(µn) <

+∞ per ogni n. Grazie a (4.2) ci basta supporre che µn = l−1n Hxσn per

opportuni σn ∈ Σ(Ω) tali che H1(σn) = ln.

Proviamo innanzitutto che lim inf n H 1 (σn) d−1p Z Q f dpσndx ≥ θd,p Z Q f ρd−1p dx (4.28)

per ogni cubo Q ⊂ Ω, dove ρ `e la densit`a di µ rispetto alla misura di Lebesgue. Supponiamo per assurdo che per qualche cubo Q (anche passando ad una sottosuccessione) ∃ lim n H 1 n) d−1p Z Q f dpσndx < θd,p Z Q f ρd−1p dx. (4.29)

Scalando e traslando, possiamo supporre che Q = Idsia il cubo unitario. Per

ε > 0 arbitrario, siano kn =

j

εl1/(d−1)n

k

per n abbastanza grande e Gkn la

griglia di ordine kn. Definendo ωn = l

p d−1

n dpσn∪Gkn dalla seconda equazione in

(4.18) otteniamo sup Q ωn≤ l p d−1 n sup Q dpG kn ≤ C   l 1 d−1 n kn   p

in cui C dipende solo dalla dimensione. Quindi, poich´e kn≈ εl 1/(d−1)

n per n →

∞, si ha kωnkL(Q) ≤ C uniformemente in n. Eventualmente passando ad

una sottosuccessione, possiamo supporre che ωn ∗ * ω in L∞(Q) per qualche ω ∈ L∞(Q) e quindi lim n l p d−1 n Z Q f dpσndx ≥ lim n Z Q f ωndx = Z Q f ωdx. (4.30)

(44)

Cerchiamo di trovare una contraddizione stimando ω dal basso. Sia Qδ ⊂ Q

un cubo generico di lato δ; poniamo Γn := σn ∪ Gkn ∪ sn, in cui sn `e un

qualsiasi segmento con un estremo in σn e l’altro in Gn, tale che Γn sia

connesso in Rd. Si ha Z Qδ ωdx = lim n Z Qδ ωndx = lim n l p d−1 n Z Qδ dpσ n∪Gkndx ≥ lim infn l p d−1 n Z Qδ dΓndx ≥  lim inf n ln H1 n∩ Qδ) d−1p  lim inf n H 1 n∩ Qδ) p d−1 Z Qδ dpΓ n  dx ≥  lim inf n ln H1 n∩ Qδ) d−1p θd,p|Qδ|1+ p d−1, (4.31)

in cui abbiamo usato la Proposizione 4.2.8 per l’ultimo passaggio. Osservando che H1(sn) ≤ diam(Ω), lim n H1(Q δ∩ Gkn) ln = d |Qδ| εd−1 (4.32)

(la seconda equazione segue facilmente dalla definizione della griglia Gkn e

da kn ≈ εl 1/(d−1)

n ), se usiamo l’ultima uguaglianza in (4.32), otteniamo

lim sup n H1 n∩ Qδ) ln ≤ lim sup n H1(s n) + H1(Qδ∩ Gkn) + H 1(Q δ∩ σn) ln = = d |Qδ| εd−1+ lim sup n H1(Q δ∩ σn) ln ≤ d |Qδ| εd−1+ µ(Qδ), poich´e Qδ `e chiuso e ln−1H1xσn ∗

* µ. Combinando l’ultima stima con (4.31) otteniamo 1 |Qδ| Z Qδ ωdx ≥ θd,p 1 dεd−1+ µ(Qδ) |Qδ| !d−1p ∀Qδ ⊂ Q.

Infine, scegliendo Qδ centrato in x ∈ Q e facendo stringere Qδ intorno ad x,

otteniamo ω(x) ≥ θd,p  1 dεd−1+ ρ(x) d−1p per q.o. x ∈ Q. Inseriamo l’ultima stima in (4.30) e otteniamo:

lim n l p d−1 n Z Q f dpσndx ≥ θd,p Z Q f (dεd−1+ ρ)d−1p dx

(45)

4.3. DIMOSTRAZIONE 45 e, facendo tendere ε → 0 abbiamo una contraddizione paragonando quest’ul-tima disuguaglianza con (4.29). Segue che (4.28) `e valida per ogni cubo Q ⊂ Ω. Consideriamo ora una famiglia finita di cubi Qj, Qj ⊆ Ω. Usando

ancora (4.28) abbiamo lim inf n l p d−1 n Z Ω f dpσndx ≥ lim inf n X j l p d−1 n Z Qj f dpσndx ≥ ≥ X j lim inf n l p d−1 n Z Qj f dpσndx ≥ ≥ θd,p X j Z Qj f ρd−1p dx = θd,p Z ∪jQj f ρd−1p dx e la nostra tesi `e dimostrata perch´e la famiglia di cubi `e arbitraria.

Parte 2: Γ+(µ) ≤ F

∞(µ) ∀µ ∈ P( ¯Ω).

Dobbiamo provare, a partire dalle equazioni (4.2) e (4.2), che data una misura di probabilit`a µ ∈ P( ¯Ω) e una successione di numeri positivi ln→ ∞,

per ogni ε > 0 si pu`o trovare una successione {σn} ⊂ Σ(Ω) tale che

H1(σn) = ln, lim sup n l p d−1 n Z Ω dpσndx ≤ (1 + ε)θd,p Z Ω f ρd−1p dx, dove ρ `e la parte assolutamente continua di µ.

Dimostriamo la tesi inizialmente con l’ipotesi in pi`u che µ sia assoluta-mente continua, positiva e continua a tratti, cio`e che:

dµ = ρdx, ρ = m X j=0 ρjχEj, E0 = Ω \ m [ j=1 Ej,

dove i ρj sono numeri positivi e gli Ej(j > 0) sono cubi aperti di lato δ > 0

con vertici in δZd e tali che ¯E

j ⊂ Ω. Riscalando, possiamo supporre δ = 1.

Prendiamo ε > 0. Se λ > 0 `e abbastanza grande, il Lemma 4.2.5, (con l = λρj, j = 0, . . . , m) fornisce m + 1 insiemi connessi e compatti C0, . . . , Cm,

tali che ogni Cj `e contenuto nel cubo unitario Id, Cj ricopre e

H1(C j) = λρj, H1(Cj) p d−1 Z Id d(x, Cj)pdx ≤ (1 + ε)θd,p (4.33) per ogni j = 0, . . . , m.

Per ogni intero k > 0 poniamo Γk := m [ j=0 [ x∈k−1 Zd,x+k−1Id⊂Ω∩ ¯Ej (x + k−1Cj).

(46)

Poich´e Ω `e connesso e limitato, l’unione di tutti i cubi chiusi di lato k−1 e vertici su k−1Zd `e connesso se k−1 `e abbastanza grande; otteniamo quindi

che, poich´e Cj ricopre per ogni j, per k abbastanza grande Γk `e connesso.

Indichiamo con Uk l’unione di tutti i cubi chiusi di lato k−1, con vertici

su k−1Zd e contenuti in Ω

k∩ ¯E0. Dalle ultime tre equazioni otteniamo

H1(Γk) = |Uk|kd λρ0 k + m X j=1 kdλρj k = k d−1 λµ Uk∪ m [ j=1 Ej ! ≤ kd−1λ. (4.34) Poich´e ∂Ω `e di Lipschitz e quindi Lebesgue trascurabile, si vede facilmente che H1k H1k) ∗ * µ in P( ¯Ω). (4.35) Siano Γk

j = Γk∩ ¯Ej, 0 ≤ j ≤ m. Essi sono le 1k-estensioni periodiche dei Cj

nei cubi Ej. Dal Lemma 4.2.4 e dalla disuguaglianza (4.33) si ha

H1k j) p d−1dp Γk j ∗ * gj in L∞(Ej) e gj ≤ (1 + ε)θd,p, 1 ≤ j ≤ m. (4.36)

Ragionando come nella dimostrazione del Lemma 4.2.4, riscalando si ha che, per h ∈ N fissato, essendo Uh un’unione finita di cubi di lato 1/h, vale

H1k 0 ∩ Uh) p d−1dp Γk0 ∗ * g0 in L∞(Uh) e g0 ≤ (1 + ε)θd,p. (4.37)

Poich´e ∂Ω `e di Lipschitz, dalla definizione di Γk, si vede facilmente che sup

dΓk ≤

M

k (4.38)

per qualche costante M indipendente da k. Per 0 < h ≤ k numeri naturali, usando l’ultima disuguaglianza otteniamo

H1(Γk)d−1p Z Ω dpΓkf dx ≤ H 1 (Γk)d−1p M p kp Z E0\Uh f dx + +  H1k) H1k∩ U h) d−1p H1k∩ U h) p d−1 Z Uh dp Γk0 f dx + + m X j=1 H1k) H1k j) !d−1p H1(Γkj)d−1p Z Ej dpΓk j f dx.

Da (4.34) vediamo che H1k) ≤ λkd−1 e quindi, usando (4.35), (4.36) e

(4.37), lim sup k H1k)d−1p Z Ω dpΓkf dx ≤ λ p d−1Mp Z E0\Uh f dx+

Figura

Figura 2.1: Disposizione ottima di 2-11 punti nel quadrato
Tabella 2.1: la distanza media ρ 0 (n) dal centro dell’n-agono regolare di area
Figura 2.2: La distanza di un punto qualsiasi p del piano da C ` e almeno δ/128.  Teorema 2.2.2
Figura 3.1: Disposizione ottima di 5 e 6 punti nel cerchio
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