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Valutazione dell'apporto di proteine e grassi animali, proteine e grassi vegetali, nei pazienti affetti da steatosi epatica non-alcolica.

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Corso di Laurea Magistrale

in Scienze della Nutrizione Umana

Tesi di Laurea

Valutazione dell’apporto di proteine e grassi animali, proteine e grassi vegetali, nei pazienti affetti da steatosi epatica non-alcolica.

Candidata: Relatore:

Sara D’Ardis Prof. Nicola De Bortoli

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Indice

Introduzione pag. 1

Capitolo 1: La steatosi epatica non alcolica (NAFLD)

 1.1 Accenni e definizione della patologia. pag. 3

 1.2 Epidemiologia pag. 5

-prevalenza pag. 5

-fattori di rischio: età, sesso ed etnia pag. 6

-fattori di rischio: genetica pag. 8

 1.3 Storia naturale della patologia pag. 9

 1.4 Patogenesi pag. 11

Capitolo 2: Patologie e complicanze associate alla NAFLD

 2.1 Eziologia e concetto di sindrome metabolica pag. 16  2.2 Correlazione tra le patologie della SM e la NAFLD pag. 20

-obesità e NAFLD pag. 20

-diabete e NAFLD pag. 23

-dislipidemie e NAFLD pag. 25

-Malattie cardiovascolare: ipertensione e NAFLD pag. 25

 2.3 Clinica: segni e sintomi della malattia pag. 26

 2.4 Criteri Diagnostici pag. 26

-ecografia epatica pag. 28

-biopsia epatica pag. 32

-indici bioumorali pag. 34

-tomografia computerizzata pag. 34

-risonanza magnetica nucleare pag. 34

 2.4 Terapia pag. 34

-dieta e stile di vita pag. 34

-farmacoterapia pag. 36

Capitolo 3: Lo studio clinico

 3.1 Scopo della tesi pag. 38

 3.2 Materiali e metodi pag. 38

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 Discussione pag. 42

 Conclusioni pag. 43

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1 INTRODUZIONE

La steatosi epatica (NAFLD) o malattia del fegato grasso non alcolica, rappresenta l'eccessivo accumulo di grasso nel parenchima epatico, in assenza appunto di consumo eccessivo di alcol (fig.1). Oggi è diventata una patologia molto frequente nei paesi sviluppati [1] ed è in continuo sviluppo. Oggi, la maggior parte degli epatologi si concentra sulla valutazione della gravità della NAFLD nella pratica e sul suo trattamento. Attualmente, il rischio di progressione di questa patologia verso stadi avanzati nei quali ritroviamo fibrosi grave e cirrosi è ben noto. Stiamo parlando della NASH, ovvero la steatoepatite non alcolica, una condizione nella quale alla steatosi si aggiunge uno stato di infiammazione [2].

Figura 1: Differenza tra un fegato normale ed uno affetto da steatosi epatica

Sono trascorsi molti anni (1980) da quando Ludwig e colleghi [3] alla Clinica Mayo coniarono il termine di steatoepatite non alcolica [Non alcoholic Steatohepatitis (NASH)] per descrivere una condizione clinico-patologica data dall’associazione di steatosi epatica, epatite lobulare ed ipertransaminasemia cronica in assenza di abuso di alcool o di qualsiasi altra causa nota di danno epatico. Da allora è nato un forte interesse nei riguardi di questa patologia, legata soprattutto alla sua elevata prevalenza e alla sua potenziale progressione verso forme più severe di danno epatico [4]. La NASH quindi rappresenta solo una forma, quella evolutiva, di un ampio gruppo di epatopatie caratterizzate da infiltrazione grassa del fegato (NAFLD), che vedremo

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possono variare dalla semplice steatosi, alla NASH, con possibile evoluzione verso fibrosi epatica, cirrosi ed epatocarcinoma [5]. Il costante incremento della prevalenza della NAFLD è secondario alla diffusione epidemica delle malattie metaboliche con la quale è fortemente associata. La NAFLD è oggi la più comune patologia epatica in Europa e Nord America. La sua prevalenza è di oltre il 30% della popolazione generale adulta, ma interessa oltre il 75% degli individui obesi [4]. La NAFLD interessa, inoltre, il 2-3% della popolazione pediatrica in assenza di altre patologie quali, per esempio l’obesità, ma, in presenza di quest’ultima, arriva ad interessare fino ad oltre il 50% dei soggetti. Data la crescente diffusione dell’obesità in questa fascia di età c’è da aspettarsi che non molto tardi la steatosi diventerà un problema importante anche nella popolazione pediatrica.

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3 Capitolo 1

La steatosi epatica non alcolica (NAFLD)

1.1 Accenni e definizione della patologia.

Con il termine steatosi epatica, si intende una patologia a carico del fegato, caratterizzata da un eccessivo accumulo di grasso nel parenchima epatico superiore al 5% del peso dell'organo. È suddivisa in tre gradi in base all’interessamento parenchimale: grado lieve (5-33%); grado moderato (34-66%); grado severo (>66%). Esistono poi due diversi tipi di steatosi: NAFLD, non-alcoholic fatty liver disease o alcolica, causata invece dall'abuso di alcol. La steatosi non alcolica è spesso associata all'obesità [6], al diabete mellito di tipo 2, alla dislipidemia e all'ipertensione. Ognuna di queste anomalie è correlata all'aumento un rischio di malattia cardiovascolare e nel loro insieme vengono classificate come sindrome metabolica [7-11]. L'obesità, è la patologia che ha una più forte associazione con NAFLD, ma indipendentemente dal BMI, la presenza di diabete di tipo 2, per esempio, aumenta significativamente il rischio e la gravità della NAFLD. La prevalenza di tale patologia nella popolazione generale varia dal 13 al 15% [12]. La prevalenza poi, aumenta ancor di più nei soggetti con diabete e con grave obesità con una variazione che va dal 25 al 75% o addirittura più alto [13]. La NAFLD è diventata una patologia molto frequente nei paesi sviluppati ed è in aumento da decenni [14]. Per molto tempo, il fegato grasso è stato considerato come una malattia lieve e non c'era molto interesse intorno a questa patologia. Oggi, la NAFLD è una patologia emergente che comprende un ampio spettro di condizioni che interessano la ghiandola epatica, dalla semplice steatosi a quadri clinici più complessi che comprendono, fibrosi e necroinfiammazione, fino ad arrivare allo sviluppo della cirrosi e di carcinoma epatocellulare (HCC), che rappresenta la forma primitiva più frequente di tumore del fegato. Dal punto di vista anatomopatologico, la NAFLD presenta una somiglianza con i quadri epatici che si manifestano in soggetti che fanno abuso di alcol, ma si sviluppa in soggetti con consumo modesto (< 20 g/die) o nullo di alcolici [15]. La prevalenza della NAFLD si aggira tra il 10 e il 25% della popolazione generale, ma si osservano ampie differenze in funzione dell’età e del ceppo etnico. Attualmente, il rischio di progressione verso fibrosi grave e cirrosi è ben noto nei pazienti che presentano NASH o steatoepatite non alcolica, una condizione nella quale, oltre all’accumulo di grasso e dunque alla steatosi, ritroviamo anche uno stato di infiammazione. La steatosi, generalmente, è causata da una serie di alterazioni del metabolismo lipidico. Esiste, però, sia una forma primitiva di steatosi, sia

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forme che invece sono considerate secondarie; la forma primitiva (NAFLD propriamente detta) è frequentemente associata ad obesità (di tipo viscerale), diabete e dislipidemia, ed è correlata ad una condizione di insulino-resistenza e ritroviamo dunque, una forte associazione con la sindrome metabolica e può essere considerata tra le manifestazioni cliniche della sindrome stessa [16]. Le forme secondarie invece, sono legate a fattori nutrizionali, virus, tossici (Tabella 1).

Tabella 1: Classificazione eziologica della steatosi epatica

Il progressivo e ubiquitario cambiamento dello stile di vita e delle abitudini alimentari degli ultimi decenni ha influenzato in modo significativo l’epidemiologia della NAFLD. Attualmente, la NASH (steatoepatite) rappresenta un problema clinico rilevante non soltanto sotto il profilo gastroenterologico, ma anche in ambito endocrinologico, perché rappresenta un fattore di rischio indipendente di malattia cardiovascolare e complicanze di tipo dismetabolico. Sotto il profilo eziopatogenetico, la NAFLD è una patologia complessa e multifattoriale, la cui insorgenza e severità sono condizionate da una combinazione di fattori genetici e ambientali; se da un lato essa è considerata l’espressione epatica della sindrome metabolica, caratterizzata

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dunque da obesità viscerale, intolleranza glucidica e diabete mellito tipo 2 [DM2], dislipidemia e ipertensione, dall’altro è ormai dimostrato il ruolo primario, parallelo e indipendente, della NAFLD nell’insorgenza della sindrome e nello sviluppo delle sue complicanze. In considerazione dell’alta prevalenza della NAFLD nella popolazione generale e delle sue potenziali implicazioni cliniche, emerge l’importanza di una precoce e corretta identificazione dei soggetti ad alto rischio, al fine di sorvegliare e predire l’insorgenza di complicanze che ne influenzano la prognosi epatica ed extra-epatica [17].

1.2 Epidemiologia

La reale prevalenza di NAFLD è ancora ad oggi sconosciuta. La maggior parte dei dati disponibili proviene da stime epidemiologiche. La NAFLD attualmente rappresenta la principale causa di alterazione degli indici di citolisi epatica nel mondo occidentale tra gli adulti e, in modo preoccupante, anche in bambini e adolescenti. Nella popolazione adulta si stima una prevalenza globale di NAFLD del 25%, con una variabilità in base a età, sesso, regione di provenienza ed etnia di appartenenza [18,19].

Prevalenza

Le prevalenze maggiori sono state registrate in Medio Oriente (32%), Sud America (31%) e Asia (27%) mentre la minore è stata segnalata in Africa (14%). L’Europa e l’America settentrionale si attestano su valori intermedi del 20-30% [20]. Tra gli individui con NAFLD, dal punto di vista epidemiologico, si tiene in considerazione anche la prevalenza globale di NASH (steatoepatite), diagnosticata mediante biopsia epatica, che varia invece tra il 20 e 50%, con frequenza e severità molto maggiore negli uomini rispetto alle donne, nonostante, come è ben noto, in fase post-menopausale, nelle donne si riduce il ruolo protettivo legato appunto al sesso femminile [20,21]. Queste percentuali aumentano significativamente nei gruppi a rischio: in Europa, la presenza di NAFLD e NASH sale rispettivamente nel 94% e nel 25% dei pazienti obesi con BMI >30 kg/m2 [22], nel 40-70% dei pazienti con DM2 e nel 50% dei soggetti dislipidemici [22,23]. I dati più drammatici, però, sembrano riguardare particolarmente la popolazione pediatrica, in cui obesità e la sindrome metabolica sono in progressivo incremento, soprattutto in Italia dove le stime stanno raggiungendo i numeri statunitensi [24,25].

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6 Fattori di rischio: età, sesso ed etnia

In uno studio americano del 2018 usando un'indagine basata sulla National Health and Nutrition Examination Survey (nota come NHANES III), la distribuzione sessuale della NAFLD variava per fasce di età [26]. La prevalenza più bassa da maschio a femmina (0,94) è stata osservata in individui con meno di 30 anni, mentre il rapporto più alto (1,31) è stato osservato in individui di età compresa tra 40-49 anni. La prevalenza di NAFLD sembrerebbe anche avere delle variazioni etniche significative; uno studio sui livelli di trigliceridi epatici di 2.287 individui da un campione basato sulla popolazione USA ha rilevato che il più alto tasso di NAFLD è stato osservato negli ispanici (45%), seguiti dai bianchi non ispanici (33%); la prevalenza più bassa è stata osservata negli afroamericani (24%) [27]. I tassi più elevati di NAFLD negli ispanici erano associati a percentuali corrispondentemente più elevate di obesità e insulino-resistenza in questo gruppo. Queste differenze osservate sono probabilmente multifattoriali e correlate a una combinazione di fattori genetici e ambientali [28-29]. Nello studio CATCH (Child and Adolescent Trial of Cardiovascular Health) condotto su soggetti delle scuole superiori, la prevalenza di NAFLD, identificata mediante ALT >40 U/L, è pari al 36% nei soggetti ispanici, 22% nei caucasici e 14% nella popolazione afro-americana [24]. Nella maggior parte dei pazienti la NAFLD viene diagnosticata tra la quarta e la quinta decade di vita ed alcuni studi suggeriscono una predominanza legata al sesso femminile (65-83%) [30]. Utilizzando i dati di NHANES III, studio che abbiamo precedentemente accennato, è stato possibile stimare l'incidenza della NAFLD che nel 2015 era intorno a 3,44 milioni [26].Tuttavia, nel prossimo decennio, l'incidenza annuale dovrebbe diminuire di oltre il 30% , ed alcuni autori attribuiscono questo alla correlazione con l’obesità ed al fatto che anche l’incidenza complessiva dell'obesità nella popolazione generale, tenderebbe a diminuire [26,31].Sebbene dunque, da una parte si preveda questa riduzione dell'incidenza, dall’altra la prevalenza continuerà, invece a salire [26,32]. A causa dell'aumentata prevalenza di NAFLD, si prevede che anche un aumento della prevalenza di NASH [26,33,34] e si può stimare che la percentuale di casi di NAFLD che progrediscono verso la NASH aumenterà dal 20% al 27% entro il 2030. Analogamente, anche dati riguardanti la cirrosi scompensata per incidente, ci indicano un aumento del 168% passando così da 39.230 casi ogni anno nel 2015 a 105.430 casi nel 2030. Tuttavia, la mancanza di test diagnostici specifici e sensibili, e l’invasività della biopsia epatica, limitano le conoscenze sulla reale prevalenza della NAFLD. Questo è il principale motivo per il quale troviamo molti studi che si basano su delle stime, a loro volta ottenute tramite criteri indiretti, come l’elevazione delle transaminasi o il fegato “brillante” all’ecografia, che indicano che la prevalenza della

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NAFLD si aggira tra il 10-24% della popolazione generale nei diversi Paesi. La NAFLD può colpire ogni gruppo d’età ed è stata descritta nella maggior parte dei gruppi razziali. In alcuni gruppi di soggetti adulti asintomatici, che presentavano una moderata elevazione delle transaminasi, tramite la biopsia epatica, è stata rilevata la presenza di fegato grasso con una prevalenza del 30-40% e di steatoepatite con vari gradi di fibrosi, in un ulteriore 15-30% [35-38]. La prevalenza di NAFLD subisce un ulteriore incremento all’interno di una popolazione altamente selezionata come quella degli obesi o dei diabetici, nei quali la biopsia epatica risulta positiva per NAFLD nel 90% dei casi [39-41]. L’aumento negli ultimi 10-15 anni della NAFLD nei Paesi occidentali è quindi correlabile al parallelo aumento di obesità e diabete riscontrato nei diversi gruppi d’età. Tuttavia, alcuni pazienti con NAFLD sono normopeso e non diabetici e hanno un normale profilo lipidico e normali valori sierici di test di funzionalità epatica [42]. L'esatta incidenza della malattia rimane comunque difficile da stimare. I dati sulla prevalenza di questa patologia variano molto a seconda della definizione utilizzata, della popolazione (generale, adulti, bambini, adolescenti o popolazioni ad alto rischio) e del metodo. Abbiamo visto come la steatosi epatica possa essere legata a vari fattori, fra cui certamente, quelli prevalenti sono l’obesità, la sindrome metabolica e l’abuso di alcol. Un dato rilevante però, riguarda l’associazione che ritroviamo tra NAFLD e soggetti con epatite cronica C (50%) dei casi. Questa correlazione è stata scoperta attraverso diversi studi proposti da autori diversi, che hanno ipotizzato e dimostrato come il virus dell’epatite C (HCV) sia in grado di causare direttamente la steatosi, in particolare il genotipo 3 [43,44]. In questi soggetti, la steatosi epatica sembra essere facilmente riscontrabile. L'infezione cronica causata dal virus dell'epatite C (HCV) è la causa principale di danno epatico progressivo, che può trasformarsi a lungo andare in un'altra patologia a carico della ghiandola epatica nota come cirrosi o anche in carcinoma epatocellulare (HCC) [45-48]. Anche il ruolo del genere nello sviluppo della NAFLD ha particolare rilevanza, come dimostrato da diversi studi che forniscono dati che suggeriscono una maggiore prevalenza nei maschi mentre altri sembrano suggerire il contrario [49]. Tuttavia, secondo la revisione epidemiologica di Lonardo et al [50], la NAFLD è più comune negli uomini e sembra esserci un aumento in coloro i quali sono più giovani e di età media con un declino osservato dopo i 50-60 anni. Per le donne invece, la situazione sembrerebbe essere diversa: è stato dimostrato, infatti, che la NAFLD risparmia quelle donne in pre-menopausa e quindi un aumento della sua incidenza si verifica dopo i 50 anni con un picco a 60-69 anni, oltre al fatto che molte prove sembrano suggerire che la NASH sia istologicamente più grave nelle donne rispetto agli uomini [50]. Una particolarità osservata in diversi studi è quella che sembrerebbe che la NAFLD inizi a svilupparsi in utero ed utilizzando la spettroscopia di

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risonanza magnetica, è stato rilevato la presenza di steatosi nei bambini nati da madri con diabete gestazionale (GD) [51]. In un altro studio che utilizzava la frazione di grasso epatico (HFF), eseguito a 1-3 settimane di età in neonati nati da madri normali rispetto a quelli con diabete gestazionale, è stato dimostrato che i neonati nati da madri obese con GD avevano un HFF medio superiore del 68% rispetto a quelli nato per madri di peso normale [52]. Nello studio di Patel et al [53], 33 bambini nati morti di madri diabetiche sono stati confrontati con 48 nati morti di madri senza diabete e si è registrato un aumento marcato della steatosi epatica in neonati nati da madri con diabete (79%) rispetto ai controlli (17%). Anche in Italia, in uno studio effettuato su 191 bambini, la biopsia epatica, ha mostrato steatosi epatica, infiammazione, gonfiore epatocitario e fibrosi in percentulae maggiore in quei bambini che non venivano allattati al seno rispetto a quelli che venivano invece allattati al seno [54]. Simile a ciò che è stato osservato negli adulti, l'obesità è un considerevole fattore di rischio per lo sviluppo di NAFLD nei bambini [55].

Fattori di rischio: genetica

Sebbene l'obesità, la variazione dello stile di vita e la resistenza all'insulina siano i fattori di rischio più frequentemente associati allo sviluppo di NAFLD in una persona, vi sono altri fattori che contribuiscono alla patogenesi della malattia. Tra questi, i più importanti sono i fattori genetici, che come ci viene suggerito dall’ereditabilità e [56] dalle variazioni interetniche nella suscettibilità [57], possono svolgere un ruolo importante nel determinare la manifestazione fenotipica e il rischio complessivo di NAFLD. In famiglie con determinate varianti genetiche che riguardano geni quali, TM6SF2, PNPLA3, NCAN e PPP1R3B sembrerebbe esserci un aumento dell'ereditabilità della NAFLD fino al 27% [58,59]. Una variante genetica associata a NAFLD è una mutazione nel gene 3 contenente un dominio fosfolipasi simile alla palatina (PNPLA3) [60] Una recente metanalisi ha dimostrato che PNPLA3 esercita una forte influenza non solo sull'accumulo di grasso epatico (individui omozigoti GG hanno mostrato un contenuto di grasso epatico superiore del 73% rispetto a individui omozigoti CC, P <1 x 10-9) ma anche sulla suscettibilità nello sviluppo di danni epatici più gravi (gli individui omozigoti GG hanno un rischio 3,24 volte maggiore di episodi necro-infiammatori e un rischio maggiore di 3,2 volte di sviluppare fibrosi rispetto a individui omozigoti CC, rispettivamente P <1 x 10-9) [58]. Una singola variante nel gene PNPLA3 (I148M) è stata osservata con maggiore frequenza nei soggetti ispanici, seguita da bianchi non ispanici ed in percentuale minore negli afroamericani [60].

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9 1.3 Storia naturale della patologia

Prima di discutere della storia naturale della NAFLD, è importante, specificare ed identificare le diverse forme della malattia da un punto di vita istologico; lo possiamo fare attraverso due fattori. Il primo si basa su dei criteri istologici utilizzati per diagnosticare la NASH. Questo è importante perché la storia naturale della patologia, varia proprio in base al tipo istologico; infatti, alcuni studi richiedono una definizione più vigorosa della NASH, [61] che include, per esempio, la degenerazione degli epatociti, la fibrosi e l'infiammazione neutrofila con o senza Mallory hyaline [61-62-63] I pazienti che presentano solo steatosi epatica [61,62] o steatosi con infiammazione aspecifica sembrano avere un decorso clinico benigno. Studi recenti suggeriscono che NAFLD può essere la causa di cirrosi criptogenetica [65-68]. E’ importante tenere presente che, il grado di steatosi può diminuire o addirittura scomparire completamente con lo sviluppo della cirrosi [61,65]. Sono stati identificati un certo numero di fattori di rischio, che risulterebbero predittivi per lo sviluppo della fibrosi e della cirrosi in pazienti affetti da NAFLD e tra questi [62,69]:

- la presenza di obesità e / o di tipo II diabete mellito (per quanto riguarda la fibrosi); -età (fibrosi e cirrosi);

-ALT-AST (alanina aminotransferasi / aspartato aminotransferasi > 1) come per le epatiti virali, che indicano una fase fibrotica del NAFLD [69,70]; Anche se attualmente non esiste un consenso in merito alla nomenclatura e alla categorizzazione istologica di questa malattia, uno studio recente [62] ha esaminato la storia naturale della NAFLD ed ha discriminato tra quattro diverse forme istologiche. Grazie a questo studio, di tipo retrospettivo, eseguito su 136 pazienti, è stato possibile separare la NAFLD in quattro tipi istologici differenti:

TIPO 1: solo grasso;

TIPO 2: grasso + infiammazione non specifica; TIPO3: grasso + balloning degeneration; TIPO4: grasso + fibrosi.

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Figura 2:rappresentazione grafica dal punto di vista istologico dei differenti tipi di NAFLD

Come viene mostrato nella figura 2, la cirrosi si è sviluppa prevalentemente nel tipo 3 (grasso + balloning degeneration) e 4 (grasso + fibrosi), rispettivamente nel 21% e nel 28% dei casi mentre la morte è maggiore nei pazienti con forme istologiche più gravi (tipi 3 e 4). Ad oggi la storia naturale della NAFLD è ancora sconosciuta e imprevedibile ed è stata valutata sulla base dell'evoluzione clinica grazie a degli studi prospettici di follow-up a lungo termine e sulla progressione istologica, utilizzando delle sonde bioptiche seriali. La maggior parte dei dati ottenuti ha rivelato che i pazienti con NAFLD con il più alto rischio di evoluzione della malattia sono quelli con steatoepatite (NASH) [71]. La steatoepatite non alcolica, è infatti, la causa principale della cirrosi epatica nei paesi occidentali, ed è probabile che nei prossimi 30 anni questa diventerà la principale causa di malattia epatica di stadio avanzato [72]. Tuttavia, dati più recenti indicano che in alcuni pazienti con NASH si assiste ad una vera e propria regressione mentre una piccola percentuale di pazienti con NAFLD sviluppa NASH (in particolare quelli con infiammazione aspecifica) [18]. Al giorno d'oggi, appare chiaro come sia presente un’atra condizione importante legata alla malattia della NAFLD, ovvero il carcinoma epatocellulare (HCC) che deve essere considerato come una parte della storia naturale della NAFLD progressiva. Uno studio di meta-analisi ha inoltre specificato un'incidenza di HCC tra i pazienti con NAFLD di 0,44 per 1.000 persone all’anno [71]. Sorprendentemente, dati recenti hanno mostrato che, però, l'HCC può svilupparsi nei pazienti con NAFLD senza cirrosi, specialmente in presenza di caratteristiche della sindrome metabolica [73]. La NAFLD è anche associata ad

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un aumento della mortalità generale, non solo legata quindi al fegato [71]. Di solito, le complicanze epatiche sono la terza causa di morte, mentre le principali cause di morte sono attribuite a eventi cardiovascolari e neoplasie extraepatiche [74]. Questo non è affatto strano se teniamo in considerazione che, la NAFLD è la manifestazione epatica della sindrome metabolica. I fattori di rischio, infatti, associati alla progressione della malattia insieme al polimorfismo genetico (variante del gene PNPLA3) sono, da un punto di vista clinico, diabete mellito tipo 2 (TDM2), ipertensione arteriosa, obesità [75] e, certamente, una fibrosi significativa preannuncia una prognosi ancor peggiore [76].

1.4 Patogenesi

Il meccanismo patogenetico della NAFLD non è ancora stato chiarito, ma certamente l’insulino-resistenza gioca un ruolo primario nell’innescare una serie di reazioni a catena che portano alla comparsa appunto di questa patologia. La steatosi di per sé non è una condizione maligna, ma benigna, in grado però di evolvere verso quadri epatici più avanzati, che prevedono meccanismi patogenetici più gravi, quali la perossidazione lipidica. La patogenesi della NAFLD quindi è molto complessa. Il fegato è il principale deposito di numerosi lipidi: trigliceridi, acidi grassi liberi (FFA), colesterolo libero, esteri di colesterolo, fosfolipidi, diacilglicerolo, ceramide. Gli acidi grassi liberi, possono provenire da 3 diverse fonti, ovvero dagli acidi grassi non esterificati (60%), dalla lipogenesi de novo (25%) e dalla dieta (15%). Nel fegato, gli FFA possono seguire tre percorsi: o vanno incontro ad ossidazione mitocondriale, o vengono assemblati ed esportati con lipoproteine a densità molto bassa (VLDL) o vengono utilizzati per la sintesi di trigliceridi e successivamente conservati sotto forma di gocce lipidiche ed in questo modo, funzionano come regolatori della lipogenesi. I potenziali meccanismi patogenetici della NAFLD potrebbero essere legati ad una maggiore sintesi endogena di FFA, ma anche ad una riduzione dell'ossidazione dei grassi nei mitocondri, ad un'esportazione carente di VLDL e infine all'aumento dei depositi di trigliceridi. Nell'obesità, per esempio, ci sono alcune condizioni che sono responsabili della comparsa del fegato grasso. Nel soggetto obeso assistiamo, infatti, all’instaurarsi di un meccanismo di resistenza del tessuto adiposo all'insulina, che determina un aumento del rilascio di FFA nel fegato. L'iperinsulinemia e l'eccesso di carboidrati portano anche alla lipogenesi de novo. L'aumento compensativo di VLDL non è sufficiente a coprire l'eccesso di formazione di trigliceridi [77]. Inizialmente, è stato ipotizzato che i trigliceridi eccessivamente accumulati nella steatosi fossero relativamente inerti, potenzialmente benigni, ma oggigiorno si ha la consapevoleza che le lesioni

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epatocellulari sono determinate dall'epatotossicità degli FFA, dai loro derivati e dal sovraccarico di capacità mitocondriale [77]. L'accumulo abbondante di trigliceridi e l'eccessivo accumulo di gocce lipidiche sono responsabili della progressione verso NAFLD. I processi patogenetici della NAFLD e della sua progressione sono multifattoriali e sono influenzati da molti fattori: composizione della dieta, aspetti genetici e microbiota intestinale [80]. Questi fattori spiegano il perché esiste una grande varietà di pazienti con NAFLD. La progressione della NAFLD verso l'infiammazione e quindi verso la NASH, è facilitata dal sistema immunitario e dal microbioma intestinale. L'attivazione di macrofagi e linfociti porta al rilascio di citochine proinfiammatorie associate alla resistenza all'insulina. Le endotossine batteriche che passano attraverso il sangue portale al fegato svolgono un ruolo nel generare l'infiammazione [78]. La lesione epatocellulare e l'attivazione delle cellule immunitarie portano all'attivazione di cellule stellate epatiche con fibrosi e disorganizzazione dell'architettura epatica [79]. Importanti sembrano anche essere i fattori psicosociali. [80] (Tabella 2). L'associazione è spiegata da fattori di rischio comuni: stile di vita e dieta, microbiota, infiammazione sistemica, associazione con obesità e diabete, che inducono tutte alterazioni cognitive, ecc. [81, 82]. Il cervello può subire cambiamenti in questa condizione ed a tal proposito, le tecniche di imaging cerebrale, hanno dimostrato che il cervello va incontro ad invecchiamento precoce in soggetti con NAFLD oltre al fatto che si evidenzia anche una riduzione del suo volume. Questa riduzione è però indipendente dall'adiposità viscerale e da altri componenti della sindrome metabolica, mentre è associata al deterioramento cognitivo [83, 84].

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Per quanto riguarda invece, la progressione della NAFLD verso la steatoepatite, possiamo descriverlo come un processo a due “hit” [85]:

il primo mediato dall’insulino-resistenza mentre il secondo mediato, dalla perossidazione lipidica. In realtà, i due processi non sono così diversi e disgiunti, ma possono riconoscere un unico momento patogenetico (fig. 3).

Figura 3:Meccanismo patogenetico della NAFLD

Tornando alla resistenza insulinica, questa può essere una condizione genetica, indipendente dunque dal BMI (dall’indice di massa corporea), ma più spesso si tratta di una condizione acquisita correlata all’aumento ed all’accumulo del grasso viscerale, che è causato da uno stile di vita sedentario e da un eccessivo apporto calorico nella dieta. Chiaramente le due componenti, quella congenita e quella acquisita, hanno peso diverso a seconda dei casi. Lo stile di vita, per esempio, porta alla manifestazione fenotipica di genotipi a rischio. L’insulino-resistenza, portando alla liberazione dei grassi (lipolisi) e modificando il metabolismo di questi a livello epatico, è responsabile di un aumento degli acidi grassi liberi (FFA) all’interno del circolo plasmatico. L’eccesso di lipidi viene captato dal fegato che, in conseguenza dell’iperinsulinemia, non è più in grado di produrre e secernere VLDL. I trigliceridi vanno così nel fegato, dove si depositano causando la comparsa di steatosi. Altro ruolo importante poi, è quello della leptina, un ormone detto della sazietà prodotto dal tessuto adiposo; questa potrebbe essere determinante nell’accumulo di grassi nel tessuto epatico, nel cuore nel muscolo. La leptina si occupa della regolazione del senso di sazietà e del comportamento alimentare; è detta

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anche ormone anoressizzante ed ostacola l’accumulo di grassi nei tessuti che non hanno funzione di riserva energetica. In pazienti con NAFLD, sia obesi che normopeso, sono stati riscontrati alti livelli di leptina [86]. È possibile che, in questi pazienti, in associazione all’insulino-resistenza, si verifichi anche una resistenza alla leptina e di conseguenza si assiste al deposito di grassi nel fegato e all’ insorgenza di steatosi epatica. Un altro mediatore dell’insulino-resistenza è il tumor necrosis factor α (TNF-α) che è capace di inattivare la tirosina chinasi del recettore insulinico, con conseguente stimolazione della lipogenesi e promozione della steatosi. Poiché il TNF-α prende parte non solo nella regolazione di cellule, ma anche di enzimi mitocondriali e citochine coinvolti nel processo infiammatorio, contribuisce all’insorgenza di fibrosi, oltre ad essere coinvolto nel processo di apoptosi degli epatociti quindi danno epatico. Inoltre, è stata riportata una correlazione tra il valore di TNF-α plasmatico e la severità della NASH [87]. Tra gli altri mediatori che ritroviamo coinvolti nella patogenesi della steatoepatite non alcolica vi è anche l’adiponectina, proteina prodotta sempre dal tessuto adiposo che risulta infatti ridotta in caso di insulino-resistenza e obesità [87]. La sua funzione è duplice, da una parte inibisce la produzione di TNF-α da parte del fegato, dall’altra inibisce la produzione di citochine dell’infiammazione, quali l’interleuchina-6-da parte, invece del tessuto adiposo. L’adiponectina rappresenta quindi un modulatore della sensibilità insulinica e assume un ruolo di protezione nell’insorgenza della steatoepatite [88]. L’accumulo di lipidi a livello epatico è da solo responsabile di un’attivazione del processo infiammatorio che viene in seguito amplificato dalla perossidazione lipidica a opera degli enzimi mitocondriali. Nei pazienti con NASH, inoltre, sono state riscontrate anormalità a livello mitocondriale, caratterizzate dalla presenza di inclusioni paracristalline, non presenti negli indivi-dui con sola steatosi epatica [89], che aumenterebbero ancor di più l’attività perossidativa. Si instaura così un meccanismo noto come stress ossidativo cronico che induce una deplezione degli agenti antiossidanti ed eccesso di radicali liberi dell’ossigeno [90] che provocano apoptosi degli epatociti. Infine, anche il ferro ha un ruolo importante, in quanto un suo eccesso a livello epatico, caratteristico di molti pazienti NAFLD, rappresenta un cofattore per lo stress ossidativo [91]. La patogenesi della NAFLD abbiamo visto, vede l’insulino-resistenza come evento centrale, in quanto favorisce sia l’accumulo di lipidi negli epatociti, sia la perossidazione lipidica. La presenza di NAFLD anche in soggetti normopeso e non diabetici suggerisce che anche condizioni genetiche possono andare ad aggiungersi a stili di vita che facilitano l’insorgenza della malattia (sedentarietà, eccessivo apporto calorico). Proprio prendendo in considerazione la genetica, sono stati identificati possibili determinanti genetici responsabili. Sono stati indagati numerosi geni, soprattutto quelli coinvolti in importanti vie del metabolismo

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lipidico, glucidico ed implicati nello stress ossidativo. Tra quelli studiati, di rilevanza è il gene dell’apolipoproteina C3 (APOC3) e di adiponutrina (PNPLA3). L’Apolipoproteina C3 è codificata da un gene localizzato sul braccio lungo del cromosoma 11 (APOC3) ed esercita un ruolo importante nel metabolismo dei lipidi, inibendo la Lipasi Lipoproteica endoteliale e di conseguenza il catabolismo delle lipoproteine ricche in trigliceridi. L’adiponutrina, invece, proteina codificata dal gene, PNPLA3 [92,93] che si trova a livello del cromosoma 22, rappresenta un enzima multifunzionale associato alla membrana cellulare con attività di lipasi trigliceridica o acil-transferasi, e la cui funzione, appare modulata dall’insulina. In un ampio studio di associazione genomica (Dallas Heart Study) una comune variante di tale proteina (I148M, dovuta ad una variazione da citosina a guanina e sostituzione da isoleucina a metionina a carico del codon 148), particolarmente diffusa nella comunità ispanica, si è rivelata un fattore aggiuntivo nell’accumulo di trigliceridi a livello epatico con successiva flogosi, in maniera indipendente da obesità, diabete e consumo di alcol [94]. L’importanza di identificare determinanti genici significativi appare dunque evidente e potrebbe in futuro consentire di arrivare a riconoscere precocemente pazienti a rischio di sviluppare malattia evolutiva. Oggi l’attenzione sempre maggiore da parte di clinici e studiosi verso la NAFLD è facilmente deducibile dal fatto che ci sia sempre una maggiore crescita della prevalenza di obesità e diabete nella popolazione, che mette un elevato numero di soggetti a rischio di malattia epatica nei prossimi decenni. Attualmente, ci sono circa 1 miliardo di persone obese nel mondo e circa 380 milioni hanno il diabete. Con la globalizzazione dello stile di vita occidentale e con l'aumento della percentuale di obesità pandemica, assistiamo oggi ad aumento significativo della prevalenza della sindrome metabolica e del diabete mellito di tipo 2 che porta ad una crescente prevalenza di NAFLD, che è oggi diventata la principale causa di malattia epatica cronica. Le strategie più promettenti, sono interventi mirati per la riduzione dell’insulino-resistenza, mediante perdita di peso e uso di agenti insulino-sensibilizzanti, uniti all’uso di agenti antiossidanti.

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16 Capitolo II

Patologie e complicanze associate alla NAFLD

2.1 Eziologia e concetto di sindrome metabolica

La NAFLD può manifestarsi in diversi modi e questo è legato al fatto che ha un’ampia gamma di manifestazioni istologiche che vanno da una steatosi semplice, a forme più aggressive che possono comprendere infiammazione lobulare e/o portale, “ballooning” epatocitario, fibrosi e infine come abbiamo già detto esiste la possibilità di evoluzione fino a stadi più avanzati quali la cirrosi e l’epatocarcinoma [95]. Una steatosi che coinvolge meno del 5% degli epatociti, non è da considerare da un punto divista clinico particolarmente significativa. Dal punto di vista morfologico, esistono due varianti di steatosi: quella macrovescicolare e quella microvescicolare. Quest’ultima è maggiormente riscontrabile nella steatosi di tipo alcolico ed è la cosiddetta degenerazione alcolica spumosa [96] mentre solo in un 10% è riscontrabile nella NAFLD. Nei pazienti adulti, la steatosi colpisce in primo luogo gli epatociti centrolobulari; mentre nei bambini i più colpiti sono quelli periportali o panacinari [97]. Si parla di steatosi macrovesicolare quando vi è la presenza di grosse goccioline lipidiche che abitano il citoplasma e spostano il nucleo [98]. Tuttavia, la steatosi macrovesicolare può comprende anche piccole goccioline lipidiche, di dimensioni variabili e che mantengono la loro posizione centrale nucleare [98]. Il termine microvescicolare, invece, denota l'accumulo di innumerevoli goccioline lipidiche con il nucleo dell'epatocita che rimane sostanzialmente nella sua posizione originale [98, 99]. È importante ricordare che i lipidi sono delle sostanze dinamiche e metabolicamente attive e lo stesso vale per le goccioline lipidiche grasse che si depositano a livello del fegato. Queste, infatti, sono costituite da un nucleo di triacilgliceroli con o senza esteri di colesterolo e un monostrato periferico di fosfolipidi [100]. È stato dimostrato che il PNPLA3 inattivo si accumula sulla superficie delle goccioline lipidiche ed è collegato ad un aumento della steatosi macrovesciculare [101]. È fondamentale parlando di NAFLD, introdurre il concetto di sindrome metabolica e spiegare nel dettaglio di cosa stiamo parlando: la sindrome metabolica [102] (detta anche sindrome X, sindrome da insulinoresistenza, sindrome di Reaven) [103] è una situazione clinica nella quale diversi fattori fra loro correlati concorrono ad aumentare la possibilità di sviluppare patologie a carico dell'apparato circolatorio e diabete [104]. Nel 1988 Reaven 1 ha definito “sindrome X” l’associazione di insulino-resistenza,

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iperinsulinemia, stati pre-diabetici o diabete mellito di tipo 2 conclamato, dislipidemia, obesità centrale, iperuricemia e ipertensione arteriosa, considerandola una condizione clinica che precede lo sviluppo di complicanze vascolari aterosclerotiche e si associa ad un’aumentata incidenza di cardiopatia ischemica, disfunzione ventricolare sinistra e scompenso cardiaco e comporta un incremento del rischio di mortalità per cause cardiovascolari. Le stesse patologie cardiovascolari inducono, a loro volta, insulino-resistenza e aumentano la probabilità che si sviluppi nel tempo un diabete mellito di tipo 2. La sindrome X è stata definita anche “sindrome da insulino-resistenza” e successivamente “sindrome metabolica cardiovascolare”. Attualmente la sindrome è stata rinominata “plurimetabolica”, poiché comprende al suo interno, tutta una serie di patologie diverse, già precedentemente citate. La prevalenza della SM nella popolazione, può variare da 0.8 a 35.3%, in base ai differenti criteri utilizzati appunto per la sua valutazione. Molti studi epidemiologici infatti hanno valutato i vari aspetti della sindrome metabolica analizzandoli singolarmente, ed alcuni di essi l’hanno considerata come un “cluster” (gruppo) di fattori di rischio (figura 4) e, in quanto tale, ne hanno stimato la prevalenza nella popolazione generale, rendendo ragione in tal modo dell’ampio range di valori che viene riportato in letteratura [105].

Figura 4: fattori di rischio associati alla Sindrome Metabolica

La steatosi epatica non alcolica (Non- Alcoholic Fatty Liver Disease, NAFLD) e la sindrome metabolica (SM) sono entità eterogenee che presentano aspetti clinici e fisiopatologici comuni.

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Numerose società scientifiche, nel corso degli anni, hanno elaborato schemi diagnostici diversi per identificare la presenza di SM: l’obesità viscerale e l’insulino resistenza (IR), insieme a ridotta tolleranza glucidica/iperglicemia, ipertensione arteriosa e dislipidemia aterogena (ipertrigliceridemia con bassi livelli di colesterolo- HDL e incremento delle LDL piccole e dense) [106], rappresentano il cardine di questa condizione che riconosce come elemento caratterizzante, uno stato pro-infiammatorio e protrombotico [107] . Proprio per questi elementi la SM favorisce un sensibile incremento del rischio di eventi cardiovascolari e di sviluppare diabete [108], mentre il suo riconoscimento consente di avviare precocemente i soggetti affetti ad un trattamento comportamentale e/o farmacologico volto a contrastarne le complicanze. Sia la SM che la NAFLD sono disturbi metabolici di notevole rilevanza clinica con importanti implicazioni di tipo sia sanitario che sociale. La SM, infatti, interessa circa il 20-30% della popolazione generale e quasi la metà degli individui anziani, ma soggetti di origine ispanica e provenienti dal subcontinente indiano sono quelli particolarmente suscettibili a tale condizione [109]. La NAFLD, data anche l’elevata frequenza con cui soggetti asintomatici eseguono analisi di tipo ematologico ed indagini ecografiche, ha raggiunto attualmente una prevalenza molto alta ed è considerata una delle cause più comuni di malattia epatica cronica nei paesi occidentali [110-112]: si stima che il 20-30% della popolazione adulta ne sia affetto e che questa percentuale cresca fino al 70-90% tra soggetti con patologie quali obesità e diabete. La NAFLD sembra essere egualmente rappresentata nei due sessi, ma secondo alcuni autori esisterebbe una certa prevalenza nel sesso maschile [113] con differente distribuzione tra gruppi etnici, con possibile prevalenza in soggetti asiatici [114]. La NAFLD riconosce frequentemente una associazione con obesità, soprattutto addominale, diabete e dislipidemia ed è correlata intimamente all’incremento di vari marcatori clinici e biologici di insulino-resistenza. Potrebbe dunque rientrare tra le manifestazioni cliniche della SM [115]: circa il 90% dei pazienti con NAFLD presenta almeno un fattore di rischio della SM, mentre nel 33% dei casi sono presenti tutte le caratteristiche della sindrome. La NAFLD è fondamentalmente associata a [116-118]: - obesità o sovrappeso, nel 70% dei casi;

- diabete mellito tipo 2 o ridotta tolleranza al glucosio, nel 10% dei casi;

- dislipidemia, nel 20-60% dei casi;

- ipertensione, nel 36-70% dei casi.

La NAFLD dunque, si associa di frequente alle componenti della sindrome metabolica, nonostante possa comparire però anche in individui privi di queste alterazioni metaboliche

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[119]. Circa il 90% dei pazienti con NAFLD presenta almeno uno dei classici criteri della sindrome metabolica, valutata con la classificazione ATPIII [119] (Tabella 3), mentre 3 criteri, diagnostici per la presenza di sindrome metabolica, sono soddisfatti in un’alta percentuale di casi, variabile al crescere dell’indice di massa corporea (BMI) dal 18% negli individui normopeso al 67% ed oltre in presenza di obesità [120].

Tabella 3: classificazione dei criteri della sindrome metabolica

Alcuni pazienti vengono classificati per sindrome metabolica secondo la proposta dell’International Diabetes Federation si ottengono dati analoghi [121]; questo è il motivo per il quale esiste una stretta associazione tra NAFLD e sindrome metabolica che suggerisce una eziopatogenesi comune. Sono diversi gli studi che hanno attribuito all’insulino-resistenza e all’iperinsulinemia un ruolo primario nella patogenesi della NAFLD, che è attualmente considerata la manifestazione epatica di una malattia sistemica [122]. Negli individui con NAFLD inoltre, la presenza in contemporanea di alterazioni metaboliche determina importanti implicazioni diagnostiche e prognostiche. La coesistenza di sindrome metabolica si associa ad un rischio elevato di NASH e fibrosi epatica severa indipendentemente dal sesso, dall’età e dal BMI [120].

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2.2 Correlazione tra le patologie della SM e la NAFLD -Obesità e NAFLD

L’obesità (figura 5) è uno degli elementi chiave nella definizione di sindrome metabolica e viene considerata come un fattore predittivo indipendente di fibrosi epatica avanzata. Colicchio et al. in uno studio condotto su 187 pazienti obesi non diabetici, hanno riscontrato un grado severo di steatosi in tutti quei pazienti che presentavano un’obesità di grado III (BMI >40 kg/m2) [123]. Il grado di adiposità centrale, inoltre, sembra correlare con la NAFLD indipendentemente dal grado di obesità espresso tramite BMI, sottolineando così, il ruolo secondario del tessuto adiposo periferico (sottocutaneo) rispetto a quello viscerale [124]. Così come la SM anche la NAFLD mostra come fattori di evoluzione, la comparsa di iperisulinemia e l’innescarsi di processi infiammatori, i quali, cronicizzando, possono aumentare negli individui malati il rischio di sviluppare da una parte malattie cardiovascolari e diabete mellito, dall’altra cirrosi epatica e epatocarcinoma. L'obesità infantile è in assoluto un grave problema di salute in tutto il mondo a causa del suo impatto sul fisico e sulla salute psicologica dei bambini, e anche nel successivo sviluppo, nella vita adulta, di malattie croniche come aterosclerosi, NAFLD, ipertensione, iperlipidemia e diabete [125,126-128]. La prevalenza globale del sovrappeso / obesità infantile varia dal 5,7% al 40% in diverse popolazioni [129-132]. L’obesità infantile ha mostrato una correlazione con un aumentato rischio di sviluppo di carcinoma epatico primario in età adulta [133].

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Figura 5: fegato affetto da steatosi in una persona obesa.

Sono implicati diversi geni nella patogenesi dell’obesità e quindi nell'aumento di peso, poiché essi sono coinvolti nel controllo del comportamento alimentare, nella spesa energetica e nel metabolismo, ma questo può solo in parte spiegare lo sviluppo dell'obesità. È stata riscontrata una correlazione a livello genetico con l’aumento dell’indice di massa corporea; sembra infatti, che siano coinvolti in questo meccanismo circa trentadue loci del genoma umano anche se, questa correlazione interessa solo una piccola parte della popolazione, il 2% [134]. D'altra parte, l'obesità si sviluppa principalmente a causa dell'eccessivo intake di energia che supera il dispendio energetico e sembrano partecipare negativamente a questo processo, anche molti fattori ambientali; questo tipo di obesità, proprio perché si sviluppa a causa di fattori esterni, viene detta esogena. Parlando di obesità, è importante concentrarci sul meccanismo che sta alla base di questa patologia. Il tessuto adiposo, innanzitutto, non è un sito passivo di accumulo di energia e sebbene la funzione principale dell'adipocita sia quella di curare e rilasciare energia sotto forma di trigliceride durante un eccessivo consumo di cibo e durante di digiuno, è anche un organo endocrino e come tale, produce diverse proteine (adipochine come la leptina) e citochine (interleuchina-6 ,IL-6), TNF-α che possiedono diverse attività biologiche [135]. Lo sviluppo e le complicanze dell'obesità sono dei meccanismi complessi, nei quali partecipano numerose adipochine appunto, ormoni e citochine [136]. Quando si verifica uno squilibrio di queste adipochine, si instaura in contemporanea uno stato proinfiammatorio e

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insulino-22

resistente che contribuisce ulteriormente alla patogenesi della NAFLD e alla sua progressione verso NASH [137]. Diversi studi, inoltre, suggeriscono che anche il microbiota intestinale sia coinvolto nello sviluppo dell'obesità e nelle sue complicanze, quali la NAFLD. Gli studi presi in considerazione, spiegano come il microbiota intestinale possa stimolare la steatosi epatica attraverso diversi meccanismi [138]:

-1 induzione dell'obesità mediante raccolta di energia da polisaccaridi dietetici altrimenti indigeribili;

-2 regolazione della permeabilità intestinale e stimolazione dell'infiammazione di basso grado;

-3 modulazione del metabolismo della colina nella dieta;

-4 regolazione del metabolismo degli acidi biliari;

-5 stimolazione della produzione endogena di etanolo da parte dei batteri enterici.

A livello intestinale, le cellule epiteliali intestinali separano l'ambiente microbico intestinale dal sistema immunitario ospite e sono collegate l'una all'altra attraverso delle giunzioni strette,”tight junction”, che svolgono un ruolo centrale nel mantenimento dell'integrità della barriera intestinale [139]. Negli studi sull'uomo la NAFLD è stata associata a livelli plasmatici di LPS (lipopolissaccaride) aumentati, attraverso meccanismi che comportano una maggiore permeabilità intestinale, una crescita eccessiva batterica intestinale (SIBO) ed alterazioni delle giunzioni strette con traslocazione batterica [140,141,142-144]. SIBO è definito come un aumento del numero e / o alterazione della composizione dei batteri nel tratto gastrointestinale prossimale. Miele et al [145] hanno dimostrato l'associazione tra aumento della permeabilità intestinale e la comparsa di fegato grasso. Hanno riferito che i pazienti con steatosi epatica, mostravano una maggiore permeabilità intestinale correlata al SIBO ed alterazione delle giunzioni strette rispetto agli adulti sani [141]. Hanno anche dimostrato che la permeabilità intestinale e il SIBO erano correlati alla gravità della stenosi epatica. Nello studio di Gäbele et al [146], condotto invece su alcuni topi nutriti con una dieta ricca di grassi per stimolare la NASH e quindi esposti a solfato di sodio destrano, un agente che causa una lesione epiteliale intestinale, è stato dimostrato che la somministrazione combinata di una dieta ricca di grassi e di questa sostanza, induceva lo sviluppo di fibrosi nel fegato [146]. Tutti questi dati supportano l'ipotesi che l'alterata omeostasi tra l'ospite e il sistema microbico intestinale a livello della barriera epiteliale intestinale promuova la traslocazione batterica dall'intestino nella circolazione portale e induca il danno epatico [142,147,148].

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23 -Diabete e NAFLD (figura 6)

Figura 6: Meccanismo patogenetico a cascata che dall’insulino-resistenza arriva fino alla NAFLD E NASH.

Tenendo in considerazione il fatto che la resistenza insulinica rappresenta un fattore patogenetico essenziale nella comparsa del diabete mellito di tipo 2 e che un’aumentata resistenza insulinica è riscontrabile in circa il 60-80% dei pazienti affetti da NAFLD [149-151] non stupisce affatto che la NAFLD sia presente in un’ampia proporzione di pazienti affetti da diabete di tipo 2. La prevalenza della NAFLD nel diabete di tipo 2 varia fra il 50 e 75% in questi pazienti, con la possibilità di raggiungere anche valori più elevati a seconda del grado di obesità presente [152-155]. I diabetici di tipo 2 con NAFLD, rispetto a quelli senza, presentano inoltre anomalie metaboliche più severe, come un maggior grado di obesità addominale, una maggiore frequenza di dislipidemia aterogena, di ipertensione arteriosa, un compenso glicemico peggiore oltre a livelli più elevati di diversi marker infiammatori, tra i quali proteina C reattiva, interleuchina-6 e tumor necrosis factor-α (TNF-. Rispetto ai soggetti non diabetici, i diabetici di tipo 2 presentano, non soltanto una maggiore probabilità di avere la NAFLD, ma anche una maggiore probabilità di avere le forme istologiche più severe correlate a questa patologia, come la fibrosi avanzata, la cirrosi e l’epatocarcinoma. [149,158,159]. In particolare, i pazienti che presentano diabete di tipo 2 e NAFLD sono a maggior rischio di sviluppare NASH (la prevalenza è pari a 10-12% nei diabetici di tipo 2 vs 3-5% nei non

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diabetici) [160]. In considerazione a questa forte associazione fra NAFLD e aumentata insulino-resistenza, diversi studi epidemiologici hanno valutato il possibile ruolo della NAFLD nell’andare a predire lo sviluppo di diabete di tipo 2. In alcuni di questi studi, la diagnosi di NAFLD è stata formulata mediante l’uso degli enzimi epatici, mentre in altri è stata diagnosticata mediante l’ecografia epatica. Quelli in cui sono stati utilizzati gli enzimi epatici hanno dimostrato che livelli moderatamente elevati di transaminasi e/o gamma-glutamiltransferasi (GGT) si associavano ad un’aumentata incidenza non solo di diabete di tipo 2 ma anche di altre componenti della sindrome metabolica, indipendentemente dai principali fattori di rischio concomitanti [161-165].La prevalenza della NAFLD nei pazienti con diabete mellito di tipo 2 è molto superiore a quella rilevata nella popolazione generale, variando tra circa il 45% e il 75% [166-170]. Quanto detto è documentato da vari studi, quali per esempio, l’Heart Diabetes Study, in cui sono stati arruolati circa 3000 pazienti ambulatoriali con diabete tipo 2 e la prevalenza della NAFLD all’ecografia era pari a circa il 70% [166]. È stato stimato che i pazienti con diabete abbiano una prevalenza di fibrosi avanzata e cirrosi che è almeno 3 volte superiore rispetto a quelli senza il diabete e che tale rischio aumenta se i pazienti con diabete sono anche obesi [171-174]. Per quanto riguarda invece, il diabete di tipo 1, ad oggi, vi sono ancora pochi dati in letteratura riguardanti la sua correlazione con la NAFLD, nonostante l’epidemiologia della NAFLD e della sindrome metabolica sembrano ormai aver coinvolto anche questa popolazione di pazienti, la prevalenza della sindrome metabolica rimane significativamente inferiore rispetto a quanto osservato fra i pazienti con diabete tipo 2. Recenti studi hanno documentato che oltre il 40% dei pazienti adulti affetti da diabete tipo 1 hanno delle alterazioni ecografiche indicative di NAFLD [175-177]. Già in precedenza, West et al. studiando 1353 pazienti diabetici (il 38% dei quali era affetto da diabete tipo 1), avevano documentato che valori moderatamente elevati di transaminasi (definiti come ALT >50 U/l e possibilmente indicativi di NAFLD) erano presenti in circa il 10% dei pazienti con diabete tipo 1 e nel 12% di quelli con diabete tipo 2 [178].

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25 -Dislipidemie e NAFLD

Attraverso la valutazione ecografica, sembrerebbe esserci un’associazione anche tra, dislipidemie e NAFLD, o per meglio dire, alti livelli plasmatici di colesterolo, trigliceridi e apolipoproteina B (apoB) sono fattori predittivi indipendenti di steatosi epatica [179]. Interessante, è osservare come la prevalenza media di NAFLD in pazienti iperlipidemici (50%) è meno frequente nell’ipercolesterolemia ma più frequente nell’ipertrigliceridemia grave e nell’iperlipidemia mista [180]. Nella NAFLD, ritroviamo livelli sierici normali di apolipoproteina B o elevati, mentre è presente un deficit di apolipoproteina B [181-183]. Al contrario, nell’ipobetalipoproteinemia familiare, ritroviamo un deficit di livelli circolanti di apolipoproteina B, dovuti a mutazioni nel gene dell’apolipoproteina B; questa è la condizione che si associa alla comparsa di steatosi [182-184]. Questo è spiegato dal fatto che per una normale capacità di esporto di trigliceridi da parte dell’epatocita è necessaria una normale attività della “microsomal transfer protein” (MTP) che catalizza l’assemblaggio e la secrezione di lipoproteine a bassissima densità. In presenza dunque di questo deficit genetico, ci sarebbe una maggiore predisposizione, da parte di determinati soggetti, nell’accumulare trigliceridi a livello epatico.

-Malattie cardiovascolare: ipertensione e NAFLD

L’ipotesi patogenetica che si basa sull’insulino-resistenza consente di prevedere che l’ipertensione arteriosa possa essere molto frequente in soggetti con NAFLD e viceversa che soggetti ipertesi presentino frequentemente steatosi epatica [185-187]. Meno prevedibile, invece, è l’osservazione che l’ipertensione arteriosa, in soggetti obesi e con NAFLD, possa determinare lo sviluppo di fibrosi [188]. Si può ipotizzare, dunque, che la steatosi epatica, che costituisce un legame tra insulino-resistenza, obesità e dislipidemia da un lato e aterosclerosi e malattie cardiovascolari dall’altro, possa giocare un ruolo centrale nell’aumentare il rischio cardiovascolare, mantenendo o addirittura aggravando le condizioni patogene implicate nello sviluppo delle malattie ad esso correlate [189]. Non vi sono dati certi per quanto riguarda l’associazione diretta tra NAFLD e danno vascolare, ma uno studio giapponese ha riportato che la prevalenza di steatosi epatica è significativamente più elevata tra soggetti sedentari che, chiaramente presentano anche un profilo metabolico di maggior rischio aterogeno [190].

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26 2.3 Clinica: segni e sintomi della malattia

Importante è arrivare a parlare di quali possono essere i segni ed i sintomi della NAFLD. A differenza della steatosi alcolica, i pazienti con NAFLD non lamentano generalmente alcuna sintomatologia, fatta eccezione per i soggetti in cui è già presente un quadro di cirrosi [191]; qualora presenti, i sintomi sono aspecifici e variabili ed i più comuni sono l’astenia, la debolezza muscolare e malessere generale ed a questi possono associarsi dolore al quadrante superiore destro o distensione addominale [192]. Nel 25% e nel 75% dei pazienti, rispettivamente, si riscontrano splenomegalia (aumento del volume della milza) ed epatomegalia (aumento del volume del fegato), che risultano però, difficilmente rilevabili alla palpazione se vi è anche presenza di obesità [193, 194]. L’evoluzione del quadro epatico fino alla cirrosi si caratterizza per il riscontro di ascite, encefalopatia epatica, spider nevi e ittero. Se poi teniamo in considerazione i dati di laboratorio, è possibile ritrovare valori elevati di ferritina, sideremia e saturazione della transferrina, oltre al fatto che come abbiamo ampiamente spiegato, la NAFLD si associa poi a tutte le condizioni riconducibili all’insulino-resistenza, ora identificabili nell’ambito della sindrome metabolica. La clinica della NAFLD può pertanto essere complicata da tutta una serie di patologie.

2.4 Criteri Diagnostici

In generale, come abbiamo già detto, la prevalenza di NAFLD è aumentata negli ultimi 20 anni. Oltre alla biopsia epatica, utilizzato come test diagnostico, ci sono altre modalità, di tipo non invasivo, disponibili per diagnosticare la NAFLD. L'ecografia epatica, per esempio, la tomografia computerizzata (TC) e la risonanza magnetica rappresentano delle ottime modalità per riuscire a rilevare il grasso a livello epatico. Naturalmente, la differenza nella sensibilità delle modalità diagnostiche è la spiegazione alla discrepanza nei dati riguardanti la prevalenza per NAFLD. Il gold standard per la diagnosi di steatosi epatica (NAFLD) è la biopsia epatica, unica metodica in grado di definire il grado di steatofibrosi. A causa del fatto che è una tecnica invasiva, però, deve essere utilizzata solamente in casi selezionati. La risonanza magnetica, invece, è una metodica altamente sensibile, ma troppo costosa per effettuare uno screening in ambito ambulatoriale. Per questo motivo, è l’ecografia che nella pratica clinica rappresenta la metodica di uso più comune per la rivelazione della NAFLD. L’ecografia, infatti, è di basso costo, non invasiva, ma chiaramente è operatore-dipendente. La diagnosi ecografica viene effettuata in presenza di iperecogenicità del parenchima epatico che appare “chiaro”, o

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“brillante”, il cosidetto bright liver. La diagnosi di steatosi epatica (NAFLD) può essere “sospettata” in presenza di elevati valori di transaminasi (ALT), ma questo metodo non è privo di possibili problematiche, ovvero:

1. Sia negli adulti che nei bambini non sono ancora stati definiti i valori di normalità delle ALT, che in condizioni standard sono diversi nei due sessi (più elevati nei maschi, più bassi nelle femmine) [195,196].

2. Valori di ALT > 30 UI sono stati adottati in epidemiologia per la definizione di NAFLD e proprio per le differenze di genere prima menzionate, il criterio attualmente più accettato di anormalità è quello proposto da Schwimmer: ALT > 25.8 UI nei maschi e 22.1 UI nelle femmine [197].

3. Le ALT hanno una bassa sensibilità nei riguardi della NAFLD. In altri termini bambini con la steatosi epatica hanno spesso valori normali di ALT.

Per superare questo ostacolo sono stati proposti vari algoritmi che però non hanno un’elevata accuratezza e non sono di facile applicazione nella pratica clinica poiché richiedono la valutazione di numerosi parametri non solo biochimici ma anche antropometrici [198]. Di recente interesse risulta la valutazione di markers biochimici indicatori di infiammazione e fibrosi epatica, quindi parliamo di citochine infiammatorie, molecole coinvolte dello stress ossidativo e nei processi di apoptosi e nei meccanismi patogenetici della NASH. L’applicazione di queste indagini nella pratica clinica rimane ancora molto lontana, non essendo disponibili adeguati e sufficienti studi che chiariscano il loro valore diagnostico. L’utilità dei markers infiammatori sembra essere comunque rilevante nel follow-up della NAFLD per andare a determinare i benefici degli interventi terapeutici sul grado di fibrosi senza necessariamente dover ricorrere alla biopsia epatica. In ambito epatologico, l’esame ecografico mira a valutare una serie di parametri eco-semeiologici, tramite la ricerca di segni ecografici della malattia, sia epatici che extraepatici. In particolare, lo studio ecografico del fegato comprende la valutazione di:

1) volumetria;

2) angoli marginali;

3) contorni;

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28 5) vasi;

6)vie biliari;

7)colecisti.

Ecografia epatica

L’ultrasonografia è il test di screening più comunemente usato per la diagnosi di fegato grasso, anche se la sensibilità dell’esame è limitata e non riesce a rilevare l’infiltrazione di grasso quando questa è minore del 33%; anche la specificità è modesta, ed è spiegata dal fatto che risulta difficile distinguere la steatosi dalla fibrosi. L’ecografia inoltre non consente di differenziare i diversi gradi della malattia e di rilevare la presenza di NASH. Ad oggi risulta particolarmente evidente come l’ecografia epatica e dunque l’aspetto ecografico di bright liver ha una buona accuratezza, circa dell’87%, nel porre diagnosi di steatosi epatica [199], nonostante sia importante ricordare che l’ecografia non è in grado di discriminare i pazienti con steatoepatite da quelli con steatosi senza flogosi e che questo limite vale per tutte le metodiche definite di imaging [200]. Tuttavia, poiché la NAFLD, a causa della sua alta frequenza nella popolazione, può sovrapporsi ad altre cause di epatopatie, è difficile comunque discriminare la patologia attraverso questi segnali. Un segno ecografico frequentemente associato al bright liver è l’attenuazione distale (attenuation sign), ovvero la riduzione di intensità degli echi provenienti dagli strati profondi del fegato; tale segno, inizialmente considerato comune a fibrosi e steatosi, ormai è ritenuto un segno prevalentemente della steatosi [201]. In relazione ai risultati ecografici, è possibile stabilire una gradazione ecografica della steatosi:

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1. grado lieve (figura 6): tenendo in considerazione il rene, si nota che l’ecogenicità epatica è maggiore in maniera omogenea in tutto il fegato rispetto a quella della corticale renale;

Figura 6: steatosi epatica di grado lieve.

2. grado medio (figura 7): all’aspetto brillante si associa il segno dell’attenuazione distale;

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3. grado severo (figura 8): l’ecogenicità è molto intensa e l’attenuazione distale così marcata da determinare la scarsa o nulla rilevazione della linea ecogena del diaframma e della parete dei vasi intra-epatici [202,203].

Figura 8: steatosi epatica di grado severo.

Sul piano della valutazione quantitativa del grasso epatico, tuttavia, TC (Tomografia Assiale Computerizzata) e RMN (Risonanza magnetica) costituiscono metodiche sicuramente più accurate dell’ecografia [204].

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Come abbiamo già appreso e come è riportato anche nella Tabella 4, le condizioni che possono provocare steatosi epatica sono molte. La steatosi focale può essere distinta a seconda dell’ecogenicità in:

a) ipoecogena: si intende una zona del corpo che scansionata con un ecografo riflette poco il suo segnale, questo indica un tessuto differente da quello della zona circostante.

b) iperecogena: si riferisce ad una area che riflette maggiormente gli ultrasuoni e quindi appare bianca sullo schermo.

La prima è caratterizzata da aree ipoecogene uniche o multiple, riscontrabili su tutto il parenchima epatico, ma con maggior frequenza nel IV-V segmento, in sede pericolecistica e in prossimità della biforcazione portale. Le dimensioni di queste aree sono molto variabili, da pochi millimetri a qualche centimetro. In passato erano definite aree di risparmio (skip areas), perché si pensava fossero delle porzioni di parenchima non steatosico in un fegato grasso. In effetti, è stato evidenziato che nelle aree ipoecogene il grasso, si va a distribuire in vacuoli più grossi e relativamente meno riflettenti rispetto agli epatociti del restante parenchima steatosico. La steatosi focale iperecogena è, invece, caratterizzata da una o più aree iperecogene, che possono essere distribuite in maniera segmentaria o confluente, arrivando a creare l’aspetto a “carta geografica”, caratterizzato dall’alternarsi di aree ipo- e iperecogene. Più raramente può essere osservato anche attraverso l’esame ecografico, un caratteristico aspetto di steatosi focale multipla, cosiddetto “a prato fiorito”: sono presenti diversi pseudo-noduli iperecogeni di steatosi focale, distribuiti su tutto il parenchima epatico. Opportuno, è sottolineare che così come per il fegato anche per qualunque altro organo o apparato il corretto uso diagnostico dell’ecografia non può essere esente da un’integrazione reciproca tra ipotesi cliniche e aspetti ecografici; questi ultimi possono influenzare positivamente o negativamente le prime, confermandole o creando delle nuove ipotesi diagnostiche. L’ecografia, dunque, ha un ruolo sicuramente importante per la diagnosi e il follow up delle epatopatie e se clinicamente contestualizzata, svolge il ruolo di metodica di primo livello nella diagnostica delle epatopatie diffuse, poiché riesce ad evidenziare la steatosi, la progressione da epatite cronica a cirrosi e le sue complicanze, quali l’ascite, l’ipertensione portale e l’epatocarcinoma, che sappiamo avere in Italia una frequenza pari al 3-6% l’anno [205,206]. La diagnosi di NAFLD viene eseguita generalmente in pazienti asintomatici quando, in seguito al riscontro casuale di un’alterazione degli enzimi epatici, vengono eseguiti rilievi ecografici che risultano suggestivi di steatosi, in

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assenza di altre ragioni di malattia epatica. La diagnosi finale di NAFLD richiede però la combinazione di test invasivi e non invasivi.

Biopsia epatica

La biopsia epatica è il “golden standard” per ogni valutazione e stadiazione del “fegato grasso”. Il quadro clinico è caratterizzato da macro- microvescicole di grasso, in particolare di trigliceridi, accumulate all’interno degli epatociti senza causare una particolare infiammazione (tab. II) [207]. All’estremo opposto si trova, invece, la cirrosi, ma nel lungo processo che porta alla cirrosi, nella quasi totalità dei casi la steatosi va via via scomparendo, rendendo difficile la diagnosi nelle fasi avanzate. Fra questi due estremi si colloca la steatoepatite o NASH, che è caratterizzata da flogosi focale, fibrosi e necrosi cellulare (tabella 5). L’infiammazione tende a prevalere nella zona 3 dell’acino, ed è variabilmente associata alla fibrosi perisinusoidale o a ponte. L’infiltrato infiammatorio è costituito da leucociti polimorfonucleati e cellule mononucleate e si va a concentrare attorno a epatociti in degenerazione “balloniforme”, che possono contenere corpi ialini di Mallory.

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Tabella 5: Classificazione istologica della steatosi e della necroinfiammazione (grading) e della fibrosi (staging) secondo Brunt e coll.

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