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Marketing delle università: un confronto internazionale

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Academic year: 2021

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Corso di Laurea Magistrale

in Marketing e Comunicazione

ordinamento ex D.M. 270/2004

Tesi di Laurea

Marketing delle Università:

un confronto internazionale

Relatore

Ch. Prof. Vladi Finotto Correlatore

Ch. Prof. Tiziano Vescovi

Laureando Silvia Maggio Matricola 837706

(2)

INDICE

I

NTRODUZIONE...p.5

P

REMESSA...p.8

I

NTRODUZIONE AL SISTEMA DI ISTRUZIONE SUPERIORE AMERICANO ED EUROPEO

0.1 La valenza individuale e sociale dell’intraprendere un percorso di studio

universitario in Europa. Uno sguardo alle diverse tipologie di formazione.

0.1.1 L’espansione dell’istruzione superiore in Europa e il problema della sotto-utilizzazione: la messa in discussione del titolo di laurea

0.1.2 Formazione Universitaria vs Formazione professionale: l’apprendimento permanente

0.1.3 Un sistema di istruzione totalmente innovativo: l’avvento dei Mooc. Critiche e conseguenze di questo fenomeno.

0.1.4 La valenza sociale del sistema universitario: l’importanza dell’istruzione superiore per la crescita economica del paese

0.2 Il finanziamento dell’istruzione: l’impegno di un paese nel sostenere il proprio

sistema di educazione

C

APITOLO

1

...p.22

I

L MODELLO AMERICANO

:

LE RESEARCH UNIVERSITY

1.1 Le research university: descrizione dell’Emerging Global Model (EGM) 1.1.1 Le più note research university

1.1.2 La classifica delle migliori università americane nel 2016 1.1.3 La classifica delle migliori research university americane 1.1.4 Le caratteristiche principali delle research university

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1.2 L’imitazione dell’EGM da parte dell’Europa: le motivazioni e i freni di

questa tendenza

1.2.1 La “leggenda” della selezione dei migliori tra i migliori: il problema degli adjunct e della grade inflation

1.2.1.1 La categoria degli adjunct 1.2.1.2 La grade inflation

1.2.2 Il sistema delle rette alte e la convinzione di ritorno sicuro: i pro e i contro di un possibile cambiamento

1.2.2.1 I problemi affrontati dalle famiglie: la valutazione di proposte alternative

1.2.2.2 Il rifiuto alle proposte di cambiamento 1.2.3 Gli Endowment: il sistema di gestione dei fondi

1.2.4 La mobilità degli studenti: i problemi legati alla presenza di studenti stranieri

1.2.4.1 I problemi legati alla numerosità degli studenti stranieri e al pagamento delle rette scolastiche

1.2.5 Conclusioni: come aiutare l’Europa

1.3 I problemi delle università americane in generale

C

APITOLO

2

...p.68

IL SISTEMA UNIVERSITARIO EUROPEO

2.1 L’evoluzione e il futuro dello spazio europeo di istruzione superiore 2.1.1 Il Processo di Bologna

2.1.2 Europa 2020

2.1.3 L’internazionalizzazione dei sistemi di istruzione superiore d’Europa: la mobilità degli studenti

2.1.4 L’internazionalizzazione dei sistemi di istruzione superiore d’Europa: come attrarre le menti migliori ed evitare la “fuga dei cervelli”

2.2 Il finanziamento dell’istruzione: l’impegno di un paese nel sostenere il proprio

sistema di educazione

(4)

2.2.2 Spesa pubblica e privata a favore della Ricerca e Sviluppo 2.3 La classifica delle migliori università europee nel 2016

2.3.1 Il sistema delle rette e le alternative tra cui scegliere

2.3.2 Quale università europea scegliere: le alternative al Regno Unito

C

APITOLO

3

...p.102

A

NALISI EMPIRICA

3.1 Metodi di ricerca e analisi dei dati 3.1.1 Obiettivo dell’analisi 3.1.2 Criteri di selezione dei casi 3.1.3 Analisi dei dati

3.2 Analisi empirica 3.2.1 Offerta di studi

3.2.2 Mobilità e studenti internazionali

3.2.3 Relazioni con le imprese, finanziamento dell’università e contributo dell’istituzione alla società di riferimento

3.2.4 Valore e prestigio dell’università

3.2.4.1 La reputazione dell’istituzione tra eccellenze, riconoscimenti e storia

3.2.4.2 Il contesto di inserimento dell’istituzione 3.2.4.3 Servizi e supporto offerti agli studenti 3.2.4.4 Relazioni instaurate e prospettive di carriera

3.2.5 La modernizzazione del sistema attuata per attirare le menti migliori

C

ONCLUSIONI...p.137

B

IBLIOGRAFIA...p.142

S

ITOGRAFIA...p.146

(5)

INTRODUZIONE

Sul panorama internazionale è possibile individuare svariate tipologie di sistemi di istruzione superiore e universitari che, ognuno con i propri pro e contro, ha generato un’intensa competizione tra le diverse istituzioni universitarie nel mondo.

A causa di essa, ogni singola università, similmente o diversamente dalle altre, si è impegnata ad esprimere nel modo più convincente e accattivante possibile la propria offerta e la propria proposta formativa per renderla unica e degna di essere scelta dai migliori studiosi come luogo di studio, lavoro o ricerca. L’esplicitazione di questa offerta di valore avviene attraverso alcuni aspetti cruciali attorno ai quali ruota la strategia di comunicazione degli istituti universitari, ovvero i numerosi aspetti che riguardano l’intero sistema universitario, relativi alla formazione, alla ricerca e al contesto formativo.

Il presente elaborato ha come obiettivo principale la dimostrazione e la messa in evidenza delle similitudini e delle differenze attuate da alcuni istituti universitari europei accuratamente selezionati, nella definizione e nella diffusione della propria offerta globale, dei propri punti di forza e del proprio valore intrinseco, attraverso la comunicazione digitale sui propri siti web istituzionali. Il campione di analisi viene scelto sulla base di criteri di conformità dimensionali e di specializzazione tematica delle diverse università europee con quelle relative alla Ca’ Foscari University of Venice, tralasciando le Top Player mondiali considerate fuori target perché troppo distanti da Ca’ Foscari in termini di dimensioni e fama mondiale e quindi per non rischiare che la presa in considerazione della loro strategia di comunicazione potesse distorcere i risultati finali.

La scelta di questo tema di studio deriva dal fatto che la comunicazione digitale attuata dalle diverse istituzioni, considerata il loro biglietto da visita sul mondo, fa parte in maniera cruciale della loro strategia di marketing globale in un panorama in cui il settore dell’istruzione terziaria in Europa è in enorme espansione e per uno studente, un docente o un ricercatore, la scelta della giusta università da frequentare è influenzata

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da innumerevoli aspetti.

Al giorno d’oggi, a causa dell’evoluzione tecnologica e della modernizzazione dei sistemi di istruzione da una parte e, a causa di una situazione di crisi economica che influenza la richiesta di studenti laureati dall’altra, il mondo si interroga sulla valenza effettiva degli istituti universitari sia dal punto di vista della crescita individuale degli studenti, sia da quello del contributo fornito al benessere sociale e alla crescita economica dei vari paesi. A causa di tutti questi aspetti, ampiamente descritti nella Premessa dell’elaborato, lo sforzo che tutte le università mondiali devono eseguire per esprimere il loro effettivo valore, aumenta esponenzialmente e deve concentrarsi su degli aspetti che siano in grado di convincere e attirare diversi pubblici a credere e ad investire in esse per la propria crescita personale o per dare un contributo concreto al benessere e all’economia della società in cui sono inseriti.

La competizione tra le diverse università si è fortemente accentuata negli anni in seguito all’impegno che ogni istituzione mondiale ha dovuto mettere in atto per avvicinarsi alla reputazione acquisita e al valore dato ad un sistema universitario considerato un modello a livello globale, quello delle Research University americane. Nel primo capitolo verrà descritto questo modello caratterizzato da un’alta complessità organizzativa interna orientata all’integrazione della ricerca d’avanguardia con i programmi di formazione degli studenti. Questa fusione tra ricerca e formazione permette alle università di attuare un processo di produzione costante di conoscenza utile alla società che, in aggiunta all’impegno nella ricerca di risorse umane e finanziamenti d’eccellenza e di relazioni collaborative nazionali e internazionali, le rende, in America, le istituzioni chiave per lo sviluppo economico e sociale del paese. Ciò che mette in difficoltà gli altri sistemi di istruzione mondiali e, in particolare, dà un motivo valido alle università europee per impegnarsi nell’imitazione del modello di istruzione delle research university, è proprio la filosofia fondata sul “learning by doing”, ovvero sulla generazione e la fusione di conoscenza e ricerca tramite l’imprenditorialità e l’innovazione che rendono possibile l’applicazione delle competenze acquisite sul mondo reale. Questa filosofia così apparentemente perfetta ha tuttavia innescato un enorme dibattito sui problemi ai quali le diverse istituzioni andrebbero incontro nel tentativo di replicare il modello nei propri paesi. Un’attività che dovrebbe infatti tener conto sia dell’effettiva pertinenza del sistema alle esigenze

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del paese in cui verrebbe replicato e dell’ammontare delle risorse necessarie alla sua applicazione, sia delle conseguenze dello stesso sulla qualità dell’istruzione, non tralasciando le effettive imperfezioni del modello sollevate negli anni da vari studiosi. Nel secondo capitolo verrà illustrata la risposta dei paesi europei al modello americano delle research university. L’Unione Europea, infatti, con una serie di disposizioni, ha avviato una collaborazione tra i diversi paesi per l’istituzione di un sistema di istruzione superiore comunitario competitivo sul suolo internazionale e sta cercando di modernizzare il sistema universitario e di dare una svolta all’intero sistema di istruzione superiore, per favorirne l’internazionalizzazione e attirare a sé le risorse migliori tra gli studenti, i docenti e i ricercatori nel mondo.

Il terzo capitolo sarà dedicato interamente all’analisi empirica e saranno evidenziate le similitudini e le disuguaglianze attuate nella comunicazione digitale del proprio valore intrinseco, da parte di un campione di università europee simile, per specializzazione tematica e dimensione, alla Ca’ Foscari University of Venice.

Gli aspetti considerati riguardano il sistema universitario nel suo complesso, partendo dall’offerta di studi proposta e dal valore intrinseco dell’istituto, passando per l’aspetto più tecnico riguardante i finanziamenti e gli aiuti finanziati, l’internazionalizzazione e la mobilità degli studenti, fino ad arrivare al mondo della ricerca, dell’innovazione e della collaborazione strategica con le imprese e la società in cui l’università è radicata.

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Premessa:

INTRODUZIONE AL SISTEMA DI ISTRUZIONE SUPERIORE

AMERICANO ED EUROPEO

0.1 La valenza individuale e sociale dell’intraprendere un percorso di studio

universitario. Uno sguardo alle diverse tipologie di formazione.

Tanto nella realtà americana quanto in quella europea, ci si chiede se effettivamente valga la pena intraprendere un percorso universitario, soprattutto in un periodo economicamente gravoso come quello attuale.

Ciò che oltreoceano spinge le famiglie ad indebitarsi per far frequentare ai propri figli i college migliori è, tra le altre cose, la promessa di un futuro più che dignitoso, delineato da incarichi manageriali e stipendi in grado di ripagare le somme spese durante gli anni di studio. Nel primo capitolo verranno espressi i vari dubbi legati alla questione del “ritorno sicuro” in termini di qualificazioni e remunerazione legato alle università americane, di seguito si potrà notare come il problema sia oltremodo presente anche nella realtà europea.

Passando dal problema della sotto-utilizzazione dei laureati in un mercato del lavoro sempre più esigente, alla presenza sul piano dell’istruzione di forme educative sempre più in competizione con l’educazione universitaria, come la formazione professionale o i Massively Open Online Courses, verrà di seguito analizzato il valore assunto da un percorso di studio universitario tradizionale per un giovane che decida di intraprenderlo. Inoltre, grazie al legame esistente tra la formazione universitaria e l’innovazione, verrà messo in luce il fondamentale impatto sociale che la formazione universitaria ha sulla comunità attuale.

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0.1.1 L’espansione dell’istruzione superiore in Europa e il problema della sotto-utilizzazione: la messa in discussione del titolo di laurea

L’Europa ha assistito, negli ultimi decenni, ad un’ingente espansione del settore dell’educazione terziaria, tanto che anche molti studenti americani hanno preso in considerazione di migrare i loro studi universitari verso il nostro continente. Di conseguenza, il numero di studenti in possesso di una laurea è, nel tempo, esponenzialmente aumentato. Ciò ha comportato, grazie soprattutto alla crisi economica affrontata in Europa dal 2008, un problema di sotto-utilizzazione dei laureati nel mercato del lavoro perché il numero di posti di lavoro altamente qualificati sembra essere cresciuto ad un ritmo più lento rispetto al numero dei lavoratori altamente qualificati.

Il Regno Unito, nonostante sia uno dei paesi europei con il maggior tasso di espansione dell’istruzione superiore degli ultimi decenni, non ha registrato una grande crescita di posti di lavoro altamente qualificati, a differenza di altre nazioni che, nonostante abbiano assistito ad un’espansione inferiore, registrano un’ampia offerta di posti di lavoro richiedenti un titolo di studio universitario.

Di conseguenza, molti studenti si ritrovano dopo la laurea a dover svolgere lavori che un tempo erano svolti da non-laureati perché la maggior parte dei lavori richiede oggi almeno un titolo di studio di laurea triennale.

In merito a questa tendenza ci si chiede se il numero dei laureati sia cresciuto per far fronte alla crescente domanda di competenze nel mercato del lavoro (work upskilling), oppure se la richiesta di competenze sia cresciuta per far fronte alla crescente offerta di laureati (job upgrading).

C’è la possibilità, a questo punto, che un buon numero di laureati sia fin troppo qualificato, il che vorrebbe far presumere che un laureato possieda più competenze di un non laureato anche se, mettendo a confronto ciò che uno studente impara all’università con ciò che impara un giovane lavorando sul campo, spesso non è così, perché alcune competenze vengono sviluppate maggiormente sul posto di lavoro con la pratica, piuttosto che all’interno di un’istituzione accademica. Ciò può accadere perché alcuni corsi universitari producono la stessa tipologia di competenze prodotte da altre forme di educazione e formazione, oppure perché il

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mix di competenze possedute da un laureato non è adatto a svolgere certe tipologie di lavori, rendendoli dei sostituti inferiori a quei non laureati che da sempre svolgono quel tipo di mestiere.

Le motivazioni del fenomeno della sotto-utilizzazione dei laureati sono oggetto tutt’ora di un largo dibattito: da una parte c’è chi afferma che, se chi svolge oggi un dato lavoro da laureato è produttivo tanto quanto un giovane della generazione precedente che svolgeva lo stesso lavoro senza aver avuto un titolo di studio così alto, allora la valenza sociale dell’attuale educazione superiore è da rivedersi; d’altro canto, c’è chi afferma invece che, nel tempo, grazie soprattutto all’innovazione tecnologica, il mercato del lavoro è mutato e certi lavori hanno subito un aggiornamento e che quindi, nonostante il loro appellativo non sia cambiato, sia mutata la loro produttività tanto da richiedere maggiori qualificazioni per il loro svolgimento.

La Leitch Review (2006) ha affermato:

«Productivity is increasingly driven by skills... higher levels of skills drive innovation, facilitate investment and improve leadership and management. For innovation to be effectively implemented, businesses must be able to draw on a flexible, skilled workforce.»

(Leitch Review, 2006:8)

Seguendo quest’indicazione, la produttività sarebbe una caratteristica di ogni individuo e dipenderebbe, tra le altre cose, dall’ammontare e dalla qualità dell’istruzione e dell’educazione ricevuta; ci sono, infatti, esempi di occupazioni che hanno subito un aggiornamento e un aumento della produttività dopo che hanno cominciato ad essere svolte sempre maggiormente da laureati. Il bilanciamento e lo sbilanciamento tra domanda e offerta di laureati sul mercato del lavoro, influenza quindi la crescita della produttività che si manifesta in innovazione e, di conseguenza, contribuisce alla crescita economica del paese.

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guida la crescita della domanda di competenze nel tempo. Questo significa, non solo che aumenta l’offerta di lavori che richiedono competenze più elevate, ma anche che le occupazioni tradizionalmente meno qualificate divengono più richieste.

Ricerche più recenti sull’impatto delle nuove tecnologie sul mercato del lavoro mettono in luce, però, un ulteriore aspetto: si verificherà di certo una diminuzione della domanda di personale poco qualificato ma, grazie alla tecnologia che permetterà lo svolgimento automatizzato di sempre più mansioni, potrebbe ridursi man mano anche la domanda di lavoratori impegnati in alcune tipologie di mansioni altamente qualificate come quella del tecnico, dell’analista finanziario, del contabile e del revisore contabile.

Il periodo di istruzione minimo per poter ottenere una laurea e quindi un’occupazione da laureato, è di 15-16 anni di studio; definito questo punto come indicatore minimo, è stata individuata la percentuale di laureati occupati in lavori che non richiedono una laurea come titolo di studio.

Figura 0.1: Laureati in occupazioni da non-laureati nel 2004 e nel 2010.

Fonte: European Social Survey, calcoli a cura di HOLMES C.,MAYHEW K., Over-qualification and skills mismatch in the graduate labour market, CIPD, agosto 2015

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Nella figura 1.1 si può notare come questa percentuale sia cresciuta, in molti paesi, tra il 2004 e il 2010, con eccezione di Finlandia, Irlanda, Slovenia, Svezia e Ucraina. Esiste, infatti, una grande differenza tra i diversi paesi.

Le nazioni con una bassa proporzione nel 2010 erano Germania, Paesi Bassi, Slovenia e Svizzera, ovvero quei paesi con alle spalle un’educazione svolta in forme istituzionali molto diverse e contrastanti tra loro, come il sistema duale in Germania e in Austria, le scuole vocazionali nei Paesi Bassi e in Slovenia, contrariamente al Regno Unito che contava un’alta percentuale di laureati occupati in posizioni da non laureati (58,8%). I paesi in cui la sotto-utilizzazione dei laureati era superiore al 25% erano invece: Repubblica Ceca, Finlandia, Lithuania e Norvegia; in questi paesi, insieme a Bulgaria, Estonia e Slovacchia, si registrava di conseguenza il tasso più elevato di insoddisfazione tra i lavoratori (meno dell’85% era soddisfatto contro un tasso pari o superiore al 95% per i paesi del Nord Europa).

Mentre questa proporzione aumenta significativamente, contemporaneamente al numero di laureati insoddisfatti, dai dati riportati si può notare come una larga parte di loro riporti invece di essere soddisfatto dell’incontro tra le proprie competenze e il proprio lavoro.

Per quale ragione?

Una potenziale motivazione potrebbe essere proprio la tendenza di questi mestieri a subire aggiornamenti costanti nel tempo, per ottenere i vantaggi dovuti all’utilizzazione di competenze addizionali. Un’altra motivazione potrebbe essere che le competenze offerte da questi laureati non sono diverse da quelle possedute dai non laureati che in passato hanno svolto quello stesso lavoro senza alcuna qualifica superiore, per cui la loro sensazione non è quella di essere sotto-utilizzati.

Dal momento in cui ci si chiede “un individuo necessita di una laurea per ottener un lavoro? Ma soprattutto, necessita delle competenze acquisite con quella laurea per svolgere quel dato lavoro?” è difficile affermare se valga o no la pena iscriversi ad un attuale corso universitario. Quello che è certo, come dimostrato da vari studi, è che gli adulti altamente qualificati trovano lavoro più facilmente e hanno probabilità tre volti maggiori di guadagnare uno stipendio al di sopra della media rispetto a quelli scarsamente qualificati, probabilmente però potrebbero esserci altri

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modi idonei a preparare i giovani ad entrare nel mondo del lavoro oltre allo studio universitario. È necessario che i Policy-makers scrutino la gamma di corsi offerti dal settore dell’istruzione superiore e che considerino seriamente i loro ritorni sociali e privati.

0.1.2 Formazione Universitaria vs Formazione professionale: l’apprendimento permanente

Con i termini educazione o istruzione si intende, da decenni ormai, il percorso di studio individuale che, iniziato con l’istruzione obbligatoria, continua con l’istruzione superiore e con l’acquisizione o il miglioramento delle competenze necessarie per poter entrare nel mercato nel lavoro.

Una tipologia di formazione sulla quale si pone molta importanza, al di fuori della formazione universitaria, è la Formazione Professionale. Fanno parte di questa, tutte quelle azioni finalizzate ad accrescere, al di fuori del percorso accademico, le competenze di cui una persona necessita per poter entrare nel mercato del lavoro. La Formazione universitaria invece, comprende tutti gli istituti di istruzione superiore, dalle università alle scuole superiori, le scuole professionalizzanti, i politecnici, le accademie.

La formazione professionale si riferisce a delle azioni di formazione specifiche, come i corsi post-laurea, i corsi di qualifica, i corsi di aggiornamento, ma anche alle azioni di sostegno e accompagnamento della formazione come le borse di studio per la frequentazione di corsi e ai percorsi di formazione e lavoro individuali come gli stage.

Si inserisce nel concetto di formazione continua durante l’arco della vita, la formazione permanente, in inglese life long learning, secondo il quale la formazione, infatti, deve rappresentare un obiettivo costante e permanente dello sviluppo individuale di un individuo e della sua attività lavorativa.

Si tratta di una tipologia di formazione che sta assumendo nel tempo, un ruolo sempre più strategico: risponde alle esigenze e ai fabbisogni delle imprese e da modo ai giovani che vogliono entrare e rimanere nel mondo del lavoro di acquisire

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delle competenze e di rimanere continuamente aggiornati e quindi competitivi. A livello europeo è stato istituito un Programma d’azione comunitaria nel campo dell’apprendimento permanente: il Life Long Programme. Dal 2007 al 2013 questo programma si era posto come obiettivo di contribuire allo sviluppo della società avanzata basata sulla conoscenza attraverso l’apprendimento permanente che avrebbe creato maggiori e migliori posti di lavoro per le nuove generazioni. Per fare ciò aveva finanziato quattro progetti legati al mondo dell’istruzione: il progetto Comenius in ambito scolastico, il progetto Erasmus in ambito universitario, il Leonardo da Vinci per l’istruzione professionale e il Grundvig per promuovere la formazione degli adulti.

Così come l’istruzione superiore e quindi anche la formazione universitaria è fondamentale per il trasferimento della conoscenza e lo sviluppo individuale, la formazione permanente è essenziale per stare al passo con un mercato del lavoro in continua mutazione ed evoluzione, per cui è necessario che le istituzioni di istruzione assicurino un legame più forte tra i vari livelli di apprendimento.

0.1.3 Un sistema di istruzione totalmente innovativo: l’avvento dei Mooc. Critiche e conseguenze di questo fenomeno.

Al di fuori della formazione universitaria e professionale, bisogna fare i conti anche con le nuove forme di educazione e istruzione nate con l’avvento delle nuove tecnologie.

La scrittrice americana Anya Kamenetz da tempo sostiene un dibattito a riguardo e, nel suo libro DIY U1, afferma che esistono tante possibilità per un individuo, per poter apprendere al di fuori dell’università, anche tramite internet e le piattaforme online che propongono tante tipologie di formazione gratuita e digitale, una tecnica chiamata home schooling e unschooling.

Tra queste opportunità digitali si trovano Coursera, Scholarpedia, Wikipedia, MIT

1 KAMENETZ A., DIY U: Edupunks, edupreneurs, and the coming transformation of higher education,

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Opencourseware o il recente Eduopen, il primo portale tutto italiano lanciato il 21 aprile 2016 dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR) al quale aderiscono 15 istituti universitari italiani, tra cui anche l’Università Ca’ Foscari di Venezia2.

Il concetto da lei sostenuto è semplice: se andare all’università, seguire le lezioni, significa assumere delle informazioni, tanto vale farlo da casa con le migliaia di strumenti, piattaforme e fonti che ci offre la nuova tecnologia e che si identificano nei MOOC (Massively Open Online Courses).

Come sottolineato dal settimanale britannico The Economist3, la rivoluzione tecnologica sta sfidando il classico modello di business di istruzione superiore. L’esplosione dell’apprendimento online, in gran parte libera e gratuita, significa che la conoscenza diventa accessibile per chiunque abbia uno smartphone o un computer portatile.

Con bassi costi di avvio e potenti economie di scala, i corsi online abbassano drasticamente il prezzo dell’apprendimento e l’accesso ad esso, eliminando la necessità corrente degli studenti di essere a orari prestabiliti in luoghi ben precisi. Si tratta di una prospettiva di educazione sostenuta anche da grandi università come Harvard e il Massachusetts Institute of Technology (MIT) le quali hanno predisposto un piano di studi online dove registrandosi gratuitamente è possibile seguire le lezioni che i docenti fanno in aula e, con pochi dollari di spesa, danno anche la possibilità di sostenere un esame che rilascia un certificato attestante la frequenza del corso o di un pacchetto di corsi.

Questi piani di studio, come Coursera, contano oltre un milione di studenti. Inoltre, in America, sono nati decine di incubatori incaricati di sviluppare e far crescere startup dell’educazione tecnologica.

Si accede in questo modo ad un’educazione di qualità, costantemente aggiornata (senza la necessità di frequentare fisicamente un corso), dando la possibilità anche ai giovani dei paesi in via di sviluppo di sviluppare conoscenze e competenze di valore: una vera e propria rivoluzione.

2 UNIVERSITÀ CA’FOSCARI VENEZIA, Nasce Eduopen.org: università alla portata di tutti, Infoscari, 21

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Non mancano, ovviamente, le critiche in merito.

Stefan Popenici4, interviene nel dibattito riferito ai Mooc, schierandosi in favore dell’istruzione tradizionale.

Ciò che sostiene è che queste piattaforme non possono, in alcun modo, sostituirsi completamente all’esperienza formativa in aula. Non è possibile, in sua opinione, ripensare la didattica eliminando il docente. I corsi on-line hanno provocato infatti l'opposizione di alcuni accademici, che temono che accelereranno tagli di personale universitario.

La critica si basa sul fatto che i Mooc trasferiscono informazioni, non educazione, mentre le università tradizionali e i docenti che le popolano, forniscono agli studenti aspetti fondamentali che i corsi online e un’esperienza universitaria digitale non possono dargli: l’abilità del pensare, del discutere e del presentarsi.

Chris Parr, in un articolo sul Times Higher Education5, pone l’accento su un altro aspetto legato ai Massively Open Online Courses; non tanto sulla loro valenza e qualità nel trasferimento della conoscenza, ma più che altro sul loro effettivo successo.

Meno del 10% degli studenti che li frequenta segue, in realtà, tutte le lezioni e svolge tutti gli esami. Nella la maggior parte dei corsi, il tasso di completamento è definito dalle persone che hanno ottenuto la certificazione, ma molta gente potrebbe ritenere di avere superato il corso anche senza averla ottenuta. Detto questo, non è opportuno ritenere i tassi di completamento come del tutto indicativi di quanto successo abbia avuto un dato corso, nonostante possa essere vero che molta gente potrebbe aver tratto vantaggio da un corso anche senza averlo completato.

Per finire, un’altra critica è generata da Zhao Y. Che, in un articolo sul Washington Post6, riporta il suo scetticismo riguardo al fenomeno.

Secondo la sua visione, i Mooc rischiano di diventare una delle tante tecnologie che

4

POPENICI S.,Devaluation of teaching and learning, Popenici.com, 10 ottobre 2013.

5 PARR C., Not staying the course. Inside Higher Education, 10 maggio 2013.

6 ZHAO Y., Never send a human to do a machine’s job: five big mistakes in education technology and

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vanno e vengono nella nostra società. Come la tv, il computer o la lim, rischiano di essere soggetti ad un’euforia iniziale (guidata dalla novità) che poi nel tempo finisce per assopirsi. Così come è accaduto per alcune tecnologie venute prima dei personal computer che, pur tentando, non hanno avuto un impatto significativo sulla formazione tanto quanto avevano promesso, così anche i Mooc non porteranno negli anni, in sua opinione, un grande miglioramento.

La critica sulla quale è necessario soffermarsi più a lungo è sicuramente quella rivolta da Stefan Popenici riguardo la carenza “umana” di un’istruzione di tipo digitale come quella proposta dai Mooc.

In merito, più di qualcuno ha cercato di trovare delle soluzioni plausibili.

Anant Agarwal, che gestisce edX (una piattaforma di apprendimento online fondata da Harvard e MIT) propone l’integrazione dei Mooc ai classici corsi di studio universitari, ad esempio.

Come alternativa al corso di laurea americano standard di quattro anni, gli studenti potrebbero svolgere un anno introduttivo tramite un sistema di formazione digitale, seguito da due anni di frequentazione di università classica e un ultimo anno in cui inizierebbero un lavoro part-time completando il resto degli studi online.

Si tratterebbe di un tipo di apprendimento più allettante e attraente di un semplice corso standard di 4 anni in una università e, inoltre, darebbe la possibilità, a chi ne ha la necessità, di coniugare l'apprendimento con il lavoro o con l'educazione dei figli.

La stessa Anya Kamenetz, pur sostenendo l’avvento di questi nuovi strumenti, nel suo libro offre anche una possibile soluzione alla loro effettiva mancanza di approccio interpersonale. Essa afferma che è necessario ripensare la didattica non rimpiazzando il docente con la tecnologia, ma fornendosi della tecnologia come strumento a favore del lavoro dei docenti.

Invece che proporre un’educazione come quella attuale, che comprenda l’assimilazione passiva di informazioni in aula, lo studente potrebbe utilizzare le varie tecnologie a disposizione per accedere a queste conoscenze da solo, e poi utilizzare l’aula per discuterle e analizzarle con il docente. La didattica, in questo

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modo, diverrebbe uno strumento per mettere in discussione attivamente le informazioni e l’opportunità di riconoscere quali delle mille informazioni ritrovate in internet valga la pena considerare. L’aula cambierebbe forma, diventerebbe luogo attivo di sperimentazione e interazione tra studente e insegnante.

Nonostante le numerose critiche e gli infiniti dubbi a riguardo, l’istruzione digitale e i Mooc stanno prendendo sempre più piede nel mondo accademico moderno. Le università che hanno meno probabilità di rimetterci sono le istituzioni d'elite che hanno una già una ottima reputazione. I più vulnerabili, invece, secondo Jim Lerman della Kean University nel New Jersey, sarebbero le istituzioni di livello intermedio che potrebbero essere sostituite in gran parte dai corsi online.

0.1.4 La valenza sociale del sistema universitario: l’importanza dell’istruzione superiore per la crescita economica del paese

Nonostante la valenza individuale della frequentazione di un percorso universitario tradizionale sia messo in discussione da altre forme di istruzione, ritenute più o meno efficienti ed efficaci a seconda dei diversi pareri e delle diverse situazioni, è opportuno mettere in luce anche la reale ed esistente valenza sociale della formazione universitaria.

La Fondazione Empower European Universities, con il supporto di altre organizzazioni, ha prodotto un report chiamato “Good Policy”7 che valuta la relazione esistente tra il sistema universitario e il funzionamento o la performance delle università, in termini di educazione e ricerca e, successivamente, la relazione tra quest’ultime e l’innovazione economica del paese in cui sono allocate.

Nel sistema universitario si possono distinguere l’ambiente legislativo, ovvero il livello di autonomia posseduta dall’istituzione nel raggiungere gli obiettivi prefissati in termini di educazione e ricerca, e il sistema di finanziamento suddiviso

7 RITZEN J., MARCONI G., SASSO S., in collaboration with HOAREAU C., University Policy Needs To

Beef Up For Europe To Be More Innovative - Second EEU Report on the State of University Policy for Progress in Europe, Empower European Universities, Novembre 2014.

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in finanziamento pubblico, privato e quella parte di finanziamento pubblico destinato agli aiuti finanziari per gli studenti, ovvero prestiti e borse di studio. Attraverso questi due aspetti (l’ambiente legislativo e il finanziamento pubblico) il sistema pubblico gioca un ruolo molto importante nell’innalzamento della qualità dell’educazione superiore.

Il sistema universitario è, inoltre, legato in modo univoco all’innovazione che viene misurata utilizzando due indicatori: la produttività sul lavoro e la proporzione di forza lavoro impiegata in attività innovative. Per valutare il sistema universitario di un determinato paese attraverso la lente dell’innovazione, è sufficiente comparare il livello di innovazione dei differenti paesi e verificare se le nazioni con un alto livello di innovazione hanno anche un sistema universitario simile.

Ciò che lega il sistema universitario all’innovazione è la performance dell’istituzione in termini di educazione e ricerca per cui, un buon sistema universitario consiste in un insieme di regole che, tramite la performance e i risultati produttivi ottenuti, hanno un impatto sull’innovazione economica. L’istruzione superiore, infatti, non ha un effetto diretto sull’innovazione, ma si rapporta in primis con la produttività lavorativa. Si tratta di una relazione complessa, soprattutto dal momento in cui entra in gioco l’influenza esercitata dalla tecnologia.

Il progresso tecnologico è il risultato prodotto dalle nuove generazioni con più alti livelli di produttività e, a sua volta, il cambiamento nel livello di produttività nelle nuove generazioni potrebbe essere il risultato dell’impiego di individui con maggiori conoscenze nei processi produttivi. Proprio per questa ragione, gli squilibri sulla produttività generati dallo sbilanciamento tra domanda e offerta di laureati sul mercato del lavoro si riflette sul progresso tecnologico e sull’innovazione.

Dal momento in cui l’innovazione contribuisce per circa due terzi alla crescita economica di un paese sviluppato, in quanto l’85% della crescita produttiva di un’economia avanzata è guidata dal progresso tecnologico, si può senza dubbio affermare che le istituzioni universitarie sono fondamentali per la crescita economica.

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0.2 Il finanziamento dell’istruzione: l’impegno di un paese nel sostenere il proprio

sistema di educazione

Data per certo il contributo apportato alla società dal sistema universitario, è necessario che ogni nazione si impegni a mantenere in piedi in maniera sana il proprio sistema di istruzione.

Lo sforzo di un paese per il proprio sistema di istruzione superiore viene esaminato tenendo conto di più indicatori, tra cui la spesa pubblica, la spesa privata e gli aiuti finanziari agli studenti.

La spesa pubblica considerata è quella concessa annualmente per ogni studente per tutti i servizi correlati all’istruzione superiore, rapportandola sia alla spesa pubblica totale del paese, sia al livello del PIL pro capite. Si tiene in considerazione sia il finanziamento pubblico diretto alle istituzioni, sia il trasferimento di risorse a famiglie e imprese (anche non profit). I servizi includono gli insegnanti, gli edifici scolastici, il materiale didattico, l’amministrazione scolastica e servizi ausiliari per studenti e famiglie. Mentre la spesa privata per l'istruzione superiore include le tasse scolastiche degli studenti e altre spese private dello studente come libri di testo, materiale didattico e trasporto e gli aiuti finanziari conferiti agli studenti e alle loro famiglie riguardano le sovvenzioni, le borse di studio, i prestiti e gli assegni familiari supplementari in rapporto alla percentuale del totale della spesa pubblica per l'istruzione superiore. Non comprendono invece aiuti accessori indiretti come i buoni pasto, il trasporto, l’assistenza sanitaria o i dormitori.

Sul tema degli aiuti finanziari agli studenti e sul loro relativo impatto sul rischio di abbandono degli studi e sull’incapacità di restituire il denaro in caso di prestiti, esiste da tempo un notevole dibattito.

Da una parte ci sono alcuni studiosi a favore degli aiuti finanziari, sotto forma di prestiti e borse di studio, per gli studenti provenienti da situazioni finanziarie difficili e ambienti a basso reddito, definendo che l’avversione al debito è molto correlata all’ambiente sociale di provenienza; dall’altra invece, alcuni affermano che l’introduzione degli schemi di prestito agli studenti non ha influenzato negativamente i tassi di accesso di studenti provenienti da qualsiasi sfondo sociale,

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ciò però non ha nemmeno sminuito l’importanza di concedere prestiti agli studenti in difficoltà finanziaria che altrimenti non avrebbero le stesse opportunità di accedere all’istruzione di tutti gli altri studenti provenienti da situazioni migliori. Nei prossimi due capitoli vedremo, a riguardo, la differenza tra il continente americano e quello europeo. In Europa la situazione è estremamente diversa da paese a paese, ma gli investimenti complessivi rimangano, in ogni caso, molto bassi rispetto a quelli degli Stati Uniti.

Il tema del finanziamento dell’istruzione è molto delicato; esistono infatti numerosi dibattiti riguardo il mantenimento o l’aumento dei finanziamenti per il settore dell’educazione, il miglioramento dell’efficienza e la promozione dell’equità di partecipazione all’istruzione superiore.

Si può affermare che, un paese che investe molto nell’istruzione e nella formazione dei suoi giovani e del suo popolo, garantendo loro delle buone opportunità educative e formative, potrà progredire nell’economia, nella scienza e nelle arti e contribuire alla giustizia e alla coesione sociale.

Gli approcci possibili per l’aumento dei finanziamenti riguardano le tasse universitarie, le spese amministrative e l’istituzione di partnership con imprese; la difficoltà per i paesi europei oggi, consiste nel prendere decisioni a riguardo proprio mentre attraversano una situazione di crisi economica e finanziaria imponente e mentre il debito pubblico continua ad aumentare.

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Capitolo 1:

IL MODELLO AMERICANO: LE RESEARCH UNIVERSITY

Quando si parla di università americana la parola che viene in mente è una: Eccellenza. Il sistema universitario americano vanta di prestigio ed efficienza da secoli, università come Harvard, Yale e Princeton, hanno istruito negli anni alcune delle migliori menti moderne, presidenti degli Stati Uniti d’America, premi Nobel, imprenditori, manager, hanno creato dei mostri di conoscenza, hanno ispirato le trame di molti famosi film e telefilm in tutto il mondo e creato un vero e proprio modello di educazione ritenuto oggi di successo e degno di imitazione in tutto il mondo: quello delle research university.

In realtà, il sistema universitario americano è molto più di questo.

Parlando di Sistema Universitario Americano non ci si può riferire, anche se comunemente accade, solamente a questi famosi e prestigiosi college, si tratta di un sistema molto più complesso e articolato in cui si possono trovare istituti di vario tipo, molto diversi tra loro per caratteristiche e finalità (a differenza del sistema universitario italiano): dai piccoli college privati alle grandi università statali, dai college selettivi ed esclusivi a quelli finalizzati a far recuperare lacune scolastiche, dalle università che puntano sulla didattica a quelle che invece puntano sulla ricerca e l’alta formazione, ovvero proprio le research university.

Affermare che quello americano è un sistema universitario di riferimento è troppo generico, se non errato: non è l’intero sistema, ma quello delle research university ad essere divenuto un modello da seguire per il resto del mondo.

1.1 Le research university: descrizione dell’Emerging Global Model (EGM)

Le research university hanno come obiettivo principale la produzione di nuova conoscenza, specialmente nelle aree della scienza e della tecnologia. Svolgono più

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di metà dell’attività di ricerca di base dell’intera nazione, dal 1990 hanno infatti sorpassato l’industria, svolgendo dal 50% al 60% della ricerca di base nazionale, sono per contro diminuite le performance dell’industria e del governo federale. L’Association of American Universities (AAU)8 spiega che le research university contano molto per due ragioni: in primis, esse creano le basi per importanti progressi in settori quali la salute e la medicina, le comunicazioni, il cibo, l'economia, l'energia e la sicurezza nazionale, per questo si concentrano principalmente sulla ricerca di base, piuttosto che sulla ricerca applicata; inoltre, aiutano ad educare gli studenti ad essere leader scientifici e innovatori.

Questa fusione tra ricerca e formazione d'avanguardia è da sempre la caratteristica per eccellenza del sistema della ricerca universitaria degli Stati Uniti.

Ritenuta, per questo, l’istituzione chiave per lo sviluppo economico e sociale, la research university gode del supporto dalle nazioni che possono garantire, tramite il loro finanziamento pubblico, un processo di produzione costante di conoscenza essenziale per la società attuale e futura.

Per raggiungere questi obiettivi e portare l’educazione al più alto livello necessitano di adeguate risorse umane (da qui l’importanza di investire molto nel capitale umano ricercandolo anche al di fuori dei confini dei paesi in cui le istituzioni sono localizzate), di numerose infrastrutture come librerie, laboratori e supporto amministrativo e ingenti risorse finanziarie.

L’attività di ricerca contribuisce quindi alla crescita economica degli Stati Uniti, ma per poter continuare a farlo e per poter mantenere le research university americane sul podio mondiale, necessita di importanti finanziamenti.

Il governo federale degli Stati Uniti è stato ed è da sempre il più grande finanziatore della ricerca di base anche se, alcuni vincoli di bilancio, hanno fatto sì che la sua quota sia diminuita rispetto al picco del 1960 e del 1970, riducendosi dal 70,3% del

8L’Association of American Universities (AAU) è un’organizzazione non profit che comprende 62

research university pubbliche e private negli Stati Uniti e nel Canada. Si focalizza sulle questioni importanti per queste tipologie di università in cui viene svolta un’attività di ricerca intensiva, come i finanziamenti per la ricerca, le questioni politiche che riguardano la ricerca e l’educazione degli studenti universitari. Le università iscritte a quest’associazione si dicono all’avanguardia per quanto riguarda l’innovazione, le borse di studio e ritengono di contribuire al benessere economico della

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1980 al 52,6% del 2012.

La seconda fonte di finanziamento è costituita dalle industrie che nel 2012 hanno finanziato il 21,3% della ricerca di base degli Stati Uniti. Seguono le organizzazioni non profit, le università e i governi non federali.

Per quanto riguarda il finanziamento della ricerca e sviluppo svolta dalle università, nel 2009 il governo federale ha fornito 33 miliardi di dollari (circa il 60% dei 55 miliardi spesi dalle università in ricerca e sviluppo), l’industria ha fornito 11 miliardi di dollari (circa il 20% della ricerca e sviluppo), le organizzazioni non profit 4,3 miliardi di dollari nel 2009, ovvero circa l’8%.

Restringendo il cerchio alla ricerca di base delle università, il governo federale rimane il principale finanziatore anche se si è assistito ad un declino passando dal 77,3% del 1965 al 60,7% del 2012. Nello stesso arco di tempo è aumentata la quota di ricerca di base che le università si autofinanziano, passando da un 7,1% del 1965 al 21% del 2012. Le restanti percentuali sono finanziate in piccole parti dalle organizzazioni non profit (7,6%), dai governi non federali (5,7%) e dalle industrie che contribuiscono solo per il 5%9.

Gran parte dei fondi forniti dal governo federale provengono da alcune agenzie federali come la National Intitutes of Health (NIH), la National Science Foundation (NSF) e il Dipartimento della Difesa. A parte la NSF, la cui missione è semplicemente quella di finanziare la ricerca e l'istruzione in tutte le discipline scientifiche e ingegneristiche, spesso le agenzie federali sostengono la ricerca universitaria soprattutto per favorire alcune missioni interne all’agenzia. La NIH, ad esempio, sostiene la ricerca per far progredire la comprensione dei sistemi biologici, migliorare il controllo delle malattie e migliorare la salute umana, mentre il Dipartimento della Difesa sostiene l'informatica e la ricerca dei materiali per sostenere la sicurezza nazionale.

Nonostante queste università siano caratterizzate da una forte propensione alla ricerca, esistono, ad oggi, diverse tipologie di research university grazie ad un sistema di classificazione degli istituti di istruzione superiore nato negli anni

9 ASSOCIATION OF AMERICAN UNIVERSITIES, Basic Scientific and Engineering Research at U.S.

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Settanta che le ha suddivise in gruppi eterogenei proprio in base all’intensità dell’attività di ricerca.

Il sistema di Classificazione Carnegie delle Istituzioni di Istruzione Superiore è stato creato per ordinare i college e università degli Stati Uniti secondo alcuni parametri così da identificare gruppi di istituzioni più o meno comparabili.

La classificazione di base rappresenta l’aggiornamento della classificazione tradizionale elaborata dalla Commissione Carnegie nel 1970 per sostenere il suo programma di ricerca e pubblicata per la prima volta nel 1973 per poi essere aggiornata successivamente nel 1976, 1987, 1994, 2000, 2005, 2010 e 2015. Nel 2005 sono stati svolti dei cambiamenti radicali rispetto alle classificazioni precedenti, dividendo gli Associates Colleges in sottocategorie e utilizzando dei parametri di ricerca per classificare le Doctorate-granting Universities10.

L’aggiornamento del 2010 non ha apportato grandi cambiamenti rispetto al 2005, mentre nel 2015 sono state modificate proprio le categorie delle Research Doctoral Universities.

Le Doctoral Universities considerate sono quelle che nel 2013-2014 hanno assegnato almeno 20 dottorati e sono classificate in tre gruppi basandosi su una misurazione dell’intensità dell’attività di ricerca (ovvero l’ammontare delle spese in R&S, il numero di dottorati di ricerca assegnato, il numero di docenti incentrato sulla ricerca, e altri fattori):

R1: Doctoral Universities – Highest research activity (115 istituzioni)11 R2: Doctoral Universities – Higher research activity (107 istituzioni)12 R3: Doctoral Universities – Moderate research activity (112 istituzioni)13

Tutte le più prestigiose research university conosciute nel mondo fanno parte del primo gruppo.

10 Carnegieclassifications.iu.edu. (2016). Carnegie Classifications | Basic Classification. [Online]

Available at: http://carnegieclassifications.iu.edu/classification_descriptions/basic.php

11 Carnegieclassifications.iu.edu. (2016). Carnegie Classifications | Standard Listing. [Online]

Available at goo.gl/nLNa6z

12 Carnegieclassifications.iu.edu. (2016). Carnegie Classifications | Standard Listing. [Online]

Available at goo.gl/SMb11K

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Come sostiene Carol L. Folt, rettore alla University of North Carolina a Chapel Hill in un articolo su U.S. News14, le università americane hanno da sempre un vantaggio competitivo che fa invidia al resto del mondo anche se ciò non esclude che esse possano migliorare. Oggi le research university pongono maggiore attenzione al learning by doing, ovvero sono focalizzate sull’applicazione degli insegnamenti sul mondo reale, sull’interazione e la risoluzione dei problemi cercando di fornire nuove tecnologie e risorse per aiutare gli studenti a mettere in pratica ciò che hanno imparato a lezione.

Ciò che fanno le research university è quindi generare conoscenza e ricerca, ma anche incoraggiare la fusione di queste due costanti con l’imprenditorialità e l’innovazione.

1.1.1 Le più note research university

Esistono diversi ranking redatti per valutare e identificare le principali istituzioni di istruzione superiore nel mondo. Ognuno utilizza diverse metodologie prendendo in considerazione diversi indicatori ai quali viene assegnato uno specifico peso nella valutazione. Le tre principali classifiche note al mondo sono la Academic Ranking of World Universities (ARWU) promossa dal The Institute of Higher Education dell’Università Jiao Tong di Shanghai, la QS World University Rankings pubblicata annualmente da Quacquarelli Symonds (QS) e la Times Higher Education World University Rankings pubblicata annualmente dalla rivista Times Higher Education dal 2010.

Studiando le varie classifiche stilate per gli anni 2015-2016, è facile notare che, nonostante il rank sia diverso in tutti e tre i casi (a causa, appunto, delle diverse metodologie di valutazione), già tra le prime 20 istituzioni delle classifiche, prevalgono quelle americane, in particolare le statunitensi. Nella classifica ARWU

14 FOLT CAROL L., Op-ed: American Universities Can Improve Upon Successes, Usnews.com, 22

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16 su 20 sono americane15, nella QS World University Rankings circa la metà16 e nella Times Higher Education World University Rankings se ne contano 14 su 2017. Secondo quest’ultima classifica, l’Università di Harvard per la prima volta, dopo dodici anni, si troverebbe al di fuori delle prime quattro posizioni classificandosi sesta, mentre il resto delle top ten rimane abbastanza prevedibile: da molti anni ormai, infatti, non mancano mai università come Standford, Yale o Princeton tra le prime 10 posizioni.

Si tratta principalmente di istituzioni private molto antiche e prestigiose, classificate dalla Carnegie Classification of Institutions of Higher Education come R1: Doctoral Universities – Highest research activity a causa dell’alta intensità di ricerca svolta e in cui il tasso di ammissione e la retta annua ne permette la frequentazione solo ad un élite molto ristretta di studenti.

Si tratta, inoltre, di università conosciute in tutto il mondo, soprattutto sul grande schermo, grazie a numerosi film, telefilm e serie tv ambientati in questi grandi college.

Di seguito verranno elencate alcune tra le più note, indipendentemente dalla loro posizione nelle classifiche delle università globali o nazionali USA:

v Harvard University: fondata nel 1636, privata con sede a Cambridge e Boston, nel Massachusetts, è la più antica istituzione universitaria degli Stati Uniti e fa parte dell’Ivy League18. Nel diciottesimo secolo il curriculum accademico di questa università e gli studenti che la frequentavano cominciarono ad ottenere

15 Times Higher Education (THE). (2017). World University Rankings. [online] Available at:

goo.gl/LU7hNg

16 Top Universities. (2017). QS World University Rankings® 2015/16. [online] Available at:

goo.gl/dda8oe

17 Shanghairanking.com. (2017). ARWU World University Rankings 2015 | Academic Ranking of World

Universities 2015 | Top 500 universities | Shanghai Ranking - 2015. [online] Available at: http://www.shanghairanking.com/ARWU2015.html

18 La Ivy League è un’organizzazione accademica della quale fanno parte le otto università private degli

Stati Uniti più prestigiose (Brown University, Cornell University, Dartmouth University, Harvard University, University of Pennsylvania, Princeton University e Yale University). Queste istituzioni sono prime nei ranking annuali riguardanti le università statunitensi pubblicati dal U.S. News & World Report e sono anche quelle che ottengono più finanziamenti da destinare alla ricerca da parte del governo

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prestigio e all'inizio del diciannovesimo secolo l'istituzione era già considerata il centro culturale primario tra le élite sociali di Boston. Conta 20.000 iscritti tra studenti laureandi, studenti laureati frequentanti corsi post-laurea e studenti professionisti e ha più di 360.000 studenti in tutto il mondo. Il tasso di ammissione è uno dei più selettivi in assoluto, solo i migliori vengono accettati, ovvero solo il 5,8% dei candidati, di cui circa l’86% si laurea in quattro anni. Il salario medio annuo di partenza per gli studenti uscenti è di 57.700 dollari. È l’università di provenienza di otto presidenti degli Stati Uniti e di sessantadue miliardari ancora in vita, oltre ad essere l’istituzione in cui settantacinque premi Nobel sono stati studenti, insegnanti o affiliati.

Il sistema di biblioteche accademiche di Harvard è il più grande degli Stati Uniti e uno dei più grandi al mondo.

v Massachusetts Institute of Technology: fondato nel 1861, il MIT è una research university privata localizzata a Cambridge, nel Massachusetts. La scuola di scienze comprende corsi di laurea in biologia, chimica, matematica, fisica, scienze della terra, meteorologia e astronomia e con impegno costante intende far progredire la conoscenza ed educare gli studenti nel campo della scienza, della tecnologia e le aree correlate. Fu una tra le prime scuole ad utilizzare i laboratori nell'insegnamento, a sviluppare la professione dell’ingegnere chimico, ad organizzare corsi in ingegneria aeronautica, elettrica e fisica applicata. È inoltre la sede di uno dei più potenti reattori nucleari universitari basati negli Stati Uniti.

Ammette l’8,2% dei candidati e l’84% di questi si laurea in quattro anni. La retta scolastica media ammonta a 45.016 dollari l’anno. È l’università di provenienza di 81 premi Nobel laureati, inoltre 52 destinatari della National Medal of Science sono stati affiliati con il MIT.

v University of California - Berkeley: fondata del 1868 e situata a Berkeley in California, è un’università pubblica ed è la più antica e importante università californiana. Gli scienziati di fisica di Berkely ebbero un ruolo chiave nella costruzione della bomba atomica durante la seconda guerra mondiale, quindi

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da quel momento l’università iniziò a gestire i due più grandi laboratori di armi nucleari della nazione. Conosciuta anche per l’attivismo studentesco, nel 1964 nacque infatti in Movimento per la Libertà di Parola.

Conta 27.126 studenti laureandi e 10.455 studenti laureati nel 2014; tra i docenti correnti si trovano 7 Premi Nobel, 4 Premi Pulitzer e 3 Field Medals, 1522 docenti sono a tempo pieno e 144 docenti sono membri della National Academy of Science. È inoltre l’università di provenienza di 29 Premi Nobel.

v Stanford University: fondata nel 1891, è privata e situata a Stanford in California. È una delle research university più estese sul territorio americano e conta circa 7.000 studenti. Accetta solo il 5,7% dei candidati e la retta scolastica media ammonta a 44.757 dollari l’anno. Tra gli studenti più famosi di Stanford si trovano Larry Page e Sergey Brin, inventori del motore di ricerca Google.

v Princeton University: fondata nel 1746 come College del New Jersey con sede a Elisabeth nel New Jersey, si trasferì a Princeton nel 1756 e nel 1896 il suo nome venne cambiato con quello attuale. È privata ed è la quarta università più antica degli USA e una delle scuole più competitive al mondo grazie anche alla varietà del curriculum universitario offerto agli studenti, fa inoltre parte della Ivy League. Gli studenti sono incoraggiati a partecipare alla ricerca grazie all’ampia disponibilità di fondi (seconda solo ad Harvard).

Conta circa 5.200 studenti laureandi e 2.600 studenti laureati che stanno frequentando corsi post-laurea. Frequentare la Princeton University costa in media 41.820 dollari l’anno e il salario medio annuo di partenza per gli studenti uscenti ammonta a 60.000 dollari.

v Yale University: fondata nel 1701 e situata a New Haven, nel Connecticut, è privata. Ad oggi è la terza istituzione di istruzione superiore più antica degli Stati Uniti ed è membro della Ivy League. Il suo college, lo Yale College e la facoltà di giurisprudenza, la Yale Law School, sono molto conosciuti.

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programmi, tra cui il programma “Perperctives on Science and Engineering” che, iniziato durante l’anno accademico, continua nel periodo estivo, finalizzato ad introdurre gli studenti alla ricerca. I beni dell’università valgono più di 20 miliardi di dollari di dotazione e le sue biblioteche contano circa 12 milioni di volumi.

Yale accetta solo un élite di studenti, ovvero il 6,9% dei suoi candidati. Ad oggi conta 5.453 studenti laureandi, 6.859 studenti già laureati e professionisti e 4.462 studenti internazionali. La retta scolastica media ammonta a 45.800 dollari l’anno.

v Columbia University in the City of New York: fondata nel 1754 e situata a New York, nell’Upper West Side. È privata ed è l’istituzione di istruzione superiore più antica di New York e membro dell’Ivy League. Gestisce oltre 200 istituti e centri di ricerca. Ha una forte tradizione nell’istruzione della scienza, del giornalismo e delle comunicazioni ma è famosa anche per l'organizzazione di competizioni internazionali di varie discipline come la chimica, la fisica e la matematica; l’ultima gara si è tenuta proprio nel 2012 e ha visto vincitrice l'Italia per la matematica e la fisica. Frequentare questa università costa in media 51.008 dollari all’anno, il 99% dei suoi studenti ritorna per il secondo anno e l’88% si laurea in quattro anni. Il salario medio annuo di partenza per gli studenti uscenti dalla Columbia University ammonta a 59.200 dollari. Tra gli studenti più famosi si trovano i presidenti degli Stati Uniti Theodore Roosevelt (premio Nobel per la pace nel 1906) e Barack Obama (premio Nobel per la pace nel 2009) oltre allo storico della matematica Carl Benjamin Boyer. Ogni anno amministra il premio Pulitzer ed è l’università di provenienza di 101 premi Nobel.

1.1.2 La classifica delle migliori università americane nel 2016

Anche per quanto riguarda la classifica nazionale delle università statunitensi esistono diversi famosi ranking che è possibile consultare.

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U.S. News & World Report classifica le istituzioni in base ai dati raccolti in 16 settori legati all’eccellenza accademica come la valutazione tra pari, i tassi di laurea e di ritenzione degli studenti, le risorse del corpo docente, la selettività degli studenti, le risorse finanziarie, le donazioni da parte degli ex alunni, la performance del tasso di laurea e le classifiche dei consiglieri delle scuole superiori.

Forbes basa la sua classifica sulla soddisfazione degli studenti, sui loro successi dopo essersi laureati, i loro debiti, il tasso di laurea in quattro anni e sull’ammontare di professori e alunni che ricevono premi.

Washington Monthly utilizza criteri differenti dagli altri ranking e mette in evidenza le istituzioni in cui studenti e docenti forniscono un contributo al bene pubblico. Le sue classifiche sono basate su tre grandi categorie: la mobilità sociale ovvero il reclutamento e la laurea di studenti a basso reddito, la tipologia di ricerca svolta che considera il taglio delle borse di studio e il numero di alunni che guadagnano dottorati, infine considera il servizio svolto per la comunità e il paese19.

La classifica sui migliori college riportata da U.S. News & World Report offre obiettivamente un sistema di classifica completo e ben costruito e, nell’edizione del 2016, i risultati si basano sui dati raccolti in due anni (ovvero nella primavera del 2014 e la primavera 2015) per ridurre al minimo la volatilità dei risultati.

La maggior parte dei dati proviene dai college ma molti altri da diverse fonti come la National Collegiate Athletic Association, il Council for Aid to Education e il U.S. Department of Education's National Center for Education Statistics.

Gli indicatori considerati sono 16 divisi in 7 categorie.

La reputazione accademica di laurea (22,5%) considera le opinioni di coloro che sono in grado di giudicare l'eccellenza accademica di laurea di un’università. È composta dalla valutazione fatta dai migliori accademici come presidenti, preposti e presidi e dalla valutazione dei consiglieri delle scuole superiori. Il punteggio utilizzato nella classifica è il punteggio medio di chi ha valutato la scuola su una scala che va da 1 a 5 punti.

La selettività degli studenti per la classe entrante a fine 2014 (12,5%) è composta

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da una serie di indicatori tra cui il tasso di accettazione.

Le risorse di docenti per l’anno accademico 2014-2015 (20%) che comprende il compenso dei docenti ovvero la retribuzione media dei docenti più i benefici che spettano loro nel corso degli anni accademici 2013-2014 e 2014-2015, la percentuale di professori con il più alto grado nei loro campi (15%), il rapporto studenti-docenti (5%), la percentuale di docenti a tempo pieno e la percentuale di classi con meno di 20 studenti (30%) e con 50 o più studenti (10%).

Il tasso di laurea e di ritenzione (22,5%) comprende il tasso medio di laurea in 6 anni per l’80% e per il 20% il tasso medio di studenti del primo anno che tornano al campus per il secondo anno e infine si laureano. Più alto è quest’ultimo, più significa che l’università è in grado di offrire le classi e i servizi di cui gli studenti hanno bisogno per avere successo.

La disponibilità di risorse finanziarie (10%) riguarda l’ammontare delle risorse finanziarie destinata agli studenti; più generosa è la spesa sostenuta per ogni studente, più un’istituzione è in grado di offrire una vasta gamma di programmi e servizi.

Il tasso di donazioni effettuate da ex studenti (5%) viene considerato una misura indiretta della soddisfazione degli studenti perché riflette la percentuale media di alunni laureati presso lo stesso college che hanno donato fondi alla scuola durante gli anni accademici 2012-2013 e 2013-2014.

Infine, le prestazioni del tasso di laurea (7,5%) è un indicatore del valore aggiunto che mostra l'effetto dei programmi e delle politiche dell’istituzione sul tasso di laurea degli studenti del college20.

Di seguito verranno riportati i valori di alcuni indicatori utilizzati per stilare la classifica e alcuni dati riguardanti la vita accademica, studentesca e la situazione finanziaria dei primi 10 college in classifica21.

20 MORSE R.,BROOKS E., How U.S. News Calculated the 2016 Best Colleges Rankings, usnews.com, 8

Settembre 2015 e MORSE R., Best Colleges Ranking Criteria and Weights, usnews.com, 8 Settembre 2015.

21 Best National Universities Ranking 2016,

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Tabella 1.1: Top 10 Best National Universities Ranking 2016 – Informazioni Generali

Classifica Istituzione Punteggio Tipologia

Valutazione dei consiglieri della scuola superiore (da 1 a 5) Ammontare dotazione nel 2014

#1 Princeton University 100 College

Privato 4,9 $20.576.361.000

#2 Harvard University 99 College

Privato 5 $36.429.256.000

#3 Yale University 97 College

Privato 4,9 $23.858.561.000

#4 Columbia University 95 College Privato 4,9 $9.223.047.000

#4 Stanford University 95 College

Privato 4,9 $21.466.006.000

#4 University of Chicago 95 College

Privato 4,7 $6.539.289.712

#7 Institute of Technology Massachusetts 93 College Privato 5 $12.425.131.000

#8 Duke University 92 College Privato 4,8 $7.036.776.000 #9 University of Pennsylvania 91 College Privato 4,8 $9.582.335.000

#10 California Institute of Technology 90 College Privato 4,7 $2.118.100.000 #10 John Hopkins

University 90

College

Privato 4,9 $3.392.529.000

Tabella 1.2: Top 10 Best National Universities Ranking 2016 – Iscrizione

Classifica Istituzione Selettività accettazione classe Tasso di entrante a fine 2014

#1 Princeton University Alta 7,4%

#2 Harvard University Alta 6%

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#4 Columbia University Alta 7%

#5 Stanford University Alta 5,1%

#6 University of Chicago Alta 8,8%

#7

Massachusetts Institute of Technology

Alta 7,9%

#8 Duke University Alta 11,4%

#9 University of

Pennsylvania Alta 10,4%

#10 California Institute

of Technology Alta 8,8%

#10 John Hopkins University Alta 15%

Tabella 1.3: Top 10 Best National Universities Ranking 2016 – Vita accademica

Docenti & Classi

Classifica Istituzione Classi con meno di 20 studenti o più studenti Classi con 50 studenti-docenti Rapporto

#1 Princeton University 71,8% 11% 6:1 #2 Harvard University 74% 9,9% 7:1 #3 Yale University 74,6% 8,9% 6:1 #4 Columbia University 82,4% 9% 6:1 #5 Stanford University 70,2% 11% 4:1 #6 University of Chicago 77,1% 5,7% 6:1

#7 Institute of Technology Massachusetts 67,3% 14,1% 8:1

#8 Duke University 73% 6% 7:1

#9 University of

Pennsylvania 67,4% 10,4% 6:1

#10 California Institute of Technology 64,9% 9% 3:1 #10 John Hopkins

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Laurea & Ritenzione Classifica Istituzione Tasso medio di ritenzione dal primo al secondo anno Tasso di laurea in 4 anni Tasso di laurea in 6 anni #1 Princeton University 98% 90% 97% #2 Harvard University 97% 86% 98% #3 Yale University 99% 87% 96% #4 Columbia University 99% 90% 96% #5 Stanford University 98% 76% 95% #6 University of Chicago 99% 87% 93% #7 Massachusetts Institute of Technology 98% 81% 91% #8 Duke University 97% 87% 95% #9 University of Pennsylvania 98% 87% 96% #10 California Institute of Technology 97% 85% 92%

#10 John Hopkins University 97% 88% 94%

Tabella 1.4: Top 10 Best National Universities Ranking 2016 – Vita studentesca

Corpo studentesco

Classifica Istituzione Totale iscritti laureandi Totale iscritti già laureati Totale iscritti Distribuzione studenti per genere

M F #1 Princeton University 5.391 2.697 8.088 51,2% 48,8% #2 Harvard University 6.694 13.235 19.929 52,8% 47,2% #3 Yale University 5.477 6.859 12.336 51% 49% #4 Columbia University 6.170 18.051 24.221 51,9% 48,1% #5 Stanford University 7.019 9.776 16.795 52,8% 47,2% #6 University of Chicago 5.681 6.877 12.558 52,7% 47,3% #7 Massachusetts Institute of Technology 4.512 6.807 11.319 54,5% 45,5% #8 Duke University 6.626 9.230 15.856 50.1% 49,9%

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