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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.21 (1894) n.1041, 15 aprile

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L ’ECONOMISTA

GAZZETTA SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, F E R R O V IE , IN T E R E S S I P R IV A T I

Anno XXI - Voi. XXV

Dom enica 15 Aprile 1891

N. 1041

I PROGRAMMI FINANZIARI

Si afferma adunque, da tutte le parti, che avremo prossimamente alla Camera una vera e propria di­ scussione finanziaria, nella quale si delineeranno due opposte correnti: quella che vuole ottenere l’ assetto del bilancio per mezzo della riduzione delle spese, e quella che vuole raggiungere lo stesso scopo per mezzo dell’aumento delle entrate. Economie ed im­ poste sarebbero, si dice, le due divise, le due ban­ diere, i motti dei due partiti.

Auguriamoci pure che la Camera dia prova di una vitalità, che fin qui le è mancata, ma nello stesso tempo, per non crearci soverchie illusioni, ri- 'cordiamo che sono ormai molti e molti anni che si attende una vera, profonda, leale discussione finan­ ziaria. Se non erriamo, fin dagli ultimi anni dell’am­ ministrazione Maglioni si riconosceva la necessità, l’urgenza anzi di un esame della situazione, per trarne lume prima di approvare quei pochi milioni di nuove tasse che il compianto Ministro diceva es­ sere necessarie onde raggiungere il pareggio. E degli anni, dei bilanci, delle Camere, dei Ministeri molti ne sono passati senza che questa grande discussione questa intima disamina si sia fatta veramente. Il Parlamento, tratto tratto, ha discusso su qualche pro­ getto di nuove spese, o su qualche ritocco d’ impo­ ste o tasse, ma non ha mai saputo o voluto affron­ tare tutto il problema finanziario nel suo complesso, esaminare cioè il bilancio in relazione alla poten­ zialità del paese. Le occasioni non sono invero man­

cate, perchè la parte'liberale avrebbe dovuto rifiu­ tare a qualunque costo il dazio sui cereali che cadeva direttamente sulle classi meno abbienti, sia sotto l’aspetto di aumento del prezzo del grano, sia sotto l’aspetto di incameramento di quel felice buon mer­ cato che le condizioni speciali ili lontani paesi po­ tevano offrire alle nostre popolazioni sofferenti per la crise economica. Ma la parte liberale si acquietò di fronte al sistema dei catenacci, e non osò poi combattere troppo vivacemente i fatti compiuti.

È sperabile che oggi, di fronte ad una cifra di cento milioni di nuovi aggravi, la coscienza della rap

presentanza della nazione si svegli e intenda rendersi conto esatto dei rapporti tra l’economia del bilancio e la economia della nazione ? Noi temiamo di no.

Quando un Ministro intelligente ed abile come 1’ on. Sonnino osa presentarsi al fiore delle com­ petenze finanziarie del paese, alla Commissione del bilancio, e tenere il ragionamento che ha tenuto per rassicurare la Giunta sull’effetto dei nuovi aggravi,

vuol dire che l’ on. Ministro conosce bene i suoi polli e sa che colla loro sapienza tutto può osare.

Ho applicato il dazio sui cereali, egli disse, ho ap­ plicato l’aumento sul sale, egli aggiunse, e nessuno Ita turbata la pubblica tranquillità ; questi inasprimenti che non importano meno di trenta milioni li ho riscossi senza che i contribuenti se ne lamentassero; è quindi artifizioso il dire che il paese non vuole nuove tasse, esso le accetta o le subisce, ma con rassegnazione.

I resoconti non dicono che alcuno dei Commissari abbia opposto che gli aggravi sono applicati da poco più di un mese e rappresentano quindi poco più di un decimo dei trenta milioni, cioè tre milioni di più riscosso ; — non dicono che alcuno dei Com­ missari abbia fatto notare che il più biasimevole degli aggravi, quello sul sale, colpisce specialmente la classe povera che non compera il sale a peso, ma a soldi, e quindi non avverte, nè può avvertire, se non nel bilancio igienico la minor quantità avuta dal rivenditore in causa dell’aumeuto ; nessuno dei Commissari ha appurato che una parte del minor reddito ottenuto dalle imposte non aumentate è certa­ mente derivato' dalla ripercussione degli aggravi ap­ plicati ad alcune entrate.

II silenzio dei Commissari, secondo i resoconti fatti conoscere al pubblico, fanno credere che il Mi­ nistro dicesse cose inoppugnabili, e comunque la frase ho applicato trenta milioni di nuove imposte senna che si manifestasse un lamento, ha fatto il giro di tutta la stampa della penisola, come se fosso la verità, ed ha quindi fatto credere alla esistenza di condizioni, di quiescenze e di risultati che non sono per nulla conformi al vero.

Abbiamo quindi ragione di credere che nella co­ scienza della rappresentanza della nazione la que­ stione finanziaria non sia ancora matura per una discussione ferma e concludente. Con questa o con un’ altra Camera i provvedimenti finanziari proposti dal ministero saranno forse più o meno integralmente approvati, ma il problema rimarrà ancora intatto in tutta la sua gravità e solo ne sarà procrastinata di qualche semestre o di qualche anno la soluzione che si presenterà a mille doppi più inesorabile.

Già i discorsi dell’ on. Crispi e degli onorevoli Mo- cenni e Morin fanno comprendere chiaramente che le esigenze militari domandano nuovi fondi, per le fortificazioni, per t fucili, per gli approvvigionamenti. E se pure le misure dell’ on. Sonnino daranno qual­ che effettivo aumento nella entrata complessiva del bilancio, I’ aumento non basterà a colmare i larghi strappi che con mille espedienti sono stati fatti nella compagine dell’ armamento di terra e di mare.

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leg-230 L ’ E C O N O M I S T A 15 aprile 1894 gero rumore di guerra il Parlamento, al suono di

rettorica patriottica, non oserà negare,come fece qual­ che anno fa, centinaia di milioni per spese straordi­ narie militari, ci troveremo un’ altra volta di fronte al disavanzo, ed allora forse il problema da risol­ versi sarà così inesorabilmente posto, che il Parla­ mento non potrà più sottrarsi dall’affrontarlo come si conviene.

E in verità, non ci lagniamo di un ritardo che è tutto a favore della tesi che ormai da molti anni noi propugnamo, quella delle effettive economie. Oggi sotto la speranza di poter rinforzare il bilancio con nuovi sacrifizi domandati ai contribuenti, il Parla­ mento non può avere la forza di sacrificare quelle spese che formano per molti dei suoi membri la base elettorale. Vi è quindi pericolo che la verità non sia abbastanza evidente e che si venga a delibera­ zioni non conformi alle vere condizioni del paese.

Ma quando l’ esperimento del metodo dell’ on. Sonnino avrà dimostrato, come temiamo che avvenga, che è inutile chiedere al contribuente nuovi sacrifizi perchè la potenzialità contributiva è quasi esaurita, e quando si vedrà che tutto il complesso della am­ ministrazione civile, militare è foggiato in modo che domanda una spesa normale molto maggiore di quella che oggi ad essa non si conceda, allora il Parlamento avrà davanti a sè una sola via di uscita, ritornare indietro e ricondurre tanto la am- miuistrazione civile che quella militare a quelle mo­ deste proporzioni che sono consentite dalle forze normali del paese.

La stessa titubanza colla quale la Commissione dei quindici ha assunto il proposito delle economie, la contradizione tra le conclusioni di questa Commis­ sione e la Giunta generale del bilancio, la quale ri­ conosce necessarie nuove spese per I’ esercito e per la marina, ci dimostrano che non è ancora matura nel Parlamento la convinzione della estrema diffi­ coltà della situazione, e che la rappresentanza na­ zionale non è bene conscia delle condizioni della nazione.

Noi abbiamo fede nei destini futuri dell’ Italia, ma crediamo che mal si cooperi a raggiungerli me­ diante un sistema che è artifizioso, perchè determina un surménage iconomique, che può intristire la vi­ talità non rinvigorirla.

Da quattro anni a questa parte il dilemma, da noi posto, allora quasi soli : o economia o rovina, ha fatto passi giganteschi e si è sempre più nettamente im­ posto agli studiosi prima, alle moltitudini poi.

Non è lontano a nostro avviso, il tempo in cui il timore di una rovina opererà il miracolo di una ge­ nerale conversione verso le economie. Auguriamo che tale conversione avvenga senza scosse, senza ribellioni e che le economie si possano fare razio­ nalmente ; ciò dipenderà molto dal Parlamento se saprà colla previdenza antivenire le necessità pros­ sime e provvedere a soddisfarle.

Le B aM e 91 emissione et il Governo

Il Ministro delle Finanze e del Tesoro insiste adunque perchè le Banche di emissione al più presto diano la loro adesione al decreto col quale vengono immobilizzati per conto del Tesoro i duecento mi­

lioni di riserva metallica. Non comprendiamo in verità la urgenza di una simile decisione da parte delle Banche, specie di fronte alla incertezza della situa­ zione parlamentare ; lo stesso Governo, sapendo an­ che che non è d’accordo sulla questione colla Com­ missione dei quindici, dovrebbe comprendere tutta la convenienza di non precipitare una soluzione, che non potrebbe essere risoluta nè da parte delle Banche, nè da parte del Governo con sufficiente serenità. E infatti l'on. Sonnino, di cui è noto il carattere piut tosto energico e reciso, crede di veder menomato il proprio prestigio se fosse anche soltanto supposta una resistenza da parte degli Istituti di emissione ; esige quindi, senza che veramente se ne vegga la urgenza, una risposta chiara, esplicita e sopratutto senza riserve, alle richieste contenute nei suoi decreti- legge ; egli desidera di trovarsi davanti alla Camera con un fatto compiuto, perchè minore ritiene sarà la opposizione, quando egli potesse dimostrare che la parte offesa fosse disposta a tollerare senza rimo­ stranza lo arbitrio del Governo.

Non vale nasconderlo ; il bivio in cui sono poste le Banche è crudele, ed è strano assai che I’ on. Sonnino, il quale più di lutti desiderò un cam­ biamento nella amministrazione della Banca d’ Italia, perchè gli pareva che fosse necessario rompere la tradizione di una soverchia sottomissione ai voleri del Governo, ora esiga che la nuova Direzione inauguri il proprio ufficio con un alto che per nulla sarebbe dissimile, se la sottomissione non fosse ac­ compagnata da considerazioni e da riserve, a tanti altri atti, coi quali i diversi Governi imposero, coir violenza più o meno morale, quelle operazioni che la prudenza doveva sconsigliare, e che 1’ on. Sonnino ha vivamente biasimato.

Comunque, deploriamo ancora una volta la irre­ golare intromissione del Ministro, lamentiamo che, pur servendosi di quella violenza che la acquiescienza del potere legislativo gli permette di esercitare, non senta che egli continua quello stesso sistema che egli ha tanto biasimato nei suoi predecessori. Ma dopo ciò esaminiamo obbiettivamente la questione.

E due aspetti ci sembra che essa presenti, quello che concerne l’interesse delle Banche di emissione come tali, e quello che riguarda l’ interesse delle Banche nella loro azione sul credito del paese e l’ interesse dei cittadini tutti di fronte al credito stesso.

Circa il primo aspetto della questione, crediamo che le Banche di emissione possano vedere i prov­ vedimenti presi dall’on. Sonnino meno nocivi al loro preciso ed unilaterale interesse di quello che non sembri.

Le Banche erano e sono sotto l’impero dell’ arti­ colo 3° della legge 10 agosto 1893 il quale dice:

« I possessori dei biglietti a vista al portatore, « hanno diritto a chiedere dall’ Istituto emittente il « cambio in moneta metallica avente corso legale « nel Regno, in Roma e nelle città di Bari, Bologna, « Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Livorno, Mes- « sina, Milano, Napoli, Palermo, Torino, Verona e « Venezia.

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15 aprile 1894 L ’ E C O N O M I S T A

088

231 Questa disposizione della legge, accettata dagli Isti­

tuti di emissione, non poteva da un Governo serio che mirasse a riordinare la circolazione, essere man tenuta senza provvedimenti tali che,, n§ rendessero possibile la esecuzione. A suo tempo V Economista Ita combattuto l’ art. 3° suddetto e lo Ita chiamato una mistificazione ; per un momento parve che in Commissione Parlamentare che riferì su quella legge, ed il Governo stesso si fossero persuasi della enor­ mità di una disposizione che si sapeva già da più anni non eseguita e per molti anni ancora inesegui­ bile; ma poi, come in tante altre cose prevalse l’equivoco e l’equtvico fu votato colla formula del­ l’articolo 3.“

L’on. Sonnino, costretto dalla legge a dare esecu­ zione a quanto quell’ articolo stabiliva, escogitò un sistema che noi abbiamo lodato senza reticenze, e che crediamo così importante da avviare il paese verso un normale ordinamento della circolazione ; ma, secondo noi, ha errato nella forma, come più innanzi cer­ cheremo di dimostrare.

Intanto le Banche dal decreto del 21 febbraio e 31 Marzo 1894 vennero sollevate dagli obblighi loro imposti dall’arl. 3 della citata legge e possono barat­ tare i loro biglietti : o in biglietti di Stato, o in moneta metallica al cambio del giorno. Nessun danno quindi da queste disposizioni può derivare alle Ban­ che, le quali possono conservare e rifornire le loro riserve metalliche senza nessuna spesa, essendo auto­ rizzate a farsi rimborsare le spese dai portatori dei biglietti che accedono al baratto. Anzi se, come non vi ha dubbio, sapranno approfittare dei mezzi po­ tenti di cui possono disporre per regolare il cambio, liberato come sono ora dal pericolo che il Tesoro possa turbare il mercato con inopportune od intempestive richieste,potranno senza dubbio eseguire il baratto con vantaggio del paese e con vantaggio loro proprio.

Da questo lato, quindi, crediamo che gli Istituti di emissione nulla dovrebbe eccepire contro le dispo­ sizioni prese dall’ on. Sonnino. Resta solo il fatto che debbono consegnare allo Stato duecento mi­ lioni d’ oro contro duecento milioni di carta, sia pure a corso forzato. È dunque un fido che accordano allo Stato e che per il modo stesso con cui è fatto, non è nel loro interesse di riversare sul pubblico, e rap­ presenta quindi un prestito bello e buono che lo Stato contrae colle Banche.

Ed è qui appunto che noi crediamo esorbitante ed arbitrario il metodo seguilo dall’ on. Sonnino.

Una legge Bancaria deve essere considerata come contrattuale, specialmente quella 10 agosto 1893 che sistemava quella situazione anormale, cbe la stessa azione passata deiio Stato verso le Banche aveva creato od aveva contipbuito a creare. Doveva quindi il Ministro presentare il suo provvedimento come il risultato di un accordo preso colle Banche, indi­ cando il correspettivo che a loro accordava, o, se invocava il loro patriottismo perchè rinunciassero ad ogni correspettivo, doveva indicare ¡’altissimo scopo al quale destinava i 200 milioni che sottraeva alle loro riserve.

L ’ on. Sonnino ha creduto, e ciò sta nella sua natu­ ra, di usare la prepotenza, convinto certo della legit­ timità dello scopo, ma sdegnoso di farlo conoscere. Ecco perchè il Parlamento ed il paese si mostrano ti­ tubanti ad approvare un atto di sopraffazione del quale non è riconosciuto nè la utilità, nè la urgenza. Vuole il Ministro avere i mezzi per ritirare senza aggravio

alt

del Tesòro gli spezzali d’ argento che gli Stati dèlia Unione presenteranno fra poco al cambio in seguito alla ultima: convenzione ? - Era precisamente il caso di stabilire nuovi rapporti contrattuali colle Banche, di .obbligarle, quando ne fosse venuto il tempo a ritirare gli spezzati' di argento ed a paga-rii in oro coll’ alea del cambio in correspettivo deli’articolo 3 della legge che -veniva sistemato a loro Vantag­ gio. -i Vuole il Ministro avere disponibile una suffi­ ciente quantità di moneta metallica per emanciparsi; come si dice; dalle esigenze dei banchieri in tutti i pagamenti che' lo Stato deve fare all’ estero, e per poter opporre alle loro speculazioni una silua- i zione del Tesoro che permetta di fare a meno, oc­ correndo, del loro intervento ? — Tanto più ovvia si presentava al Ministro la via di un contratto colle Banche, le quali, in correspettivo della sistemazione dell’ articolo 3 della legge 1893, avrebbero potuto obbligarsi a fornire gratis al governo una data quantità di divisa estera o di moneta metallica su richiesta del Tesoro.

Ma di fronte ai silenzio del Ministro sullo scopo per il quale la disposizione è presa, essa appare un atto di violenza che, non ne dubitiamo, sarebbe stato, come ogni atto ingiusto e prepotente, combattuto tenacemente dall’ on. Sondino Se si fosse trovato a giudicarlo dal banco di deputato. Ed oggi ostinan­ dosi a volere una completa e piena sottomissione degli Istituti, I’ on. Sonnino obbliga le nuove am­ ministrazioni a far quello che hanno fatto le passate di fronte alle urgenze dell’ Esquilino, della Tiberi­ na, ecc. ecc. cioè cedere per ragioni politiche alla prepotenza ed un poco anehe eccedere nelle lóro facoltà I

Intanto da questi alti compiuti con metodi così irregolari il credito pubblico rimane necessariamente scosso; il portatore di biglietti che sapeva come gli Istituti avessero 430 milioni in moneta metallica, saprà cbe non ne hanno più che 230 ; il portatore di azioni sentirà tutto il pericolo che deriva' dal— T avere un governo che non ha scrupoli nel di­ stinguere il mio dal tuo e si sentirà meno sicuro nella roba propria ; all’ estero stesso si penserà che la facilità colla quale il Ministro delle Finanze toglie gli imbarazzi del Tesoro riversandoli sulle banche/ non risolve le difficoltà interne del credito ma sem­ plicemente le sposta.

In conclusione, riepilogheremo il nostro giudizio, con queste parole: - purità e serietà di intenui- menti; leggerezza e violenza di metodi.

Le Banche necessariamente dovranno cedere alla forza, ma faranno opera saggia nel far procedere la loro sottomissione, che si vuole senza risèrva ed esplicita, da dichiarazioni che salvaguardiho gli Amministratori dalli accusa di non aver rilevata tutta la ingiustizia dell’ atto che subiscono, e tutto il danno che, senza palese motivo, ne risente il ere* dito pubblico.

L’arbitrio amministrativo i» Italia

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232 L ’ E C O N O M I S T A 15 aprile 1894 la vita economica, politica eri amministrativa ita­

liana si dibatte fra tante, difficoltà e cerca nuovi indirizzi per salvarsi dal pericolo della decomposi­ zione politica, del fallimento economico e della crisi morale, tutte le voci che tentano scongiurare quei gravi pericoli vanno ascoltate e raccolte, tanto più poi quando esse muovono da membri del Parla­ mento, quali gli on. Giorgini e Manfrin.

L’egregio Senatore veneto ha preso di mira l’ar­ bitrio amministrativo, una certo delle molte piaghe che affliggono il nostro paese; ma nel rilevare gli arbitri dell’amministrazione è stalo indotto a segna­ lare alcuni errori (l’ordine economico e finanziario dei quali altre volte ci siamo anche noi occupati e sui quali giova sempre ritornare, almeno fino a tanto che non saranno eliminati. Abbiamo aboliti i go­ verni assoluti, scrive I’ on. Manfrin, ma con la nostra poca esperienza ed il cattivo esempio di altri Stati non abolimmo i sistemi che forzatamente conducono all’arbitrio. E il socialismo di Stato, aggiungiamo noi, nonché l’ altro cosi detto scientifico ma che in realtà è il primo portato alle sue ultime conseguenze, non mirano che a rimettere in pieno vigore quei governi assoluti che con tanti sforzi abbiamo abolito e a conso fidare e ad accrescere le cause che eonducono all’ar­ bitrio. Ora l’arbitrio genera la tirannia che non è solo politica, ma anche amministrativa, tocca cioè interessi economici generali e produce danni e perdite con­ siderevoli.

Il senatore Manfrin per mostrare i molteplici fatti con i quali si estrinseca l’ arbitrio derivante dal­ l’erroneo sistema politico e amministrativo vigente da noi e in altri paesi, come in Francia, cita vari esempi, quelli dello privative dei tabacchi e dei sali, delle tasse di fabbricazione, le spese dei comuni, le spese per le pensioni e via dicendo. Vi è nell’ opu­ scolo dell’on. Manfrin larga messe di fatti da rac­ cogliere, ma le esigenze dello spazio ci obbligano a rilevare alcuni punti soltanto.

La privativa dei tabacchi ha dato e darà sempre luogo a un dibattito interessante sulla possibilità di produrre in paese tutta o la massima parte della materia prima necessaria. Al Ministero si propende per l’acquisto di tabacchi esteri, la Commissione d’inchiesta sui tabacchi, la cui relazione fu pubbli­ cata nel 1891 con debite riserve, è favorevole ai tabac­ chi indigeni. Veramente se la Svizzera produce dei buoni tabacchi è presumibile che in Italia si dovrebbe e potrebbe averne di migliori. Si disse che i tabacchi indigeni riescono troppo cari, ma secondo il calcolo della Commissione nel quinquennio 1885 89 1’ am­ ministrazione ha pagato in media L. 91, 84 al quin­ tale il tabacco, e togliendo l’agenzia di Palermo che ha coefficienti altissimi L. 1892 il quintale mentre per i tabacchi esteri di maggior consumo si sono pagati in media pel Kentuky L. 129.98, pel Vir­ ginia L. 1 5 2 .5 2 . E la produzione indigena va gra- datamante scemando : nel 1887 dopo l’applicazione del nuovo regolamento 19 ottobre 1886 discese a quintali 38650 nel 1888 a quintali 20405, nel 1889 a quintali 16823, cioè meno di un terzo di ciò che era negli ultimi anni della Regìa. Dopo il 1889 la diminuzione è andata ancora crescendo. Intanto nel 1888-89 l’Amministrazione ha erogato nelle spese di sorveglianza e accessorie di questa coltivazione così ristretta L. 1,067,125. Questa somma è di poco inferiore a quella che la Regìa speudeva per una produzione tripla. E a queste spese ne vanno ag­

giunte altre non lievi pel vestiario, soldo e mante­ nimento delle moltissime guardie di finanza che vengono adibite al servizio di sorveglianza delle col­ tivazioni. Per avere un’ idea di ciò che si spende da noi per la sorveglianza della coltivazione, basta sapere che nella valle del Brenta, parte italiana, 147 persone sono od erano addette alla sorveglianza della coltivazione del tabacco, mentre nella stessa val­ le, parte austriaca, per la stessa coltivazione era addetta alla sorveglianza una persona sola !

Ma a quanto ammonta la spesa totale dello Stato per la privativa dei tabacchi? Non è facile rispon­

dere con una cifra matematicamente esatta ; pure il senatore Manfrin ammette che essa cada tra 43 e 47 milioni. Ma questa cifra dice ben poco; quello che importa notare è che da noi la lavora­ zione dei tabacchi viene a costare molto più che agli altri paesi. Infatti nella relazione della citata Commissione si trova che il prezzo medio di lavo­ razione pei sigari comuni per 1000 pezzi (5 chilog.) è in Francia di L. 6 9 .3 8 , in Italia di L. 8 6 .3 8 . L ’ Italia spende cosi in più 17 lire per ogni 5 chilog. di sigari della Francia, il paese dove maggiormente infierisce il socialismo di Stato. Per le sigarette peggio ancora ; difatti si hanno queste cifre : Austria L. 2 1 . 7 5 ; Francia 2 0 .8 9 e Italia 42. 07 ossia più del doppio. Ognuno può fare i conti e vedere quale economia si potrebbe fare abbassando le spese di produzione dei sigari al livello degli altri Stati. L’utile netto che lo Stato crede di ottenere dalla privativa dei tabacchi è nella realtà molto minore, perchè non sono calcolate tra le spese tutte quelle che effettivamente si riferiscono all’azienda relativa. Esso è di 144 milioni circa e per assicurazione di persone competenti potrebbe essere di 200 ai 230 milioni.

Tutto ciò è frutto deU'arbitrio amministrativo o forse più esattamente dell’ intervento amministrativo nella vita economica del paese. Nè qui si fermano gli esempi e le prove che si possono dare, e che il senatore Manfrin fornisce, delle conseguenze dannose di quell’arbitrio o intervento che sia. Egli cita anche la pi'ivativa del sale e crede che prima di pensare ad aumenti del prezzo del sale sarebbe più giusto e più proficuo avere sistemi amministrativi più eco­ nomici. Infatti vediamo un po’ come procede lo Stato a questo proposito.

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L ’ E C O N O M I S T A 233 15 aprile 1894

1891-92 hanno fornito quintali 1.019,594. 42 di sale; quelle amministrate dallo Stato sono sette (Cervia, Comacchio, Corneto, Lungro Margherita Portofer- raio e Volterra, e fornirono solo 853,918 quintali di sale.

Ma quel che e peggio è che la parte minore di sde, perchè proveniente da amministrazione diretta dello Stato, costa enormemente di più della parte maggiore proveniente dalle saline appaltate. Basta osservare, secondo scrive il Manfrin, che « da con­ teggi fatti sui prospetti delle sopra indicate relazioni risulterebbe che mentre lo Stato riceve franco di spesa ad un mite prezzo (il quale forse potrebbesi anche diminuire) la maggior parte del sale occor­ rente per il monopolio, lo Stato per quantità mi­ nori spende oltre 're milioni nel solo personale » come prova con le cifre della relazione 189 1 -9 2 (pag. 41) lo stesso on. Manfrin. Il quale, non senza fondamento può concludere su questo argomento del sale : così continueranno con lenta ed incrollabile vece l'aumento del personale e delle spese, nuova­ mente stremando le forze vive del paese, facendo star peggio coloro che già sono in ufficio e mettendo la disperazione nell’ animo di tutti i buoni, i quali vedono che una generazione dimentica dei sacrifìci che costò l’ Italia alla generazione precedente, ne fece un campo d’arrembaggio dove in molti anni di pace, tutto aumentò all’ infuori della ricchezza.»

Noi andremmo troppo per le lunghe se volessimo esaminare pandamente l’ interessante scritto dell’ on. Manfrin il quale si occupa, ad esempio, delle tasse di fabbricazione e dimostra come per I’ arbitrio ammini­ strativo, che in questo caso si confonde con le esor­ bitanze del fisco, quelle tasse abbiano date entrate sempre decrescenti. Siamo diventati sempre piu tri­ butari dell’ estero anche per gli spiriti, perchè miriadi di piccoli e mezzani agricoltori piuttosto che assog­ gettarsi ai sistemi fiscali inaugurati in Italia, piuttosto di subire un vessatorio ordigno e peggio ancora un piantone di finanza smisero di distillare le loro vi- naccie. Tratta pure della revisione della imposta sui fabbricati e mette in luce come essa abbia concorso ad aggravare la crise edilizia. Vi sono poi le spese comunali e provinciali che sono considerevolmente cresciute dal 1871 in poi, cioè di circa 400 milioni e non per colpa del solo Governo, perchè questo obbliga, è vero, comuni e provincie a compiere talune spese, ma non alle spese di lusso, alle frodi, agli arbitri che conducono a sempre maggiori oneri. Vi sono le spese governative pure in sensibile aumento senza che sia aumentata la utilità dei servigi che lo Stato rende con le sue amministrazioni, vi è l’aumento dei funzionari in tutti i dicasteri senza alcun van­ taggio, anzi con grave danno, perchè diminuisce sempre più la responsabilità che finisce per scom­ parire del tutto e così sine fine dicentes.

Il Senatore Manfrin nel suo opuscolo si è pro­ posto di dimostrare che se fossero bene amministrati anche i soli cespiti che sopra abbiamo indicato, senza contare gli altri, il nostro bilancio non subito, ma fra breve si chiuderebbe con una invidiabile esube­ ranza, che inoltre non basta esser liberi, ma occorre esser bene amministrati, che l’ Italia finché il voglia può fare da se, contrariamente a ciò che pensava nel 1892 lo scrittore d’una rivista inglese. Si potrà di­ scutere su alcuna affermazione o dimostrazione del- l’on. Manfrin, come su tutte quelle altre che in questi giorni si fanno in opuscoli d’ occasione, in

articoli di riviste e simili, ma chi potrà contestare il fondo di verità che vi è in ciò che l’egregio Se­ natore ha scritto? Non noi al certo, che abbiamo più volte segnalati alcuni degli stessi errori e arbi­ tri che ora svela I’ oo. Manfrin e che da tempo in­ vochiamo la riforma delle amministrazioni dello Stato per semplicizzaré i servizi pubblici é risparmiare nelle spese. Ma che nessuno s’ illuda, l’arbitrio am­ ministrativo continuerà ad essere il fatto dominante nel nostro paese fino a tanto che non rimetteremo lo Stato e le sue amministrazioni nella loro orbita naturale e non concederemo maggiore libertà all’at­ tività dei cittadini ‘).

Il congresso dei socialisti austriaci

Non si può lasciar passare senza un breve cenno, il congresso socialista che si è riunito poche set­ timane or sono a Vienna, perchè si tratta di una manifestazione di una certa importanza. I socialisti dell’ Austria, fanno meno rumore dei loro correligio­ nari tedeschi ; la loro propaganda è meno chiassosa, ma non è meno viva e costante. La legislazione in­ terdice le organizzazioni aventi carattere politico, ma là, come altrove, i nemici della società economica at­ tuale hanno imparato a rispettare la legge, ed il con­ gresso di Vienna prova che in quel paese il socialismo diventa una potenza che, un giorno o l’altro, il go­ verno si vedrà obbligato a fare in pezzi.

II congresso, al quale ha preso parte uno dei capi del socialismo gemanico, il Bebel, si è specialmente occupato di tre questioni : il suffragio universale, la festa del 1° Maggio, la giornata di otto ore.

Per ciò che riguarda il suffragio universale, si sa come gli avvenimenti hanno posto in Austria questo gravissimo problema. Il conte Taaffe parve prendere una iniziativa audace quando presentò il suo pro­ getto, col quale tendeva a creare una quinta classe di elettori, ai quali era assicurato fin d’ora la prepon­ deranza circa il numero e, fra un certo tempo, circa alla influenza legislativa. Questa prospettiva, spiacque a un tempo alla classe aristocratica che ha già dovuto cedere, dopo il 1848, alla borghesia una parte considerevole del potere, e alla stessa bor­ ghesia che non ha alcuna disposizione a dividere i diritti recentemente acquisiti. Il progetto fu scartato ed il Ministro Taaffe diede le proprie dimissioni. Il principe Windischgraetz formò col sig. von Plener del partito liberale tedesco, col conte di Hohenwart

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L ’ E C 0 NiOM IS T A. 15 aprile 1894

capo del partito conservatore e il principale rappre­ sentante del partilo polacco, un ministero di coali­ zione la cui ragione d’ essere, è di resistere nella misura del possibile, alla corrente, fa vorevole : al suf­ fragio universale. ,

Seppellire puramente e semplicemente una que­ stione1 di tal sorta, era còsa impossibile ; quando una, simile proposta viene lanciata non si può ritirare, diremo così, dalla circolazione. La prima cura del gabinetto Windiscbgraelz dovette essere per conse­ guenza, di preparare un nuovo progetto da sosti­ tuire a quello del ministro Taaffe. Ed è fàcile com­ prèndere qti'ale Sia In spirilo die lo anima ; si tratta di accordare il mentì possibile e ridurre cosi a poco la riforma aspettata, per quanto insufficiente essa già fosse, nella sua formula primitiva. Di qui la proposta derisoria che crea una quinta curia o classe la quale darebbe 45 rappresentanti a 2 milioni di elettori, mentre gli 80,000 elettori della prima curia ne hanno più di 80. Questo risultato non è che la conseguenza della conciliazione che il Ministero ha tentato fra i tre grandi partiti del cui appoggio ha bisogno. Ma si comprende che i socialisti non ne siano contenti e che invochino il suffragio universale e si impe­ gnino, come hanno fatto al congresso di Vienna, di continuare la campagna fino a tanto che otterranno soddisfazione completa. Intanto come uno dei mezzi per forzare la mano ai poteri pubblici, il congresso di Vienna ha votato il principio dello sciopero ge­ nerale. È vero che dal principio alla sua applicazione ci corre e di molto, e che gli scioperi non sono mai così generali come vorrebbero i socialisti rivo­ luzionari. Ma non è men vero che fu mercè una simile minaccia che il partito operaio belga ha trion­ fato sulla resistenza ostinata della Camera dei rap- présentanti.

Ad ogni modo, gli stessi socialisti non pare credano che la minaccia debba essere . tradotta nell’ ordine dei fatti, perchè il dottor Adler, uno dei capi dei so­ cialisti austriaci, ha dato consigli di prudenza e di moderazione- fórse nella tema che I’ accoglienza che il governo austriaco farebbe a uno sciopero quasi generale sia molto differente da quella paziente e prudente del Governo belga. Comunque non si può che approvare la saggezza relativa dell’ Adler e del qongresso, la cui decisione suona così: bisognerà arrivare a conquistare il suffragio universale con tutti i mezzi e anche, se vi fosse bisogno, coll’ aiuto dei grandi scioperi. Questi, evidentemente, si accen­ nano in modo condizionale anziché in forma asso­ luta, come è abitudine del partito apertamente ri­ voluzionario.

La discussione intorno alla festa del 1° Maggio non ha presentato un grande interesse. Il Singer ha spie­ gato che questa fèsta non ha in Germania il carat­ tere che riveste in Austria, perchè nel primo paese i socialisti sono in possesso del diritto di suffragio, di cui sono privati ancora nel secondo. Da ciò lo scarso interesse che presenta pei tedeschi una dimostra­ zione a epoca fissa dei lavoratori e ia sua utilità, al con­ trario, per gli austriaci. It congresso ha adottato la proposta del suo relatore secondo la quale il partito socialista continuerà a celebrare questa festa che ha i1! significato di una triplice manifestazione in favore della8 giornata di otto ore, del suffragio universale

d i r e t t o ed eguale e finalmente della fratellanza dei

lavoratori.

Quanto alla giornata dì otto ore, il congresso ha

approvato la risoluzione di aiutare con tutti i mezzi i minatori dell’ Austria, quando crederanno giunto il momento di ricominciare la lotta per la giornata di olio ore. Cotesto voto è un'poco vago ed è le­ cito stupirsi che il congresso in questa faccenda si làsci rimorchiare, dai minatori, invece di dar loro ordini secondo I’ attitudine delle grandi riunioni so­ cialiste. Qui, come: nella questione dello sciopero

generale, si fa strada un difetto di convinzioni che spiega senza dubbio le condizioni particolari fatte ai lavoratori austriaci, ma d i e è'piuttosto d’ imba­ razzo per la propaganda. I veri apostoli sono quelli che hanno sete di martirio e non risulta mollo chia­ ramente che 1’ Adler e i suoi amici abbiano al grado voluto tutte le virtù apostoliche. Essi in sostanza non hanno osalo proclamare senza ambagi e senza restrizioni 1' obbligo geoerale della riduzione a Otto ore della giornata di lavoro;

Constatiamo questo fatto senza biasimarlo, s’ in­ tende, perchè stimiamo che la ¡imitazione per legge delle ore di lavoro è un colpo assai grave alla li­ bertà non solo degli imprenditori ma anche degli operai e che l’ attività umana ha bisogno di avere i suoi movimenti liberi ; ma constatiamo anche che gli stessi socialisti sono portati, quando non sono degli esaltati, a tener conto dello stato di fatto ed a procedere con prudenza. E questo è un resultato che presso i popoli latini, tanto facili agli entusiasmi irragionevoli, non si ha occasione di notare spesso.

DELL’ IMPOSTA SULLA RENDITA

II.

Questioni relative all’ articolo 3° della legge 10 lu ­

glio 1861, leggi 7 e 26 luglio 18 68 e 1870 - Altre

tasse che colpiscono I tito li di renditaLe nuove

proposte.

IV.

La questione era stata portata anche davanti ai tribunali.

I portatori di rendita ripetevano la solita tesi :, fra il Governo ed il cittadino che gii dava a prestito i suoi denari era stato stipulato il patto che esso Go­ verno non avrebbe imposto sugli interessi da darsi una tassa speciale : questo patto lo Stato non poteva violare, imponendo tributi che rendevano illusorio l’in­ teresse fissato, ed illusoria T obbligazione stessa.

Già il R. Editto 24 dicembre 1819, col quale il Rè Vittorio Emanuele I costituiva il debito pubblico del Regno di Sardegna, all’art. 4, 1° allinea aveva stabi­ lito : Le rendite saranno esenti da ogni legge d’ ubena, ritenzione, confisca ed imposizione, si in tempo di pace che di guerra, ecc.

L’ articolo 3 della Legge del 18(31, aveva ribadito l’ Editto del 1819.

E la Corte di Appello di Torino (Cesano contro RR. Finanze dello Stato) con sentenza ’) 8 aprile 1867, accolse le istanze dei portatori di rendita Hambro e disse : « Una disposizione generale di Legge non può derogare, per quanto estesi ne siano i termini ad una Legge speciale e tanto meno ad una Convenzione le­ galmente stipulata fra lo Stato ed i Privati ».

Ma la Cassazione (estensore M. Pescatore) si

(7)

15 aprile 1894 L ’ e c o n o m i s t a 235

tava a cassare questa Sentenza con Giudicato 28 di­ cembre 1867 ') :

« Questa immunità - così la Cassazione - non può cadere sulle imposte generali, dirette od indirette, di genere allora sconosciuto, dacché i termini di una sti­ pulazione, e quindi anche di una pubblica disposizione per quanto generalissimi, non si estendono all’ inco­ gnito ».

« La Legge 10 luglio 1861, esentando le rendite da ogni imposta speciale, ribadi implicitamente il prin­ cipio che esse soggiacciono alle imposte generali sul reddito, e l’ altra 14 luglio 1864, colle parole annua­ lità ed interessi per conto dello Stato venne anche ad assoggettarvele espressamente ».

La decisione del Supremo Collegio colpiva un titolo di creazione speciale - il Prestito Hambro - ed una massima generale mancava ancora per tutte le altre iscrizioni sul Gran Libro.

Ma, con eguale fortuna per le Finanze, veniva por­ tata la causa davanti al Tribunale di Cuneo (causa B. . . . contro RR. Finanze, 30 ottobre 1867 2).

Ed il Tribunale ritenne « avere la Legge unica­ mente, all’ art. 3, stabilito che dette rendite iscritte sul Gran Libro non potessero mai venire assoggettate ad alcuna speciale imposta ».

« Con siffatta locuzione, soggiungeva il Tribunale, si venne implicitamente a dichiarare che restringendosi alle imposte speciali, la esenzione accordata alle car­ telle, dovessero queste andare soggette a quelle tasse, che per avventura fossero per imporsi in genere sulla rendita o ricchezza individuale ».

La Corte d’Appello di Torino con Sentenza 23 no­ vembre 1868, confermava il giudicato del Tribunale, e seguendo la citata sentenza della Cassazione Torinese, circa i titoli Hambro, sanciv^,la massima : « che le rendite iscritte sul Gran Liuto del pubblico vanno

soggette all’imposta sui redditi di ricchezza mobile ». V.

A togliere ogni ragione di contestazione, interveniva frattanto la legge sulla macinazione dei cereali in data 7 luglio 1868 * *), la quale all’articolo 24 esplicitamente sanciva che a datare dal 1° gennaio 1869 sarebbe ri­ scossa sui redditi provenienti dai titoli del Debito Pub­ blico 1 imposta di ricchezza mobile, mediante ritenuta, all’atto del pagamento degli interessi fatto dal Tesoro, cosi all’interno come all’ estero. '

Questa legge, non essendo parsa sufficientemente •ì j-"3’ 1 Legislatore si faceva premura di riaffermare il disposto colla successiva Legge 26 luglio 1868, N. 4513:

Agli articoli 3 e 4 definì essere redditi provenienti da titoli di Debito Pubblico tutte le annualità ed in­ teressi pagati dallo Stato o per conto dello Stato da qualunque persona, ed in qualunque luogo, sì all’ in­ terno che all’estero.

Furono esenti solo dall’imposta il prestito creato con 8 marzo 1855 e le somme pagate a titolo di rimborso del capitale 4).

') Itaca, xix. - 1.p . sso.

’) Giurisprudenza - 1867. - IV. - p. 687. s) Estratto della Legge 1868, 7 luglio, N. 4490 :

(omissis) Ar t. 24.

La presente legge andrà in attività eoi lo gennaio 1869. E a datare da tal giorno le disposizioni dell’art. 5° del Decreto Legi- slativo 28 giugno 1866 N 8023, saranno applicate eziandio ai red-* Py.ovenien^ dai titoli del Debito Pubblico, pei quali si riscuo­ terà 1 imposta di ricchezza mobile, mediante ritenuta, all’atto del pagamento degli interessi fatto dal Tesoro, cosi all’ interno che

all estero. Vi t t o r i o Em a n u e l e.

(omissis) Ordiniamo che la presente, ecc.

L G. Càmbray-Digny. l) Estratto della Legge 26 luglio 1868, N. 4513:

(omissis) Ar t. 3.

. redditi provenienti dai titoli del Debito Pubblico, cui si debbano applicare le disposizioni dell’art. 24 della Legge sul ma­ cinato, si intenderanno tutte le annualità od interessi pagati dallo ato o per conto dello Stato da qualunque persona, ed in qua- lunque luogo, si all’estero che all’Interno. — La ritenuta si farà

Prevalse così la considerazione che il prestito del 1855 non era altro che un mutuo, il quale dal Governo in­ glese era stato al Governo italiano fatto per sopperire alle spese di Crimea.

Per l’ esenzione della tassa sulle somme pagate a titolo di rimborso, si disse che dette somme non rap­ presentavano rendite nè capitali e che quindi non erano soggette ad una tassa sulla rendita.

La discussione era cosi definitivamente chiusa. VI.

Analoga quistione si fece per l’ esenzione dalle tasse sulle rendite degli Enti e Corpi morali ecclesiastici destinati a sussidio dei parroci poveri.

In favore della negativa si disse che la Legge del 1861 all'art. 3, e lo Statato all’ art. 31 esentavano la rendita da ogni imposta speciale, che la tassa del 1855 è una vera imposta, quantunque particolare a determinati corpi, che tale è anche caratterizzata pel modo stesso di sua riscossione, che sebbene in modo indiretto questa prestazione in danaro torna a bene­ fìcio delle Finanze dello Stato, che quindi non devono tali rendite soggiacere alla speciale imposizione.

Contro questa tesi si disse che Tari. 25 della Legge 29 maggio 1855 usa la locuzione generale : che la quota di soccorso è dovuta sopra il reddito netto di qualunque specie e provenienza; che questa quota non è nè tassa, nè tributo, nè imposta ; che la riscos­ sione di essa quota si fa come quelle delle mano­ morte, le quali sono immuni da ogni imposta.

Per l'esenzione si pronunciò in varii giudicati la Corte d’Appello di Torino *), contro la Cassazione di Milano *) ed altre s).

VII.

In Italia la rendita è anche colpita dalla tassa di bollo: è colpita da una tassa di deposito (L. 1,20) quando si presentano i titoli per qualche operazione: è col­ pita dalla tassa di registro, sia quando il trasferimento avvenga per atto tra vivi, sia avvenga per tassa di successione : è finalmente colpita dalla tassa sui con­ tratti di borsa, tanto a contanti, quanto a termine e che si paga mediante 1’ uso di appositi foglietti bollati.

Ma questa tassa in effetto non si paga quasi mai : la stessa Amministrazione dello Stato nelle sue ope­ razioni, non richiede 1’ osservanza dei foglietti bollati. Altro sistema viene tenuto in Francia, dove esiste unicamente la tassa sui trapassi di rendita in caso di successione (Legge 18 maggio 1850).

Fu bensì proposto a quella Camera dei Deputati (29 dicembre 1873) di estendere la tassa di trasmis­ sione anche ai titoli dello Stato esenti dalla tassazione con Legge del 1872.

L ’ inviolabilità del contratto fu ancora una volta difesa da un oratore degno di riprodurre le proteste di Mirabeau *) :

— Gambetta - . . . Con questo sistema la ren-« dita non sarebbe soltanto colpita di una tassa di « trapasso, ma sarebbe intaccata nel suo capitale con « violazione solenne di un contratto, che non appar- « tiene ad alcuna giurisdizione di infrangere. Il cre- « dito della Francia è collocato troppo alto nella stima « del mondo, gode di una solidità troppo preziosa,

tanto sulle somme pagate a titolo d’interesse, quanto sopra quelle pagate a titolo df premio. Sono invece esenti da imposta le somme pagate a titolo di rimborso del capitale.

Ar t. 4.

Non è soggetto ad alcuna imposta il prestito autorizzato colla Legge 8 marzo 1855. (omissis)

’) 8 gennaio 1863 - Casa. eccl. contro vescovo di Novara. — 6 marzo 1863 - Casa. eccl. c. capitolato di Biella. — 5 gennaio 1864 - Casa, eccl c. santuario di Oropa.

(8)

236 L ’ E C O N O M I S T A 15 aprile 1894 « perchè noi possiamo, anche incidentalmente, lasciarvi

« arrecare 1’ ombra di un attentato ».

Ben 502 voti contro 83 diedero ragione all’ oratore. Però conviene, per la storia, soggiungere che nel 1876, lo stesso Gambetta, trovandosi Presidente della Commissione del Bilancio, vide la questione sotto altro aspetto.

Nella relazione allora presentata si legge :

« La Camera, dopo l’ esperienza fatta, si trova co- « stretta di estendere le condizioni della Legge 29 « giugno 1872 alle rendite che furono esentate. Bi- « sogna cioè colpire eli questa tassa gli interessi dei « fondi di Stato ... ... • ' « Noi ci mettiamo neila stessa condizione degli ln- « glesi che sono ben lontani di colpire di tassa spe- « ciale i loro consolidati, ma non hanno mancato di

« conglobare nell' income-tax le rendite ».

Non era più il linguaggio di Mirabeau, ma di Cam-

hon *). , . .

Però quella proposta, nè allora, ne in molte altre occasioni ripresentata, ottenne mai il favore del potere legislativo.

Vili.

Tali sono i precedenti della quistione che richiama in questo momento 1’ attenzione del nostro Paese.

Il deputato Stefano Canzio, primo annunziava alla Camera italiana, nella seduta del 5 marzo 1892, la proposta di elevare al 20 per' cento l ’ imposta sulla

rendita. . , ,

Egli la sostenne dicendo che la rimunerazione del capitale si va facendo molto minore *. che la diminu­ zione dell’ interesse sui titoli gioverebbe all agricol­ tura ed alle industrie : che equilibrerebbe gli aggravi che pesano in diversa misura sulle proprietà immobi­ liari e sui beni mobiliari : che chiamerebbe 1 estero a sopportare, con qualche milione, i nostri pesi : che la quistione legale non poteva farsi in Italia che per ben tre volte era ricorsa al sistema della tassa sui fondi pubblici.

Questa proposta, presentata a nome del Governo dal ministro Sonnino, forma il tema del dibattito at­ tuale, intorno a cui si astiene qui da ogni giudizio chi scrive nello intendimento di consegnare a queste pagine più uno studio legale che non economico o finanziario del problema.

Odone Sciolga.

Rivista Bibliografica

T. Locke Worthington. The dwellings o fth e p o o r and weekly wage-earners, in and around toivns. - London, Swan Sonnenschein and Co., 1893, pag. X V -]-164. La letteratura sulle case* operaie è ormai copio­ sissima, e dimostra quanta importanza giustamente si attribuisca alla questione dell’ alloggio sano e a buon mercato delle classi lavoratrici. In questo vo­ lume del signor Worthington abbiamo una succinta ma interessante trattazione dell’argomento dal punto di vista inglese. L ’Autore non dice certo cose nuove ma le espone con molta chiarezza e le documenta con appropriate illustrazioni. Nè si limita a esporre ciò che si è fatto nel suo paese, perchè si occupa

') etOKSES. - op. cit. p. 840.

anche della Francia, dove forse per le case operaie si è fatto più che in altri paesi. Di particolare inte­ resse per gli studiosi dell’argomento, non dal punto di vista tecnico, ma da quello legislativo ed econo­ mico, sono le notizie fornite negli ultimi capitoli in­ torno alla legislazione inglese sulle vecchie e nuove abitazioni e sulle società per la costruzione di case esistenti in Inghilterra. Nell’ insieme è uno dei piu istruttivi volumi di quella Social Science S enes che conta già oltre 70 volumi.

William Epps. — Land Systems o f Auslralasia. London, Swan Sonnenschein and Co., 1894, pag. V ili + 184.

La riforma fondiaria sarà certo l’opera dell avve­ nire più o meno prossimo, secondo i paesi ¡intanto la conoscenza dei sistemi in vigore nei vari Stati e assai utile, specie quando si tratta di paesi nuovi, cioè di recente colonizzazione nei quali sono stati fatti esperimenti in vario senso. Così nell’ Australasia, secondo quanto scrive il sig. Epps si trovano esempi rimarcabili degli effetti ottenuti coll’adattare le vec­ chie regole a condizioni nuove e dei risultati den- - vanti dai tentativi di formulare nuovi metodi o di applicare praticamente teorie che altrove sono an­ cora nello stadio ipotetico.

Il sistema Torrens ad esempio è applicato in tutte le sette provincie che formano la parte principale deli’Australasia ; limitazioni alla proprietà fondiaria si trovano nella Nuova^Zelanda dove, come in altre colonie, sono stati sperimentati dallo Stato vari me­ todi permettere a cultura le terre. L’Australia è un paese che merita d’essere studiato dal punto di vista economico non solo per le questioni della immigra­ zione, dell’ ordinamento e della forza delle Trades unions, ma anche per l’applicazione che il sociali­ smo di Stato vi ha trovato relativamente alla prò- prieta e coltivazione del suolo, e il libro dell Epps dà a questo proposito notizie copiose e assai inte­ ressanti.

Dr. Carl Stegmann e Dr. C. Hugo. Handbuch des Socialismus. — Zurigo, Verlags-Magazine, 1894, pag. 256.

(9)

15 aprile 1894 L’ E C O N O M I S T A 237 La Riforma sociale. — Rassegna di scienze sociali e

politiche, Anno I, fascicolo primo e secondo. — Torino-Roma, L. Roux e C. 1894, pag. 183.

La Rassegna di scienze sociali e politiche diretta finora dall’on. Carlo Ridolfi ha cessato le sue pub­ blicazioni e in sua vece è sorta la Riforma sociale diretta dai sigg. Francesco S. Ni iti e Luigi Roux. Augurando alla nuova rivista vita lunga e prosperosa, mandiamo un saluto alla vecchia Rassegna, che, con intendimenti veramente liberali, seppe per 40 anni raccogliere intorno a sè una schiera numerosa di scrittori già noti nel mondo scientifico o che per la prima volta facevano non indegnamente le loro prime prove. La memoria della Rassegna dell’ on. Ridolfi, per la serenità e la elevatezza delle sue discussioni, pel liberalismo dei principi eh’ essa professava, vivrà a lungo presso i suoi vecchi collaboratori e lettori. Il fascicolo doppio (40-25 marzo) della Riforma So­ ciale contiene, oltre il Programma della Direzione, articoli di Loria, Schullern, Schmoller, Potter, Sai- violi, Worms., de Quóker, Celli, Colajanni, Berto-

lini, Lonza.

La Riforma Sociale sarà una rivista internazio­ nale con programma elettico; essa uscirà il 40 e il 25 d’ ogni mese.

Rivista Economica

L'imposta sul reddito agii Stati Uniti d’ America

L'incremento della spesa per le pensioni in Fran­ cia — / premi alla marina mercantile austriaca.

L’imposta sul reddito agli Stati Uniti d’ Ame­ rica. — Alia vigilia della discussione dei progetti

finanziari dell’ on. Sonnino, non sarà privo d’ inte­ resse di conoscere ciò che scrive il Raffalovich nel Journal des Débats intorno alla questione della In ­ come-tax negli Stati Uniti d’ America.

Egli nota, anzitutto, che Sir Roberto Peel si servì del l’imposta sulla rendita per ristabilire dapprima l’equi­ librio del bilancio distrutto da una serie di deficit cronici ; poscia se ne servi come di un ¡strumento fiscale per rendere possibile l’abbandono del sistema protezionista.

Negli Stati Uniti gli autori della riforma doganale hanno immaginato di addentellarla con una imposta sulla rendita, dalla quale si ripromettono 30 milioni di dollari all’anno.

La nuova tassa è chiamata a fornire al Tesoro una eccedenza che permetterà di continuare l’opera di riduzione delle tariffe ; è una tassazione per an­ ticipazione, e, naturalmente, i contribuenti prote­ stano contro un nuovo onere che non serve ad un Impiego immediato.

Sotto il pungolo della necessità, per far fronte alle spese della guerra di secessione, il Congresso degli Stati Uniti gettò gli occhi fino dal 4864 sul- l’ imposta della rendita.

Furono votate leggi per stabilire I’ Income-tax ma le disposizioni ne erano tanto complicate ed i metodi di percezione così inquisitoriali, che il com­ missario per le entrate potè scrivere nel suo rap­ porto del 4863 che la tassa era assolutamente sca­ duta nel favore del pubblico.

L’ imposia produsse 2,744,858 dollari nel 4 863 e 20,294,000 nel 4864. Di fronte a questi mediocri risultati, fu deciso di correggere i difetti della legge per renderla più efficace, si ottennero così 32 mi­ lioni di dollari nel 4865, quasi 73 milioni nel 4866 e 66 milioni nel 4 867. La (ine della guerra rese meno urgenti i grossi redditi del tesoro ; il patriot­ tismo diminuì e 'le entrate caddero rapidamente.

Nel 4872, quando i redditi inferiori a 2000 dol­ lari erano esenti da imposta, 72,949 individui sol­ tanto sopra una popolazione di 39 milioni di abitanti, attestarono con giuramento di possedere un reddito superiore. Solo chi è addentro nei segreti dell’ am­ ministrazione americana, può conoscere la somma di frodi e di spergiuri che si perpetrarono dal 1867 al 1872 sotto il regime dell’ imposta sulla rendita.

Impossibile farsi una idea degli espedienti a cui si ricorreva per sfuggire alla tassa. David Wells pro­ pose nel 4869 una inchiesta ufficiale per determi­ nare le influenze messe in giuoco per ridurre il

prodotto della imposta.

Il segretario della Tesoreria la respinse, col pre­ testo che non era nell’ interesse del governo di for­ nire informazioni al pubblico su tale argomento.

Uno dei lati curiosi deli’ esperimento fatto dagli Stati Uniti, fu la pubblicità dei ruoti. Un commis­ sario delle imposte arrivò fino al punto di eccitare i suoi subordinati a far inserire le dichiarazioni nei giornali locali, per sollecitare le denunzie.

L’ idea non sorrise al pubblico che finì col guar­ dare con la più grande indifferenza tutti gli sforzi che si facevano per sfuggire alla tassa ; la quale fu abolita nel 1872.

L ’ imposta sulla rendita esiste ancora in parecchi Stati dell’ Unione, specialmente nel Massachusets, ed in nessun luogo l’ amministrazione delle leggi fiscali è più rigorosa ed arbitraria.

li più bell’ esempio di questo rigore è dato dalla città di Boston. I funzionari incaricati di percepire la tassa locale sono inflessibili coi contribuenti. 11 loro capo non ha esitato a dire che riconosceva un unico e solo principio e cioè che in materia di im­ poste, il contribuente non aveva diritti che lo Stato fosse tenuto a rispettare.

A Boston i contribuenti sono obbligati a fare, una volta all’anno, la dichiarazione specificata di tutto quanto possiedono e la sola cosa che sfugga alla tassa, è la loro parte di proprietà nei cimiteri.

Nei moduli che l’autorità fornisce per tali dichia­ razioni, vi è uno spazio per la iscrizione di ciascun reddito individuale.

Se non si fa alcuna dichiarazione, questa è fatta d’ ufficio dagli agenti delle tasse, i quali deliberano segretamente in una sala del palazzo di città e non vi è diritto d’appello contro la cifra così arbitraria­ mente fissata. Ai contribuenti recalcitranti non si dà nemmeno risposta.

Che cosa ne viene? Che ben pochi denunziano la loro rendita.

D’altronde le dichiarazioni non sono rese pubbli­ che ed i ruoli non vengono comunicati al Segre­ tario di Stato, benché una ta'e comunicazione sia ordinata da una legge.

Il prodotto della tassa è di 840,000 dollari al­ l’anno; ma persone bene informate assicurano che i tre quarti delle rendite sfuggono all’ imposta.

(10)

ter-238 L’ E C O N O M I S T A 15 aprile 1894 ritorio che va dalla Florida all’Alaska nna tassa che

produce risultati così meschini in una sola città. A Boston, il valore delle azioni delle Cornpngnie non aventi sede nello Stato, è valutato a 5 miliardi di lire; la somma colpita da imposta è di 200 milioni, che quasi tutti appartengono a donne od a minorenni.

La conclusione a cui giunse il Wells è che « il « governo di un paese libero non può efficacemente « percepire un'imposta quando essa è considerata « ingiusta, senza ricorrere a procedimenti dispotici « che l’opinione pubblica non tollera lungamente^ »

L ’ incremento della spesa per le pensioni in Francia. — Non passa volta in cui si discutano i

nostri bilanci, senza che più voci si alzino a denun­ ziare il soverchiarne e progressivo aumento della spesa assegnata alle pensioni. Ora I identica quistióne solleva be'n di frequente eguali reclami e proteste in Francia, dove l’entità di questo peso cresce ogni anno a dismisura.

Pochi giorni fa, la Camera approvava l’apertura di un nuovo credito di quattro milioni sul capitolo relativo del bilancio, donde la Liberté trae l’oppor­ tunità per alcune considerazioni che si attagliano mirabilmente anche all’ Italia, il cui bilancio è gra­ vato dal peso di circa 65 milioni annui da erogarsi in pensioni, le quali aumentano senza posa, malgrado ogni sforzo, ogni legittima protesta del Parlamento e'della pubblica opinione.

La Libertó comincia dal ricordare che, dopo se­ dici anni d’applicazione, la legge del 1855 non ri­ chiedeva, nel 1869, per le pensioni civili, che un assegno di 29,782,877 franchi; che n e U 8 8 8 que­ st’assegno era già cresciuto a franchi 58.762,040 ; e che infine, progredendo sempre, per il !894 si stanziò la somma di 66,047,000 franchi, cui devono ora aggiungersi i quattro milioni chiesti e già dalla Camera concessi, come poc’anzi si è detto.

Sono dunque settanta milioni all’anno che — no­ tisi bene — per le sole pensioni civili spende la Francia, di guisa che, méntre la Liberté prevede che, fra ben pochi anni, si giungerà facilmente a più di 85 milioni, si può di leggieri riflettere a qual enorme somma le pensioni debbano arrivare se, alle civili, si aggiungono la pensioni militari, superiori ordinariamente del doppio e di due terzi alle civili.

Dopo aver notato che questi successivi aumenti derivano dalla mania del crear sempre nuovi impie­ gati e nuovi impieghi, la Liberté prosegue dicendo che, soltanto per la pubblica istruzione e d’un colpo di penna, vennero nominati, in virtù delle leggi Ferry, 120,000 nuovi maestri e che altrettanto, dal più al meno, succede per opera di tutti gli altri ministeri. « E siccome nella vita civile si campa più lunga­ mente che nella militare, verrà giorno in cui ¡ col­ locamenti a riposo sembreranno sì onerosi che i no­ vatori finanziarii non esiteranno a proporre di se­ guir l’esempio della prima Rivoluzione, la quale an­ nullava, senza scrupoli e cerimonie, tutte quante le pensioni concesse sotto il precedente regime ». Come si vede, quella grande Repubblica andava spiccia e, nel momento in cui faceva grandinare a miliardi gli Assegnati, non esitava a mettere sul lastrico migliaia forse d’ individui che, volere o no, avevano servito il loro paese.

La Commissione del bilancio tentò ora bensì di porre un argine alla marea crescente delle pensioni, limitando e misurando il numero dei pensionanti a quello dei pensionati defunti, ma la Liberté dichiara

— non sappiamo con quanta logica e coerenza — essere ciò assurdo e ingiusto.

E qui riferiamo i motivi addotti dalla Liberti. « L’ammissione al ritiro — dice — rappresenta un diritto per l’ impiegato, nè si può, per equità, ricu­ sarglielo; d’altronde questi ritardi artifiziali rallentano indebitamente l’avanzamento e compromettono l’an­ damento del servizio, poiché, tranne poche eccezioni, l’uomo, giunto ad una certa età, si trova esausto e raramente è buono ancora a qualche cosa. »

Sla bene; ma, allora, a qual prò lo strepitare con­ tro la spesa soverchia per le pensioni? Aggiungasi che, almeno in Italia, e, ne siamo certi, anche in Francia, non sono in piccolo numero gli impiegati ancor validi e capaci di servire i quali, o per igna­ via, o perchè disgustati della carriera, o per la pro­ spettiva di migliorare in altro modo la propria sorte, chiedono, implorano d’essere collocati a riposo, come avviene altresì ben di frequente che ad altri il ri­ poso venga imposto d’autorità dal Ministro che ha bisogno di fare avanzare qualche beniamino.

Le son cose vedute, biasimate indarno e che si vedranno chissà per quanto tempo ancora, se buone e severe leggi non intervengono a frenar, da un lato, la egoìstica smania d’ impiegati che affrettano quanto più possouo il proprio collocamento a riposo per poi assumere altri impieghi privati, cumulando pensione e nuovo s ti perni io, dall’altro la facoltà per i Ministri di liberarsi da impiegati la cui presenza riesce loro molesta ed ostica, perchè forma impedi­ mento a far avanzare oltre il bisogno i beniamini.

La somma che, in Francia, si erogava in pensioni nel 1791 e cui la Rivoluzione diede allegramente di frego, ascendeva, fra civili e militari, a poco più di 16°milioni: ora, dopo un secolo circa, la Francia, per lo stesso oggetto, spende annualmente più di 220 milioni. È ben vero che si è lungi dagli Stati Uniti d’America ove, dopo più di trentanni dalla guerra di secessione, si pagano ancora 800 milioni per pensioni: e gli Stati Uniti non hanno, si può dire, esercito, hanno un’ armata inferiore a quella dell’ Italia e della Spagna. « Ciò è un effetto delle istituzioni democratiche; siccome però la democrazia è la formola indiscutibile di governo dei popoli mo­ derni, conviene rassegnarsi; il che non toglie di ri­ flettere che il numero dei pensionati sia eccessivo, che abbia raggtunto proporzioni spaventose e che, inoltre, ciascuno, ammaestrato dai fatti, domandi fin dove ci arresteremo. » Eh ! se alla Liberti sembra un buon rimedio la rassegnazione, buon prò le faccia.

I premi alla marina mercantile austriaca. —

Con la legge del 27 dicembre 1895, entrata in vigore il 1° gennaio 1891, sono accordate due specie di premi:

1° sull’ esercizio ; 2° sul viaggio.

Hanno diritto al premio sull’ esercizio i vapori o ve­ lieri: 1° appartenenti almeno per due terzi a cittadini austriaci; 2° varati da meno di 15 anni; 5° quotati-4, I o II al Veritas austro-ungarico o ad un istituto na­ zionale equivalente.

II premio del primo anno per tonnellate di stazza netta è di: 1° fiorini 6 per steamer di ferro o di acciaio; 2° fiorini 1,50 per velieri di ferro o di acciaio; 5° fiorini 5 per velieri di legno o di co­ struzione mista.

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