• Non ci sono risultati.

Sviluppo di un modello per l'ottimizzazione del set-up di una vettura LMP3

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Sviluppo di un modello per l'ottimizzazione del set-up di una vettura LMP3"

Copied!
58
0
0

Testo completo

(1)

Dipartimento di Ingegneria Civile ed Industriale Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Meccanica

Tesi di laurea magistrale

SVILUPPO DI UN MODELLO PER L’OTTIMIZZAZIONE DEL

SET-UP DI UNA VETTURA LMP3

Candidato:

Maurizio Contrino

Relatori:

Ing. Francesco Bucchi Prof. Francesco Frendo Prof. Massimo Guiggiani Ing. Enrico Micheloni

(2)
(3)

Volerai. Memphis

(4)

Il lavoro di tesi nasce da un’idea imprenditoriale dell’Ing. Micheloni di Luc-ca, con lo scopo di fornire servizi ingegneristici al settore del motorsport. E’ importante, prima di tutto, spendere alcune parole sul contesto in cui tale tipo di attività si va ad inserire.

La porzione più conosciuta del mondo delle corse (come ad esempio la For-mula 1) ci mette di fronte a team strutturati, spesso direttamente collegati a case costruttrici che si occupano dell’intero ciclo di vita della vettura, dalla progettazione alla gara. Queste realtà, sia in fase di sviluppo che in prepara-zione alle gare, possono avvalersi di strumenti di simulaprepara-zione che permettono di arrivare al circuito con un’idea già ben definita del set-up da adottare in pista, ad eccezione di piccoli aggiustamenti la cui entità dipende dai risultati delle prove libere.

Al contrario, una vasta gamma di discipline si disputa tra diverse vetture in poche varianti, dove piccoli team che scelgono quale di esse acquistare, mol-to spesso lavorano senza un contatmol-to diretmol-to col costrutmol-tore, e soprattutmol-to con una quantità limitata di informazioni sul veicolo. Ne sono un esempio i campionati GT, serie minori di Formula, Le Mans e Rally. Di conseguen-za, la modalità di operare prediletta per il set-up è quella di seguire una procedura trial and error, quindi spaziare, in fase di test, nell’intorno della configurazione base suggerita dal costruttore, per poi valutare il miglior ri-sultato. Questa operazione è tanto più rapida ed efficace quanto maggiore è l’esperienza dell’ingegnere di pista coinvolto.

Lo scopo è quello di instaurare una procedura di analisi, che tramite il ri-levamento di alcune grandezze caratteristiche del veicolo possa fornire un modello in grado di prevederne il comportamento al variare dei set-up, in

(5)

modo da rendere più rigorosa ed "ingegnerizzata" la procedura, snellendone la fase di test. In generale, con il termine “set-up” si intende una serie di regolazioni legate a tutti gli aspetti del veicolo, quali inclinazione delle ali, altezza da terra, precarico delle molle, caratteristica degli smorzatori, rigi-dezza dei tamponi di fine corsa, delle sospensioni, delle barre antirollio, e (dove permesso) anche mappatura motore. In questa sede, l’attenzione sarà posta in particolare su alcuni fattori legati alle sospensioni.

La prima fase è stata quella di individuare, anche grazie al confronto con figure del settore, una categoria di veicoli che potesse trarre beneficio da un lavoro di questo tipo. Quella che più di tutti è sembrata rispondere al pro-filo desiderato è la classe LMP3: innanzitutto perché i team che lavorano su queste macchine hanno minori contatti col costruttore rispetto a chi ha a che fare con la “sorella” maggiore LMP2; inoltre, essendo questa una vettura concepita per le corse, è molto più sensibile a piccole variazioni di set-up, a differenza di una Gran Turismo, di derivazione stradale.

A questo punto, si è resa necessaria la collaborazione di un partner, un team che mettesse a disposizione ogni informazione nota, sia per avere un’idea del-l’entità di questo materiale, e quindi se fosse sufficiente allo scopo, che per avere modo di riscontrare l’accuratezza del modello grazie al confronto con dati telemetrici reali.

Ha risposto all’appello Oregon, una realtà di Cremosano (Cremona) che ge-stisce alcune macchine di diverse estrazioni, tra cui una Norma M30 (Fig. 1), oggetto di questa tesi.

L’ultima operazione preliminare è stata la scelta dello strumento con cui condurre l’analisi. La prima idea è stata quella di adottare software di simu-lazione dinamica multibody, che più facilmente permettono di raggiungere risultati accurati, risparmiandosi l’onere di compilare le molteplici righe di codice necessarie per un software di calcolo. Avendo appurato che i dati a di-sposizione fossero sufficienti, la scelta è ricaduta su Adams/car®, un modulo

specifico per la simulazione di veicoli, che permette di riprodurre un modello flessibile, già utilizzabile con poche parti significative della macchina, e inte-grabile a piacimento in base all’esigenza specifica.

(6)

Figura 1: Norma M30, Oregon Team [1]

per la costruzione del modello, in correlazione con le rispettive parti dello stesso, e delle trasformazioni applicate per portare alcune di esse nella forma richiesta dal software.

(7)

1 Sviluppo del modello 1

1.1 Descrizione del software . . . 1

1.2 Monoscocca . . . 2 1.2.1 Proprietà inerziali . . . 4 1.2.2 Aerodinamica . . . 6 1.3 Sospensioni . . . 7 1.3.1 Geometria . . . 8 1.3.2 Curve Manager . . . 12 1.3.3 Barre antirollio . . . 15 1.4 Freni . . . 18 1.5 Sterzo . . . 19 1.6 Powertrain . . . 20 1.6.1 Motore . . . 20 1.6.2 Cambio e differenziale . . . 21 1.7 Pneumatici . . . 22

2 Simulazione delle sospensioni 24 2.1 Geometria . . . 25 2.1.1 Scuotimento . . . 25 2.1.2 Rollio . . . 28 2.1.3 Sterzatura . . . 30 2.2 Rigidezza . . . 33 2.3 Smorzamento . . . 36 v

(8)

3.2 Simulazioni con Adams Smart Driver . . . 45

4 Conclusioni e sviluppi futuri 47

Bibliografia 48

Bibliografia 48

(9)

Sviluppo del modello

1.1

Descrizione del software

Adams/Car® è uno strumento di simulazione che dispone di varie soluzioni

volte a facilitare le analisi nel campo della dinamica del veicolo. Per me-glio comprenderne le potenzialità del software se ne accennano di seguito gli aspetti principali [2].

Ci sono due ambienti di lavoro su cui è possibile lavorare, ognuno dei quali permette di lavorare su diversi aspetti dei modelli:

• Template builder: come suggerito dal nome è l’ambiente in cui si può operare sui template, ovvero gruppi funzionali del veicolo (ad esempio sospensioni anteriori) che possono essere creati da zero, oppure modi-ficandone uno già presente nella libreria del programma, che dispone di alcune varianti per ogni parte significativa della vettura. In genera-le, si procede definendo i corpi principali del template con le relative geometrie, i vincoli cinematici presenti fra di essi, le proprietà elastiche di ciascun elemento che non può essere considerato rigido, la presenza di parametri che possono essere variati in fase di simulazione per ge-stire il set-up della vettura (si va dalla caratteristica smorzante delle sospensioni alla curva di coppia del motore), e l’interazione con altri template, tramite la creazione di communicators, entità che possono essere di input o di output; i primi necessitano di informazioni che

(10)

vengono “pubblicate” dai secondi durante le simulazioni. Ad esempio, ogni ruota riceve in input informazioni riguardanti la posizione del rela-tivo centro dal corrispondente communicator output opportunamente definito sulle sospensioni.

• Standard interface: qui è possibile condurre simulazioni sugli as-siemi, che possono costituire la virtualizzazione di tutto il veicolo o solo delle sospensioni, definiti tramite l’assemblaggio di più sottoassie-mi; questi ultimi, vengono generati a partire da un template, e se ne possono modificare parametri rilevanti, quote di punti caratteristici e proprietà inerziali. Le opzioni di simulazione sono varie; mentre per le sospensioni consistono sostanzialmente in spostamenti delle ruote (con possibilità di applicare carichi esterni), per il veicolo completo è possi-bile effettuare manovre caratteristiche, più o meno semplici, che nella pratica vengono riprodotte per indagarne il comportamento dinamico. Fa parte di questo ambiente anche la finestra di postprocessing, dove è possibile trattare tutto quanto ottenuto dalle simulazioni, generando animazioni, grafici, o esportando dati. Anche in questo caso, la libreria di Adams/car offre delle configurazioni di grafici già preimpostate in base al tipo di analisi, che permettono di snellire la fase di elaborazione dei risultati.

1.2

Monoscocca

Una vettura LMP3, per quanto all’aspetto sia molto diversa da una Formula 1, ne condivide la filosofia costruttiva: una cellula di sopravvivenza (fig. 1.1) costituita da un monoscocca in carbonio, a cui sono collegate sospensioni anteriori, il blocco motore-trasmissione-sospensioni posteriori, e tutte le ap-pendici aerodinamiche che ne rifiniscono la forma.

Ai fini del modello, oltre alle proprietà inerziali e aerodinamiche, descritte nei paragrafi successivi, sono importanti le connessioni con gli altri template: la scocca è l’organo che mette in collegamento tutte le parti del veicolo, e a cui il solutore di Adams si rifesisce per gli spostamenti dello stesso. E’

(11)

Figura 1.1: Cellula di sopravvivenza Norma M30

necessario quindi che sia provvisto dei dovuti communicators output perché aggiornino la posizione di ogni singola parte; in particolare ne sono stati ag-giunti alcuni per le sospensioni, che non essendo conformi ai template della libreria hanno bisogno di informazioni diverse.

Un’ulteriore considerazione sulla scocca, è che prorprio ad essa ci si riferisce per definire tutte le quote di posizionamento in questa tesi, secondo il sistema di riferimento in fig. 1.2.

(12)

1.2.1

Proprietà inerziali

Il template “Scocca”, in realtà è costituito da un unico componente, al quale viene conferita una massa, le coordinate del baricentro, ed un tensore d’i-nerzia. La finestra di inserimento delle proprietà, in fig. 1.3, permette di indicare la frazione del componente che costituisce massa sospesa,in modo da potergli assegnare un valore complessivo per il veicolo. Ben più laborioso è invece assegnare ad ogni componente le rispettive proprietà inerziali, non tanto per l’inserimento dei dati quanto per la ricerca di informazioni che ne consegue. E’ stata fatta quindi una scelta di compromesso: la massa della scocca è stata calcolata come totale di tutte le masse sospese, secondo la formula:

ms= mh + mp+

mt

2 − mu

dove mh è la massa a vuoto, da regolamento pari a 900kg, mp è la massa

del pilota, considerata 75kg, mt è la massa di carburante che la vettura può

contenere, di circa 70kg, mentre mu è la massa non sospesa, misurata dal

team, il cui totale vale 187kg. Allo stesso modo, la posizione del baricentro è stata rivista epurando il dato misurato dal team del contributo dovuto alle masse non sospese.

(13)

Per quanto riguarda i momenti d’inerzia, non essendo disponibili alcuni dati in merito, è stata effettuata una stima. Con l’ausilio del software CAD SolidWorks® sono stati modellati i componenti più rilevanti e posizionati in

base alle informazioni note. Un documento fondamentale per questo lavoro, oltre ai disegni tecnici del cambio [4], che il costruttore XTRAC® fornisce

agli utilizzatori, è stata la Fiche di omologazione della macchina [5], dove si trova una tabella con l’elenco di tutte le parti in carbonio con la relativa massa. In fig. 1.4 si vede il modello CAD sviluppato; attribuendo ad ogni parte una densità opportuna, verificando che la massa e la posizione del ba-ricentro corrispondano, esso fornisce il tensore d’inerzia desiderato.

Figura 1.4: Modello CAD

Si riporta di seguito l’elenco delle parti che compaiono nel modello. La scelta è stata di modellare tutto quello che preso singolarmente avesse una massa superiore a 10kg:

• musetto anteriore; • monoscocca; • coperchio motore;

(14)

• distanziale cambio; • cambio;

• diffusore; • skid block.

1.2.2

Aerodinamica

Gli effetti aerodinamici vengono considerati su Adams/Car come funzioni della forza resistente e deportante dipendenti dalla velocità di marcia. La prima è già presente nel template del monoscocca nel classico andamento quadratico: Fd= 1 2ScxρairV 2 x dove: • superficie frontale: S = 2.09 · 106mm2 • coefficiente di drag: cx = 0.35

• densità dell’aria: ρair = 1.225mkg3

Per la verità, i valori inseriti sono più che altro stime ragionevoli, che trovano giustificazione sull’ancora più forte semplificazione legata alla forza deportante. Per questa sarebbe stato necessario creare una funzione, sem-pre dipendente dalla velocità, di una forza applicata nel centro di sem-pressione della scocca. Per individuarlo sarebbe servito un modello accurato di tutta la carrozzeria, e condurre simulazioni con strumenti CFD; inoltre si sarebbe dovuto organizzare test a velocità costante del veicolo per acquisire lo schiac-ciamento delle sospensioni, e nota la rigidezza alle ruote, ricavarsi la forza deportante. É stato scelto quindi di non implementare un’azione deportante sulla scocca, e di condurre simulazioni solo su curve lente, in modo da ren-derne trascurbile l’effetto.

(15)

giro veloce esistono pochissimi punti non "inquinati" da accelerazioni consi-stenti) è stato fatto un tentativo di stima della forza deportante: il risultato, in fig. 1.5 mostra una curva molto vicina ad una quadrica, che lascia ben sperare per uno sviluppo successivo di questo aspetto.

Figura 1.5: Stima della forza deportante sul veicolo

1.3

Sospensioni

La modellazione delle sospensioni è stata la parte più laboriosa da implemen-tare. Essendo vastissima la varietà di possibili architetture, in libreria non sono ne sono presenti di adatte allo scopo: com’è comprensibile che sia, tutte le soluzioni sono più orientate verso la produzione di serie. L’ovvia conse-guenza è stata quella di dover creare da zero i due template delle sospensioni, peraltro leggermente diversi fra loro.

In fig. 1.6 si vedono le sospensioni posteriori, a doppio triangolo con push rod: un puntone va ad azionare la sospensione facendo ruotare un leveraggio

(16)

denominato rocker, a sua volta incernierato al telaio. I due rocker sono in-terconnessi da barra antirollio e da terzo elemento. Quest’ultimo, mentre in altre competizioni serve per ottenere la rigidezza a scuotimento desiderata, sulle vetture LMP3 è sprovvisto di molla, e viene montato con solo dei tam-poni di gomma che fungono da fine corsa.

Figura 1.6: Sospensioni posteriori Norma M30

Le sospensioni anteriori, oltre che per il posizonamento di alcuni compo-nenti, si differenziano dalle posteriori principalmente per le molle: anziché montare le classiche molle elicoidali si hanno due barre di torsione, solidali da un lato al telaio tramite l’alloggiamento che in fig. 1.7 è indicato con una freccia rossa, e dall’altro al rocker, con il quale condividono l’asse di rotazio-ne, in rosa.

1.3.1

Geometria

Norma fornisce un’ottima base di partenza per la modellazione delle sospen-sioni: un file contenente le quote di tutti i punti di attacco [3], rispetto al sistema di riferimento di fig. 1.2. Da qui è iniziata la generazione dei tem-plate, definendo gli hardpoints necessari. Merita un cenno particolare l’unica quota che non viene fornita dal costruttore: il centro ruota. Per il

(17)

posizio-Figura 1.7: Sospensioni anteriori Norma M30 [3]

namento trasversale sono stati utilizzati i datasheet dei pneumatici [6] e la conoscenza delle carreggiate anteriori e posteriori, secondo le formule:

YW C,F = TF − LF

YW C,R = TR− LR

dove T sono le carreggiate e L le larghezze dei pneumatici. Per l’altezza e la quota longitudinale sono stati utilizzati i disegni dei portamozzi presenti in Fiche di omologazione, ricavando le distanze del centro ruota da punti noti del pezzo, indicati in fig. ?? di verde. L’operazione è stata ripetuta su entrambi gli assali per punti diversi, così da verificare che l’incertezza dovuta alla misurazione da un disegno in scala fosse inferiore alla tolleranza costrut-tiva. Infine è stato verificato che la distanza longitudinale tra gli assali fosse coerente con il dato di Fiche: è stato rilevato un passo vettura di 2898mm, a fronte di una dimensione nominale di (2900 ± 10)mm.

La fase successiva è stata quella di generare le varie parti che costituiscono il modello, con le relative geometrie. A titolo di esempio, si riporta in fig.

(18)

(a) Anteriore (b) Posteriore

Figura 1.8: Disegni dei portamozzi [5] 1.9 la finestra di definizione del triangolo superiore.

Per completare la geometria, le varie parti sono state connesse tramite l’utilizzo di giunti, scelti in base alla condizione di vincolo che si intende riprodurre. Un’importante considerazione in merito: per non incorrere in errori durante le simulazioni, è importante che il sistema non abbia labilità, nemmeno qualora siano ammesse nella realtà. Ad esempio, i braccetti che collegano i rocker alla barra antirollio sono connessi tramite Uniball, disposi-tivi che fungono da cerniera sferica; in questo modo possono ruotare attorno al proprio asse, di un valore limitato dall’interferenza con i bulloni di fis-saggio. Questo non è ammissibile per Adams/Car, che richiede su una delle due estremità l’utilizzo di un "convel" (fig. 1.10), un giunto che simula un cardano omocinetico, impedendo la rotazione imputata. Non ci sono invece

(19)

Figura 1.9: Finestra di definizione della geometria di un componente problemi sui sistemi ultra-vincolati, a patto che vengano assegnati con con-sapevolezza: in fase di simulazione, il solutore disattiva i vincoli ridondanti (possono essere anche solo componenti di un certo vincolo), secondo logiche che non è possibile modificare; bisogna quindi controllare che l’operazione non precluda il corretto funzionamento del sistema.

(20)

1.3.2

Curve Manager

Una volta stabilita la geometria, manca da conferire alle sospensioni le giuste proprietà elastiche e smorzanti. In questo senso, è stato d’aiuto il curve ma-nager (fig. 1.11) di Adams/Car, un ambiente che permette di definire curve caratteristiche di diversi dispositivi, tra cui molle, tamponi e smorzatori.

Figura 1.11: Caratteristica di uno smorzatore definita con il Curve Manager

Al posteriore monta semplici molle lineari, di cui Norma fornisce la co-stante elastica, la corrispondente rigidezza alla ruota, la rigidezza a rollio del telaio dovuta alla presenza della sola molla, e il rapporto d’installazione (fig. 1.12). Tutto ciò che serve per la modellazione è la costante elastica, mentre il resto è stato utilizzato in fase di simulazione per verificare il corretto fun-zionamento delle sospensioni.

In fase di simulazione, non è stato possibile testare le sospensioni anterio-ri concepite come all’introduzione del paragrafo. Ne sono causa le molle di torsione, modellate come travi con la dovuta rigidezza torsionale (il calcolo

(21)

è stato omesso, in quanto la procedura è la medesima di quella descritta di seguito per le barre antirollio): dato che l’attuatore del banco di prova vir-tuale delle sospensioni non accetta valori negativi della reazione sulle ruote (in pratica la ruota non può staccarsi da terra),tale configurazione costrin-geva l’analisi in rollio a valori insignificanti del relativo angolo, inferiori a 0, 5. È stato scelto quindi di eliminare la barra e di inserire una molla dove già è posto l’ammortizzatore; tra le informazioni relative all’anteriore è già presente il valore di rigidezza che dovrebbe avere una molla posta in quella posizione, lasciando il funzionamento invariato.

I valori del precarico sono stati scelti come metà del carico statico agente su ogni sospensione, secondo le formule:

PF = 1/2 ∗ mgdG/W B − mu,F 2 PR = 1/2 ∗ mg(W B − dG)/W B − mu,R 2 dove:

• m =massa complessiva della vettura; • g =accelerazione gravitazionale;

• dG =distanza del baricentro dall’assale anteriore;

• mu =carico sulla ruota dovuto alle masse non sospese;

• W B =passo.

(22)

I tamponi sul terzo elemento possono essere installati di diverse mescole ed in diverse quantità (fino a 3). Vengono forniti grafici spostamento-forza per diverse configurazioni possibili.

Gli ammortizzatori non vengono sostituiti in base al set-up, sono dotati di tre manettini per regolarne il comportamento: uno per gli schiacciamenti a bassa velocità, dovuti al rollio, uno per quelli ad alta velocità, dovuti ai cordoli, ed uno per l’estensione. Per ognuna di queste regolazioni sono disponibili delle famiglie di curve, ottenute mantenendo costanti due regolazioni e variando la terza. In fig. 1.13 si può notare come variando la caratteristica in esten-sione, l’influenza sul resto del grafico sia minima. Questo ha reso possibile ricostruire la curva risultante su Adams unendo i tre "pezzi" estrapolati dalle rispettive famiglie di curve.

Figura 1.13: Caratteristica smorzante per varie regolazioni del comporta-mento in estensione [7]

(23)

1.3.3

Barre antirollio

(a) (b)

Figura 1.14: Finestra di definizione barra antirollio

La barra antirollio (la trattazione è indifferentemente valida sia per quella anteriore che per quella posteriore) è costituita da una trave circolare, incer-nierata al telaio e fissata alle estremità con due bracci, comunemente noti come "coltelli", connessi ai braccetti che trasferiscono il moto dei rocker. Ci sono due modalità di intervento relative al set-up: la prima è la sostituzione la barra stessa, sono infatti disponibili più diametri, la seconda è il punto di attacco del braccetto; sui coltelli sono presenti tre fori in cui si può fissare l’uniball, in modo da avere diversi valori del braccio che andrà a mettere in torsione la trave. Adams/Car permette di creare il componente fornendo i punti necessari, il diametro, e la rigidezza torsionale (fig. 1.14); quest’ultimo dato non è stato direttamente fornito, ma è stato calcolato sapendo la rigi-dezza a rollio del telaio dovuta alla sola barra ed i rapporti d’installazione per le varie configurazioni di attacco, mediante semplici considerazioni ener-getiche. Per semplificare il calcolo è stato assunto costante il rapporto tra l’angolo di rollio del telaio e quello di torsione della barra: difficilmente la vettura arriva ad assumere 1 di rollio, per cui è lecito apettarsi delle varia-zioni minime in un intervallo così limitato. Trascurando le perdite, il lavoro necessario per ruotare il telaio di un angolo finito φ deve essere il solito che serve per ruotare la barra di un angolo θ;

(24)

kφφ2 = kθθ2

Dove kφ è la rigidezza a rollio del telaio e kθ quella torsionale della barra.

Noto il rapporto d’installazione i = φ/θ si ottiene: kθ = kφi2.

Per quanto riguarda i punti di attacco sui coltelli, si anticipa un risul-tato delle simulazioni sulle sospensioni, l’analisi a rollio, che ha permesso di ricavare un dato mancante. Mentre il passo tra un foro e il successivo è fa-cilmente misurabile, nel file con tutti i punti di attacco non è specificato a quale foro faccia riferimento l’unico dei 3 punti fornito. Partendo dal set-up più morbido, quindi dal punto più lontano dall’asse di rotazione della barra, si contrassegnano con "A","B","C". Andando a valutare la rigidezza a rollio del telaio, è stato possibile stabilire che la configurazione fornita fa riferi-mento all’anteriore al set-up A-A, mentre al posteriore, B-B. Le due lettere indicano il punto di attacco destra e a sinistra, è infatti possibile attaccarsi su fori diversi ai due lati, per ottenere valori intermedi della rigidezza a rollio. Per trovare i restanti punti, è stato impostato un sistema per ricavarsene le coordinate X e Z; stabilito il piano XZ contenente l’unico punto conosciuto P, essendo nota la retta che congiunge il punto stesso con l’intersezione tra piano ed asse della barra, e la distanza d tra i fori, si ottiene:

   X−XP XARB−XP = Z−ZP ZARB−ZP (X − XP)2+ (Z − ZP)2 = d2.

(25)

(a) Anteriori

(b) Posteriori

(26)

1.4

Freni

Adams/Car dispone di un template adeguato alla riproduzione dei freni del-la Norma M30 (fig. 1.16), contenente tutte le informazioni che servono per correlare l’azione sul pedale del pilota alla coppia frenante. In realtà, è suffi-ciente che il modello sia attinente al vero nel mettere in relazione la pressione nel circuito dell’olio all’azione sulle ruote; volendo ricordare lo scopo, quel-lo che interessa è l’ottimizzazione di un veicoquel-lo già esistente, su cui non è possibile sostituire componenti o apportare modifiche progettuali, quindi la forza con cui il pilota dovrà premere sul pedale non è una variabile che deve necessariamente corrispondere alla realtà.

Figura 1.16: Template freni

Mentre la ripartizione di frenata (regolabile) è stata scelta attinendosi a quanto suggerito da Norma, le restanti informazioni sono state ottenute direttamente dal sito Internet di AP Racing®, il costruttore dei freni:

• area complessiva dei pistoni sulla pinza [mm2];

• raggio effettivo d’azione [mm];

(27)

Per quest’ultimo dato viene fornito un grafico, in fig. 1.17, che mostra l’andamento del coefficiente d’attrito in funzione della temperatura dei freni. É stato scelto un valore di compromesso pari a 0, 45.

Figura 1.17: Coefficiente d’attrito dei freni [8]

1.5

Sterzo

Come per i freni, anche l’assieme di sterzo (fig. 1.18) è stato modellato a partire da un template preesistente. É stato sufficiente adattare la posizione degli hardpoints relativi ai punti di attacco con le sospensioni ed i restanti in modo da far mantenere a tutti i componenti una geometria verosimile; questo perché anche in questo caso, non è d’interesse che la posizione del volante o la forza necessaria per manovrarlo siano veritieri.

L’unico dato da valutare è il rapporto di sterzo: Adams in realtà chiede il massimo angolo volante ammissibile e la rispettiva escursione della crema-gliera di sterzo. La prima è una grandezza sensorizzata, quindi si può leggere in telemetria, mentre la seconda è facilmente misurabile con un’accuratezza più che accettabile.

(28)

Figura 1.18: Template di sterzo

1.6

Powertrain

L’assieme powertrain in fig. 1.19 anch’esso concepito partendo da un tem-plate esistente, racchiude la virtualizzazione dei comandi che competono al pilota non ancora citati, quindi frizione, cambio e acceleratore; passando per motore, cambio e differenziale traduce questi segnali in una coppia di output, trasmessa ai semiassi delle sospensioni posteriori.

1.6.1

Motore

Tutte le vetture LMP3, non solo quella oggetto di questo studio, montano il solito motore, un V8 di derivazione Nissan, preparato per lo scopo e commer-cializzato da Oreca®, che è l’unico autorizzato per regolamento ad effettuare interventi; sempre Oreca ha fornito la curva di coppia, che Adams/Car re-cepisce come una spline definita per punti. Non essendo quindi possibile apportare modifiche il motore non è oggetto di set-up. Nella documentazio-ne della macchina è presente invece il regime ottimale di cambiata per ogni

(29)

Figura 1.19: Template powertrain

marcia, mentre per quello di scalata è stata condotta una stima, in base ad alcune considerazioni: nel modello non ci sono problemi di surriscaldamento dei freni, perciò non è necessario eseguire scalate di marcia ad elevati regimi per sfruttare il freno motore e contenere il fenomeno; invece, un effetto che potrebbe essere gradito è quello di ritrovare il motore, dopo una scalata, al solito regime a cui si ritrova dopo la salita di marcia, per essere pronto a "lavorare" nella zona più brillante. In fig. 1.20 è stato riportato un esempio di stima del regime ottimale (secondo il criterio scelto) per scalare dalla terza alla seconda marcia: Tracciando una linea verticale (in rosso) partendo dai 7000rpm a cui si passerebbe dalla prima alla seconda e scendendo fino ad incontrare la terza, si individua il valore cercato.

1.6.2

Cambio e differenziale

Il cambio è un sequenziale a 6 marce. Sempre nella fig. 1.20 si vedono i rap-porti di trasmissione che sono stati assegnati. É concesso montare due serie

(30)

Figura 1.20: Rapporti di trasmissione del cambio [4]

di rapporti, ma è molto difficile trovarsi ad avere bisogno della serie lunga, tant’è che Oregon non ne dispone.

Il differenziale è un autobloccante con molle di precarico, che andando a pre-mere su dischi di frizione fanno sì da inibire la rotazione relativa tra i due semiassi. Tutto ciò di cui si dispone sono il valore consigliato del precarico e dell’angolo delle rampe. Per avere una caratteristica fedele, serve conosce-re i dettagli costruttivi del diffeconosce-renziale: raggio d’attrito, costante elastica della molla di precarico, numero di innesti. Non avendo a disposizione que-ste informazioni, è stata presa una curva del differenziale dalla libreria di Adams/Car, che consiste in una spline generata con il Curve Manager, e modificata per rispettare il valore del precarico.

1.7

Pneumatici

Per i pneumatici ci si trova di nuovo a modificare un template esistente. Tutte le informazioni si inseriscono dalla finestra di fig. 1.21: la massa è compren-siva di quella del cerchio e quella del pneumatico, i cui valori sono stati presi rispettivamente dalla Fiche di omologazione e dal datasheet Michelin®; i momenti d’inerzia sono stati stimati considerando tutta la massa del

(31)

pneu-Figura 1.21: Finestra di definizione pneumatico

matico concentrata sul diametro esterno, e quella del cerchio sul suo diametro nominale. Il file di definizione pneumatico è stato messo a disposizione dal team,in una forma già "interpretabile" dal solutore di Adams; contiene una serie di coefficienti che vengono riconosciuti per definire le funzioni, teorizza-te da Pacejka, che legano le forze longitudinali e lateorizza-terali del pneumatico ai relativi scorrimenti. Purtroppo, le informazioni contenute riguardano solo le forze laterali ed il momento di autoallineamento, mentre non c’è niente re-lativamente alla caratteristica longitudinale. Questo non deve stupire, dato che i costruttori di pneumatici sono particolarmente attenti a non divulgare troppe informazioni sui loro prodotti. Esistono banchi di prova che servono per ottenere questi dati, i cui cosi però sono proibitivi per realtà come quella in oggetto di tesi. É stata fatta quindi una stima confrontando un file .TIR (il formato in questione) completo, preso dalla libreria di Adams/Car, con quello da completare, e assegnando i coefficienti del longitudinale tramite una "scalatura" da quelli del laterale. Se ad esempio nel pneumatico demo il coefficiente di attrito longitudinale risulta del 10% più grande di quello laterale, sul file fornito è stato ottenuto incrementando del solito fattore il valore del laterale.

(32)

Simulazione delle sospensioni

L’aspetto fondamentale che il modello deve avere è di rispettare fedelmen-te il comportamento dinamico della vettura. In questo senso le sospensioni costituiscono la parte "nevralgica" di questo lavoro di tesi; per verificarne il corretto funzionamento sono state condotte simulazioni dedicate, in modo da estrapolare dati di confronto con alcune grandezze note, che saranno elencate nei prossimi paragrafi.

Nella pratica del software bisogna passare all’interfaccia Standard per pro-seguire il lavoro, in cui sono stati generati tutti i sottoassiemi a partire dai template descritti nel capitolo precedente. É stato poi necessario creare degli assiemi, che sono le uniche entità su cui si possono condurre simulazioni in Adams/Car; infatti, il sottoassieme sospensione, deve essere accoppiato alme-no con un test rig, un banco prova virtuale dotato di attuatori che andranalme-no ad agire nella fattispecie sulle ruote e, nel caso di sospensioni anteriori accop-piate con sterzo (in fig. 2.1), sul volante. Durante le simulazioni Adams/Car registra, con frequenza definita dall’utente, una serie di grandezze di ogni tipo, così da soddisfare le più svariate esigenze di analisi. Ciò che interessa in questo caso è di valutare la geometria, la rigidezza e la capacità smorzante.

(33)

Figura 2.1: Assieme sospensioni anteriori

2.1

Geometria

2.1.1

Scuotimento

Per cominciare sono state fatte delle simulazioni che riproducessero il com-portamento della vettura in scuotimento. In fig.2.2 si vede la finestra per l’inserimento dei paramentri relativi. In pratica si tratta di uno spostamento di 20mm dalla posizione di equilibrio, sia verso l’alto che verso il basso, di uguale entità per entrambe le ruote.

In fig. 2.3 si riporta la variazione dell’angolo di camber: è evidente al poste-riore si ha una maggior recupero; questo non stupisce, visto che all’anteposte-riore bisogna considerare che il fenomeno viene accentuato in sterzatura.

In fig. 2.4 si vede invece la variazione dell’angolo di convergenza; in questo caso è più limitata; infatti, escludendo il recupero di camber che nella giusta misura è un effetto desiderato, le sospensioni da corsa sono concepite perché i paramentri che influenzano la dinamica del veicolo si mantengano il più possibile costanti.

(34)

Figura 2.2: Simulazione di escursione parallela delle sospensioni

(a)

(b)

(35)

(a)

(b)

Figura 2.4: Variazione dell’angolo di convergenza in scuotimento Discorso analogo vale per l’angolo di incidenza. Essendo un parametro che condiziona solo il comportamento in sterzatura, se ne riporta in fig. 2.5 la sola caratteristica all’anteriore.

(36)

In fig. 2.6 sono state riportate le cosiddette anti-features. L’antidive indica la percentuale di trasferimento di carico all’anteriore che in frenata si scarica sui braccetti ed organi rigidi, senza andare a gravare sul gruppo molla-ammortizzatore. L’antisquat è la percentuale di trasferimento di carico al posteriore che in accelerazione si comporta al solito modo. La differenza tra le due caratteristiche è notevole, probabilmente perché essendo la Norma M30 più rigida all’anteriore se ne rende superfluo l’effetto.

(a)

(b)

Figura 2.6: Anti-features

2.1.2

Rollio

L’andamento degli angoli caratteristici è stato studiato anche in funzione dell’angolo di rollio, tramite una simulazione di escursione opposta, del tutto simile alla precedente se non che un’escursione, ad esempio di 10mm ver-so l’alto della ruota sinistra, avviene in contemporanea di un’escursione di

(37)

10mm verso il basso della ruota destra.

In fig. 2.7,2.8 e 2.9 si nota come, rispetto al caso di scuotimento, gli angoli caratteristici mantengano i soliti andamenti, fatta eccezione per la specchia-tura tra le due curve di ogni grafico, ovvia conseguenza della naspecchia-tura della simulazione. Questo a dimostrazione del fatto che i cinematismi funzionano correttamente.

(a)

(b)

Figura 2.7: Variazione dell’angolo di camber in rollio

(38)

(a)

(b)

Figura 2.9: Variazione dell’angolo di convergenza in rollio

2.1.3

Sterzatura

L’ultima indagine sulla geometria è stata quella legata al comportamento in sterzatura. In fig. 2.10 la finestra per impostare la simulazione; la manovra è stata definita tramite i valori di escursione di cui la cremagliera di sterzo deve spostarsi rispetto alla posizione di ruote dritte. É anche possibile fissa-re un’altezza delle ruote diversa rispetto a quella di equilibrio, così da poter riprodurre una sterzatura in rollio o in scuotimento.

In fig. 2.11 si lega l’angolo di sterzo delle ruote allo spostamento della cremagliera, tassello importante per la conoscenza del rapporto di sterzo. La non corrispondenza delle due linee è dovuta all’angolo di convergenza asse-gnato, del valore di 2 aperto.

Il solito grafico è ripetuto nelle fig. 2.12 e2.13, dove la simulazione è stata ripetuta per vari valori dello scuotimento e del rollio (20mm corrispondono a circa 1.2 di rollio). Come auspicabile da una vettura da corsa la differenza è minima.

(39)

Figura 2.10: Simulazione di sterzatura

Figura 2.11: Angolo di sterzo in funzione dell’escursione della cremagliera

(40)

Figura 2.13: Sterzatura in funzione del rollio

Nelle fig. 2.14 e 2.15 è stata valutata la variazione dell’incidenza, molto limitata, e quella del camber, che come l’analisi in scuotimento aveva fatto presagire, è piuttosto marcata. Con i riferimenti scelti un’escursione positiva della cremagliera corrisponde ad una sterzatura verso destra, quindi in base a quest’ultimo grafico si può dedurre che in curva la ruota esterna è quella che và incontro a valori più accentuati di camber negativo, a tutto vantaggio del grip laterale.

(41)

Figura 2.15: Angolo di camber in sterzatura

2.2

Rigidezza

L’analisi di rigidezza è l’unica che permette di riscontrare i risultati con da-ti reali, è quindi uno strumento importante per validare la correttezza dei gruppi sospensioni.

In fig. 2.16 si vedono le rigidezze a scuotimento dei due assali. Il primo trat-to, lineare, corrisponde al valore di rigidezza alla ruota dichiarato da Norma per il medesimo set-up. Nel tratto successivo entra in azione il tampone sul terzo elemento, che va progressivamente ad aumentare la pendenza della curva. L’ultima parte, lineare con pendenza più elevata, non è realistica: ne è colpevole la caratteristica del tampone, di cui se ne riporta la fonte in fig. 2.17. Superato il valore massimo di forza che compare in questo gra-fico, Adams/Car fa un’estrapolazione lineare utilizzando il primo e l’ultimo punto inseriti sul Curve Manager, che per ricopiare questa curva sono (0, 0) e (8, 6182). Effettivamente la telemetria testimonia che certi valori di escur-sione in scuotimento non vengono mai raggiunti, rendendo veniale questa discrepanza.

(42)

(a)

(b)

Figura 2.16: Rigidezza a scuotimento misurata alla ruota

(43)

Per il rollio sono state condotte varie prove per verificare che la rigidezza del veicolo fosse coerente sia con il dato dovuto all’effetto delle sole molle, sia a quello dovuto solo alla barra antirollio, che alla somma dei due contributi. Di quest’ultima se ne riportano i grafici, in fig. 2.18. Per avere un’idea della fedeltà di riproduzione si riporta in tab. 2.1 una comparazione dei valori numerici di rigidezza ottenuti:

Rigidezza a... Unità di misura Nominale Rilevato Diff. %

Scuotimento ant. N/mm 221 219 −0.9%

Rollio molle ant. Nm/deg 4860 4560 −6%

Rollio barra ant. Nm/deg 5580 5580 0

Rollio complessivo ant. Nm/deg 10440 9960 −5%

Scuotimento post. N/mm 177 177 0

Rollio molle post. Nm/deg 3620 3670 1%

Rollio barra post. Nm/deg 2070 2060 −5%

Rollio complessivo post. Nm/deg 5690 5810 2%

(44)

(a)

(b)

Figura 2.18: Rigidezza a rollio del veicolo

2.3

Smorzamento

In fig. 2.19 si vede la finestra di definizione della simulazione dinamica, impo-stata per verificare che gli ammortizzatori si comportassero come auspicato. Le funzioni scelte per l’eccitsamento del sistema sono definite in velocità, essendo la grandezza di cui ci interessa graficarne un range consistente. In fig. 2.20 i risultati.

(45)
(46)

(a)

(b)

(47)

Simulazione del veicolo completo

Figura 3.1: Assieme veicolo completo

La fase finale del lavoro è stata quella di assemblare tutte le parti mo-dellate e verificare se effettivamente l’assieme veicolo completo si comporta

(48)

come nella realtà.

Il software, una volta recepiti quali sono i sottoassiemi da adottare, procede in automatico all’assemblaggio della vettura (in fig. 3.1); il lavoro di assicurarsi che le varie parti siano collegate correttamente è antecedente alla creazio-ne dell’assieme: è stata creata una tabella Excel per verificare che tutti i communicators rilevanti per le simulazioni fossero interconnessi. Adams/Car offre un comando apposito per la verifica, che tuttavia non dà una visione d’insieme sulla situazione; lo strumento generato invece, di cui se ne riporta uno scorcio in fig. 3.2 permette di orientarsi più agilmente sullo stato di assemblaggio della vettura.

Figura 3.2: Tabella per la gestione di communicators

Per quanto riguarda le simulazioni, sono disponibili svariate soluzioni per riprodurre manovre del veicolo. Addirittura è possibile creare una serie di manovre personalizzate, tramite una finestra chiamata Event Builder (fig. 3.3), per ottenera qualsiasi combinazione si desideri. Senza entrare nel meri-to delle singole opzioni, si fa un’importante distinzione tra due categorie di manovre: quelle in anello aperto e quelle in anello chiuso. Le prime, avvengo-no definendo le azioni che il pilota compie, indipendentemente dalla risposta

(49)

del veicolo; si tratta quindi di imporre un determinato andamento ai segnali di:

• sterzo, in termini di angolo volante; • cambio, quindi il numero di marcia;

• frizione, che può essere innestata o disinnestata; • acceleratore, definito in percentuale di farfalla aperta;

• freno, definito in percentuale di frenata rispetto al valore massimo impostato.

Le seconde, avvengono imponendo delle specifiche durante la marcia, (ad esempio curva a raggio costante percorsa ad una certa velocità), che il solu-tore di Adams/Car cerca di rispettare agendo sui già elencati comandi pilota. Fa parte di questa categoria la simulazione Smart Driver (fig. 3.4), in cui la condizione imposta è la percorrenza di un dato percorso, selezionato dall’u-tente, ad un dato grado di "sfruttamento" delle prestazioni della vettura, in termini di frenata, accelerazione e percorrenza di curva.

(50)

Figura 3.4: Smart Driver

3.1

Simulazioni in anello aperto

(51)

Per una prima verifica del modello è stato scelto di affrontare la curva La Source del circuito di SPA (fig. 3.5), in Belgio, di cui si dispone della telemetria. Come da fig. 3.3 è stata impostata una serie di 4 mini-manovre, di cui l’andamento dei comandi pilota, in fig. 3.6 ne spiega il significato. Lo scopo era quello di verificare se, imposti dei segnali di comando simili a quelli di un pilota vero, la macchina fosse riuscita a percorrere la curva correttamente: dopo una serie di simulazioni preliminari è stata ottenuta la traiettoria di fig. 3.7, più che soddisfacente. A questo punto è stato variato il set-up della vettura, prima diminuendo la rigidezza di tutte le molle, poi riadottando le prime e aumentando quella delle barre antirollio. Si sono ottenute le traiettorie di fig. 3.8. É importante puntualizzare che questo modo di procedere non serve a premiare una configurazione piuttosto che screditarne un’altra, in quanto variando i segnali imposti ai comandi pilota si potrebbe avere un ribaltamento del risultato, quindi una risposta diversa su quella che pare essere la miglior soluzione; ciò a cui l’operazione è servita è stato di confermare la sensibilità del modello al set-up.

(52)

Figura 3.7: Percorso vettura [10]

(a) Rigidezza delle molle diminuita

(b) Rigidezza della barra antirollio aumentata

(53)

3.2

Simulazioni con Adams Smart Driver

L’ultima fase è stata quella di impostare la simulazione della medesima curva mediante l’utilizzo dello Smart Driver, una funzione di Adams/Car in cui il software, agendo sui comandi pilota precedentemente elencati, cerca di far rispettare al veicolo un percorso assegnato dall’utente. É stato necessario fare una ricostruzione per punti della curva, di cui se ne riporta la procedura:

• disegno della linea di mezzeria della strada tramite CAD; • generazione dello schizzo contenente i soli punti da esportare; • esportazione in file, ripulito da dati inutili con editor di testo;

• importazione in Wolfram Mathematica®per ordinare i dati nella forma

richiesta da Adams;

• esportazione e correzione della sintassi con editor di testo.

Con questa opzione, non è riuscito riprodurre adeguatamente le presta-zioni della vettura, come si vede dal confronto con la telemetria in fig. 3.9: osservando i canali relativi alla velocità ed accelerazione longitudinale (fig. 3.9a e 3.9b) è evidente come la frenata venga anticipata, e l’uscita di curva sia molto più dolce, metre il confronto fra le accelerazioni laterali, in fig. 3.9c denota una stabilità del modello alquanto labile. Da un’analisi delle avver-tenze generate durante la simulazione, si evince come il modello di pilota virtuale abbia difficoltà prevelantemente legate alla stima dello scorrimento longitudinale dei pneumatici.

(54)

(a) Velocità longitudinale

(b) Accelerazione longitudinale

(c) Accelerazione laterale

(55)

Conclusioni e sviluppi futuri

Il modello riproduce la percorrenza di tratti di circuito o circuiti completi, consentendo, nei limiti di validità delle ipotesi assunte, di fare studi di sensi-bilità al variare dei parametri di set-up. É stato riscontrato che per giungere ad un modello di veicolo che sia uno strumento valido per guidare l’ingegnere di pista nella scelta del set-up ottimale, è necessario proseguire con l’affina-mento dello stesso, svolgendo test dedicati alla caratterizzazione dell’aspetto aerodinamico, e instaurando delle procedure più rigorose di stima dei dati mancanti relativi ai pneumatici. Essi infatti costituiscono un aspetto molto delicato della veridicità del modello, essendo l’interfaccia tra la macchina e la strada.

(56)

[1] Oregon Team Website, url: www.oregonteam.it

[2] MSC®, Adams/Car Training Guide, url: www.adams.com

[3] Norma®, M30 technical specifications

[4] XTRAC®, Gearbox technical specifications

[5] ACO, Fiche d’homologation LM®P 3

[6] Michelin®, Datapackage 30/65 - 18 Pilot Sport GT

[7] PKM®Consulting, Norma LMP3 Front and rear dampers

[8] AP Racing®Website, url: www.apracing.com

[9] Wikipedia, Circuito di Spa-Francorchamps, url: https://it.wikipedia.org [10] Goggle Maps, Circuit National de Francorchamps, url:

www.google.com/maps

(57)

Per questo traguardo raggiunto, ci tengo a non prendermi l’esclusiva del me-rito, ma voglio condividerlo con chi mi ha accompagnato in questo percorso. Partendo da questo lavoro di tesi, voglio ringraziare l’Ing. Micheloni, che mi ha affiancato nella creazione del modello, aiutandomi nel collegamento tra i "numeri" della vettura e la vettura vera, e mi ha insegnato ad applicare la mia filosofia di vita, "l’arte del sapersi arrangiare", nel campo dell’inge-gneria.

Ringrazio molto l’Ing. Bucchi, che ha seguito nel dettaglio il mio operato e che, specialmente nella fase finale ha dovuto sopportare le mie numerose visite, durante le quali il suo aiuto è stato inquantificabile.

Voglio ringraziare infine il Prof. Frendo per avermi concesso questa oppor-tunità.

Un ringraziamento speciale va al Prof. Guiggiani, la cui passione che met-te nel trasmetmet-tere la sua disciplina, condita con la bellissima esperienza della Formula Student, hanno saputo guidarmi attraverso un mare di incertezze, conducendomi ad un porto di scelte per il futuro.

É noto a tutti che la tesi è la punta dell’iceberg di un tragitto molto più articolato, dove episodi di vita si intrecciano con libri da studiare ed esami da sostenere. Per questi ultimi, la mano più grande che mi è arrivata, quasi come una "scoppola", è quella degli amici con cui ho condiviso i ritiri di studio a Torre del Lago, che ringrazio per aver sempre avuto la pazienza di aspettare le mie "2 slide". Per le numerose fasi di studio solitario, tra cui

(58)

una grossa fetta di lavoro su questa tesi, ringrazio lo spazio che mi ha offerto le giuste condizioni per concentrarmi sul mio dovere: il Cantiere Giovani.

Volendo concludere ciò che riguarda la mia formazione, ringrazio David, a cui non solo devo la mia conoscenza della lingua inglese, ma anche l’elasticità di saper apprezzare realtà molto lontane dalla mia persona, e la maestra Roberta, per aver seminato in quel bimbo delle elementari una creatività che, nei momenti "fertili", germoglia nelle più disparate attività.

Quello che succede durante il percorso di studi, inevitabilmente condizio-na tutto il resto di quella che è la propria vita, com’è vero il contrario. Per questo motivo voglio ringraziare tutte le persone che mi sono state accanto in questi anni, dimostrandosi un valido sostegno in ogni occasione.

Ringrazio i miei genitori, che hanno sempre sopportato i miei sfoghi, e sup-portato le mie scelte.

Ringrazio i tempagnanini, gli amici di una vita, che ho ritrovato a fare il tifo per me ad ogni tappa di questo lungo giro.

Ringrazio gli amici della Val Pedogna (e non), con cui ho condiviso molte piccole esperienze che sono state parte vitale della mia crescita.

Ringrazio gli amici della Misericordia, un gruppo con cui ho scoperto la bel-lezza di fare qualcosa per gli altri.

Ringrazio gli amici con cui ho iniziato questo percorso universitario: anche se le nostre strade hanno preso direzioni diverse, non abbiamo mai smesso di ritrovarci a qualche "bivio" e raccontarci com’è stato il percorso.

Ringrazio tutti gli amici con cui ho condiviso gioie, ansie, preoccupazioni e bei momenti, che probabilmente non si sono sentiti citati leggendo questo lungo elenco, primi fra tutti Serena, Gianluca e Lisa.

Ringrazio 4 persone che in modi diversi sono stata una forte luce in momenti più cupi della mia vita: Andrea, Elena, Matteo e Simone.

Voglio concludere con un ringraziamento superlativo a Martina, che con il suo entusiasmo e la sua positività è stata una fonte di energia indispensabile per lo "stint" finale.

Riferimenti

Documenti correlati

Si tratta di un contributo piuttosto contenuto ai bisogni complessivi delle famiglie italiane che risente sia del mancato avvio di un Secondo Pilastro Sanitario

[r]

Si nota inoltre che in direzione y l'eccentricità tra centro di massa CM e centro di rigidezza CR non risulta trascurabile, pertanto gli effetti delle torsione dovranno essere presi

Il nostro racconto sarà dunque in gran parte una specie di viaggio nella prima memoria cristiana, condotto rimanen- do sempre nell’orbita del suo punto culminante, la morte di

Il costruttore della classe derivata si deve occupare di inizializzare i dati membri aggiuntivi, quelli cioè che sono introdotti in più rispetto ai dati membro della classe base

- l’avvio della procedura di adesione alla Convenzione Consip TF5 per la fornitura dei servizi di fonia fissa di questo Istituto, per la spesa stimata in € 450.000,00 oneri

Prioli, Associazione Mediterranea Acquacoltori La molluschicoltura protagonista della crescita blu Discussione e chiusura dei lavori. PO FEAMP 2014/2020 Regolamento

Il presente accordo di fornitura decorre dalla data della stipula e ha la durata di anni 1 (uno), salvo eventuale proroga da concordare per iscritto, con successivo