• Non ci sono risultati.

Il fenomeno delle micropermanenti visto dall'assicuratore

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "Il fenomeno delle micropermanenti visto dall'assicuratore"

Copied!
7
0
0

Testo completo

(1)

Il fenomeno delle micropermanenti visto dall'assicuratore

Dr. Massimo Zanotti*

Premessa

In linea con le esperienze lavorative maturate nel settore assicurativo, in un primo tempo come liquidatore sinistri in "trincea" e, successivamente, come Dirigente in una posizione sempre più arretrata dove, per far quadrare i "conti", si devono necessariamente mettere d'accordo premi e sinistri, intendo dare al mio intervento un taglio meno giuridico e più tecnico-gestionale, attraverso un esame critico del problema delle micropermanenti visto dall'assicuratore e ad un accenno alle possibili soluzioni.

Le micropermanenti prima della liberalizzazione tariffaria

Il numero di sinistri con lesioni personali, che negli anni ottanta ammontava a circa il 6-7% della totalità dei sinistri denunciati, era progressivamente arrivato a superare il 9% nel 1991, il 10% nel 1992 ed il 12% nel 1993.

Anche la spesa annua per tali sinistri (pagato più riservato), quantificabile negli anni ottanta intorno al 35% della spesa complessiva sinistri, era arrivata a superare nel 1993 il 40% del totale.

Negli anni '91, '92 e '93, le cosiddette micropermanenti rappresentavano numericamente oltre l'80% dei sinistri con lesioni ed il loro costo era pari a circa il 60% dell'intera spesa annua per i danni con lesioni.

Tali dati, significativi e preoccupanti, rispecchiano fedelmente un periodo di circa dieci anni durante il quale la materia del risarcimento del danno a persona e delle micropermanenti in particolare, assume caratteri di quasi totale anarchia, se non addirittura di pura arbitrarietà.

La nota sentenza n°184/86 della Corte Costituzionale, che avrebbe dovuto quanto meno istituzionalizzare il danno alla salute, in realtà non era riuscita a mettere ordine nella materia.

Il quantum del risarcimento era del tutto casuale, in quanto anche presso le stesse sedi giudiziarie vi erano sezioni che liquidavano, per danni identici, somme diverse anche di tre/cinque volte l'una dall'altra. I criteri liquidativi erano i più disparati (liquidazioni a punto, a triplo, a quintuplo, a sestuplo della pensione sociale, a pensione sociale "pesante", a duplicazioni e triplicazioni varie e così via).

Il problema pareva avviato a soluzione con la legge di Riforma della RCA, approvata dal Parlamento nel gennaio 1992. Come noto, la legge non veniva però promulgata dal Presidente della Repubblica, che la rimandava alle Camere.

Da allora, nulla più si è saputo di tale provvedimento.

Una legge che prevedesse tabelle di riferimento sul quantum del danno a persona, era stata auspicata da tutti gli operatori come strumento indispensabile per recuperare certezza nel diritto dei danneggiati al risarcimento e capacità previsionale delle Imprese Assicuratrici (sia per la corretta appostazione a riserva dei danni che per la determinazione delle tariffe).

Il vuoto legislativo aveva consentito in quegli anni il proliferare delle più svariate tabelle ad uso di singole corti di merito con un conseguente sensibile incremento del livello dei risarcimenti non solo, e giustamente, per i danni più gravi, ma anche per le micropermanenti che, al contrario, meritavano di essere ridimensionate.

* Responsabile Sinistri della Nuova MAA Assicurazioni

(2)

A nulla erano valse le numerose iniziative, poste in atto ad ogni livello ed in vari ambiti, volte da un lato alla ricerca ed alla individuazione di regole e comportamenti risarcitori uniformi ed obiettivi e, dall'altro, a prevenire e contenere gli effetti lesivi degli incidenti stradali. Non solo continuava in modo indiscriminato la corsa verso l'alto degli importi dei risarcimenti giudiziali dei microdanni, ma anche il numero delle micropermanenti ed in particolare dei colpi di frusta, lungi dal diminuire, continuava a lievitare.

Questo era, in sintesi, lo scenario nel momento in cui le Imprese Assicurative si apprestavano ad attraversare la delicata fase di transizione da un regime tariffario amministrato, che essendo più orientato a finalità politiche che non verso realistiche regole d'equilibrio economico, aveva prodotto rilevanti perdite al mercato assicurativo, ad un regime di piena liberalizzazione che non poteva certamente consentire eccessivo ottimismo mediante la semplicistica ipotesi di un riequilibrio tecnico ottenuto con i soli aggiustamenti tariffari.

Consapevoli che la liberalizzazione avrebbe portato ad un regime di competitività tra loro stesse ed anche rispetto ai concorrenti stranieri e che, in ogni caso, la quota di reddito da destinare alla RCA non avrebbe potuto superare i limiti praticati dal resto del mercato europeo, le Imprese negli anni ante '94 avevano necessariamente iniziato a sottoporre a revisione critica tutte le procedure operative, allo scopo di correggere errori e ricercare margini di recupero di efficienza produttiva e di contenimento di costi.

Le micropermanenti dopo la liberalizzazione tariffaria

Il 1° luglio 1994, dopo 25 anni di tariffe amministrate, sono entrate in vigore le direttive comunitarie che hanno introdotto anche per le assicurazioni di RCA il principio della liberalizzazione delle condizioni generali di contratto e delle relative tariffe.

A seguito della liberalizzazione, le Imprese hanno gradualmente introdotto sul mercato prodotti personalizzati, più concorrenziali e più aderenti alle situazioni di rischiosità connesse alla circolazione.

Non è invece stato possibile pervenire a diminuzioni tariffarie, pur avendo le Imprese diminuito ulteriormente i costi interni: in questi ultimi anni le tariffe del ramo RCA hanno, al contrario, subìto incrementi che, soprattutto per gli assicurati che hanno causato sinistri, si sono rivelati consistenti.

La causa di tale situazione è da ascriversi alla continua lievitazione degli importi liquidati dai giudici per i danni a persona in generale e per le micropermanenti in particolare: nel 1993 il costo medio per danni alla persona era di 11,7 milioni contro i 15 milioni del 1996, con l'aggravante che mentre nel 1993 i sinistri con danni alla persona rappresentavano il 12,4% dei casi, nel 1996 erano il 15%.

Da rilevare, inoltre, che la spesa annua per i sinistri con danno a persona nel 1996 si è attestata sul 50% della spesa complessiva sinistri.

Come è noto, le tariffe risentono in modo particolare di due variabili: frequenza dei sinistri e costo medio dei sinistri. La crescita anomala anche di una sola di esse (negli ultimi anni come abbiamo detto è aumentato fortemente il costo medio), non può che avere come conseguenza un aumento delle tariffe RCA.

La forte lievitazione dei parametri utilizzati per la determinazione dei danni fisici ha quindi aggravato il costo sociale rappresentato dall'assicurazione obbligatoria, che si suddivide mutualisticamente tra tutti gli automobilisti.

Le considerazioni sopra esposte portano a concludere che, dopo la liberalizzazione, il problema del risarcimento del danno a persona ed in particolare delle micropermanenti è addirittura peggiorato.

Le analisi dei criteri liquidativi adottati dalla Magistratura che sono state effettuate in questi anni evidenziano che, se da un lato vi è stata una crescente adesione al metodo del calcolo a punto ed un importante sforzo da parte dei più importanti Tribunali per realizzare tabelle uniformi, dall'altro lato non è per niente cessata la disparità di trattamenti, a parità di età e grado di micropermanente, e la corsa al rialzo dei risarcimenti.

(3)

A titolo esemplificativo, ricordiamo che nel 1997, a fronte di due punti di invalidità riconosciuti ad un ragazzo di 15 anni, il Tribunale di Genova erogava 6,8 milioni contro i 2 milioni del Tribunale di Brindisi ed i 2,6 milioni del Tribunale di Roma.

Negli ultimi anni c'è stato, per la verità, un periodo durante il quale sembrava finalmente essersi determinata un’inversione di tendenza.

Nel 1995, infatti, il Tribunale di Milano predisponeva tabelle liquidative nelle quali il valore del punto e, quindi, il risarcimento, era determinato seguendo un criterio progressivo in relazione alla gravità della lesione permanente ed un criterio regressivo, in relazione all'età del danneggiato.

L'intenzione dei magistrati milanesi era chiaramente (e giustamente) quella di elevare i risarcimenti dei danni gravi e di tenere contestualmente a livelli più bassi i risarcimenti delle micropermanenti, nel pieno rispetto della giustizia retributiva.

Purtroppo, nel 1996, a distanza di un solo anno, lo stesso Tribunale di Milano provvedeva, imprevedibilmente, a revisionare e modificare le iniziali tabelle, sostituendole con altre con le quali veniva aumentato, sia pure di poco, il risarcimento dei danni più gravi ed elevato sensibilmente anche quello delle micropermanenti (per le percentuali di invalidità dall'1% al 5% si è avuto un incremento del valore del punto dal 33% al 60%).

Le nuove tabelle del 1996, attualmente in vigore ed alle quali si sono adeguati innumerevoli altri Tribunali, hanno fatto diventare Milano una delle sedi giudiziarie più generose.

Come se ciò non bastasse, gli addetti ai lavori prevedono già nel corso del corrente anno un’ulteriore revisione verso l'alto delle "tabelle milanesi".

Due considerazioni si impongono a questo punto:

• non si capisce per quale motivo gli aumenti del valore del punto stabiliti da ogni nuova tabella non debbano essere agganciati a parametri inflativi, così come avviene nel nostro Paese per la maggior parte delle dinamiche monetarie;

• ogni qualvolta viene realizzata una nuova tabella da questo o da quel Tribunale, la stessa viene sic et simpliciter applicata a tutte le vertenze in corso, vanificando così l'effetto di eventuali offerte-pagamento effettuate dal debitore con riferimento a parametri in vigore al momento dell'incidente e, quel che è più grave, rendendo insufficienti le riserve appostate a bilancio dalle Imprese per fare fronte ai pagamenti dei sinistri.

In questo contesto, dove in particolar modo la liquidazione delle micropermanenti è rimessa a criteri del tutto imprevedibili, ha contribuito a creare ulteriore disequilibrio e turbativa l'avvenuta istituzione del Giudice di Pace, la cui competenza per valore (sino a trenta milioni) abbraccia la stragrande maggioranza delle vertenze giudiziarie per il risarcimento delle piccole invalidità permanenti.

I Giudici di Pace, magistrati onorari provenienti dalle più disparate esperienze lavorative, per la maggior parte impreparati ad affrontare una materia complessa come quella del risarcimento del danno a persona, hanno accentuato la già elevata disomogeneità dei criteri liquidativi delle micropermanenti.

A titolo esemplificativo, cito una sentenza emessa nel 1997 da un Giudice di Pace di una grande città del centro Italia, con la quale è stata liquidata ad una donna di 19 anni, per una micropermanente del 2% da colpo di frusta, il complessivo importo di lire 23.472.000.

Il dettaglio del risarcimento è il seguente: lire 13.722.000 per I.P. biologica 2% (6.861.000 a punto!), lire 7.800.000 per danno morale e lire 1.950.000 per temporanea biologica.

Come se non bastasse, l'importo totale di lire 23.472.000, liquidato in base ai valori monetari alla data della sentenza, è stato ulteriormente rivalutato dal fatto al saldo.

In sede d'Appello, il Tribunale ha fortunatamente fatto giustizia, riformando la sentenza e riducendo a lire 2.145.000 (1.072.500 a punto) la I.P.biologica del 2% ed a lire 1.500.000 il danno morale, oltre i soli interessi.

(4)

Il caso citato è tutt'altro che isolato e non fa altro che confermare le preoccupazioni del mercato assicurativo.

L'altro problema, non meno importante, che investe il campo delle micropermanenti, è quello relativo al nesso causale tra lesione ed evento produttivo.

Trattasi, infatti, di lesioni che si producono facilmente anche al di fuori di un evento traumatico conclamato, che sono presenti in una molteplicità di individui (attesa la frequenza con la quale i possibili eventi produttivi si ripresentano durante l'espletamento di attività sportive o di normali attività lavorative o della vita privata), che possono prodursi in coincidenza con una serie di fattori non accertabili a posteriori e la cui presenza non impedisce al soggetto di svolgere in modo normale, o quasi, ogni attività (difficile, quindi, determinare l'eventuale preesistenza).

Spesso e volentieri, tra l'altro, questo tipo di lesione non si concretizza in alterazioni obiettivamente constatabili, bensì in sintomi soggettivi che rendono ancor più arduo il giudizio sul nesso causale.

In questo contesto fa la parte del leone un fenomeno prettamente tipico del nostro paese (ma in controtendenza con il resto dei paesi europei) che, paradossalmente, è andato ampliandosi nonostante una maggiore robustezza dei veicoli circolanti e delle relative dotazioni di sicurezza.

Intendiamo riferirci al fenomeno del "colpo di frusta" a seguito di urti veicolari anche di modesta entità (lievi danni ai lamierati), che comporta un elevatissimo numero di richieste risarcitorie per postumi dal 2 al 5%, nonchè una grossa incidenza sul costo sociale di relativi indennizzi ed una notevole difficoltà a definire extragiudizialmente le posizioni di conflitto sul quantum debeatur.

Le principali cause di tale situazione sono facilmente identificabili.

La prima, e più evidente, è quella economica: la microlesione costituisce un affare per il danneggiato, per il suo avvocato e per il consulente medico-legale di parte, nonchè occasione di lavoro per consulenti di Impresa e C.T.U..

La seconda causa è tecnica. Un giudizio medico legale che stabilisca la guarigione senza postumi o che neghi il nesso causale tra sinistro e danno, rappresenta un evento tecnico tra i più difficili da gestire, in particolar modo per i traumatismi rachidei, cranici e le semplici contusioni.

E' poi da rilevare che si è gradualmente pervenuti, in contrasto con il nostro sistema normativo che prevede un rigoroso onere della prova a carico di colui che chiede il risarcimento, ad una inversione di fatto dell'onere probatorio.

Accade, infatti, di frequente, che il medico legale, di fronte ad una situazione lesiva dubbia e non disponendo di prove certe tendenti ad escludere l'esistenza di un danno lamentato o la sua riferibilità eziologica al sinistro, concluda con un giudizio probabilistico del tipo "non si può escludere che vi sia un danno permanente". Tale giudizio, poi, viene quasi regolarmente recepito pari dal magistrato e, talvolta, dallo stesso liquidatore sinistri.

Vi è, infine, una discutibile quanto pericolosa benevolenza verso le "soggettività", nonchè una superficialità generalizzata di comportamenti che ha portato tutti indistintamente gli operatori dell'infortunistica stradale, ivi compresi i liquidatori sinistri, ad atteggiamenti di routine.

Queste ultime considerazioni consentono di accennare ad una terza, non meno importante, problematica relativa al fenomeno delle micropermanenti: la disparità dei criteri valutativi medici legali.

Nell'ambito dell'indagine di competenza del medico legale, volta all'individuazione della natura, dell'entità e delle conseguenze della lesione manca, infatti, quella uniformità di impostazione logico-tecnica indispensabile per una corretta valutazione della micropermanente biologica e per un corretto uso delle tabelle valutative esistenti.

Quali soluzioni?

Come abbiamo sin qui visto, l'esame critico del fenomeno delle micropermanenti ha permesso di individuare tre problematiche di rilievo:

(5)

• la prima attinente ad una disparità di criteri liquidativi, a parità di età e grado di permanente, aggravatasi a seguito dell'istituzione del Giudice di Pace, con conseguente corsa al rialzo dei risarcimenti;

• la seconda relativa al nesso causale tra lesione ed evento.

• la terza identificabile nella disparità dei criteri valutativi medico legali.

La soluzione, da tutti auspicata, al problema della disparità dei criteri liquidativi è indubbiamente quella di una regolamentazione legislativa della materia che, uniformando a livello nazionale i criteri liquidativi del danno biologico permanente ed in particolare delle micropermanenti, porti alla cosiddetta "prevedibilità della decisione".

Fermo restando che il convincimento del giudice si deve formare liberamente, occorre tuttavia assolutamente arrivare ad intuire come una lite giudiziaria andrà presumibilmente a finire.

In tal modo, la consapevolezza che ad un determinato comportamento seguirà un esito negativo piuttosto che un esito favorevole, scoraggerà in anticipo chi si accinge a violare l'altrui diritto e rassicurerà, al contrario, chi opera correttamente.

La "prevedibilità della decisione" consentirà alle Imprese assicuratrici di darsi regole di comportamento razionali, di definire più velocemente un maggior numero di sinistri in fase extragiudiziale e di disporre i necessari accantonamenti (riserve sinistri) senza timore di pesanti insufficienze dovute a fattori esterni imprevedibili.

A ben vedere, la nota sentenza del 1986 della Corte Costituzionale aveva chiaramente indicato la necessità di una uniformità pecuniaria di base nella liquidazione del danno biologico, sia pure temperata da quell'apprezzamento discrezionale del giudice indispensabile per adeguare, nel caso di specie, la misura del risarcimento all'effettiva incidenza della menomazione sulle espressioni di vita del danneggiato. Come, però, abbiamo visto, tale autorevole indicazione non è stata tenuta in alcuna considerazione nella prassi giudiziaria.

Negli ultimi due anni si sono avute numerose iniziative tese ad elaborare tabelle nazionali per il risarcimento del danno biologico permanente, a partire dalla ricerca della Scuola Pisana, sino ad arrivare alla elaborazione del "punto unico nazionale" dell'ADICONSUM ed agli attuali studi dell'ANIA volti a predisporre una tabella uniforme del danno biologico e ad estendere il CID alle micropermanenti.

Allo stato attuale, vengono riposte notevoli speranze nella recente iniziativa assunta dall'ISVAP, che ha composto una Commissione Interdisciplinare al fine di pervenire nel più breve tempo possibile ad una proposta di legge che regolamenti il danno biologico. Di tale Commissione fanno parte insigni cattedratici, esponenti autorevoli della magistratura, del medesimo Istituto di Vigilanza, dell'ANIA e delle Imprese assicuratrici.

Da segnalare, poi, l'ulteriore Commissione di Studio costituita su iniziativa del CNR di Pisa per approntare una tabella di valutazione economica del danno biologico, formata da esponenti della Scuola Pisana, della Magistratura, da rappresentanti dei consumatori e delle Imprese assicuratrici.

Le linee guida già individuate da quest'ultima Commissione prevedono la realizzazione di una tabella nazionale per la monetizzazione del danno biologico ed una tabella speciale per le microinvalidità.

Quali invece le possibili soluzioni al problema del nesso causale?

E' opportuno, innanzi tutto, che il medico legale recuperi quel rigore metodologico che già fa parte del suo bagaglio ma che è andato attenuandosi nel tempo. Rigore metodologico nell'esprimere in termini di percentuale l'efficienza psicofisica perduta, mantenendo sempre come parametro di riferimento, l'efficienza esistente antecedentemente all'evento lesivo, senza timore di concludere, se il caso lo richiede, per lo 0% o per l'assenza di nesso eziologico tra lesione e sinistro.

Rigore metodologico (e non "benevolenza"), inoltre, verso le "soggettività", senza il quale anche il liquidatore ed il giudice vengono inevitabilmente condizionati nella fase della "monetizzazione"

del risarcimento.

(6)

Il giudice, a sua volta, non deve limitarsi a recepire in modo acritico il giudizio del medico legale e deve valutare in modo più rigoroso le risultanze istruttorie, con particolare riferimento agli elementi probatori sul nesso causale forniti da colui che chiede il risarcimento.

Sul punto è corretto aggiungere che pure le Imprese assicuratrici dovrebbero fare meglio la loro parte.

Non sempre, infatti, viene pretesa attraverso i legali fiduciari la nomina di C.T.U. specializzati e di maggior spessore professionale, la formulazione di quesiti più mirati e la predisposizione di difese giudiziali corrette, vigorose ed incisive che forniscano al giudice tutti i possibili elementi di valutazione.

Per quanto riguarda soprattutto il fenomeno del "colpo di frusta" che, lungi dal cedere il passo a tutte le più moderne iniziative di prevenzione e sicurezza nella circolazione, è in continuo aumento e la soluzione potrebbe essere nel sistematico ricorso alla perizia meccanica cosiddetta

"ergonomica".

Trattasi di perizia volta all'approfondimento del rapporto tra forze scaturenti da o con massa in movimento (ordine di grandezza delle sollecitazioni meccaniche) ed accelerazione impressa; ciò per poter constatare se un certo valore di accelerazione (in quanto agevolmente, oggettivamente e scientificamente desumibile dalle masse coinvolte e dal tipo d'urto) possa o no produrre quelle lesioni distorsive al rachide cervicale lamentate dal danneggiato e da questi imputate all'urto veicolare stesso.

L'esito di tale perizia dovrebbe non solo essere tenuta nella massima considerazione, ma addirittura dovrebbe condizionare il seguito dell'istruttoria.

Intendo dire con ciò che solo nel caso in cui le energie verificate nell'ambito della perizia ergonomica risulteranno tali da poter produrre effetti dinamici sufficienti a provocare la lamentata distorsione nucale, si dovrà disporre consulenza medico legale onde verificare tipo e grado delle conseguenze lesive.

Al contrario, ove tali energie non risultino idonee a provocare conseguenze così violente, dovrà essere ritenuta ingiustificata la richiesta di nuovi accertamenti medici, stante l'incompatibilità del danno con l'evento cui lo si vorrà riferire.

Il sistematico ricorso alla cosiddetta perizia ergonomica nei casi assai frequenti in cui i lievi danni alla vettura non sembrano giustificare la lesione al rachide cervicale, sia da parte delle Imprese assicuratrici in sede stragiudiziale che da parte della Magistratura in sede giudiziale, rappresenta la strada giusta per pervenire al ridimensionamento del fenomeno.

Esperienze in tal senso sono già state fatte negli ultimi due anni in talune zone (ad esempio Milano e Genova), con esito sostanzialmente positivo.

Per quanto riguarda il problema della disparità dei criteri valutativi, si ripongono buone speranze sull'iniziativa dell'Associazione "Melchiorre Gioia", volta a realizzare il progetto di un registro di medici esperti nella valutazione del danno a persona.

La realizzazione del progetto, sul quale vi è l'adesione delle principali organizzazioni dei medici legali, nonchè grande interesse da parte delle Imprese assicuratrici, dovrebbe avvenire proprio in concomitanza con il presente Congresso.

E' stato recentemente composto il Comitato scientifico, incaricato di fissare i criteri di ammissione al "registro" ed è altresì prevista la costituzione di un Comitato etico che dovrà vigilare sul rispetto da parte degli iscritti di un codice deontologico, nonchè verificare comportamenti che attengono alla valutazione del danno alla persona e che devono rispondere a requisiti di capacità professionale e di correttezza.

E', inoltre, prevista la redazione di linee guida alle quali i valutatori medici legali dovranno fare riferimento.

(7)

Conclusione

Le risorse, certamente non illimitate, del mercato assicurativo non consentono di continuare a percorrere la strada della "americanizzazione" dei risarcimenti delle micropermanenti, né quella di pagare sistematicamente gli pseudo danni.

Per mantenere il necessario equilibrio tra entrate (premi) ed uscite (risarcimenti, costi di gestione, riserve tecniche) è necessario che si arrivi al più presto ad un ridimensionamento delle liquidazioni delle microinvalidità entro canoni uniformi, agganciati a parametri inflativi ed adeguati, sia dal punto di vista sociale che economico, riservando maggiore considerazione ai risarcimenti dei danni con lesioni più gravi, come già accade nella prassi giudiziale.

In tal modo, si otterrà l'effetto di coniugare certezza del diritto al risarcimento e capacità previsionale delle Imprese assicurative.

In un contesto siffatto di effettiva giustizia distributiva, sarà possibile dare il via ad un’inversione di tendenza anche per quanto riguarda gli aumenti delle tariffe.

Riferimenti

Documenti correlati

7 è una cittadina italiana e compagna del signore. L’intervista a tre è necessaria anche perché sono molto uniti e si sono sempre recati al servizio insieme, così come

Le specie vegetali per proteggersi da questo tipo di stress, grazie al meccanismo d’acclimatazione, mettono in atto tutta una serie di risposte che comprende: modifiche

L’obiettivo principale degli studi eseguiti sull’acclimatazione al freddo e sulla tolleranza allo stress da congelamento, prevede l’identificazione delle proteine indotte da

[r]

Il carico termico dovuto alla ventilazione, cioè al numero e alla modalità di ricambio dell’aria interna con quella esterna, è una grandezza di fondamentale importanza

In particolare questo problema ` e noto come problema di Didone e pu` o essere formulato matematicamente nel seguente modo: “tra tutte le curve della stessa lunghezza aventi estremi

Nonostante la ragionevolezza del principio, la direttiva europea e la riforma prevista dal Pnrr mancano in quello che sembra essere il problema più serio: nella maggior parte dei