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IL MOBBING COME ESPRESSIONE IATROGENA DELLA VITA DI RELAZIONE

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Academic year: 2022

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IL MOBBING COME ESPRESSIONE IATROGENA DELLA VITA DI RELAZIONE

Dr. Antonio Marigliano

E’ ben noto come del Mobbing siano fornite molteplici descrizioni, sia rispetto ai suoi contenuti, che alle sue manifestazioni, anche se è prevalso quest’ultimo aspetto, e quindi una modalità principalmente descrittiva del fenomeno.

Tenendo presenti tali molteplici descrizioni, si può definire il Mobbing come una condizione di vita che può riguardare uno o più soggetti, che interferisce negativamente, e per un periodo anche prolungato, con il consueto svolgersi delle esperienze dell’essere, della sua (o loro) integrità psicofisica, del modo di interagire, di rappresentarsi, esprimersi e confrontarsi nella vita di relazione e quindi della sua (o loro) esistenza e del suo (o loro) esistere in qualunque ambito o contesto storico.

La vita di relazione è costituita da molteplici aspetti relativi al modo di essere, quindi all’essere, all’interno della sua esistenza, sin dalla vita intrauterina: quindi relazione come essere relativi con altri esseri, sia dal punto di vista biologico che psicologico, culturale. Transculturale, affettivo, emotivo, socioeconomico e quindi soggettivo, obiettivo, familiare, etnico e storico.

La vita, di per sé, è espressione di un andirivieni costante tra individuo ed ambiente e quindi di ognuno con se stesso e con il mondo circostante, in un processo di reciproco inveramento e trasformazione.

All’interno di tali molteplici interrelazioni dialettiche si organizzano –in funzione dei propri bisogni, desideri ed aspettative- stati d’animo, emozioni, affetti, sentimenti, pensieri, progetti e speranze, che richiedono investimenti affettivo-emotivi su ogni elemento oggettuale vissuto o sentito come interlocutore.

Ciò avviene, con caratteristiche specie-specifiche, per ogni soggetto vivente in senso biologico-metabolico, e quindi per ogni cellula di qualunque individuo vivente, a qualunque specie, classe o regno appartenga. E’ ovvio, infatti, che tutti gli animali, anche quelli unicellulari e le piante (idem) sono in relazione con l’ambiente che li circonda e dal quale ricevono nutrimenti e condizioni ambientali che consentono loro di vivere e di realizzare se stessi, nelle proprie caratteristiche specie-specifiche ed individuali.

Il rapporto si basa e si organizza, pertanto, con l’instaurarsi di molteplici tralci relazionali i quali, nel tempo, determinano l’organizzarsi di una serie di

Specialista in Psichiatria e Psicologia, Tutor di Psicopatologia Forense presso la Scuola di Specializzazione in Criminologia Dell’Università Degli Studi Di Milano

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modelli di comportamento che, a loro volta, stimolano risposte con caratteristiche di feed back positivi o negativi.

La vita si esprime, così, come presupposto e produzione di una rete infinitamente ricca di stazioni, incroci, andirivieni e percorsi, lungo i quali stimoli e risposte si incontrano, si verificano, si intersecano, si confermano o si annullano in una continua tendenza ad un’integrazione dinamica di ogni frammento di esperienza in un insieme conoscitivo, esplorativo, operativo, progettuale e creativo, che crea innanzi tutto se stesso, in un determinato contesto storico.

Non si tratta semplicemente o riduttivamente della ininterrotta tendenza verso l’omeostasi propria, unica ed irripetibile dell’ambiente interno, giacchè essa esiste, di per sé, unicamente a scopo descrittivo.

Ma in esso si ritrova sempre la presenza diretta od indiretta di quello esterno e della relazione che sussiste tra loro.

E’ ben noto come dal ritrovamento e dallo studio dei fossili si giunga a ricostruire l’intera vicenda storica di uomini vissuti anche milioni di anni prima di noi, descrivendone non solo la statura, peso corporeo ed attività lavorativa, ma anche il tipo di ambiente naturale e socio-economico nel quale vivevano e di che natura fosse la loro cultura e persino la loro alimentazione.

Esaminando i contenuti della vita di relazione dell’essere umano, possiamo dipanarli esplicativamente lungo un percorso che, come ho dianzi accennato, inizia già nella vita intrauterina, trascurando ovviamente l’intero patrimonio genetico-culturale che gli preesiste e che eredita e che trascende l’ontogenesi per giungere fino alla filogenesi.

Sin dalle prime settimane, nelle quali iniziano a preformarsi gli organi e glia apparati, senza alcun riferimento ad ipotesi di riconoscere a tale insieme di cellule staminali lo statuto di individuo e tanto meno di persona, il contenuto dell’utero gravido è in relazione con lo stesso utero, l’amnios e la placenta.

Ma l’utero appartiene ad una persona la quale vive ed elabora la propria condizione di gravidanza, secondo il proprio modo di essere e la propria disponibilità ad accettare la trasformazione psico-somatica a cui va incontro, ed il senso di progettualità, prolungato in genere per il resto della propria vita, che ne consegue.

Così come una o più cellule, pensiamo ad esempio ai virus (che sono solo proteine) ed ai batteri nei terreni di coltura, risentono delle condizioni e delle qualità di tali terreni, l’insieme di cellule fetali risente delle condizioni e delle qualità dell’ambiente che lo contiene. E così via fino a quando la componente psicologica acquista maggior pregnanza, giacchè il feto più maturo comincia a “sentire” ed a percepire suoni e rumori che inizia ad elaborare, secondo le proprie capacità biologiche.

E così fino alla nascita, come momento “deciso” da entrambi per concludere la gravidanza e poi lungo tutto il periodo che da uno stato di

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simbiosi emotivo-affetiva, porta l’infante all’età scolare e verso le successive fasi con qualità emancipogene.

Ma il tutto avviene costantemente in un insieme relazionale che, partendo dal patrimonio genetico, ha assunto valore di buono o cattivo nutrimento psico-affettivo, con le conseguenti caratteristiche personologiche di base che ne deriveranno.

E poi, appunto, la scuola materna; la famiglia allargata; le varie scuole, con il ripetersi di momenti iniziali e conclusivi; le trasformazioni biologiche- ormonali e quelle psicoendocrine; l’acquisizione dell’identità di genere; i primi approcci consapevoli delle relazioni sessuali; l’università, il lavoro, ecc.

Si tratta di una ricchissima, poliedrica, proteiforme e policroma rete relazionale, intrisa di componenti emotivo-affettive e di scambi che, partendo da quelli esclusivi della vita intrauterina, composti dalla mescolanza di nutrimento e di eiezioni, via via si arricchisce e si articola, acquistando sempre più aspetti psicologici e psicosociologici, compresa la trasmissione dei valori.

Risulta subito evidente come tale viaggio dell’essere verso nuove fasi dell’esistere, a cominciare dalle prime relazioni oggettuali, richieda un sostanziale equilibrio tra esperienze di frustrazione e di gratificazione, che favoriscano la progressiva strutturazione di uno statuto di identità e di sicurezza.

Riflettendo, semplicemente riflettendo, sulla nostra storia personale, tutti possiamo, se riusciamo a farlo con abbandono, direi con animo puro, renderci conto della complessa articolazione di tale viaggio, splendidamente rappresentato nelle descrizioni di viaggi individuativi che Dante, Omero ed altri autori (ma con approcci differenti), ci hanno proposto.

Altrettanto evidente risulterà, dalla nostra riflessione, come in tale percorso, una carenza dell’equilibrio tra gratificazioni e frustrazioni, possa mettere a dura prova la nostra capacità di affrontare, resistere ed elaborare esperienze frustranti(od anche a volte particolarmente gratificanti), ponendoci in una condizione di preoccupazione, allarme, tensione psico-fisica, ricerca di nuovi equilibri o modalità di adattamento e riorganizzazione di nuovi assetti operativi, basati sulla valutazione dell’esperienza in atto, insieme al bagaglio mnemonico di esperienze ed emozioni affini o simili, già vissute prima.

Ce la si può fare (in una fisiologica reazione di stress) oppure no (in una patologica reazione di stress).

In ambito umano, poi, oltre alle esperienze e agli accadimenti dianzi indicati o evocati, sussistono anche altri elementi che noi consideriamo specie-specifici (forse con un arbitrario orgoglio di specie): i rapporti affettivi ed i valori.

Se fosse capace di riflettere ed argomentare, nessun infante potrebbe (forse) giungere mai di essere “tradito” dalla propria madre (o dall’adulto accudente). E’ ben vero che la psicoanalisi infantile sostiene simbolicamente la sussistenza di un seno buono e di uno cattivo, ma ciò all’interno di una

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dinamica relazionale che porta il bambino da una posizione di scissione dei due seni (perciò detta schizo-paranoide) ad un’altra di integrazione degli stessi (in un’altra posizione detta depressiva, con la messa in essere di condotte riparatorie che mettono assieme le due polarità in una, concorrendo a stabilire nuove modalità relazionali, più mature ed equilibrate).

Ma giammai l’infante potrebbe immaginare di ricevere dal seno materno venenum, invece del liquido caldo, dolce e nutriente, elargito in un’atmosfera di contenimento affettivo-emotivo, un utero psicosomatico nel quale viene tenuto, accolto, protetto, accudito al punto che egli, immerso in tale stato di assoluta garanzia, ne viene sopraffatto, fino ad assopirsi, in una condizione di ebetudine, oppure a sospendere di succhiare, avendo raggiunto la certezza che ritroverà il capezzolo elargivo e munifico.

Credo che si possa utilizzare tale esemplificazione come paradigma emblematico e simbolico di ciò che può avvenire ed avviene in un’esperienza di mobbing.

Sul lavoro, in famiglia, tra amici, nella vita comunitaria, a scuola, nei circoli ecc. Ciò nelle varie forme e direzioni.

E’ proprio la difficoltà iniziale di percepire il senso del tradimento che rende, a volte anche per un lungo tempo, difficile che la vittima di mobbing si renda conto di esserlo. Essa può giungere ad ipotizzare molteplici possibilità ermeneutiche che, spesso, lo portano a mettere in discussione se stesso e le proprie qualità, giacchè gli sembra impossibile , o quasi, che qualcuno od alcuni, o magari molti, anche inconsapevolmente, abbiano potuto mettere in atto una specie di trama ai suoi danni.

E’ anche per questo motivo che, allorché capita di esaminare tali vittime, si può rimanere (se non in possesso di adeguata esperienza) stupiti dal fatto che esse abbiano potuto accettare, a volte anche per anni, condizioni umilianti, offensive o quant’altro, senza mettere in atto alcuna adeguata condotta di tutela di se stessi. In tali casi il danno si è quasi sempre già verificato e colui che esamina il soggetto non può che accertarlo e valutarlo.

Perché ciò di verifica? Ed in tal modo? E perché mai spesso viene scelto o prescelto, come paziente designato uno dei migliori?

Tenendo presenti gli aspetti dianzi indicati, ed utilizzando, solo in chiave ermeneutica, categorie psicoanalitiche, si può affermare che il Mobbing, con i suoi effetti e le sue rappresentazioni, costituisca un fenomeno che si pone a valle di un processo profondo che ha radici nell’inconscio.

Ogni volta che si verifica uno stato di Distress e, poi, di disadattamento,

“dietro” e più in profondità, si ritrovano elementi radicali che si manifestano proprio nel disagio, sofferenza, disadattamento, conflittualità con se stessi e con gli altri (quindi nella vita di relazione), fino a vere e proprie forme psicopatologiche.

Ne consegue che si può affermare che la fenomenologia del Mobbing sia sempre esistita, ma ciò si può affermare anche per il Danno Biologico di natura psichica, e per il Danno Esistenziale.

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Solo che ad un certo punto, e per molteplici motivi storici, politici e genericamente culturali, alcuni hanno organizzato tale fenomenologia in un insieme-contenitore, descrivibile, verificabile e comunicabile.

Ciò in qualunque ambito: famiglia,. Lavoro, scuola, gruppi, coppia, ed in tutte le direzioni: verticali, orizzontali; ed in molti modi: diretti, indiretti (orari di lavoro, dislocazione dei posti di lavoro; qualità degli ambienti fisici di lavoro e degli arredi; aspetti tecnici; tempi e metodi di lavoro; imposizioni di norme, divieti e valori; ecc.).

Ma, per quanto precisi e dettagliati si possa essere, si rischia sempre di essere riduttivi o ridondanti.

Forse si può affermare che una condizione estremamente facilmente lo strutturarsi di una situazione di mobbing è costituita fatto che ci sia qualcuno, od alcuni od anche molti, che decidono al posto di altri, sugli altri ed a proposito di altri.

Prima o dopo si determinerà uno stato di progressivo disagio, anche in coloro che detengono il potere, che deriva dal fatto che, alla lunga il metodo imposto, con il suo standardizzarsi, spersonalizza i rapporti, per cui anche il capo, i capi, non riescono a trarre, dalla loro posizione di comando, una soddisfazione gratificante giacché, in sostanza, anch’essi si ritrovano ad essere governati dal metodo.

Da ciò (oltre che. Ovviamente, dalle caratteristiche personologiche e quindi dalle loro strutture di base) può derivare, con estrema probabilità, il bisogno di recuperare il primitivo senso del potere sugli altri, cominciando da qualcuno, che spesso è il più efficiente e produttivo.

Egli, infatti, apparirà, paradossalmente, come un esempio di fallimento nella gestione autoritaria del potere proficuo perché è puntuale, attivo, preciso, produttivo e, persino, apparentemente soddisfatto. Esattamente come non si sente più il suo capo ed i suoi colleghi o subalterni.

Allora iniziano, al principio in modo estremamente indiretto, saltuario e superficiale, poi via via più esplicito e diretto, a manifestarsi atteggiamenti e comportamenti inadeguati ed incomprensibili, che tendono a minare il benessere e l’efficienza del subalterno, o del superiore, o del collega, ecc.

Se la vittima non si accorge del meccanismo che si è innescato, dopo un periodo di sopportazione, dovuto anche alle sue salde strutture psichiche di base, comincia a viverre con disagio tutto quanto prima, invece, sentiva come positivo e gratificante.

Il volano esistenziale si ferma e poi inizia a girare in senso inverso ed egli può giungere anche a ritrovarsi affetto da una malattia riconoscibile e diagnosticabile, che perviene prevalentemente all’area dei disturbi psichici.

Ovviamente tale stato psicopatologico non rimane inscritto solo nell’ambiente nel quale ha avuto origine, ma si manifesta anche in altri ambiti, ad esempio la famiglia, per cui il soggetto mobbizzato, paradossalmente, diventa a sua volta colui che mobbizza gli altri e da tale circolo vizioso non può ricavare altro che nuovi e ripetuti elementi di disagio.

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Il circolo virtuoso è diventato vizioso e l’unico rifugio può essere costituito dalla malattia , come spazio-tempo nel quale l’angoscia può trovare un modo di essere contenuta.

Disturbi psichici che pertengono a precisare aree cliniche (Disturbo dell’Adattamento; DPTS; Disturbo di Ansia; dell’Umore; Modificazione di caratteristiche personologiche; in alcuni casi disturbi dissociativi di breve durata ed anche semplici, moderati e non prolungate reazioni psicopatologiche) oppure limitazioni più o meno profonde ed estese del proprio modo di esistere: quindi Danno Biologico e/o Danno Esistenziale.

Va tenuto presente, comunque, che, almeno nel cosiddetto mondo civile, tutti siamo sottoposti a stimoli mobbizzanti: pensiamo ai controlli delle nostre telefonate; all’intrusività subdola, subliminale e benefica della pubblicità; al consumismo, con il suo costruirsi come valore teleologico e, quasi, teologico;

e quant’altro.

In sostanza la massimificazione dei gusti e delle tendenze (i giovani vestiti nello stesso modo; i bambini con gli zaini uguali e griffati; la ricerca di una identità attraverso le griffes, in mancanza di una propria, senza quei vestiti, non solo nel senso dell’abbigliamento, ecc.).

Molti, forse la maggioranza, si intergrano in uno stato psichico di relativa passività, in una ricostruzione regressiva della Personalità; alcuni non ci riescono e giungono a star male in vari modi ed in vari livelli.

In sostanza il Mobbing ci riguarda tutti ed i suoi effetti, più o meno nefasti, possono rimanere nell’ombra della personalità oppure manifestarsi, ma essi, comunque e sempre, derivano da una discordanza tra identità personale, propri modi di essere e si esistere ed ostacoli od autentiche sopraffazioni, che interferiscono od impediscono la realizzazione di ognuno, secondo la propria natura.

Ma, dopo tale prolissa premessa, che certamente non poteva essere esaustiva, che dire e, soprattutto, che fare?

Come sempre, di fronte ad un evento che determini effetti genericamente o specificatamente negativi su una più persone, bisogna fermarsi a riflettere. Bisogna mettere in atto condotte esplorative e conoscitive sul campo, sull’area dove l’evento si è verificato. Ovviamente il primo momento sarà concentrato sulla messa in essere di strumenti e tecniche che possano giungere ad isolare l’evento da insiemi troppo estesi e confusivi. Ciò per un duplice scopo: dal punto di vista della psicologia del lavoro, per tentare di intervenire, ove è possibile, sull’ambiente (nel caso si tratti di mobbing in abito lavorativo); dal punto di vista medico-legale e psichiatrico-forense, allo scopo di accertare se l’evento (che può intendersi anche attivo per un tempo prolungato), abbia assunto valore lesivo, o più specificatamente psicolesivo, tale da determinare nella vittima l’insorgenza di uno stato patologico e di un’eventuale menomazione temporanea e/o permanente della sua intergità psicofisica.

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Si tratta di un accertamento che dovrà essere svolto da professionista specificatamente qualificato e cioè dal medico legale, da solo od in associazione con lo psichiatra clinico, oppure, specificatamente, dello psichiatra forense.

L’evento lesivo può, infatti, determinare sia l’insorgenza di una malattia organica, magari aggravando uno stato patologico preesistente, sia un disturbo psicosomatico, sia di una patologia di esclusiva natura psichica.

Tale accertamento non si differenzia significatamene dagli altri, nel valutare l’esistenza e l’entità del danni a persona.

Dal punto di vista psichiatrico-forense, però, questo tipo di accertamento richiede una specifica attenzione per molteplici motivi:

1) a differenza che in RCA, dove, il fatto che un evento lesivo si sia verificato è quanto mai certo, nel caso di esperienza di mobbing in ambito lavorativo, lo specialista, pur verificando

2) su documentazione che effettivamente qualcuno è stato licenziato, dequalificato o quant’altro, raccoglierà, comunque, prevalentemente dati ed elementi forniti principalmente dalla vittima, anche in relazione alla descrizione dei fatti che hanno determinato l’insorgenza del proprio danno psichico.

In sostanza, in RC, l’essersi verificato un fatto lesivo è implicito ed accertato, invece che ciò si sia verificato sicuramente anche in un ambiente lavorativo, è riferito, quasi sempre, solo dalla vittima e/o dal suo avvocato. Ed anche la documentazione che lo dimostri, compresa quella sanitaria, non raggiunge lo stesso grado di obiettività.

Da ciò l’utilità di effettuare un sopralluogo, insieme ad un medico del lavoro, e di raccogliere testimonianze adeguate, laddove sia possibile, a meno che esse non siano state già raccolte da un magistrato.

Comunque , però, è tassativo che l’esame psichico-forense vanga eseguito con estrema ampiezza e profondità, per giungere a conoscere la struttura psichica di base della vittima.

Laddove ci si trovi in un’atmosfera di prevalente soggettività, è necessario utilizzare tutti gli strumenti tecnici (ad es. esame neuropsicologico e psicodiagnostico) per riscontrare il massimo numero possibile di dati obiettivi.

Ciò richiede che lo psichiatra forense, o lo psichiatra che affianca il medico legale, siano dotati di una prolungata ed approfondita esperienza clinica. Si sa bene come il miglior manuale di psicopatologia sia costituito dal cosiddetto paziente e come, ogni volta che un clinico ed un paziente si incontrano, riscrivano daccapo il copione della sofferenza psichica che costituisce uno specifico disturbo, giacché ogni volta tale copione, già di per sé mutevole, viene interpretato in un modo nuovo, unico ed irripetibile, da ogni nuovo attore che ne incarni il personaggio principale.

Ed ecco come si ripropone il senso della relazione: lo psichiatra e la vittima, se tra loro si è costituita una buona relazione e se il setting ha

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acquistato carattere di una residenza emotiva, potranno, insieme, dipanare il gomitolo angoscioso che blocca lo svolgersi liberatorio del modo di essere di entrambi, per isolarne fili esplicativi e conoscitivi che li porteranno a comprendere una realtà umana prima bloccata ed incomprensibile.

Appare chiaro come ciò richieda una specifica competenza, ma il discorso delle competenze è ben noto, viste le molteplici figure professionali che si incontrano intorno a tutto quanto riguardi la realtà psichica e la fenomenologia psicopatologica.

Ma tale aspetto ci porta a sfiorare e, forse, a toccare decisamente l’area dell’altra voce di danno che può determinarsi in capo alla vittima: il Danno Esistenziale. Non credo, però, che sia questo il contesto per parlarne da parte mia e, comunque, non ve ne sarebbe neanche il tempo.

Volevo semplicemente proporre alla vostra attenzione, soprattutto alla luce della mia ormai quasi secolare esperienza ed alle molteplici conoscenze che mi è capitato di acquisire, che considerare il mobbing solo come esperienza con netta prevalenza legata a disagio nei luoghi di lavoro, mi sembra riduttivo ed inesatto, anche per il rischio di tecnicizzare in modo esagerato un processo conoscitivo-accertativo che riguarda tutta l’esistenza umana.

Ad esempio, la maggior parte dei pazienti incontrati da uno psichiatra, potrebbero costituire esempi di mobbing in ogni contesto umano.

Come sempre ci si deve rendere conto che ogni discorso sull’uomo, ovviamente inserito in un determinato ambito storico, debba essere contestualizzato: come è cambiata la vita di relazione in famiglia, al di fuori della stessa, a scuola, nei gruppi, negli ambienti di lavoro, nella vita affettiva, nel tempo libero, ecc.

E come sono cambiati gli usi, i costumi, le credenze, gli stessi bisogni, ecc.

E come ci si siano progressivamente svuotati i contenitori delle tradizioni, delle radici culturali ed etniche e quindi dei valori, con l’insorgenza di bisogni e tensioni operative e produttive che hanno concorso a fragilizzare precedenti modi di essere, sentire o desiderare, per sostituirli con altri, derivanti da nuove prospettive teleologiche.

Tutto ciò rientra ovviamente all’interno delle infinite dinamiche relazionali e quindi nel nucleo centrale e radicale delle dissolvenze delle sicurezze di prima, senza che altre, altrettanto rasserenanti, le abbiano sostituite, per cui l’uomo si trova ininterrottamente in una condizione che di precarietà non ontologica, ma violentemente imposta da altri che, per svariati motivi, sono in possesso degli attuali strumenti di potere.

In realtà, come dianzi ho accennato, si potrebbe affermare che il mobbing, come qualunque condizione che determini disagio, sofferenza o malattia, per l’incontro tra ambienti sfavorevoli ed individui, o gruppi, costretti a viverci e/o conviverci, sia sempre esistita. Solo che, come è avvenuto per la componente psichica del Danno Biologico, in un determinato momento

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storico, per svariati motivi, qualcuno ha isolato tale condizione, come fatto a sé, e, studiandone la fenomenologia ed i contenuti, lo ha organizzato in una categoria descrivibile e comunicabile. E noi ci siamo trovati a confrontarci con essa, sia soggettivamente, come potenziali vittime, che oggettivamente, come addetti ai lavori.

Non va poi trascurato un aspetto che, a prima vista, può apparire paradossale: la vittima di Mobbing può essere stata lei stessa responsabile, in un primo momento, dello strutturarsi, nel tempo delle condotte mobbizzanti messe in essere da altri.

Il mobizzando, come paziente designato, che in ambito lavorativo può diventare un modello di efficienza e produttività, può diventare anche colui che smaschera, che svela, che dice il Re è nudo; egli fa scoppiare le contraddizione e fa emergere aggressività represse che poi si patologizzano, trasformandosi in forme di violenza, esplicita diretta, od indiretta.

In sostanza è lo stesso soggetto che sarà mobbizzato ad innescare, con effetto iatrogeno, la spirale perversa nel quale uno o più, isolatamente o insieme, in forme morbose di alleanze, inizieranno a mettere in essere comportamenti e condotte lesive della sua identità ed integrità personale e professionale.

E' perciò che, speso, viene attaccato “uno dei migliori”. Attaccare un dipendente non molto brillante o peggio, non risulterebbe soddisfacente: le istanze aggressive non troverebbero adeguato investimento e scarica, perché la vittima sarebbe un ricettacolo troppo semplice da attaccare e sopraffare.

Il Mobbing, quindi, costituisce lo strumento-evento-condizione che trasforma l’esperienza di Stress, come ricerca di nuovi equilibri adattativi, in esperienza di Distress, come espressione di fallimento di tale ricerca e quindi del cedimento della struttura psichica della vittima, per il crollo delle sue difese biologiche e psicologiche.

Le sindromi che si organizzano in capo alle vittime descrivono e rappresentano tale crollo e, se accuratamente studiate e valutate da esperti, ne indicano, con elevata attendibilità, le cause, e forniscono anche orientamenti terapeutici individuali ed ambientali.

Ma sempre va ricordato che si tratta di una patologia relazionale, e quindi una componente fondamentale che la caratterizza è costituita da un disturbo od alterazione delle comunicazioni. Pertanto tale aspetto deve essere indagato con estrema acutezza, perché su di esso sarà necessario intervenire per andare s toccare e, se possibile, modificare, le radici della causa iatrogena.

Non è un compito semplice. Richiede profonda esperienza e capacità professionale da parte di coloro che vengono incaricati di accertarne e valutarne i contenuti e le loro rappresentazioni. E richiede altresì che si istituisca un gruppo interdisciplinare di esperti che valutino, ognuno secondo la propria competenza, i molteplici aspetti del fenomeno (ambiente, soggetti, qualità delle comunicazioni, ecc.). l’insieme dei dati, poi, dovrà essere

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integrato in un modello ermeneutico dinamico conoscitivo, dal quale trarre diagnosi e suggerimenti terapeutici, in senso lato.

Naturalmente è tassativo che tra gli esperti sussista o si crei un adeguato livello di comunicazione. Altrimenti bisognerà sperare che vada meglio.

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