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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.10 (1883) n.457, 4 febbraio

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L'ECONOMISTA

GAZZETTA SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI P R IV A TI

Anno X - Voi. XIV

Domenica 4 Febbraio 1883

N. 457

IL RISCATTO ECONOMICO

Sotto questo titolo l’autorevole giornale di Roma la Rassegna pubblicava giorni sono un articolo im­ portantissimo che ci piace di riussumere breve­ mente, per poter aggiungere alcune considera­ zioni.

La Rassegna nota che vi è un campo vastissimo in cui l’operosità dei partiti può affermare il pro­ prio valore e conquistare la simpatia e la bene­ merenza della Nazione, quello che la parola del Re sintetizzò nella formula di riscatto economico; se non che, nota il giornale di Roma, si è data sempre una importanza secondaria agli argomenti economici, il più delle volte non si è dato ad essi quell’ampiezza di svolgimento che richiedevano gli alti interessi pubblici che vi erano annessi, e non fu fatta in Italia, nè dal governo, nè dal pubblico una vera politica economica. La poca importanza che si diede alla discussione delle questioni econo­ miche nella Camera e nella stampa fece sorgere quelli che si direbbero specialisti ; cioè le due o tre persone, che dedicando un po’ di studio a tali questioni riescono a saperne più degli altri e ad imporre il loro avviso, o a rendersi, all’ occorrenza, indispensabili, con quanto vantaggio dell’ interesse generale può ognuno immaginare, ricordando quanto sia spesso fallace il giudizio umano. E sebbene non difettino in Italia studiosi delle discipline economi­ che, chè anzi il numero dei prosessori di economia politica è cresciuto più di qualunque altra categoria d’insegnanti, e l ’Italia ha avuto la fortuna di con­ tare uomini valenti nella scienza economica, è tut­ tavia il solo paese d’ Europa dove non ha attec­ chito una Società di economia politica.

E qui la Rassegna dimostra, senza fatica, quale utilità potrebbe produrre una simile istituzione, la quale dovrebbe dar l’ impulso alla discussione, pro­ vocarla nella stampa periodica, farne scaturire la luce, così che le questioni giungessero al Parla­ mento già studiate dal paese, già mature e quando la soluzione sarebbe già sanzionata dalle manifesta­ zioni del pubblico. — E cita il problema del r i­ scatto e deil’ esercizio* delle ferrovie, delle tariffe doganali, dei trattati di commercio, del riordina­ mento bancario, della legislazione sociale.

E conclude : « Il governo ha dimostrato di voler dedicare l ’opera sua alle riforme economiche, il Parlamento Io seconda ; ma il paese e la stampa, che ne esprime' le opinioni, secondi, agevoli l ’opera di entrambi. Che una discussione elevata, con stu­ dio, con amore, si faccia nel paese su tutte le

questioni economiche, che essa sia di stimolo pel Governo e pel Parlamento e così tutti avranno contribuito al riscatto economico del paese. »

Abbiamo detto che l ’articolo della Rassegna è notevolissimo, ed aggiungiamo che nobilissimi sono i concetti che vengono manifestati, generose le idee, encomiabili i propositi. Ma tutte queste incontesta­ bili qualità non ci distolgono da alcune osserva­ zioni che mettiamo innanzi francamente, inquanto- chè crediamo che debbasi in ogni caso dire la verità, dirla anzi tanto più coraggiosamente quanto è più dura, per non pascersi d’ illusioni o di vane speranze.

E in primo luogo notiamo le difficoltà materiali nelle quali si trova l’Italia perchè possa sorgere e durare con azione efficace una Società d’economia politica, da gareggiare, o da paragonarsi con quelle di altri paesi. Noi non abbiamo un centro come Parigi e Londra dove si raccolgono e vivono le m igliori intelligenze della nazione. Fate una società a Roma, e troverete molti aderenti; dopo le prime sedute ve ne interverranno tre o quattro d’ illustri e competenti, gli altri, saranno pure eccellenti per­ sone, ma senza notevole valore, o non potranno intervenire perchè lontani di dimora. Potrebbesi è vero costituire un numero maggiore di Società d i­ stribuite nei principali centri ; ma non si cadrebbe allora nell’ inconveniente lamentato dalla stessa Ras­

segna in quanto tali società o non avrebbero in ­ fluenza, od avendone cadrebbero in mano di quei po­ chi, che avendo studiato un po’ più degli altri, si rendono indispensabili?

In secondo luogo è anche d’ uopo notare, che in Ita­ lia i pochi veri competenti sono tra loro tult’altro che concordi nelle questioni economiche; il che sarebbe meno male, poiché anzi riuscirebbe di alimento ad una efficace discussione; ma mostrarono anche, e questo è gravissimo per le conseguenze, di non sa­ per mantenere la discussione negli alti campi della scienza, e, ad alcuni almeno, non fece scrupolo mettere in dileggio la stessa scienza e calpestarla, dimenticando ad un tempo e le tradizioni italiane ed il bisogno di concordia, pur di giungere ad un determinato scopo.

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tenti, e riteniamo che in tali argomenti l ’ Italia si trovi a disagio, specialmente perchè le vennero im­ poste dottrine, che sono in contradizione coi suoi bisogni e colle sue tradizioni. Certo che a nessuno più che a noi piacerebbe di veder raccolti sotto una sola bandiera gli uomini eminenti che conta l’Italia quali cultori di economiche discipline, certo che, ispirati come siamo dal solo desiderio del vero e del bene, ci sentiremmo anzi felici di cooperare a tanto scopo, ma la Rassegna ci dica sinceramente, ella che forse può davvicino .aver la risposta, sa­ rebbe possibile oggi, più che alcuni anni or sono, incontrare quel sereno e spassionato affratellamento che solo promette frutto da simili istituzioni ?

N è vanno trascurati altri due punti, ili uno dei quali si occupa anche la Rassegna ; quello della stampa prima. Il giornale di Roma lamenta il silen­ zio o la incompetenza della stampa periodica sulle questioni economiche, quantunque il numero degli studiosi di quelle discipline sia aumentato, non fosse altro per la quantità di professori di economia politica. Ed è giusto. Ma non ha osservato la Ras­

segna il fatto doloroso che presentano in genere gli studiosi'; la mancanza di indipendenza nei loro con­ cetti e nelle loro opinioni? — il mutuo incensarsi dei discepoli e dei maestri su per le stampe, e nelle letture, e nelle prolusioni? — la timidezza con cui si combatte non la persona, ma anche l’opinione di chi è potente, o lo era, o può divenirlo? — gli in tri­ ghi coi quali si cerca di distribuire o di negare le cattedre maggiori?

E, per quanto sia grave il dirlo, non è questa l ’ ultima causa del silenzio di coloro che, sia pure modestamente, potrebbero dire una ascoltata pa­ rola.

Un’altro punto infine conviene notare ed è quello della indiretta ingerenza che lo Stato pur assume sulla pubblica stampa. Fortunatamente noi siamo sempre vissuti indipendenti, e quindi ci sarebbe permesso parlare senza molti riguardi ; nulla ab­ biamo sin qui domandato, nulla domanderemo in seguito, e ci basta il costante appoggio che il pub­ blico volle accordarci spontaneamente. Vogliamo però in questa occasione osservare che I’ appoggio, anche indiretto, concesso dal governo a questo 'piut­ tosto che a quello, può tornare, e torna molte volte di ostacolo a chi non gode o non vuol godere di questo aiuto. E , come è noto, noi siamo nemici della ingerenza governativa, appunto perché essa riesce necessariamente ingiusta.

Concludendo :

Auguriamo che i generosi propositi della Rasse­

gna trovino ascolto, ci proponiamo anzi in quanto è concesso alle nostre modestissime forze di aiu- larla, però non ci illudiamo sull’esito, a meno che non sieno tolte le principali di quelle cause che abbiamo sopra notate, e sotto la bandiera della tra­ dizionale economia italiana non sieno disposti a raccogliersi coloro che non avrebbero dovuto mai allontanarvisi ; od almeno non riconoscano finalmente che coloro, i quali pensano diversamente da loro vanno, se è possibile, combattuti con buone ragioni e non onorati appena di tollerante compatimento, quando non sieno gratificati del dileggio.

E forse, anche in questa come in tante altre cose, i capi sono meno colpevoli dei gregari, i quali per ingraziarseli dimenticano il famoso detto di Tayllerand.

IL CORSO FORZOSO E L'ORDINAMENTO DELLE BICH E

Nei precedenti articoli che trattavano della abo­ lizione del corso forzoso, abbiamo affermato che una delle difficoltà maggiori che presenta la attuazione di quel fatto, così importante per la economia del paese, è il riordinamento dei nostri Istituti d’ emis­ sione, in quanto si riferisce alla circolazione.

Dei tre principali sistemi che si potevano seguire sull’ ordinamento dei viglietti a vista ed al portatore, — la completa libertà, il monopolio ad una Banca, o la libertà limitata, — abbiamo seguito quest’ ultimo, e, a vero dire, non abbiamo potuto chiamarcene contenti, non solo, ma - è chiaro che lo stesso mi­ nistro delle finanze più volte ha trovato imbaraz­ zata la via ch’egli voleva battere, dalle condizioni delle Banche, le quali essendo legate a tanta parte del movimento economico del paese, egli doveva necessariamente rispettare, per non turbare il re­ golare andamento dei pubblici affari. E, sarebbe inutile il tacerlo, molte volte la cosa pubblica ha potuto essere salvata o condotta innanzi, invocando ed ottenendo ciò che venne chiamato, « sagacia e patriottismo » del maggiore dei nostri istituti di credito; ma che in sostanza si traduce molte volte in una serie di transazioni, di concessioni, di com­ promessi i quali non possono che creare dei pre­ cedenti molto pericolosi. Tanto più se si rifletta che l'esistenza del Consorzio e dell'attuale regime bancario è dovuta alla antipatia che, a torto od a ragione, qui non importa rilevare, aveva in molti ispirato quello stesso istituto del quale poi s’ invocò ripetutamente l’ aiuto.

Ora se il sistema adottato da noi ci ha dato dei risultati non buoni, ed ha prodotto allo Stato una serie di ostacoli che superò solo in parte receden­ do dal suo stesso proposito, ci pare però che siasi potuto ricavare da questo stesso periodo di prova degli ammaestramenti non inutili per l’avvenire, e tali anzi da lasciarci vedere tracciata abbastanza bene la via. che conviene di più all’ organismo economico del nostro paese.

Però non possiamo limitarci che ad una sola considerazione, sia perchè l’ argomento è assai sca­ broso, e domanda per essere trattato, un corredo di prove incompatibili in un articolo, sia perchè non abbiamo in pensiero di suggerire un sistema, ma soltanto di rilevare un fatto il quale potrebbe ser­ v ir di base ad un nuovo sistema di ordinamento della nostra circolazione.

Se prendiamo l’ ultimo bollettino mensile della situazione dei comi degli Istituti d’ emissione (ed avvertiamo che, colla solita sollecitudine, riguarda il mese di novembre 1882, mentre siamo entrati in febbraio), troviamo che il totale della nostra circolazione cartacea era di 1,657 milioni in cifra rotonda, dei quali 910 dello Stato e 717 degli Is ti­ tuti. Questi ultimi 717 milioni erano così distribuiti:

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4 febbraio 1883 L’ E C O N O M I S T A - 67

Ma in basa alla legge vigente su! consorzio delle Banche si sa che il rapporto tra il capitale utile e la circolazione dovrebbe essere limitato da 1 a 3, e così pure da 1 a 3 il rapporto tra la riserva e il totale della circolazione e degli altri debiti a v i­ sta, e non occorre aggiungere che ogni Banca avrebbe il massimo interesse per allargare il più possibile la propria emissione di viglietti dalla quale, come si sa, ricava tanto utile, ampliando così gli sconti. Ora, sempre dal sopracitato bollettino, ri­ caviamo i seguenti rapporti che esistevano al 30 novembre.

tra capitale

tra riserva circolazione e circolazione e debiti a vista Banca Nazionale . . . 2.93 2.76 Banco di Napoli . . . 2.89 2.79 Banca Nazionale Toscana 2.02 2.78 Ranca Romana . . . 2.95 2.76 Banco di Sicilia . . . 2.89 2.99 Banca Toscana di credito 2.93 2.77 E se queste cifre, meno qualche eccezione, mo­ strano che gli Istituti d’ emissione si avvicinano tutti al limite della circolazione, convien tener conto di un altro fatto assai importante, ed è questo: che al­ cune Banche potrebbero facilmente oltrepassare quel limite, non solo senza danno del loro credito, ma anche con molto vantaggio del pubblico, altre non 10 potrebbero, almeno per ora. In altri termini il pubblico è disposto a mantenere in circolazione molti più viglietti di quelli che alcuni degli Istituti non emetta, e per contro di altri Istituti non tiene in circolazione che una quantità molto minore di quelli che essi vorrebbero e potrebbero emettere. Qui trattiamo una questione di massima generale e non vi è quindi motivo di cercare a vedere per quali cause, passate o presenti, ciò avvenga, solo notiamo 11 fatto. Per alcune banche il limite massimo è molto ristretto a paragone della fiducia che godono davanti al pubblico, per altre è molto largo.

Non è questa una prova chiara, evidente, che si impone agii occhi di tutti, che una legge la quale lim iti la circolazione delle Banche coi criteri di quella vigente è ingiusta, inefficace, dannosa? Nei momenti di crisi commerciale, od industriale, quan­ do gli sportelli degli Istituti sono assediati da chi domanda degli sconti ed il pubblico corre da chi gode più la sua fiducia, che cosa viene a dire una tal legge? — ecco, in sostanza, la sua parola: « dei viglietti nei quali voi avete fiducia non voglio se ne diano di più, se volete, prendete di quelli che non vi ispirano fiducia sufficiente. » E giustizia codesta ?

E, ci pare risulti quell’ ammaestramento che si può ricavare dal sistema fin qui seguito. Il limite nella circolazione non ha la efficacia che si vor­ rebbe; non riesce a spingere la circolazione oltre la fiducia del pubblico, per quegli Istituti che uè godono poca ; riduce la circolazione al di sotto della fiducia stessa, per quelli che ne godono molta. In somma totale, il danno è tutto del pubblico che fruisce di una quantità di medio circolante inferiore a quella di cui pure potrebbe godere.

EMIGRAZIONE E AGRICOLTURA

Alla Camera dei Deputati, alcuni giorni or sono, discutendosi il bilancio del Ministero di Agricoltura industria e commercio, vennero pronunciati da a l­ cuni deputati dei discorsi sulla emigrazione. La nota prevalente in tali discorsi era la seguente: la emi­ grazione aumenta, ed è emigrazione povera ; essa indica uno stato di malessere nel paese al quale bisogna riparare; specialmente le campagne danno un contingente molto forte di emigrati, che sono spinti a lasciare il loro paese dalla miseria ; il Go­ verno quindi provveda.

Noi, in genere, siamo nemici di questi sfoghi di considerazione, di lamenti che molti deputati si con­ cedono nella occasione in cui è aperta la discussione generale del bilancio. Non se ne ricava per lo più altra cosa che una perdita di tempo prezioso, e si converte la Camera in una accademia, come ben disse l’on. Berti, e ripetè l’ on. Depretis in Senato.

A noi pare che se un deputato o più deputati vedono un fatto dannoso al paese, al quale sia pos­ sibile un rimedio, hanno l’obbligo non solo di de­ nunciarlo, ma anche d’ indicare il rimedio. Si ha un bel dire che la emigrazione italiana è un fatto che impensierisce e depaupera il paese di braccia vigo­ rose ; si ha un bel parlare di torre incolte, o palu­ dose; tutto questo non è che sterile lamento, poi­ ché, o si crede la emigrazione un effetto della igno­ ranza, ed allora si deve avere il coraggio di proporre misure le quali impediscono, in nome del pubblico bene, le cause che producono l ’ inganno, — o si crede che specialmente la miseria sia il movente del fatto, ed allora è a quella che conviene cercare il rimedio. Parole se ne sono fatte dimolte, ma v e ­ diamo che ai fatti poco si pensa, anzi nel mentre abbiamo questi sintomi allarmanti della malattia che ci rode, si pensa ad una legislazione sociale i cui benefici, per molti anni, almeno saranno problema­ tici, e ci rappresentano, a cosi esprimerci, un og­ getto di lusso che si mette innanzi a popolazioni che hanno fame.

L ’ emigrazione italiana cresce rapidamente, in que­ sti ultimi anni in modo assai notevole; però non conviene esagerare, e quando parlasi di emigrazione conviene distinguere la temporanea, che è costituita da un numero ragguardevole di operai i quali in una od in altra stagione, secondo il loro mestiere, si re­ cano all’estero a lavorare e poscia ritornano in pa­ tria. E questa specie di emigrazione nella massima parte è vantaggiosa, poiché arricchisce in generale il paese dei guadagni che sanno conseguire all’ estero i nostri sobri operai. L ’altra e l’ emigrazione perma­

nente la quale è costituita specialmente da contadini che vanno a stabilirsi negli Stati Uniti e nel Canada, nelle Repubbliche del Piata e nel Brasile.

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Ma la emigrazione propria o permanente nel se- sennio dal 1876 al 1881 non diede che queste cifre : emigranti emigranti 1876 19,756 1877 21,087 1878 18,535 1879 40,824 1880 37,931 1881 41,607 Pei paesi europei la maggiore emigrazione era data nel 1881 dalle provincie di Udine, Cuneo, Torino, Belluno, Como, Lucca, e pei paesi fuori di Europa dalle provincie di Salerno, Potenza, Genova, Cosenza, Torino, Cuneo, Milano, Como, Campobas­ so, Napoli, Lucca, Alessandria.

Non è a dire che sieuo cifre trascurabili, ma torna ben diverso il fatto della cifra complessiva chiamata col nome generico di emigrazione, dalla cifra di sola emigrazione permanente.

G li Italiani s’ indirizzano specialmente nell’ Ame­ rica e colle seguenti proporzioni :

Stati Uniti e Canadà Rep, del Piata Brasile

1878 1,995 10,626 5,572

1879 5,208 18,189 10,277

1880 5,756 15,271 6,958

1881 11,868 19,208 7,670

Non discutiamo ora se l’emigrazione in massima sia un bene od un male, non rileviamo neanche, che dopo il Belgio, l’Olanda e la Gran Brettagna, l ’ Italia è il paese che ha più densa la popolazione; piuttosto domandiamoci : — Quale è oggi la causa di tanta emigrazione di contadini? — E la risposta non si fa attendere: è la miseria, quella stessa causa cioè che in molte provincie produce la pellagra.

Ora, è lecito domandarsi, come mai l’ Italia, il giardino d’ Europa, la terra promessa, dal clima dolce, dal terreno fertile, non dia ai suoi abitanti un sufficiente alimento. — E troviamo che la pro­ duzione della agricoltura italiana è al disotto della francese e della inglese, che le nostre stalle sono vuote a paragone di quelle delle due anzidetto na­ zioni, e se per poco investighiamo le cause di tale stato nostro, vediamo emergere soprattutto l’ aggra­ vio insopportabile che pesa sulla nostra industria agricola. E non può essere se non influenzata spe­ cialmente da tali aggravi che la produzione agri­ cola dà a paragone di altri paesi le seguenti cifre eloquentissime :

Italia Francia G. Brett. Frumento ett. 52 mil. ett. 100 ett. 39 Segala ed

orzo . . quint. 7 » ett. 45 ett. 36 Avena . . quint. 8 » ett. 75 ett. 64 Patate . . quint. 7 » ett. 116 ett. 85 e che il bestiame presenti le seguenti proporzioni :

Italia m ilioni di capi Bovino 3 1[2 Ovino e capr. 9 Suino 1 1(2 Cavalli 0 2[3 Francia G. Brett.

m ilioni di capi mil. di capi

I l 1[2 10 26 1;2 32 Ii2

5 lj2 4

2 1[2 3

Dinanzi a questi fatti pare a noi che gli uomini di Stato non dovrebbero divagare in accademiche discussioni, per cercare cause remote o per pro­ porre rimedi la cui efficacia è ancor più remota. Sventuratamente i fatti parlano chiaro e non hanno bisogno di una troppo lunga analisi per lasciar ve dere le cause dalle quali sono prodotti.

La popolazione in Italia è tra le più dense di Europa; il prodotto agricolo è tra i più scarsi; la

gravezza degli oneri sulle terre tra i più forti che esistono; — la miseria, la pellagra, la emigrazione non sono che inevitabili conseguenze di queste condizioni. L ’ 89 per cento della emigrazione è com­ posto di agricoltori, che soli danno il 59 per cento degli emigranti, di terraiuoli, braccianti, giornalieri e facchini che danno il 15 per cento, di artigiani ed operai altro 15 per cento, di muratori il 3.5 per cento.

Dalle quali considerazioni vogliamo dedurre due cose egualmente importanti:

La prima, che non si esageri la importanza della nostra emigrazione, la quale è di 154 emigranti ogni 100 mila abitanti, mentre è del 465 per la Francia-, ilei 689 per la Gran Brettagna, del 584 per la Svizzera, del 405 per la Danimarca, del 1574 per la Norvegia.

La seconda, che se veramente si vuol frenare la emigrazione, in ¡specie dei contadini, bisogna che Governo e Parlamento rivolgano la loro cura alla industria agricola, la quale in Italia ha bisogno di essere sorretta non già con quelle privilegiate pre- tenzioni che sono invocate dalle industrie manifat­ turiere, e che tornano dannose alla economia na­ zionale, ma con una equa distribuzione degli ag­ gravi, i quali pesano straordinariamente sulla agri­ coltura e ne impediscono lo sviluppo.

LE CAM ERE DI COMMERCIO

Il nostro appello alle Camere di Commercio non è riuscito infruttuoso; — non poche di esse ci hanno favorito gentilmente lettere di incoraggia­ mento e di encomio per la iniziativa che abbia presa, e mandandoci documenti ed atti loro, pro­ mettono di farci tutte quelle comunicazioni che uel- P interesse generale e particolare crederanno utili alla difesa di quelle istituzioni non solo, ma ancora al loro vero miglioramento. — E ci sentiamo lu­ singati da questa prova di fiducia che tante Camere di Commercio hanno voluto addimostrarci, ed è no­ stro proposito fermissimo di non venir meno allo scopo che ci siamo prefissi, quello cioè di discutere senza preconcetti e senza passione quale questioni, dalle quali siamo convinti dipenda in gran parte il bene economico del nostro paese.

L ’ Italia ha, non vi è dubbio, un organamento amministrativo molto complicato, e forse da una razionale semplificazione ne potrebbero ricavare non lieve vantaggio i pubblici negozi ; ma non crediamo perciò che sia opportuna e giusta la repressione delle Camere di Commercio, le quali, qualunque cosa si pensi intorno al loro remoto avvenire, è certo accu­ discono ad un determinato numero di affari non senza importanza. Ed una volta soppressi questi istituti a chi vorrehbesi affidare il disunpegno che oggi la legge loro attribuisce ? — A i Comuni come, in parte almeno, si è fatta nel Belgio ?

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ed industria. D ’ altronde cosi come sono costituiti i Comuni, non potrebbero accudire ai nuovi affari che loro fossero attribuiti, ma dovrebbero, specialmente nelle piazze commerciali più importami, creare delle nuove divisioni, o sezioni, o comitali, ai quali fossero demandati quegli affari a cui ora disimpe­ gnano le Camere di Commercio. — Si avrebbe non più una riforma sostanziale, ma soltanto di nome, e peggiorando la situazione.

0 forse si vorrebbe, come fu pure una volta di­ scusso, istituire presso le prefetture un Consiglio del commercio che tenesse luogo delle attuali Camere? — A nostro avviso, questa riforma sarebbe piutto­ sto un segno di indietreggio che di avanzamento. — Se in altri paesi, molto innanzi nelle condizioni e nello sviluppo economico, si è potuto sopprimere le Camere di Commercio, si fu perchè la iniziativa privata individuale mostravasi tanto efficace, da rendere pressoché inutile una speciale istituzione che disimpegnasse certe attribuzioni in nome della colletti vitti. Ma il fare delle Camere di Com­ mercio un ufficio governativo, per quanto circon­ dato da opportune cautele di libertà, sarebbe, lo ri­ petiamo, un indietreggiare. Ce Camere debbono es­ sere un lento e graduale passaggio tra la tutela dello Stato, e la indipendenza completa individuale in materia di commercio. — Sventuratamente noi siamo ben lungi dal tempo nel quale si potrà pre­ sumere che, ogni qualvolta sieno, sopra di un fatto, interessate alcuni gruppi di individui, questi sap­ piano unirsi spontaneamente e tutelare così, colla forza che deriva del numero, i loro interessi. Le Camere quindi sono efficace e necessario anello di congiunzione tro gli enti di attività economica ed il governo. Esse debbono avere lo scopo di vedere, prevedere, studiare, indicare ciò cbe può tornar utile, al fatto commerciale ed industriale, al bene generale del paese e del distretto di loro giurisdizione in parti­ colare. Spetta a loro far conoscere al potere ese­ cutivo, in nome della classe commerciale che rap­ presentano, la opportunità dei provvedimenti che il governo sta per prendere, la opportunità di modi­ ficare quelli che avesse già presi, la opportunità infine, di insistere perchè ad altri provvedimenti si pensi. Ora possono essere organi governativi quelli che si prenderanno questa cura ? — Quale libertà avrebbero nel criticare, spronare, suggerire, insi­ stere ?

È nostra profonda convinzione che le Camere di Commercio dieno già sin d’ora, in generale, utili servigi al paese; crediamo che opportunamente mo­ dificata la legge organica da cui sono rette, potranno accrescere la somma di vantaggi che recano; e s ti­ miamo anzi che ove si pensasse di ampliare la cer­ chia delle loro attribuzioni, accordando loro certe parti di quel potere esecutivo che oggi senza lo­ gica ragione, ai comuni, alle provincie, alle prefet­ ture, ed ai tribunali viene affidato, potrebbero di­ simpegnare a questi uffici, con soddisfazione degli interessi generali, maggiore che non sia fatto og- gidì.

È questa, non ce lo nascondiamo, una molto im­ portante questione, della quale ci occuperemo fa­ cendo affidamento nell’ appoggio e nei lumi che le Camere stesse vorranno accordarci, sempre più am­ pio. — Intanto ringraziamo quei cortesi presidenti e segretari che ci fornirono documenti e ci pro­ misero nell’ avvenire di comunicarci le deliberazioni

delle Camere. Nella cronaca delle Camere trove­ ranno che sino da questo numero cominciamo a render conto delle notizie spediteci (s’ intende di quelle che sono più recenti) e continueremo a farlo anche nell’avvenire nulla risparmiando per parte nostra onde riuscire nel comune intento, ampliando, ove occorresse, anche il formato del nostro perio­ dico.

È però necessario che ci si comunichino le deli­ berazioni delle Camere, mano mano che vengono approvate essendo poco utile il desumerle dalle re­ lazioni biennali, inquantochò allora avrebbero per­ duto, col tempo decorso, ogni ragione di opportu­ nità.

Rivista Bibliografica

Sull’universalità e preminenza dei fenomeni economici

del prof. A . Jéhan De Joiiannis nella liivista di Filosofia scientifica, n. II, voi. II, fase. 3°, 1882. Y i è per ogni sorta di studi un qualche aspetto, per cui la sua importanza si mostra non solo emi­ nente ma suprema. E non è questa una volgare illusione; è semplicemente l’effetto della immensa varietà di apparenze, che il mondo ci svolgo d i­ nanzi, cosicché nel gran libro della scienza del mondo ogni pagina, coprendo quelle che succedono, la pagina stessa risveglia intanto, fìssa e comanda la nostra curiosa ammirazione.

Volete misurare il grado di dignità di una scien­ za giusta il grado di sua intrinseca perfezione? E allora saranno prime le matematiche, poscia le scienze fisiche, e ultime quelle che ondeggiano nella varia dubbiezza dei sistemi, come le dottrine degli ordinamenti sociali.

Volete invece pigliare per termine di paragone la dignità dell’ oggetto, di cui la scienza si occupa? Allora sarà prima la scienza delle facoltà mentali e morali dell’ uomo, poi quelle del suo fisico organi­ smo, poi le scienze dei mondo esteriore.

Amate meglio considerare le scienze in rapporto colla umana felicità? Allora saranno prime le scien­ ze che hanno per oggetto la conservazione della salute, poi quelle che hanno per oggetto l’acquisto delle ricchezze, poi quelle che mirano allo sviluppo delle facoltà spirituali. Se non che la stessa uma­ na felicità può essere considerata in guisa da de­ terminare una tutt’ altra gradazione di bisogni, e cioè si può dare il primo posto ai piaceri più su­ blimi dello spirito, e l’ ultimo ai bisogni più volgari del corpo. E allora starà a capo di tutti lo studio delle lettere e delle arti belle, mentre parrebbe u l­ timo e infimo lo studio dell’economia e dell’ igiene. Un po’ di questa influenza, che il punto di ve­ duta esercita sulla mente di ogni studioso, si può ravvisare forse anche nella pregievolissima memoria del professore Jéhan de Johannis, la quale scostan­ dosi arditamente dalla noiosa monotonia della so­ lita letteratura economica, merita di fermare tutta la nostra attenzione. Chi legge quel lavoro non può fare a meno di pensare, che l’ autore sia un eco­ nomista, e ohe si sia lasciato vincere da un po’di predilezione per la sua economia.

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sull’ universalità e preminenza degli uni sugli altri. Un sim ile giudizio dovrebbe essere preceduto da una sicura determinazione dei confini delle diverse classi, in cui si vogliono ordinare cotesti fenomeni. E pur troppo la scienza non è ancora giunta a tanto, anzi ne siamo così lontani, che forse la stessa indeterminatezza di tali confini è il fondo su cui si svolgono le più appariscenti argomentazioni con cui l’autore sostiene la proposta tesi.

Un altro pericolo, che sopratutto gli studiosi di coteste materie dovrebbero accuratamente e scru­ polosamente evitare, se non vogliono essere vittime dell’errore che credono di debellare, consiste nella ambiguità dei termini principali dei loro discorsi. E forse il nostro autore non ha tenuto sufficiente conto di tale pericolo, poiché parlando di economia, di diritto, di morale, eoe., pare che consideri que­ ste cose, un po’come fenomeni, un po’ come ordì - namenti sociali, un po’ come leggi, un po’ come scienze, e passa dall’ uno all’altro di tali significali con una rapidità che fa spavento.

Poi quando parla di fenomeni economici, pare che voglia sempre intendere fenomeni conformi alle vere leggi economiche; mentre invece quando parla di altri fenomeni sociali, pare che li voglia inten­ dere talvolta conformi, e talvolta, anzi molte volte, non conformi alle vere leggi sociali. E con somi­ gliante artifizio gli riesce certamente assai facile il dimostrare la preminenza dei fenomeni economici. Se non che l ’ uso di tale artifizio si potrebbe benis­ simo invertire; e allora si arriverebbe a dimostra­ re tutto l ’opposto.

Venendo proprio alla sostanza, pare che secondo il nostro autore, il principio da cui devono pigliare norma tutte le azioui umane sia l’interesse ben in­ teso; e che perciò il diritto, la politica, la morale e tutto il complesso degli ordinamenti sociali deb­ bano essere considerati come mezzi, e 1’ attuazione di cotesto interesse ben inteso, come scopo.

Ora se anche il diritto e la morale hanno per principio e por ¡scopo l’ interesse ben inteso ; come mai succede, che in ciò possa trovarsi alcuna dif­ ferenza tra essi e l’ economia? — Anche l’economia deve essere un mezzo, e non uno scopo, oppure Economica, Diritto e Morale sono tutti scopi.

L ’ autore vuol forse dire, e anzi lo ha detto, che si può immaginare un’ economia senza diritto e senza morale, mentre non si può immaginare un diritto e una morale senza economia. — Però badiamo bene, che un’ economia senza alcun elemento di moralità e di giustizia non è forse più economia, ma si riduce ad una istintiva lotta per 1’ esistenza o ad un inconsapevole ed apatica tolleranza del bisogno, come avviene tra gli animali meno intel­ ligenti. — Certamente la libertà del lavoro, la for­ mazione dei capitali, l’uso delle monete, la libertà degli scambi e lutti gli atti stessi di scambio non sono fenomeni in tutto esenti da ogni influsso di moralità e di giustizia.

Appunto perchè il principio e lo scopo della mo­ rale e del diritto è l ’ interesse ben inteso, e pare che questo interesse diventi tanto meglio quel prin­ cipio e quello scopo quanto meglio è inteso, ne do­ vrebbe conseguire, che la morale e il diritto ab­ biano da considerarsi siccome la forma più perfetta di tutti gli ordinamenti economici e anzi di tutti gli ordinamenti sociali (se si ammetta che vi siano ordinamenti sociali diversi dagli economici).

Può darsi che le verità di ordine giuridico e morale siano talvolta di più arduo acquisto, che non le verità di ordine economico, sebbene le une e le altre nou siano che diversi aspetti di una ve­ rità sola. Ma talvolta succede allatto I’ opposto ; e, per esempio, l’abolizione della schiavitù e quella dei maggioraseli! si sostennero e si sostengono me­ glio con ragioni di giustizia che con ragioni di con­ venienza.

In ogni caso non si potrà mai dire sia sicura la verità economica finché non sia altrettanto chiara e certa la verità giuridica che vi si connetta ; anzi finché manchi la dimostrazione di questa non si po­ trà dire compiuta la dimostrazione di quella.

Del resto ebe la verità si scopra a nome dell’eco­ nomia, o che si chiarisca e si confermi a nome del diritto e della morale, ciò importa ben poco. Quello che importa si è di arrivare alla desiderata certezza; e a tal uopo non sarà d i troppo tutta la prudenza che insegna ad evitare quelle discussioni, le quali poggiano quasi necessariamente su troppi

equivoci-L ’autore ha pienissima ragione di combattere i supposti dualismi tra economia teorica ed economia pratica. Ma forse in quelle stesse vedute, che svolse molto sapientemente intorno a così fatti argomenti, egli medesimo potrebbe trovare altrettanta ragione di combattere quest’ altra forma di dualismo, che gli parve ancora di vedere, tra I’ ordinamento eco­ nomico e gli altri ordinamenti sociali.

Luigi Rahebi. Memorias comerciales redactas porloscónsulesde España

en el extranjero y pubblicadas per la junta de arance­ les y de valorationes. — Numero ed anno primo,

7 Gennaio, 1883.

Abbiamo ricevuto questo primo numero di una pubblicazione che è stata intrapresa in Spagna dalla Giunta delle tariffe e dei valori, nella quale pubbli­ cazione quindicinale saranno stampate integralmente le Memorie che redigono i Consoli di Spagna all’e­ stero. Il numero che abbiamo sott’ occhio pubblica il decreto reale ed il regolamento che sopprimono la precedente Giunta consultiva, e costituiscono la nuova Giunta incaricata: — di fissare nel primo semestre di ogni anno i valori ufficiali che hanno avute le merci, tanto rispetto l’ importazione che l’esportazione durante l'anno precedente; — di infor­ mare il Ministero delle finanze intorno a qualunque progetto di legge che introduca una riforma gene-- rale o parziale delle tarifie delle dogane ; — riunire le notizie che può trovare rispetto alla modi­ ficazioni delle tariffe negli altri paesi ; — pubblicare le tabelle dei valori, le Memorie commerciali redatte dai Consoli di Spagna all’ estero, e le notizie sulla legislazione doganale che credesse utili per il com­ mercio.

Viene inoltre pubblicata una memoria del console di Odessa Sig. Jésus Gutiérrez sulla quale diamo un breve cerino.

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4 febbraio 1883 L ’ E C O N O M I S T A 71

etlara Hi segala le prime, 22 ili orzo, 25 di avena, e 13 */, di sementi oleose, quelle dei secondi, 18 et­ tolitri per ettara di segala, 24 di orzo, 30 di avena, 15 di sementi oleosi. La differenza deriva dal mag­ gior numero di braccia col quale sogliono esser coltivate le terre dei proprietari.

Durante la semina il prezzo della mano d’ opera variò da 3 1/2 a 5 pesete al giorno e si elevò a 7 od 8 pesate durante il periodo del raccolto. La pe­ seta vale una lira.

E di questo passo il Console di Odessa fa una serie di considerazioni sulla agricoltura in Russia e specialmente nel suo distretto consolare ; — sulle produzioni di alcune industrie segnatamente quella dello zucchero di barbabietola che giunge a pro­ durre per circa 125 milioni di pesete, occupando da 65 a 70 mila persone; — e sul Commercio dei principali posti del mar Nero.

Sono preziosi documenti che mostrava la perspi­ cacia e la coltura del funzionario. Ne daremo qual­ che riassunto in luogo più acconcio che non sia il bullettino bibliografico, e vi troveremo molte cose interessanti ed utili a conoscersi anche al nostro commercio.

Ministero di Agricoltura Industria e Commercio — Bi­

lanci provinciali preventivi anni 1880-1881.

È una pubblicazione statistica dei preventivi delle provincie alle quali ò premessa una introduzione che contiene tredici tavole. Sono dati in queste ta­ vole: 1. Le cifre riassuntive dei bilanci dal 1862 al 1881; 2. Le entrate distinte per categorie (resi­ dui, rendite patrimoniali, tasse, sovraimposte, en­ trate diverse, e partite di giro) colle proporzioni a 100 lire di totale dal 1866 al 1881: 3. Le tavole precedente colle cifre per compartimenti anziché rias­ suntive; 4. Lo sviluppo della sovraimposta provin­ ciale dal 1862 al 1881.

Da questa tavola emerge che nel 1862 la sovraim ­ posta provinciale del regno (escluse le prov. Venete, Mantova e Roma), si elevò a L . 14,594 mila, cioè L . 0,67 per abitante, ne! 1871 era salita a L. 43,867 mila, un anniento da 1 a 3, diventando la quota per abitante L. 1,90.

Nel 1871 (comprese le prov. Venete, Mantova a Roma) era di L. 48,893 mila cioè L . 1,82 per abi­ tante e undici anni dopo, nel 1881,era salita a L .74,024 mila cioè aumentata del 51 per cento, ed una quota di L. 2,60 per abitante.

E si fanno discorsi sulla emigrazione, sulla mi seria dei contadini, sulla pellagra!

5. La quinta tavola dà le proporzioni tra la imposta erariale fondiaria e la imposta provinciale, provincia per provincia; — 6. E fatto il parallelo tra le en trate e le spese dal 1866 al 1881 nelle cifre com­ plessive di tutte le provincie; — 7. Sono classifi­ cate le spese di tutte le provincie dal 1866 al 1881 (oneri patrimoniali, impiego fruttifero di capitali, amministrazione, istruzione, beneficenza, igiene, s i­ curezza pubblica, lavori pubblici, spese diverse) ; 8. Delle stesse categorie di spese è data la propor­ zione col totale; — 9. E fatta la distinzione tra le ordinarie e le spese straordinarie; — 10. Delle stesse categorie di spese è data la somma per comparti- menti ed è fatta la proporzione dì ogni categoria col totale pure per campartimenti ; 1 1. Sono desi­ gnate le spese ordinarie e straordinarie di benefi­

cenza; — 12. Lo stesso pei lavori pubblici; — 13. Lo stesso per la pubblica sicurezza.

Ministero di Agricoltura Industria e Commercio. — An­

nali dell’ industria e del commercio - Atti della Commissione per lo studio delle disposizioni intese a promuovere i consorzi d’ acqua a scopo indu­ striale.

Il Ministro Berti aveva presentato alla Cantera il 26 Aprile 1882 un progetto di legge po rla costitu­ zione obbligatoria dei consorzi d’ irrigazione. La Com­ missione parlamentare incaricata di riferire sul pro­ getto stesso, invitò il Ministero del Commercio ad esaminare se quel progetto di legge si sarebbe po­ tuto applicare altresì alle derivazioni d’acqua per forza motrice e ad uso potabile. Ed il Ministro ha affidalo lo studio di questo argomento ad una Com­ missione composta dei Signori: Rossi Alessandro, senatore del Regno, Romanin-Jacur deputato, Dei-

vecchio, deputato, Cavallero, presidente del R. Isti­ tuto industriale e professionale di Torino, Favero, prof, alla scuola d’ applicazione per gl’ ingegneri di Roma, Razzaioni, direttore della Scuola d’ applica­ zione degli ingegneri di Bologna, Sospizio Carlo, amministratore generale dei Canali Cavour, Cottrau Alfredo, industriale, Dallosta Luigi, industriale, Mu­

raglia Nicola, direttore d’agricoltura, Monzilli Anto­ nio per la direzione del Commercio, Lattes inge­ gner Oreste, ispettore delle Industrie. Nel volumetto sopraccennato sono contenuti i tre verbali delle adunanze della detta Commissione.

S acrili Archimede (relatore) — Del metallo e del legno

nelle costruzioni. Apparati di riscaldamento, f o ­ gnatura, ecc. — C lericetti Celeste, (relatore) —- In­ gegneria, lavori pubblici, ecc. — Relazioni dei giu­

rati alla esposizione industriale italiana del 1881 in Milano , pubblicate per cura del Comitato ese­ cutivo, Sez. IV, classi 8“, 41a, 55a e 56*. — Voi. I. — Milano, Hoepli, 1883.

Ci duole assai che l’ indole di questo periodico e la nostra incompetenza non ci permettano che di accennare brevissimamente a questi volumi che escono riportando le relazioni dei giurati alla espo- 8 zione di Milano. Abbiamo letta con piacere la re­ lazione del sig. Archimede Sacelli e del Sig. C leri­ cetti Celeste, e vorremmo che i nostri industriali prendessero conoscenza di quelle istruttive memorie dove la critica è accompagnata alla dottrina.

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72 L’ E C O N O M I S T A 4 febbraio 1883

si regola sopra principi teoretici più fermi, più ciliari e precisi, meglio conosciuti e dimostrati giusti d a l­ l ’ esperienza. Tutto si calcola. » Passa quindi il re­ latore a dar notizia degli edilìzi della Esposizione per i quali il G iu rì dei presidenti spontaneo « decretò all’ esimio giovane Ing. Cav. Giovanni Ceruti l’onore della medaglia d’ oro quale architetto degli edifizi stessi, sebbene egli non si fosse iscritto tra i con­ correnti. » Parla poi delle minori costruzioni in ferro, edicole, chioschi, stufe, serre, tepidarii, eoe., e nota che mentre « la più parte di esse ci vennero im­ portate dall’ Inghilterra, dove se ne costruiscono di quelle veramente pregevolissime, sembra che adesso si pensi un po’ sul serio a fabbricarle anche nelle nostre officine nazionali. » E presenta i nomi dei sigg. Moriselti di Intra, Oriani di Milano, R e y d i To­ rino. Nel capitolo X II parla « di quei lavori di ferro o di legno che non sono delle strutture propria­ mente dette di fabbrica, ma piuttosto dei partico­ lari accessori e di guarnimenio », sul quale argo­ mento osserva: « — Noi italiani che in fondo in fondo siamo tutti un pochetto artisti nati, che abbiamo P arte come alito ereditario e la respiriamo nel­ l’aria del nostro paese e la fiutiamo per ogni dove, ci troviamo per queste eccellenti disposizioni natu­ rali, nella condizione di avere spesso de’ buoni fabbri ferrai e falegnami, almeno per quanto concerne il gusto, i l senso dello stile, della grazia, della casti­ gatezza del disegno; nondimeno ci manca nelle no­ stre industrie di minuterie di ferro e di legno edi­ lizie il senso della confacevolezza e della puntuale acconciatura all’ uso, che hanno altri e specialmente gli inglesi, i quali, nel rimanente ci sono inferiori. » E più innanzi aggiunge: « Iu Italia si fanno dei bei lavori di minuterie architettoniche di legno e di ferro ; le poche cose che furono presentate alla Esposizione milanese, sebbene per il numero non dessero un’ idea adeguata dell’ attività nazionale iu questi rami dell’ arte edilizia , misero iu evidenza delle attitudini pregievolissime. Restava da essi tut­ tavia dimostrato che presso di noi non vi è ancora quel genere di industria sviluppato e generale che s' ha in altri paesi. » Cita i nomi di Barbieri e C.° di Castelmaggiore bolognese, dell’ Ing Civita di M i­ lano, Mancini di Bergamo, ecc. Ma aggiunge « Il lustro delle minuterie architettoniche di ferro venne dalla Toscana ; venne da due città, le quali rac­ chiudono nel loro piccioletto seno tanta dovizia di gioielli d’ arte quanta basterebbe ad illustrare una contrada od un paese. Là due officine vi sono nelle quali la industria moderna del ferro battuto vive e prospera inspirata dal soffio creatore e divino del genio delle arti b e lle , per cui la venustà in ogni prodotto vi presiede e vi si impone sovrana. » E sono il Franci di Siena, il Michelucci di Pisa.

Non seguiremo il relatore nei capitoli in cui parla dei mestieri del fontaniere e trombaio, e dove trova che meschina fu la suppellettile presentata alla espo­ sizione, tanto balnearia quanto per le latrine, nè in quello lunghissimo dello stufaiolo e fumista, che mal si potrebbero riassumere.

— • Diremo brevemente della seconda parte del vo­ lume che contiene la relazione del Sig. Clericetti Celeste. Il primo capitolo è consacrato al Ministero dei lavori pubblici « che — dice il relatore — si è presentato all’ Esposizione Milanese, con una rac colta così ordinata e completa, da costituire un do­ cumento importantissimo alla storia del progresso

compiuto dal nostro paese dal 1859 iu poi. Sono volumi di Monografìe, ricche di parole, di diagrammi, di progetti e relazioni pregievolissime sopra ogni ge­ nere di opere, e memorie a stampa su argomenti tecnici svariatissimi teorici e pratici. Nel complesso, una prova evidente di una incessante operosità, e una completa giustificazione del dispendio sopportato dallo Stato in opere pubbliche nel ventennio 1860-80, d i­ spendio che raggiunse i tre m iliardi di lire. » Il se­ condo capitolo tratta dei canali di irrigazione e

fiumi, e dà conto del Canale Cavour, del Canale

Giuliani derivato dall’ Adige sotto Verona che è suscettibile di irrigare 13 mila ettari di terreno com­ presi in una zona di 30,000 ettari. Quest’ ultima opera ebbe la medaglia d’ oro. I progetti p er la si­

stemazione della fossa interna di Milano, il Canale

Villoresi, il Consorzio del fiume Olona, il nuovo

sistema di rivestimento agli argini dei fiumi del - l’ ing. M urm gotti, il partitore delle acque correnti, dell’ Ing. A ita , i progetti Casanova, Parantola e

Grossi per la irrigazione e l’acqua motrice in Lom ­ bardia, e finalmente il congegno p e r abbassare il

ponte Montébello a Milano del sig. Yaiani. formano argomento degli altri paragrafi di questo capitolo.

Nel capitolo quarto vengono esaminali i progetti per le condotte d’ acqua potabili a Bari e Milano, nel quinto gli stabilimenti balneari, nel sesto I

tramways nella provincia di Milano, e nei suc­ cessivi capitoli , è trattato delle costruzioni civili, della ferrovia funicolare del Vesuvio, dei servizi

tecnici, dei ponti di alcuni progetti architettonici, dei cementi nei manufatti rurali, ecc, ecc.

La Revue Scientifique del 27 Gennaio lia un ar­ ticolo di demografia del Sig. Charles Grad « sul­ l’ ultimo censimento della popolazione in Germania » nel quale, come è oggi preoccupazione particolare degli statisti francesi' vien fatto un paragone tra il movimento della popolazione di Germania e quello della Francia. L ’ aumento della popolazione francese fu dal 1876 al 1881 di 589,673 abitanti quello della popolazione germanica di 2,306,689 dal 1° D i­ cembre 1873 al 1° Dicembre 1881; quindi del 0,20 in Francia, dell’ 1,14 per cento in Germania. Di fronte ai 57,321,180 francesi rilevati nel 1881 contro i 32,569,233 del 1831, si trovano 45,234,061 tede­ schi contro 29,518,125 che erano nel 1830. « Faits bien dignes de fixer l’attention — dice il Sig. Grad — non seulement des savants, mais surtout des hom­ mes politiques soucieux de l’ avenir de la France, et de sa situation par rapport à la puissance crois­ sante de l’ Allemagne! » Noteremo le seguenti c i­ fre che l’autore ricava dai Monatshefte zur Stati-

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4 febbraio 1883 L’ E C O N O M I S T A 73

Anno 1872 il 10,5 per mille. » 1873 il 11,1 » » 1874 il 13,4 » » 1875 il 13,0 » » 1876 il 14,5 » » 1877 il 13,6 » » 1878 il 12,6 » » 1879 il 13,3 » » 1880 il 11,6 »

Tenuto poi conto della emigrazione ed ¡migra­ zione si ha : aumento naturale della popolazione 13,1 per mille, differenza tra l’emigrazione e l’ imi- grazione, meno 1,7; aumento reale 11 ,4

Rispetto alla popolazione rurale ed urbana togliamo il seguonte prospetto : Grandi città Città medie Città piccole Città rurali 1871 abitanti 8 con 1,9(18,537 75 » 3,147,272 529 » 4,588,364 1716 » 5,086,625 1880 abitanti 14 con 3,273,144 102 » 4,027,085 641 » 5,671,325 1950 » 5,748,976 Totale città 2328 con 14,790,708 2707 con 18,720,830

Prof. A. J. Db Jo h a n n is.

BULLETTINO DELLE BANCHE POPOLARI

Banca popolare di Torino [autorizz. 1873). — A l 31 decembre questa Banca aveva la seguente si­ tuazione : una attività di L . 6,878,662 di cui le principali voci sono: numerario L. 527,381, porta­ foglio L. 3,168,265, mitici paz. contro dep. L . 135,352, conti correnti attivi L. 361,593, stabili di proprietà della Banca L. 34-8,759. Le spese generali e tasse ed imposte salivano a L . 82,730. Il passivo era di L. 6,507,195 composto principalmente per due milioni di capitale sociale, e L . 692,000 di fondo di riserva; per L . 1,273,894 di depositi a risparmi e L . 1,447,851 di conti correnti, di L. 258,750 dei depositi a cauzione. — G 'i utili giunsero a L . 371,467 cioè il 13,79 per cento del capitale sociale.

La Banca dà il 3 1/2 sui conti correnti, il 4 1/2 se vincolati a 6 mesi, ed il 5 oltre 12 mesi. Dà il 4 1/2 sui libretti a risparmio.

Banca popolare di Biella provincia di Novara

(autorizzata 1878). — Con un capitale sociale di L . 150,000 ed un fondo di riserva al 51 decembre di L. 25,593, la Banca aveva in Cassa L . 35,014 di numerario, per L . 394,305 di effetti e L . 13,342 di anticipazioni in portafoglio. I depositi ascendevano a L . 254,220 ed i conti correnti a L. 368,932. Il complesso delle attività a L . 1,003,517 e le passività a L . 934,592, quindi un utile lordo da liquidarsi di L . 68,725 che corrisponde al 39,18 per cento del capitale sociale.

La Banca dà il 3 1 /2 per cento pei conti cor­ renti.

Banca popolare di Genova (autorizz. 1868). — Ebbe un attivo a tutto il 51 die. di L . 4,072,219 ed un passivo di L . 3,855,495 quindi un utile di L. 216,724; il capitale sociale ammonta a due mi­ lioni, più 50 mila lire di fondo di riserva, quindi l’ utile rapprenta il 10,57 per cento del capitale. — Le spese salirono a L. 116,507, e sono comprese nelle cifre precedenti.

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Nell’ attivo troviamo L . 24,781 di numerario, L . 501,524 di portafoglio, L. 18,861 di anticipa­ zioni, L. 1,118,012 di valori, L . 1,561,084 di beni immobili (!) Nel passivo i conti correnti e cassa di risparmio L . 801,927, i depositi a cauzione e vo­ lontari L. 247,784.

La Banca sconta effetti ed anticipa su valori e merci al 6 0/0, dà il 3 per cento ai conti correnti liberi, il 4 1/4 vincolati a tre mesi, il 4 1/2 a sei mesi, il 5 a 12 mesi e più, il -4 0/0 ai risparmi.

Banca Muiua popolare di Desenzano prov. di Brescia (autorizzata 1871). — Questa Banca ha un capitale di L . 177,101 di cui L. 30,054 di fondo di riserva. Il numerario al 31 dicembre era di L . 22,995, il portafoglio di L. 504,470. lo antici­ pazioni su titoli e merci di L. 7,684, l’ impiego in valori L. 107,554 di cui 57,671 in rendita ita liana, i credito verso i corrispondenti di L . 1,953,236, gli effetti e crediti in sofferenza L. 9,081 ; le spese da liquidarsi, L . 13,807. I! complesso delle attività L. 3,078,721. — Nelle passività troviamo: L. 537,559 di depositi in conto corrente, L. 183,881 a sca­ denza fissa, e solo L . 95,529 a risparmio, L. 146,001 a cauzione, e L. 101,400 liberi e volontari. G li utili da liquidare, in L. 42,914 che rappresentano il 24,28 per cento del capitale sociale.

La Banca dà il 5 0/0 ai correntisti, il 5 1/2 al risparmio, il 5,75, con vincolo da 6 a 9 mesi, ed i! 4 da dieci a dodici mesi, il 6 per cento con ga-, ranzia di effetti pubblici. Sconta al 6 per cento fino a 3 mesi, al 6 1/4 fino a sei.

Banca popolare di Como [autorizzata 1868) . — La situazione della Banca di Como è estesa con una ampiezza ed una chiarezza che fanno onore a quel­ l’amministrazione; infatti sono^ aggiunti, alla situa­ zione, due quadri uno « dimostrazione degli utili e delle spese dell’ esercizio 1812 », un altro quadro delle principali operazioni compiute dalla fondazione in poi.

L ’ attivo della Banca ascende a L . 5,366,219 il passivo a L. 4,697,559, quindi un utile netto di L. 60,182 che corrisponde, tenuto conto del capi­ tale elio e di L . 608,477 di cui 108,477 di riserva, al 9,89 per cento del capitale sociale. — La Banca aveva in portafoglio effetti per L . 1,039,530, nume­ rario in cassa per L. 102,915, mutui ipotecari per L. 221,075, anticipazioni su fondi pubblici L . 76,950, impiego in valori pubblici per L. 370,437 di cui L . 264,278 in rendita italiana. Nelle passività : L . 1,119,185 di depositi a risparmio, L. 416,713 a conto corrente, L . 417,318 in buoni fruttiferi.

Le rendite salirono a L. 179,036 di cui L . 71,370 dagli sconti, L . 59,255 dai conti corr., L . 10,508 dai mutui ipotecari, L . 19,763 dall’impiego in va­ lori, L . 10,250 per provvigioni e rimborsi. Per contro le spese ascesero a L . 118,853, di cui L . 51,777 per interessi ai depositanti, L . 9,372 per interessi ai corrispondènti, L. 28,696 per risconti, L . 8,049 per onorari agli impiegati, L . 6,555 di spese di amministrazione, L . 8,589 di tasse ed imposte.

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74 L’ E C O N O M I S T A 4 febbraio 1883

nel 1877. 1 depositi a conto corrente cominciati con L. 819, diventarono L . 4,590, poi L . 6,693, L . 11,156, L . 43,495 e nel 1872 salirono a L. 314,725, d i­ scendendo I’ anno dopo a L. 62, 61 e nel 1874 a L. 22,459 per ricominciare l’ aumento il quale, con qualche leggera oscillazione, giunse nel 1882 a L . 4,16,713.

Il risparmio pure era salito nel 1872 a L . 285,909 e cadde l’ anno appresso a L. 190,192 e poi a L. 93,234, ma si riebbe tosto e con aumento costante, ove se ne eccettui il 1880, giunse a L . 1,119,18?.

G li sconti e prestiti esordirono con L . 5,760 e raggiunsero nel 1874 un massimo di quasi 8 m i­ lioni, poi oscillarono, anno per anno, dai 3 ai 4 milioni.

Società popolare.di mutuo credito di Cremona

(autorizz. 1865). — E una Banca che dà una idea della ricchezza ed operosità della città e provincia di Cremona- Il suo attivo ascende a L. 19,579,819 ed ha già assegnato un dividendo del 10 per cento agli azionisti pel 1882. Il capitale è di L . 2,077,182 più L. 741,726 di fondo di riserva. — Il suo por­ tafoglio al 31 dicembre rappresentava L. 2,686,358 di cambiali a 3 mesi, e L . 838,389 a quattro mesi; le anticipazioni L . 626,678 su tiloli pubblici fino a 4/5 del loro valore, e su titoli privati sino a 2/3 del loro valore L. 47,733, su merci L. 16,515. La Banca possiede, in beni immobili L . 48,528 in va­ lori L. 9,066,704 ; ha prestato con mutui ipotecari L 2,427,368; gli effetti in sofferenza L. 51,404.

Nel passivo troviamo: conti correnti 14,521,787 quasi tutti sopra libretti; dep. a cauz. L. 1,374,009, liberi e volontari L. 111,001. V i è un fondo di L. 27,676 di previdenza per le famiglie degli im­ piegati, un altro di L . 53,655 per le eventuali per­ dite sugli effetti in sofferenza.

La Banca dà il 3 1/2 per cento sui libretti a ri sparmio, ed il 3 sui conti correnti; sconta ed an­ ticipa al 5 per cento.

Banca mutua popolare agricola di Crema {au­ torizzata 1870). — Cou un capitale di L. 295,150 ed un fondo di riserva di L . 146,100, la Banca aveva nel 31 decembre un portafoglio di L. 748,715, anticipazioni per L. 24,820, mutui ipotecari per L. 208,201, rendita italiana per L. 308,658(1) Azioni di Banche popolari per L. 23,025 (!) effetti in sof­ ferenza per L. 118,876 (I!) — Le spese ammon­ tavano a L. 33,750 ; ed il totale dell’ attivo a L. 1,783,908. Nel passivo vi erano L. 1,006,380 di deposito, un fondo di L. 9936 per le eventuali perdite, L. 84,295 di conti correnti ; — gli utili lordi in L. 56,815.

Ai correntisti dà il 3,65 per cento, ed al rispar­ mio il 4 per cento.

Banca mutua popolare di Mantova (autoriz zata 1867) — Ha un capitale di L . 746,810 di cui L. 185,396 sono il fondo di riserva. Il suo porta­ foglio giungeva il 31 decembre a L. 3,057,588 di cui L. 1,918,834 di cambiali a 3 mesi, e L. 1,069,204 a più lunga scadenza, L. 61,955 per anticipazioni. Aveva impiegato L . 894,373 in valori quasi tutti in rendita italiana ; e L . 81,270 di effetti in sofferenza. Le spese di amministraz. ammontavano a L. 53,081. — I dep. in conto corrente salivano a L. 2,226,238, a risparmio a L . 1,040,855, in buoni fruttiferi a L. 760,502. Le rendite ammontarono a L. 287,064. totale del passivo a L. 6,014,755.

La Banca dà il 3 1/2 ai correntisti ed il 4 al

risparmio, sconta al 5 1/2 a 3 mesi, ed al 6 1/2 a sei mesi e più.

Banca Monzese (autorizz. 1871). — L ’attivo di questa Banca ammonta a L. 6,598,977, le spese a L . 79,493, gli utili lordi a L. 150,295. Nell' at­ tivo troviamo : L . 154,692 di numerario in cassa, L. 1,509,486 di cambiali in portaf., L . 1,216,665 di conti correuti cautali, L. 65,595 di anticipa­ zioni. — Nel passivo L. 1,651,709 di depositi a r i­ sparmio, L . 305,801 di conti corr., L . 918,072 di buoni fruttiferi.

La Banca dà il 4 0/0 al risparm io, il 3 1/2 ai correntisti.

Banca popolare di credito in Bologna (autoriz­ zata 1865). — La situazione di questa Banca al 51 dee., bilancia l’attivo col passivo con L. 12,642,199 comprendendo L. 368,501 di rendite lorde da li­ quidare alla fine dell’annua gestione. Il capitale so­ ciale è di L. 967,863, il fondo ìli riserva di L. 567,027, totale L. 1,534,890.

Le spese dell’esercizio, comprese quelle di ammi­ nistrazione, tasse, interessi passivi, ecc., ammonta­ rono a L . 276,449, sono però da liquidarsi.

Le principali voci sono: Cassa L . 662,417; portafoglio L. 6,814,713, di cui L . 828,322 di anticipazioni su valori ; impiego in titoli pubblici L . 2,019,247, di cui L. 1,275,463 di titoli di de­ bito dello Stato; sofferenze L . 27,421 ; depositi fi­ duciari a conto corrente e risparmio L. 8,528,662; depositi per cauzione o custodia L.t,909,355.

La Banca sconta al 5 per cento, presta, dietro avvallo al 5 1/2, e fa anticipazioni sui valori fino al 5 1/2. Dà il 3 1/2 per cento ai libretti di ri­ sparmio con facoltà di disporre fino a L. 100 al giorno, il 5 per cento ai depositi pel piccolo ri­ sparmio, ed il 6 per i depositi per le Società di M. S. della provincia. A i correntisti dà il 3

0/o-Banca popolare Pesarese (autorizzata 1875). — È ancora una Banca di piccole proporzioni il cui bilancio si elevava il 51 decembre a L . 449,713. 11 capitale sociale era di L. 100,000, più L . 17,529 di feudo di riserva; le spese di L. 18,475, di cui L. 10,084 di spese di amministrazione, e L . 2,855 di tasse; le rendite di L. 29,854, quindi nette L . 11,359 cioè il 9,68 0/0 del capitale sociale. — Questa Banca aveva L. 279,229 nel portafoglio, e L. 7,162 di numerario in cassa, L . 35,678 di an­ ticipazioni.

1 piccoli depositi a risparmio salivano appena a L . 2,251, i conti correnti ordinari a L. 208,115.

Al risparmio dà il 4 /12 0/0, ai conti correnti il 4. — Sconta per sei mesi ai 7 e fa anticipazioni sn valori ed oggetti preziosi pure al 7.

Banca popolare di Macerata {autorizz. 1 8 7 0 ).—

La situazione del 30 decembre di questa Banca pre­ sentava bilanciate L. 566,012. Le speso ammonta­ vano a L . 35,725 di cui o ,0 i3 per l’amminìstra- zioue e L . 4,017 per tasse, il rimanente per inte­ ressi passivi. Aveva in portafoglio L. 499,945, in Cassa L . 19,757 di numerario, e L. 3,028 di anti­ cipazioni su oggetti preziosi; gli effetti in sofferenza appena per L . 715. Il capitale della Banca era di L . 154,923, di cui L. 14,923 di fondo di riserva. Aveva in deposito L . 252,993 per conti correnti e L . 116,055 per risparmio. G li utili lordi da liqui­ darsi ascendevano a L . 45,522.

(11)

4 febbraio 1883 L ’ E C O N O M I S T A 75

anche ai correntisti. Sconta e presta al 6 1/2 0/0 ; fa anticipazioni su valori al 4 ed al 7 per cento.

N otizie. — Un Regio decreto 19 gennaio u. s. venne approvato l'aumento del capitale delle Banca

Mutua popolare siracusana di pegnorazione, ven­ dita, prestito e risparmio, da L . 400,000 diviso in 4000 azioni a L. -100 ciascuna, a L. 440,000 d i­ viso in 4400 azioni nuove dello stesso valore.

Banca Popolare Segesitana. — A Castella mare del Golfo è stata autorizzata con decreto 24 dé­ cembre u. s. La istituzione di questa Banca col capitale di L. 100,000 diviso in 2000 azioni da L . 50 ciascuna.

CRONACA DELLE CAMERE DI COMMERCIO

Camera di Commercio di Firenze (<Seduta del:

30 gennaio). — L ’ on. Padovani nel presentare qual Delegato della Camera nel Consiglio Generale del Banco di Napoli una Relazione otteneva dalla Ca­ mera l’approvazione unanime al seguente schema di deliberazione.

« La Camera udito dalla Relazione dei suoi De­ legati presso il Consiglio Generale del Banco di Napoli come questi possa nella sua prossima ses­ sione ordinaria disciplinare il suo sistema di eser­ citare la beneficenza destinando a questo scopo una parte determinata dei suoi utili annuali, fà voti af­ finchè il Consiglio di amministrazione del Banco di Napoli scenda nel giusto concetto di far partecipare anche questa Sede e per essa la città di Firenze di una proparzionale annualità degli utili suddetti da erogarsi in opere pie, sussidi, incoraggiaménti, ec.

« Confida nell’ opera dei suoi Delegati presso il Consiglio Generale del Banco per vedere accolto e tradotto in atto a suo tempo tal suo legittimo de­ siderio.

Delibera inoltre di inviare copia di questa deli­ berazione alla Direzione Gen. del Banco accompa­ gnata da nuove premure per una favorevole acco­ glienza.

La Camera si occupò quindi dei seguenti affari: 1° Approvò i bilanci preventivi pel corrente anno pel suo patrimonio particolare e per quello degli Edilìzi e Gualchiere da essa amministrato, e deliberò su altri affari concernenti la sua interna amministrazione.

2° Deliberò su proposta della Commissione II un contributo di L . 200 alle spese della Scuola Commerciale femminile di Commercio per 1’ anno corrente.

5° Deliberò su proposta della suddetta Com­ missione di far pratiche presso il ¿Municipio di Prato Toscana perchè venga tolto o almeno diminuito il dazio consumo sui combustibili che servono alle in­ dustrie e ciò in base ad un’ istanza di vari commer­ cianti di quella città già presentata nella precedente seduta. E ciò prima di far ricorso al Governo in proposito di tale argomento.

4° Deliberò su proposta della Commissione III ed al seguito di elaborata Relazione dell’ on. conte Guido Vimercati di accogliere le proposte del Co­ mizio Agrario di Firenze per la pubblicazione degli atti della Camera di Commercio del Comizio sud­

detto in un periodico quindicinale diviso in due parti, l’una Commerciale, l’ altra Agricola con pagi­ natura distinta, destinando a tale oggetto un contri­ buto annuo di L. 800 ed incaricando della compi­ lazione della parte Commerciale i sigg. Cav. Raf­ faello Torricelli, Em ilio Laudi, March. Giorgio Nic- colini, Conte Guido ’Vimercati e Cav. Avv. Pier Lu ig i Barzellotti.

Camera di Commercio di Vicenza. — Nella riunione del 22 dicembre dopoché la Camera ebbe sbrigati alcuni affari di carattere puramente amministrativo, si oecupò della linea ferroviaria Vicenza-Cittadella-Treviso. Aperta la discussione su questo argomento, venne richiamata I’ attenzione della Camera sul fatto che la linea in questione fu sempre osteggiata dalla Società dell’ Alta Italia, e perciò il Consorzio interprovinciale non potè venire ad un accordo col Governo se non pel transito delle merci a piccola velocità, onde restassero pre­ servati i redditi delle ferrovie governative. Con questo accordo lo Stato ebbe un vantaggio perchè la merce percorrendo la via più breve, paga.come seguisse la via più lunga, ossia percorre la via di Cittadella pagando come percorresse la via di Mestre.

Divenuta adesso la linea di Vicenza-Treviso pro­ prietà dallo Stato, è certo che esso conseguirebbe la maggior parte dei prodotti, se si attivasse anche il transito dnlle merci a grande velocità, e dei treni diretti. Se ciò' avvenisse, si osserva, anche il com mercio risentirebbe un grande vantaggio, e il governo ne sarebbe per questo compensato solo dal bene generale della nazione ottenendosi così anche lo scopo di sollecitare il passaggio dei treni viaggiatori sulla linea Treviso-Vicenza, il che attualmente non si verifica per coloro che vogliono proseguire oltre la estremità di questa linea; mancando la coincidenza coi treni dell’ Alta Italia.

In seguito a queste osservazioni, e dopo offerti i chiesti schiarimenti, la Camera ad unanimità di voti si pronunciò favorevole all’ invio di una peti­ zione al Governo per ottenere: 1° che cessi l’ ag­ gravio del commercio, il quale deve tuttora pagare la tassa per la via più lunga, quantunque la merce percorra la via più breve; 2° che il servizio di­ retto Valle del Po-Pontebba-Austria Meridionale abbia luogo col percorrere la linea Vicenza-Citta- deila-Treviso coi treni diretti ed omnibus, senza trasbordi, in luogo di quella Vicenza Padova-Mestre, approfittando dell’accorciamento di 21 chilometri. — Venne oltre di ciò deliberato di chiedere l’appoggio delle altre Camere di Commercio interessate nell’ar­ gomento.

— Esaurito questo argomento la Camera prese a discutere sulla petizione della Camera di Commerio di Bari relativa alla diminuzione delle spese per i protesti cambiari. La Camera avendo trovato atten­ dibili le considerazioni in quella petizione, deliberò dopo lunga discussione di appoggiare la petizione della Camera di Bari, con l’ aggiunta che le spese di cui è parola sieno ridotte alla metà delle attuali, ferma la proporzionalità coll’ importo degli effetti, e che per quelle al di sotto di L. 100, non debbano le spese in ogni modo superare le L . 5.

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