COLLEGIO DI PALERMO
composto dai signori:
(PA) MAUGERI Presidente
(PA) MIRONE Membro designato dalla Banca d'Italia
(PA) CIRAOLO Membro designato dalla Banca d'Italia
(PA) MAZZU' Membro di designazione rappresentativa
degli intermediari
(PA) DESIDERIO Membro di designazione rappresentativa
dei clienti
Relatore ESTERNI - GIUSEPPE DESIDERIO
Seduta del 28/05/2021
FATTO
La società ricorrente ricostruisce la vicenda occorsa affermando di essere intestataria del conto corrente non affidato presso la Banca resistente, in virtù di contratto del 4.10.2013 originariamente intercorso con altro intermediario, a seguito di diverse vicende societarie, incorporato dalla Banca resistente. Afferma che, dopo il ricevimento dell’estratto conto n.
002/2018 al 28.9.2018, Banca resistente non ha più trasmesso le comunicazioni periodiche obbligatorie né, tantomeno, ha fornito risposte adeguate alle richieste inviate dalla ricorrente né ha comunicato alcun recesso dal contratto. Tanto premesso, la ricorrente contesta anzitutto la violazione degli obblighi relativi alle comunicazioni periodiche, posto che il contratto di conto corrente bancario, rientrando nella categoria dei contratti di durata, impone alla banca di trasmettere, almeno una volta all’anno, una comunicazione analitica che fornisca una completa e chiara informazione sullo svolgimento del rapporto (art. 119 TUB). Ritiene, pertanto che la Banca resistente si sia resa inadempiente a tali obblighi.
La ricorrente lamenta inoltre che la Banca resistente avrebbe violato la disciplina in tema di recesso, avendolo esercitato con carenza di forma, mancanza di preavviso e con una condotta abusiva e arbitraria. Infatti, anche a voler ritenere che Banca resistente, pur in mancanza di comunicazioni, sia receduta de facto dal contratto de quo, tale comportamento sarebbe da ritenersi assolutamente illegittimo, non essendo mai stato
formalizzato nulla. Peraltro, giacché la ricorrente, per espressa previsione contrattuale, riveste la qualità di “Microimpresa”, nel caso di recesso della Banca - in deroga a quanto previsto all’art. 10 del contratto stesso – sarebbe stato applicabile la lett. K secondo cui:
“Se il Correntista è una microimpresa la Banca può recedere dal contratto – con riferimento alla presente sezione – con un preavviso di almeno due mesi dato in forma scritta, su supporto cartaceo o su altro supporto durevole concordato con il Correntista”.
Ma anche a non voler ritenere applicabile la richiamata disposizione, la Banca resistente – in assenza di “giusta causa” – avrebbe comunque omesso il rispetto del preavviso minimo di cui all’art. 1845, 3° comma, c.c. Oltretutto, mancherebbe l’esplicitazione di una qualsiasi
“giusta causa” per il (presunto) recesso. Ciò posto la ricorrente ritiene che si sia trattato di un recesso illegittimamente esercitato per facta concludentia arbitrario ed abusivo. La ricorrente afferma infine che la condotta tenuta dalla Banca resistente le avrebbe cagionato danni suscettibili di determinare la drastica riduzione dell’attività aziendale, per impossibilità di eseguire transazioni in conto corrente; impossibilità di saldare i debiti esistenti; blocco delle operazioni di acquisto e di vendita; inutilizzabilità del servizio RID.
Sul punto, a mero titolo esemplificativo, afferma che la chiusura del conto corrente le avrebbe impedito di partecipare al progetto del P.S.R. Sicilia 2004/2020. Infatti, con D.D.G. n. 680 del 18/04/2019, l’Assessorato Regionale siciliano dell'Agricoltura dello Sviluppo rurale e della Pesca mediterranea, aveva ammesso a finanziamento (posizione n. 63 della graduatoria) la domanda di sostegno della società ricorrente presentata ai fini della partecipazione al Bando pubblicato nel sito PSR Sicilia 2014/2020 il 02/05/2017 (Operazione 6.4a PSR Sicilia 2014/2020 - Regime de minimis), ottenendo il riconoscimento dell’importo di euro 187.057,95. La ricorrente, quindi, chiede che l’ABF dichiari e accerti la violazione da parte della Banca resistente degli obblighi in materia di comunicazioni periodiche e in tema di recesso, l’illegittimità del comportamento e il risarcimento dei danni subiti, equitativamente quantificabili ai soli fini del ricorso in euro 200.000,00.
La Banca resistente, preliminarmente, dà conto delle vicende, che hanno portato il rapporto oggetto del ricorso ad essere incardinato presso di lei, ivi compresa la conclusiva incorporazione con effetto verso i terzi a decorrere dal 7 aprile 2018. A seguito di ciò, in data 19.1.2018 è stata trasmessa alla ricorrente specifica comunicazione relativa alla migrazione informatica dei rapporti a decorrere dal 9.4.2018 con proposta di modifica unilaterale del contratto ai sensi degli artt. 118 e 126-sexies TUB. Nello specifico, la Banca resistente rappresenta che, in data 28.9.2018, è stata attivata la procedura di estinzione del rapporto di conto corrente intestato alla ricorrente con saldo netto di estinzione pari ad euro - 67,60, che tale procedura si sarebbe perfezionata in data 1.10.2018. È stato, quindi, prodotto, in data 29.9.2018, e trasmesso alla ricorrente, l’estratto conto n. 002/2018 della cui ricezione parte ricorrente dà contezza sia nel reclamo che nel ricorso. Ciononostante, a distanza di due anni da tale evento, la ricorrente ha inoltrato una e-mail di richiesta di informazioni sul conto, chiedendo specificatamente se lo stesso fosse ancora aperto o chiuso d’ufficio. Il direttore della Filiale riferiva che l’estratto conto al 28.9.2018, di cui lo stesso rappresentante aveva accusato la ricezione, risultava esaustivo a rispondere alle domande dello stesso. Tanto premesso, con specifico riferimento alla contestazione circa la violazione degli obblighi in ordine alle comunicazioni periodiche, la Banca resistente ritiene sufficiente richiamare il già menzionato estratto conto al 28.09.2018 dove è chiaramente indicato l’azzeramento del saldo per estinzione ed il saldo finale netto riveniente dall’estinzione del rapporto pari a “-67,60 €”. Pertanto, ritiene che da detto documento si potesse facilmente evincere che il conto corrente fosse stato effettivamente chiuso, sicché nessuna comunicazione periodica doveva essere più trasmessa alla ricorrente.
Con riguardo alla violazione della disciplina in tema di recesso, la Banca resistente riconosce che non è effettivamente stata rinvenuta né una sua comunicazione di recesso unilaterale dal contratto di conto corrente né una richiesta di estinzione da parte della ricorrente. La Banca resistente sottolinea che il conto corrente della ricorrente era risultato, alla data di estinzione del rapporto, in data 1.10.2018, non movimentato dal 22.1.2018 ed in sconfino da oltre 90 giorni con un saldo di estinzione negativo pari a euro -67,60, precisando che alla data di estinzione non risultavano in essere affidamenti/mandati di pagamento/domiciliazioni bancarie. La Banca resistente ritiene comunque che non possa dirsi violato il principio di buona fede e correttezza, solitamente enunciato con riferimento al rapporto di apertura di credito, poiché nel caso di specie non vi era alcun affidamento.
Pertanto, il recesso in parola, seppur non esercitato nella forma contrattualmente prevista, ha comportato per la ricorrente solo la necessità di instaurare un nuovo rapporto con altro intermediario, visto che non sono emersi elementi, quali ad esempio un impegno della Banca a mantenere il conto attivo per un dato periodo, che consentano di ravvisare quei connotati del tutto imprevisti ed arbitrari che facciano ritenere illegittimo il recesso.
Oltretutto la chiusura ha, comunque, impedito che il conto corrente, da oltre 8 mesi privo di movimentazione, continuasse a maturare interessi debitori. Oltretutto è logico ipotizzare che se il recesso dal contratto fosse stato effettivamente improvviso/imprevisto e tale condotta avesse comportato dei concreti pregiudizi alla ricorrente, quest’ultima non avrebbe atteso due anni per chiedere spiegazioni al direttore della propria filiale.
In conclusione, la Banca resistente ritiene che, pur non avendo rinvenuto la comunicazione di recesso, ma solo l’invio dell’ultimo estratto conto al 28.9.2018, documento che controparte ammette espressamente di aver regolarmente ricevuto, proprio da quel documento la ricorrente avrebbe potuto effettivamente accertare da subito che il conto corrente era stato chiuso. Peraltro, non si comprende quali danni possa aver prodotto la chiusura di un conto corrente immobilizzato da oltre 8 mesi e con uno sconfino, dovuto all’addebito di canone-interessi ed imposta di bollo, che dopo oltre 90 giorni aveva raggiunta la cifra di euro -67,60. La Banca resistente contesta, infatti, le asserzioni della ricorrente in ordine al danno in quanto del tutto sprovviste di supporto probatorio. In particolare, la ricorrente sostiene che la chiusura del conto corrente le avrebbe impedito di partecipare al progetto del P.S.R. Sicilia 2004/2020. Tuttavia, stando agli allegati al ricorso, il Bando pubblicato nel sito PSR Sicilia 2014/2020 risale al 2.5.2017 con domanda presentata dalla società ricorrente il: “2017-09-14 15:57:19.0”. La ricorrente, tuttavia, non ha esplicitato in alcun modo nel ricorso il collegamento tra il recesso dal conto e l’asserita impossibilità a partecipare al bando, peraltro smentita per tabulas dalla graduatoria stessa.
La Banca resistente assume che se la ricorrente fosse stata esclusa in un secondo momento dalla graduatoria definitiva di cui sopra, ci sarebbe un provvedimento formale di esclusione dalla graduatoria con le relative motivazioni. Documento che non risulta allegato da controparte.
Quanto poi al quantum richiesto a titolo di risarcimento danno, la Banca resistente ritiene strano che i danni siano stati quantificati in euro 100.000,00 in data 9.12.2020, in sede di reclamo, ed i medesimi danni siano raddoppiati in appena due mesi ragguagliandosi nel ricorso ad euro 200.000,00. In ogni caso, secondo la Banca resistente, la richiesta risarcitoria, fondata sull’illegittimità del suo comportamento non può essere accolta in assenza di prova degli elementi costitutivi della responsabilità per danni. La Banca resistente chiede quindi di dichiarare nel merito inaccoglibile la richiesta di risarcimento del danno in quanto infondata e non provata.
DIRITTO
1. La ricorrente lamenta, da un lato, la mancata ricezione di comunicazioni periodiche ulteriori all’estratto conto n. 002/2018 al 28.9.2018, dall’altro, l’illegittimità del recesso dal contratto di conto corrente poiché non preceduto da alcuna comunicazione da parte della Banca resistente. Sotto il primo profilo, la Banca resistente assume che all'invio dell'estratto conto sopra indicato non avrebbe fatto seguito nessun altro estratto conto, in conseguenza della chiusura del conto risultante proprio dall'ultimo estratto conto inviato, sicché il mancato invio sarebbe riconducibile alla mancata produzione di ulteriori documenti da comunicare alla ricorrente. Quindi la questione si sposta sulla legittimità delle modalità con cui il conto corrente è stato chiuso dalla Banca resistente. In proposito, il Collegio osserva come sia la stessa Banca resistente ad ammettere che non è stata effettivamente rinvenuta né una comunicazione di recesso unilaterale dal contratto di conto corrente da parte sua né una richiesta di estinzione da parte della ricorrente. Anzi, la Banca resistente afferma di non essere in grado di affermare se il recesso sia avvenuto in facoltà del diritto espressamente attribuito, sia alla Banca sia al correntista, dalle norme del contratto che regolano anche modalità e termini di preavviso con cui tale diritto deve essere esercitato ovvero in presenza di un “giustificato motivo”. A fronte della mancanza di qualsiasi comunicazione concernente il recesso da parte della Banca resistente, non mette conto di entrare nel merito della questione circa l'applicabilità della previsione contrattuale relativa al recesso dei contratti con “microimprese” [lett. K) del contratto], che prevede un preavviso bimestrale. Non risultano accoglibili le eccezioni sollevate in proposito dalla Banca resistente, che invoca la circostanza che il conto corrente non era affidato e che quindi alla ricorrente non era richiesto uno specifico sacrificio economico.
Tali profili vengono semmai in rilievo con riferimento alle conseguenze di tipo risarcitorio del recesso illegittimo ma non attengono alla legittimità di questo, che altrimenti sarebbe sempre possibile ad nutum tutte le volte che non venga in rilievo un rapporto affidato. Il Collegio ritiene pertanto acclarata l'illegittimità del recesso esercitato dalla Banca resistente in violazione quantomeno dell’art. 1845, 3° comma, c.c., a norma del quale è dovuto per il recesso un preavviso almeno pari a 15 giorni, dal che consegue l'accoglimento della domanda della ricorrente sul punto.
2. In ordine alla domanda di risarcimento del danno, il Collegio preliminarmente rileva che la ricorrente, in sede di reclamo, quantifica la richiesta in euro 100.000,00, mentre in sede di ricorso in euro 200.000,00, sicché potrebbe essere presa in considerazione solo nel limite fissato nel reclamo. Tuttavia, la questione è assorbita in quanto la domanda di risarcimento non può essere accolta per le seguenti ragioni. In ordine alla prova del danno, la ricorrente afferma che la condotta tenuta dalla Banca resistente avrebbe determinato un danno in termini di: impossibilità di eseguire transazioni in conto corrente;
impossibilità di saldare i debiti esistenti; blocco delle operazioni di acquisto e di vendita;
inutilizzabilità del servizio RID, suscettibili di determinare la drastica riduzione dell’attività aziendale. Più nello specifico, la ricorrente ritiene che l’illegittima condotta della banca avrebbe inciso fortemente sulle sue chance presenti e future. A mero titolo esemplificativo, la ricorrente assume che la chiusura del conto corrente le avrebbe impedito di partecipare al progetto del P.S.R. Sicilia 2004/2020, precisando che di essere stata ammessa alla partecipazione al Bando pubblicato nel sito PSR Sicilia 2014/2020 il 2/5/2017 (Operazione 6.4a PSR Sicilia 2014/2020 - Regime de minimis), ottenendo il riconoscimento dell’importo di euro 187.057,95. In sede di replica, la ricorrente precisa che, a seguito della graduatoria definitiva, il progetto è stato escluso e, dopo un ricorso gerarchico, risulta riammesso. Ora, il Collegio osserva che non risulta dimostrato il nesso di causalità tra il recesso dal rapporto di conto corrente, imputabile alla Banca resistente, e la mancata ammissione al sostegno regionale. Infatti, la stessa ricorrente dà conto di una riammissione a seguito del
ricorso gerarchico avverso l'esclusione e non costa altro provvedimento formale di esclusione definitiva. Per altro verso, il Collegio osserva che l'impossibilità lamentata dalla ricorrente ad utilizzare il conto corrente, in conseguenza del recesso, per saldare debiti ad effettuare operazioni di acquisto e vendita non risulta tale, nel senso che la ricorrente avrebbe ben potuto aprire un altro conto corrente presso un intermediario diverso dalla Banca resistente. Deve infatti considerarsi che il conto corrente, cui si riferisce il recesso, non era affidato e quindi la sua chiusura non ha privato la ricorrente di disponibilità liquide.
Invero, è la stessa ricorrente a precisare che quella che essa definisce “impossibilità” di aprire un nuovo conto è in effetti dovuta alla circostanza che la compagine societaria difettava di un socio deceduto e questo avrebbe costituito l’ostacolo insormontabile per ottenere l'apertura di un nuovo conto corrente presso altri intermediari. A questo punto però il Collegio rileva che, essendo la ricorrente una società in accomandita semplice, si pone la seguente alternativa: o il venir meno di un socio deceduto non incide sulla capacità della società di instaurare nuovi rapporti, in quanto non viene meno la pluralità di categorie di soci (accomandanti e accomandatari). Oppure si verifica quest'ultima ipotesi e allora, ai sensi e per gli effetti dell'art. 2323 c.c., tale pluralità di soci deve essere ricostituita entro sei mesi, essendo altrimenti conseguenza necessaria lo scioglimento della società, ferma restando la nomina di un amministratore provvisorio durante tale semestre, qualora sia venuto meno l'unico socio accomandante. Le conseguenze legate all’eventuale verificarsi di questa causa di scioglimento della società non possono essere certamente ricondotte al recesso, pur illegittimo, esercitato dalla Banca resistente.
PER QUESTI MOTIVI
In parziale accoglimento del ricorso, il Collegio dichiara illegittimo il recesso dal conto corrente esercitato dall’intermediario, nei termini di cui in motivazione.
Il Collegio dispone inoltre ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma di € 200,00 quale contributo alle spese della procedura e al ricorrente la somma di € 20,00 quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1