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COLLEGIO DI ROMA. Membro designato dalla Banca d'italia. Membro di designazione rappresentativa degli intermediari.

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COLLEGIO DI ROMA

composto dai signori:

(RM) SCIUTO Presidente

(RM) POZZOLO Membro designato dalla Banca d'Italia

(RM) ACCETTELLA Membro designato dalla Banca d'Italia

(RM) GRANATA Membro di designazione rappresentativa

degli intermediari

(RM) SARZANA DI S. IPPOLITO Membro di designazione rappresentativa dei clienti

Relatore FRANCESCO ACCETTELLA

Seduta del 19/07/2019

FATTO

1. Il ricorrente afferma di aver richiesto, tra i mesi di maggio e giugno 2018, l’attivazione di una linea Adsl a nome del proprio coniuge, ma con domiciliazione sulla propria carta di credito. Sostiene che, pur non essendo la linea stata mai attivata, il gestore telefonico aveva emesso delle fatture relative alla predetta linea. Afferma altresì di aver inviato all’intermediario convenuto documentazione volta ad attestare che il contratto con il gestore era oggetto di contenzioso, ma che, nonostante ciò, l’intermediario aveva provveduto a pagare le fatture. A fronte della richiesta dell’intermediario di rimborso del doppio del fido di euro 1.000,00, e della volontà di addebitargli una somma di circa euro 3.000,00, il ricorrente sostiene di aver richiesto di vedersi addebitato unicamente l’importo non inerente al rapporto con il gestore telefonico. Parte ricorrente aggiunge che, nelle more del contenzioso con il gestore telefonico, l’intermediario ha continuato ad addebitare i pagamenti richiesti da quest’ultimo. Con il presente ricorso, al quale allega gli estratti conto relativi ai mesi che vanno da luglio a dicembre 2018, parte ricorrente chiede di

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pagare solo le spese non inerenti al servizio telefonico. Chiede altresì che la sua carta di credito, sospesa in ragione della suddetta vicenda, venga riattivata e che il suo nominativo non venga menzionato sulle banche dati CRIF e simili.

2. L’intermediario resistente, con le proprie controdeduzioni, osserva che il ricorrente aveva autorizzato l’addebito continuativo sulla propria carta di credito dei costi connessi al servizio telefonico sottoscritto a nome del coniuge. In ragione di ciò, il gestore telefonico addebitava le fatture a partire dal luglio 2018. Parte resistente afferma che, subito dopo l’emissione della prima fattura, il coniuge del ricorrente, intestatario del contratto, aveva avviato una procedura di conciliazione con il gestore telefonico attraverso il Co.re.com, in quanto il servizio non era stato erogato, e contestualmente, il ricorrente gli chiedeva di sospendere gli addebiti da parte del gestore telefonico e di procedere al rimborso di quelli già effettuati. La carta di credito, con un plafond di euro 1.300,00, continuava a essere utilizzata regolarmente per altre spese. Il ricorrente procedeva quindi a revocare le domiciliazioni in precedenza autorizzate, generando così degli insoluti, che, alla data della presentazione delle controdeduzioni, ammontavano complessivamente ad euro 2.877,27.

In punto di diritto, parte resistente afferma di poter respingere gli importi che il gestore telefonico addebita ad un cliente in base ad un contratto regolarmente in essere, solo in conformità a quanto previsto dall’art. 4 del Regolamento titolari.

L’intermediario chiede quindi il rigetto del ricorso. Si dichiara però disponibile a rimborsare al ricorrente “la differenza di importo tra il plafond mensile di € 1.300,00 e la spesa sostenuta dal Ricorrente come risultante dall’estratto conto del mese di ottobre 2018”.

3. In sede di repliche parte ricorrente precisa che il plafond della carta è di euro 1.000,00 e non di euro 1.300,00 come dichiarato dall’intermediario, richiamando a dimostrazione dell’assunto il documento di sintesi. Afferma che l’intermediario è stato informato del contenzioso innanzi al Co.re.com, della risoluzione del contratto e della diffida a non addebitare importi sulla carta di credito. Ritiene che la propria condotta sia stata conforme a quanto previsto dal combinato disposto degli artt. 8 e 10 del Regolamento titolari, avendo inviato la revoca dei pagamenti tanto al gestore telefonico, quanto all’intermediario. Sostiene di aver diffidato l’intermediario, con fax del 5.2.2019, a non segnalare il suo nominativo nei sistemi di informazione creditizia. Aggiunge infine che alla revoca della carta di credito è seguita la revoca di altra carta, che si configura come un danno ulteriore rispetto a quello di immagine già subito.

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1. Il ricorrente contesta la legittimità della condotta dell’intermediario in relazione all’addebito sulla propria carta di credito di fatture emesse nell’arco temporale relativo ai mesi di luglio-dicembre 2018 da parte di un gestore telefonico in relazione a un’utenza di cui è titolare il coniuge. In allegato al ricorso, parte ricorrente produce gli estratti conto a partire dal mese di luglio fino al mese di dicembre 2018, dai quali risultano quattro addebiti riconducibili alla domiciliazione del servizio telefonico per un importo totale pari a euro 645,84.

La questione sottoposta all’attenzione del Collegio attiene all’eventuale responsabilità dell’intermediario per non aver proceduto a dar corso alla revoca del mandato relativo alla domiciliazione in favore della predetta compagnia telefonica.

Dalla documentazione versata in atti si evince che il rapporto con il gestore telefonico è stato fatto oggetto di un tentativo di conciliazione presso il Co.re.com avviato in data 18.7.2018, in quanto – sostiene il ricorrente – i servizi richiesti non sono stati erogati, ma sono state comunque emesse le relative fatture. Risulta agli atti che la comunicazione di contestazione e diffida inoltrata al gestore telefonico era stata, contestualmente, trasmessa all’intermediario resistente con pec del 18.7.2018. In tale missiva, inviata al gestore telefonico e inoltrata all’intermediario resistente, il ricorrente, tra le altre cose, revocava l’autorizzazione alla domiciliazione delle fatture emesse dal gestore, scrivendo che “la presente vale quale revoca per ogni pagamento precedentemente autorizzato sulla carta di credito (…)”. Agli atti risulta altresì che il ricorrente abbia reiterato la trasmissione della comunicazione in data 15.11.2018.

Dal canto suo, l’intermediario resistente, dopo aver inviato al ricorrente diverse richieste di ripianamento dell’esposizione debitoria – tra le quali è agli atti una lettera del 28.1.2019 – procedeva, in data 28.2.2019, ad esercitare il diritto di recesso dal rapporto relativo alla carta di credito in esame, informandone il ricorrente e, in data 20.3.2019, a chiedere il pagamento del debito da quest’ultimo complessivamente accumulato, pari ad euro 2.921,26, comprensivo delle fatture emesse dal gestore telefonico nel mese di febbraio 2019 di importo totale pari a euro 99,99.

Dagli estratti conto prodotti dal ricorrente si evince tuttavia che la somma di cui questi è debitore nei confronti dell’intermediario resistente non è da ascrivere unicamente alla domiciliazione del servizio telefonico, essendo in larga parte riconducibile ad altre operazioni eseguite dal ricorrente con la propria carta di credito.

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2. Per dirimere la presente controversia, diventa decisivo chiarire il significato delle condizioni contrattuali relative alla carta di credito oggetto del ricorso, dal momento che ciascuna delle parti le invoca per sostenere la legittimità e la correttezza del proprio operato.

L’intermediario afferma la legittimità della sua condotta in forza dell’art. 4 (rectius: art. 8) del Regolamento titolari. In base ai primi due commi di detto articolo, ritiene di non aver

“alcun titolo per respingere gli importi che [il gestore telefonico] addebita al ricorrente sulla base di un contratto regolarmente in essere”. Ai sensi dell’art. 8, comma 1, “il Titolare può utilizzare la Carta per il pagamento di spese ricorrenti, ad intervalli regolari, presso Esercenti (o altri Beneficiari) con i quali abbia stipulato appositi contratti per l’erogazione continuativa di beni e/o servizi (domiciliazione di utenze, abbonamenti, ecc.) ed ai quali abbia rilasciato autorizzazione all’addebito di tali spese sulla Carta”. Il comma secondo prevede che “la revoca di detta autorizzazione dovrà essere effettuata dal Titolare direttamente nei confronti dell’Esercente/Beneficiario, nei modi e nelle forme previste dalla legge e/o dal contratto concluso con l’Esercente/Beneficiario. L’Emittente resterà estraneo ad ogni contestazione in merito all’efficacia della revoca stessa. Il Titolare prende atto che la revoca diverrà effettiva compatibilmente con i tempi tecnici necessari, dipendenti dai sistemi degli Esercenti/Beneficiari”.

Il ricorrente, dal suo canto, richiama, oltre all’articolo sopra riportato, l’art. 10 del Regolamento titolari e sostiene che, avendo provveduto a revocare la domiciliazione direttamente nei confronti del gestore del servizio telefonico e a informare tempestivamente di ciò l’intermediario, la sua condotta deve considerarsi legittima. L’art.

10 prevede, in particolare, che “il Cliente può revocare il consenso all’esecuzione di un’Operazione di pagamento o una serie di Operazioni di pagamento, trasmesso dal Cliente medesimo o indirettamente dal Beneficiario, fino a che l’Ordine di pagamento non sia stato ricevuto dall’Emittente. La revoca dovrà avvenire, ove possibile, con le medesime modalità con cui il consenso è stato prestato, ovvero con le diverse modalità previste dall’Esercente/Beneficiario e/o dal Circuito Internazionale. Se l’Operazione di pagamento è disposta su iniziativa del Beneficiario o per il suo tramite, la revoca del consenso ad eseguire l’Operazione di pagamento dovrà avvenire direttamente nei confronti dell’Esercente/Beneficiario, in ogni caso prima che l’Ordine di pagamento sia ricevuto dall’Emittente. (…) Le Operazioni di pagamento eseguite successivamente al momento in cui l’Emittente riceve la revoca del consenso non possono essere considerate

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Ai fini della presente controversia, vengono in rilievo altresì gli artt. 25 e 26 del Regolamento titolari. Ai sensi del primo articolo, “il Titolare che viene a conoscenza di Operazioni di pagamento o di anticipo di denaro contante non autorizzate, non eseguite o eseguite in modo inesatto, può ottenerne la rettifica solo se comunica senza indugio tale circostanza all’Emittente chiamando il Servizio Clienti o il numero dedicato al Blocco Carta; tale richiesta di rettifica dovrà essere confermata mediante comunicazione scritta all’Emittente, il quale ha la facoltà di richiedere documentazione aggiuntiva a supporto. La comunicazione deve essere, in ogni caso, effettuata entro 13 (tredici) mesi dalla data di addebito. (…)”. L’articolo successivo aggiunge che, “fatta salva la necessità di tempestiva comunicazione di cui al precedente art. 25, nel caso in cui un’Operazione di pagamento o di anticipo di denaro contante non risulti essere stata autorizzata, l’Emittente dispone in favore del Titolare il rimborso del relativo importo, entro e non oltre la fine della giornata operativa successiva a quella in cui la comunicazione di Operazione non autorizzata perviene all’Emittente. (…)”.

3. Le condizioni contrattuali, sopra richiamate, sono da ritenere conformi agli artt. 5 e 9 d.lgs. 27 gennaio 2010, n. 11. In particolare, l’art. 5, in tema di consenso e revoca del consenso nelle operazioni di pagamento, afferma, al primo comma, che “il consenso del pagatore è un elemento necessario per la corretta esecuzione di un'operazione di pagamento. In assenza del consenso, un'operazione di pagamento non può considerarsi autorizzata”. Al comma quarto, prevede che “il consenso ad eseguire un'operazione di pagamento o una serie di operazioni di pagamento può essere revocato in qualsiasi momento, nella forma e secondo la procedura concordata nel contratto quadro o nel contratto relativo a singole operazioni di pagamento, purché ciò avvenga prima che l'ordine di pagamento diventi irrevocabile ai sensi dell'articolo 17. Le operazioni di pagamento eseguite dopo la revoca non sono considerate autorizzate”. Ai sensi dell’art. 9, comma 1, in tema di comunicazione di operazioni non autorizzate o effettuate in modo inesatto, “l'utilizzatore, venuto a conoscenza di un'operazione di pagamento non autorizzata o eseguita in modo inesatto (…), ne ottiene la rettifica solo se comunica senza indugio tale circostanza al proprio prestatore di servizi di pagamento secondo i termini e le modalità previste nel contratto quadro o nel contratto relativo a singole operazioni di pagamento. La comunicazione deve essere in ogni caso effettuata entro 13 mesi dalla data di addebito, nel caso del pagatore, o di accredito, nel caso del beneficiario”.

4. Alla luce delle condizioni contrattuali e delle disposizioni legislative sopra riportate, il Collegio è chiamato a valutare se le iniziative intraprese dal ricorrente abbiano valenza di

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revoca della domiciliazione dell’utenza relativa al gestore telefonico, derivandone, in caso di risposta affermativa, l’illegittimità degli addebiti che l’intermediario ha continuato ad effettuare a tal fine a partire dal mese di luglio 2018.

Nei precedenti di questo Arbitro su fattispecie analoghe a quella in decisione, è stata giudicata dirimente ai fini dell’accoglimento o meno del ricorso la circostanza che il ricorrente abbia o meno fornito la prova della revoca della domiciliazione (in tal senso, per l’accoglimento, v. Collegio di Milano, decisione n. 13073/2018; per il rigetto, Collegio di Roma, decisione n. 24161/2018, in una vicenda nella quale però non erano state prodotte le condizioni contrattuali, né era stata fornita la prova della revoca della domiciliazione).

Nel caso di specie, alla luce delle risultanze agli atti sopra esposte, è acclarato che il ricorrente abbia portato a conoscenza dell’intermediario, con apposite pec, la contestazione delle fatture e la revoca della domiciliazione, comunicate – in conformità a quanto prevedono le condizioni contrattuali – al gestore telefonico (quale esercente/beneficiario) con missiva del 18.7.2018. Ne consegue l’illegittimità degli addebiti che l’intermediario ha effettuato in relazione all’utenza telefonica nel periodo successivo a tale data.

5. La seconda domanda avanzata dal ricorrente è volta a conseguire la riattivazione della carta di credito. Come si evince dalla comunicazione, datata 28.2.2019, supra richiamata, l’intermediario aveva infatti esercitato il diritto di recesso dal rapporto relativo a tale carta, in considerazione dell’esposizione debitoria accumulata dal ricorrente.

Ai sensi dell’art. 35 del Regolamento titolari, “l’Emittente può recedere dal Contratto (…) per giustificato motivo, che verrà reso noto al Cliente, e solo nel caso in cui il Cliente rivesta la qualifica di Consumatore, in qualsiasi momento – senza preavviso – senza alcun onere a carico del Cliente, dandone comunicazione al Cliente, a mezzo raccomandata A.R. con le modalità di cui all’art. 43. Il recesso si considera efficace nel momento in cui il Cliente ne viene a conoscenza”.

A tal proposito, si è già evidenziato che la somma di cui il ricorrente è debitore nei confronti dell’intermediario resistente non sia da ricondurre unicamente alla domiciliazione dei costi relativi al servizio telefonico. La condotta dell’intermediario può dirsi allora conforme a quanto previsto dall’art. 35 del Regolamento titolari, sebbene quest’ultimo non contempli alcun preavviso per il recesso dell’emittente, in difformità rispetto a quanto previsto dall’art. 126-septies, comma 2, t.u.b. Ai sensi di tale norma, infatti, “il prestatore di servizi di pagamento può recedere da un contratto quadro a tempo indeterminato se ciò è

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dalla Banca d’Italia”. Nel caso di specie, si può dunque ritenere che il recesso dell’intermediario – previsto in contratto (e v. al riguardo Collegio di Roma, decisione n.

1546/2018; Collegio di Milano, decisione n. 4903/2017) – sia stato esercitato in maniera legittima, sebbene la sua efficacia sia decorsa trascorsi i due mesi di preavviso previsti dalla legge. In ogni caso, non può accogliersi la richiesta del ricorrente di riattivazione della carta di credito.

6. Con la terza e ultima domanda, il ricorrente chiede di non essere segnalato nei sistemi di informazione creditizia, tenuto conto che l’intermediario ha paventato tale segnalazione nelle più recenti comunicazioni che ha trasmesso. Al riguardo, va rilevato che una simile domanda, oltre ad essere formulata in modo molto generico, è da qualificarsi come una richiesta cautelare e, in quanto tale, esula dai poteri e dall’ambito di competenza di questo Arbitro, come segnalato nei precedenti in materia (v. Collegio di Palermo, decisione n.

8843/2017; Collegio di Roma, decisione n. 2127/2015).

P.Q.M.

Il Collegio accerta l’illegittimità degli addebiti in conto corrente inerenti all’utenza telefonica di cui al ricorso a partire dal 18 luglio 2018. Respinge nel resto.

Dispone, inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma di Euro 200,00 (duecento/00) quale contributo alle spese della procedura e alla parte ricorrente quella di Euro 20,00 (venti/00) quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.

IL PRESIDENTE

firma 1

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