• Non ci sono risultati.

PIANO PROVINCIALE DI GESTIONE DEI RIFIUTI SPECIALI, ANCHE PERICOLOSI

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "PIANO PROVINCIALE DI GESTIONE DEI RIFIUTI SPECIALI, ANCHE PERICOLOSI "

Copied!
223
0
0

Testo completo

(1)

1 PREMESSA...1

1.1 LA PIANIFICAZIONE PROVINCIALE DEI RIFIUTI SPECIALI ANCHE PERICOLOSI: LE RAGIONI DI UNA SCELTA/LE DIMENSIONI DEL PROBLEMA...1

1.2 L’ANDAMENTO DEL PIL E DELLA PRODUZIONE DI RIFIUTI...1

1.3 LE RADICI DEL PROBLEMA DEI RIFIUTI SPECIALI E SPECIALI PERICOLOSI IN TOSCANA...5

1.3.1 I numeri della Regione Toscana...5

1.4 LE RADICI DEL PROBLEMA DEI RIFIUTI SPECIALI E SPECIALI PERICOLOSI NELLA PROVINCIA DI PISA 6 1.4.1 Breve analisi della situazione economica della Provincia di Pisa...6

2 QUADRO LEGISLATIVO IN MATERIA DI RIFIUTI...9

2.1 IL D.LGS. 22/97...9

2.1.1 Principi generali ...9

2.1.2 Definizione di rifiuto ...10

2.1.3 Classificazione dei rifiuti ...11

2.1.4 Gli strumenti della Pianificazione...11

2.2 LEGISLAZIONE REGIONALE...12

2.2.1 Il Piano Regionale di gestione dei Rifiuti ...12

2.3 IL PIANO PROVINCIALE DI GESTIONE DEI RIFIUTI...13

2.4 OBIETTIVI DEL PIANO...14

3 LA PRODUZIONE DI RIFIUTI SPECIALI PERICOLOSI E NON-PERICOLOSI NELLA PROVINCIA DI PISA...15

3.1 CONTABILITÀ DEI RIFIUTI E ATTI DI PIANIFICAZIONE: CONSIDERAZIONI PRELIMINARI...15

3.2 CONTABILITÀ DELLA PRODUZIONE DEI RIFIUTI: I PRODUTTORI E LE IMPRESE TENUTE ALLA DICHIARAZIONE ANNUALE...15

3.3 I DATI A BASE DELLA PIANIFICAZIONE PROVINCIALE...16

3.4 L’INDAGINE QUALI - QUANTITATIVA RELATIVA AI DATI MUD...17

3.4.1 Valutazione della produzione dei rifiuti Speciali in relazione ai Codici Europei (CER) 19 3.4.2 Analisi della produzione dei Rifiuti Speciali (Pericolosi e NON) nei Comuni della Provincia di Pisa ...20

3.4.3 Analisi della produzione quali-quantitativa di RS in provincia di PISA in relazione alle attività economiche (ISTAT) ...24

3.4.3.1 Analisi per codice CER predominante... 26

3.4.4 Analisi produzione RS per addetti ...30

4 STIMA DELLA PRODUZIONE REALE ...31

5 DOMANDA E OFFERTA DI GESTIONE DEI RIFIUTI DELLA PROVINCIA DI PISA.33 5.1 IMPIANTI DI TRATTAMENTO/SMALTIMENTO AUTORIZZATI NELLA PROVINCIA DI PISA...33

5.2 OFFERTA DI TRATTAMENTO/SMALTIMENTO...34

5.2.1 Stima di CDR potenzialmente derivante da Rifiuti Speciali ...36

5.3 STIMA DEI RIFIUTI ORIGINARI PRODOTTI IN PROVINCIA DI PISA...36

5.4 FLUSSI DI RIFIUTI...39

5.5 FABBISOGNO DI TRATTAMENTO/SMALTIMENTO NELLA PROVINCIA PER IL FLUSSO DI RIFIUTI SPECIALI...46

I PARTE

(2)

6 INDICAZIONE DEGLI INTERVENTI PIÙ IDONEI PER LA RIDUZIONE DELLA

QUANTITÀ E PERICOLOSITÀ DEI RIFIUTI SPECIALI...49

7 LA TIPOLOGIA E IL COMPLESSO DEGLI IMPIANTI DI GESTIONE DEI RIFIUTI SPECIALI IN PROVINCIA E ANALISI DEI FABBISOGNI DEI GRANDI PRODUTTORI E/O PRODUTTORI DIFFUSI...72

7.1 ANALISI DEL FABBISOGNO DI GESTIONE DEI RIFIUTI PER GRANDI PRODUTTORI...72

7.1.1 Società Chimica Larderello (PI)...72

7.1.2 L’industria del cuoio: la produzione di fanghi...75

7.1.3 L’industria del cuoio: la produzione di altri scarti solidi...78

7.1.4 Industria farmaceutica: caso Farmigea ...79

7.1.5 Piaggio S.p.A...81

7.1.6 Siemens S.p.A...83

7.1.7 Altair Chimica...85

7.2 COMPARTI CON SORGENTI DIFFUSE...88

7.2.1 Processi per la fabbricazione di prodotti chimici...88

7.2.2 Industria del legno e prodotti in legno...93

7.2.3 Produzione, trattamento e rivestimento di metalli non ferrosi...101

8 CRITERI DI LOCALIZZAZIONE DI NUOVI IMPIANTI...117

8.1 ASPETTI GENERALI...117

8.1.1 Atti di pianificazione...117

8.1.1.1 Piano regionale per la gestione dei rifiuti ... 117

8.1.1.2 Piano provinciale per la gestione dei rifiuti... 117

8.1.2 Valutazione di impatto ambientale...118

8.1.3 Criteri speciali ...118

8.2 IMPIANTI DI TRATTAMENTO TERMICO (ARTT. 31, 32 E 33 DEL D. LGS. 22/97) ...120

8.3 IMPIANTI INDUSTRIALI CON CO-COMBUSTIONE DI CDR E IMPIANTI DI RECUPERO ENERGETICO EX ART. 31 DEL D. LGS. 22/97 NON DESTINATI ALLA COMBUSTIONE DI CDR...120

8.4 IMPIANTI DI STOCCAGGIO E TRATTAMENTO DI RIFIUTI SPECIALI E SPECIALI PERICOLOSI..121

8.5 IMPIANTI DI RECUPERO EX ART. 31 E ART. 33 DEL D. LGS. 22/97 ...121

8.6 AREE DESTINATE AD ATTIVITÀ DI ROTTAMAZIONE...122

9 REQUISITI PER LE TECNOLOGIE IMPIANTISTICHE...123

9.1 IMPIANTI DI STOCCAGGIO...123

9.1.1 Requisiti minimi per la progettazione...123

9.1.2 Linee guida per la gestione ...124

9.1.3 Procedure e dotazioni minime per il monitoraggio ...124

9.2 IMPIANTI DI RECUPERO DI RIFIUTI SPECIALI...125

9.2.1 Requisiti minimi per la progettazione...125

9.2.2 Linee guida per la gestione ...126

9.2.3 Procedure e dotazioni minime per il monitoraggio ...126

9.3 IMPIANTI DI TERMODISTRUZIONE DI RIFIUTI SPECIALI PERICOLOSI E NON PERICOLOSI....127

9.3.1 Requisiti minimi per la progettazione...127

9.3.2 Linee guida per la gestione ...131

9.3.3 Procedure e dotazioni minime per il monitoraggio ...131

9.4 IMPIANTI DESTINATI AD ATTIVITÀ DI ROTTAMAZIONE...132

9.4.1 Requisiti per la realizzazione degli impianti...132

9.4.1.1 Caratteristiche del settore di conferimento dei veicoli e stoccaggio (anche temporaneo)... 132

II PARTE

(3)

9.4.1.2 Caratteristiche del settore di trattamento dei veicoli ... 133

9.4.1.3 Indicazioni sulle modalità di messa in sicurezza dei veicoli... 133

9.4.1.4 Caratteristiche del settore di stoccaggio dei rifiuti liquidi e delle batterie... 133

9.4.1.5 Caratteristiche del settore di stoccaggio carcasse bonificate ... 134

9.4.1.6 Caratteristiche del settore di stoccaggio parti recuperabili e pezzi di ricambio commercializzabili ... 134

10 I CRITERI DI LOCALIZZAZIONE E DI GESTIONE DI NUOVI IMPIANTI DI DISCARICA...135

1.1 IMPIANTI DI DISCARICA PER RIFIUTI INERTI, PER RIFIUTI NON PERICOLOSI E PER RIFIUTI PERICOLOSI...135

1.1.1 Premessa...135

1.1.2 Criteri comuni di localizzazione ...136

1.1.3 Criteri aggiuntivi di localizzazione per Impianti di discarica per rifiuti Non Pericolosi e per rifiuti Pericolosi...138

1.2 CRITERI DI PROGETTAZIONE E COSTRUZIONE PER IMPIANTI DI DISCARICA PER RIFIUTI INERTI...139

1.2.1 Protezione del terreno e delle acque...139

1.2.1.1 Criteri generali ... 139

1.2.1.2 Barriera geologica ... 140

1.2.1.3 Copertura superficiale finale... 140

1.2.2 Controllo delle acque...141

1.2.3 Stabilità...141

1.2.3.1 Stabilità e deformazioni del corpo dei rifiuti... 141

1.2.3.2 Stabilità dei rivestimenti... 142

1.2.3.3 Stabilità della copertura finale ... 142

1.2.3.4 Stabilità delle arginature e delle opere di sostegno ... 142

1.2.4 Disturbi e rischi ...142

1.2.5 Barriere ...142

1.2.6 Dotazione di attrezzature e personale...143

1.3 CRITERI DI PROGETTAZIONE E COSTRUZIONE PER IMPIANTI DI DISCARICA PER RIFIUTI NON PERICOLOSI E PER RIFIUTI PERICOLOSI...143

1.3.1 Protezione delle matrici ambientali...143

1.3.2 Protezione del terreno e delle acque...143

1.3.2.1 Criteri generali ... 143

1.3.2.2 Barriera geologica ... 144

1.3.2.3 Copertura superficiale finale... 146

1.3.3 Controllo delle acque e gestione del percolato...147

1.3.4 Controllo dei gas...149

1.3.5 Stabilità...150

1.3.5.1 Stabilità e deformazioni del corpo dei rifiuti... 150

1.3.5.2 Stabilità dei rivestimenti... 151

1.3.5.3 Stabilità della copertura finale ... 151

1.3.5.4 Stabilità delle arginature e delle opere di sostegno ... 151

1.3.6 Disturbi e rischi ...151

1.3.7 Barriere ...151

1.3.8 Dotazione di attrezzature e personale...152

1.4 MODALITÀ DI GESTIONE OPERATIVA, POST-OPERATIVA, DI RIPRISTINO AMBIENTALE E DI SORVEGLIANZA E CONTROLLO PER TUTTE LE CATEGORIE DI DISCARICA...152

1.4.1 Principi generali ...152

1.4.2 Criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica ...153

1.4.2.1 Rifiuti non ammessi in discarica ... 154

1.4.3 Piano di gestione operativa ...155

1.4.3.1 Elementi minimi del piano ... 155

1.4.4 Piano di ripristino ambientale...156

(4)

1.4.4.1 Elementi minimi del piano ... 157

1.4.5 Piano di gestione in fase post-operativa...157

1.4.5.1 Elementi minimi del piano ... 158

1.4.6 Piano di sorveglianza e controllo...158

1.4.6.1 Acque sotterranee ... 159

1.4.6.2 Acque meteoriche di ruscellamento ... 159

1.4.6.3 Percolato ... 159

1.4.6.4 Emissioni gassose e qualità dell’aria... 160

1.4.6.5 Discariche adibite allo smaltimento di rifiuti di amianto o contenenti amianto ... 161

1.4.6.6 Parametri meteoclimatici ... 161

1.4.6.7 Morfologia della discarica... 161

1.4.7 Regime transitorio per discariche già autorizzate e per discariche nuove ...161

11 I RIFIUTI AGRICOLI...165

11.1 DEFINIZIONE E CLASSIFICAZIONE DEI RIFIUTI AGRICOLI...165

11.2 QUANTITATIVI STIMATI DI RIFIUTI AGRICOLI PRODOTTI IN PROVINCIA DI PISA...169

11.3 LINEE GUIDA PER LA GESTIONE DEI RIFIUTI AGRICOLI...170

11.4 CARATTERISTICHE, CRITERI DI GESTIONE E LOCALIZZAZIONE DEGLI “ECOCENTRI” .171 11.5 DISCIPLINA PARTICOLARE DEI CONTENITORI VUOTI DI PRODOTTI FITOSANITARI.- ...172

11.6 DIVIETI...174

12 FANGHI DI DEPURAZIONE ...175

12.1 DEFINIZIONE E CLASSIFICAZIONE DEI FANGHI DI DEPURAZIONE DESTINATI AL RECUPERO PER FINI AGRONOMICI...175

12.2 QUANTITATIVI STIMATI DI FANGHI DI DEPURAZIONE PRODOTTI IN PROVINCIA DI PISA...175

12.3 LINEE GUIDA PER LA GESTIONE DEI FANGHI DI DEPURAZIONE...176

13 RIFIUTI CONTENENTI AMIANTO (RCA)...179

13.1 CLASSIFICAZIONE DEI RCA SECONDO IL CER ENTRATO IN VIGORE IL 01/01/2002....179

13.2 QUANTITATIVI STIMATI DI RCA PRODOTTI IN PROVINCIA DI PISA...180

13.3 LINEE GUIDA PER LA GESTIONE DEI RCA...181

14 RIFIUTI DEL COMPARTO GEOTERMICO ...183

14.1 PREMESSA...183

14.2 DEFINIZIONE E CLASSIFICAZIONE DEI RIFIUTI DELLATTIVITÀ GEOTERMICA...184

14.3 QUANTITATIVI STIMATI DI RIFIUTI DERIVANTI DAL COMPLESSO DELLE ATTIVITÀ GEOTERMICHE...186

14.4 LINEE GUIDA PER LA GESTIONE DEI RCA E DELLE BONIFICHE DEI SITI CONTAMINATI...190

15 I RIFIUTI SANITARI ...193

15.1 PREMESSA...193

15.2 DEFINIZIONE E CLASSIFICAZIONE DEI RIFIUTI SANITARI...193

15.3 QUANTITATIVI STIMATI DI RIFIUTI SANITARI PRODOTTI IN PROVINCIA DI PISA...196

15.4 LINEE GUIDA PER LA GESTIONE DEI RIFIUTI SANITARI...196

16 MATERIALI SPECIFICI A RISCHIO DERIVANTI DALL’EMERGENZA BSE ...200

16.1 DEFINIZIONE E CLASSIFICAZIONE DEI MATERIALI SPECIFICI A RISCHIO...200

16.2 QUANTITATIVI STIMATI DI MSAR PRODOTTI IN PROVINCIA DI PISA...200

16.3 LINEE GUIDA PER LA GESTIONE DEI MSAR...200

(5)

PIANO PROVINCIALE DI GESTIONE DEI RIFIUTI SPECIALI, ANCHE PERICOLOSI

I PARTE

(6)

Piano per la Gestione dei Rifiuti Speciali Pericolosi e non della Provincia di PISA

©Agenzia Regione Recupero Risorse S.p.A. I Parte - pag 1

1 PREMESSA

1.1 La pianificazione provinciale dei rifiuti speciali anche pericolosi: le ragioni di una scelta/le dimensioni del problema

“Un’analisi dettagliata degli sviluppi nella produzione del rifiuto, la gestione del rifiuto e la riduzione dello stesso è ostacolata dalla mancanza di definizioni comparabili e da informazioni statistiche in ogni parte d’Europa. I dati nazionali sulle origini e flussi di rifiuti esistono già e vengono già riportati mediante i.a. OECD/Eurostat e la Direttiva europea standardizzata di riferimento 91/692/EEC. Tuttavia per scopi comparativi tra paesi membri questi dati hanno un valore limitato a causa dell’incoerenza in termini di definizioni, classificazioni, terminologia e precisione. La ETC sta coadiuvando i paesi membri OECD/EUROSTAT/EEA per migliorare la qualità e la coerenza delle statistiche sui rifiuti”.

Così l’Agenzia Europea per l’Ambiente definisce lo stato delle conoscenze in materia di rifiuti sia urbani che speciali (anche pericolosi).1

Ciò è dovuto anche al fatto che non vi è ancora accordo definitivo sulla definizione giuridica di rifiuto tra gli Stati Membri della Unione Europea.

Se, dunque, la nozione giuridica di rifiuto è importante innanzitutto per dotare la

“governance” di indicatori omogenei per poter quali - quantificare e gestire il problema in modo efficace, ciò non significa che una valutazione nitida complessiva sulle tendenze non sia possibile.

L’indicatore fondamentale e più attendile in materia di rifiuti è il flusso di materiali che alimenta la produzione e quindi i consumi.

Al proposito non esiste alcun centro studi, a qualsiasi orientamento improntato, che non rilevi come: la domanda aggregata di materiali (risorse prelevate dalla natura) sia in aumento costante; i volumi produttivi siano in aumento costante; i consumi generali siano in aumento costante.

L’ultimo studio è dell’americana EPA e prevede un aumento del PIL mondiale del 3-4%

all’anno, fino al 2020, proprio nel momento in cui un altro istituto di ricerca, il Wuppertal Institut (Germania), indica l’esigenza di “ridurre i flussi di materiale di cui sono responsabili i paesi industrializzati del 90% nei prossimi 50 anni” al fine di rendere sostenibile il sistema economico.2

1.2 L’andamento del PIL e della Produzione di Rifiuti

Le analisi effettuate dai principali istituti economici prevedevano una fase di rallentamento nell’ultimo biennio per la concomitanza di andamenti negativi delle economie delle maggiori aree del mondo. Il ciclo economico avrebbe dovuto raggiungere il suo punto di minimo in corrispondenza della prima metà del 2001 e a partire dall’ultimo quadrimestre dell’anno si prevedeva una ripresa. In realtà, un peggioramento delle aspettative sulla congiuntura economica e gli effetti della crisi internazionale del dopo 11 settembre 2001 hanno mantenuto basso il profilo della crescita che, secondo le previsioni, avrà livelli stimati in quelli della seguente tabella.

1 C.f.r.: WASTE/Annual topic update 1998/Topic report N° 6/1999).

2 Tratto da: “Economia, Ecologia, Politica” Ed. Ambiente – 1999.

(7)

Piano per la Gestione dei Rifiuti Speciali Pericolosi e non della Provincia di PISA

©Agenzia Regione Recupero Risorse S.p.A. I Parte - pag 2

Lo scenario internazionale dell’OECD (Crescita PIL)

2001 2002

Previsione

ante 11/9/01 Consuntivo Previsione

ante 11/9/01 Previsione post 11/9/01

USA 1,3 1,1 2,2 0,7

Giappone -0,5 -0,7 0,2 -1,0

Unione Europea 1,8 1,7 2,2 1,5

Italia 1,8 1,8 2,0 1,2

Totale OECD 1,3 1 2,1 1,0

Fonte: dati OECD

Al pari della produzione interna ai sistemi economici, anche le tendenze dei consumi finali costituiscono statistiche significative al fine di porre nella giusta relazione lo stock di merci economiche immesse sui mercati e quantitativi attendibili di rifiuti post consumo, intesi come output del bilancio di materia globale.

A seguire sono riportati in forma sintetica i più recenti dati inerenti l’evoluzione dei consumi nei maggiori paesi europei:

EVOLUZIONE E STIME DEI CONSUMI PRIVATI

1999 2000 2001

AUSTRIA 2,4 2,7 2,2

BELGIO 2,0 2,2 2,4

FINLANDIA 2,8 3,0 3,3

FRANCIA 2,3 3,1 3,0

GERMANIA 2,1 2,2 3,0

IRLANDA 7,7 7,2 6,7

ITALIA 1,7 1,9 2,3

LUSSEMBURGO 3,0 3,2 3,0

PAESI BASSI 4,1 3,9 3,9

PORTOGALLO 4,0 3,5 3,5

SPAGNA 4,4 3,8 3,3

DANIMARCA 0,6 1,4 1,6

GRECIA 2,6 3,0 3,0

REGNO UNITO 4,0 3,1 2,6

SVEZIA 4,1 3,7 3,4

(8)

Piano per la Gestione dei Rifiuti Speciali Pericolosi e non della Provincia di PISA

©Agenzia Regione Recupero Risorse S.p.A. I Parte - pag 3

2,6 2,8

5,3

1,2

2,7 2,8

4,4

0,5

2,9 2,7 2,9

3,0

Area euro Ue Usa Giappone

1999 2000 2001 Fonte: Commissione UE

Anche per l’economia italiana le valutazioni più recenti circa gli indicatori principali mettono in evidenza come la fase espansiva, che si era avviata alla fine del ’99, abbia raggiunto un punto di culmine nel primo trimestre del 2001. A partire da allora la crescita si è attenuata ed il PIL, la cui variazione tendenziale aveva superato il 3 % nel 2001, è tornato ad aumentare su ritmi contenuti e via via decrescenti.

Tassi di variazione dell’economia italiana nel 2001: previsioni

Prometeia CSC3 OCSE

PIL 1,8 1,8 1,8

Importazioni 3,4 2,8 3,6

Spese delle famiglie 1,7 1,5 1,2

Spese della PA 1,0 n.d. 0,6

Investimenti fissi lordi 1,5 1,2 1,5

Esportazioni 4,8 4,2 6,0

Sebbene gran parte degli osservatori collochino già nella seconda metà del 2002 una ripresa espansiva, è altrettanto probabile che la crisi della prima parte dell’anno sarà abbastanza acuta e difficilmente l’economia italiana potrà crescere sopra l’1,2 %. Solo verso la fine del 2002 è prevista una sensibile crescita con l’andamento del PIL su livelli superiori al 2,5 %4.

Nella tabella che segue si riportano le previsioni macroeconomiche per il ”Sistema Italia”

elaborate da diversi Istituti di Ricerca economica per il 2002 e per 2003.

3 Centro Studi Confidustria

4 IRPET: “L’Economia toscana nel prossimo biennio: Conferenza di fine anno 21/12/2001”

(9)

Piano per la Gestione dei Rifiuti Speciali Pericolosi e non della Provincia di PISA

©Agenzia Regione Recupero Risorse S.p.A. I Parte - pag 4

Tassi di variazione dell’economia italiana nel 2002 e 2003: previsioni

Prometeia OCSE CSC

2002 2003 2002 2003 2002 2003

PIL 1,2 2,8 1,2 2,6 1,3 2,6

Importazioni 4,5 6,5 2,7 9,0 4,3 6,3

Spese delle famiglie 1,7 2,7 1,4 2,3 1,5 2,5

Spese della PA 0,9 0,6 0,6 0,7 n.d. n.d.

Investimenti fissi lordi 3,1 4,1 1,3 4,5 3,9 4,3

Esportazioni 2,3 6,9 2,3 7,9 2,1 6,6

A fronte di questa situazione, i più recenti dati dell’Agenzia Europea per l’Ambiente hanno evidenziato alcune questioni importanti: gli obiettivi della strategia UE in materia di rifiuti non sono stati conseguiti, tanto che di fronte ad un aumento del PIL del +6,5%, i rifiuti sono aumentati del 10%.

Secondo la stessa fonte lo smaltimento in discarica continua ad essere il metodo più diffuso ed è anche il più impattante. E’ aumentato il riciclaggio di alcuni materiali (prevalentemente imballaggi in vetro e carta), ma non al punto da ridurre la produzione totale e specifica di tali categorie di rifiuti.

Al 2010 è previsto un aumento dal 40 al 60%, rispetto al 1990, di rifiuti in carta e cartone, vetro e plastica.

Il trattamento finalizzato al riciclaggio (da cui origina una percentuale variabile tra il 15 e il 20% di “rifiuti ultimi” derivanti da operazioni di smaltimento/recupero), la depurazione delle acque, il trattamento delle emissioni atmosferiche di impianti ed attività produttive, contribuiranno ad un aumento dei rifiuti totali.

Entro il 2010, oltre ad un aumento complessivo della produzione dei rifiuti, si attende un aumento delle emissioni totali annue di sostanze chimiche del 30-50%.

Da un punto di vista complessivo la strategia europea mette in rilievo come “la minaccia rappresentata dall’aumento della quantità di rifiuti non possa essere contrastata solamente con una gestione più efficiente ed un maggior tasso di riciclo, cose assolutamente prioritarie ed indispensabili, ma implichi necessariamente il dovere di analizzare e gestire il problema come una componente dei flussi totali di materia, inserendo la gestione dei rifiuti all’interno di una strategia integrata di sviluppo sostenibile, che abbia tra le priorità l’uso razionale delle risorse, il minore consumo di energia e la minimizzazione delle emissioni alla fonte”.5

5 Community Waste Strategy - Risoluzione del Consiglio UE 1997 ; Ambiente 2010: il nostro futuro, la nostra scelta - Sesto programma di azione per l’ambiente della UE.

(10)

Piano per la Gestione dei Rifiuti Speciali Pericolosi e non della Provincia di PISA

©Agenzia Regione Recupero Risorse S.p.A. I Parte - pag 5

1.3 Le radici del problema dei rifiuti speciali e speciali pericolosi in Toscana 1.3.1 I numeri della Regione Toscana

Dai dati disponibili, con riferimento al secondo semestre 1999, il tessuto produttivo regionale si stratifica su un numero complessivo di oltre 376.000 imprese iscritte ai Registri Camerali.

Di queste circa 109.000 imprese (circa il 30%) si connotano come aziende del comparto artigiano, con riferimento ai caratteri tipico delle attività svolte; 55.400 imprese sono costituite in forma di società di capitali (circa il 14% del totale).

Se si considerano le imprese del settore del commercio e dei servizi, nonché le imprese che, pur iscritte al settore dell’industria manifatturiera, sono caratterizzate da dimensioni aziendali e numero di addetti inferiori agli standard sui quali si basa la distinzione della

“grande industria”, si riconferma il carattere peculiare e prevalente della fisionomia dell’impresa toscana come “piccola e media impresa”.

L’andamento del PIL regionale ha assunto nel lungo periodo la dinamica raffigurata nel grafico successivo

NUMERO INDICE DELLA CRESCITA DEL PIL TOSCANO NEI DECENNI: Anno iniziale = 100

Fonte: Piano Regionale di Sviluppo

Di seguito si dà conto dell’andamento di diversi parametri disaggregati dell’economia toscana e delle relative variazioni con riferimento al consuntivo 2001 e alle stime per il 2002 e 2003.

CONTO RISORSE-IMPIEGHI della TOSCANA: variazioni percentuali

2001 2002 2003

Prodotto Interno Lordo 1,7 1,2 2,6

Import interregionale 1,0 2,3 6,4

Import estero 3,2 4,5 8,4

Spesa delle famiglie 1,5 1,7 2,3

Spesa delle Amministrazioni pubbliche 1,0 0,9 0,7

Investimenti fissi lordi 0,9 3,1 4,5

Export interregionale 1,1 2,3 6,2

Export estero 4,4 2,3 7,4

Fonte: elaborazioni su dati IRPET

100 105 110 115 120 125 130 135 140 145

Anni '70

Anni '80 Anni '90 Anni 2000

QUINTO ANNO DECIMO ANNO

(11)

Piano per la Gestione dei Rifiuti Speciali Pericolosi e non della Provincia di PISA

©Agenzia Regione Recupero Risorse S.p.A. I Parte - pag 6

Vale la pena valutare la situazione regionale inerente la ricchezza disponibile e la propensione ai consumi registrata negli anni ’99-2000.

REDDITO PRO/CAPITE in migliaia di lire

CONSUMI PRO/CAPITE in migliaia di lire

RISPARMIO PRO/CAPITE in migliaia di lire 1999 2000 1999 2000 1999 2000

Arezzo 26.507 26.893 22.357 22.755 4.150 4.138

Firenze 31.211 31.713 26.429 27.003 4.782 4.710

Grosseto 23.560 24.074 20.371 20.950 3.190 3.124

Livorno 24.820 25.318 21.718 22.290 3.102 3.027

Lucca 27.424 27.933 23.844 24.406 3.580 3.527

Massa Carrara 23.495 23.999 20.441 21.018 3.054 2.982 Pisa 26.483 26.868 22.711 23.131 3.771 3.737

Pistoia 26.984 27.395 22.376 22.813 4.608 4.582

Prato 29.930 30.571 25.773 26.414 4.158 4.160

Siena 27.365 27.817 23.417 23.945 3.948 3.872

TOSCANA 27.672 28.154 23.654 24.187 4.018 3.966 TOTALE ITALIA 25.122 25.489 21.886 22.351 3.236 3.137 Fonte: Findomestic 2001

1.4 Le radici del problema dei rifiuti speciali e speciali pericolosi nella Provincia di Pisa

1.4.1 Breve analisi della situazione economica della Provincia di Pisa

Dai dati posti a base delle analisi sulle caratteristiche del sistema economico toscano (Doc. U.P. Obiettivo 2 – 2000-2006) si ricavano alcune puntuali osservazioni relative alla situazione socio-economica della Provincia di Pisa.

La più recente evoluzione del sistema produttivo locale è caratterizzata da una tendenza occupazionale con segno negativo (-2%), pur inferiore al dato registrato per l’intera regione Toscana ( -4,4%), nonché da un ampliamento della base produttiva che incrementa la propria dotazione di circa 230 unità locali (+1%).

Unità locali (U.L.) e addetti nella Provincia di Pisa (1991-1996) Settori

economici 1991 1996 Variazione %

1991-1996

U.L. Addetti U.L. Addetti

Industria 9.274 59.132 9.587 58.625 3,4 - 0,8

Commercio 11.694 28.982 11.055 27.832 - 5,5 - 4,0

Altre attività 8.158 26.184 8.713 25.542 6,8 - 2,4

Totale 29.126 114.298 29.355 111.999 0,8 - 2,0

Fonte: elaborazioni su dati ISTAT

(12)

Piano per la Gestione dei Rifiuti Speciali Pericolosi e non della Provincia di PISA

©Agenzia Regione Recupero Risorse S.p.A. I Parte - pag 7

Con poco più di 12.000. Mld di lire, la Provincia di Pisa concorre per il 10% alla formazione del valore aggiunto della Regione.

Il settore industriale contribuisce per circa 1/3 alla produzione totale del sistema economico locale.

Nel settore primario (industria ) eccelle, per dimensioni produttive ed aziendali, il comparto delle concerie, localizzato prevalentemente nel Valdarno Inferiore e che realizza insieme agli altri prodotti del comparto moda un valore aggiunto di circa 1.000 Mld.

L’analisi dei consumi di energia elettrica mette in evidenza per questo settore una fase stazionaria durata anche nel decennio pregresso, seguita da incrementi fino al 1996, per imboccare un successivo periodo di contrazione con decrementi significativi del valore aggiunto nell’ordine del 2,3%.

Di seguito si riportano i dati relativi al VAC (Valore Aggiunto al Costo dei fattori) rilevato per i principali settori economici aggregati della Provincia di Pisa.

Provincia di Pisa - VAC (in Mld di lire correnti) 1996 1997 Prodotti dell’agricoltura, silvicoltura, caccia e pesca 294,0 293,8

Prodotti energetici e acqua 285,7 292,6

Minerali metall. e metallurg. ferrosi e non ferrosi 18,2 9,4 Minerali e prodotti di minerali non metalliferi 322,7 345,7 Produzione chimica, farmaceutica e di fibre chimiche 223,9 224,9 Produzione meccanica, elettromeccanica ed elettronica 353,7 344,7

Produzione mezzi di trasporto 516,7 617,6

Produzione di alimentari, bevande e tabacchi 118,2 105,2

Prodotti della moda – tessile, abbigliamento, calzaturiero pelli e

cuoio (comprese concerie) 1.011,3 987,6

Produzione cartaria, poligrafiche ed editoriali 83,5 86,6 Altre (legno, mobili, gomma, mat.plastiche, preziosi ecc.) 290,1 270,4 Edilizia, genio civile e altre attività connesse 439,8 434,4 Commercio all’ingrosso e dettaglio alberghi e pubblici esercizi 2.143,7 2.210,3

Trasporti e telecomunicazioni 491,8 511,4

Credito e assicurazioni 442,0 445,0

Altri servizi destinabili alla vendita (gest. priv.) 2.999,9 3.260,1 Servizi non destinabili alla vendita (gest. pubbl.) 1.704,5 1.816,3

TOTALE 11.739,6 12.256,0

Fonte: Irpet

Il secondo comparto industriale per importanza è quello riferibile alla costruzione di mezzi di trasporto (non autoveicolare) con un valore aggiunto prodotto nell’ordine di 617 Mld di lire (1997).

Nell’ultimo decennio i consumi di energia elettrica hanno avuto un andamento che denunciano per il settore fasi alterne di espansione e contrazione produttiva.

La struttura dei comparti produttivi della Provincia di Pisa risulta evidenziata nella tabella che segue.

Si rileva dalla tabella come l’economia pisana sia caratterizzata da un’elevata frammentazione dell’occupazione in piccolissime imprese. Ciò risulta evidente dalla media degli addetti per unità locale pari a 2,65 che la colloca tra le più basse della Regione.

Nella tabella che segue sono riportati i dati relativi alla struttura delle imprese della Provincia di Pisa per ciascun ramo economico di attività con l’evidenziazione dell’incidenza degli addetti.

Negli allegati allo studio preliminare del Piano, a cui si fa rimanda per le analisi più dettagliate, sono inoltre state esposte le valutazioni circa i fattori economici principali dei

(13)

Piano per la Gestione dei Rifiuti Speciali Pericolosi e non della Provincia di PISA

©Agenzia Regione Recupero Risorse S.p.A. I Parte - pag 8

diversi Sistemi Economici Locali (SEL) in cui è suddivisa il territorio della Provincia con eccezione del SEL n° 15 che comprende sia il Quadrante Interno (12 comuni pisani) e il Quadrante Costiero rappresentato da n° 4 Comuni della Provincia di Livorno.

1998 II semestre Unità Locali

con addetti non dichiarati

Unità Loc con

addetti < 3 TOTALE Gruppi

caratteristici di rami economici

DESCRIZIONE Unità Loc Unità Loc n°

addett i

Unità Loc

addetti Media Addetti

A Agricoltura, caccia e silvicoltura 3.255 1.423 1.476 4.843 2.286 0,47

B Pesca, Piscicoltura e servizi connessi 5 16 17 22 20 0,91

CA Estrazione di minerali energetici 1 1 1 1 1,00

CB Estrazione di minerali non energetici 1 19 10 38 174 4,58

DA Industrie alimentari, delle bevande e del

tabacco 72 207 246 482 1.693 3,51

DB Industrie tessili e dell'abbigliamento 117 317 370 712 3.061 4,30

DC Industrie conciarie, fabbricazione di

prodotti in cuoio, pelle e similari 220 476 547 1.771 13.724 7,75

DD Industria del legno e dei prodotti in

legno 66 299 368 505 1.537 3,04

DE Fabbricazione della pasta-carta, della carta e dei prodotti di carta; stampa ed editoria

33 87 89 196 796 4,06

DF Fabbricazione di coke, raffinerie di petrolio, trattamento dei combustibili nucleari

4 3 2 9 9 1,00

DG Fabbricazione di prodotti chimici e di

fibre sintetiche ed artificiali 17 33 33 129 1.366 10,59

DH Fabbricazione di articoli in gomma e

materie plastiche 14 22 21 62 713 11,50

DI Fabbricazione di prodotti della

lavorazione di minerali non metalliferi 32 148 158 318 1.970 6,19

DJ Produzione di metallo e fabbricazione di

prodotti in metallo 72 246 269 529 3.131 5,92

DK Fabbricazione di macchine ed apparecchi meccanici, compresi l'installazione, il montaggio, la riparazione e la manutenzione

29 158 172 338 1.878 5,56

DL Fabbricazione di macchine elettriche e

di apparecchiature elettriche ed ottiche 56 181 215 337 1.364 4,05

DM fabbricazione di mezzi di trasporto 15 25 35 66 5.621 85,17

DN Altre industrie manifatturiere 121 506 607 934 3.250 3,48

E Produzione e distribuzione di energia

elettrica, gas ed acqua 5 13 8 26 669 25,73

F Costruzioni 975 2.284 2.545 3.981 7.146 1,80

G Commercio all'ingrosso e al dettaglio;

riparazione di autoveicoli, motocicli e di beni personali e per la casa

1.836 7.422 9.142 11.188 21.000 1,88

H Alberghi e ristoranti 362 719 980 1.592 4.101 2,58

I Trasporti, magazzinaggio e

comunicazioni 444 973 1.030 1.699 5.851 3,44

J Intermediazione monetaria e finanziaria 201 458 471 895 3.152 3,52

K Attività immobiliari, noleggio, informatica, ricerca, altre attività professionali ed imprenditoriali

724 1.726 1.782 2.904 5.642 1,94

L Pubblica amministrazione e difesa;

assicurazione sociale obbligatoria

M Istruzione 34 41 53 102 234 2,29

(14)

Piano per la Gestione dei Rifiuti Speciali Pericolosi e non della Provincia di PISA

©Agenzia Regione Recupero Risorse S.p.A. I Parte - pag 9

N Sanità e altri servizi sociali 23 44 50 105 647 6,16

O Altri servizi pubblici, sociali e personali 304 1.195 1.464 1.722 2.980 1,73 P Servizi domestici

TOTALE 9.037 19.042 22.16

1 35.506 94.016 2,65

2 QUADRO LEGISLATIVO IN MATERIA DI RIFIUTI

2.1 Il D.Lgs. 22/97 2.1.1 Principi generali

La gestione dei rifiuti, intesa come insieme delle operazioni che riguardano tutto il ciclo di vita dei rifiuti viene qualificata come attività di pubblico interesse e disciplinata dal D.Lgs 22/97 al fine di assicurare un'elevata protezione dell'ambiente e controlli efficaci, tenendo conto della specificità dei rifiuti pericolosi.

Viene ribadito il principio "chi inquina paga" secondo cui produttori e detentori dei rifiuti speciali devono provvedere, a loro iniziativa e spese, alla gestione dei rifiuti, sia gestendo in proprio attività autorizzate di recupero e smaltimento, sia affidando i rifiuti a terzi soggetti autorizzati.

Il decreto introduce un preciso ordine di priorità nello svolgimento delle varie operazioni di gestione, individuando i tre momenti fondamentali del sistema integrato di gestione dei rifiuti:

- prevenzione e riduzione della produzione dei rifiuti;

- recupero di materia e di energia;

- smaltimento.

In altre parole, il modello è orientato alla valorizzazione dei rifiuti.

Le autorità pubbliche devono favorire la riduzione dello smaltimento finale dei rifiuti, secondo una scala di priorità nelle forme di gestione quali reimpiego e riciclaggio, altre forme di recupero di materia prima, agevolazione di un mercato di materiali recuperati, utilizzazione dei rifiuti come combustibile.

Criterio da adottare per la localizzazione degli impianti è quello della prossimità e della specializzazione degli impianti rispetto alla domanda di gestione dei Rifiuti Speciali.

L'art. 22 comma 3 del D. Lgs. 22/97 prevede che i piani regionali indichino il complesso delle attività e dei fabbisogni degli impianti necessari a garantire la gestione dei rifiuti urbani secondo criteri di efficienza, economicità e l'autosufficienza della gestione dei rifiuti urbani non pericolosi all'interno di ciascun ambito territoriale ottimale, nonché ad assicurare lo smaltimento dei rifiuti speciali in luoghi prossimi a quelli di produzione al fine di favorire la riduzione della movimentazione di rifiuti.

A tal proposito, la Corte Costituzionale con sentenza 281 del 14 luglio 2000 ha dichiarato costituzionalmente illegittimo il divieto di smaltimento di rifiuti pericolosi di provenienza extraregionale imposto dalla L.R. Piemonte 59/95.

"….Alla luce del criterio di autosufficienza - recita la Corte - e considerando altresì che i piani regionali debbono anche prevedere fabbisogni ed impianti necessari ad assicurare la

(15)

Piano per la Gestione dei Rifiuti Speciali Pericolosi e non della Provincia di PISA

©Agenzia Regione Recupero Risorse S.p.A. I Parte - pag 10

gestione dei rifiuti urbani non pericolosi all'interno degli ambiti territoriali ottimali, il divieto di smaltimento dei rifiuti extraregionali appare sicuramente applicabile a quelli urbani non pericolosi, mentre per altre tipologie di rifiuti il problema è più complesso…

Infatti, secondo il D.Lgs. 22/97, la gestione dei rifiuti deve essere disciplinata in modo che da un lato sia assicurata un'elevata protezione dell'ambiente e anche della salute pubblica, tenendo conto, in particolare, della specificità dei rifiuti pericolosi; dall'altro lato sia consentito lo smaltimento in uno degli impianti appropriati più vicini, tenendo conto della necessità di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti…

Mentre per i rifiuti urbani non pericolosi il principio dell'autosufficienza è pienamente applicabile, anche sotto il profilo del divieto di smaltimento di quelli extraregionali, in quanto l'ambito territoriale ottimale per lo smaltimento è logicamente limitato e predeterminabile in relazione ai luoghi di produzione, per i rifiuti pericolosi si deve invece ritenere prevalente, proprio in ragione delle loro caratteristiche, il diverso criterio della necessità di impianti appropriati e specializzati per il loro smaltimento…

Alla luce di queste considerazioni non appare quindi logicamente predeterminabile, rispetto ai rifiuti pericolosi, un ambito territoriale ottimale, quale potrebbe essere, in astratto, quello regionale, in quanto da un lato, la produzione di rifiuti pericolosi, che generalmente deriva da processi industriali, è connessa a localizzazioni non necessariamente omogenee e comunque non facilmente prevedibili; dall'altro lato, la realizzazione di impianti specializzati per questo tipo di smaltimento comporta oneri di individuazione di siti appropriati e di relativa costruzione particolarmente gravosi, soprattutto in rapporto al quantitativo da smaltire. Il principio di autosufficienza non sembra pertanto facilmente attuabile in questo settore, dovendosi così ricorrere al concorrente criterio, egualmente previsto dal legislatore, della specializzazione dell'impianto di smaltimento, integrato comunque dal criterio della prossimità, considerato il contesto geografico, in modo da ridurre, il più possibile, la movimentazione dei rifiuti…."

Sebbene la sentenza sia incentrata sul tema dei rifiuti pericolosi, anche per gli altri rifiuti speciali valgono gli stessi principi. Diversa conclusione, infatti, non sarebbe giustificata da alcuna effettiva differenza nei principi o nelle finalità.

Il problema semmai è tradurre in criteri e indicazioni precise e concrete, ai fini della predisposizione dei piani, i principi di prossimità, e di riduzione della movimentazione dei rifiuti e dei rischi connessi a tale attività.

Occorre applicare il criterio di prossimità e di specializzazione in termini che tengano conto della tipologie e della pericolosità dei rifiuti, della loro quantità, delle condizioni geografiche, degli impianti di recupero e smaltimento disponibili e tenere in adeguata considerazione gli aspetti di tutela dell'iniziativa privata e della concorrenza, individuando e sviluppando meccanismi di promozione e di intervento adeguati.

2.1.2 Definizione di rifiuto

La definizione di rifiuto introdotta dal D. Lgs. 22/97 presenta un duplice criterio di identificazione.

Da una parte infatti viene definito rifiuto "qualsiasi sostanza od oggetto che rientri nelle categorie riportate in allegato A "( criterio oggettivo ); d'altra parte, la condizione affinché tale sostanza od oggetto siano riconosciuti come rifiuto è rappresentata dal fatto che il

(16)

Piano per la Gestione dei Rifiuti Speciali Pericolosi e non della Provincia di PISA

©Agenzia Regione Recupero Risorse S.p.A. I Parte - pag 11

detentore se ne disfi o abbia deciso e /o abbia l'obbligo di disfarsene ( criterio soggettivo ).

Il Codice Europeo dei Rifiuti (C.E.R.) è un elenco armonizzato e non esaustivo di rifiuti, oggetto di revisione periodica. A tal fine, si ricorda che il CER è stato recentemente modificato con decisione UE 2000/532/CE del 3.5.2000 per entrare in vigore a partire dal 1 gennaio 2002.

2.1.3 Classificazione dei rifiuti

Il decreto Ronchi, con l'art.7, introduce una classificazione dei rifiuti che in base alla loro provenienza si differenziano in rifiuti urbani e rifiuti speciali.

In secondo luogo i rifiuti, sia urbani che speciali, sono classificati secondo le caratteristiche di pericolosità in rifiuti non pericolosi e rifiuti pericolosi.

Sono classificati come speciali i rifiuti derivanti da:

- attività agricole e agro-industriali;

- lavorazioni industriali;

- lavorazioni artigianali;

- attività commerciali;

- attività di servizio;

- attività di recupero e smaltimento di rifiuti.

In secondo luogo, vengono individuate come rifiuti speciali alcune tipologie specifiche di rifiuti, in relazione alla loro caratterizzazione merceologica quali:

- fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento di fumi;

- macchinari e le apparecchiature deteriorati e obsoleti;

- veicoli a motore, rimorchi e simili fuori uso e loro parti;

- rifiuti derivanti dalle attività di demolizione, costruzione, nonché i rifiuti pericolosi che derivano dalle attività di scavo.

2.1.4 Gli strumenti della Pianificazione

La previsione dei piani di gestione dei rifiuti, considerati come strumenti necessari per la programmazione, l'organizzazione ed il controllo delle operazioni di gestione dei rifiuti da parte delle autorità competenti, era già contenuta nella disciplina comunitaria previgente e nella normativa statale di attuazione.

La direttiva 91/156 ribadisce la necessità che le autorità competenti elaborino " uno o più piani di gestione dei rifiuti" per realizzare gli obiettivi di prevenzione, recupero di materia prima ed energia, smaltimento sicuro mediante una rete integrata ed adeguata di impianti, in grado di garantire l'autosufficienza ed il rispetto del principio della "vicinitas", affermati dalla direttiva stessa.

Il D.Lgs. 22/97 ha previsto un sistema di piani di gestione che si articola in un livello regionale e in un livello provinciale; allo Stato non è riconosciuto un potere di pianificazione generale, rientrando nell'ambito delle sue competenze unicamente la

(17)

Piano per la Gestione dei Rifiuti Speciali Pericolosi e non della Provincia di PISA

©Agenzia Regione Recupero Risorse S.p.A. I Parte - pag 12

possibilità di definire piani di settore per la riduzione, il riciclaggio, il recupero e l'ottimizzazione dei flussi di rifiuti (art. 18).

I piani regionali di gestione dei rifiuti sono elaborati nel rispetto dei criteri generali dallo Stato, il quale provvede a coordinare i piani delle varie Regioni.

Tra i principi che vincolano il contenuto della pianificazione, si segnala che si tratta di obiettivi essenzialmente programmatici che consentono di ricostruire i piani regionali previsti dal D.Lgs. 22/97 come dei programmi di organizzazione e gestione dei servizi pubblici e degli interventi pubblici di governo del settore.

Inoltre, la norma prescrive che sia assicurata adeguata pubblicità e la massima partecipazione dei cittadini e stabilisce l'intervento necessario obbligatorio degli Enti locali nel procedimento di approvazione dello strumento pianificatorio.

2.2 Legislazione regionale

La Regione Toscana ha dato attuazione ai principi del decreto Ronchi con la Legge regionale n.25 del maggio 1998, indicando linee di azione e strumenti per la realizzazione delle finalità del decreto.

Nel rispetto dei principi generali, ma con una certa autonomia, le Regioni possono esercitare importanti funzioni di regolamentazione e di pianificazione delle attività di gestione dei rifiuti.

Per il perseguimento delle finalità poste, la Regione Toscana ha previsto l'articolazione territoriale degli atti di programmazione, di quelli di gestione e dell'esercizio dalle funzioni amministrative.

La legge ripartisce le competenze, disciplina gli atti e le procedure di programmazione, di gestione, di controllo e di sostituzione oltre a prevedere interventi speciali in caso di necessità.

Secondo l'articolazione di competenze previste, sono riservate importanti funzioni amministrative alle Province.

L'art. 20, comma 1 lett. a) del D.Lgs. 22/97 già prevedeva in capo alle province le funzioni amministrative concernenti la programmazione e l'organizzazione dello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale.

Il legislatore regionale ha ampliato il ruolo della Provincia nel settore della gestione dei rifiuti, da un lato affidandogli ulteriori e importanti funzioni amministrative, dall'altro vi è un maggiore e più diretto coinvolgimento delle Province nella predisposizione, adozione e aggiornamento dei piani regionali di gestione rifiuti.

Nella programmazione e organizzazione dello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale, vengono valorizzate le funzioni proprie delle Province in materia di governo del territorio, mediante l'adozione dello strumento programmatorio cioè il Piano di gestione rifiuti.

2.2.1 Il Piano Regionale di gestione dei Rifiuti Il Piano Regionale prevede:

1. tipi, quantità e origine dei rifiuti da smaltire;

(18)

Piano per la Gestione dei Rifiuti Speciali Pericolosi e non della Provincia di PISA

©Agenzia Regione Recupero Risorse S.p.A. I Parte - pag 13

2. l'indicazione degli interventi più idonei ai fini della riduzione della quantità, dei volumi e della pericolosità dei rifiuti, ai fini della semplificazione dei flussi di rifiuti da inviare a impianti di smaltimento finale;

3. i fabbisogni, la tipologia e il complesso degli impianti e delle attività per lo smaltimento e il recupero dei rifiuti urbani da realizzare nella regione, tenendo conto dell'obiettivo di assicurare la gestione dei rifiuti urbani all'interno degli ATO, nonché dell'offerta di smaltimento e di recupero da parte del sistema industriale e dei relativi processi di commercializzazione;

4. i criteri per l'individuazione, da parte delle Province, delle aree idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti, nonché delle zone non idonee alla localizzazione di impianti di smaltimento e di recupero di rifiuti. Le condizioni ed i criteri tecnici in base ai quali, nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia, gli impianti di gestione dei rifiuti, ad eccezione delle discariche, possono essere localizzati nelle aree destinate ad insediamenti produttivi;

5. la individuazione della tipologia e del complesso degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti speciali anche pericolosi da realizzare nella regione tali da assicurare lo smaltimento dei medesimi in luoghi prossimi a quelli di produzione al fine di favorire la riduzione della movimentazione dei rifiuti nonché la caratterizzazione dei prodotti recuperati ed i relativi processi di commercializzazione;

6. il programma per la gestione degli imballaggi e dei rifiuti da imballaggi, coordinato con gli altri piani di competenza regionale previsti dalla normativa vigente;

7. la determinazione di disposizioni speciali per rifiuti particolari, nel rispetto delle norme tecniche di cui all’art. 18, comma 2, lett. a), del Decreto.

Le prescrizioni del Piano hanno effetto vincolante per tutti i soggetti privati e pubblici che esercitino funzioni e attività in materia di rifiuti.

Inoltre, i principi e i criteri di localizzazioni previsti sono elementi che devono essere rispettati negli altri atti di pianificazione territoriale.

Attualmente la Regione Toscana ha completato la propria attività di pianificazione in materia essendo stati adottati i tre stralci del piano di gestione dei rifiuti .

 Deliberazione C.R.T. n. 88 del 7.5.1998 "piano regionale di gestione dei rifiuti - primo stralcio relativo ai rifiuti urbani"

 Deliberazione C.R.T. n. 385 del 21.12.1999 "piano regionale di gestione dei rifiuti - secondo stralcio relativo ai rifiuti speciali anche pericolosi"

 Deliberazione C.R.T. n. 384 del 21.12.1999 "piano regionale di gestione dei rifiuti - terzo stralcio relativo alla bonifica delle aree inquinate".

2.3 Il Piano provinciale di gestione dei rifiuti

La legge 25/98 detta il contenuto necessario dei piani di gestione rifiuti di competenza provinciale:

(19)

Piano per la Gestione dei Rifiuti Speciali Pericolosi e non della Provincia di PISA

©Agenzia Regione Recupero Risorse S.p.A. I Parte - pag 14

1. la determinazione delle caratteristiche, dei tipi, delle quantità e dell’origine dei rifiuti da recuperare e da smaltire;

2. la tipologia ed il complesso degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti speciali anche pericolosi da realizzare nelle Province sulla base delle prescrizioni generali contenute nel piano regionale;

3. l'individuazione dei metodi e delle tecnologie di smaltimento più idonei, in relazione alle quantità, alle caratteristiche dei rifiuti, agli impianti esistenti ed alle prescrizioni del piano regionale.

4. i criteri per la localizzazione ed il dimensionamento delle aree da adibire a centri di raccolta di veicoli a motore, rimorchi e simili, nonché alla definizione delle modalità per la loro gestione;

5. l'individuazione di tutte le zone idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti, sulla base del PTC e del piano regionale;

6. la localizzazione degli impianti di smaltimento e recupero secondo le procedure previste dall’art. 12 della medesima legge.

7. le modalità per l'attuazione del piano;

2.4 Obiettivi del Piano

Gli obiettivi che in particolare, il Piano relativo ai rifiuti speciali anche pericolosi si pone, sono:

 la determinazione di un quadro di conoscenze relative alla quali - quantificazione della produzione di rifiuti speciali anche pericolosi nel territorio provinciale;

 l’individuazione di azioni e di interventi finalizzati a promuovere processi di riduzione alla fonte della produzione di rifiuti speciali anche pericolosi;

 lo sviluppo di azioni di recupero-riutilizzo all’interno dei cicli di produzione anche attraverso incentivi all’innovazione tecnologica;

 l’innesco di rapporti orizzontali fra industrie e attività economiche diverse, finalizzati a massimizzare le possibilità di recupero reciproco degli scarti prodotti all’interno dell’ATO;

 la definizione del complesso delle attività e dei fabbisogni degli impianti necessari ad assicurare lo smaltimento dei rifiuti speciali in luoghi prossimi a quelli di produzione al fine di favorire la riduzione della movimentazione dei medesimi;

 l’implementazione e/o la realizzazione di un’impiantistica di gestione finalizzata alla riduzione della pericolosità dei rifiuti speciali anche pericolosi prodotti all’interno dell’ATO;

 l’implementazione, l’adeguamento e/o la realizzazione di una adeguata impiantistica di recupero/smaltimento tesa a minimizzare il trasporto dei rifiuti, a ridurre gli impatti e a offrire servizi economicamente vantaggiosi all’apparato produttivo della Provincia.

(20)

Piano per la Gestione dei Rifiuti Speciali Pericolosi e non della Provincia di PISA

©Agenzia Regione Recupero Risorse S.p.A. I Parte - pag 15

3 LA PRODUZIONE DI RIFIUTI SPECIALI PERICOLOSI E NON- PERICOLOSI NELLA PROVINCIA DI PISA

3.1 Contabilità dei rifiuti e atti di pianificazione: considerazioni preliminari

I rifiuti possono essere suddivisi in rifiuti da consumo finale di prodotti (derivati dai consumi di merci e prodotti e normativamente definiti urbani) e rifiuti da processo e/o attività economica (derivati dai processi di produzione di beni e servizi e normativamente definiti speciali).

A loro volta i rifiuti, sia urbani che speciali, possono avere caratteristiche tali da classificarli come rifiuti pericolosi.

I rifiuti pericolosi possono dunque essere originati sia dal consumo di prodotti che dai processi produttivi.

Mentre i “rifiuti da consumo dei prodotti” (RU) sono sottoposti, dalla normativa (D.Lgs.

22/97), a pianificazione, quelli “da processo e/o da attività economiche” (rifiuti speciali) non lo sono altrettanto.

La Regione Toscana ha proceduto a pianificare i rifiuti speciali e pericolosi integrando le informazioni derivategli dai MUD ex legge 70/94 con stime riguardanti l’universo dei produttori e con indagini “sul campo”.

Per le Province toscane, dunque, l’obbligo di Pianificare i rifiuti speciali e speciali pericolosi è derivato dalla primaria opera di pianificazione dell’Ente Regione, basata su un’opzione per la quale quale, in base alla normativa nazionale, è possibile agire solamente sul fronte della offerta dei servizi e non della domanda.

Mentre dunque i RSU debbono essere pianificati in base ai principi di autosufficienza, entro Ambiti Territoriali Ottimali, altrettanto non è possibile, né sarebbe economicamente sostenibile, per i rifiuti speciali e pericolosi.

Questi ultimi infatti, a seconda delle tipologie prese in considerazione, possono avere riferimento in bacini ottimali di scala regionale, nazionali e addirittura trasnazionale.

Se è vero però che “allo smaltimento dei rifiuti speciali e pericolosi deve provvedere, a proprie spese, il produttore dei rifiuti stessi” (determinando i propri comportamenti presumibilmente rispetto a logiche di convenienza economica, oltre che di legalità) è altrettanto vero che “la gestione di ogni rifiuto costituisce atto di pubblico interesse per cui le attività relative debbono essere previste, disciplinate, autorizzate e controllate dall’ente pubblico”.

Ciò anche in ragione di una “governance” sul complesso della problematica rifiuti che non può essere praticata in termini separati, come separato è il regime giuridico (pena la rinuncia alla ottimizzazione e integrazione dei servizi nonché al necessario e opportuno migliore dimensionamento della rete impiantistica di recupero e di smaltimento).

3.2 Contabilità della produzione dei rifiuti: i produttori e le imprese tenute alla Dichiarazione Annuale

Nei capitoli precedenti sono state evidenziate la natura e le caratteristiche delle imprese della Provincia di PISA e, per ciascun gruppo caratteristico di ramo economico, sono state individuate le unità locali e il numero di addetti per:

(21)

Piano per la Gestione dei Rifiuti Speciali Pericolosi e non della Provincia di PISA

©Agenzia Regione Recupero Risorse S.p.A. I Parte - pag 16

- unità locali con addetti non dichiarati;

- unità locali con un numero di addetti inferiore a 3;

- totale unità locali.

Numero di imprese che hanno effettuato la dichiarazione MUD

Sulla base della banca dati dei Modelli Unici (MUD) presentati nel 1999 (con riferimento alla produzione dei rifiuti del 1998) per la provincia di Pisa sono state 4.706 le imprese che hanno effettuato la denuncia annuale, a cui corrispondono 54.575 addetti.

Numero di imprese potenzialmente produttrici di rifiuti

L’attuale legislazione prevede alcuni casi particolari di esclusione dall’obbligo ordinario di denuncia annuale al Catasto Nazionale delle informazioni circa le caratteristiche dei rifiuti prodotti 6.

Un metodo per l’individuazione delle imprese che potenzialmente possono essere ritenute in ogni caso responsabili della produzione di rifiuti, viene utilizzato da Unioncamere che indica nelle seguenti attività ISTAT quelle da considerare a questo fine:

- ISTAT: classi 14, 15, 16, 17, da 19 a 37, 40, 41, 45, 60, 61, 62, 85, 90, 99

Combinando le indicazioni di Unioncamere con quelle rilevate dalla banca dati si ha seguente situazione riepilogativa:

Totale imprese iscritte al

Registro Camerale

Imprese potenzialmente

produttrici di rifiuti

Imprese che hanno presentato il MUD ‘99

Incidenza (%) delle imprese dichiaranti sull’universo stimato delle

imprese produttrici di rifiuti

n° imprese 35.506 12.655 4.706 37.2 %

addetti

relativi 94.016 65.054 54.575 83.9 %

Dalla precedente configurazione si rileva come, a fronte di un valore percentuale di copertura relativamente basso per il numero di imprese, gli addetti delle imprese che hanno presentato il MUD rappresentano quasi l’84 % della forza lavoro occupata in imprese potenziali produttrici di rifiuti.

3.3 I dati a base della pianificazione provinciale

Come visto nel paragrafo precedente, la percentuale dei dichiaranti a livello provinciale rapportata all’intero universo delle imprese potenzialmente produttrici di rifiuti è stata, per il 1998, del 37%.

Quest’ultimo dato, anche se rappresentativo di circa l’84% degli addetti, è tanto più significativo, in tutti i sensi, se lo considera anche alla luce dell’evidenza per cui “il sistema delle imprese italiane è caratterizzato da una notevole specificità per la presenza forte e

6 Si ricorda che il D.Lgs 22/97, con le successive integrazioni e modifiche, obbliga alla denuncia tutte le attività produttrici di rifiuti pericolosi (esclusi gli imprenditori agricoli con un volume di affari fino a 15 milioni) e quelle produttrici di rifiuti non pericolosi di cui all’art. 7, comma 3 lettere c), d), g) (con esclusione delle imprese artigiane fino a 3 dipendenti).

Riferimenti

Documenti correlati

Questo documento costituisce proprietà intellettuale di Studio Calore Srl e come tale non potrà essere copiato, riprodotto o pubblicato, tutto od in parte, senza il consenso

Questo documento costituisce proprietà intellettuale di Studio Calore Srl e come tale non potrà essere copiato, riprodotto o pubblicato, tutto od in parte, senza il consenso

Gli impianti presso i quali può svolgere la propria attività sono impianti di selezione e cernita dei rifiuti; termovalorizzatori; discariche per rifiuti pericolosi e non, anche

(*) La Sezione Regionale dell'Albo (comma 3) iscrive in un apposito registroverifica d'ufficio le imprese che effettua- no la comunicazione di inizio di attività a tal fine,

Lattivit6 con la NLIDVA SAMIII prevede lo studio e la realizzazione delle modi fiche necessarie per integrare opportunamente le strutture di quest'ultima già

La FG si impegna a far conferire i rifiuti indicati nell’Allegato “A” che costituisce parte integrante della presente, ogni qualvolta verrà

È presente anche una rete di drenaggio che coinvoglierà eventuali liquidi all’interno dell’impianto di trattamento delle acque di prima pioggia (acque di piazzale e

Di seguito sono riportati: tipologie, codici CER, provenienza, caratteristiche, attività di recupero, potenzialità annua, capacità istantanea massima di stoccaggio