• Non ci sono risultati.

Capitolo primo

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Capitolo primo"

Copied!
25
0
0

Testo completo

(1)

9

Capitolo primo

FILIAZIONE NATURALE: LINEE EVOLUTIVE DELL’ ISTITUTO

Sommario: 1.Rapporto di filiazione legittima e naturale. - 2.Principi

costituzionali della filiazione legittima e naturale. - 3. La riforma del 1975.

1. Rapporto di filiazione legittima e naturale

Il regime della filiazione naturale disciplinato dalla legge n. 151 del 1975, la c.d. legge di riforma del diritto di famiglia, ha subito rilevanti innovazioni rispetto a quello originariamente previsto dal Codice civile del 1942.

Tali novità hanno completamente rivisitato l’istituto, creando un regime senza dubbio più adeguato ai tempi e alle esigenze di parità previste, tra l’altro, dall’assetto costituzionale.

In ogni sua manifestazione la filiazione crea, a livello naturale, un vincolo affettivo che non può non caratterizzare il rapporto verticale genitore-figlio.

(2)

10

In ognuna di esse, perciò, nasce anche per l’ordinamento un rapporto che, da un lato, in una responsabilità c.d. da procreazione individua i limiti di autonomia riconosciuti ai soggetti, dall’altro, nella potestà dei genitori scorge lo strumento attraverso il quale salvaguardare una situazione bisognosa di tutela e realizzare la personalità di un individuo in formazione.

Qui si fermerà l’attenzione sui diversi modi di manifestarsi di un fenomeno che, nella nascita, da un lato e nell’adozione dall’altro trova le sue fonti.

In particolare sotto il profilo della nascita, la filiazione assume connotazioni affatto particolari.

La nascita, infatti, alla quale si collega l’acquisto della capacità giuridica (art. 1 c.c.), allorquando si sia in presenza di un concepimento comunque avvenuto, diviene anche un diritto, l’ordinamento riconosce il

valore sociale della maternità e tutela la vita sin dal suo inizio (art. 1 l.

22 maggio 1978, n. 194, sull’interruzione volontaria della gravidanza), cioè sin dal concepimento.

La nascita, come evento di natura, dovrebbe essere un avvenimento neutro come oggi, espressamente, è affermato allo art. 21, 1° co, della Carta dei diritti fondamentali dell’ Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000: è vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, fra l’altro, sulla nascita.

Il nostro ordinamento giuridico, però, sebbene in misura assai ridotta sul piano degli effetti e rispetto al passato, persiste nel distinguere a seconda che la nascita sia avvenuta in costanza di matrimonio o fuori di esso.

(3)

11

La filiazione, infatti, mantiene gli attributi di legittima, allorquando i figli risultino procreati da genitori uniti in matrimonio, di

naturale, qualora i figli siano nati fuori del matrimonio.

Accanto a queste due distinzioni fondate su di un fatto della natura, si colloca, ricordiamolo, anche la c.d. filiazione civile, vale a dire l’adozione che trova fondamento in un atto di volontà manifestato da chi voglia costituire lo status di figlio in capo ad una persona da lui non generata.

Il codice civile del 1942, nella tradizione ottocentesca, riservava ai figli nati fuori del matrimonio un trattamento giuridico nettamente differenziato rimarcando con non pochi eccessi la distinzione tra filiazione legittima e filiazione naturale qualificata, non a caso, illegittima; distinzione questa che il nostro ordinamento, anche dopo la riforma del ’75, ha mantenuto a differenza di altri ordinamenti per i quali la condizione di figlio è unica, a prescindere dal modo in cui sia stata accertata perché l’esistenza del vincolo matrimoniale tra i suoi genitori è sostanzialmente irrilevante.

La giustificazione di detta scelta è da ricercare, in definitiva, quale perno della società e garanzia di un certo ordine etico e sociale, e della filiazione legittima quale modello legislativo.

In questa prospettiva si comprende perché ai figli naturali fosse riservato un trattamento meno favorevole.

La preoccupazione del legislatore, quindi non era quella di tutelare i diritti dei coniugi e dei figli, ma quella di garantire il valore

(4)

12

istituzionale della famiglia (10).

Il tramonto di questa concezione si deve ai principi costituzionali (artt. 2, 3, 29, 30, 31), alla Giurisprudenza della Corte Costituzionale, che a partire dalla fine degli anni ’60, con alcune sentenze di grande significato, viene ad eliminare alcune tra le più evidenti disparità di trattamento specie in campo successorio, alla riforma del diritto di

famiglia, legge n. 151 del 1975 (11).

Con l’avvento del1948 della Costituzione Repubblicana, infatti, viene introdotto il principio che avrebbe condizionato il diritto delle persone e il diritto di famiglia fino ai nostri giorni: il principio di eguaglianza.

Tale principio è concretamente espresso nell’art. 29 della Carta Costituzionale laddove il matrimonio viene ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, nonostante la previsione di limiti stabiliti dalla legge, e nell’art. 30 Cost. dal quale emerge la responsabilità morale e giuridica dei genitori nei confronti dei figli, per il fatto stesso della procreazione, indipendentemente quindi dalla situazione nella quale gli stessi sono stati concepiti.

L’approccio Costituzionale al problema consiste nel porre al centro della tutela giuridica non più la famiglia come istituzione, portatrice quindi di interessi superiori rispetto a quelli dei singoli membri, ma la persona in quanto componente della famiglia.

La scelta in esame pare quasi necessitata da molteplici fattori,

(10)G. FERRANDO, La filiazione naturale e la legittimazione, in Tratt. dir. priv.

Rescigno, IV, 2° ed., Torino, 1997, 101 ss.

(11

M.BESSONE, Rapporti etico-sociali, (sub artt. 29-31), in Commentario della

(5)

13

che vanno dall’allineamento dell’esperienza italiana a quella degli altri paesi europei, alla presa di coscienza da parte della dottrina prevalente del fatto che la famiglia andava iscritta nel novero delle formazioni

sociali previste dall’ art. 2 della Costituzione(12)

, formazioni tutelate nella loro funzione, ovvero contribuire al compiuto sviluppo della personalità umana.

L’avvento della Costituzione Repubblicana creava, in tal modo, un assetto destinato alla modernizzazione del concetto di filiazione naturale.

Per lungo tempo, tuttavia, sia in dottrina che in giurisprudenza, dominò una lettura tesa a svuotare di significato i concetti innovativi contenuti nella Costituzione.

Per scelta ideologica o forse più per abitudine mentale, la Carta Costituzionale veniva letta attraverso il filtro del Codice Civile, contaminando così i contenuti costituzionali con categorie dogmatiche superate.

La filiazione naturale ha cessato così d’essere illegittima, infatti, rilevante è la responsabilità procreativa indipendente dalla sussistenza del vincolo coniugale tra i genitori, e dalla convivenza tra gli stessi.

Sono venuti meno gli ostacoli, che di fatto impedivano l’accertamento della verità biologica, eretti a ulteriore baluardo della famiglia legittima.

La nuova normativa civilistica in tema di filiazione, invero, rivela con sicurezza l’ intento di privilegiare più che il rapporto giuridico, quello biologico.

(12)

G. FERRANDO, La filiazione naturale e la legittimazione, in Trattato

(6)

14

In altri termini si ha un passaggio dal favor legitimitatis al favor

veritatis, dovendo esservi corrispondenza tra il rapporto giuridico e

quello biologico.

Il rapporto tra filiazione legittima e naturale muta radicalmente con la riforma del 1975 che ha contribuito, notevolmente, a ridimensionare le differenze di trattamento tra filiazione legittima e naturale, in ossequio ad una più corretta attuazione del dettato costituzionale di cui all’art. 30 in virtù del quale la legge assicura ai figli

nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale compatibile con i diritti della famiglia legittima.

Obiettivo dichiarato della Costituzione(13) era ed è, infatti, quello

di concedere ai figli allora chiamati illegittimi ogni più ampia tutela possibile compatibile con i diritti della famiglia legittima.

Detta incompatibilità sussiste quando la tutela del figlio naturale finirebbe con il pregiudicare l’unità e intimità della filiazione legittima.

Sulla ricostruzione del concetto di compatibilità hanno giocato i mutamenti sociali tendenti a sfumare il giudizio di sfavore verso la prole generata al di fuori del matrimonio.

In suffragio del succitato indirizzo arrivò anche l’ennesimo

chiarimento in merito all’art. 30 Cost. da parte della dottrina(14)

: il criterio di compatibilità stabilito al 3° comma non è un criterio di

(13)

U.GIORGIANNI, Problemi attuali di diritto familiare, in Riv. Tim. Dir. Proc.

Civ. 1956, 749.

(14) P. RESCIGNO, La tutela dei figli nati fuori dal matrimonio (1966), in

Matrimonio e famiglia, Cinquant’anni del diritto italiano, Torino, 2000, p. 277; L.

MENGONI, La filiazione naturale, in Atti del secondo Convegno di Venezia svolto

(7)

15

esclusione alternativa, bensì di coesistenza(15), e viene ribadito, nel caso

fosse necessario, un principio noto anche in altri settori del diritto per cui

solo un sistema di limiti rende possibile la libertà individuale(16).

Si è avuto modo di osservare, in definitiva, come la centralità della persona, rispetto alla famiglia intesa come formazione sociale, sia un baluardo della nostra Carta Costituzionale.

Dato questo che viene ulteriormente suffragato dall’individualità del rapporto intercorrente tra figlio nato al di fuori del matrimonio e ciascun genitore.

Tale individualità è conseguenza necessaria dell’assenza di

matrimonio(17), in presenza del quale la filiazione viene a configurarsi

come rapporto con i genitori, e non con il singolo ascendente.

Con l’entrata in vigore, poi, della legge 10 dicembre 2012, n. 219 ha trovato attuazione un disegno di politica legislativa approvato il 16 marzo 2007 che, muovendo da quanto esige il dettato dell’art. 30 Cost., ha voluto dare alla filiazione naturale una condizione giuridica finalmente identica a quella finora attribuita alla filiazione legittima.

Sono state così cancellate quelle discriminazioni che, per quanto notevolmente attenuate dalla riforma del diritto di famiglia del 1975 e dalla legge sull’affidamento condiviso, ancora mortificavano lo status dei figli nati fuori dal matrimonio.

2.Principi costituzionali della filiazione legittima e naturale

(15)

U.MAJELLO, intervento, in Atti del 1° Convegno di Venezia, 187.

(16)

A.PALAZZO, La filiazione fuori dal matrimonio, Milano, 1965, 54.

(17)

(8)

16

E’ molto diffusa l’opinione secondo cui la Costituzione italiana non avrebbe apportato in materia di rapporti di famiglia, profonde e

sostanziali innovazioni al diritto positivo anteriore(18).

Si suole, pertanto, affermare, sia pure con disappunto che gli artt. 29 e 30 della Costituzione rappresenterebbero il frutto di un compromesso tra il vecchio e il nuovo ordine, a tutto vantaggio del primo.

L’analisi del dettato costituzionale, relativo al rapporto genitori-figli e alla qualificazione dello status filiationis, permette di contestualizzare il momento storico in cui sono stati sanciti questi principi e di comprendere l’evoluzione interpretativa che è stata necessaria, da parte della giurisprudenza della Corte costituzionale, al fine di renderli attuali e al passo con i tempi, tenendo conto dei grandi mutamenti sociali in corso dal 1948 ad oggi.

Basti pensare alla situazione normativa del nostro ordinamento al momento in cui è entrata in vigore la Costituzione.

Sebbene discutibile, il sistema codicistico pre-costituzionale appariva quantomeno privo di evidenti contraddizioni che non tardarono ad emergere, invero, con l’avvento nel 1948 della Costituzione

(18)Soprattutto per quanto riguarda la tutela giuridica della filiazione naturale cfr.

C. ESPOSITO, Famiglia e figli nella Costituzione italiana, in La Costituzione

italiana, Padova, 1952, p. 135 e ss.; A. GRASSETTI, I principi costituzionali relativi al diritto familiare, in Commentario sistematico alla Costituzione italiana, diretto da

P. Calamandrei e A. Levi, I, Firenze, 1950, p.285 e ss.; P. GIORGIANNI, Problemi

attuali di diritto familiare, in Riv. trim. dir. pro. civ.,1956, p.749 3 ss.; C. NICOLO’, La filiazione illegittima nel quadro dell’art.30 della Costituzione, in Democrazia e diritto,1960, p.6 e ss. dell’estratto; V. CATTANEO, Norme costituzionali e dichiarazione giudiziale di paternità, in Riv. dir. matr.,1963, p. 492 e ss.; M.

PALADIN, Eguaglianza davanti alla legge e privilegi odiosi verso i figli naturali, in

(9)

17

Repubblicana la quale introdusse il principio che avrebbe condizionato il diritto delle persone e il diritto di famiglia fino ai nostri giorni: il principio di uguaglianza.

Principio concretamente espresso nell’art. 29 della Carta Costituzionale laddove il matrimonio viene ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, nonostante la previsione di limiti stabiliti dalla legge, e nell’art. 30 Cost. dal quale emerge la responsabilità morale e giuridica dei genitori nei confronti dei figli, per il fatto stesso della procreazione, indipendentemente, quindi, dalla situazione nella quale gli stessi siano stati concepiti.

Nonostante il dettato costituzionale previsto dall’art. 30, che al 1° comma prevede E’ dovere dei genitori mantenere, istruire ed educare

i figli, anche se nati fuori dal matrimonio, solo i figli concepiti nel

matrimonio ricevevano una vera ed integrale tutela; i nati da unioni di fatto o da rapporti occasionali subivano un trattamento deteriore.

Dunque, nei codici che hanno seguito il modello napoleonico, tra i quali il nostro, fino alla Riforma del ’75 la filiazione legittima era nettamente contrapposta a quella illegittima: la prima godeva di una considerazione legale cui corrispondeva identica valutazione sociale, di assoluta preminenza.

La ratio di tale normativa, ripetiamolo, non era quella di creare discriminazione tra categorie di figli quanto quella di rafforzare la famiglia legittima fondata sul matrimonio, in quanto unica struttura capace di assolvere i compiti di mantenimento, istruzione ed educazione necessaria a garantire una vita sociale ordinata.

(10)

18

scardinato la tradizionale visione giuridica e sociale del diritto di famiglia e del residuato storico della potestà del pater familias quale perno della vita familiare.

Il cammino di riforma degli istituti che disciplinano la famiglia, iniziato con il codice del’42 e giunto a maturazione con la riforma del ’75, non vede la completezza: nella disciplina codicistica, infatti, permangono antinomie, residui del passato, disposizioni che non risentono l’evoluzione dei tempi.

Nell’ottica di comprendere l’importanza di tutte le modifiche legislative apportate per adeguarsi al dettato costituzionale è opportuno soffermarsi sui principi costituzionali sanciti dalla Costituzione in materia di filiazione e famiglia.

Di conseguenza, la legge non va interpretata nel mondo chiuso di un ordinamento formale: bisogna tener conto di una realtà che trascende

il dato normativo(19).

Il disinteresse e lo scetticismo della prevalente dottrina verso la Costituzione dipendono in gran parte, forse, dal non volere o non sapere

(19)

Non si tratta tanto della ricostruzione tipologica della realtà, di cui parla ASCARELLI (Norma giuridica e realtà sociale in Problemi giuridici, Milano, 1959, p. 69 e ss.); né si tratta solo di individuare i valori della norma, ma occorre valutare e confrontare due diverse realtà normative, quella ordinaria e quella costituzionale, affinchè possa essere individuata la norma realmente vigente.

Questa opera di confronto e di ricostruzione normativa si rivela particolarmente complessa ogni volta che la norma costituzionale non si esaurisce in un unico principio, ma tende al contemperamento di principi diversi, come ad esempio la tutela della filiazione naturale e la salvaguardia della famiglia legittima. In questi casi, la ricostruzione sistematica della legge ordinaria, sulla base dei principi costituzionali, rappresenta un’operazione preliminare e necessaria, idonea ad esprimere un giudizio di incostituzionalità per tutte quelle norme che restano fuori del sistema. Di qui la necessità di una revisione, sotto il profilo costituzionale sia del sistema normativo che delle ricostruzioni dogmatiche. Circa il valore delle norme costituzionali rispetto al diritto civile, cfr. F. NICOLO’, Diritto civile, in Enc.

(11)

19

adattarsi ad un nuovo metodo d’indagine che vede nella valutazione del contenuto etico della norma non più solo un’aspirazione, ma un’esigenza fondamentale riconosciuta dalla Costituzione il cui obiettivo dichiarato era ed è quello di concedere ai figli concepiti al di fuori del matrimonio e qualificati perciò illegittimi, la più ampia tutela possibile, compatibile con i diritti della famiglia legittima.

Problema fondamentale da risolvere, riguardo la filiazione naturale, consiste proprio nel trovare, nell’ambito del sistema, il criterio di compatibilità tra la tutela giuridica dei figli nati fuori del matrimonio e i diritti dei membri della famiglia legittima di cui al 3° comma dell’art. 30 Cost.

A questo proposito la tesi per la quale la riaffermazione costituzionale dei diritti della famiglia legittima toglierebbe valore alla norma che assicura ogni tutela giuridica e sociale alla filiazione naturale,

non sembra avvalorarsi(20).

Inoltre è da notare che mentre l’art. 29 Cost. riconosce i diritti della famiglia legittima, il 3° comma dell’art. 30 Cost, riserva alla legge il compito di assicurare ai figli nati fuori dal matrimonio ogni tutela giuridica e sociale.

La diversa formulazione è da intendersi che se da un lato si è voluto convalidare la disciplina della famiglia legittima, dall’altro si è voluto estendere la tutela dei figli naturali fino al limite della compatibilità con i diritti della famiglia legittima.

(20) Per la tesi che si confuta, cfr., M. GRASSETTI, op. cit., in Commentario,cit.,

p. 308-309; G. AZZARITI, op. cit., p. 15 e ss.; F. CATTANEO, op. cit., in Riv. dir.

matr., 1963, p. 492 e ss.; Cass., 21 ottobre 1962, n. 2284, in Foro it., 1962, I, c. 55.

(12)

20

Si intuisce, pertanto, che la Costituzione non rappresenta, rispetto alla filiazione naturale, un semplice criterio di interpretazione, ma assume un valore di rottura con la legge ordinaria dal momento che questa non assicura ai figli naturali ogni tutela giuridica e sociale.

D’altra parte, se limite di questa tutela è la compatibilità con i diritti dei membri della famiglia legittima, questo limite sarà determinato non in base ai diritti garantiti dalla legge ordinaria, ma secondo quelli garantiti dalla Costituzione.

Infatti, per il 3° comma dell’art. 30 Cost., i figli naturali hanno acquisito il diritto, costituzionalmente garantito, della tutela giuridica e sociale: diritto che può trovare limiti in altri diritti costituzionali ma non certamente nella legge ordinaria.

Il problema è, allora, stabilire se l’art. 29 Cost. ha costituzionalizzato tutti i diritti che la legge ordinaria attribuisce ai membri della famiglia legittima o solo alcuni di essi.

A tale proposito si deve tener presente che anche il diritto-dovere dei genitori di mantenere, istruire ed educare i figli nati fuori del matrimonio (art. 30 Cost. 1° co.) potrebbe ledere, in certi casi, i diritti patrimoniali dei membri della famiglia legittima, là dove la legge ordinaria riconosce ad essi solo il diritto agli alimenti (art. 279 c.c.).

Interessante è sottolineare come, già dai lavori preparatori per la stesura della Costituzione, risulti evidente l’intenzione dei costituenti di garantire ai figli naturali una condizione giuridica senza discriminazione di nascita.

Così, in un primo momento, si prospetta addirittura, un’equiparazione totale tra le due categorie di figli con la formula ai figli

(13)

21

illegittimi sono garantite dalla legge le stesse condizioni giuridiche di quelli legittimi(21).

Formula che, perché troppo drastica, viene mutata in nessuna

norma di legge potrà far ricadere sui figli le conseguenze di uno stato familiare dei genitori che non sia conforme alla legge(22).

In essa è espressa l’intenzione di migliorare la condizione giuridica dei figli naturali senza però richiedere un’equiparazione piena con i figli legittimi.

Le due formule, appena riportate, vengono poi sintetizzate nel progetto approvato il 31 gennaio 1947 dalla Commissione della Costituzione il cui art. 25 recita I genitori hanno verso i figli nati fuori

del matrimonio gli stessi doveri che verso quelli nati nel matrimonio. La legge garantisce ai figli nati fuori del matrimonio uno stato giuridico che escluda inferiorità civili e sociali.

E’ evidente, in questo caso, come l’equiparazione tra figli legittimi e non, sia ridotta ai doveri dei genitori verso i figli, mentre si ribadisce la garanzia, per i figli naturali, di una situazione giuridica adeguata alla dignità della persona umana.

L’evoluzione della formula costituzionale, dal progetto al testo definitivo dell’odierno art. 30 Cost., dimostra come la Costituzione abbia operato una netta equiparazione tra figli legittimi e naturali per quanto

(21)

M. GRASSETTI, Principi costituzionali, cit., p. 305; P. GIORGIANNI,

Problemi attuali, cit., p. 756; G. B. FUNAIOLI, L’evoluzione, cit., p.90; F.

NICOLO’ La filiazione illegittima, cit., p. 11. In senso contrario, vedi però ESPOSITO, Famiglia e figli, cit., p. 149, nota 26.

(22)

Cfr. C. ESPOSITO, Famiglia, cit., p. 148; P. GIORGIANNI, op. cit., in Riv. trim. dir. proc. civ. 1956, p. 751 e ss.; A. MORTATI, Istituzioni, cit., p.897.

(14)

22

riguarda il dovere da parte dei genitori: mantenere, istruire ed educare la prole.

In una prospettiva che tutela la filiazione come valore in sé, nessuna differenza se non quella necessaria a regolarne l’accertamento, può derivare dalla fonte del rapporto sia esso un atto volontario, come il matrimonio o il riconoscimento, oppure un atto autoritativo, come l’accertamento della paternità o maternità.

L’aver posto i figli legittimi, con riferimento a tale diritto, sullo stesso piano dei naturali significa riconoscere uno specifico principio di uguaglianza di cui, quello sancito nell’art. 3 Cost., è la matrice generale.

Se allora la disciplina della filiazione deve rispondere al principio di eguaglianza, ogni qualvolta la legge ordinaria differenzia la situazione dei figli lettimi da quella dei naturali, il diverso trattamento dovrà essere giustificato da presupposti logici obiettivi.

Pertanto, la giurisprudenza costituzionale quando ha avuto occasione più volte, in applicazione dei principi stabiliti dall’art. 30 Cost., di estendere ai figli naturali riconosciuti o dichiarati ogni forma di tutela giuridica e sociale, ha affermato che il principio di parificazione giuridica tra figli legittimi e naturali è soggetto soltanto al limite della compatibilità con i diritti dei membri della famiglia legittima la cui determinazione appartiene al legislatore.

In definitiva, poiché ai figli naturali a norma del 3° co, art. 30 Cost., va riconosciuta ogni specie di tutela purchè compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima, ne consegue che l’incompatibilità sussiste solo quando sul piano sistematico, se ne riconosca l’esclusività.

(15)

23

Allora ai figli naturali non possono essere estesi i diritti esclusivi dei membri della famiglia legittima ma nello stesso tempo dovranno essere loro riconosciuti tutti i diritti che, benché espressamente previsti a favore dei figli legittimi non hanno la prerogativa dell’esclusività.

In altri termini il criterio di compatibilità si risolve in quello della non esclusività.

In questo senso, allora, può cogliersi, perfettamente, la difficoltà di bilanciare i diritti del figlio nato al di fuori del matrimonio con i diritti della famiglia coniugale e in particolare con quelli del minore nato all’interno dell’unione basata sul matrimonio.

Può cogliersi così l’essenza dell’art. 2 Cost., e la chiave di lettura che lo stesso offre dell’art. 30 Cost.: l’incompatibilità o meglio il conflitto può sorgere tra situazioni paritarie che ricevono cioè uguale protezione dall’ordinamento Costituzionale.

Il criterio della compatibilità, tuttavia, non può comportare il sacrificio di diritti inviolabili della persona; in caso di conflitto, dunque, occorre trovare un punto di equilibrio.

E’ quello che avviene nel caso di figlio naturale che entra nella famiglia preesistente di uno dei genitori che lo ha riconosciuto: qui il conflitto sorge perché non bisogna turbare la coesione di una specifica famiglia, né pregiudicare l’equilibrio dei figli minori che di essa ne fanno già parte.

Da ciò la necessità del consenso di tutte le parti e del controllo da parte del giudice.

Resta il fatto che tutto ciò lascia intravedere come la filiazione legittima e naturale abbia rappresentato un campo d’indagine ricco di

(16)

24

prospettive sotto il profilo costituzionale e come, in conclusione, possa affermarsi che l’art. 30 Cost., nonostante sia stato scritto nel ‘48, risulti di incredibile attualità e modernità relativamente alla questione della parificazione dello status dei figli, offrendo ottimi spunti sia alla giurisprudenza che al legislatore per rendere più idonea e conforme ai principi di rango internazionale la nostra disciplina in tema di filiazione.

3. La riforma del 1975

La lettura e lo studio della riforma del diritto di famiglia del 1975 secondo una prospettiva storica aiuta a discernere elementi di continuità e discontinuità, e forse ai giuristi e agli operatori del diritto può risultare utile distinguere quanto ci sia di nuovo e quanto di antico in questa legge.

Non si può negare che questa Riforma ruppe con l’immediato passato e decretò la fine dell’impronta tecnico-concettuale napoleonica che gli istituti del vigente codice avevano largamente ereditato dalla normativa del 1865, cercando di dare una nuova architettura ai rapporti

tra i singoli componenti.

Il codice del’42, infatti era legato ad una visione storica nella quale la famiglia si reggeva prevalentemente sull’autorità dell’uomo

pater familias il quale esercitava da solo la potestà sui figli, allora

chiamata proprio patria potestà e poteva decidere in totale autonomia in merito a diverse scelte fondamentali relative alla vita della famiglia

(17)

25

come dall’art.144 c.c. di allora che inoltre sanciva per il marito la

qualifica di capo della famiglia (23).

Questo quadro normativo era frutto di una visione storica legata alla famiglia patriarcale che si era sviluppata nella società del tempo di tipo prevalentemente agricolo.

Con l’avvento della società industriale poi, si assisterà ad una progressiva disgregazione della vecchia famiglia patriarcale a favore della famiglia nucleare costituita da una coppia di coniugi con i loro figli anche se, sulla scia della tradizione napoleonica il codice civile del 1942 contrapponeva in modo assai netto lo status di figlio legittimo, concepito quindi da genitori coniugati a quello di figlio naturale o illegittimo nato a seguito dell’unione di persone non coniugate.

Lo stesso attributo illegittimo di antica tradizione pienamente evidenziava il principio secondo cui per essere conforme alla legge la filiazione presupponesse il vincolo matrimoniale tra i genitori e che quindi rapporti di famiglia potevano instaurarsi esclusivamente

nell’ambito del matrimonio(24)

.

A ciascuna di queste situazioni corrispondeva del resto una ben diversificata posizione giuridica del figlio.

La pienezza dello status di filiazione era riconosciuta alla sola filiazione legittima: il nascere da genitori uniti in matrimonio assicurava al figlio una tutela piena non solo nei confronti dei genitori obbligati al mantenimento, all’educazione e all’istruzione (art. 147 c.c.) ma anche

(23) P. UBALDI, I l riconoscimento del figlio naturale, cit., p. 305; A. PALAZZO,

La filiazione, cit., p. 409 ss.; B. LENA, La filiazione naturale, cit., p. 366.

(24)

A.CICU, La filiazione, in Tratt. dir. civ. it, a cura di Vassalli, rist., III, Ed. Milano, 1969, 9.

(18)

26

nei confronti degli ascendenti tenuti anch’essi al mantenimento ogni qualvolta i genitori non disponessero dei mezzi sufficienti (ex art. 148 c.c.) e inoltre nei riguardi dei parenti soggetti in determinate circostanze all’obbligo alimentare (art. 433 c.c.).

Diversamente i figli naturali beneficiavano delle forme di tutela descritte soltanto nei riguardi del genitore che aveva effettuato il riconoscimento mentre una protezione limitata era attribuita ai figli non riconosciuti o non riconoscibili, potendo questi ottenere soltanto un sussidio di natura alimentare (art. 279 c.c., nella sua formulazione originaria).

La filiazione in definitiva nel codice del ’42 trovava piena e completa dignità di protezione solo se discendente da un matrimonio concepito al tempo quale vincolo indissolubile che da un lato conferiva legittimità alla prole, dall’altro stante il divieto di legge, impediva a chi era coniugato di riconoscere un figlio adulterino (figlio nato da persone delle quali almeno una unita in matrimonio con un terzo, art. 252 c.c.) che visti i corrispondenti limiti posti alla dichiarazione giudiziale di genitorialità, non poteva agire per l’accertamento della filiazione naturale.

Ebbene, la distinzione tra filiazione legittima e naturale, operata dal legislatore dell’epoca, rispecchiava come è evidente la sensibilità sociale del tempo connessa ad un’idea della famiglia che presupponeva necessariamente il coniugo matrimoniale precedente alla nascita dei figli. In breve quindi, di fronte alla necessità di salvaguardare il valore riconosciuto al matrimonio come istituzione e in quanto portatore di interessi superiori, la disciplina della filiazione sotto la vigenza del’42

(19)

27

rimarcava con non pochi eccessi la distinzione tra filiazione legittima e naturale non a caso qualificata illegittima (art. 250 ss, c.c. del 1942).

Per altro irriconoscibili come figli naturali e perciò privi anche della possibilità di assumere questo status, erano non soltanto i figli incestuosi (figli nati da persone unite tra loro da un vincolo di parentela, art. 251 c.c.) ma anche figli adulterini.

A nulla giovava la presenza dell’art. 30 Cost., che introduceva l’identica garanzia di diritti per tutti i figli a prescindere dal loro status.

La mutata concezione della famiglia che da istituzione passa a

formazione sociale orientata alla protezione dei diritti della persona

spiega l’attuazione del principio di eguaglianza e ad un tempo la parificazione dei diritti dei figli legittimi ai naturali, e la nuova disciplina

dell’accertamento dello status(25)

.

Il quadro appena descritto è stato, come ormai è noto, modificato dalla tecnica della novella con la L. 151/1975.

Sotto la spinta delle istanze costituzionali e in particolar modo dell’art. 30, co 3, Cost. che riconosce ai figli nati fuori dal matrimonio una tutela giuridica e sociale, la legge di riforma del diritto di famiglia ha cercato di colmare le differenze tra le due ipotesi di filiazione nell’ottica di una ricostruzione unitaria del rapporto indipendentemente dal vincolo del matrimonio.

Tale intenzione è comprovata in primo luogo dall’abolizione dell’espressione illegittima prima riferita alla filiazione naturale, in

(25)A.CICU, Il concetto di status, in Scritti minori, Milano, 1965, vol. I, 181; G.

CORASANITI, voce Stato della persona, in Enc. Dir., 1990, vol. XLIII, 948; L. LENTI, Una nota sul concetto di status, in Scritti in onore di Sacco, Milano, vol. II, 659 ss.

(20)

28

secondo luogo dall’abrogazione di questi divieti che in concreto impedivano l’accertamento della verità biologica proteggendo, anche contro l’evidenza, il nucleo legittimo ed infine dal passaggio definitivo da una concezione della potestà come diritto ad una che la vede principalmente come funzione nell’interesse dei figli e assunzione di responsabilità nei loro confronti.

Il mutamento della percezione è ben sintetizzato dalla giurisprudenza di legittimità, la quale afferma che il precetto costituzionale indirizza il legislatore ad una regolamentazione del tema

informata al principio del dovere, nel senso di obbligo, del genitore di mantenere, istruire ed educare i figli in funzione del solo fatto materiale della procreazione e senza alcun vincolo con il riconoscimento formale della paternità o maternità naturale; al principio per cui il diritto al mantenimento deve trovare la sua fonte immediata nel fatto della procreazione e non nello status formale di figlio naturale (26).

Nello stesso tempo si assiste al passaggio da una concezione del minore, considerato oggetto dei diritti degli adulti, ad una concezione come soggetto di diritti pienamente tutelati e si approda all’idea che il riconoscimento dei diritti dei minori e della uguaglianza di tutti i figli,spiega in gran parte dei Paesi europei alla riforma dei rispettivi codici per l’attuazione di tali principi.

In Italia, come già più volte detto la riforma del 1975, non giunge come da molti auspicata ad una parificazione completa tra filiazione naturale e legittima anche se uno dei principali obiettivi è stato quello di garantire la più estesa tutela dei figli nati fuori dal matrimonio.

(26)

(21)

29

Per questo la novella ha ampliato i casi in cui è ammesso il riconoscimento e può essere proposta azione giudiziale di accertamento della paternità, ha realizzato una tendenziale parificazione dei figli indipendentemente dalla nascita, ha promosso in numerose norme l’attuazione del principio di eguaglianza; sono rimasti esclusi dalla piena protezione giuridica i soli figli incestuosi generati da genitori in malafede.

La filiazione legittima quantunque ancora favorita, non ricopre più quel ruolo centrale che gli aveva riservato la precedente normativa, ad essa sostanzialmente viene equiparata la filiazione naturale.

A chiara testimonianza di ciò l’art. 565 c.c. stabilisce che, nonostante sia stato duramente criticato da gran parte della dottrina l’intervento della Corte costituzionale, i fratelli e le sorelle naturali entrano a far parte della categoria dei chiamati alla successione legittima, in mancanza però di altri successibili e prima dello Stato; e ancora, nel caso di convivenza, la potestà spetta congiuntamente ai genitori e segue le regole dettate dall’art. 316 c.c., altrimenti spetta al genitore con cui il figlio convive o a quello che lo ha riconosciuto per primo (art. 317 bis).

E prosegue con l’equiparazione, il disposto dell’art. 261 c.c. per il quale il riconoscimento comporta da parte del genitore l’assunzione di tutti i doveri e diritti che egli ha nei confronti dei figli legittimi.

La norma sembra escludere che la nascita fuori del matrimonio possa costituire ragione per un trattamento differenziato per il figlio naturale.

A sua volta l’art. 277 c.c. stabilisce che la sentenza che pronuncia la dichiarazione giudiziale produce gli stessi effetti del riconoscimento.

(22)

30

Il risultato è una parificazione sostanziale dello stato di figlio in seguito alla quale obblighi e diritti dei genitori e dei figli hanno un’identica disciplina indipendentemente da come viene accertato lo stato se dentro o fuori del matrimonio.

La formale distinzione tra i due status filiationis, tuttavia, persiste in alcuni aspetti dell’impianto legislativo, come dimostrato dalla stessa collocazione sistematica di rinvio con cui il codice disciplina la filiazione naturale, non che dalla permanenza dell’istituto della legittimazione che non avrebbe più senso qualora non vi fossero

differenziazioni tra le due categorie di figli (27).

Dall’indagine sul lato legislativo oggettivo, risultano alcuni evidenti fattori di differenziazione del trattamento tra figli legittimi e figli naturali.

Questi sono rappresentati dalla disciplina dell’inserimento del figlio naturale nella famiglia legittima del suo genitore, inserimento subordinato al rispetto delle condizioni richieste dall’art. 252 c.c., nel meccanismo di attribuzione del cognome, anche se attualmente tale disciplina è sottoposta a proposta di modifica legislativa de iure

codendo, nonché nella posizione successoria, nell’ipotesi di concorso tra

figli legittimi e naturali .

(27) Sull’attualità del ruolo dell’istituto della legittimazione si vedano, G.

TAMBURRINO, La filiazione, in AA. VV., La riforma del diritto di famiglia dieci

anni dopo. Atti del convegno di Verona, 14 – 15 giugno 1985, Padova, 1986, p. 160;

A. PALAZZO, Legittimazione, in Enc. Giur. Treccani, XVIII, Roma, 1990, p. 4. La dottrina contraria, invece, afferma che la permanenza di tale istituto nell’ordinamento non sia più giustificata alla luce dei principi costituzionali, tra gli altri, C. M. BIANCA, Diritto Civile. Vol. II, La famiglia. Le successioni, Milano, 1989, p. 289.

(23)

31

Invece è più complesso ricondurre nei parametri di costituzionalità la ratio dell’art. 537, co 3, c.c., secondo il quale, fermo restando il disposto del secondo comma che stabilisce l’identità delle quote di figli legittimi e naturali, residua dalla precedente disciplina la facoltà di commutazione sebbene, diversamente dall’originaria disposizione dell’art. 541 c.c., venga riconosciuto oggi il diritto di opporsi.

Ai figli legittimi, infatti, è riconosciuto il diritto di commutazione nei confronti dei figli naturali grazie al quale essi possono soddisfare in

denaro o in beni immobili ereditari, la porzione spettante ai figli naturali che non vi si oppongono. Nel caso di opposizione decide il giudice valutate le circostanze personali e patrimoniali degli eredi.

La dottrina(28) è critica, in quanto concorda sulla necessità di

interpretare la norma in senso restrittivo, circoscrivendo il potere del giudice nel dare la prevalenza agli interessi solo quando i beni caduti in comunione ereditaria corrispondono ad un patrimonio comune di affetto o di lavoro, rispetto al quale il figlio naturale sia rimasto estraneo vedi

l’immobile adibito a casa familiare o l’azienda di famiglia (29)

.

Sempre in materia successoria, un’ulteriore differenza si riscontra nella posizione del genitore dal momento che solo quello legittimo ha diritto ad una quota di riserva nella successione del figlio (art. 536 c.c.).

Resta da segnalare che riconoscibili oggi, sono tutti i figli naturali ad esclusione dei soli figli incestuosi e nei limiti stabiliti dallo

(28)

C. M. BIANCA, Diritto civile, cit., p. 120; F. S. AZZARITI, G. MARTINEZ, G. AZZARITI, Successioni per causa di morte e donazioni, Padova, 1979, p. 216.

(29)

(24)

32

art. 251 c.c., ma per questi ultimi si garantisce non più il diritto agli alimenti come stabilito dall’abrogato art. 279 c.c., ma il medesimo diritto al mantenimento, all’istruzione e all’educazione che spetta al figlio legittimo (art. 147 c.c.) e al figlio naturale riconosciuto (art. 261 c.c.).

Di altre disposizioni sono stati modificati i contenuti: emblematicamente ricordiamo l’art. 537 c.c., che all’ originaria intitolazione Riserva a favore dei figli legittimi sostituisce stabilendo una comune disciplina, la più coerente Riserva a favore dei figli

legittimi e naturali che fa propendere per una sostanziale equiparazione

nel rapporto di filiazione naturale e legittima.

Nonostante ciò, rimangono ancora zone d’ombra nelle quali si può leggere una sorta di favore verso la filiazione legittima.

Comunque il processo di parificazione delle due categorie di filiazione è stato poi ulteriormente proseguito dal legislatore (art. 4, co 2, L. 54/2006) che, ora, ha espressamente stabilito che le nuove norme sull’affidamento condiviso dei figli in occasione della separazione dei coniugi si applicano anche ai procedimenti relativi ai figli di genitori

non coniugati,per i quali la Corte di Cassazione ha ritenuto competente il

Tribunale per i minorenni(30); questo ha rappresentato un notevole passo

verso l’equiparazione della famiglia naturale a quella matrimoniale, proprio con riguardo ai rapporti di filiazione rispetto ai quali il matrimonio ha perso terreno.

Sussistono poi ancora delle residue disparità di trattamento per eliminare le quali, nella XV legislatura, è stato elaborato un disegno di

(30)

(25)

33

legge delega in materia di filiazione, approvato il 16 marzo 2007 dal Consiglio dei Ministri.

Con esso, il legislatore intende superare le discriminazioni residuali sopravvissute alla legge di riforma del diritto di famiglia del 1975 che porteranno alla novella n. 219/2012.

Nondimeno, oggi, è certo che all’attenzione dell’interprete si manifesta una disciplina che, sebbene ancora marginalmente contrassegnata dalle accennate disuguaglianze, tendenzialmente mira a considerare la filiazione in una sempre più unitaria tutela nell’ambito di un rapporto che, sia esso legittimo o naturale, si qualifica nel fatto stesso della procreazione.

Sembra aver ragione, pertanto, la dottrina più moderna quando sottolinea che si è di fronte non tanto a due distinti stati di filiazione legittima e naturale, quanto ad un unico rapporto di filiazione.

Riferimenti

Documenti correlati

[r]

[r]

Trovare l’equazione della retta che passa per il punto nale alla retta di equazione... Risolvere il

Istituzioni di Matematiche I per Geologi (Vecchio Ordinamento) Scritto Generale: 23-2-2001; Docente: C.. Van

[r]

[r]

[r]

Un’evoluzione dispiegatasi secondo le linee di indirizzo tracciate dalla Costituzione e dalle fonti sovranazionali, quali le Convenzioni di New York e di Strasburgo, la