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ASSEMBLEA DIOCESANA Ragusa, aprile RELAZIONI DEI GRUPPI DI LAVORO Ragusa, 19 aprile 2008

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DIOCESIDI RAGUSA

ASSEMBLEADIOCESANA

Ragusa, 18-19 aprile 2008 RELAZIONIDEIGRUPPIDILAVORO

Ragusa, 19 aprile 2008

1º AMBITO

PARTECIPAZIONEPIENA, CONSAPEVOLEEATTIVAALLACELEBRAZIONE

1. Cosa intendiamo per partecipazione piena, consapevole e attiva?

2. Le nostre celebrazioni sono partecipate pienamente, consapevolmente e attivamente?

3. Cosa lo impedisce e cosa lo favorisce?

4. Quali percorsi di formazione sono attivati per una partecipazione piena, consapevole e attiva?

PARTECIPAZIONEPIENA, CONSAPEVOLEEATTIVAALLACELEBRAZIONE (1) Coordinatrice: Cristina Battaglia

 Quando partecipiamo ad una celebrazione portiamo con noi tutta la nostra vita, le nostre ansie e le nostre preoccupazioni, tutto questo influisce sul nostro modo di partecipare. A volte riesco con fatica a concentrarmi sulla celebrazione e ricordo a stento il brano del Vangelo ascoltato. Essendo in tanti a volte l’attenzione viene distratta da qualcosa che accade all’interno dell’assemblea e che impedisce di concentrarsi. Nella mia parrocchia il gruppo liturgico organizza la celebrazione ma non propone momenti di formazione liturgica per tutti.

 Credo che molte persone non conoscano i significati della Messa. Intanto non si fa comunità cioè non si vive la fratellanza e non si fa comunione. Non si vive veramente l’Eucaristia. Si assiste ai gesti compiuti dal sacerdote ma senza capire profondamente ciò che accade. Non siamo educati alla celebrazione. Si dovrebbe fare un corso sulla Messa e sulle sue varie parti. Comprendere l’atto penitenziale come gesto in cui chiedo il perdono ma anche sono disponibile a perdonare gli altri, se non sono in pace con gli altri che senso ha fare la Comunione? Se non conosco chi mi sta vicino mentre celebro che tipo di comunità sto vivendo? Penso che ci sia bisogno di ripartire da zero.

Andare a Messa e capire ciò che sto facendo. Vivere la Messa in modo più cristiano senza avere fretta di andare via appena inizia il canto finale, preso dalla preoccupazione di tornare a casa perché mi stanno aspettando. Vivere la Messa in modo più cristiano, più consapevole, comprendendo i significati, altrimenti sono Messe nulle e fredde. Vado per celebrare insieme agli altri e non a vedere qualcosa che poi alla fine non è servito a niente. Se non ho fatto comunità che cosa ho fatto?

 Abbiamo tutti molte difficoltà nel partecipare attentamente alle celebrazioni perché siamo continuamente distratti da ciò che accade tra di noi, mentre si compie il rito. C’è chi chiacchiera, chi usa il telefonino. Io credo che ciò accada per una scarsa informazione sulla Messa ma anche perchè noi non siamo interessati, perché ci sentiamo tutti cristiani ma siamo cristiani di comodo, cristiani molto tiepidi sotto certi aspetti, forse perché mancano le basi forti per iniziare un cammino di formazione liturgica. Penso che si dovrebbe incentivare ancora di più, sia nelle singole parrocchie che a livello diocesano, la proposta di catechesi sulla liturgia che ci rendano più consapevoli delle azioni anche piccole che compiamo noi e il sacerdote presidente. Nella mia parrocchia, chi sta seguendo un cammino sente la necessità di approfondire molte cose. Io personalmente frequentando il corso di Teologia sto facendo una bellissima esperienza che mi ha fatto capire che sono stata con gli occhi chiusi in passato nonostante frequentassi la Chiesa. Cerco di trasmettere agli altri ciò che sto imparando anche se ho sempre bisogno di apprendere e

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consolidare ciò che ho scoperto frequentando le lezioni di teologia. Abbiamo chiesto momenti di formazione al nostro parroco ma a causa di molti impegni non ha potuto preparare questi momenti di formazione che forse si potrebbero fare a livello diocesano. La Diocesi potrebbe predisporre dei corsi di formazione per le parrocchie per consentire a tutti di maturare e ottenere una buona partecipazione alla celebrazione.

 Nel nostro gruppo il sacerdote ha svolto delle catechesi sulla Messa che per me sono state molto importanti. In passato sono stata catechista e sono stata sempre inserita in Parrocchia; solo successivamente ho scoperto la presenza dello Spirito Santo e i suoi doni. Da giovane nessuno mi aveva mai spiegato queste cose perché in effetti la Chiesa è carente da questo punto di vista. Queste catechesi sulla Messa mi sono servite molto, io sentivo il bisogno di comprendere meglio la Messa e continuo ad avere bisogno di maggiori spiegazioni e approfondimenti, nonostante la lettura di libri e le catechesi. Mi chiedo: come far maturare in tutti il bisogno di maggiore consapevolezza di ciò che si celebra, tenendo conto della mentalità e dell’educazione che abbiamo ricevuto?

Cerchiamo però di essere propositivi e trovare i modi giusti. Come spingere le persone a seguire le catechesi? Riflettendo sulle feste, mi chiedo: come si vivono le feste? La chiesa è stracolma di gente ma personalmente non riesco a celebrare bene o a sentire la comunione con i presenti.

Rifletto molto sulla condizione delle persone sole e malate che nessuno cerca e mi chiedo: dove siamo noi che ci diciamo cristiani? Il Signore ci ha insegnato che dalla carità che avremo per i più deboli saremo giudicati. Praticamente quello che manca è la carità. La carità manca anche nei gruppi ecclesiali dove invece è presente un atteggiamento di critica e giudizio reciproco, mormorazioni, invidie, divisioni, a volte suscitati dagli incarichi che svolgiamo nei gruppi stessi.

Oltre ai momenti di formazione e catechesi bisognerebbe lavorare per creare innanzitutto un clima di comunione tra di noi. Proporrei di pensare ad un gesto da compiere all’inizio della celebrazione eucaristica per creare il clima di fraternità necessario. Accoglierci con un gesto all’inizio della Messa potrebbe servire a disporci meglio e correttamente alla celebrazione che fondamentalmente è comunione. Il Signore ci promette le grazie ci dice “Chiedete e vi sarà dato, pregate e otterrete”

perché non otteniamo? Perché la Messa che può guarire, che può cambiare non realizza i prodigi che il Signore ci promette? Perché il Signore non è fedele? No. Credo che dipenda da noi.

 Partecipo attivamente e consapevolmente alla Messa. Io sono una catechista e nella mia Parrocchia mi occupo dell’animazione della Messa dei bambini. Partecipo al gruppo liturgico che si occupa di preparare la Messa e durante la Messa svolgo ciò che mi viene chiesto con gioia e partecipazione, faccio parte anche del coro. La mia parrocchia è la mia casa, io mi sento pienamente inserita. Il nostro parroco ci dà molte occasioni di formazione: la lectio divina settimanale ad esempio. Inoltre preparando la Messa dei bambini riceviamo noi stessi l’occasione di meditare il Vangelo della domenica e di essere preparati alla celebrazione. Partecipo anche al gruppo famiglia e proprio quest’anno il parroco ha proposto di riflettere sulla Messa.

 La mia parrocchia è la sola del paese quindi ci conosciamo tutti e si respira a mio parere un clima di fraternità. Noi arriviamo in chiesa dieci minuti prima della Messa, ci salutiamo, prepariamo ciò che occorre...; durante la Messa, c’è una buona partecipazione, cantiamo tutti insieme e si nota il clima di comunione. Questo è anche merito del nostro parroco che con il suo modo di fare gentile e umile ci coinvolge, si accosta alle persone. Nella nostra parrocchia sono presenti vari gruppi per la formazione per i bambini e per le famiglie. È presente anche il gruppo liturgico.

 Mi riferisco alla realtà del Catechismo di cui mi occupo in parrocchia. Durante la Messa i bambini si distraggono per la loro vivacità eccessiva, mentre i ragazzi si annoiano mortalmente. Mi chiedo cosa fare per far amare la Messa ai bambini? Come evitare che una volta ricevuta la Cresima si allontanino dalla comunità? Questo è un dramma che viviamo come catechisti e come responsabili di questo settore. I ragazzi secondo me non riescono a capire la Messa e questo in fondo non ci dovrebbe stupire se anche noi adulti abbiamo delle difficoltà a gustare e amare la Messa. Penso che sia prioritario studiare un sistema per andare incontro alle esigenze dei bambini e dei ragazzi.

Viviamo in un mondo che ci invade di immagini, di notizie e informazioni, che ci distraggono dal messaggio di Gesù che forse noi catechisti non sappiamo proporre ai ragazzi di oggi. Forse gli anni

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di catechismo non sono sufficienti per far comprendere il significato della Messa ai bambini.

Propongo percorsi di formazione liturgica specifici per i bambini e per i ragazzi.

 Secondo me dobbiamo considerare diversamente la partecipazione delle persone che vengono occasionalmente alla Messa domenicale e la comunità parrocchiale che è più assidua e che magari svolge dei servizi nello svolgimento della vita parrocchiale. Noi operatori della liturgia che abbiamo compreso il valore della Messa e siamo al servizio delle nostre comunità dobbiamo preoccuparci delle nostre assemblee che si presentano spesso eterogenee, composte da vari tipi di persone più o meno consapevoli di ciò che si celebra. Dobbiamo riconoscere che nelle varie parrocchie si nota un modo a volte molto diverso di celebrare la Messa. Ciò dipende a volte dal protagonismo del sacerdote presidente; chi si accosta per la prima volta alla Messa si può trovare sbandato perché non comprende in che misura può e deve partecipare. Secondo me è il clero che deve essere formato a celebrare in maniera uniforme, più coerente per evitare confusione nei fedeli.

Per esempio: in alcune parrocchie il rito del Battesimo è svolto all’interno della Messa, in altre alla fine. I matrimoni sono animati nelle maniere più disparate. Come spiegare queste differenze alle persone che frequentano solo occasionalmente la Messa? Noi siamo un piccolo paese che vive di tradizioni ma, a mio parere, anche se si affollano le Messe per la festa patronale c’è però poco rispetto e consapevolezza nei confronti della Messa da parte della gente presente solo in queste occasioni. Propongo di attivare momenti di formazione per il clero. Migliorare la comunione tra di loro e la congruenza negli sforzi che compiono per la nostra formazione. Manca uniformità e questo genera in noi confusione. Propongo di attivare strategie per la formazione delle assemblee nella loro totalità e non solo per settori. Il parroco con l’aiuto di laici formati e preparati, a livello parrocchiale, dovrebbe occuparsi della formazione liturgica dei fedeli.

Ricordando le parole della Sacrosanctum Concilium: tutti i fedeli dovrebbero essere formati a quella piena consapevole e attiva partecipazione alle celebrazioni liturgiche, alla quale il popolo cristiano ha diritto e dovere in forza del battesimo, mi chiedo: quali sono questi doveri?

Innanzitutto il dovere di cercare questa formazione. Ho notato che anche tra le persone che partecipano da anni alla Messa molti non conoscono il significato dei segni. La scuola di Teologia di base dovrebbe essere meglio promossa e pubblicizzata perché è uno strumento utile per la formazione dei laici. Nella nostra parrocchia, si è svolta un’assemblea in preparazione a questa assemblea Diocesana. Vi leggo il verbale: dopo un’ampia illustrazione da parte del parroco, i presenti sono stati invitati ad esprimere le proprie riflessioni. Alcuni hanno detto di sentire l’esigenza di vivere la celebrazione della “domenica”; di uscire soddisfatti per la notevole carica che essa dà alla propria giornata; di non poter essere abbastanza presenti per l’assillo dei tanti impegni. Si evidenzia, inoltre, che abitualmente si va in chiesa impreparati a partecipare al mistero della celebrazione, non solo per i numerosi problemi e preoccupazioni, ma soprattutto per una limitata conoscenza della domenica del Signore. È importante superare le barriere dell’autosufficienza e del ripiegamento su se stessi, con la disponibilità alla riconciliazione, evitando ogni forma di “individualismo e di divisione”. La Messa va preparata sia sul piano teologico, spirituale e operativo sia a livello personale e collettivo. Emerge la necessità di attuare corsi formativi, non prettamente teorici, perché il fedele possa partecipare alle celebrazioni in modo pieno, consapevole e attivo.

 Molte volte anche se ci sono i momenti di formazione e noi partecipiamo ci succede che quello che ci è stato detto noi lo dimentichiamo così come dimentichiamo il Vangelo ascoltato la domenica a Messa. Dobbiamo essere noi per primi a studiare e occuparci della nostra formazione e approfondire gli argomenti, non serve dare la colpa ai sacerdoti. Un altro problema che viviamo è la poca disponibilità dei laici nella collaborazione. Tutto ruota attorno alle solite persone.

Quest’anno l’animazione della Messa domenicale è stata affidata ai vari gruppi della Parrocchia che a turno si impegnano nell’animazione. Succede sempre qualche imprevisto, ma credo che sia normale. Non possiamo essere perfetti. Facciamo comunione e accoglienza come possiamo.

Ognuno individualmente deve mettersi in cammino per crescere.

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 Mi preme dire una cosa: molte volte è difficile riuscire a cambiare i modi di fare. Nella mia parrocchia ho provato a raggiungere un obiettivo: migliorare la partecipazione partendo dalla presenza puntuale alla celebrazione eucaristica o arrivare un po’ prima dell’inizio della celebrazione per poter iniziare insieme il canto. Non sempre si riesce ad ottenere questo risultato.

Non sempre si riesce a trattenere l’assemblea per poter eseguire insieme il canto finale. Occorre superare la mentalità della partecipazione alla Messa nella chiesa dove l’orario fa al caso mio, dove è più comodo, e seguire invece il criterio della appartenenza alla propria comunità. Siamo nella logica del dovere: “vado a Messa, mi tolgo il pensiero”. A volte ripetiamo sempre le stesse cose ottenendo solo pochissimi risultati. Si vede nei fedeli qualche piccolo sforzo. Ci siamo posti il problema, attraverso il gruppo liturgico, di come migliorare il nostro modo di celebrare la liturgia.

Nel coinvolgimento delle persone e per un’animazione valida è anche vero che occorre una buona preparazione. È difficile educare alla responsabilità e all’impegno. L’assunzione di responsabilità è difficile da far maturare nei laici. A volte tutto è relativo, mai certo. Si affidano i compiti, ma le persone non sono certe di essere presenti per svolgere quel servizio. Si tenta di ottenere una ministerialità diffusa, coinvolgendo tutti nei servizi. Proporrei di preparare un piano di formazione liturgica uniforme per tutta la diocesi con delle piste di animazione della liturgia ben precise e uniche per tutti da attuare in ogni parrocchia.

 Il nostro parroco ha dato il compito a tutti i gruppi di animare la Messa. Già qualche giorno prima, noi prendiamo i foglietti, distribuiamo i compiti e non manca nessuno a fare l’animazione. Il nostro parroco ci ha responsabilizzati e motivati a fare sempre meglio. Questo metodo sta funzionando.

Per quanto riguarda la domanda sulla partecipazione alle celebrazioni devo riconoscere che noi della comunità partecipiamo tutti. Abbiamo proposto al nostro parroco di spiegare all’inizio della Messa alcuni segni per istruire non solo chi è impegnato nei vari gruppi ma l’assemblea tutta.

 Abbiamo visto che manca una partecipazione piena e consapevole perché molte persone partecipano alla Messa ma non conoscono effettivamente i segni e per questo è importante che ci sia una formazione e che vengano spiegate tutte le parti della Messa ai fedeli. La Messa è già ricca di segni che vanno compresi senza aggiungere altri segni che potrebbero generare confusione. La Messa è un rendimento di grazie a Dio per la vita della comunità e del singolo fedele: quando le celebrazioni effettivamente toccano la vita della comunità e del singolo fedele? Ad esempio, le preghiere dei fedeli usate per la Messa sono quelle pubblicate nei foglietti, cioè già scritte per tutte le comunità, uguali per tutti. Sarebbe invece più opportuno che ogni comunità prepari le intenzioni di preghiera, tenendo presente anche la vita della comunità.

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PARTECIPAZIONEPIENACONSAPEVOLEEATTIVAALLACELEBRAZIONE (2) Coordinatrice: Alessandra Schininà

 Il fatto stesso di andare in chiesa per partecipare alla Messa mi deve portare ad essere consapevole che devo essere partecipe e pienamente attiva nel sentire, nell’ascoltare la Messa altrimenti è meglio rimanere a casa!

 Il motivo per cui spesso la partecipazione alla Messa “domenicale” diventa una forma di partecipazione “statica” è l’idea che la liturgia ci dove dare qualcosa di “sensibile”. In effetti dobbiamo proporre liturgie semplici e belle; forse abbiamo perso il senso della semplicità. La nostra liturgia è già molto ricca: la parola, la preghiera dei fedeli, l’omelia..., eppure non riusciamo a percepire la bellezza dei vari momenti. Altro aspetto da rilevare: la partecipazione ai movimenti può diventare forviante perché vengono riportati nella celebrazione parrocchiale gesti tipici utilizzati nei gruppi, mentre l’assemblea parrocchiale è formata da fedeli di varia estrazione. La liturgia deve essere bella per tutti e partecipata da parte di tutti. Diventa inutile, quindi, proporre (ad esempio) canti “da cattedrale”, sconosciuti ai più e che rendono impossibile la partecipazione dei fedeli ai canti.

 Riesco a concentrarmi meglio quando alla celebrazione sono presenti poche persone.

 Ogni domenica è un gruppo diverso ad animare la Messa. Questa scelta è utile per coinvolgere tante persone.

 Nella Chiesa ci vorrebbe un percorso formativo ed educativo a tutti i livelli, per i fedeli e per i sacerdoti. La diffusa distrazione e superficialità, durante la celebrazione, anche nei momenti culminanti, è imputabile al sacerdote che presiede, ma anche alla composizione dei fiori, alla corale, agli atteggiamenti degli stessi ministri straordinari dell’Eucaristia, all’abbigliamento...

 La celebrazione è preparata durante la settimana, con incontri di meditazione della Parola che verrà proclamata la domenica. Attraverso questa meditazione si giunge anche individuare dei gesti da compiere durante la celebrazione domenicale. Già in passato la parrocchia ha proposto momenti formativi nel gruppo famiglia.

 In parrocchia c’è molta partecipazione all’Eucaristia: l’accoglienza, i canti... Nonostante il numero considerevole di partecipanti, si dà il dovuto spazio al “silenzio”. I vari compiti non sono assegnati sempre alle stesse persone. È curata anche la proclamazione della parola e l’omelia. In parrocchia sono presenti diversi gruppi con cammini differenziati che, però, si ritrovano insieme nelle celebrazioni parrocchiali.

 Si avverte una certa superficialità, forse dettata dalla mancanza di conoscenza. Sono quindi auspicabili dei corsi di formazione liturgica per gli adulti ed anche per i ragazzi nell’età del catechismo.

 Non si può affermare che le celebrazioni siano pienamente e consapevolmente partecipate, anche se si è fatto tantissimo. Ogni celebrazione non è mai uguale a quella del giorno precedente... Ogni giorno ci sono persone nuove (messe per i defunti, anniversari di matrimoni)... prive di qualunque formazione. Si avverte la necessità di costituire e formare il gruppo liturgico, che faccia innamorare le persone della liturgia, dell’Eucaristia, della celebrazione della Parola, dello stare insieme, della comunione.

 Le celebrazioni non sono pienamente, consapevolmente ed attivamente partecipate anche perché manca la conoscenza dei segni liturgici. I parroci dovrebbero spiegare all’assemblea il significato dei vari gesti.

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 Ciò che impedisce la partecipazione attiva, consapevole e piena è il fatto che si va a Messa come spettatori (si legge la parola piuttosto che ascoltarla), e non ci si vuole “scomodare”.

 La spiegazione “in pillole” dei momenti della Messa, che il sacerdote fa ogni domenica prima della celebrazione, favorisce la partecipazione dell’assemblea. Positivi sono anche gli incontri formativi, nei quali si preparano le intenzioni per la preghiera dei fedeli, tenendo presenti vengono formulate secondo le necessità specifiche della comunità, questo fa sentire più vicini perché si porta la propria realtà nella celebrazione.

Si può partecipare attivamente solo quando si ha una cultura religiosa. Tutto il resto è noia!

 Nei vari gruppi presenti in parrocchia è presente quella formazione che consente la partecipazione attiva, piena e consapevole. Ogni domenica un gruppo anima la Messa. Certo, quando la Messa è affollata diventa difficile partecipare bene, ma se siamo formati la folla non ci distrae.

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PARTECIPAZIONEPIENACONSAPEVOLEEATTIVAALLACELEBRAZIONE (3) Coordinatrice: Francesca Cabibbo

 Per partecipazione attiva intendiamo il fatto che ogni persona che partecipa alla celebrazione sappia ciò che sta facendo. Una partecipazione piena, consapevole. Nelle nostre celebrazioni (mi riferisco soprattutto alla mia parrocchia), non c’è questa consapevolezza piena. La Sacrosanctum Concilium è stata messa nel cassetto; quando si cerca di fare qualcosa (come gruppo liturgico), si trovano degli ostacoli, perché non si è aperti alla S.C . La nostra parrocchia si sta attivando; il sacerdote, con molta pazienza, cerca di formarci, con parecchie difficoltà.

 Anche nella mia parrocchia stiamo facendo un cammino con il “gruppo liturgico”, ma i muri sono troppi. La mia proposta: fare dei corsi di “partecipazione alla liturgia”. Le chiese sarebbero piene.

Attualmente, invece, molti sono legati ad una concezione vecchia, non si comprende cosa sia

“partecipare”.

 In molte parrocchie il gruppo liturgico funziona bene. Ma molta gente non partecipa bene alla celebrazione, perché non capisce cos’è la Messa. I sacerdoti dovrebbero far comprendere cos’è la Messa e le varie parti della Messa. C’è bisogno di istruire la gente alla partecipazione eucaristica.

Studiare i modi, o dentro o fuori la Messa, magari mezzora prima della Messa. Non solo i segni esterni, come la processione eucaristica, ma tutti i momenti della Messa, cuore della liturgia, devono essere compresi. Se non si capisce, non si può partecipare bene.

 È diverso ciò che accade nelle parrocchie grandi (che sono più dispersive) e nelle parrocchie piccole. La nostra è una parrocchia piccola: la gente attende di essere coinvolta, è interessata, forse perché siamo in pochi, e si crea un po’ un clima di famiglia. Se si è in tanti, sfugge.

 La nostra parrocchia si sforza di rendere attiva la partecipazione alla celebrazione. Ad esempio:

ogni settimana portiamo all’altare dei segni offertoriali. Li scegliamo cercando un riferimento con ciò che suggerisce il Vangelo e spieghiamo all’assemblea il significato.

 Nella nostra parrocchia il gruppo liturgico non c’è, ma è in cantiere. In riferimento alla domanda che è stata posta, se cioè le nostre celebrazioni sono partecipate attivamente, dobbiamo chiederci perché l’assemblea non partecipa attivamente alla celebrazione e cosa abbiamo fatto per migliorare.

A mio parere mancano dei corsi di formazione per il popolo di Dio. Questo non può essere solo onere del gruppo liturgico. Buona l’iniziativa di portare all’altare dei segni all’Offertorio, ma non basta. Penso che siano necessari dei corsi di formazione per tutti.

 D’accordo con i corsi di formazione. La gente ha voglia di sapere e di conoscere. Serve una catechesi per tutti, su varie tematiche e quindi anche sulla liturgia.

 Fare dei corsi di formazione ritengo sia un’utopia. Partiamo dall’esempio di una parrocchia media:

che locali dovrebbe avere per fare dei corsi simili? Diventano di difficile attuazione. La mia proposta: per un certo periodo di tempo, una persona, all’ambone, durante la Messa potrebbe spiegare i vari momenti: (consacrazione, comunione), per far sì che ciascuno possa vivere, in maniera consapevole, quei momenti ed esserne pienamente partecipe.

Con un’iniziativa simile (il riferimento è alla proposta precedente, ndr), sembrerebbe di tornare nei banchi di scuola. Molto, nella celebrazione, dipende dai sacerdoti. I preti sono delle persone, ognuno è diverso. C’è chi riesce a coinvolgere, ad aprire il cuore delle persone. Ma anche tra i fedeli, c’è chi riesce ad aprirsi, a farsi coinvolgere, chi invece è più distaccato.

 Ogni sacerdote imposta l’omelia in un modo assolutamente personale. Ci sono sacerdoti che scrivono l’omelia e non fanno altro che leggerla. Come sensibilizzare la gente alla liturgia? Fare delle catechesi, con cadenze settimanali, stancherebbe. Arriviamo alla fine dell’anno liturgico con

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tanta stanchezza, siamo appesantiti da molti impegni. Siamo sempre gli stessi che lavoriamo. Si potrebbero realizzare dei librettini informativi, che permettano di spiegare le varie parti della Messa. Condivido, in parte, l’ultima proposta. La “spiegazione” può andar bene durante la Messa dei bambini, quando sono piccoli. Potrebbe essere un ragazzo più grande, più maturo, a spiegare cosa accade in quel momento. Il bambino assimila, è una spugna. Ecco, un’iniziativa simile la vedrei bene in una Messa per ragazzi. Però, capisco che anche per gli anziani servono delle spiegazioni, delle informazioni, che possano favorire una partecipazione più consapevole. Si potrebbe pensare ad una catechesi dilazionata nel tempo (non settimanale perché stanca) e, al contempo, accompagnata da un libretto che spieghi, passo passo, cos’è la liturgia. Bisognerebbe cominciare anche dalle cose più semplici, che possono sembrare più ovvie: spiegare anche il segno di croce sulla fronte. Si potrebbero prevedere quattro o cinque appuntamenti, in un anno, per spiegare i vari momenti dell’anno liturgico.

 Una catechesi per la gente, per tutti, è ciò che ci vorrebbe. Anche con l’ausilio dei libretti, che possono essere utili. Ma si può fare qualcosa anche nei “cenacoli del vangelo”, che si organizzano nelle parrocchie. Per i ragazzi, c’è già il lavoro fatto dai catechisti nella catechesi settimanale, che dovrebbe prepararli a partecipare attivamente alla Messa. Credo che è importante fare qualcosa perché è proprio vero che la gente non comprende, vive la Messa in modo superficiale, perché non è pienamente partecipe di ciò che essa significhi. A me è persino capitato un episodio che può sembrare assurdo, ma è veramente accaduto. Una donna, una volta, mi ha detto: “A me, durante la Messa, viene da ridere”. Ciò accade perché non comprendono.

 L’Eucaristia è il momento centrale per noi cattolici. Tutta la comunità da tutte le esperienze, da tutte le provenienze, si ritrova al momento della celebrazione dell’Eucaristia. Ci sono alcune riflessioni da fare. Un tema particolare è quello legato all’abbigliamento. Io vado nella casa comune, nella casa di Dio, con i fratelli: come ci vado? Nel luogo sacro l’abbigliamento deve essere consono, non “da spiaggia”. Dobbiamo evitare certe cose: no agli abiti trasparenti e bretelle, specie per chi deve salire sull’altare per leggere le letture. Altro suggerimento: prima di entrare in chiesa, spegnere i cellulari. Bisognerebbe essere molto rigidi in questo. Capita persino qualcuno che, udito lo squillo, vada fuori dalla chiesa per rispondere. Un altro elemento che non aiuta sono i foglietti-sussidio per la Messa: li troviamo all’ingresso della chiesa. Sono contraria alla distribuzione di questi foglietti, non dà il senso dell’ascolto, della comunità in ascolto della Parola di Dio. L’assemblea è gioia: io non conosco chi siede accanto a me, però il fatto di essere insieme a pregare ci rende famiglia, ci unisce. Di contro, i foglietti dei canti distribuiti a tutti aiutano la partecipazione. Il responsabile del coro, dall’altare, invita ed aiuta l’assemblea a cantare. È molto bello che l’assemblea, guidata da un capo-coro, canti insieme, con armonia. Inoltre, io, in alcuni momenti, farei scendere il sacerdote dall’ambone e lo farei girare tra la gente. Un ruolo importante è quello dell’omelia. Tanti sacerdoti sanno dare il messaggio e sanno applicare la meditazione alla vita quotidiana. Altri, invece, si fermano a spiegare solo il periodo storico del Vangelo o il contesto. Ma le omelie restano staccate dalla realtà. Il sacerdote deve dare un messaggio che aiuti a essere cristiano, non solo in chiesa. La nostra vita di cristiani continua fuori nella famiglia, società, lavoro. Invece, quando i cristiani sono coinvolti nella vita sociale, nelle scelte concrete per la città, magari nella redazione di disegni di legge, finisce la nostra scelta cristiana, dimentichiamo la nostra identità ed i principi della nostra fede. Nelle parrocchie serve meno burocrazia e più vita. Altra richiesta: spesso si fa troppo uso di incenso (accade nella mia parrocchia). Molta gente è in difficoltà a causa dell’odore intenso. Bisogna “spiegare i segni”, ma non esagerare nei segni. E ancora: la partecipazione alla Messa deve essere completa. Bisogna spiegare che non ci si può alzare prima della conclusione, è anche una mancanza di delicatezza andar via durante il canto finale. Bisogna star lì, a vivere anche i momenti finali. Non si fugge via da una chiesa che è il luogo che accoglie la comunità cristiana.

 La celebrazione liturgica chiede molto soprattutto al sacerdote. È lui a guidare dall’altare i vari momenti della celebrazione. Credo che il sacerdote dovrebbe, il più possibile, cercare di creare quel clima di comunità che raccoglie tutti attorno all’Eucaristia ed alla Parola. Talvolta accade che un sacerdote presieda la celebrazione secondo uno stile assolutamente personale: qualcuno con gesti

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troppo lenti, talaltro affrettando la celebrazione. L’una e l’altra cosa dovrebbero essere evitati, a favore di una semplicità ed essenzialità del rito. La Messa contiene già tutto: talvolta sembra la si voglia adornare, o renderla “originale”. Non è bello sentire frasi: “la Messa di quel prete è così, quella di quell’altro è ….”. Rifuggire dalla tentazione di personalizzarla. Nessuna aggiunta alla Messa: nessuna preghiera in più, magari “infilata” in maniera forzata. Ad esempio: in una parrocchia si è soliti leggere, dopo la distribuzione dell’Eucaristia, il piccolo brano che si trova nel foglietto della Messa (in alto a destra nella quarta di copertina). È uno scritto, non sempre del tutto confacente, che appare un di più rispetto alla celebrazione e viene letto proprio nel momento che invece dovrebbe essere lasciato alla breve preghiera ed al raccoglimento personale e quindi a pochi attimi di silenzio. In altre, si recitano brevi preghiere o giaculatorie. L’omelia deve essere preparata bene dal sacerdote: non deve essere né una “morale” (con affermazioni spesso non condivisibili), né una reprimenda, né tanto meno uno sfogo personale del sacerdote. Se un sacerdote si è preparato, “si vede”, e quanto dice dall’ambone arriva al cuore e lascia il segno. L’omelia deve partire dalla Parola e deve aiutare i fedeli a tradurla in vita. L’omelia deve essere contenuta nei tempi (ho visto persino omelie di 30, 40 o 45 minuti), non deve essere una catechesi. Il sacerdote deve rifuggire dall’atteggiamento del “la domenica ho qui i fedeli e quindi ne approfitto per fare una formazione catechistica” oppure “per dire tutto ciò che ho da dire”. Gli avvisi alla fine della Messa sono un “di più” nella celebrazione. Si può capire la necessità di sfruttare quel momento per dare le notizie importanti alla comunità, ma non si deve però eccedere. Cinque minuti, non di più:

mai 10 o 15. In essi, privilegiare sempre le notizie della “comunità diocesana”, in modo da far crescere il senso di appartenenza all’unica chiesa locale attorno al vescovo, facendole seguire dalle notizie e dagli appuntamenti parrocchiali, o da altre iniziative interessanti da segnalare. La puntualità: evitare, per quanto possibile, lunghe celebrazioni che non siano già programmate. Ad esempio: un rito del battesimo, che fa allungare i tempi di una celebrazione di 40/45 minuti, crea spesso dei disagi. Altre messe che, per motivi vari, allungano i tempi, mettono in difficoltà. Per esempio: la Messa delle 11 si conclude solitamente alle 12; se alle 12,30 non è ancora finita, è normale scorgere la signora che guarda l’orologio, pensando al rientro a casa di figli e marito ed ai fornelli che l’attendono. Anche questo serve per aiutare la partecipazione serena, sentita, vera della comunità. Una celebrazione feriale, specie mattutina, dovrebbe sempre tener conto di coloro che, ad esempio, si recano a Messa prima del lavoro. È normale attendersi la puntualità, anche nella conclusione. Il cristiano è tale anche nella vita sociale e nel dovere di vivere bene il proprio lavoro.

Egli, deve, responsabilmente, fare i propri programmi in modo da coniugarli con la Messa, ma non può essere sottoposto al caso, o alle scelte diverse del sacerdote. Talvolta sembra che il sacerdote sull’altare sia “avulso” dalla comunità: celebra la “sua” Messa, con una scelta personale, cui, di volta in volta, i fedeli possono solo adeguarsi. Per dare ordine alla celebrazione, piccoli suggerimenti: per ricevere l’eucaristia, prevedere una processione ordinata dei fedeli (es. venire dal centro e ritornare al posto dalle file laterali, cominciare dalle ultime file o dalle prime, a seconda delle diverse situazioni logistiche. Evitare di prolungare il momento del segno della pace, soprattutto quando il sacerdote è già passato al momento successivo). Per aiutare i fedeli alla celebrazione, si possono prevedere alcuni momenti formativi (due o tre nell’anno). Questi, però, verrebbero seguiti da un numero ristretto di persone. Per raggiungere un numero più alto, suggerisco di utilizzare i momenti che precedono la Messa (ovviamente solo domenicale) per affidare anche ad un laico una breve introduzione (pochi minuti) che non stanchi e dia, di volta in volta, qualche indicazione, suggerimento, spiegazione. Delle “pillole” che, senza appesantire, possano dare ai presenti una formazione costante, dilazionata nel tempo.

 Nella mia parrocchia mi occupo di liturgia, ho partecipato a diversi incontri. Il Concilio Vaticano II è ancora inattuato: ha 40 anni di vita, ma è recentissimo. Manca la formazione, solo da pochi anni si sta cominciando a parlare di “liturgia”. Molti sono ancora abituati ad una tradizione antica, quando la Messa veniva celebrata in latino e durante la celebrazione ci si adoperava con altri pii esercizi. La Messa era per pochi. Ed è molto difficile far cambiare idea a molte persone, che sono cresciute con questa mentalità. Io ho provato in tanti modi a ricordare alcune cose, a suggerire certi atteggiamenti, ma non è facile far breccia nelle tradizioni inculcate e radicate. Bisogna iniziare dai catechisti, rendere partecipi i bambini, ma prima ancora serve la formazione dei catechisti. Chi forma i catechisti? Quando si fanno gli incontri per i catechisti sono spesso deserti. I catechisti

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dove vengono formati? Chi deve formare coloro che formano i bambini? Dobbiamo rieducarci noi stessi: comprendere che dobbiamo andare alla celebrazione con animo diverso. La celebrazione è il culmine del nostro essere cristiani. Dobbiamo creare, dentro di noi, le condizioni per partecipare bene. Il resto viene di conseguenza; ovviamente bisogna avere alcune attenzioni, come quella di spegnere i cellulari.

 Il nostro gruppo liturgico è formato da circa 25 persone, tutte da 60 a 80 anni. Mancano i giovani, manca il ricambio. Molte persone si lamentano a causa delle omelie troppo lunghe. La domenica l’omelia va bene, ma durante la settimana deve essere più contenuta. La domenica, peraltro, c’è anche la catechesi per i ragazzi, che deve occupare uno spazio. L’utilizzo del foglietto: può capitare che avere il foglietto in mano possa distrarre, però serve, anche ai bambini, per riprendere il testo e seguire la spiegazione.

 Proclamazione della parola e ascolto dei fedeli. È questa la radice della partecipazione liturgica, insieme all’Eucaristia. Sono d’accordo sulla proposta di “togliere i foglietti”: la Parola di Dio va proclamata e la si ascolta, non la si legge.

 Non mi occupo di liturgia, ma vorrei ugualmente comunicarvi alcune riflessioni. Il Concilio ha quarant’anni, ma non è vecchio. È rimasto inattuato perché l’abbiamo messo da parte, qualche volta rimosso, senza conoscerne i contenuti. È fondamentale che, nel prossimo anno pastorale, si prevedano dei momenti di approfondimento sulla Sacrosanctum Concilium. Uno dei doni più importanti del Concilio è stato quello della Parola. È uno dei due momenti fondamentali della celebrazione eucaristica (ascoltare la proclamazione della Parola e spezzare il Pane), e rende presente Cristo in mezzo alla comunità. È importante che si riesca a comprendere il senso della Parola nella liturgia. Penso che l’omelia dovrebbe essere una “eco” della Parola, non un commento moralistico, o un tentativo di attualizzazione alla luce dei fatti accaduti. Questo è uno svilimento della Parola, talvolta strumentalizzata per veicolare dei contenuti nostri. Dobbiamo piuttosto riuscire a metterla al centro della nostra vita di fede, assieme al momento eucaristico. Durante la celebrazione del rito non è importante fare tutti gli stessi gesti, ma essere consapevoli del significato dei gesti che si fanno ed esprimere, attraverso di essi, la propria partecipazione attiva alla esperienza della comunità celebrante. Serve, in questa direzione, un’educazione continua e reciproca di noi tutti.

 È auspicabile prevedere dei momenti di formazione su questi temi. La formazione deve essere fatta dal sacerdote, collaborato da noi. Anche noi, che potremmo dirci “persone impegnate” non siamo attenti: mentre il sacerdote indossa i paramenti e si prepara ad andare all’altare, si fanno discussioni. Dopo aver recitato i Vespri, nell’attesa della Messa, ci si mette a chiacchierare. Questo accade non solo per coloro che vivono ai margini della vita della comunità, accade anche per noi, cosiddetti cristiani più responsabili. Serve un cambiamento di atteggiamento: dobbiamo aiutare il sacerdote per la celebrazione, la partecipazione deve essere piena, consapevole ed attiva. In chiesa si deve creare quel clima di serenità e tranquillità. Noi abbiamo fatto un certo cammino e invece siamo noi a venir meno proprio nei momenti della liturgia. Impossibile che non si possa stare senza cellulari. Io non sono contrario al foglietto che aiuta a seguire la celebrazione: sì ai foglietti, no ai cellulari. Non credo servano, poi, troppi momenti di catechesi. Troppa catechesi: no! Basta una parolina, un piccolo accenno di volta in volta: pian piano si riuscirà a creare quel clima che ci predispone adeguatamente alla liturgia.

 Il Padre ci ha detto: “Amatevi gli uni gli altri, come io ho amato voi”. Con queste parole nel cuore e con questa realtà nell’anima, dovremmo recarci in chiesa: sorridenti, perché amiamo, e preghiamo. Il cristianesimo è gioia: io, spesso, canto l’inno da sola in chiesa, dopo che finisce la Messa.

 La nostra vita di cristiani si può sintetizzare così: Amare sempre, amare a tutti i costi!

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PARTECIPAZIONEPIENACONSAPEVOLEEATTIVAALLACELEBRAZIONE (4) Coordinatrice: Elisa Di Pasquale

 Per una partecipazione piena, attiva e consapevole gli elementi fondamentali sono: la conoscenza, la consapevolezza, la compartecipazione e la preparazione. Si sente l’esigenza di una maggiore informazione che parta dai sacerdoti e che arrivi ai fedeli. Servono quindi nuove vie, nuove parole, nuove strumenti. Come possiamo essere testimoni credibili se non conosciamo a fondo quello che stiamo testimoniando?

Con poca consapevolezza di quello che si svolgerà da qui a poco, la partecipazione sarà minima. Si propone quindi una maggiore formazione attraverso:

- conoscenza della liturgia;

- spiegazione delle varie parti della S. Messa;

- approfondimento del Catechismo della Chiesa Cattolica;

- spiritualità della liturgia.

 Le nostre celebrazioni sono partecipate pienamente, consapevolmente e attivamente? Molte volte si, ma dipende molto dai gruppi presenti in parrocchia. Nelle parrocchie in cui esiste un gruppo liturgico, in cui si preparano le letture, ci si organizza per la raccolta delle offerte, si fa un’adeguata accoglienza all’inizio della celebrazione, sembra di sì.

Si propone la formazione, in ogni parrocchia, di gruppi liturgici che preparino i lettori.

 Una partecipazione attiva, consapevole e attiva viene impedita dall’ignoranza e dall’individualità in cui tutti ci troviamo. È facile pensare a noi, come singoli; è facile pensare alla Chiesa. È molto più difficile pensare a noi all’interno e facenti parte della Chiesa.

Bisognerebbe cercare di rendere le nostre celebrazioni più umane; evitare le omelie che parlano molto di spiritualità e poco dei bisogni terreni.

All’inizio della celebrazione il sacerdote dovrebbe brevemente spiegare cosa ci accingiamo a fare.

Qualunque tipo di celebrazione va preparata. La preparazione deve essere sia del celebrante che delle persone che durante quella celebrazione avranno un ruolo liturgico (lettori in primis).

Bisogna che ognuno di noi dimostri di avere una maggiore responsabilità all’interno della vita laicale. Noi laici siamo chiamati a questa responsabilità: aprire gli occhi sul mondo per rispondere con le giuste parole e i giusti strumenti alle sfide che questo momento storico richiede.

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PARTECIPAZIONEPIENACONSAPEVOLEEATTIVAALLACELEBRAZIONE (5) Coordinatore: Girolamo Alessi

 Sono entrato in chiesa da grande; entrando in chiesa sto percorrendo un cammino, il cammino neocatecumenale, oramai è da 20 anni che faccio questo cammino, ho ricevuto molto da questo cammino. Ho ricevuto una formazione che mi ha fatto scoprire la bellezza di partecipazione alle celebrazioni, senza formazione non si riesce ad avere uno spirito vivace. Io ringrazio questa formazione, perché mi ha fatto capire che operare in chiesa è una cosa stupenda. Ritengo personalmente, come del resto quanti siamo qui presenti, essendo già “esperti di chiesa”, di vivere già intensamente le celebrazioni. Dobbiamo cercare allora di farlo capire agli altri che vengono ogni tanto a Messa o solo la domenica e magari non vivono l’“essere chiesa”. È necessario allora che soprattutto noi laici ci impegniamo un po’ di più nell’evangelizzazione.

 Seguo sempre la Messa e l’Azione Cattolica; nel campo dell’evangelizzazione quello che posso fare faccio.

 Per una partecipazione piena, attiva e consapevole ci manca la base, ci manca l’istruzione di fondo, una formazione globale. Forse ci manca anche la volontà personale per una autoformazione; noto, ad esempio, che se io a casa ho letto le letture della Messa prima della celebrazione la partecipazione è ben più rilevante. Ritengo poi che ciò che soprattutto manca nelle nostre celebrazioni è la dimensione della gioia; ai ragazzi del catechismo diciamo di venire a Messa e quando vengono vedono noi che spesso dimostriamo di non essere convinti di stare a Messa, se non addirittura di non stare bene a Messa; i ragazzi si guardano intorno e vedono le nostre facce da funerale, la nostra è una celebrazione sterile. È necessario che nelle nostre celebrazioni ci sia più spontaneità, gioia, fratellanza, accoglienza.

 Sono sposata e con mio marito faccio parte del gruppo famiglia della parrocchia, sono anche Ministro straordinario della Comunione, partecipiamo alle attività che si svolgono in parrocchia.

Voglio dire che a volte la proclamazione della parola di Dio nelle celebrazioni viene fatta con molta superficialità e l’omelia spesso non tiene conto della Parola di Dio.

 Partecipare pienamente e attivamente significa partecipare col corpo e anche con la mente alla celebrazione; consapevole di quello che vado a celebrare, nella celebrazione infatti Gesù viene nel mio cuore. Partecipare attivamente significa rispondere alle parti della Messa e partecipare al canto.

 Faccio parte delle cellule di evangelizzazione e presto servizio all’altare; secondo me partecipare alla Messa non è solamente ascoltare la parola ma “vivere la Messa” in modo da “buttarsi dentro”

alla celebrazione della Messa; bisogna ascoltare bene la Parola per poi metterla in pratica alla fine della celebrazione.

 La partecipazione consapevole e attiva deve essere di tutta l’assemblea, l’assemblea è una comunità; la celebrazione eucaristica deve essere rapportata a tutta l’assemblea e non solo a me stesso, il ministro è al servizio dell’assemblea. Ciò che impedisce una partecipazione piena è l’interpretazione errata di ciò che è la Messa; la Messa è ripetere il sacrificio di Cristo e Cristo si è immolato per tutti, non si è immolato solo per me, l’Eucaristia quindi deve rivolgersi alla comunità.

Da questo punto di vista purtroppo non siamo maturi. Le nostre celebrazioni risentono ancora di certi modi di dire come ad esempio “vedere la Messa”, ma alla Messa si partecipa e la partecipazione deve essere comunitaria. C’è ancora chi entrando in chiesa l’ultima cosa che guarda è il tabernacolo, cioè non si rivolge subito al padrone di casa, prima saluta a “cummari” e o

“cumpari” e poi si fa il segno della croce. Quando si esce dalla Messa non si esce con lo spirito di aver partecipato all’Eucaristia, appena fuori si fanno i capannelli per criticare questo e quello. È la dimostrazione che andiamo a Messa per abitudine e ciò impedisce una partecipazione piena, attiva e consapevole; si può fare qualcosa facendo riflettere tutta la comunità sul vero senso della celebrazione.

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 Il tema di quest’anno “Educhiamoci alla relazione con Dio e con i fratelli” ci invita a relazionarci, a comunicare tra di noi e a relazionarci con Dio attraverso la preghiera; attraverso la preghiera parliamo con Dio e dobbiamo anche saper ascoltare ciò che Dio ci dice; la preghiera per eccellenza è la S. Messa. Nella celebrazione della S. Messa avviene una relazione autentica: Gesù scende sull’altare sotto le specie del pane e del vino e noi ci incontriamo direttamente con lui. Nella S.

Messa anche noi dobbiamo offrire la nostra vita e le nostre azioni al Padre insieme con Cristo; nella S. Messa è importante anche ascoltare il Signore che ci parla nella liturgia della Parola. Alla fine della celebrazione quando lasciamo la chiesa dobbiamo ricordare cosa il Signore ci ha detto nell’incontro che abbiamo fatto con lui e dobbiamo mettere in pratica quanto ci ha detto; se non facciamo questo non abbiamo “ascoltato Messa”.

 È molto importante preparare la liturgia, spesso non lo si fa, specialmente per la proclamazione delle letture nella celebrazione, a volte accade che uno che non si è preparato si alza e va a leggere.

È importante anche il silenzio dopo la celebrazione, spesso accade che per vari motivi finita la Messa ci si saluta, si chiacchiera e non gustiamo ciò che abbiamo ricevuto: Gesù Eucaristia. Anche l’accoglienza andrebbe curata, potrebbe essere il parroco o alcuni laici incaricati per questo;

accogliere è il primo passo per creare il clima giusto della celebrazione, soprattutto nei confronti di chi non è assiduo nella partecipazione alla celebrazione.

 È importante il “come” ognuno di noi vive la celebrazione, è fondamentale un minimo di

“preparazione interiore”; non possiamo andare a Messa “tanto per”, semplicemente perché è domenica.

 Mi piace riportare il pensiero di un giovane, per vivere attivamente e pienamente la celebrazione è necessario che tutti (sacerdoti, laici, religiosi,…) torniamo a vivere come vivevano i primi cristiani nella povertà e nella semplicità. Inoltre la celebrazione ci spinge all’unità, nella Chiesa ci sono tanti Movimenti e tutti lavorano con impegno però a volte accade che qualcuno di questi Movimenti si presenta come il migliore e questo è un impoverimento per la Chiesa e per la stessa celebrazione.

 È importante che i laici siano ascoltati anche per ciò che riguarda le celebrazioni; a volte accade che se qualcuno dice la propria opinione sulla celebrazione, come ad esempio che l’omelia è troppo lunga o che si battono troppo le mani ecc., il sacerdote ne resta risentito, pensa che sia un rimprovero. È necessario che anche per il “celebrare” ci sia un confronto più ricco tra sacerdote e comunità dei fedeli.

 Un impedimento per una partecipazione attiva è che spesso durante la stessa celebrazione vengono assegnati i servizi da svolgere; i canti preparati all’ultimo momento, le letture assegnate mentre il sacerdote dice la preghiera. È importante andare a Messa un po’ prima dell’ora stabilita per preparare i vari servizi. È importante anche un cammino di formazione; a tal proposito quando si parla di formazione si pensa solo ai ragazzi e ai giovani, e gli adulti? Mancano incontri di formazione per gli adulti.

 In genere le nostre celebrazioni non sono seguite in maniera piena, consapevole e attiva da parte di tutta l’assemblea, c’è una partecipazione piena solo da parte di qualcuno. In genere da parte dei gruppi liturgici e dei sacerdoti c’è una certa “informazione” sulla partecipazione alla Messa; in gran parte dell’assemblea manca la consapevolezza dell’atto liturgico, per rimuovere questo ostacolo occorre passare dalla informazione alla formazione per acquisire una “consapevolezza piena” di che cosa stiamo celebrando. Mi ha colpito ieri sera l’accento che il prof. Grillo ha posto sul “celebrare comunitariamente”, in ciò credo che siamo carenti, dobbiamo ancora acquisire una mentalità da “celebranti”. Infine è necessario sottolineare che ogni azione che viene espressa nella celebrazione contribuisce all’atto liturgico: l’accoglienza, l’addobbo floreale, i dettagli che possono sembrare secondari... tutto contribuisce alla bellezza della celebrazione. In tante nostre assemblee esiste ancora la pessima abitudine di seguire la liturgia della Parola nei “foglietti”.

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 La formazione di tanti si è fermata alle nozioni del catechismo, ci vuole una formazione seria alla celebrazione. Bisognerebbe coltivare il senso del sacro che a me pare si stia smarrendo, ad esempio il silenzio nella casa del Signore. Occorre tornare a spiegare anche i piccoli segni della celebrazione, non si deve dare tutto per scontato, molti segni non si comprendono più. È necessario anche un certo “stile” nella celebrazione da parte di tutti, sacerdoti e fedeli, la celebrazione infatti è

“l’atto per eccellenza”, avviene qualcosa di importante per la vita. Probabilmente c’è una partecipazione piena, attiva e consapevole da parte dei singoli manca però una tale partecipazione in maniera comunitaria. Infine ritengo che sia elevato il numero delle Messe che si celebrano, ci sono “troppe Messe” con la presenza di un numero irrisorio di fedeli, in questo modo si sminuisce il senso stesso del celebrare; piuttosto che celebrare una Messa con quattro fedeli in una Parrocchia e un’altra con altri quattro fedeli nell’altra Parrocchia sarebbe più utile mettersi insieme per un’unica celebrazione, si darebbe anche una forte testimonianza di comunione.

 È molto importante in un paese diversificare l’orario delle Messe perché spesso non si dà la possibilità a chi lavora di poter partecipare alla celebrazione. Occorre diversificare l’orario anche di domenica per dare la possibilità a tutti di poter partecipare.

 Nella nostra comunità da alcuni anni viviamo pienamente la Messa domenicale perché siamo tutti attivi; in parrocchia ci sono diversi gruppi e ognuno ha il compito di animare la Messa in una domenica (letture, offertorio, accoglienza, ecc.). Per il canto c’è una corale ma tutti seguiamo perché abbiamo i libretti con i testi dei canti. È una gioia ascoltare la Messa. Si pensi che il parroco prima dell’omelia se c’è gente in piedi li invita a prendere posto, se necessario anche nei posti che si trovano all’altare; ci sono bambini che durante la celebrazione piangono o corrono ma per noi non è un disturbo perché viviamo attivamente e pienamente quella celebrazione.

 In parrocchia ci stiamo adoperando per fare riscoprire il senso della comunità. È importante fare scoprire questo, ciò sarà possibile con l’evangelizzazione; secondo me l’unica cosa che conta è annunciare Gesù Cristo a coloro che non lo conoscono, i laici dobbiamo metterci in prima linea perché i sacerdoti non possono fare tutto.

 Per creare unità a mio parere è necessario coinvolgere tutti nella celebrazione soprattutto quelli che sono più lontani, quelli che vengono solo la domenica, coinvolgerli nell’offertorio o in qualche altra cosa in modo che si sentano attivi. Poi è necessaria anche la formazione.

 Per la formazione sono utili i corsi di spiritualità che facciamo nella nostra parrocchia; è una formazione che ci arricchisce per portare il Vangelo di casa in casa. A volte, se alla fine della Messa si chiacchiera, è per informarsi, per sapere ad esempio perché quella persona da due settimane non viene in chiesa se per caso è stata male, oppure se ci sono delle persone che vengono per la prima volta vengono accolti.

 A volte non so il motivo per cui si va a Messa; ad esempio le persone anziane che ripetono le parole che dice il sacerdote nella Messa sono una distrazione per la celebrazione.

 Dobbiamo apprendere anche un nuovo linguaggio: tutti celebriamo, il sacerdote presiede la celebrazione.

 È indispensabile che in ogni parrocchia ci sia un buon gruppo liturgico per formarci e per predisporre delle celebrazioni “belle” e più partecipate. Il problema si pone la domenica quando vengono tutti gli altri, coloro che non seguono un cammino di fede; nella mia parrocchia grazie a Dio abbiamo un sacerdote che addirittura la domenica scende a dare la pace a tutti, per Pasqua ha invitato tutti a battere le mani perché era un momento di festa e la gente era contenta. La gente non riesce a partecipare pienamente, abbiamo fatto dei corsi di formazione e delle catechesi per adulti ma partecipano sempre gli stessi quelli che fanno già un cammino di fede. Molti vengono a Messa

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ma non conoscono nemmeno i gesti della celebrazione, a volte non capiscono nemmeno quello che si sta facendo.

 Durante le celebrazioni è molto facile distrarsi, ci sono tante occasioni per distrarsi. Spesso si va a Messa per abitudine o per dovere in quanto “cristiani della domenica”. Quando si scopre che Cristo è il Signore della propria vita allora le cose cominciano a cambiare, non basta la Messa domenicale ma si sente il bisogno di andarci tutti i giorni.

 I gesti e i simboli sono la ricchezza della celebrazione, molto spesso però non li comprendiamo e li riteniamo una perdita di tempo. In parrocchia abbiamo fatto un corso per capire meglio la Messa ed è stato molto utile; ritengo necessario che tutti gli operatori della pastorale (a partire dalle catechiste) partecipino a corsi di formazione che vengono organizzati nel vicariato o in diocesi.

 Si ha la sensazione che se nella celebrazione non si fa qualcosa è una partecipazione passiva, mentre se leggi le letture o fai qualche altra cosa allora è partecipazione attiva; se così fosse allora la partecipazione attiva sarebbe riservata solo a pochi perché non c’è un qualcosa da fare per tutti.

Ecco perché, facendo leva sul sentimentalismo, si punta ad enfatizzare a dismisura certi gesti come il battere le mani o ripete canti con ritornelli coinvolgenti in modo da dare l’impressione che tutti stanno facendo qualcosa.

 Sarebbe utile fare dei corsi per spiegare tutte le norme liturgiche.

 Bisogna recuperare una certa decenza nell’abbigliamento, soprattutto le donne spesse volte e soprattutto in estate vanno in chiesa con un abbigliamento non adatto.

 Ci siamo soffermati a discutere soprattutto della celebrazione dell’Eucaristia, dovremmo approfondire anche tutte le altre celebrazioni, soprattutto la liturgia della Parola perché manca proprio questo tipo di celebrazione. La celebrazione della Parola può formarci veramente perché ascoltiamo la Parola di Dio e di Gesù Cristo; ritengo quindi necessario ogni settimana celebrare in parrocchia la Parola perché la Messa non basta.

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PARTECIPAZIONEPIENACONSAPEVOLEEATTIVAALLACELEBRAZIONE (6) Coordinatrici: Gina Scribano e Rosanna Cascone

 Non si vive bene la celebrazione perché si dà importanza ad altro: passeggiate, incontri con gli amici, riposarsi.

La partecipazione è diversa tra quelli che abitualmente partecipano alla celebrazione e chi lo fa occasionalmente. È più consapevole chi fa un cammino di fede!

Prepariamo i bambini del catechismo con incontri preliminari: diamo le letture della domenica per prepararsi ad una corretta proclamazione della Parola, scegliamo i canti adeguati al tema della celebrazione e coinvolgiamo anche i genitori dei bambini.

 C’è una partecipazione attiva e silenziosa, l’omelia è compresa da tutti e ciò è molto positivo. C’è molta partecipazione per chi fa un cammino di fede, mentre per chi viene solo la Domenica non c’è consapevolezza di ciò che si celebra.

 Parlo a nome personale: ho scoperto che la celebrazione eucaristica è una esigenza quotidiana, che vivo anche in altre parrocchie per esigenze di orario, perché mi fa riflettere, mi fa pregare e mi fa crescere.

 La celebrazione diventa coinvolgente per i frequentatori abituali, ma chi partecipa solo la domenica e in modo saltuario o peggio chi lo fa solo nelle grandi solennità, rischia di vivere la celebrazione in modo passivo perchè non si sente coinvolto. La liturgia è il momento privilegiato in cui incontriamo gli altri e bisognerebbe utilizzarlo nel migliore dei modi; invece rischiamo di incontrare solo quelli che fanno parte dei gruppi, creando uno divisione tra i fedeli. Attraverso la liturgia dovremmo arrivare a parlare a tutto il popolo di Dio e di ciò dovrebbero farsi carico i gruppi presenti in Parrocchia.

 La celebrazione è attiva ma non sempre consapevole. A volte la celebrazione sembra improntata alla spiritualità di un gruppo e quando cambia il parroco o il gruppo dominante cambia anche lo stile della celebrazione e il fedele si trova spiazzato. Occorre una certa uniformità nelle celebrazioni perché tutti possano celebrare l’evento salvifico operato da Cristo. Limitare l’uso di una gestualità esagerata che può essere riservata all’interno di celebrazioni che riguardano singoli gruppi. È più curata la partecipazione alla celebrazione eucaristica mentre le altre celebrazioni (recita delle lodi o dei vespri) vengono spesso improvvisate. Chi ha un compito direttivo deve farsi carico di istruire il popolo di Dio, con apposite catechesi che consentano una partecipazione più attiva e consapevole alla celebrazione eucaristica. In alcune celebrazioni ci sono delle reminiscenze preconciliari.

 Per una partecipazione attiva e consapevole c’è ancora molta strada da fare, sia a livello personale che comunitario. A volte evito di partecipare alla celebrazione eucaristica nella mia parrocchia, celebrata secondo lo stile di un movimento (con battute di mani) che non è gradito a tutti. Non possiamo impedire ai vari gruppi di pregare secondo la loro spiritualità, ma non è opportuno dare un ruolo determinante ad un gruppo. La celebrazione va preparata per tutta la comunità. Curiamo delle belle liturgie anche un po’ pompose invece dobbiamo dare “solennità” al momento celebrativo. Abbiamo bisogno tutti di una formazione liturgica; non sono esclusi i nostri preti.

Limitare l’uso di battere le mani. Occorre che la proclamazione della Parola sia fatta da persone preparate e non improvvisate, come spesso avviene.

 Per una consapevole partecipazione è utile fare attenzione anche alla disposizione logistica dei partecipanti per rendere visivamente comprensibile che tutti partecipiamo ad un’unica mensa sentendoci figli dell’unico Padre. Nelle celebrazioni eucaristiche con la presenza di ragazzi spesso l’omelia viene banalizzata (forse per parlare meglio ai ragazzi?). Ma se si omette del tutto (come qualche volta avviene) un momento di riflessione per le persone adulte, si rischia di far passare

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l’idea che c’è una Messa per grandi e una Messa per ragazzi, e questo non è vero. La Messa è una sola.

 Non posso dire con certezza che la partecipazione alle celebrazioni nella mia parrocchia sia consapevole, piena ed attiva; posso dire invece che non c’è partecipazione attiva e consapevole se le persone durante la celebrazione si confessano; chi arriva in ritardo non partecipa alla celebrazione, privandosi di momenti, tutti importanti, che vanno vissuti pienamente. Non si partecipa attivamente se non si risponde al celebrante .Un ragazzo interpellato da me perché non rispondeva mi dice “ma se neanche i grandi lo fanno…”. C’è una partecipazione attiva ma non consapevole

 La gente partecipa attivamente; anche se deve sopportare disagi logistici, partecipa con atteggiamenti rispettosi; chi è costretto a star fuori dalla chiesa (troppo piccola per le esigenze della comunità), sta in silenzio e segue la celebrazione

 La comunità parrocchiale va educata ad arrivare prima che inizi la celebrazione, che si conclude dopo il canto finale. Accade, invece, che l’animatore canta da solo, mentre la gente va via.

 È carente la formazione liturgica delle nostre comunità parrocchiali. Un uso non corretto del

“foglietto” favorisce una lettura privatistica della Parola. Se non riesco ad ascoltare la proclamazione della Parola in chiesa, come posso ascoltare Dio che mi parla durante gli altri momenti della mia vita?

 È opportuno consentire a chi presiede la celebrazione una pausa dalle precedenti attività per prepararsi all’evento celebrativo che si accinge a compiere.

 Per favorire la partecipazione alle celebrazioni la comunità viene informata con comunicati esposti in apposite bacheche dislocate nel territorio.

 Nei cammini ordinari di catechesi, occorre prevedere una formazione liturgica sia per i ragazzi che per gli adulti. Sono utili anche dei momenti formativi con la presenza di persone che con preparazione specifica danno alle comunità la possibilità di riflettere e decidere di fare un cammino permanente di formazione liturgica. La formazione liturgica è un cammino duro da fare, ma necessario.

 Avverto una preoccupazione: spero non avvenga che, vivendo il nuovo anno pastorale

“sull’educarci alla celebrazione”, riemergano atteggiamenti “bigotti”, ritornando ad un ritualismo esteriore.

 Le coordinatrici: per quanto riguarda i percorsi formativi da attivare si suggerisce che nelle sedi competenti si possano elaborare delle linee guida per tutte le parrocchie per evitare che ci siano tanti stili di celebrazione quante sono le parrocchie in diocesi.

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2º AMBITO

LACELEBRAZIONENELLAVITA

1. Le nostre celebrazioni riescono a dare nuovo impulso alla vita del credente?

2. Viviamo il quotidiano in maniera “spenta” perché non illuminato dalla celebrazione?

3. Come la partecipazione alla “celebrazione” diventa partecipazione della vita quotidiana?

4. Come educare a “vivere secondo la domenica”?

LACELEBRAZIONENELLAVITA (1) Coordinatore: Marco Ambrogio

 Solo se si fa un cammino di fede la liturgia riesce a dare qualcosa.

 Per ricevere da una celebrazione occorre una formazione, un cammino.

 Spesso si va a Messa per abitudine e si ritorna a casa come prima. Io faccio un cammino di fede ed ho scoperto che senza la celebrazione io non vivo.

 La celebrazione è il culmine della mia vita e nella mia comunità parrocchiale è una testimonianza di vita.

 Per me la Messa inizia dove finisce la celebrazione: nella vita di tutti i giorni. È importante, per la mia vita, ascoltare la Parola di Dio che mi aiuta in tutta la settimana.

 Per me ha una grande valenza il Presidente: come vive il mistero che sta celebrando, come riesce a coinvolgere l’assemblea.

 Nel mio cammino di fede trovo un impulso che si trasmette a tutta la vita. Non basta la Parola ma occorre portare la Messa nella vita.

 Per me la celebrazione è la linfa vitale; la vivo giornalmente, al mattino, e mi dà l’impulso per tutta la giornata.

 Dalla celebrazione ho avuto la vita sconvolta: è cambiata radicalmente. Mi dà serenità.

 Prima andavo a Messa per abitudine. Anni fa ho scoperto il valore della Messa e la mia vita è cambiata.

 Ero capo scout. Otto anni fa mi è morta una figlia, aveva due anni. Da allora la mia vita è distrutta.

Vorrei entrare nel senso della celebrazione, capire, ma non ci riesco. Mi ribello alla mia storia, che non accetto.

 Vivevo la mia vita nella normalità fin quando, grazie ad una mia amica della comunità parrocchiale, non ho scoperto l’Eucaristia e la mia vita è cambiata. Lontano da essa scopro tutto il peso della vita.

 Da quando ho scoperto Dio la mia vita è cambiata. Frequento assiduamente la Parrocchia anche se mi regolo secondo gli impegni della mia famiglia (marito, figli).

 Se non vivo l’Eucaristia ogni giorno, non vivo bene la giornata.

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 Dall’Eucaristia attingo forza e coraggio per tutta la vita. Sono nel gruppo liturgico. La Parola della domenica la prepariamo durante la settimana precedente e così ho tutto il tempo per prepararla.

 Per poter meglio comprendere la Messa occorrerebbe organizzare delle catechesi liturgiche per poter meglio comprendere quello che si fa e seguire le celebrazioni.

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LACELEBRAZIONENELLAVITA (2) Coordinatore: Daniele Criscione

 Le nostre celebrazioni riescono a dare un nuovo impulso alla nostra vita nella misura in cui vi è la comprensione di ciò che si celebra. Se non si comprende ciò che si celebra si rischia di assistere come spettatori e di non partecipare. Fondamentale importanza bisogna dare all’educazione, occorre educarci alla celebrazione. Occorre comprendere che la liturgia è un fatto comunitario e non individuale.

 Ritengo sia necessario curare la parte iniziale delle nostre celebrazioni, accogliere chi arriva e creare un clima adatto alla celebrazione. Nelle nostre celebrazioni le omelie sono lunghe e il linguaggio non è facilmente comprensibile. Occorre attenzionare comunitariamente la celebrazione del sacramento della penitenza.

 Bisogna curare la preparazione alla Messa. Sarebbe opportuno che le omelie seguissero un percorso, come le letture, diventando un buon mezzo per educare anche alla celebrazione.

 Sarebbe opportuno che le nostre comunità curassero di più l’accoglienza, incaricando alcune persone per questo servizio. Il sacerdote potrebbe, terminata la celebrazione, uscire davanti la porta e salutare la gente dando la mano. Inoltre occorre rispettare le pause di silenzio durante la celebrazione. “La Parola” fecondata dal “Silenzio” ha un altro sapore.

 Alle nostre celebrazioni partecipano sia persone che vengono per adempiere il precetto, sia persone che sono attive in comunità e che trovano consolazione nella celebrazione. Occorre educare alla celebrazione e invitare alla celebrazione quotidiana chi non partecipa. Il foglietto della Messa può essere un buon mezzo per prepararsi.

 Le nostre celebrazioni vanno bene così come sono, siamo noi che dobbiamo educarci.

 Un buon mezzo per prepararsi alla celebrazione della Messa, può essere quello di leggere le letture della domenica già nella settimana precedente. Occorre curare l’accoglienza nelle nostre parrocchie. Le omelie sono un buon mezzo per educarci.

 Occorre una giusta comprensione della celebrazione; è di fondamentale importanza comprendere la struttura della celebrazione. Servirebbero dei corsi in parrocchia.

 Occorre comprendere che quando andiamo a Messa, stiamo andando incontro a Cristo che ci dà salvezza. Dobbiamo educarci all’ascolto. È Cristo che ci educa con la sua Parola.

 Occorre disporsi in modo consono alla celebrazione, preparasi e interiorizzare ciò che celebriamo.

È necessaria la formazione, occorre fare dei corsi parrocchiali. Le nostre celebrazioni dovrebbero essere non spente ma vissute in modo pieno, dovrebbero essere testimonianza di vita vissuta. Il buon credente si deve preparare alla celebrazione, curare anche che l’abbigliamento sia consono al luogo.

 Occorre sottolineare che la celebrazione è un fatto comunitario, fare attenzione a tutti i tipi di persone che partecipano alla celebrazione, dagli anziani ai bambini.

 È necessario che la celebrazione entri nella vita di ciascuno, che le azioni quotidiane diventino celebrazione. La vita diventa celebrazione nel momento in cui ogni cosa che facciamo dà lode al Signore, così allo stesso modo portiamo la nostra vita nella celebrazione.

 La nostra vita deve entrare nella celebrazione e occorre coerenza tra ciò che si vive e ciò che si celebra.

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