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STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE

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Academic year: 2022

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TITLE SIA-Quadro Riferimento Ambientale AVAILABLE LANGUAGE: IT

File: 107750003901_S.I.A_Q.R.AMBIENTALE

01 29/10/2018 SECONDA EMISSIONE M.C. M.C.-E.S. L.S.

25/10/2018 26/10/2018 29/10/2018

00 23/05/2018 PRIMA EMISSIONE M.C. M.C.-E.S. L.S.

22/05/2018 23/05/2018 23/05/2018

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STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE

Il Tecnico

Ing. Leonardo Sblendido

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INDICE

PREMESSA ... 4

1. FINALITÀ E STRUTTURA DEL QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE ... 5

2. AMBITO TERRITORIALE DI INFLUENZA POTENZIALE ... 5

3.1. Area vasta ... 5

3.2. Area di Studio ... 7

3. SISTEMI AMBIENTALI INTERESSATI DAL PROGETTO ... 7

4.1. Atmosfera ... 7

4.1.1. Quadro Normativo ... 7

4.1.2. Stato di fatto della componente ... 12

4.1.3. Caratterizzazione meteo-climatica ... 31

4.1.4. Stato di fatto della componente in relazione ad aspetti meteo - climatici ... 35

4.1.5. Stima degli impatti in fase di cantiere ... 37

4.1.6. Stima degli impatti in fase di esercizio ... 37

4.1.7. Interventi di mitigazione ... 38

4.2. Ambiente idrico ... 38

4.2.1. Inquadramento idrogeologico ... 38

4.2.2. Idrografia superficiale ... 40

4.2.3. Piano di Tutela delle Acque (P.T.A.) ... 41

4.2.4. Piano stralcio di bacino per l’Assetto Idrogeologico (P.A.I.) ... 45

4.2.5. Stato di qualità delle acque interne superficiali e sotterranee ... 45

4.2.6. Stima degli impatti in fase di cantiere ... 48

4.2.7. Stima degli impatti in fase di esercizio ... 48

4.2.8. Interventi di mitigazione ... 48

4.3. Suolo e sottosuolo ... 48

4.3.1. Inquadramento geologico strutturale e geomorfologico ... 48

4.3.2. Caratteristiche litologiche ... 55

4.3.3. Inquadramento sismico ... 57

4.3.4. Stima degli impatti in fase di cantiere ... 62

4.3.5. Stima degli impatti in fase di esercizio ... 63

4.3.6. Misure di mitigazione ... 63

4.4. Vegetazione e flora ... 64

4.4.1. Stato di fatto della componente ... 64

4.4.2. Impatti nella fase di cantiere ... 70

4.4.3. Impatti in fase di esercizio ... 72

4.4.4. Misure di mitigazione e compensazione ... 72

4.5. Fauna ... 73

4.5.1. Stato di fatto della componente ... 73

4.5.2. Stima degli impatti in fase di cantiere ... 74

4.5.3. Stima degli impatti in fase di esercizio ... 74

4.5.4. Misure di mitigazione ... 74

4.6. Avifauna ... 75

4.6.1. Stato di fatto della componente ... 75

(3)

4.6.2. Stima degli impatti in fase di cantiere ... 75

4.6.3. Stima degli impatti in fase di esercizio ... 75

4.6.4. Misure di mitigazione avifauna ... 75

4.7. Ecosistemi ... 75

4.7.1. Stato di fatto della componente ... 76

4.7.2. Stima degli impatti in fase di cantiere ... 86

4.7.3. Stima degli impatti in fase di esercizio ... 86

4.7.4. Misure di mitigazione ... 86

4.8. Salute pubblica ... 87

4.8.1. Stima degli impatti in fase di cantiere ... 87

4.8.2. Stima degli impatti in fase di esercizio ... 87

4.8.3. Misure di mitigazione ... 88

4.9. Rumore e vibrazioni ... 88

4.9.1. Stima degli impatti in fase di cantiere ... 88

4.9.2. Stima degli impatti in fase di esercizio ... 88

4.9.3. Misure di mitigazione ... 89

4.10. Radiazioni ionizzanti e non ionizzanti ... 89

4.10.1.Stima degli impatti in fase di cantiere ... 89

4.10.2.Stima degli impatti in fase di esercizio ... 89

4.10.3.Misure di mitigazione ... 89

4.11. Paesaggio ... 89

4.11.1.Aspetti naturali ... 90

4.11.2.Impatti in fase di cantiere ... 90

4.11.3.Impatti in fase di esercizio ... 91

4.11.4.Misure di mitigazione ... 91

4.12. Impatti cumulativi e effetti transfrontalieri ... 91

4. IMPATTO SUL SISTEMA AMBIENTALE COMPLESSIVO ... 92

4.13. Descrizione sintetica delle componenti ambientali ... 92

4.14. Metodologia di stima ... 94

5. IDENTIFICAZIONE DELLE AZIONI PROGETTUALI ... 96

6. ATTRIBUZIONE DEL VALORE DI SENSIBILITA’ A CIASCUNA COMPONENTE AMBIENTALE ... 96

7. APPLICAZIONE DELLA MATRICE E CALCOLO DELL’IMPATTO ... 97

8. INDIVIDUAZIONE DELLE MISURE DI MITIGAZIONE O DI COMPENSAZIONE DEGLI IMPATTI - APPLICAZIONE DELLA MATRICE E CALCOLO DELL’IMPATTO. ... 101

4.15. Progetto definitivo: matrice di impatto ... 102

4.16. Sintesi delle misure di mitigazione ambientale ... 110

4.17. Progetto definitivo: matrice di impatto con mitigazioni ... 112

9. CONCLUSIONI ... 120

10. BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA ... 121

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PREMESSA

Il progetto in esame è relativo all'impianto fotovoltaico a terra da 6,2472 MWp proposto da Enel Green Power Solar Energy s.r.l. nel comune di Gioia Tauro (RC) in località Contrada Cicerna e relative opere di connessione.

Considerato che:

• in relazione all’allegato II alla parte seconda dal decreto legislativo n. 152/2006 per come ribadito dal D.Lgs 104/2017, il progetto in trattazione non risulta di competenza nazionale ai fini della Valutazione di Impatto Ambientale;

• in relazione all’allegato II bis alla parte seconda dal decreto legislativo n. 152/2006 per come ribadito dal D.Lgs 104/2017, il progetto in trattazione non risulta di competenza nazionale ai fini della verifica di Assoggettabilità;

• in relazione all’allegato III alla parte seconda dal decreto legislativo n. 152/2006 per come ribadito dal D.Lgs 104/2017, il progetto in trattazione non risulterebbe di competenza regionale ai fini della Valutazione di Impatto Ambientale;

• in relazione all’allegato IV alla parte seconda dal decreto legislativo n. 152/2006 per come ribadito dal D.Lgs 104/2017, il progetto in trattazione risulta di competenza regionale ai fini della verifica di assoggettabilità;

• il Regolamento Regionale del 4 agosto 2008, n. 3 in Regione Calabria disciplina le

“procedure di valutazione di impatto ambientale, di valutazione ambientale strategica e delle procedure di rilascio delle autorizzazioni integrate ambientali”;

• con Regolamento Regionale n. 1 dell’anno 2016, approvato dalla Giunta Regionale della Calabria nella seduta del 30 dicembre 2015, è stato modificato, del Regolamento Regionale 4 agosto 2008, n. 3, l’allegato B, riguardante progetti sottoposti a verifica di assoggettabilità ed inclusivo del progetto di trattazione.

Per scelta del proponente il progetto viene assoggettato alla procedura di V.I.A..

Di seguito si descrive l’inquadramento dell’intervento nel territorio, inteso come sito (perimetro dell'impianto di generazione e nei luoghi interessati dalle opere di connessione) e come area vasta interessata (territorio provinciale con particolare riferimento all’area della Piana di Gioia Tauro) e le relazioni di coerenza e compatibilità con le componenti ambientali soggette ai potenziali impatti derivanti dalle fasi di realizzazione ed esercizio dell’opera. Verranno discusse nella trattazione sia le motivazioni tecniche delle scelte progettuali, sia le misure che il proponente ritiene opportuno adottare ai fini del migliore inserimento dell’opera nell’ambiente.

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1. FINALITÀ E STRUTTURA DEL QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE Per quanto concerne il quadro di riferimento ambientale, lo studio di impatto è sviluppato secondo criteri descrittivi, analitici e previsionali nel rispetto dei contenuti di cui all’allegato VII del D.Lgs. 104/2017.

2. AMBITO TERRITORIALE DI INFLUENZA POTENZIALE

Gli ambiti di influenza potenziale, in relazione alle finalità della presente relazione, sono stati definiti come segue:

• Sito, inteso come le aree direttamente interessate dalle opere in progetto;

• Area di Studio, identificata all’interno dei paragrafi dedicati alla singola componente ambientale, date sia le diverse estensioni territoriali in cui i potenziali effetti delle opere in progetto possono manifestarsi sulle varie componenti, sia le diverse aree di competenza dei sistemi di monitoraggio considerati per la caratterizzazione dello stato attuale delle varie componenti ambientali;

• Area Vasta, limitrofa all’area di studio e identificata con il comprensorio della Piana di Gioia Tauro e, in maniera più ampia, con la provincia di Reggio Calabria.

3.1. Area vasta

La superficie territoriale della Provincia di Reggio Calabria è di circa 3184 km2 di cui 1686 km2 (corrispondenti a circa il 53% del totale) sono rappresentati da terreni collinari, 1276 km2 (circa il 40%) sono montani e i restanti 222 km2 (il 7% circa) sono rappresentati da terreni di pianura. Dal punto di vista amministrativo, la Provincia di Reggio Calabria è suddivisa in 97 Comuni di cui 54 sono collinari (56%), 35 sono di montagna (36%) e 8 di pianura (8%).

I corsi d’acqua sono perlopiù a regime torrentizio, ad eccezione del Mesima, unico vero fiume in parte ricadente nella provincia e il cui bacino risulta essere un enorme ventaglio che dal Monte Cucco sopra Vallelonga si estende fino alla Lenza di Gerace sopra Cittanova, per circa 40 km della linea di spartiacque e quasi 800 km2 di superficie. I suoi principali affluenti sono numerosi e, tra gli altri, riconosciamo Mammella, Marepotamo, Porciume, Meramo e Vacale. Dopo il Mesima segue il fiume Petrace, con un bacino imbrifero molto minore rispetto al primo ma ugualmente esteso: il tutto va a formare il paesaggio del litorale ionico con 33 grandi fiumare in 180 km di spiaggia.

La provincia di Reggio Calabria, tra quelle calabresi, è quella a cui la montagna dà

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perlopiù il suo stile di configurazione topografica, caratterizzata infatti da frantumazione delle superfici, asperità delle forme e profili vivaci. Questa configurazione è dovuta al complesso montuoso dell’Aspromonte-Serre e questo comporta che tra la formazione montuosa e il mare si interponga la pianura, non minore in media di 10 km.

L’altro distretto montuoso, collegato a quello dell’Aspromonte come anzidetto, è quello del massiccio delle Serre dal quale da un punto di vista amministrativo, interessa solo una limitata porzione.

La topografia della provincia di Reggio Calabria è ovunque accidentata e, a rompere il contrasto mare-monti, sono solo le brevi pianure affacciate sul mare o le fasce piane di litorale:

fra queste, la Piana di Gioia Tauro è per estensione la prima superficie di pianura costiera della Calabria con 515 km2 costituiti dai depositi dei fiumi Mesima e Petrace. (Fonte: Piano Energetico Provinciale di Reggio Calabria).

In particolare, per quanto concerne la caratterizzazione dell’area vasta relativamente alla piana di Gioia Tauro, si può affermare che essa si presenta come una grande pianura alluvionale, formata da ampie spiagge sabbiose e dalle piane dei fiumi Petrace e Mesima, caratterizzata dunque da pendenze molto contenute. L’uso del suolo è quasi esclusivamente agricolo ad esclusione di alcuni grandi centri abitati tra cui quello di Gioia Tauro. La Piana è costellata da un sistema collinare formato da sud a nord rispettivamente, dalle colline di Oppido Mamertina, Taurianova, Polistena e Rosarno e caratterizzate da un paesaggio con colline costituite principalmente da litologie terrigene.

Dal punto di vista geografico, la Piana di Gioia Tauro è delimitata a Sud dal massiccio aspromontano e a nord dalle Serre e interessa in totale 23 territori comunali di cui quello più popoloso è quello del comune di Gioia Tauro, che è anche il polo organizzatore dell’intero territorio.

La pianura è poi distinguibile, orograficamente e idrograficamente, in due parti: quella che riguarda il bacino della fiumara Petrace, formata da dolci colline interne le cui pendici digradano verso la pianura sottostante che è fortemente antropizzata, e l’area del bacino del fiume Mesima, caratterizzata da una conformazione morfologica pressochè pianeggiante e da una presenza umana pressante che ne condizioni sia la copertura vegetale che la regimentazione delle acque superficiali (Fonte: QTRP).

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3.2. Area di Studio

L’area di studio ricade all’interno del territorio comunale di Gioia Tauro (20.000 abitanti circa), rientrante nel comprensorio del Consorzio ASI, insieme ai comuni di Rosarno e San Ferdinando.

Nello specifico, l’area oggetto di trattazione si colloca a ridosso della zona prettamente portuale, confinante con l’agglomerato industriale del porto e caratterizzata da coltivazioni prettamente arboree, perenni, a produzione domestica e/o commerciale. Pur ricadendo in prossimità dell’area urbana di Gioia Tauro e a ridosso del Porto, l’area può essere considerata prettamente agricola e tipica del più vasto comprensorio della “Piana di Gioia”, totalmente pianeggiante e non interessata da corsi d’acqua, se non per la presenza di canali irrigui artificiali e limitati alle aree a coltivo utilizzate e oggetto di produzione. Peculiare è la presenza di suolo sabbioso, di derivazione alluvionale.

3. SISTEMI AMBIENTALI INTERESSATI DAL PROGETTO

4.1. Atmosfera

4.1.1. Quadro Normativo

A livello Europeo, la Direttiva 2008/50/CEE del 21 Maggio 2008 relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa ha istituito delle misure volte a:

- definire e stabilire degli obiettivi di qualità dell’aria ambiente al fine di evitare, prevenire o ridurre gli effetti nocivi per la salute umana e per l’ambiente nel suo complesso;

- valutare la qualità dell’aria ambiente negli Stati membri sulla base di metodi e criteri comuni;

- ottenere informazioni sulla qualità dell’aria ambiente al fine di contribuire alla lotta contro l’inquinamento dell’aria e gli effetti nocivi e al fine di monitorare le tendenze a lungo termine nonché i miglioramenti ottenuti con l’applicazione delle misure nazionali e comunitarie;

- garantire che le informazioni sulla qualità dell’aria ambiente siano messe a disposizione del pubblico;

- mantenere la qualità dell’aria ambiente, laddove sia buona, e migliorarla negli altri casi nonché promuovere una maggiore cooperazione tra gli Stati membri nella lotta contro l’inquinamento atmosferico.

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La Direttiva 2008/50/CE è recepita a livello nazionale con il D.Lgs. 155/2010, aggiornato poi dal D.Lgs. 250/2012, che definisce le modalità di realizzazione della valutazione e gestione della qualità dell’aria, sia in termini di protezione della popolazione che di salvaguardia dell’ambiente nel suo complesso. Le finalità del Decreto sono espresse nell’art. 1, comma 1 e sono così elencate:

- definire obiettivi di qualità dell’aria ambiente volta ad evitare, prevenire o ridurre effetti nocivi per la salute umana e per l’ambiente nel suo complesso;

- valutare la qualità dell’aria sulla base di metodi e criteri comuni su tutto il territorio nazionale;

- ottenere informazioni sulla qualità dell’aria ambiente come base per individuare le misure da adottare per contrastare l’inquinamento e gli effetti nocivi dell’inquinamento sulla salute umana e sull’ambiente e monitorare le tendenze a lungo termine;

- mantenere la qualità dell’aria, laddove buona, e migliorarla negli altri casi;

- fornire al pubblico corrette informazioni sulla qualità dell’aria ambiente;

- realizzare una migliore cooperazione tra gli stati dell’Unione in materia di inquinamento atmosferico.

Per gli obiettivi precedentemente riportati, il Decreto stabilisce, all’art.1 comma 2:

- i valori limite per le concentrazioni nell’aria ambiente di biossido di zolfo, biossido di azoto, benzene, monossido di carbonio e PM10;

- i livelli critici per le concentrazioni di biossido di zolfo e ossidi di azoto;

- le soglie di allarme per le concentrazioni di biossido di zolfo e biossido di azoto;

- il valore limite, il valore obiettivo, l’obbligo di concentrazione dell’esposizione e l’obiettivo nazionale di riduzione dell’esposizione per le concentrazioni di PM2,5;

- i valori obiettivo per le concentrazioni nell’aria ambiente di arsenico, cadmio, nichel e benzo(a)pirene;

- numero minimo di stazioni di misurazione per la valutazione della qualità dell’aria.

In aggiunta al quadro normativo appena descritto, si associa la Campagna di Misura della Qualità dell’Aria, effettuata a seguito di richiesta da parte del Dipartimento Ambiente e Territorio della Regione Calabria (protocollo n.262175 del 10/08/2017) avente per oggetto “Comune di Gioia Tauro – Richiesta di intervento per la verifica della salubrità dei luoghi” a causa degli incendi di notevoli quantità di rifiuti che si sono verificati presso un quartiere del Comune di Gioia Tauro. Il monitoraggio è stato realizzato al fine di ricercare gli inquinanti normati dal D.Lgs.

155/2010 e smi al fine di valutare la qualità dell’aria ambiente. Tale attività è stata condotta dal servizio tematico Aria del Dipartimento Provinciale di Reggio Calabria dell’Arpacal, con lo scopo

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di evidenziare eventuali modifiche sostanziali della composizione dell’aria in riferimento a precedenti monitoraggi effettuati nella stessa zona: in particolare, la campagna di monitoraggio svolta nel 2017 ha coperto ininterrottamente il periodo compreso tra il 29 Agosto 2017 e l’11 Novembre 2017.

Di seguito viene riportata una tabella riepilogativa della rispettiva Normativa vigente con i relativi limiti, desunti dall’allegato XI “Valori limite e livelli critici” del D.Lgs. 155/2010:

- biossido di azoto NO2: le emissioni naturali di biossido di azoto comprendono i fulmini, gli incendi e le emissioni vulcaniche pertanto sono gas presenti anche in aree disabitate.

Le emissioni derivanti da azioni antropiche sono dovute essenzialmente ai processi di combustione in quanto elevate temperature e pressioni favoriscono la reazione tra l’ossigeno e l’azoto mentre nelle aree urbane caratterizzate da elevato traffico, la fonte principale è costituita dai motori diesel. Si tratta di un gas fortemente reattivo, ritenuto tra gli inquinanti atmosferici più pericolosi in quanto irritante per propria natura.

Tabella 1 – Valori limite Biossido di Azoto NO2 (Fonte: Allegato XI del D. Lgs. 155/2010)

- monossido di carbonio CO:

Tabella 2 - Valori limite Monossido di Carbonio CO (Fonte: Allegato XI del D. Lgs. 155/2010)

- ozono O3: si tratta di un gas altamente tossico dotato di caratteristico odore pungente.

Pur essendo naturalmente presente in una fascia della stratosfera (ozonosfera appunto) al fine di proteggere la terra dalla maggior parte delle radiazioni UV dannose per la vita sul pianeta, a livello del suolo si tratta di un inquinante gassoso secondario che si forma nell’atmosfera delle aree antropizzate attraverso reazioni fotochimiche in presenza di radiazione solare.

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Tabella 3 - Valori limite Ozono O3 (Fonte: Allegato XI del D. Lgs. 155/2010)

- biossido di zolfo SO2: le principali emissioni di SO2 sono di origine antropica e derivano da impianti fissi di combustione che utilizzano combustibili di tipo fossile, da processi metallurgici, produzione di acido solforico, lavorazione di molte materie plastiche, industrie della carta, fonderie e incenerimento di rifiuti in condizioni incontrollate.

Tabella 4 - Valori limite Biossido di Zolfo SO2 (Fonte: Allegato XI del D. Lgs. 155/2010)

- particolato atmosferico PM10: le polveri atmosferiche comprendono un insieme eterogeneo di particelle solide volatili (organiche e inorganiche) e di goccioline liquide sospese nell’aria con dimensioni comprese tra 0.005 e 100 micron e che possono presentare composizioni chimiche variabili e correlate alla fonte di provenienza. La loro presenza nell’ambiente è legata a fonti naturali o può derivare da diverse attività antropiche quali emissioni da centrali termiche, da inceneritori, da processi industriali di vario genere e dal traffico.

Tabella 5 - Valori limite Particolato Atmosferico PM10 (Fonte: Allegato XI del D. Lgs. 155/2010)

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- IPA nel particolato atmosferico PM10: acronimo di Idrocarburi Policiclici Aromatici, si tratta di contaminanti organici presenti diffusamente nell’ambiente, che si formano per combustione incompleta di materiali organici quali legno e i combustibili fossili, come il carbone e il petrolio. Il componente più studiato è il benzo(a)pirene (BaP), diffuso nell’ambiente a concentrazioni significative e dotato della più elevata tossicità.

Tabella 6 - Valore obiettivo IPA benzo(a)pirene (Fonte: Allegato XI del D. Lgs. 155/2010)

- Metalli pesanti nel particolato atmosferico: si tratta di elementi chimici molto duttili e malleabili, buoni conduttori di elettricità e calore. Hanno la tendenza ad accumularsi nel suolo e quindi nella catena alimentare, pertanto possono avere effetti nocivi sugli esseri viventi anche in concentrazioni non elevate.

Tabella 7 - Valori obiettivo Metalli Pesanti (Fonte: Allegato XI del D. Lgs. 155/2010)

- Benzene C6H6: si tratta di un idrocarburo che si presenta come un liquido volatile, in grado di evaporare rapidamente a temperatura ambiente, incolore e facilmente infiammabile. In atmosfera, la sorgente più rilevante di benzene (oltre l’80%) è rappresentata dal traffico veicolare, principalmente dai gas di scarico dei veicoli alimentati a benzina. In parte proviene anche dalle emissioni che si verificano nei cicli di raffinazione, di stoccaggio e distribuzione delle benzine.

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Tabella 8 - Valore limite annuale (Fonte: Allegato XI del D. Lgs. 155/2010)

4.1.2. Stato di fatto della componente

Lo stato attuale della componente atmosfera viene descritto sulla base degli indicatori riferiti a:

- Qualità dell’aria;

- Clima;

Analizzando i dati messi a disposizione sul monitoraggio della qualità dell’aria, sulle emissioni e sul clima da:

- Agenzia per l’Ambiente e per i servizi tecnici (APAT), oggi integrate nell’I.S.P.R.A.

(Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione Ambientale) in qualità di National Reference Centre dell’Agenzia Europea per l’Ambiente (AEA), che realizza il censimento nazionale delle emissioni in atmosfera. La banca dati a disposizione viene correntemente utilizzata per verificare il rispetto degli impegni che l’Italia ha assunto a livello internazionale sulla protezione dell’ambiente atmosferico (Convenzione Quadro sui cambiamenti climatici, Convenzione di Ginevra sull’inquinamento atmosferico transfrontaliero, Direttive europee sulla limitazione delle emissioni). Gli inquinanti e le sostanze considerate nel censimento sono quelli che contribuiscono ai processi di acidificazione ed eutrofizzazione (come SOx, NOx, Composti Organici Volatili Non Metanici COVNM, NH3) e ai cambiamenti climatici (come CO2, CH4, N2O e I gas fluorurati). Sono inoltre stimate le emissioni di benzene, PM10, nonchè dei principali metalli pesanti e delle sostanze organiche persistenti come le diossine e gli IPA;

- Dall’Agenzia Regionale Protezione Ambientale della Regione Calabria (ArpaCAL).

Al fine di valutare e gestire la qualità dell’aria in maniera omogenea, il D. Lgs. 155/2010 assicura un approccio uniforme su tutto il territorio nazionale, delineando direttive comuni per la classificazione del territorio, infatti l’art. 1, comma 4, alle lettere che seguono riporta che:

- c) la zonizzazione dell’intero territorio nazionale è il presupposto sul quale si organizza l’attività di valutazione della qualità dell’aria ambiente. A seguito della zonizzazione del territorio, ciascuna zona o agglomerato viene classificata allo scopo di individuare le modalità di valutazione mediante misurazioni e mediante altre tecniche in conformità alle disposizioni del presente decreto;

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- d) la zonizzazione del territorio richiede la previa individuazione degli agglomerati e la successiva individuazione delle altre zone. Gli agglomerati sono individuati sulla base dell’assetto urbanistico, della popolazione residente e della densità abitativa. Le altre zone sono individuate principalmente sulla base di aspetti quali il carico emissivo, le caratteristiche orografiche, le caratteristiche meteo-climatiche e il grado di urbanizzazione del territorio, al fine di individuare le aree in cui uno o più di tali aspetti sono predominanti nel determinare i livelli degli inquinanti e di accorpare tali aree in zone contraddistinte dall’omogeneità degli aspetti predominanti;

- e) la valutazione della qualità dell’aria ambiente è fondata su una rete di misura e un programma di valutazione. Le misurazioni in siti fissi, le misurazioni indicative e le altre tecniche di valutazione permettono che la qualità dell’aria ambiente sia valutata in conformità alle disposizioni del presente decreto.

Secondo quanto si evince dal Piano di Tutela della Qualità dell’Aria della Regione Calabria [Aggiornamento Pianificatorio redatto ai sensi del D.Lgs. 155/2010 e smi e Decreti Attuativi], pubblicato sul Burc n.6 del 23 Gennaio 2015, il criterio guida per la zonizzazione del territorio è stato quello di identificare le aree omogenee del territorio regionale che presentano un livello di criticità simile rispetto ai fattori determinanti che influiscono sulla qualità dell’aria.

In particolare, sono stati analizzati i seguenti elementi territoriali:

- caratteristiche dell’uso del suolo;

- suddivisione del territorio per fasce altimetriche;

- infrastrutture (strade, porti e aeroporti) e poli industriali;

- informazioni statistiche sui comuni della regione (densità di popolazione per comune);

- risultati ottenuti dalla disaggregazione provinciale dell’inventario delle emissioni che va dal 1990 al 2005;

- dislocazione delle sorgenti emissione sul territorio.

Per costruire un indice complessivo volto a rilevare il livello di pressione esercitato sulla qualità dell’aria si è tenuto conto di 7 determinanti:

- distribuzione della popolazione (densità di popolazione);

- presenza di porti;

- presenza di aeroporti;

- presenza di strade (autostrade, strade extraurbane);

- caratteristiche del parco veicolare;

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- presenza di insediamenti industriali;

- orografia.

Al fine di garantire la comparabilità dei vari indicatori e per agevolare il calcolo del contributo complessivo, tali indici sono stati normalizzati: la loro somma fornisce l’indice di contributo complessivo dovuto ai fattori determinanti presenti sul territorio comunale e che possono influenzare la qualità dell’aria, anch’esso successivamente sottoposto a procedura di normalizzazione. La matrice complessiva ottenuta da questo procedimento è stata ulteriormente pesata ed elaborata e, infine, ad ogni riga, riferita ad un preciso comune, si è fatta corrispondere l’appartenenza ad una delle zone omogenee individuate e che sono così definite:

- zona A (IT1801): zona urbana in cui la massima pressione è rappresentata dal traffico;

- zona B (IT1802): in cui la massima pressione è rappresentata dall’industria;

- zona C (IT1803): zona montana senza specifici fattori di pressione;

- zona D (IT1804): zona collinare e costiera senza specifici fattori di pressione.

La nuova zonizzazione della Calabria, composta da quattro zone prive di continuità territoriale, è riportata nella figura che segue:

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Figura 1 – Localizzazione dell’area di intervento (in blu) sulla Tavola “Nuova zonizzazione della Regione Calabria” (Fonte: Piano di Tutela della Qualità dell’Aria Regione Calabria)

Come è possibile evincere dall’immagine precedente, nonostante la scala di visualizzazione non consenta la possibilità di effettuare un’analisi di dettaglio, l’area di intervento e in generale il Comune di Gioia Tauro, ricade nella zona B (IT1802) per la cui costituzione ha avuto un ruolo predominante il contributo relativo all’indice della presenza delle industrie.

La zonizzazione e la relativa classificazione del territorio regionale ai fini della valutazione e gestione della qualità dell’aria per le zone A e B è stata realizzata considerando i seguenti

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inquinanti atmosferici: biossido di zolfo, biossido di azoto, materiale particolato, piombo, benzene, monossido di carbonio, ozono, arsenico, cadmio, nichel e benzo(a)pirene.

In particolare:

- nella zona A (IT1801), la valutazione è stata effettuata, per tutti gli inquinanti, sulla base dei dati registrati dal 2009 al 2011 (fatta eccezione per As, Cd, Ni e B(a)p per i quali sono stati utilizzati i dati relativi al 2010 e al 2011;

- nella zona B (IT1802) la valutazione è riferita agli anni che vanno dal 2006 al 2011 per gli inquinanti NO2, materiale particolato, benzene, CO e O3. Per l’SO2 la valutazione è basata sul periodo 2010-2011 mentre per quanto concerne gli inquinanti Pb, As, Cd, Ni e B(a)p, in mancanza di serie storiche di dati, si è deciso in via cautelativa di considerare i livelli al di sopra delle rispettive soglie di valutazione superiore (SVS);

- nelle zone C e D la valutazione è stata realizzata attraverso campagne di misura con mezzi mobili realizzate nel corso del 2011 con una copertura delle quattro stagioni e per un periodo di campionamento non inferiore alle 8 settimane complessive, considerando il campionamento dei seguenti inquinanti: PM, NO, NO2, NOx, CO, SO2, benzene. È stata presa in considerazione anche la vicinanza alle sorgenti puntuali significative ricadenti nelle zone A e B inquinanti al fine di confermare l’eventuale assenza di diffusione degli stessi.

La classificazione delle zone è stata effettuata verificando se per il gruppo di stazioni considerate e riportate nella tabella sottostante vi siano stati dei superamenti delle soglie di valutazione superiore inferiore valori previsti dalla direttiva 2008/50 CE e dal D.Lgs. 183/04.

La suddetta classificazione è stata effettuata relativamente ai seguenti inquinanti: biossido di zolfo (SO2), biossido di azoto (NO2), particelle sospese con un diametro inferiore ai 10 micronmetri (PM10), monossido di carbonio (CO), benzene (C6H6) ed ozono (O3).

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Figura 2- Stazioni di monitoraggio della Rete Regionale della Qualità dell’Aria (Fonte ARPACAL)

Per l’anno 2015 sono stati elaborati, ai sensi del D.Lgs. 155/2010 e s.m.i., e presentati i dati derivanti dall’osservazione puntuale con stazioni fisse di rilevamento della Qualità dell’Aria della Rete Regionale e di altri EE.LL. presenti sul territorio calabrese costituita come riportato di seguito.

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Figura 3- Stazioni fisse di monitoraggio nei Comuni della Regione Calabria con popolazione superiore ai 15.000 abitanti.

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Ossido di azoto

Il biossido di azoto in aria è correlato ai processi di combustione ed all’attività fotochimica generata in atmosfera, a seguito di reazioni chimiche tra sostanze di origine antropica (ad esempio trasporti, impianti industriali e riscaldamento) e sostanze naturalmente presenti. La Comunità Europea richiede il controllo e la diminuzione della concentrazione di questo inquinante a causa delle sue molteplici interazioni con l’ecosistema urbano e agricolo-forestale.

Il biossido di azoto è un gas che produce effetti irritanti e può contribuire all’insorgere di varie alterazioni delle funzioni polmonari: bronchiti croniche, asma ed enfisema polmonare. Seppur a basse concentrazioni, esposizioni prolungate provocano una drastica diminuzione delle difese polmonari con conseguente aumento di rischio di affezioni alle vie respiratorie. Il livello degli ossidi di azoto ha ripercussioni sulla vegetazione per il suo importante ruolo nell’ambito dei processi di acidificazione delle aree naturali e agricole. Il processo di acidificazione del suolo causa perdita di ioni calcio, magnesio, sodio e potassio e porta alla liberazione di ioni metallici, tossici per le piante. La diminuzione del pH mette a rischio molti processi microbici del terreno, fra cui l’azotofissazione. Gli ossidi di azoto contribuiscono al fenomeno delle piogge acide con effetti negativi sulla conservazione dei monumenti e della vegetazione.

L'aumento della concentrazione dell’NO2 nelle aree urbane è dovuto anche ai processi di combustione (produzione di calore ed energia) legati al traffico autoveicolare (soprattutto veicoli diesel) motivo per cui è considerato un tracciante dell’inquinamento da traffico.

Biossido di zolfo

Gli ossidi di zolfo presenti in atmosfera si riferiscono all’anidride solforica (SO2) ed all’anidride solforosa (SO3), indicati con il simbolo SOx. L’anidride solforica è stato in passato l’inquinante principale prodotto nelle zone industriali, soprattutto a causa della combustione di carboni ad alto tenore di zolfo.

Gli ossidi di zolfo presenti in atmosfera provengono per due terzi da sorgenti naturali e per la restante parte hanno un’origine antropica.

A livello antropico, SO2 e SO3 sono prodotti nelle reazioni di ossidazione per la combustione di materiali in cui sia presente zolfo quale contaminante, ad esempio gasolio, nafta, carbone, legna ed altro, utilizzati, in misura molto maggiore sino a qualche anno fa, per la produzione di calore, vapore ed energia elettrica.

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Polveri PM 10 e PM 2,5

Il PM (Particulate Matter) è una miscela di particelle solide e liquide che si trovano in sospensione nell’aria ed è generato sia da fenomeni naturali (processi di erosione del suolo, incendi boschivi, dispersione di pollini, ecc.) sia da attività antropiche, in particolar modo dai processi di combustione e dal traffico veicolare (particolato primario). Esiste, poi, un particolato di origine secondaria che si genera in atmosfera per reazione di ossidi di azoto, biossido di zolfo, ammoniaca e Composti Organici Volatili, composto di solfati, nitrati e sali di ammonio. Tra le varie frazioni che lo compongono, quelle di dimensioni inferiori costituiscono il pericolo maggiore per la salute umana, in quanto possono penetrare in profondità nell’apparato respiratorio; perciò la normativa prescrive il monitoraggio ambientale di PM10 e PM2.5, le frazioni aventi, rispettivamente, diametro aerodinamico inferiore a 10 µm e a 2.5 µm. Gli studi epidemiologici hanno mostrato una correlazione tra le concentrazioni di polveri in aria e la manifestazione di malattie croniche alle vie respiratorie, in particolare asma, bronchiti, enfisemi. Il particolato agisce, poi, da veicolo per sostanze ad elevata tossicità, quali ad esempio gli idrocarburi policiclici aromatici ed alcuni elementi in tracce (As, Cd, Ni, Pb) su di esso adesi.

Per quanto concerne l’area in questione sita nel comune di Gioia Tauro, nel 2014 è stata effettuata una campagna di monitoraggio con stazioni mobili prossime al sito di intervento, nella zona industriale, e una con stazioni mobili nell’abitato comunale di Gioia Tauro, risalente al 2017.

Figura 4-Stazioni monitoraggio campagna 2014

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Figura 5-Stazione di monitoraggio campagna 2017 nel comune di Gioia Tauro

Si riporta di seguito l’andamento di ogni inquinante nel periodo di misura 2017:

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Si riporta di seguito l’andamento di ogni inquinante nel periodo di misura 2014:

Comune di GIOIA TAURO:

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Dal confronto tra le due campagne di monitoraggio in stazioni distanti, si può rilevare che:

- In entrambi i casi per il biossido di azoto NO2, non si sono registrati superamenti del valore limite orario e della soglia oraria di allarme;

- per il monossido di carbonio (CO), nel periodo di monitoraggio non si è registrato alcun superamento del limite della massima media mobile sulle 8 ore;

- per l’ozono (O3), nei periodi di monitoraggio non si sono registrati superati della soglia di informazione e della soglia di allarme; per quanto riguarda il valore obiettivo per la protezione della salute umana sono stati riscontrati 3 superamenti su Gioia Tauro nel 2014, ma questo parametro, da valutare a partire dal 2013, è previsto un numero massimo di superamenti di 25 giorni per anno come media dei 3 anni precedenti (periodo 2010-2012). La registrazione nel tardo periodo primaverile (periodo nel quale si è svolta la campagna) di superamenti del limite di legge di questo parametro risulta in accordo con il meccanismo di reazione fotochimica che porta alla formazione di questo inquinante secondario che necessita di particolari condizioni di alta pressione, elevate temperature, scarsa ventilazione ed un forte irraggiamento solare per poter avvenire. Il superamento del limite di legge di questo inquinante è tipico delle zone rurali ed extraurbane (ovvero in presenza di vegetazione), visto che l’ozono si forma durante il trasporto delle masse d’aria contenenti i suoi precursori, emessi soprattutto nelle aree urbane;

- per il biossido di zolfo (SO2), in entrambi i periodi non si è registrato alcun superato del valore limite orario, del valore limite giornaliero e della soglia oraria di allarme.

- per il particolato atmosferico (PM10), nei periodi di monitoraggio non sono stati registrati superamenti della media giornaliera,

- Per i metalli pesanti e gli Idrocarburi Policiclici Aromatici (ME e IPA), nei periodi di monitoraggio si sono registrati valori giornalieri al di sotto del valore limite previsto per la media annua;

- per il benzene (C6H6), nel periodo di monitoraggio si sono registrati valori giornalieri al di sotto del valore limite previsto per la media annua.

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4.1.3. Caratterizzazione meteo-climatica

Collocata al centro del Mediterraneo, fra Tirreno e Ionio e caratterizzata da una potente orografia (massicci del Pollino, della Sila e dell’Aspromonte), la Calabria è caratterizzata da un clima mediterraneo (Pinna, 1972), la cui caratteristica saliente è il regime pluviometrico a massimo precipitativo autunno-vernino-primaverile e minimo estivo molto pronunciato. La mediterraneità è ovviamente mitigata nelle aree montuose interne da caratteristici effetti topoclimatici (Cantù, 1977). E’ a tali effetti che si deve la transizione dal regime climatico pienamente mediterraneo (temperato subtropicale o temperato caldo secondo la classificazione di Mario Pinna) dell’areale costiero al regime temperato fresco proprio dell’areale montano più elevato della Sila, il che si traduce nella possibilità di un’agricoltura assai diversificata in termini di specie e varietà e dunque in grado di reggere il confronto con i mercati reagendo in modo tempestivo alle nuove esigenze espresse. Nel regime pienamente mediterraneo l’andamento delle precipitazioni è opposto rispetto a quello delle temperature e della radiazione (i cui massimi sono ovviamente raggiunti nel periodo estivo) e di conseguenza dell’evapotraspirazione. Ciò è alla base dei consistenti deficit pluviometrici cui va soggetta la vegetazione spontanea e coltivata nel periodo estivo. In tale tipo di clima la limitazione fondamentale è dunque quella idrica con il conseguente ricorso all’irrigazione mentre molto abbondanti sono le risorse termiche e radiative.

L’analisi statistica dei dati di temperatura dell’aria mostra anzitutto un regime termico annuo caratterizzato da massime annue raggiunte fra luglio ed agosto e minime annue raggiunte a gennaio, in ritardo dunque rispetto al minimo ed al massimo di radiazione che sono raggiunti ai solstizi (21 dicembre e 21 giugno). A tale riguardo occorre inoltre svolgere le seguenti considerazioni:

1. il mese di febbraio contende a gennaio la palma di mese più freddo in virtù di una media delle minime più bassa rispetto a quella di gennaio. Febbraio è infatti un mese che vede in genere una attività accentuata dell’anticiclone russo, tant’è vero che fra le tre principali gelate storiche del 20° secolo (1929, 1956 e 1985) ben due (1929 e 1956) sono accadute a febbraio e sono state seguite da abbondanti nevicate;

2. luglio ed agosto, oltre ad essere i mesi più caldi, presentano anche il massimo nel numero di ore di sole e nei valori di radiazione solare globale, in virtù della maggiore nuvolosità che caratterizza il mese di giugno. Sempre dal punto di vista termico si è evidenziato che a livello del mare la soglia dei 10°C viene in media superata in discesa a inizio gennaio ed in salita ai primi di marzo, con una stagione vegetativa potenziale per colture quali la vite, di oltre 300 giorni.

La lunga fase di stabilità estiva è caratterizzata dall’estendersi sul Mediterraneo di un

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promontorio dell’Anticiclone delle Azzorre mentre agli anticicloni africani sono invece da ascrivere le ondate di calore da cui è periodicamente interessata l’area.

Le ondate di calore sono distinguibili in:

- ondate di breve durata, legate a fenomeni di compressione della massa d’aria prodotti dalle correnti a getto, e ondate di lunga durata, legate alla presenza di un anticiclone africano che apporta aria subtropicale, particolarmente calda. Lo studio condotto da Conte, Colacino e Piervitali (1997) ha individuato dal 1945 al 1995 un totale di 28 casi di onde di calore di breve durata, di cui 2 a giugno, 14 a luglio e 12 ad agosto. La durata media di tali fenomeni è di 3-5 giorni e si manifestano con la salita della temperatura media a valori di 7-15°C al di sopra della norma;

- le onde di lunga durata (Conte, 1994) hanno durata media di 7 giorni e più e si manifestano con la salita della temperatura media a valori di circa 5-6°C al di sopra della norma. Nello studio più sopra citato sono state individuate un totale di 27 ondate di calore nel periodo 1945-1995, di cui 7 a giugno, 6 a luglio, 8 ad agosto e 6 a settembre. A titolo di esempio si riportano i valori di picco registrati in occasione dell’ondata di calore del luglio 1987. (Fonte_Caratterizzazione Agroclimatica Della Calabria Valutazioni Preliminari);

Il Monitoraggio Idrogeologico in Calabria comprende sensori, stazioni di misura, sistemi di trasmissione, centrali di acquisizione dati e quanto altro necessario ad acquisire in tempo reale o in tempo differito misure e dati idrologici, idraulici, geotecnici, climatici, ambientali o di altra natura che potrebbero rappresentare, direttamente o indirettamente, precursori di evento.

Si possono distinguere:

− reti di monitoraggio regionali che si estendono su tutto il territorio calabrese, o su larga parte di esso, e sono dedicate alla rilevazione di una o più grandezze. Fanno parte di questo gruppo:

la rete termo-pluviometrica, la rete idrometrica, la rete onda metrica, la rete radarmeteorologica, ecc. − reti di monitoraggio locali dedicate al monitoraggio di singoli fenomeni a scala locale o di comprensorio subregionale.

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Figura 6- Rete di monitoraggio Regione Calabria (Fonte: C.F.Multirischi ARPACAL)

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Figura 7- Stralcio rete di misura qualità dell’aria Regione Calabria_ Fonte:TAV. 07 - Zonizzazione Piano Regionale Tutela Qualità Aria con Rete di Misura (in giallo l’area di studio)

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4.1.4. Stato di fatto della componente in relazione ad aspetti meteo - climatici Il clima dell’area oggetto di intervento è di tipo mediterraneo, caratterizzato da temperature e condizioni atmosferiche miti, con estati calde e asciutte ed inverni poco rigidi. Come conseguenza dell’orografia della Piana, per la quale un’estesa zona pianeggiante affacciata sul mare, risulta delimitata in maniera circolare da una ripida catena montuosa, si registra la persistenza di condizioni di stabilità atmosferica legate anche alla circolazione di masse d’aria al suolo, che determinano l’instaurarsi di situazioni di occlusione e di generale disaccoppiamento tra gli strati inferiori e superiori dell’atmosfera, determinando il cosiddetto fenomeno di inversione termica.

Tali fattori influenzano in modo determinante le capacità dispersive degli strati d’aria e di conseguenza le condizioni di accumulo degli inquinanti nei periodi invernali e l’amplificazione dei fenomeni fotochimici, nel periodo estivo.

Secondo la classificazione di Koppen e Geiger, il clima dell’area rientra nella categoria Csa: clima caldo con estati asciutte e temperatura media del mese più caldo, superiore a 22°C.

La temperatura media annua risulta di 17,9°C e le precipitazioni annue raggiungono un valore medio di 842 mm. Agosto risulta il mese più caldo dell’anno con una temperatura di 25,9°C, mentre gennaio è quello più freddo con 11,3°C.

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Figura 8- Tabella e grafico climatici relativi al territorio di Gioia Tauro (Fonte: CLIMATE – DATA.ORG)

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Figura 9- Andamento delle Temperature (Fonte: CLIMATE – DATA.ORG)

4.1.5. Stima degli impatti in fase di cantiere

Le fasi di cantiere e approvvigionamento dei materiali necessari alla realizzazione dell’impianto e delle relative opere di connessione, non provocheranno l’immissione in atmosfera di particolari polveri inquinanti. È previsto comunque il fenomeno del sollevamento polveri, dovuto al movimento mezzi. Sono da prevedere emissioni da parte dei mezzi da combustione utilizzati in cantiere, comunque ridotte e limitate alle ore di lavorazione giornaliere. L’impatto in tale fase è da considerarsi reversibile a breve termine.

4.1.6. Stima degli impatti in fase di esercizio

Durante la fase di esercizio non sono previste emissioni in atmosfera.

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4.1.7. Interventi di mitigazione

Le misure di mitigazione previste in fase di lavorazione riguardano l’abbattimento di eventuali polveri da sollevamento. Movimentazione del materiale da lavorazione, da altezze minime e con bassa velocità. Limitazioni delle attività dei mezzi a combustione alle ore diurne per lo stretto necessario.

4.2. Ambiente idrico

4.2.1. Inquadramento idrogeologico

I fattori che condizionano la circolazione idrica sotterranea sono molteplici, ma tutti riconducibili alle caratteristiche idrologiche dei terreni; queste ultime sono stimate in fase di rilevamento in maniera qualitativa.

Com’è noto le proprietà idrogeologiche dei terreni valutabili qualitativamente durante le fasi di rilevamento di campagna sono: il tipo di permeabilità, identificabile nella natura genetica dei meati (primaria o per porosità, e secondaria o per fessurazione, ed il grado di permeabilità relativa definibile in prima analisi attraverso le categorie elevato, medio, scarso e impermeabile a cui sono associabili ampi intervalli di variazione del valore della conducibilità idraulica, (Civita, 1973; Bureau of Reclamation, 1985; Celico, 1988).

Da un punto di vista idrogeologico, le falde contenute nelle alluvioni vallive e nei depositi della piana di Gioia Tauro sono continue tra di loro e vanno considerate come un unico sistema; a tale sistema possono assimilarsi anche le falde contenute nei depositi terrazzati. La falda di tipo libero o semiconfinato defluisce dalle colline verso la costa, con direzioni da SW a NE e da NW a SE, analogamente alla direzione principale dei corsi d’acqua che attraversano la piana costiera. Il gradiente idraulico varia da 1,5 a 2% a monte, scendendo a 0,2% più a valle.

L’andamento della superficie piezometrica mette in evidenza un marcato drenaggio della falda in corrispondenza delle valli, con presenza di numerose sorgenti, nella maggior parte di portata modesta, localizzate ai margini dei terrazzi collinari.

Il bilancio idrologico della rete idrografica della piana di Gioia Tauro ha permesso di individuare interscambi tra la falda ed i corsi d’acqua nei vari tratti vallivi, permettendo di valutare l’entità delle ricariche nei periodi piovosi e dei drenaggi nei periodi asciutti.

Le portate misurate nei numerosi pozzi della piana variano da 1 l/s a più di 30 l/s. La salinità delle acque si mantiene intorno ai 500 mg/l, con valori più alti in prossimità del litorale.

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La falda allocata nel complesso conglomeratico è semiconfinata, con direzione principale del deflusso convergente verso la pianura, con valori del gradiente idraulico variabili tra il 2% a monte e l’1% a valle. Le portate emungibili nei pozzi sono dell’ordine di pochi l/s.

Con riferimento all’area strettamente di interesse, è possibile attribuire valori di permeabilità da media a medio-elevata, in corrispondenza delle sequenze sabbioso-conglomeratiche di età- pleistocenica, che di conseguenza potrebbero ospitare accumuli idrici sotterranei, soprattutto quando delimitati da corpi argilloso-siltosi basali.

Per maggiori approfondimenti si rimanda alla “Relazione Geologica” allegata al progetto.

Figura 10 – Inquadramento dell’area di studio e delle opere di connessione nell’Elaborato Cartografico Progettuale “Carta Idrogeologica”

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4.2.2. Idrografia superficiale

Tra le diverse classificazioni dei corsi d’acqua disponibili in funzione della morfologia, piuttosto che rispetto alle caratteristiche del reticolo idrografico o ancora rispetto alla estensione, di seguito è stata riportata la classificazione dei corsi d’acqua d’interesse paesaggistico (Fonte:

QTRP_Tomo1_Quadro conoscitivo).

All’interno dell’allegato al Quadro Conoscitivo del Quadro Territoriale Regionale Paesaggistico, viene riportata una tabella relativa alla classificazione dei corsi d’acqua che compongono il reticolo idrografico regionale, sulla base dell’importanza paesaggistica ad essi attribuibile. Le diverse aste componenti il reticolo sono state riferite alle sette classi descritte nella seguente tabella.

Codice Classe

A Fiumi di importanza regionale

B Altri fiumi

C Fiumare

D Corsi d’acqua d’interesse ambientale

E Torrenti

F Corsi d’acqua di interesse paesaggistico G Corsi d’acqua privi di interesse paesaggistico

Tabella 9- Sistema di classificazione paesaggistica dei corsi d’acqua (fonte: Reticolo idrografico PAI con selezione delle aste fluviali principali)

Figura 11- Sistema di classificazione paesaggistica dei corsi d’acqua (fonte: QTRP_Tomo1_Quadro conoscitivo)

L’area di intervento non risulta direttamente interessata da alcun corso d’acqua.

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4.2.3. Piano di Tutela delle Acque (P.T.A.)

Allo stato attuale l’unica valutazione sullo stato di qualità dei corpi idrici è quella contenuta nel Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria (PTA), redatto secondo il D.Lgs.152/1999, che fa riferimento ad una campagna di misurazione relativa a due anni, 2005 e 2007. La Regione ha avviato nel 2013 le attività necessarie per l'aggiornamento dello stato conoscitivo dei corpi idrici calabresi, conforme alla normativa vigente (D.Lgs 152/2006 e s.m.i), attraverso la realizzazione del Progetto del Piano di Monitoraggio (di seguito si riportano gli stralci estratti dal Piano di Tutela delle acque).

I corpi idrici significativi sotterranei individuati nel Piano di Tutela (PdT) sono 7 mentre quelli superficiali sono in totale:

- 32 corsi d’acqua;

- 12 laghi/invasi;

- 6 corpi idrici sotterranei;

- acque di transizione;

- 15 tratti di acque marino-costiere.

Per i corsi d'acqua, delle 51 sezioni monitorate nessuna risulta in uno stato ambientale elevato (classe 1), 9 risultano in uno stato buono (classe 2), 26 in uno stato sufficiente (classe 3), 15 in uno stato scadente (classe 4) e 1 in uno stato pessimo. Lo stato di qualità dei corpi idrici è stato definito in base al rapporto tra i dati relativi allo stato ecologico e lo stato chimico, ovvero la presenza di sostanze chimiche pericolose. Le concentrazioni medie delle sostanze pericolose sono risultate inferiori ai valori soglia normati, di conseguenza lo stato ambientale coincide con lo stato ecologico. La estratta dal PdT, riporta sinteticamente la classificazione rispetto al Livello di Inquinamento da Macrodescrittori (LIM), all'Indice Biotico Esteso (IBE) e allo Stato Ecologico del Corsi d'Acqua (SECA), per le 52 stazioni monitorate. Le classi sono cinque e dalla 1° alla 5°

coincidono rispettivamente con lo stato elevato, buono, sufficiente scadente e pessimo.

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Figura 12- Stato qualitativo dei corsi d’acqua superficiali_(Fonte: Piano di Tutela delle Acque)

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Figura 13- Piano Di Tutela Delle Acque Della Regione Calabria_tavola Classificazione Acque Superficiali - Corsi D'acqua Superficiali (SECA) E Laghi E Invasi Artificiali (SEL)- Biennio- (in rosso l’area di studio)

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Figura 14- Stralcio Piano Di Tutela Delle Acque Della Regione Calabria_Tavola “Classificazione Acque Superficiali - Acque Marino Costiere (Trix) E Acque Di Transizione (Stato Ecologico)” – (In rosso l’area di

studio)

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4.2.4. Piano stralcio di bacino per l’Assetto Idrogeologico (P.A.I.)

Il Piano Stralcio di Bacino per l’Assetto Idrogeologico (PAI), previsto dal D. Lgs. 180/98, è finalizzato alla valutazione del rischio di frana ed alluvione. La Regione Calabria, per la sua specificità territoriale (730 Km di costa), ha aggiunto quello dell’erosione costiera. Il Piano, come sancito dalla L. n.11/12/2000 n. 365, art. 1bis comma 5, ha valore sovraordinato sulla strumentazione urbanistica locale; ciò significa che, a partire dagli elaborati del PAI di pertinenza di ciascun Comune, occorre procedere alle varianti del Piano Regolatore Generale. Il programma regionale sulla difesa del suolo che ha avviato l’iter del PAI, è stato approvato con delibera della Giunta Regionale n. 2984 del 7 luglio 1999, riportando il coordinamento e la redazione all’interno dell’Autorità di Bacino Regionale. Il Piano di Assetto Idrogeologico (PAI) è stato approvato con Delibera di Consiglio Regionale n. 115 del 28.12.2001 "DL 180/98 e successive modificazioni Piano stralcio per l’assetto idrogeologico".

Dalla sovrapposizione dell’area in progetto con la Cartografia tematica del Piano e come riportato nella Tavola “RAFFRONTO PAI”, essa non risulta interessata da aree a rischio idrogeologico o a pericolosità o di attenzione, ne risulta interferente con la perimetrazione delle aree a pericolo idraulico, relative agli aggiornamenti 2016, in via di concertazione e quindi non vigenti.

4.2.5. Stato di qualità delle acque interne superficiali e sotterranee

Lo “stato ecologico” è espressione della qualità della struttura e del funzionamento degli ecosistemi acquatici associati alle acque superficiali, la cui struttura è costituita da:

- elementi biologici: vengono considerati macroinvertebrati, diatomee, macrofite e fauna ittica. La valutazione dello stato delle comunità biologiche è espresso come grado di scostamento tra i valori osservati e quelli riferibili a situazioni prossime alla naturalità, in assenza di pressioni antropiche significative dette condizioni di riferimento (RC). Lo scostamento è espresso come Rapporto di Qualità Ecologica (RQE) tra i valori osservati e quelli di riferimento;

- elementi idromorfologici, a sostegno degli elementi biologici: comprendono aspetti connessi alla valutazione dell’assetto idromorfologico. A differenza degli altri elementi di qualità, l’idromorfologia entra nel sistema di classificazione solo per la conferma della classe di stato Elevato;

- elementi fisico-chimici: comprendono parametri chimici per la valutazione delle condizioni di ossigenazione, termiche, dei nutrienti, di acidificazione e di salinità;

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- inquinanti specifici a sostegno degli elementi biologici: sono sostanze inquinanti considerate rilevanti; per queste sostanze vengono fissati SQA nazionali dai singoli Stati Membro e comprendono le sostanze inquinanti di cui alla Tab.1/B-DM 260/10 Lo Stato Ecologico dei Corsi d’Acqua, rappresentato dall’indice SECA, è determinato secondo la metodologia descritta in prima istanza nell’allegato 1 del D.Lgs. 152/99, integrando due indici: il Livello di Inquinamento da Macrodescrittori (LIM) e l’Indice Biotico Esteso (IBE).

La citata Direttiva 2000/60/CE prevede che per ciascun “distretto idrografico” sia effettuata un’analisi volta ad individuare i corpi idrici più significativi suddividendoli in tipologie e si identifichino le pressioni e gli impatti che incidono sul rischio di non raggiungimento degli obiettivi di qualità ambientale. Sulla base delle informazioni acquisite ai sensi della normativa pregressa, compresi i dati esistenti sul monitoraggio ambientale e sulle pressioni, le Regioni, sentite le Autorità di bacino competenti, definiscono i corpi idrici nelle modalità seguenti:

- a rischio;

- non a rischio;

- probabilmente a rischio.

Lo stato ambientale dei corpi idrici fluviali della regione Calabria ricadenti nel Distretto dell’Appennino Meridionale è rappresentato nella tabella riportata nella seguente immagine:

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Figura 15- Sintesi classificazione stato ecologico per i corpi idrici fluviali della Regione Calabria (fonte:

Allegato 11_Piano di Gestione delle Acque) – Confronto tra i dati LIM, IBE e SECA, nel I e II anno di indagine e valori biennali.

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4.2.6. Stima degli impatti in fase di cantiere

Per come meglio evidenziato nei paragrafi precedente, si osserva, per l’area di intervento:

- l’inesistenza di corsi d’acqua permanenti (PTA);

- l’assenza di corpi idrici superficiali interferenti o limitrofi.

Inoltre va considerato che i cavidotti di connessione (linea della lunghezza di 0,4 km interrata a 20 kV dedicata in partenza dalla cabina primaria di GIOIA T. IND.LE e linea MT della lunghezza di 0,3 km, interrata, dalla cabina di consegna al nodo cabina CICERNA), verranno realizzati interamente su strada.

Pertanto, l’impatto complessivo sulla componente in questa fase, può essere considerato non significativo.

4.2.7. Stima degli impatti in fase di esercizio

L’impatto sulla componente in tale fase, può essere considerato non significativo.

4.2.8. Interventi di mitigazione Non sono previste particolari misure di mitigazione.

4.3. Suolo e sottosuolo

4.3.1. Inquadramento geologico strutturale e geomorfologico

L’area in esame ricade nel settore meridionale dell’Arco Calabro- Peloritano (Amodio Morelli et alii, 1976), un edificio a falde di ricoprimento costituito da numerose unità tettoniche alpine prevalentemente metamorfiche, sovrascorse sulle unità carbonatiche in seguito alla chiusura del Mare Tetide, con conseguente collisione tra la Placca Europea e quella Africana.

L’evoluzione tettonica dell’Arco Calabro-Peloritano, infatti, è comunemente riferita alla convergenza tra le placche continentali Eurasia e Africa-Adria, verificatasi durante la consuzione delle litosfere oceaniche Liguro-Piemontese e Ionica, attiva dal tardo Cretaceo (Dercourt et alii, 1986), che ha condotto alla formazione della cintura orogenetica Alpino-Appenninica (Dewey et alii, 1989; Bonardi, 1982).

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L’Arco Calabro rappresenta, dunque, l’elemento di catena in un sistema in cui si distinguono diversi sub-domini poiché l’interazione tra le due placche coinvolge blocchi crostali minori e indipendenti tra loro. In particolare, si riconoscono zone di subduzione attiva, di collisione continentale, di margine trascorrente e anche margini di estensione (Serpelloni et alii, 2007).

Il processo di subduzione e di formazione della catena è stato accompagnato dalla progressiva apertura del bacino Ligure-Provenzale a partire dall’Oligocene Inferiore e poi del bacino Tirrenico, a partire dal Langhiano (Carminati et alii,1998) e dalla contemporanea migrazione verso Sud-Est di questa porzione della catena (Malinverno & Ryan 1986; Dewey et alii, 1989).

La storia evolutiva post-oligocenica dell’Arco Calabro Peloritano è caratterizzata da una tettonica sia di tipo trascorrente che estensionale, la quale ha contribuito all’attuale conformazione e disposizione delle unità tettono-stratigrafiche dell’orogene, determinando, inoltre, l’apertura del Bacino di retro-arco Tirrenico (Malinverno & Ryan, 1986, Dewey et alii, 1989; Decandia et alii, 1988).

A partire dal Miocene Medio, l’evoluzione geodinamica dell’orogene calabro è governata da una tettonica prevalentemente trascorrente (Van Dijk et alii, 2000), legata alla progressiva migrazione dell’Arco Calabro verso SE, lungo sistemi di faglia a carattere regionale orientati NO-SE e ONO-ESE, caratterizzati da movimenti a trascorrenza sinistra e destra, rispettivamente, nel settore settentrionale e meridionale (Ghisetti & Vezzani, 1981; Knott &

Turco, 1991; Tansi et alii, 2007). Durante il Neogene-Quaternario, infatti, l’individuazione di zone di taglio crostali, con aree in transtensione e transpressione, determina la dislocazione della catena a falde dell’Arco Calabro Peloritano e condiziona l’apertura e l’evoluzione dei bacini neogenici peritirrenici, determinando l’estrusione tettonica delle unità più profonde della catena.

A partire dal Pleistocene Medio, movimenti estensionali sono indotti da un generale sollevamento della catena (Cello et alii, 1982; Gasparini et alii, 1982; Tortorici et alii, 1995) legati ad una diminuzione della velocità di arretramento della zona di subduzione (D’Agostino et alii, 2004; Goes et alii, 2004; Serpelloni et alii, 2007).

Sono diverse le spiegazioni proposte per giustificare questo rallentamento/arresto. Alcuni autori mettono in relazione il sollevamento quaternario con la rottura e il distacco dello slab ionico in subduzione (Wortel & Spackman 2000). Secondo un’altra interpretazione, la causa è da ricondursi all’interazione tra l’arretramento verso SE dello slab Ionico in subduzione e la convergenza tra Africa e Europa in direzione Nord-Sud, gradualmente verso l’avanfossa e l’avanpaese (Monaco e Tortorici, 2000; Bianca et alii, 2011).

L’area esaminata ricade lungo il settore occidentale della Calabria meridionale, all’interno del Bacino di Gioia Tauro, il quale è parte di un sistema di bacini che bordano la porzione

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occidentale dei massicci delle Serre e dell’Aspromonte. La sua evoluzione è strettamente legata alla fase di tettonica estensionale tortoniana, responsabile principale del back-arc tirrenico.

Durante le fasi di sollevamento quaternario le porzioni prossimali del bacino tirrenico, tra cui parte del bacino di Gioia Tauro emergono, questi combinati con le variazioni assolute del livello del mare, hanno determinato la formazione di una serie di ordini di terrazzi marini e relative paleolinee di costa.

Le successioni sedimentarie marine e continentali del Bacino di Gioia Tauro sono delimitate da una serie di faglie normali, immergenti verso ovest, orientate circa NNE-SSW lunghe anche 20 km (es. faglia di Cittanova; Galli e Bosi, 2002), che separano la Piana dal massiccio delle Serre (composto da rocce metamorfiche e ignee). Il bacino è riempito da 300-400 m di depositi del Pliocene e del Pleistocene Medio, composti principalmente da sabbia, marne e unità conglomeratiche. In discordanza poggiano circa 100 m di depositi conoide del medio-alto Pleistocene (Cotecchia et alii, 1986, Tortorici et alii, 1995). La parte superiore del basamento cristallino sepolto, dal Tirreno all’Aspromonte, risulta dolcemente inclinato ESE, come dimostrato da studi di sismica a riflessione, insieme con i sedimenti marini che poggiano su di esso in profondità. Le unità del Pleistocene affioranti hanno un’inclinazione orizzontale prevalente.

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