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Università del Salento MANUALE DI SINTESI DEI CONTENUTI AI TEST DI AUTOVALUTAZIONE

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(1)

Universit` a del Salento

Facolt` a di Ingegneria

Andrea Ventura

MANUALE DI SINTESI DEI CONTENUTI AI TEST DI AUTOVALUTAZIONE

relativi a Fisica - Elettromagnetismo

Versione del 28 gennaio 2015

ANNO ACCADEMICO 2015-2016

(2)

Contents

1 Elettromagnetismo 3

1.1 Nozioni elementari di elettrostatica . . . 3

1.1.1 Legge di Coulomb . . . 3

1.1.2 Campo elettrostatico . . . 4

1.1.3 Condensatori . . . 6

1.2 Nozioni elementari di magnetostatica . . . 9

1.2.1 Intensit`a di corrente . . . 9

1.2.2 Legge di Ohm . . . 10

1.2.3 Campo magnetostatico . . . 13

1.3 Radiazioni elettromagnetiche . . . 20

1.3.1 Nozioni elementari . . . 20

1.3.2 Propagazione delle onde elettromagnetiche . . . 22

(3)

3

1 Elettromagnetismo

1.1 Nozioni elementari di elettrostatica

L’elettrostatica parte dal presupposto che in un dato sistema le cariche elettriche, comunque distribuite, siano sempre ferme. La trattazione di tutta l’elettrostatica verte sulla Legge di Coulomb, dalla quale risulta possibile in principio ricavare la forza che subisce una distribuzione di carica qualsiasi in presenza di una seconda distribuzione di carica qualsiasi.

1.1.1 Legge di Coulomb

Le cariche elettrostatiche stazionarie soddisfano le seguenti propriet`a:

1. esistono due tipi di cariche elettriche, tali che cariche dello stesso tipo si respingono e di tipo opposto si attraggono;

2. la carica elettrica si conserva;

3. la carica elettrica `e quantizzata;

4. la forza tra due cariche puntiformi `e inversamente proporzionale al quadrato della distanza tra di esse.

La legge che esprime l’intensit`a della forza tra due particelle puntiformi aventi cariche elettriche, rispettivamente, q1 e q2, poste a una distanza r, `e la legge di Coulomb:

F = k · |q1||q2| r2

dove le cariche sono espresse in Coulomb (C), k = 4πǫ1

0 ≈ 8.98 · 109N m2/C2, essendo ǫ0 ≈ 8.85 · 10−12C2/N m2 la costante dielettrica del vuoto.

La carica elettrica pi`u piccola risulta quella dell’elettrone, con valore dato da |e| ≈ 1.60 · 10−19C.

Dal punto di vista vettoriale, detto ˆr il versore nella direzione da q1 a q2, la forza Coulombiana (attrattiva o repulsiva a seconda che le due cariche abbiano segni discordi o concordi) agente su q1 risulta:

F~12 = 1 4πǫ0

|q1||q2| r2 ˆr .

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Figure 1: Linee di forza di un campo elettrostatico generato da due cariche di segno opposto.

In virt`u della terza legge di Newton, la forza agente sulla carica q2 avr`a la stessa intensit`a ma verso opposto: ~F21 = − ~F12.

Qualora pi`u cariche fossero presenti, ad esempio N , vale il principio di sovrapposizione, nel senso che su ogni carica qi agisce una forza che `e la risultante vettoriale delle forze Coulombiane agenti su qi, ognuna dovuta all’interazione con le altre singole N − 1 cariche.

1.1.2 Campo elettrostatico

In analogia con quanto avviene nel caso del campo gravitazionale che de- scrive l’interazione tra corpi puntiformi dotati di masse, si definisce il vettore campo elettrico ~E come il rapporto tra la forza ~F che agisce su di una carica di prova positiva q0 e il valore stesso di tale carica q0:

E ≡ ~~ F /q0 .

Per la carica di prova si richiede che sia sufficientemente piccola da non perturbare la distribuzione di carica che genera il campo. L’unit`a di misura del campo elettrico `e il N/C o, analogamente, il V /m.

Nel caso di sistemi di cariche elettriche molto ravvicinate tra loro (cio`e con distanze reciproche molto ridotte rispetto alla distanza dal punto nel quale

(5)

1.1 Nozioni elementari di elettrostatica 5

s’intende calcolare il campo), si parla di distribuzioni continue di carica. In base a come una carica Q `e distribuita, il campo elettrico che si viene a determinare ha espressione:

E =~ 1 4πǫ0

Z

Q

dq r2r.ˆ

A seconda che una carica continua Q sia distribuita in un volume V , su una superficie S o lungo una linea l, si pu`o definire la densit`a di carica volumetrica ρ ≡ dq/dV , superficiale σ ≡ dq/dS o lineare λ ≡ dq/dl, rispettivamente misurabili in C/m3, C/m2 o C/m.

In caso di distribuzioni di carica elettrica uniformi, nei tre casi precedenti, le densit`a divengono costanti, con valori pari a ρ = Q/V per distribuzioni volumetriche, a σ = Q/S per distribuzioni superficiali e a λ = Q/l per distribuzioni lineari.

Il campo elettrostatico pu`o essere rappresentato attraverso linee di forza, lungo le quali il vettore ~E `e in ogni punto tangente, con intensit`a pro- porzionale al numero di linee di forza per unit`a di area attraversata. Le linee di forza sono originate da sorgenti date da cariche positive e terminano su cariche negative, non si intersecano fra loro e possono terminare all’infinito in caso di sistemi con eccessi di carica.

In base alla Legge di Gauss, data una superficie chiusa S contenente una carica totale Q, il flusso Φ ≡R

SE ·d~s del campo elettrico ~~ E attraverso l’intera superficie S `e dato da Φ = Q/ǫ0, essendo ǫ0 la costante dielettrica del vuoto.

Applicando tale legge `e possibile calcolare il campo elettrico in una vasta gamma di distribuzioni di carica caratterizzate da particolari simmetrie. Si dimostra, a titolo di esempio, che in caso di una distribuzione lineare di carica con densit`a λ, il campo elettrico a distanza r dalla distribuzione stessa l’intensit`a risulta:

E = 1 2πǫ0

λ r ed `e diretto ortogonalmente alla direzione del filo.

La differenza di potenziale (o d.d.p. o tensione) VB− VA tra due punti B e A `e definita come l’energia potenziale ∆U ≡ UA− UB = RB

A − q0E~ · d~l, divisa per l’unit`a di carica, ovvero ∆V ≡ VB− VA = UBq−U0 A = −RB

A E · d~l.~ L’unit`a di misura della differenza di potenziale `e il Volt V : 1 V = 1 J/C, in modo tale che 1 J `e il lavoro che deve essere compiuto per far superare ad una carica di 1 C la differenza di potenziale di 1 V . Sperimentalmente, la misura della tensione avviene attraverso uno strumento denominato voltmetro.

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In fisica atomica e nucleare si impiega anche l’unit`a di misura detta elet- tronvolt(eV ) definita come l’energia che un elettrone (o un protone) acquista nel momento in cui viene accelerato tramite una d.d.p. di 1 V , pertanto 1 eV = (1.6 × 10−19C) · 1V = 1.6 × 10−19J.

Assumendo nullo il potenziale all’infinito (r → ∞), una carica puntiforme q determina un potenziale a simmetria sferica con proporzionalit`a inversa rispetto alla distanza r:

V = 1 4πǫ0

q r .

Tale espressione si interpreta come il lavoro necessario per unit`a di carica al fine di trasportare una carica dall’infinito (dove il potenziale `e nullo) ad un punto situato a distanza r dalla carica q.

I conduttori sono dei materiali aventi la particolarit`a di consentire alle cariche di muoversi liberamente al loro interno. Se si considera una sfera inte- ramente costituita di materiale conduttore (come potrebbe essere l’alluminio, il rame, l’oro o il ferro) con al suo interno una fissata quantit`a di carica Q (ad esempio negativa), la forza di repulsione elettrostatica far`a allontanare il pi`u possibile le cariche (le quali in un conduttore possono muoversi al suo interno). L’insieme dei punti dove le cariche massimizzano la loro distanza reciproca `e costituito dalla superficie esterna, sulla quale pertanto tendono a distribuirsi le cariche.

1.1.3 Condensatori

Un condensatore (indicato tipicamente con C) `e un elemento circuitale che si costituisce da due armature (dette anche piastre) di materiale conduttore separate fra loro da un isolante (o dielettrico). La carica elettrica `e immagaz- zinata sulla superficie delle due piastre, in corrispondenza del bordo posto a contatto con il materiale isolante. I due campi elettrici che si determinano per effetto delle due piastre (uno positivo e uno negativo, con stesso modulo ma verso opposto) determinano esternamente un campo elettrico pari a zero, mentre all’interno del condensatore entrambi i campi, sia quello positivo che quello negativo, hanno stesso modulo e stesso verso e determinano per questo un campo elettrico di doppia intensit`a, costante e uniforme. L’energia elet- trostatica che il condensatore accumula si localizza nel materiale dielettrico situato fra le armature.

Applicando una differenza di potenziale ∆V alle armature, le cariche elettriche tendono a separarsi generando un campo elettrico nel volume oc-

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1.1 Nozioni elementari di elettrostatica 7

Figure 2: Schema del campo elettrico in un condensatore piano.

cupato dal dielettrico. Il potenziale maggiore `e quello dell’armatura che si carica positivamente, mentre il potenziale pi`u basso caratterizza l’altra ar- matura. In valore assoluto l’entit`a delle cariche positive e negative costituisce la carica Q del condensatore. La carica `e proporzionale alla ∆V applicata, attraverso una costante di proporzionalit`a che `e una specifica caratteristica del condensatore considerato, che prende il nome di capacit`a elettrica:

C = Q

∆V

che si misura in Farad (F ), pari a C/V . La capacit`a di un condensatore piano (costituito, cio`e da armature piane e parallele) `e proporzionale al rapporto tra la superficie S di ciascuna delle armature e la loro reciproca distanza d.

La costante di proporzionalit`a ε `e una caratteristica del dielettrico interposto e prende il nome di permittivit`a elettrica assoluta, misurabile in Farad/m.

La capacit`a di un condensatore piano a facce parallele di superficie S poste a una distanza d `e pertanto data da:

C = εS d .

Il campo elettrico nel volume di un condensatore piano `e uniforme, ma esistono i cosiddetti effetti di bordo presso le estremit`a delle facce parallele, dove le linee di forza del campo da una faccia all’altra non sono pi`u rettilinee ma divengono via via pi`u curve.

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L’energia immagazzinata in un condensatore `e pari al lavoro necessario per caricarlo, cio`e per far s`ı che vi si depositi la carica Q. Si ricava che tale lavoro `e dato da:

W = 1 2

Q2 C = 1

2C V2 = U .

Le due armature del condensatore sono caricate con cariche di segno op- posto, motivo per il quale si instaura una forza di attrazione fra le armature stesse. Tale forza F risulta, istante per istante, direttamente proporzionale all’energia U immagazzinata nel condensatore ed inversamente proporzionale alla distanza d fra le piastre. In particolare si ha:

F = U d .

Tale risultato `e valido sia che il condensatore sia collegato ad un circuito esterno tale da mantenere costante la differenza di potenziale fra le piastre, sia che il condensatore sia isolato ed abbia carica costante sulle piastre.

Riscrivendo la d.d.p. come V = Ed, espressione che risulta valida per un condensatore piano, si osserva che il campo E indotto su entrambe le facce del condensatore diminuisce al crescere della distanza d tra le armature, cos`ı come della capacit`a C: quest’ultima grandezza indica, pertanto, un accumulo di energia elettrica U all’interno del condensatore stesso.

Quando in un circuito si montano n condensatori tra loro in parallelo, si avr`a su ognuno di essi la stessa caduta di potenziale. Il valore della capacit`a equivalente Ceq dei suddetti condensatori sar`a data dalla formula:

Ceq= C1+ C2+ · · · + Cn=

n

X

i=1

Ci .

Se, invece, n condensatori vengono montati in serie, dal momento che per ognuno di essi dovr`a passare la medesima carica istantanea Q (e, quindi, in regime dinamico anche la medesima corrente), essendo Q = CV si avr`a una maggior (minor) caduta di potenziale ai capi dei condensatori aventi capacit`a minore (maggiore). La capacit`a equivalente totale Ceq, in questo caso, sar`a ottenibile dalla relazione:

1 Ceq

= 1 C1 + 1

C2 + · · · + 1 Cn

=

n

X

i=1

1 Ci .

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1.2 Nozioni elementari di magnetostatica 9

1.2 Nozioni elementari di magnetostatica

Nell’ambito dell’elettromagnetismo la magnetostatica `e quella branca che si occupa di studiare i campi magnetici che non variano nel tempo. In analogia con quanto avviene per l’elettrostatica, nel cui caso ad essere stazionarie sono le cariche elettriche, le quali determinano il campo elettrostatico, nel caso della magnetostatica ad essere stazionarie ed invarianti nel tempo sono le correnti elettriche, che a loro volta generano i campi magnetici statici.

1.2.1 Intensit`a di corrente

La corrente elettrica `e un movimento ordinato di cariche elettriche. Si pu`o parlare di movimento ordinato allorch´e si verifica una prevalenza sta- tistica che individua una direzione ed un verso nel movimento delle cariche elettriche. Affinch´e ci sia corrente elettrica occorre disporre di un mezzo con- duttore. Una volta stabilito il tipo di conduzione, le cariche elettriche respon- sabili della corrente elettrica possono essere di segno negativo (elettroni, ioni negativi) o positivo (ioni positivi). Si possono riscontrare correnti elettriche dovute a protoni solo in condizioni molto particolari ed a energie molto ele- vate. Se si considera un metallo non sottoposto ad alcun campo elettrico, all’interno del suo volume gli elettroni di conduzione tendono a muoversi in maniera disordinata, non caratterizzata da alcuna direzione privilegiata. In tal caso, pur avendo delle cariche elettriche che si muovono, non si riscontra alcuna corrente elettrica. Se viceversa si prende un corpo conduttore e lo si sottopone ad un movimento di cariche uniforme e continuo, si `e in presenza di una corrente continua. Si definisce intensit`a di corrente I il rapporto tra la quantit`a di carica elettrica ∆Q che attraversa una sezione S del condut- tore in un intervallo di tempo ∆t e l’intervallo di tempo stesso, secondo la relazione

I = ∆Q

∆t

valida per correnti costanti nel tempo, ovvero continue.

L’unit`a di misura dell’intensit`a di corrente elettrica `e l’Ampere (A), con- venzionalmente riportata quale fondamentale nel Sistema Internazionale; da essa `e possibile ricavare l’unit`a di misura della carica elettrica, poich´e dalla definizione di intensit`a di corrente si ottiene:

1 C = 1 A · 1 s .

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Sperimentalmente, la misura della corrente elettrica avviene attraverso uno strumento denominato amperometro.

Figure 3: Rappresentazione della corrente elettrica, nella direzione della frec- cia, corrispondente allo spostamento di cariche positive, bench´e fisicamente questo sia in realt`a dovuto allo spostamento di cariche negative (elettroni) nel verso opposto.

1.2.2 Legge di Ohm

In un corpo conduttore si ha il passaggio di corrente elettrica nel momento in cui ai suoi capi viene applicata una differenza di potenziale. Questo signi- fica che la tensione applicata e la corrente elettrica sono tra loro in rapporto di causa ed effetto. All’aumentare della tensione ∆V ai capi del conduttore si pu`o ragionevolmente ipotizzare che aumenti anche l’intensit`a della corrente elettrica I che attraversa il conduttore stesso. Dal punto di vista sperimen- tale, si osserva che sussiste una proporzionalit`a diretta tra le due grandezze, rappresentata dalla prima legge di Ohm:

∆V = RI

dove la resistenza elettrica R `e la costante di proporzionalit`a diretta che lega la tensione ∆V all’intensit`a di corrente I. In un certo senso, la resistenza

`e un parametro che indica il livello di difficolt`a che delle cariche elettriche libere incontrano per riuscirsi a muovere all’interno di un conduttore. L’unit`a di misura della resistenza `e l’Ohm (con simbolo Ω). In virt`u della prima

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1.2 Nozioni elementari di magnetostatica 11

legge di Ohm, `e possibile affermare che un conduttore si caratterizza per una resistenza di 1 Ohm allorch´e, sottoposto ad una differenza di potenziale di 1 Volt, viene attraversato da una corrente con intensit`a pari a 1 Ampere.

Pertanto vale la relazione:

1 Ω = 1 V 1 A .

Talvolta pu`o essere utile impiegare il reciproco della resistenza R, definito come conduttanza G = 1/R ed avente unit`a di misura indicata come Siemens,

1 S = 1 A

1 V = 1 Ω−1 .

La conduttanza indica la proporzionalit`a tra l’intensit`a di corrente elettrica e la differenza di potenziale, nel senso che la prima legge di Ohm pu`o essere riscritta come:

I = G ∆V .

Per un conduttore la resistenza elettrica dipende da pi`u fattori, tra cui le propriet`a fisiche, le caratteristiche geometriche e la temperatura ambien- tale. Tenendo fissa quest’ultima, la resistenza di un corpo conduttore avente lunghezza l e sezione di area S `e esprimibile attraverso la seconda legge di Ohm:

R = ρ · l S .

Le propriet`a intrinseche di un materiale attraversato da correnti elettriche sono descrivibili dalla costante di proporzionalit`a tra R e il rapporto l/S, detta resistivit`a ρ, riesprimibile come

ρ = R ·S l

con unit`a di misura data da Ω·m. Un’elevata resistivit`a caratterizza materiali isolanti (o cattivi conduttori).

Al variare della temperatura la resistivit`a ρ tende a crescere secondo un andamento che pu`o essere cos`ı parametrizzato:

ρ(T ) = ρ(T0) · [1 + α · (T − T0)]

dove la temperatura T0 `e quella di riferimento (tipicamente 20oC, ovvero 293 K), ρ(T0) `e la resistivit`a del materiale misurata a T0, e α `e il coefficiente

(12)

di temperatura del materiale. Il coefficiente α pu`o essere positivo o nega- tivo a seconda che al crescere della temperatura la resistenza di un corpo di quel materiale aumenti o diminuisca, rispettivamente. La precedente re- lazione pu`o essere riscritta moltiplicando ambo i membri dell’equazione per il rapporto l/S, ottenendo la legge di dipendenza della resistenza R di un corpo conduttore dalla temperatura:

R(T ) = R(T0) · [1 + α · (T − T0)] .

Quando in un circuito due o pi`u resistenze Ri, in numero di n, sono poste in serie, la resistenza equivalente Req ha un valore pari alla somma di tutte le singole resistenze, dal momento che tutte esse sono attraversate dalla medesima corrente, secondo la formula:

Req = R1+ R2+ · · · + Rn=

n

X

i=1

Ri .

Se, invece, n resistenze Ri vengono poste tra loro in parallelo, sfruttando il fatto che ai capi di ciascuna di esse si presenta la medesima differenza di potenziale, si ha che la resistenza equivalente totale Req sar`a ottenibile che reciproco della somma dei reciproci di tutte le resistenze, in base alla relazione:

1 Req

= 1 R1 + 1

R2 + · · · + 1 Rn

=

n

X

i=1

1 Ri .

Si osserva che la resistenza equivalente a un qualsiasi numero n di resistenze poste in parallelo `e sempre pi`u piccola della pi`u piccola delle n resistenze.

Legge di Joule Quando un conduttore viene attraversato da corrente elet- trica tende a riscaldarsi. Quello che concretamente avviene `e una trasfor- mazione in esso di energia elettrica in calore. Per spiegare ci`o si pu`o imp- iegare il concetto di resistenza elettrica: il conduttore nel quale avviene il passaggio di corrente elettrica per sua natura si oppone alla circolazione della corrente, e per questo viene richiesto un dispendio di energia affinch´e tale cir- colazione possa avvenire. Passando da un potenziale inferiore ad un poten- ziale superiore, gli elettroni cedono energia potenziale elettrica, che viene dissipata sotto forma di calore tramite l’aumento dell’agitazione molecolare causata dagli urti tra elettroni e atomi del reticolo cristallino. Tale processo di trasformazione da energia elettrica in energia termica prende il nome di

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1.2 Nozioni elementari di magnetostatica 13

effetto Joule. La legge di Joule afferma che un conduttore di resistenza R, attraversato da una corrente continua di intensit`a I, trasforma in calore in un intervallo di tempo ∆t la quantit`a di energia ∆E data da:

∆E = R · I2· ∆t

poich´e ∆E = ∆V · I · t, essendo la differenza di potenziale ∆V pari a R · I.

In termini di potenza si pu`o constatare che la potenza elettrica dissipata da un conduttore sotto forma di calore risulta

P = ∆E

∆t = V · I

o, nel caso di conduttori che rispettano la prima legge di Ohm, in una forma equivalente:

P = R · I2 = ∆V2 R . 1.2.3 Campo magnetostatico

I campi magnetici sono prodotti da cariche in movimento, e gli stessi campi magnetici hanno effetto sulle cariche in moto. Sussiste pertanto un’analogia con il campo elettrostatico, in base alla quale i fenomeni magnetici sono meglio descrivibili assumendo che il campo magnetico media l’interazione tra cariche in movimento (ovvero tra correnti elettriche).

In maniera analoga al caso dell’elettrostatica, anche per il campo magne- tostatico si individuano due diversi tipi di sorgenti aventi natura opposta, convenzionalmente definiti col nome di poli. Il magnete di riferimento che spesso si considera `e la Terra, e per questo si parla di un polo nord e di un polo sud; si noti, in particolare, che il polo nord geografico corrisponde sostanzialmente al polo sud magnetico e viceversa. Le linee di forza del campo magnetico sono, per convenzione di dipolo magnetico, dirette dal polo sud verso il polo nord, ma a differenza di quanto accade per il campo elettro- statico, non esistono monopoli magnetici poich´e una propriet`a interessante dei magneti in natura `e che non si pu`o separare il loro polo nord dal polo sud, in quanto da una suddivisione in due di un magnete si ottiene una nuova coppia di magneti, del tutto simili ma pi`u piccoli, ciascuno con una coppia di poli magnetici opposti. Ne consegue pertanto che le linee di forza del campo magnetico sono sempre chiuse e che il flusso del campo attraverso qualsivoglia superficie chiusa `e pari a zero. Si dimostra che questo implica che il campo

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magnetico ha un flusso che non varia se calcolato attraverso tutte le possi- bili superfici che si appoggiano alla stessa curva chiusa. Un campo vettoriale avente questa speciale propriet`a viene detto solenoidale.

Assumendo che una particella carica q non sia soggetta ad altri campi a parte quello magnetico ~B, si osserva sperimentalmente che quando essa `e in quiete, su di essa non agisce alcuna forza. Se invece tale particella si muove con velocit`a ~v, su di essa agisce una forza data da:

F = q~v × ~~ B detta Forza di Lorentz, che in modulo vale:

F = qvBsinθ

essendo θ l’angolo tra i vettori ~v e ~B. Si pu`o da subito osservare che, note la velocit`a e la carica di una particella, una singola misura della forza di Lorentz non `e sufficiente a determinare il campo magnetico ~B, mentre in principio una sola misura della forza elettrica ~F = q ~E `e sufficiente per misurare il campo elettrico ~E.

Per il fatto che la forza di Lorentz `e perpendicolare alla velocit`a della par- ticella (dunque anche al suo spostamento), si osserva che il lavoro compiuto dalla forza magnetica su una particella in movimento `e pari a 0. L’energia cinetica resta, pertanto, invariata e la velocit`a vettoriale cambia in maniera tale da lasciare inalterato il suo modulo.

Il campo magnetico si misura in Tesla (T ), noto anche come Weber per metro quadro (1 T = 1 W/m2). Inoltre, 1 T rappresenta l’intensit`a del campo magnetico che determina una forza pari ad 1 N su una carica elettrica di 1 C che si muove alla velocit`a di 1 m/s perpendicolarmente al campo. Esiste anche un’altra unit`a di misura per misurare il campo magnetico: si tratta del Gauss (G), il cui valore `e tale che

1 T = 104 G .

In generale, quando su una particella con carica q in movimento a velocit`a ~v agiscono sia un campo magnetico ~B sia un campo elettrico ~E, l’espressione della forza totale agente sulla particella `e:

F = q ~~ E + q~v × ~B .

Un campo magnetico ~B in prossimit`a di un filo conduttore di lunghezza individuata dal vettore ~l percorso da una corrente d’intensit`a I esercita una

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1.2 Nozioni elementari di magnetostatica 15

forza magnetica ~F sul conduttore stesso che `e la somma delle forze agenti sui singoli elettroni in moto. Tale forza ha espressione data da:

F = I · (~l × ~~ B) .

Dall’esperienza di Amp`ere si giunse ad una definizione dell’omonima unit`a di misura, valida per fenomeni di tipo magnetico, oltre a quella nota per fenomeni di tipo elettrico (1A = 1C/1s). Andr´e Marie Amp`ere osserv`o che due fili di lunghezza ℓ percorsi da corrente elettrica si attraggono (o si resp- ingono) se le due correnti sono dirette nella stessa (o in opposta) direzione, con una forza che `e direttamente proporzionale a ciascuna delle due correnti i1 e i2, ed inversamente proporzionale alla distanza d, secondo la legge che nel Sistema Internazionale si esprime:

F = 2 · 10−7· i1· i2

d ℓ .

L’Ampere `e l’intensit`a di corrente elettrica costante che deve scorrere, nella stessa direzione, in due fili conduttori paralleli di lunghezza infinita e sezione trascurabile, posti alla distanza di 1 metro, affinch´e essi si attraggano con una forza su metro pari a 2·10−7 N/m.

L’effetto di un campo magnetico esterno su un circuito chiuso (ad esempio una spira) percorso da corrente e interamente immerso in esso `e quello di determinare un momento di dipolo magnetico µ, perpendicolare al piano del circuito diretto dalla parte in cui si pu`o osservare la corrente circolare in verso antiorario. Nel caso di una spira che delimita un’area A e percorsa da corrente di intensit`a I, il modulo del momento di dipolo magnetico `e dato da

µ = IA .

L’unit`a di misura del momento magnetico `e pertanto Am2.

Immersa in un campo magnetico uniforme ~B, in modo tale che le linee del campo attraversino perpendicolarmente (o comunque con un certo angolo non nullo) la superficie delimitata dalla spira, si viene a determinare un mo- mento meccanico che tende a far ruotare la spira, riallineandone il momento magnetico di dipolo con il campo esterno. La posizione con il momento di dipolo ~µ allineato con il campo ~B `e uno stato di equilibrio stabile. Il movi- mento rotatorio della spira `e alla base del funzionamento dei motori elettrici:

in termini energetici, l’elettricit`a (utilizzata per far circolare la corrente) si trasforma in movimento.

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Vi `e una semplice relazione che collega il momento meccanico ~τ della coppia di forze al momento di dipolo ~µ ed al campo magnetico ~B:

~τ = ~µ × ~B .

Legge di Amp`ere Il campo magnetico ~B si caratterizza per un’importante propriet`a che pu`o essere come di seguito definita. Si considera un immaginario percorso chiuso all’interno di un dato campo magnetico ~B e se ne sceglie un verso di percorrenza; si suddivide il percorso in tanti elementi di lunghezza infinitesima d~l; per ogni elemento si calcola il prodotto scalare ~B ·d~l (infinite- simo); si sommano tutti gli infinitesimi, ottenendo la quantit`a scalare detta circuitazione C( ~B) del campo ~B lungo il percorso prima definito. Essa si misura in unit`a di T m. Una volta stabilito il suddetto percorso chiuso ed in-

Figure 4: Esempio di circuitazione del campo magnetico ed applicazione della legge di Amp`ere.

dividuate le correnti elettriche ii concatenatecon il percorso stesso (cio`e che ne attraversano la superficie da esso delimitata, definite positive o negative a

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1.2 Nozioni elementari di magnetostatica 17

seconda che dalla parte in cui avviene il loro attraversamento della superficie il verso di percorrenza prima individuato sia visto in senso orario o antio- rario), la legge di Amp`ere afferma che la circuitazione di ~B `e proporzionale alla somma (presa con segno) di tutte e sole correnti concatenate:

C( ~B) = µ0

n

X

i=1

ii

dove la costante di proporzionalit`a µ0 viene detta permeabilit`a magnetica del vuoto e vale µ0 = 4π · 10−7N/A2 ≈ 1.26 · 10−6N/A2.

Il ruolo della permeabilit`a magnetica del vuoto `e analogo a quello della costante dielettrica ǫ0 del vuoto, dal momento che essa `e connessa alle pro- priet`a magnetiche del vuoto, proprio come la costante dielettrica `e ricon- ducibile alle propriet`a elettriche.

Tra i vari esempi di calcolo del campo magnetico prodotto da semplici configurazioni circuitali, `e possibile richiamare il filo rettilineo e la spira cir- colare. Nel caso di un filo rettilineo di lunghezza infinita percorso da corrente I, il campo magnetico ha direzione azimutale attorno al filo, con un’intensit`a in un generico punto a distanza a dal filo data da

B = µ0I 2πa .

Nel caso di una spira circolare di raggio R attraversata da una corrente I, si ha che il campo magnetico ha una simmetria di tipo assiale rispetto all’asse della spira, il quale campo nel punto centrale della stessa spira `e diretto perpendicolarmente al piano individuato, con un’intensit`a data da

B = µ0I 2R ,

che a distanza z lungo la direzione dell’asse diventa B = µ0IR2

2(z2+ R2)3/2 .

Legge di Faraday Un altro significativo effetto che si manifesta come conseguenza del moto di un circuito in un campo magnetico B `e dato dalla legge di Faraday. La variazione del flusso del campo magnetico nel tempo determina una forza elettromotrice indotta, la cui espressione `e data da:

f.e.m. = −dΦB

dt .

(18)

Il segno meno nella suddetta legge indica il fatto che la direzione della corrente indotta `e quella che si oppone all’aumento del flusso del campo magnetico attraverso una qualsiasi superficie delimitata dal circuito. Tale effetto prende talvolta il nome di Legge di Lenz.

Classificazione dei materiali magnetici I materiali possono essere clas- sificati a seconda delle loro propriet`a in presenza di un campo magnetico. Il loro comportamento va interpretato come dovuto all’azione delle correnti elementari causate dal moto degli elettroni attorno ai nuclei negli atomi che costituiscono il materiale stesso; ogni atomo, dunque, si comporta come una spira di corrente che in un campo magnetico esterno ~B pu`o ruotare, fino ad orientare il proprio momento magnetico (o di spin) ~µ in direzione del campo ~B: tale effetto su scala atomica e molecolare pu`o dare origine a com- portamenti di carattere macroscopico, che sono classificati in tre distinte categorie.

• Sostanze come il ferro, il cobalto o il nichel sono molto attratte da ma- gneti, e per tale comportamento vengono definite ferromagnetiche;

esse hanno momenti magnetici elementari particolarmente intensi, in grado di far accrescere significativamente l’intensit`a di un campo mag- netico esterno. I materiali perdono le propriet`a ferromagnetiche al di sopra della cosiddetta temperatura di Curie, caratteristica di ogni ma- teriale.

• Sostanze che vengono moderatamente attratte da magneti vengono dette paramagnetiche, e tra queste vi sono l’aria, l’alluminio, il platino, l’ossigeno, il cerio; la loro permeabilit`a magnetica supera di pochissimo quella del vuoto, µ0, e dunque solo una piccola percentuale dei propri dipoli magnetici elementari riesce ad allinearsi ad un campo ~B esterno, rinforzandolo leggermente.

• Sostanze come l’acqua, l’argento, il rame, il mercurio e il bismuto sono caratterizzate da atomi o molecole che non hanno un proprio momento di dipolo magnetico, e vengono dette diamagnetiche; in tal caso, se si immerge il materiale in un campo magnetico ersterno, a livello mi- croscopico esso produce un’asimmetria nella velocit`a degli elettroni, determinando un debolissimo momento magnetico contrario al campo esterno che ne risulta leggermente indebolito.

(19)

1.2 Nozioni elementari di magnetostatica 19

Le sostanze magnetiche vengono classificate quantitativamente attraverso la suscettivit`a magnetica χm, legata alla permeabilit`a magnetica relativa µr

dalla relazione

µr = 1 + χm

ed il cui valore nel vuoto `e, per definizione, χm = 0. Per le sostanze dia- magnetiche si ha µr < 1 (con χm < 0, |χm| ≈ 10−5), per le sostanze para- magnetiche si ha µr > 1 (con χm > 0, χm ≈ 10−5), mentre per le sostanze ferromagnetiche si ha µr ≫ 1 (con χm > 0, χm ≈ 103− 105).

(20)

1.3 Radiazioni elettromagnetiche

L’interazione elettrica e quella magnetica sono descrivibili, in fisica, at- traverso un’unica forza, detta interazione elettromagnetica, che `e la respon- sabile della propagazione del campo elettrico e di quello magnetico, sotto forma di radiazioni elettromagnetiche.

La propagazione di tale fenomeno ondulatorio avviene con il campo elet- trico ~E in fase con il campo magnetico ~B, entrambi trasversali alla direzione

~v della velocit`a dell’onda, come rappresentato in figura 5. Per tale motivo le onde elettromagnetiche sono fatte rientrare nella categoria delle onde trasver- sali.

Figure 5: Propagazione di un’onda elettromagnetica.

1.3.1 Nozioni elementari

Un’onda elettromagnetica si pu`o generare dalla variazione nel tempo di una corrente elettrica, o analogamente dal movimento non uniforme di una carica elettrica nello spazio-tempo, attraverso cui si ha la trasformazione di energia cinetica in energia elettromagnetica. Le onde elettromagnetiche devono pertanto essere trattate come energia del campo elettromagnetico che si propaga attraverso la loro oscillazione nello spazio-tempo, irradiata a partire dalla sorgente dello stesso campo.

Il comportamento della radiazione elettromagnetica pu`o essere di doppia natura: ondulatoria (come nel caso dei fenomeni di interferenza e diffrazione) e corpuscolare (come per il trasporto di energia dell’onda).

L’energia E trasportata dalle onde elettromagnetiche `e concentrata in pacchetti quantizzati, detti fotoni ed `e direttamente proporzionale alla fre- quenza ν in base alla relazione:

E = hν

(21)

1.3 Radiazioni elettromagnetiche 21

dove h `e la costante di Planck, il cui valore `e h ≈ 6.63 · 1034Js.

Lo spettro della radiazione elettromagnetica comprende una serie es- tremamente vasta di fenomeni, all’apparenza anche assai diversi fra loro, che si caratterizzano per una differente lunghezza d’onda λ e una frequenza ν, legate dalla relazione:

λ = v ν

essendo v la velocit`a di propagazione dell’onda, che pu`o al massimo essere pari a c, velocit`a della luce nel vuoto, avente valore c ≈ 2.998 · 108 m/s.

Quella che `e comunemente chiamata luce (visibile all’occhio umano) `e solo una piccola parte dello spettro elettromagnetico.

In ordine crescente di frequenza d’onda ν si possono elencare le seguenti categorie di onde elettromagnetiche:

• onde radio: hanno frequenze inferiori ai 300 MHz, corrispondenti a lunghezze d’onda superiori a 1 m;

• micro-onde: hanno frequenze tra 300 MHz e 300 GHz, corrispondenti a lunghezze d’onda tra 1 m e 1 mm;

• raggi infrarossi: hanno frequenze tra 300 GHz e 428 ·1012Hz, corrispon- denti a lunghezze d’onda tra 1 mm e 700 nm;

• luce visibile: ha frequenze tra 428 ·1012Hz e 749 ·1012Hz, con lunghezze d’onda tra 700 nm e 400 nm;

• raggi ultravioletti: hanno frequenze tra 749 ·1012Hz e 30 ·1015Hz, cor- rispondenti a lunghezze d’onda tra 400 nm e 10 nm;

• raggi X: hanno frequenze tra 30 ·1015Hz e 300 ·1018Hz, corrispondenti a lunghezze d’onda tra 10 nm e 1 pm;

• raggi γ (gamma): hanno frequenze superiori 300 ·1018Hz, corrispon- denti a lunghezze d’onda inferiori 1 pm.

Analogamente a quanto avviene per i fenomeni puramente ondulatori, si associa a tutte le particelle aventi una certa quantit`a di moto una lunghezza d’onda λ, detta lunghezza d’onda di de Broglie, che si sviluppa in base alle nozioni relativit`a ristretta:

λ = h p = h

mv r

1 − v2 c2

(22)

Figure 6: Spettro delle onde elettromagnetiche.

essendo m la massa della particella, v la sua velocit`a e p la sua quantit`a di moto.

1.3.2 Propagazione delle onde elettromagnetiche

Il moto delle onde elettromagnetiche `e descritto dalle equazioni di Maxwell, che sono equazioni differenziali alle derivate parziali di tipo vettoriale, le cui soluzioni sono caratterizzate da funzioni periodiche del tipo f (x, t) = f (x ± vt) che si propagano nello spazio e nel tempo attraverso una velocit`a v che pu`o essere espressa come

v = 1

√ǫµ

dove ǫ e µ sono, rispettivamente, la costante dielettrica e la permeabilit`a magnetica nel materiale in cui l’onda si propaga. A seconda che l’argomento della suddetta funzione f (x ± vt) contenga un segno positivo o negativo, l’onda viene detta regressiva o progressiva.

Quando sia il campo elettrico sia quello magnetico sono orientati in di- rezioni fisse, si dice che l’onda possiede una polarizzazione lineare. Un’onda

(23)

1.3 Radiazioni elettromagnetiche 23

che si sviluppa nello spazio tridimensionale viene detta onda piana se i suoi fronti d’onda (definiti come i luoghi dei punti nei quali la variabile x ± vt assume lo stesso valore) sono costituiti da piani. Un’onda elettromagnetica piana ha, tra le sue propriet`a, quella di avere i vettori ~E e ~B tra di loro perpen- dicolari ed aventi versi tali che una vite che avanza nel verso di propagazione dell’onda ruota nel verso che procede dalla direzione orientata del vettore ~E a quella del vettore ~B.

A partire dalla suddetta caratterizzazione del campo elettromagnetico, la lunghezza d’onda λ viene definita come la distanza che intercorre tra due massimi successivi, sia di ~E sia di ~B. Il tempo necessario a percorrere una lunghezza d’onda viene detto periodo T , pari al reciproco della frequenza d’onda ν.

Nel caso di propagazione nel vuoto, si ha che la velocit`a delle onde elet- tromagnetiche `e, appunto, quella del vuoto, dal momento che sussiste la re- lazione

c = 1

√ǫ0µ0 .

A differenza delle onde di materia, che hanno necessariamente bisogno di un mezzo per potersi propagare, le onde elettromagnetiche possono propa- garsi anche nel vuoto. D’altro canto, quando le onde elettromagnetiche at- traversano un materiale, la loro lunghezza d’onda λ viene ridotta di un fattore pari all’indice di rifrazione n del mezzo stesso:

λ = λ n .

Considerando che v = 1/√ǫµ, e tenendo conto che ǫ = ǫ0ǫr e che µ = µ0µr, si conclude che l’indice di rifrazione del materiale pu`o anche essere espresso come

n =√ǫrµr , dal momento che

v = 1

√ǫµ = 1

√ǫ0µ0

√ǫ1rµr

= c

√ǫrµr

.

Energia di un’onda elettromagnetica Si dimostra che in un mezzo omo- geneo avente costante dielettrica ǫ e permeabilit`a magnetica µ, ad un’onda

(24)

elettromagnetica con campo elettrico ~E e campo magnetico ~B l’energia `e tale per cui si hanno densit`a pari, rispettivamente a:

ue= 1 2ǫE2 e

um = 1 2µB2 ,

valide sia qualora i campi siano statici che variabili.

L’intensit`a dell’energia di un’onda elettromagnetica `e definita come il valor medio dell’energia che attraversa una sezione ortogonale alla direzione di propagazione per unit`a di area attraversata e per unit`a di tempo. Nel caso di un’onda polarizzata linearmente, con campo elettrico che nel piano di polarizzazione oscilla secondo una relazione del tipo

E = E0cos(kx − ωt) , l’intensit`a I assume il valore

I = 1

2ǫvE02 = ǫvEef f2 , essendo Eef f il campo elettrico efficace, pari a 1/√

2 del valore di E0, come previsto per E, grandezza variabile sinusoidalmente.

L’energia trasportata da un’onda elettromagnetica si mantiene costante fino a quando essa eventualmente non incontra sul suo cammino un corpo capace di assorbirla, come ad esempio un corpo conduttore, i cui portatori di carica eseguono moti oscillatori per effetto dell’azione del campo elet- tromagnetico. Se il conduttore investito dall’onda `e, per esempio, una lastra metallica o un corpo esteso in tutte le direzioni, le correnti oscillanti cos`ı gene- rate danno origine a due effetti: l’emissione di un’onda riflessa, che trasporta un’energia pari a una certa frazione di quella incidente, e (in caso di con- duttore dotato di una resistivit`a non nulla) una dissipazione di energia sotto forma di calore per effetto Joule. Sulla base di questo principio, una scatola metallica chiusa con pareti sufficientemente spesse ha l’effetto di schermare lo spazio interno da tutte le onde elettromagnetiche che la investono.

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