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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.10 (1883) n.465, 1 aprile

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L'ECONOMISTA

GAZZETTA SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

Anno X - Vol. XIV

D om enica T A prile 1883

N. 465

UNA FRASE ALLA MODA

Non c’ e cbe dire : è una frase che ha fatto for­ tuna. La proferì ripetutamente I’ on. Senatore Ales­ sandro Rossi, allorché annunziandosi come precursore, andava portando agli operai elettori di Milano e di Venezia la buona novella ; la ripete l’on Presidente del Consiglio nel suo discorso-programma di S p a ­ della, per quanto è probabile che le assegnasse un si­ gnificato assai più modesto ; la ripetono su tutti i tuoni gli autoritarii su pe’ giornali, e la ritroviamo anco in periodici che hanno per ¡scopo di propu­ gnare gl’interessi delle classi diseredate dalla fortuna. Nè tutto questo ci fa meraviglia. L’Italia ha an­ cora un po’ di debole per la rettorica , ne’ è tutta finita la stirpe dei pastori d’ Arcadia; d’ altra parte non si può negare che la frase sia bella e sonora e da lusingare quindi i ben costrutti orecchi.

Difesa del lavoro nazionale! Ma chi sarà che oserà negare che precipuo obbligo del Governo sia quello di tutelare il nostro lavoro ? Tanto varrebbe rinne­ gare il santo amore di patria, tanto varrebbe con­ dannare alla fame le moltitudini degli operai. B iso­ gnerebbe non avere viscere di carità ; per fortuna non ci sono che i liberi scambisti cbe ne sieuo privi, e pochi avanzi sopravvivono di quella schiera a cui appartennero i Cobden, i Bastiat ed i Cavour! Anzi, a vero dire, anche i pochi avanzi più noli ten ten ­ nano nell’ antica loro fede e fanno 1’ occhio tenero agli autoritari. Resta, è vero, sulla breccia il Fer­ rara, ma è un uomo morto. Almeno così I’ hanno giudicato i nuovi sapienti, per quanto la sua recente introduzione al libro del Martello ei abbia fatto du­ bitare che dopo morto sia più vivo di prima.

Ma lasciamo lo scherzo, chè questo non è riso che faccia buon sangue, e in verità ci sarebbe più ragione di piangere che di ridere su questa eclisse, speriamo temporaria, del senso comune.

Sì, del senso com une, poiché in fin dei conti è proprio il senso comune che ci dovrebbe insegnare che avviene fra i popoli quello che avviene fra gli individui, i quali ultimi scambiano liberamente i loro prodotti o i loro servigi sulla base dell’equivalenza. E poiché la natura ha variato fra i paesi la posi­ zione geografica, il clima, i prodotti, le attitudini, lo scambio serve appunto a generalizzarne i benefizi. 1 protezionisti, se fossero lo g ic i, dovrebbero invocare la proibizione assoluta.

Il vero si è che essi per i primi comprendono che la protezione eguale per tutte le industrie non rie- scirebbe in realtà a proteggerne alcuna e le dau- neggerebbe tutte ; e quindi in pratica ciò che cer­

cano è la protezione della industria propria, a cui in piena buona fe d e , è carità p en sarlo, danno il nome di lavoro nazionale. Non è così in Francia dei signori del ferro e del cotone, a cui la prote­ zione che godono a danno delle numerose industrie che adoprano l’ uno o l’ altro come materia prima non sembra sufficiente ? Si sa, l' appetii vient en mangeant.

A noi sognatori, utopisti, se vi piace, queste ma­ linconiche fantasie tornavano ad affollarsi alla mente allorché nell’aula di Montecitorio udivamo egregi rap­ presentanti del paese stimolare il Governo a proteg­ gere il lavoro nazionale, e lamentarsi che Governo e Società commettessero troppi lavori all’ estero, e 1’ on. Baccarini spolmonarsi a dimostrare che Governo e Società avevano fatto , facevano e farebbero tutto il possibile per contentare gl’interpellanti. Anzi il Go­ verno nelle ferrovie che egli amministra si era tro­ vato qualche volta per far lavorare in paese a mancare del necessario, e se le Meridionali avevano comprato a una cert’ epoca 7 0 0 fra vagoni e carri all’ estero, era stato per la sem plice ragione che in paese non c’ era mezzo di averli.

Noi ci permettiamo una sem plice domanda: Go­ verno e Società ferroviarie quali danari spendono? — Il primo quelli dei contribuenti, le seconde quelli degli azionisti, e il loro obbligo è quello di spenderli il meglio possibile, cioè di spendere il meno possi­ bile, pur che lo scopo sia egualmente raggiunto. Or bene, poniamo che si tratti di ferrovie (è il punto su cui si fermò l’ on. Ministro dei lavori pubblici). Noi conveniamo di buon grado che a parità di con­ dizioni Governo e Società debbano rivolgersi alla in­ dustria nazionale. Ma badiamo b en e, se oggi siamo giunti a poter dire c h e , ad esem pio, locomotive vagoni e carri si possono costruire in paese egual­ mente bene e allo stesso prezzo che altrove, ciò deriva da questo che la concorrenza estera ha provocati questi miglioramenti, e crediamo che in buona fede niuno potrebbe negare che i progressi che in fatto d’industrie l’Italia ha raggiunti in venti anni, come ha dimostrato la Esposizione di Milano, non si sa ­ rebbero avuti se si fosse improvvidamente rinchiusa in sé stessa. Se le stoffe inglesi giunsero a poter competere colle stoffe di Lione, non fu forse dovuto alla riforma di Peel ?

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nistratori di una Società che sono in un caso di­ verso se hanno bisogno di avere in sei m e s i, po­ niamo, dieci locomotive e in paese non se ne possono in quel termine avere che due, dovranno pure ri­ volgersi all’ estero. E questi casi avvengono, come avviene che costruiti i vagoni si debba ricorrere fuori per le molle di acciaio, per la ragione che in Inghilterra si fa quello che ancora non si fa qui. Quando si finirà per capire che l’ interesse di uno o pochi industriali non è l’interesse generale, e per conseguenza nemmeno ((nello degli operai, ai quali poco importa se il salario nominale cresce, quando per l’ alzare dei prezzi, naturale effetto della prote­ zione, scema il salario reale?

Per carità, lasciamo le frasi da parte. Gli autori­ tari che facevano questo rimprovero ai liberisti, ba­ dino di non superarli in tale peccato. Lo Stato tuteli le industrie nazionali, non soffocandole colle fiscalità sul nascere o impedendo con tasse sproporzionate il loro sviluppo ; pensi ad un’ equa riforma delle tosse ferroviarie ; promuova quanto può tutte quelle isti­ tuzioni che possono spingere le nostre industrie in­ contro a un migliore avvenire.

Ma la difesa del lavoro nazionale, come è scritta sulla bandiera che si sventola davanti agli occhi delle moltitudini illuse come promessa di beni infiniti, è una frase, quando non sia invece uno scherzo.... di cattivo genere.

LA INCHIESTA SULLE OPERE PIE

Quell’ ottimo periodico milanese che è la Rivi­ sta della Beneficenza pubblica, diretta dal chiaris­ simo commendatore Scotti, nel suo numero del gen­ naio ora decorso ci da notizia del modo con cui procede il lavoro della inchiesta sulle opere pie ordinata col Regio Decreto del 3 giugno 1880. — A vero dire l’opera importantissima non procede, o almeno non ha proceduto fin qui con quella solle­ citudine che si sarebbe desiderata e che si augu­ ravano l’on. Ministro delfi interno e la Commissione Reale nominata col citato Decreto. Ricordiamo come una circolare del prelodato ministro in data 5 agosto 1881 prescriveva che per la fine di otto­ bre del detto anno le amministrazioni tutte delle opere pie dovessero avere trasmesse le respeltive statistiche secondo i moduli loro forniti, di modo che le Giunte locali di statistica potessero averne compiuta la revisione per la fine del novembre successivo. Ma tali prescrizioni, per la massima parte dei Comuni del Regno, sono rimaste senza effetto perchè neppure oggi tutte quante le amm i­ nistrazioni di beneficenza hanno còmpilato le ri­ spettive, statistiche, nè per conseguenza le Giunte locali hanno tutte sodisfatto al proprio compito. A tutto il 17 del febbraio passato, quando cioè la Commissione reale d'inchiesta chiudeva la sua ses - sione, cotesto lavoro statistico si presentava com­ piuto, almeno in apparenza, per soli 70 circondari sopra i 233 circondari nei quali sono stati repar­ titi i Comuni del regno per questa speciale opera­ zione. Per altri sette circondaci il lavoro era già terminato sebbene non inviato alla Commissione, in altri diciannove si era fatto più della metà del la­ voro, e meno della metà in altri ventisei ; trenta

circondari! aveano promesso di presentare il lavoro ultimato dentro breve termine, mentre infine nei ri - manenti ottanta circondari! i respettivi comitati non aveano per anche fatto nulla e forse non vi aveano neanche pensato.

Ma la onorevole Commissione Reale non si è data nè si dà per vinta di fronte a tale negligenza delle pie amministrazioni, uè di fronte allo scoraggiamento ed all’ inerzia di molti comitati circondariali. La Commissione, con lodevolissimo zelo, raddoppia di premure, non risparmia incitamenti facendo appello alla cooperazione di tutte le autorità, promette elogi a chi lavora e pubblico biasimo a chi se uè sta neghittoso, ed è da credersi che l’ ingente lavoro statistico sarà in breve al suo termine.

So tutto il male si riducesse ad un ritardo di qualche mese, ed anche di qualche anno nel com ­ pimento di questa impresa non ci sarebbe poi troppa ragione di lamento ; ma è da temersi un guaio maggiore assai, che cioè il lavoro mandato avanti così a spintoni non riesca poi fatto a dovere, e che non si ottenga completamente lo scopo pre­ cipuo dell’ inchiesta quale è quello che nessuna pia istituzione sfugga al censimento generale della pubblica beneficenza, e che venga accertato nella sua verità ed integrità questo ingente patrimonio dei poveri. Tale dubbio ci viene confermato dal tenore di una circolare che l’on. Ministro dell’In­ terno ha diramata su questo argomento ai Prefetti in data 20 febbraio prossimo decorso, nella quale si dice che parecchi comitati circondariali compi­ rono il loro lavoro con lodevole sollecitudine, ma che spesse volte tale sollecitudine è riuscita a sca­ pito della esattezza, avendo alcuni comitati dichia­ rato sinceramente che per far più presto aveano accettate senza esame le tabelle come venivano dai municipii e dagli uflìcii governativi. Cotesta dichia­ razione ufficiale non è certo consolante, ma anche senza di essa ci sentiremmo ugualmente inclinati a dubitare del buon esito dell’impresa dietro l’ esame dei modi e dei mezzi c.on i quali si è inteso e si intende condurla al suo termine.

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sfacente con cui procedettero le precedenti inchie­

ste sulle opere pie affidate agli ufficii municipali ed alle Prefetture insegnava alla Commissione che occorrevano oggi altri mezzi migliori se non-si vo­ leva riuscire ai medesimi resultati ; che cioè biso­ gnavano all’uopo per ciascuna località persone che potessero e volessero mettere nell’ impresa tutto quanto lo zelo possibile, eccitandole col mettere in giuoco il loro amor proprio e la loro responsabi­ lità. Ma intendiamo bene, quantunque non lo dica l’on. Correuti, come nella scelta dei mezzi la Reale Commissione avesse le mani poco libere perchè quel Decreto reale che la nominava a tale gravis­ simo incarico non metteva poi a sua disposizione la più piccola somma di denaro.-Non potendosi adun­ que impiantare appositi ullìcii nuovi, la Commis­ sione stabilì d ie la compilazione delle statistiche sarebbe affidata alle stesse amministrazioni di opere pie, che il primo esame di cotesti lavori speciali sarebbesi fatto dalle Giunte comunali di statistica, e che infine sarebbe nominato per ogni circondario un comitato speciale d’inchiesta avente l'incarico di controllare rivedere e completare il lavoro presen­ tato dalle Giunte locali. — E facile dimostrare come cotesti mezzi non sieno adeguati alla importanza e difficoltà del lavoro di cui si tratta.

Abbiamo già dette le ragioni per le quali non poteva e non può farsi troppo assegnamento sulla buona volontà delle stesse amministrazioni di opere pie ; quindi la necessità di un serio ed efficace con­ trollo del primo lavoro che devesi supporre fatto tutt’altro che di buona voglia. — E qui deploriamo che in seno alla Commissione prevalesse la idea di giovarsi dell’aiuto delle Giunte locali di statistica. Chi ben conosce cosa sieno nel fatto coleste Giuute, nominate a casaccio dai Consigli comunali tanto e quanto per obbedire al decreto 3 luglio \ 862 senza che nessuno pensi se gli eletti abbiano I’ attitudine o la volontà necessaria all’ ufficio, saprà benissimo che forse una per ogni cento Comuni darà qual­ che segno di vita, mentre negli altri novantanove Comuni esse esistono appena nei registri dell’ uf­ ficio comunale. Le statistiche mensili ed annuali del movimento della popolazione, quali sarebbero il lavoro ordinario delle Giunte suddette, vengono compilate sempre dall’ ufficio comunale, e tanto è ormai radicato il concetto della inutilità e dell’iner­ zia di tali funzionarli che moltissimi Comuni non ne richiedono neppure la fuma quando le ram ­ mentate statistiche si inviano alla Prefettura. La stessa operazione straordinaria del censimento gene­ rale della popolazione eseguita al finire del 1881, la quale secondo la lettera della legge e dei rego­ lamenti avrebbe dovuto essere tutto 'lavoro di que­ ste Giunte di statistica, è stata nella massima parte dei Comuni compiuta dagli ufficii comunali esclu ­ sivamente. La inerzia completa di cotesti corpi esi­ stenti solo di nome, li rendeva affatto inabili a darsi cura di questa nuova ingerenza di esaminare e controllare la statistica delle opere pie. Quindi nep­ pure meraviglia ci fa oggi il leggere nei periodico sopra ricordato, e che è bene informato dell’ argo­ mento perchè l’egregio suo direttore è membro della Commissione reale d’inchiesta, come in questa faccenda gli organi che vennero meno assolutamente all’aspettazione furono le Giunte comunali di stati­ stica. La prelodata Commissione si accorse che non era da tenersi conto dell’ aiuto loro, e l’onorevole

suo presidente nella relazione di sopra ricordata ci dice come di sua autorità si rivolgesse ai sinda ci invitandoli a mettere in disparte le dette Giunte ed a fare essi stessi il lavoro opportuno chiamandoli responsabili dell’ operato. A dire il vero sarebbe stato ben poco male se il lavoro necessario invece ohe dalle Giunte di statistica fosse stato eseguito dai snidaci purché fosse fatto bene, ma sarebbe una utopia il fare troppo assegnamento sullo zelo degli ufficii comunali già sopracarichi di altri la­ vori e di altre responsabilità, e forse iu alcuni luo­ ghi tutt’altro che interessati a mettere le cose in chiaro su questo argomento delle opere pie.

Fu assai più felice il concetto per cui la onore­ vole Commissione volle creare una magistratura nuova per la revisione delle statistiche trasmesse dai Comuni, istituendo i Comitati circondariali d’in­ chiesta, in quanlochè ci volevano appunto per tale lavoro persone nominate appositamente, che non avessero altri incarichi da compiere, e che si po­ nessero all’opera con quello zelo che, per la natura umana, è proprio degli uomini nuovi e delle istitu­ zioni nuove. Di fatti se qualche cosa di buono e di meglio si è ottenuto e si otterrà in questa inchiesta ciò si dovrà, oltreché alla Commissiono reale, a questi Comitati, molti dei quali si sono già occupati e si occupano con lodevole zelo del compito loro affidato. Ma neppure essi possono fare quello che vorrebbero perchè non si è pensato a mettere a disposizione loro un personale adatto a coadiuvarli. Si tratta di scrivere lettere sopra lettere per chie­ dere schiarimenti qua e là, si tratta di controllare

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Tutto considerato pare dunque a noi che princi­ palissimo difetto nella organizzazione di questa in­ teressante impresa, sia quello di avere immaginato che possa compiersi a dovere senza nessuna spesa, come pare l’ abbia creduto I’ on. Depretis provo­ cando il decreto reale 3 giugno 1880, e come forse sul principio lo credè anche la prelodata Commis­ sione, la quale avrebbe fatto egreg amente se fino dal primo suo insediamento avesse parlato chiaro su questo proposito all’onorevole Ministro. L’ on. P r e ­ sidente Correnti nella sua relazione più volte ram­ mentata ci dice che i Comitati non si sono rivolti alla Commissione soltanto per avere schiarimenti ed istruzioni, ma anche per aver quattrini che la Com­ missione non può dare non essendo assistita in proposito da una legge speciale come lo sono le Commissioni per l’inchiesta agraria e per l’altra sulla marina ; e quindi conclude aneli’ esso che non si potrà forse raggiungere lo scopo se non provvede il Parlamento con un consenso. L’onore­

vole Correnti ha pienamente ragione; noi facciamo anche a meno della parola forse, e diciamo recisa­ mente che l’inchiesta non darà i resultati che po­ trebbe e dovrebbe dare se non si provvedono i mezzi necessari. Se i Comitati circondariali avessero avuto a loro disposizione un apposito personale pa­ gato, se avessero potuto spendere in gite sui sin­ goli luoghi, si sarebbe potuto fare a meno, fin da principio, dell’aiuto delle Giunte locali e dei Muni- cipii, aiuto effimero che ha fatto più male che bene. — E se cotesto bisogno di spesa hanno ri­ sentito e risentono i Comitati per questa prima fase dell'inchiesta, quale è la parte statistica, tanto più lo proveranno per l’altra parte tutta dottrinale e amministrativa. Ancora non si conosce il questio­ nario che per la seconda parte dell’impresa la Com­ missione Reale presenterà ai Comitati circondariali, o non sappiamo a quali altre Autorità, ma è facile supporre che con esso verrà sapersi principalmente se e quanto le amministrazioni pie corrispondono di fatto alle tavole di fondazione ed ai propri statuti, come procedono i servizi interni dei pii Stabilimenti, se le spese di amministrazione sieno o nò esage­ rate ecc. Quindi sarà necessario attivare lunghe ri­ cerche per rintracciare disposizioni antichissime, procedere ad ispezioni personali degli stabilimenti di beneficenza, e quindi redigere dettagliati rap­ porti ecc. È possibile far bene tutto cotesto senza spesa, o servendosi dei soliti mezzi troppo usati degli uffici Municipali e di quelli della Prefettura? — Lo dica chi se ne intende.

L’ opera presa di mira dal Governo con la pro­ mulgazione del rammentato Decreto reale è della massima importanza, e sarebbe cosa indecorosa per tutti se anche questa volta essa riuscisse imperfetta, e non raggiungesse pienamente il suo scopo. E se è provato che cotesto non può ottenersi senza mezzi adeguati, allora si provveda, e sia presentata in pro­ posito al Parlamento una legge apposita , se pure non può anche più facilmente provvedersi al bisogno nell’ atto che si approverà il bilancio del Ministero dell’ Interno per I’ anno in corso. — Ed a questo proposito riflettiamo che la inchiesta non è tanto di interesse dello Stato quanto e più delle singole lo ­ calità dove vi sono opere pie, giacché interessa spe­ cialmente cotesto, che le pie istituzioni erette a loro esclusivo vantaggio vengano amministrate e sorve­ gliate a dovere. Pare adunque a noi che le spese

dell’inchiesta potrebbero con ogni giustizia e conve­ nienza mettersi ih parte, ed anzi per la maggior parte, a carico della finanza locale ed in specie delle amministrazioni provinciali, con che si otterrebbe che il dispendio andrebbe in maggior misura a ca­ rico di quelle popolazioni a favore delle quali è mag­ giore il numero e la importanza delle istituzioni di beneficenza. Non crediamo davvero che le Ammini­ strazioni provinciali potrebbero e vorrebbero lamen­ tarsi di una spesa che può ascendere in media per ciascuna provincia ad un migliaio di lire o poco, più. — Sappiamo che la Commissione reale vorrebbe pure raccogliere, con lodevole intento, una biblio­ grafia della pubblica beneficenza, ma crediamo che poche Provincie possiedano lavori di questo genere che trattino di un gruppo considerevole di pie isti­ tuzioni, mentre nella maggior parte simili lavori ri­ guardano una data opera pia. O rbene, se si trovasse modo di sussidiarli convenientemente, crediamo che questi lavori verrebbero fuori, e formerebbero un corredo importantissimo dell’inchiesta sulle opere pie.

Si dice che l’onor. Ministro dell’interno sia pur esso persuaso della necessità di venire in aiuto alla Commissione Reale con risorse pecuniarie, ma che vorrebbe farlo spigolando quà e là pei capitoli del proprio Ministero qualche piccola somma, senza por­ tare la questione in Parlamento. — Abbiamo timore che con questo non si raggiunga lo scopo; le somme che l’onorevole Ministro potrà così mettere a dispo­ sizione della Commissione saranno vere miserie, e la inchiesta andrà avanti con la consueta fiacchezza causata principalmente da mancanze di mezzi ade­ guati. Se al Governo nostro sta a cuore il buon esito di questo lavoro, se vuole che coloro ai quali lo ha affidato corrispondano alla sua aspettativa, non pretenda da essi P impossibile, ma prepari loro i -modi e i mezzi necessari, senza di che l’ impresa riuscirà a ben poco e per un risparmio meschino se ne perderà lutto il benefizio sperato.

PROGETTO DI MODIFICAZIONI

all» legge salle Opere puHbliclie

Nel progetto inteso ad arrecare alcune modifica­ zioni alla legge sulle opere pubbliche si legge il seguente articolo :

« Nei capitoli d’appalto potrà essere stabilito un minimo di mercede che l’appaltatore dovrà assicu­ rare alle diverse categorie di operai, nel caso di cottimi di cui all’articolo precedente. »

L’articolo precedente porta che i cottimi sono permessi per la esecuzione di qualunque specie di lavori sotto la responsabilità dell’appaltatore. Il pro­ getto stabilisce inoltre che l’appalto non può venire concesso con un ribasso maggiore del 23 per cento sui prezzi d’asta. In caso di offerte di ribassi mag­ giori i nomi degli offerenti verranno imborsati e ne sarà estratto a sorte uno a cui sarà affidata 1’ im ­ presa col solo ribasso del 23 per cento.

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E la ragione non manca, e questa è la tutela dell'operaio, il quale spesso è sfruttato dall’ appalta­ tore e impreca al Governo, che non si cura di ga rantirgli un compenso sufficiente in opere fatte per conto dello Stato ed alle quali i lavoranti contri­ buiscono per la maggior parte. L’ on. Maffi non si contenta nemmeno della facoltà data al Ministro e vorrebbe convertirla in un obbligo.

Si potrebbe in primo luogo osservare che quan­ do il Governo trova chi si offre di eseguire un lavoro a un prezzo più basso, ciò viene a risolversi in una diminuzione di spesa che va a vantaggio dei contribuenti e quindi del pubblico in generale. — In secondo luogo con quali criterii il Governo p o ­ trà stabilire il minimum del salario? E una pretesa assurda com’ era quella che mirava a fissare il ma­ ximum delle mercedi e che fu una causa potente di scioperi violenti ed anco sanguinosi. La misura del salario dipende naturalmente dalla domanda di lavoro e dal numero delle braccia che si offrono, e siccome questo rapporto può mutare da un mo­ mento all’ altro, come potrebbe ragionevolmente il Governo ostinarsi a mantenere per tutta la sua du rata della impresa un minimum che secondo i casi potrebbe essere troppo alto o troppo basso? Eppoi d ie cosa sarà questo minimum ? Sarà il salario ne­ cessario o il salario normale per adoprare l’espres­ sione, del resto non molto commendevole, di al­ cuni scrittori ? Sarà cioè quello cbe occorre perchè l’operaio non muoia di fame, o quello cbe gli n e­ cessita per vivere un po’ più a garbo?

Aggiungi cbe il Governo nello stabilire il mini­ mum, si esporrà molto facilmente a non contentare coloro che vuole proteggere, e in questo caso in­ vece delle benedizioni di cui certi periodici parlano potrebbe riceverne altre di natura alquanto diversa. Aggiungi ancora che gli appaltatori potranno avere in mano un’arme per tenersi strettamente al m ini­ mum, quando forse dalle condizioni del mercato potrebbero, almeno in qualche caso, essere spinti ad una maggiore larghezza. Aggiungi finalmente che si ha un bel dire che in questo caso il Go­ verno è come un industriale che deve preoccu­ parsi della sorte di coloro che impiega, perchè non si tratta di imprese private, ma di opere da com­ piersi per conto dello Stato. A buon conto s’in­ troduce un principio nuovo, e, a parte l’assurdo nel caso presente, si fomenterà l’idea che lo Stato abbia il dovere di provvedere ad assicurare la sorte di tutti i lavoranti. Quando si entra su que­ sta strada, non si può mai sapere dove si anderà a finire. E allora perchè non si chiederebbe al Go­ verno di fissare il minimum di tutte le mercedi, o di stabilire le ore del lavoro, sostenendo col prin­ cipe dei socialisti tedeschi che da un certo nu­ mero di ore in là il lavoro è sfruttato dal capi­ tale ? Eppoi non attende il ministro Berti a prepa­ rare quella legislazione sociale, in cui taluno vede il risultato del fatto che trascina anche i nolenti ? Ed è incidentalmente che si vuole risolvere una questione così grossa ? Non ci pare davvero che fo n . Bacearini sia stato bene ispirato, e deploriamo che la ignoranza o il disprezzo delle verità econo­ miche più semplici ci conduca fino a questi sconci. Ma, lasciando ogni questione teorica e venendo alla pratica, si crede sul serio che quell’articolo sia applicabile ? A buon conto tutti i regolamenti coi quali altravolta si pretese inceppare il libero mo­

vimento dei salari non riuscirono à nulla. Eppoi non vedete che gli 'appaltatori avranno un mezzo facilissimo per eludere la legge? Questa prevede il caso di cottimi, ma quelli potranno agevolmente in­ vece del compenso pei cottimi dare un compenso di lavoro giornaliero. E ciò mettendosi d’accordo coi lavoranti, i quali per la necessità di campare la vita accetteranno quelle condizioni che sem bre­ ranno loro convenienti piuttostochè non essere im ­ piegati, tanto più che la legge pretende assicurare un minimum alle varie categorie di impiegati a cottimo, ma dei cottimi non determina il limite e la forma.

Sotto qualunque aspetto pertanto si consideri la proposta modificazione, essa non apparisce tale da potersi accettare. Teoricamente, lo ripetiamo, è un assurdo ; praticamente è inapplicabile. Si dice che la Commissione della Camera sia in maggioranza contraria a questa parte del progetto, e noi vogliamo sperare che avrà il disopra nella discussione, se pure fon . ministro imitando il suo collega di agri­ coltura e Commercio in qualche altra questione, non si decida avanti a ritirare l’articolo, che sa­ rebbe anche meglio.

LE SOVVENZIONI ALLA NAVIGAZIONE

Egregio sig. Direttore dell’ Economista. Nell’Economista del 18 febbraio scorso, n. 459, lessi con molto interessamento un assennato articolo dal titolo: Le sovvenzioni e la navigazione a vapore. Le considerazioni ivi svolte mi sembrano in tutto degne di elogio. Solo un paragrafo mi ha lasciato qualche dubbio. Anzi, dirò meglio: o io non ne Ito afferrato bene il concetto, o l’articolista in quel punto si allontana dal vero e dal giusto; trascrivo il pa­ ragrafo :

« Ma bisogna pensare che molti di questi incon­ venienti sarebbero evitati se le troppe esigenze del­ l’amministrazione non mettessero le compagnie nella necessità di rivalersi come possono, anche con mezzi da cui ripugnano, delle perdite loro. Se si desse loro p iù libertà, meno obblighi d’orario, e soprat­ tutto non si costringessero a tenere i vapori fermi, lasciando in loro la responsabilità di assicurare la par­ tenza, magari anche costringendole in caso d’avaria a noleggiare a qualunque costo un vapore, le co­ municazioni postali sarebbero assicurate (?) senza tanta perdita di danaro per le compagnie, alle quali il tenere vapori fermi costa troppo. »

Ecco ora il mio debole parere :

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sovvenzioni — ed anzi il termine usato è poco esatto — sono un correspettivo, ma corresponsione non v’è più quando una delle due parti non adem­ pia scrupolosamente agli obblighi che ha assunti in seguito ad una convenzione liberamente stipulata. 0 si' facciano altri patti allo spirare di questa, o si tengano i vapori fermi, anche con proprio danno, ogni volta che la regolarità del servizio postale lo richiede. In caso d’avaria noleggiare a qualunque costo un vapore. Ma lì per lì sarà sempre possibile in qualunque momento e in qualunque porto? Se sì, non dico altro: se no, si tengano i vapori fer­ mi, ecc., come ho detto dianzi. Non so come possa conciliarsi il buon servizio postale col dare alle compagnie di navigazione meno obblighi d ’ orario. In quanto alle parole più libertà, mi pare che l’ar­ ticolista avrebbe dovuto spiegarsi meglio, per esem ­ pio indicare quali tra gli obblighi imposti oggi alle compagnie di navigazione sono superflui e si po­ trebbero togliere senza dittino di nessuno. Suppongo che parlando di una maggiore libertà egli abbia voluto alludere a nuove e future convenzioni po­ stali, non già a una meno rigorosa osservanza ili quelle vigenti, giacché in quest'ultim o caso il tor­ naconto di una delle due parli andrebbe tutto a detrimento dell’altra e , come osservavo un momento fa, non vi sarebbe più giusta corresponsione.

Comunque sia, è innegabile la necessità di servire alle esigenze del servizio postale ed anzi estenderlo in paesi lontani in rapporti coll’ Italia, conciliandole collo impulso che può e deve ricevere presso di noi l’industria privata della marina mercantile.

E poiché nelle prime righe del citato articolo del suo giornale era fatta menzione di una pregevole memoria del comm. Giovanni Laganà sull’argomento delle sovvenzioni, mi permetto di render note ai suoi lettori alcune tra le importantissime proposte avanzate dal medesimo in occasione dell’ Inchiesta parlamentare sulla marina mercantile. Sono certo che non lutti le conoscono, quantunque sieno contenute in un lavoro già pubblicato da un pezzo (il 4° vo­ lume degli A tti,della Commissione d’ inchiesta) e sieno state anco riassunte dalla Rivista Marittima nel suo numero dello scorso settembre.

Anzitutto il Laganà desidera da parte dello Stato un po’ di protezione alla marina nazionale contro la concorrenza terribile e soverchiatrice che le fanno le marine estere', ma non vuole nessun monopolio interno. Opina pertanto che le sovvenzioni devono accordarsi a quelle Compagnie italiane che nelle trattative col Governo dieno garanzia di solidità e di buona amministrazione e possano assumersi e ben disimpegnare gli obblighi risultanti dalle convenzioni che fossero per stipulare; compagnie tra le (juali la rete marittima da stabilirsi verrebbe ripartita in guisa che non si urtassero tra loro, precisamente come fanno le diverse Società ferroviarie che operano cia­ scuna in una determinala zona di un medesimo Stato.

E qui appunto sta la caratteristica del progetto Laganà: una rete di linee marittime da tracciarsi secondo un piano armonico e preordinato ai bisogni presenti e futuri del commercio nazionale e inter­ nazionale. — In massima tale concetto a me sem ­ bra ottimo, ed osservo anzi che si suole applicarlo anco in altre specie d’ imprese e di servizi pubblici. Così con la legge del 1879 per completare la r’ete ferroviaria della penìsola si è fatto un piano gene­

rale, le cui singole parti verranno eseguite in vari e successivi periodi di tempo ma sono coordinate all’esecuzione del tutto insieme secondo un unico, concetto direttivo. Così parimente quando una città cospicua vuole procedere a un notevole amplia­ mento e a grandi lavori edilizi e per conseguenza allo necessarie espropriazioni di terreni e di fabbricati, non ottiene, a norma di legge, il decreto reale di approvazione se non in base a un piano regolatore cite giustifichi il bisogno di espropriare e palesi i concetti secondo i quali il complesso dei lavori è stato immaginato e verrà eseguito. Perchè i servizi postali e commerciali non dovrebbero avere anche essi il loro piano regolatore? — È necessario, dice il Laganà, riordinare ed estendere i servizi marit­ timi in modo che essi siano la naturale continuazione sul mare delle linee ferroviarie ed allacciando gli uni e gli altri coti bene ordinati servizi cumulativi, tanto per merci, quanto per passeggierò Lungi dal proporre premi per qualunque percorrenza, come fa il governo francese, l’autore vuole che le sovven­ zioni sieno date per servizi su una rete marittima determinata dal Governo o da esso approvata, e ri­ partita coi seguenti criteri in tre categorie.

1° Servizi postali i cui battelli non debbono avere una velocità minore delle miglia dieci. Scopo pre­ cipuo di questi battelli dev’ essere il trasporto dei passeggieri e della posta, e gli orari di partenza deb­ bono essere perfettamente rispettali.

2° Servizi postali-commerciali, con velocità di nove miglia per ora; a questi verrebbero concesse più lunghe soste nei porti, affine di rendere possi­ bili le operazioni di commercio.

-5° Servizi commerciali eseguiti con velocità di otto miglia, con lunghe fermate nei porti e tolle­ ranza negli arrivi e partenze.

Il Lag anà divide poi il complesso delle linee da istituire o da modificare, in tre parti, da non co n ­ fondersi colle sopraddette categorie, assegnando alla attuazione di ciascuna un diverso periodo di tempo a seconda della riuscita della prima, dei bisogni del commercio e delle condizioni delle pubbliche finanze. E nel progetto e calcolato in leghe il to­ tale delle percorrenze proposte, mentre in una ta­ bella speciale viene spiegato il perchè di ogni sin­ gola linea.

Le anzidette categorie essendo tre, sono anche tre le diverse quote di sovvenzione che l’autore propone ; e cioè:

Lire trenta per ogni lega di navigazione pura­ mente postale, ossia in tutti quei servizi a grande velocità unicamente stabiliti pel trasporto delle cor­ rispondenze sia nelle linee interne che in quelle internazionali.

Lire diciotto per ogni lega di percorrenza in servizio postale-commerciale per quelle linee che si propongono entrambi gli scopi.

Finalmente lire quindici per lega per tutte quelle linee obbligatorie puramente commerciali che seb­ bene non si prestino, pei luoghi che allacciano, al trasporto delle corrispondenze, è pure nostro inte­ resse di vedere attivate.

Siffatta classificazione, a me sembra molto razio­ nale, ed ecco perchè.

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199

cessante per causa della necessaria puntualità del servizio.

Deve inoltre giungere a giorno ed ora fissa, compatibilmente colle intemperie e fare grandissimo consumo di carbone per lottare coi venti contrari e col mare agitato. Dunque danno emergente, sem­ pre per la medesima causa. Ragion vuole che un tale servizio sia il più retribuito.

Sulle linee di seconda categoria richiedendosi, secondo il progetto Laganà, velocità minore ed, ac­ cordandosi una più lunga fermata nei porti, le Compagnie unitamente al servizio postale potrebbero fare quelle operazioni commerciali dalle quali rica­ vano i loro utili. Pertanto basterebbe una sovven­ zione minore, sia perchè corrispettivo di obblighi meno gravi, sia perchè nel bilancio delle Compa­ gnie marittime verrebbe aggiunta a un lucro già ricavato dalle operazioni commerciali.

1 inalmeute una sovvenzione anco più modica pei viaggi sulle linee di 3 a categoria, cioè pura­ mente commerciali. E qui pure la ragione è evi­ dente.

Se non che qualche lettore potrebbe domandare: Perchè una sovvenzione, sia pur modica, ad un ser­ vizio non postale epperò non pubblico, ma commer­ ciale e quindi di privata speculazione? — Ecco qua : L interesse immediato sarebbe, è vero, delle C om ­ pagnie marittime, ma uno mediato ve ne sarebbe pure pel commercio nazionale, ossia per tutta quella parte del paese che lavora e produce. E interesse dell’Italia che alle sue produzioni agricole e mani­ fatturiere si aprano nuovi sbocchi e 'c h e l’importa- zione dei generi di consumo di cui abbisogna si faccia direttamente dai luoghi d’origine, senza pas­ sare per le mani degli stranieri che vi lavorano so­ pra a scapito nostro. L’ industria marittima, come tutte le altre, è libera e si svolge in quei luoghi ove sa di poter trovare un maggiore e più facile gua­ dagno; ed infatti accanto alla navigazione regolare e sovvenzionata v’è in tutti gli Stati la navigazione libera che oggi drizza la prua a levante, domani a ponente secondo il suo immediato tornaconto. Ma mentre sarebbe anche tanto utile pel commercio ita­ liano che il nostro paese avesse mezzi di comunica­ zione regolari e costanti con certi scali lontani, quanti sono in Italia che hanno il coraggio e i mezzi di avviarle, coteste comunicazioni, e di mantenerle? Anche là dove una data industria è promettente per l’avvenire, i primi passi spesso cosían caro. Quanti sono tra noi, che in vista di un lavoro remunera­ tivo in avvenire, hanno coraggio e mezzi di intra­ prenderlo e condurlo per alquanto tempo senza gua­ dagno o con perdita? Lascio poi da parte le ragioni politiche che la nazione può avere per possedere comunicazioni con certi dati paesi. Ora adunque por avviare coteste comunicazioni, per iniziare i rap­ porti tra il nostro e certi altri paesi e lo scambio dei prodotti, il Laganà propone una sovvenzione anco alle linee puramente commerciali. Ma badiamo: non già come la la Francia che premia, secondo Pulii ma legge, qualunque viaggio eseguito da navi fran­ cesi; bensì in corrispettivo, anco in questo caso, di qualche onere imposto. E l’onere sarebbe l’ obbligo di eseguire viaggi verso certi dati porti e non altri, e con una determinata frequenza.

E la frequenza e gli itinerari e il punto estremo di ogni viaggio, e le toccate intermedie, tutto sa­ rebbe da determinarsi dallo Stato, che spendendo il

danaro di tutti i contribuenti, avrebbe il diritto di disporre ogni cosa a maggior vantaggio di tutto il commercio del paese.

— Ella vede, signor Direttore, quanto questo piano sia armonico e razionale. Può essere come ogni cosa di questo mondo, suscettibile di censure e di modificazioni utili. Per esempio, capisco che non tutti siano disposti ad approvare il concetto che ispira l’istituzione delle linee di terza categoria. Molto si potrebbe discutere su ciò, ed anzi bisogna sperare che una buona volta se ne discuta anco in Parlamento. Ma che il piano in complesso sia degno d’ammirazione e di studio profondo e coscienzioso, mi pare non possa negarsi da nessuno. E io ho creduto prezzo dell’opera il farne un breve cenno ad uso di quei suoi lettori — e spero sieno mqlti — che si interessano alle sorti della marina italiana, non essendomi accorto (ma posso sbagliare) che I’ Economista abbia mai parlato del piano stesso.

Mi perdoni se ho abusato dello spazio prezioso del suo ottimo periodico, e mi creda

Dev. Suo

E. Z.

LEON SM E LI SOEIETÌ DI E C H I POLITICI

d i I A o n e

Il 28 marzo ebbe luogo a Lione il banchetto an­ nuale della Società di Economia Politica di quella città. Y’ intervenne il sig. Leon Say, tanto più op­ portunamente invitato in quanto la data de! banchetto coincideva coll’ inaugurazione del busto di 6 . B . Say, uno dei grandi maestri dell’Economia Politica.

Disse alcune parole il deputalo Flotard presidente del banchetto; poi il sig. Léon Say prese la parola. Dopo avere ringraziato dell’omaggio che si rendeva al suo avo e dopo averne passati rapidamente in ras­ segna i primi anni, si intrattenne sugli studi di lui. Egli pose anzitutto in rilievo che per G. B. Say la scienza economica consisteva nello studiare le leggi che presiedono al grande ordinamento naturale, al quale non bisognava sostituire idee preconcette. « Sventuratamente, aggiungeva, i nostri politici e i nostri economisti sembrano dimenticare questi prin­ cipi'- Eppure le leggi economiche sono leggi che per me sono così certe come le leggi fisiche e matema­ tiche; non si saprebbe violarle impunemeute. » Il sig. Léon Say ha, a nostro avviso, perfettamente ra­ gione, e noi ci troviamo sempre a muovere gli stessi lamenti, a deplorare le stesse aberrazioni, se non colla stessa autorità, certo colla stessa piena convin­ zione. Non passa quasi giorno senza che nei libri degli scrittori s’incontrino i vecchi sofismi rivestiti a nuo- -vo, e quel che è peggio è spesso il legislatore che pretende sostituire il proprio arbitrio all’azione delle leggi naturali.

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insieme, le sofferenze della industria vengono da ciò che il consumo si restringe dacché l’industria prova la difficoltà di spacciare i suoi prodotti. Ciò con im­ pedisce a certi economisti di volere sopprimere In concorrenza. Altra soluzione empirica è quella di fare intervenire la politica. Ora, secondo il sig. Say, la vera politica, quella che ha un’azione considere­ vole sulle questioni economiche, è piuttosto una po­ litica di astensione che di azione. È quella che as­ sicura la sicurezza delle relazioni commerciali e per­ mette al lavoro individuale di svilupparsi, ma non è quella politica che interviene ad ogni istante ne­ gli affari del popolo.

Secondo il Sig. Say, non si può chiedere allo Stato di venire in aiuto al budget dell’industria. Ha da pensare abbastanza ad equilibrare il proprio. Le difficoltà dell’ industria provengono piuttosto dagli ostaceli creati dalle tariffe. I salari saranno più as­ sicurati quando l’industria sarà sviluppata, e da qui la importanza di allargare gli sbocchi, imitando l’In­ ghilterra. Concluse dicendo che sarà sempre pronto a difendere la grande causa della libertà commer ciale.

A noi è ragione di conforto l’intendere ripetuta questa professione di fede, corroborata da validi ar­ gomenti, da un uomo eminente, che unisce alla dottrina la pratica del governo. Molte delle cose che egli ha dette e che probabilmente 1 giornali fran­

cesi hanno finora riferite in compendio, tornano a capello anche per noi. Più sopra notavamo la de­ plorabile tendenza a porre ostacoli artificiali a d i ­ zioni delle leggi naturali ; aggiungeremo ora che si è aprendo nuovi shocchi ai nostri commerci, che potremo promuovere lo sviluppo delle nostre indu­ strie, che altri chiede alla protezione. In questo senso ci confessiamo di essere abbastanza primitivi per essere rimasti al punto a cui era arrivato G. B. Say.

CENNI ECONOMICI SULL’ URUGUAY

La Bevue Commerciale Maritime et Financiére di Montevideo del 19 febbraio u. s. contiene i se­ guenti dettagli ufficiali sul movimento economico di quel paese nell’ultima quindicina di gennaio i quali ne caratterizzano l’attuale situazione.

In articoli d’importazione si sono trattati affari im­ portanti. Il mercato delle lane fu molto attivo gra­ zie ai compratori di Buenos Ayres. Le rendite di Dogana hanno raggiunto nel corso di quel mese la cifra eccezionale di piastre 521,448 contro 5 5 9 ,172 p. nel 1882 e 5 6 0 ,9 0 6 nel 1881. In detta somma di 5 2 1 ,4 4 8 la esportazione figura pel valore di p. 151,287.

Durante lo stesso periodo la Dogana di Buenos- Ayres produsse 1,555,061 piastre in oro. Ora se si pensa che quella Dogana è il deposito di 14 pro­ vincia, di una popolazione in complesso sei volte maggiore che quella dell’Uruguay, si vede che que­ sta ùltima Repubblica occupa un posto relativamente preponderante nel commercio platense.

I portatori di titoli del Debito interno sono stati convocati a riunione generale il 51 gennaio p. p. per procedere alla elezione di una nuova Rappre­ sentanza. Nel suo resoconto la Commissione il cui mandato è terminato, ha potuto constatare che il governo dell’Uruguay ha adempiuto con intiera fe­

deltà gl’impegni assunti colla Convenzione del 20 feb­ braio 1878 e che mercè questa regolarità scru­

polosa, i titoli hanno aumentato nel corse dell’anno 1882 di circa 40 0|0.

Dal lS 7 8 a l 1882 l’ammortamento fu di p. 7,044,145, cioè circa del 15 0 |0 del totale del Debito interno al­ l’epoca della Convenzione 1878.

Durante quei 5 anni furono emessi 9 ,9 9 7 ,4 7 9 piastre in titoli speciali per differenza di interessi e vennero ammortizzate 2 ,786,255 piastre ossia 27 0 |0 del totale della emissione.

I corsi del Debito interno si mantengono fermis­ simi, ciò che risulta contemporaneamente dall’ au­ mento d’interesse di cui godono quei titoli dal 1° gen­ naio 1885 e dalla fiducia generale in cui sono i pos­ sessori che gli impegni assunti dal Governo colla ultima Convenzione saranno esattamente mantenuti.

La finanza e la politica sono fra loro cosi stret­ tamente connesso che la buona situazione dell’ una agevola il buon andamento dell’altra e garantisce la sicurezza di entrambe.

RISCOSSIONI E P A G A M E N T I

Dalla Gazzetta Ufficiale è stata in questi giorni pubblicata la situazione del Tesoro al 28 febbraio p. p. i cui risultati principali furono i seguenti:

V i t i v o .

Eoiidi di cassa e crediti di tesoreria

alla scadenza del 1882 . . L. 763,881,306 39 Crediti di teso reria... » 45,837,801 74 Entrata o r d i n a r i a ... » 176,852,987 13 Entrata straordinaria . . . . » 29,062,107 49 Debiti di tesoreria al 28 febb. 1882 » 493,542,402 51 L. 1,509,176,605 26 P a s s i v o .

Debiti di tesoreria alla scadenza

del 1882 ... L. 437,741,557 40 Pagamenti a tutto febbraio 1883 » 150,235,018 92 Cassa al 28 febbraio 1883 . . » 796,947,617 34

Crediti id. . » 124,222,411 60

L. 1,509,176,605 26

Gli incassi del mese di febbraio ammontano a L. 1 2 1 ,1 0 8 ,2 2 3 ,1 7 .

Troviamo nell’ imposta fondiaria una differenza in meno di L. 1 ,242,584,27 proveniente, secondo ci avverte la Direzione del tesoro, in parte dagli effetti portati dalla legge 27 dicembre 1882, di sospensione del pagamento delle imposte a favore dei danneggiati delle provincie venete e lombarde : in parte dal fatto che in parecchie provincie, non essendo pronte le cauzioni dei nuovi esattori, si è dovuto prorogare la riscossione sino alla rata successiva. Abbiamo invece un aumento di lire 2 ,8 4 9 ,3 3 6 ,0 2 al titolo Dogane e diritti marittimi, dovuto in piccola parte a maggiori importazioni di spiriti, e principalmente a più ragguardevoli introduzioni di zucchero e di caffè.

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troitarono in febbraio per le rimanenti L. 13,7 5 7 ,3 5 5 ," 6 dall’ essersi trasportata dalle partite di giro alle spese effettive la rendita di L. 3 5 ,1 8 7 ,2 5 0 di consolidato 5 per cento, data agli assuntori del prèstito di 644 milioni per I’ abolizione del corso forzoso. Gli in­ teressi di questa rendita venivano prima incassati a favore del Tesoro; perchè essa faceva parte del deposito a garanzia dei 9 4 0 milioni di biglietti ma tuati al Tesoro dal Consorzio degli istituti di em is­ sione.

Un’altra importante diminuzione di L. 4 ,974,676,57 troviamo nella riscossione dei crediti, proveniente quasi totalmente dal versamento fatto in febbraio ■1882 pel prodotto della realizzazione di parte delle attività derivanti dal riscatto delle F . R , versamento che non può rinnovarsi nel corrente anno. Il maggior incasso di L. 10,241,891,90 verificatosi nel mese di febbraio 1882, era dovuto esclusivamente a re­ golazioni di versamenti in conto del prestilo dei 614 milioni per I’ abolizione del corso forzoso.

1 pagamenti fatti dalle tesorerie nel mese di febbraio ascesero a L. 4 0 ,1 8 8 ,1 2 7 ,9 7 , con una dif­ ferenza in meno di L. 5 ,423,968,33 sul corrispondente

mese del 1882.

CRONACA DELLE CAMERE DI COMMERCIO

Camera di Commercio di Catania. — Nella

seduta del 15 marzo esauriti alcuni affari relativi ai contratti cogli esattori il segretario passò a dar lettura della relazione da esso compilata riferentesi allo stato dell’agricoltura, industria e commercio nella provincia di Catania per l’anno 1882, corre­ data da quadri statistici relativi alla importazione ed esportazione, al movimento del porto, e ai prezzi, correnti insiem e a un rendiconto delle pratiche oc­ corse e delle questioni più importanti trattate dalla Camera durante l’anno 1882.

La Camera approvò in tutte le sue parti la su­ periore elaborata Relazione, ed ordinò che essa venga pubblicata per le stampe e trasmessa a S. E. il Ministro di Agricoltura, Industria e Commercio, alle Autorità locali, ,ai principali Municipi della Provincia e alle Camere consorelle.

Camera di Commercio di Siena. — Nella to r­

nata del 20 marzo dopoché il Presidente ebbe in ­ vitato gli adunati a volere proporre dei nomi per la formazione del ruolo dei curatori dei fallimenti, fu data comunicazione di una nota dell’onorevole Ministro del Tesoro del 19 marzo 1883 colla quale fa noto alla Camera che egli è dispiacente di non potere almeno per ora soddisfare ai desiderio da lei espresso colla deliberazione del 12 marzo corr. poiché le Tesorerie autorizzate al cambio in oro dei biglietti di taglio da L. 5 e superiori vennero specificate dall’art. 5 della Legge 7 aprile 1877 e dal R. decreto 12 ottobre ottobre 1881 n. 1153. Inoltre il Ministro stesso è d’avviso ^che pel mo­ mento sia necessario rivolgere tutta 1 attenzione al­ l’eseguimento ed allo sviluppo dei provvedimenti già emanati. Su di che la Camera ad unanimità de­ liberò : tornare ad insistere presso l’on. Ministro del Tesoro perchè a senso dall’art. 4 del R. de­ creto 1 marzo tenga presente la istanza della Ca­ mera di Commercio di Siena ora per quando verrà

estesa l’autorizzazione del baratto dei biglietti di ta­ glio superiori a L. 5 ad altre tesorerie del Regno.

Camera di Commercio di Varese. — Nella se­

duta del 16 furono prese le seguenti delibera­ zioni :

I o Sul progetto del nuovo regolamento per l’esercizio della pubblica mediazione elaborato a norma delle disposizioni del nuovo Codice di Com­ mercio, la Camera trovò conveniente dopo lunga discussione che prima di passare alla discussione degli articoli, si provocasse anzitutto una decisione ministeriale per conoscere, con precisione, quali e quanti, nella nuova legislazione commerciale, sieno gli uffici pubblici per cui si richiede un’autorizza­

zione speciale, e pertanto la iscrizione nel rumo,

la cauzione, ecc. .

2° Aderì ad una proposta della Lum en ui Commercio d’Alessandria per l’apertura d’un Con­ gresso delle Camere di Commercio del Regno da tenersi in Torino nel 1884, durante I Esposizione Generale Italiana, per discutere e proporre la re­ visione della tariffa doganale, in relazione dei bi­ sogni delle industrie e della produzione nazio­

nale. .

3° Finalmente su mozione del consigliere sig. Adreani venne deferito l’incarico alla Presidenza di adoperarsi, nel modo che reputerà più conve­ niente, affinchè, quando mai diventi un fatto com - piuto la concessione di una ferrovia Ira Novara- Como, sieno almeno non postergati i legittimi in­ teressi del Circondario di Varese.

Cartiere di Commercio di Parigi, Bordeaux, Marsiglia e Havre. — 1 delegati di queste quattro

Camere di Commercio hanno rivolto al Ministro del Commercio una nota diretta ad ottenere che il commercio delle carni di maiale salate provenienti dall’America ritorni libero come lo era prima del 18 febbraio 1881 ; che si ritorni per conseguenza nel diritto com une'solo mezzo, essi dicono, di per­ mettere a questo commercio di riprendere tutta la sua attività e di procurare alla classe operaia di avere uu alimentazione a buon mercato. Per rag­ giungere questo scopo essi proposero al ministro del Commercio.

I o Di ritirare il progetto di legge deposto alla Camera dei deputati.

2° D’annullare puramente e semplicemente il decreto di proibizione.

BULLETTINO DELLE BANCHE POPOLARI

Banca Cooperativa Fasonese. — Questa banca

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so-202

L’ E C O N O M I S T A

1° aprile 188,1

cietà cooperative anonime conformando allo stesso il proprio statuto.

Banca popolare Piacentina agricola industriale.

Azienda del 1882. — Bilancio consuntivo. Gli utili netti della gestione del 1882 ascesero a L, 72,240.50.

B,lancio patrimoniale. — Al 31 deeembre 1882 il capitale sociale era di L 1,000,000 diviso in 20,000 azioni di L. 50 ciascuna, il fondo di riserva di I.. 2 5 0 ,0 0 0 e il fondo di previsione di L. 2 0 ,567.93 in tutto L. 1,270,567.92

Sconti. — I recapiti fatti nel 1882 furono in nu­ mero di 1760 per un valore di L. 2,635,459 contro 663 per un valore di L. 1,673,171.63 nel 1881 o i prestiti N. 10,745 per un valore di L. 9,7 5 3 ,1 6 5 .3 3 contro N. 9371 per un valore di L. 8 ,794,359

nel 1881.

Risconto di portafoglio. — Nel 1882 i risconti furono N. 2357 per un valore di L. 5,6 4 0 ,6 4 3 .4 6 . Nel 1881 erano stati 1740 per un valore di lire 4 .3 41,896.24.

Effetti ricevuti per l'incasso. — Furono nel 1882 N. 2034 per un valore di L. 1 ,948,645.08 contro riunì. 1352 per un valore di Lire 1,20 0 ,0 8 9 .0 4 nel 1881.

Effetti presentati e ammessi allo sconto. — Nel 1882 gli effetti presentali furono N. 5472 per un valore di L. 6,865,(¡08.01 e gli ammessi N. 4785 per un valore ili L. 6 ,2 23,291.39. N el 1881 I pri­ mi erano stati 4055 por un valore di L. 5 ,1 3 7 ,9 0 8 , e i secondi N. 3257 per un valore di L. 4,331,839.

Effetti protestati — I protestati furono nel 1882 N. 107 per un valore di L. 119,472.62 e gl’ in­ cassali N. 76 per un valore di L. 72,306.41. Nel 1881 i primi N. 104 per uu valore di L. 113,178.71 e i secondi N. 64 per un valore di L. 66,168.05.

Anticipazioni su valori pubblici e riporti. Nel 1882 furono Num. 137 per un valore di Lirr 4 0 7 .4 6 9 .9 5 contro N. 137 per un valore di Lire 1,0 9 1 ,1 0 6 nel 1881.

Emissione e pagamento di assegni. — GII emessi nel 1882 furono N. 6289 per un valore di Lire 4,425,283 contro N. 5408 per un valore di Lire 3,8 3 7 ,7 8 8 05 nel 1881, e i pagati N. 1295 per un valore di L. 1,293,985.04 nel 1882 contro 1166 per un valore di L. 1,302,521 nel 1881.

Depositi a risparmio. — f versamenti nel 1882 furono N. 4686 per un valore di L. 2 ,9 2 0 ,1 2 6 .2 6 contro 3 9 3 8 per un valore di L. 2 ,9 2 6 ,7 6 2 .2 4 , e i rimborsi N. 3222 per un valore di L . 2,7 1 7 ,6 1 3 .6 4 nel 1882 contro 4 6 7 7 per un valore di Lire 2,377,9 41.81 nel 1881.

Depositi in conto corrente. — 1 versamenti nel 1882 ammontarono a N. 2388 per un valore di L. 3 ,6 8 9 ,9 3 0 .0 4 contro 2308 nel 1881 per un va­ lore di L. 5,667,1 42. 43. I rimborsi furono N. 3733 per un valore di L. 3,813,817.81 nel 1882 contro 3511 per un valore di L. 5 ,393,890.89 nel 1881.

Buoni fruttiferi. — Gli emessi nel 1882 rappre­ sentarono un valore dj L. 500,843.69 contro Lire 3 3 4 .271.96 nel 1881, e i pagati nel 1882 ebbero un valore di L. 469,617.21 contro 2 1 3 ,1 9 7 .4 6 nel 1881.

Movimento di cassa. — Gl’ introiti nel 1882 eb­ bero un valore di Lire 50,9 7 8 ,8 8 7 .9 0 contro Lire 2 4 ,4 6 3 ,9 6 8 .6 5 e i pagamenti nel 1882 furono per la somma di L. 30 ,9 3 8 ,5 4 1 .1 0 contro L .26,574,265.02 nel 1881.

Banca mutua popolare di Verona. — Nell’ as­

semblea generale tenuta il 2 5 febbraio, e il 4 marzo p. p. gli azionisti della Banca approvarono insieme allo statuto riformato, la proposta del consiglio di amministrazio' e diretta a far sì che la Banca mu­ tua popolare d| Verona si affermasse Società coo­ perativa di credito. La commissione incaricala di studiare e di riferire su questa proposta, fa sapere nella sua relazione che il concetto e lo scopo pei quali la Banca mutua venne fondata essendo stali quelli del mutuo credito fra i soci, essa se noti si fosse trasformata in cooperativa avrebbe mancato agli obblighi e al carattere che assunse, allorché prose vita, avrebbe renunziato ai benefizi che la legge attribuisce a queste popolari istituzioni per il loro più popolare sviluppo, e sarebbe entrata in una sfera d’azione manifestamente contraria ai voti tante volle manifestati dai soci nelle loro assemblee ge­ nerali. E qui la relazione domanda quali benefici’! avrebbe la società se renutiziando al suo carattere originario volesse rimanere una ordinaria società anonima ? quali i danni e i vincoli a cui si sotto­ pone affermandosi Cooperativa? Come società ano­ nima, essa dice, avrebbe indubbiamente allargato la sua sfera di azione perchè le sarebbe possibile ogni atto che lo statuto autorizzasse di compiere, ma quali atti per conservare il suo carattere di coope­ rativa sarebbero interdetti alla Banca? La relazione osserva in proposito ohe non viene ad essere inter­ detto nessun atto di quelli che lo statuto primitivo permetteva, ma soltanto quelli che hanno per og­ getto l’alea, le speculazioni ; e così non le sono in­ terdetti quegli atti che tendono ad allargare la sfera del credito ai soci, nè quelli che temporaneamente in mancanza dell’ordinario impiego pel credito dei soci, sono da una saggia e ponderata amministra­ zione consigliati, affinchè le giacenze non riman­ gano infruttifere. La relazione passa poi ad esporre i criterj che diressero la Commissione nel formulare il nuovo statuto, che dice di aver desunto dagli studj speciali fatti dall’Associazione generale delle Banche popolari di Milano, e che furono specializ­ zati «lai segretario di quell’associazione Avv. Pietro Manfredi in un lavoro pubblicato col titolo ; La Società cooperativa — Studj.

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