L'ECONOMISTA
GAZZETTA SETTIMANALE
SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, F E R R O V IE , IN T E R E S S I P R IV A T I
Anno X - Voi. XIV
Dom enica 22 Aprile Ili fri
N . 468
L I RIFORMA DELLA LEGGE CGMUMLE E PROVINCIALE
Se i nostri lettori hanno in memoria vari articoli che venimmo pubblicando nel nostro giornale intorno alla tutela dei Comuni, e se r cordano un lavoro pubblicato pure in quesie colonne da uno dei nostri collaboratori ‘), rammenteranno anche con quanta in sistenza abbiamo cercato di dimostrare assurdo il si stema odierno che affida alle Deputazioni provinciali ed alle Prefetture la tutela amministrativa dei Co muni del Regno.— Rimandiamo i lettori a quei molti articoli durame questi ultimi anni pubblicati d¡\W'Eco nomista su tale argomento, elio qui non vogliamo ripe tere i motivi per i quali condannavamo il sistema, vi gente oggidì, per l’attuale legge Comunale e Provinciale. Solo ci piace ricordare che concludevamo della n e - cessità di istituire un’ apposita magistratura, la quale dovesse esercitare efficacemente, e non come avviene oggi, solo apparentemente la tutela di queste prime cellule dello Stato amministrativo, dalle quali però dipende moltissima parte del benessere della nazione. Ed anzi noi esponemmo la opinione che fosso necessario creare questa nuova magistratura per ogni comune, poiché i disordini che si manifestano in genere nella contabilità e nelle finanze comunali, sono tanti e di tal natura, da non esser presumibile che le disposi zioni legislative possano ripararvi, tanto più che la legge 2 5 marzo 1 8 6 5 oggi vigente, interpretata con molta severità dalle molte circolari ed istruzioni mi nisteriali, e da molti pareri del Consiglio di Stato, lungi dall’ aver fatto buona prova, lasciò sussistere e continuare disordini, qualche volta scandalosi; e mostrò in modo evidente l’ assoluta impotenza della legge, a scemare l’arbitrio, il capriccio e talvolta la poca onestò o la poca prudenza degli amministratori comunali. E tanto più insistevamo sopra questo punto, inquantocbè la pratica ci aveva fatto cono scere come molte volte le circostanze, la forza mag giore, e l’ordine stesso delle cose, obbligassero gli Amministratori dei Comuni a contravvenire alle più chiare disposizioni di legge, e la superiorità tutrice fosse costretta a chiudere un’occhio su queste forzate contravvenzioni. Il che, se poteva in dati casi tornar utile, come il minor male, era però sempre un fatto assai grave e pericoloso poiché permetteva, coll’esempio, di eludere la legge, anche quando il capriccio, l’arbitrio, la prepotenza soltanto lo richiedevano. Queste con vinzioni, suffragate da una serie di fatti, pur troppo') Sul sistema tributario dei Comuni e delle P r o vincie, del Prof. A. J . De Jo h a n n is, 1877.
a tutti noti, ci avevano fatto suggerire la creazione di un nuovo magistrato, che noi — il nome poco importa — chiameremmo il Censore, il quale, eletto direttamente a tale carica dagli elettori, fosse retri buito, ed avesse l’ ufficio di rivedere la contabilità e tutto quanto riguarda la finanza del Comune, ed esercitasse con più serietà ed autorità, quella specie di controllo legale che viene affidato oggi al Segre tario Comunale, il quale, dipendente cotn’è cìal Sin daco, dalla Giunta e dal Consiglio, non può che di viderne le id e e , o soccombere ove volesse mai lottare.
Aggiungevamo, che per non mettere in balia del Censore la sicurezza del Comune, e quindi renderlo più potente del Sindaco e della Giunta, si poteva istituire il Consiglio provinciale o mandamentale dei C en sori; al quale Consiglio, i Sindàei e la Giunta potesseionei casi di conflitto appellarsi, e finalmente proponevamo che in terza istanza il Consiglio di Stato dovesse anche trattare e decidere le controversie.
Nel progetto di legge, che l’onor. Depretis ha al cuni giorni or sono presentata alla Camera nei De putati, troviamo con vera soddisfazione accolta se non la nostra proposta, almeno il principio dal quale essa partiva. Innanzi tutti è da lodarsi il Ministro il quale ha tolta ogni ingerenza delle Deputazioni provinciali sui Comuni. Era infatti assurdo che le deputazioni, le quali emanano dal Consiglio provin ciale affine di amministrare la provincia, esercitas sero un altro ufficio, quello della tutela dei Comuni, del quale non avevano responsabilità davanti ad alcuno.
Il progetto di riforma della legge Comunale e pro vinciale propone la istituzione di una Commissione provinciale presieduta dal Prefetto e da chi ne fa le veci, e composta da due consiglieri di prefettura e da quattro consiglieri provinciali. A questa c o m missione affida l’ incarico della tutela dei Comuni e delle Opere Pie della provincia.
Lo ripetiamo il principio è sano ; e porterà senza dubbio benefici effetti sulle nostre istituzioni ammi nistrative. Ma non crediamo che egualmente sana sia la_forma col quale venne dal progetto stesso praticamente applicato tale principio.
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tutrice, aveva almeno il vantaggio di essere un corpo I elettivo, il che è sempre una importante garanzia per le libertà comunali. Ma una commissione, della quale quasi la metà è formata da funzionari governativi, e che anzi può in generale essere, nel fatto, sempre composta in maggioranza d’ impiegati governativi, i quali non possono mancare d’ intervenire alle se dute, mentre i Consiglieri provinciali potrebbero non assistervi, rappresenta a nostro modo di vedere, la possibilità almeno che la ingerenza governativa di venti eccessiva nello faccende comunali, il che ci pare in contraddizione colle ideo più liberali sulle quali sembra modellato il progetto ili legge.
Nè meno grave ci sembra un’altro inconveniente, il quale potrebbe rendere affatto inefficace la riforma, la impossibilità cioè che questa Commissione possa esercitare il suo officio sopra un numero così grande di Comuni e di Opere Pie, quali ve ne sono ¡ri al - cune provinole. Abbiamo già notato negli articoli citati, che le Prefetture oggi rivedono i consuntivi dei Comuni, e qualche provincia ne ha oltre 500, e che le Deputazioni rivedono i preventivi. Questi ultimi dovrebbero redigersi secondo la legge nel mese di ottobre e dovrebbero essere approvati dalla Deputazione nei primi giorni di novembre. S’imma gini che revisione efficace può esercitare una De putazione che deve approvare 5 0 0 bilanci in una setti mana o due. Ora le Commissioni che la legge propone dovrebbero approvare ad un tempo ed i bilanci dei Comuni e quelli delle Opere Pie. Avremo 6 9 Com missioni, di sette persone ciascuna, che, in un pajo di mesi, dovrebbero rivedere 8 2 5 9 bilanci Comunali e 17,8 7 0 bilanci di Opere Pie, implicanti i primi una entrata di 5 0 0 milioni, le seconde di 9 1 . Senza contare che le cifre che qui riportiamo delle Opere Pie'riguardano il 1 8 7 8 e che, come è noto, le susse guenti statistiche dimostrarono come numerosissime Opere Pie si fossero sottratte alle investigazioni ; e senza contare ancora che molte Opere Pie hanno in tal modo arruffato il loro patrimonio da esigere lungo studio per decifrarlo.
E bastano, crediamo queste sommarie considera zioni per dimostrare come la riforma che si propone sia incompleta e possa non risultare efficace.
Noi torneremo sull’ argomento, ma intanto vi r i chiamiamo sopra l’attenzione di coloro che hanno obbligo di occuparsi di tali questioni.
Le Camere di Commercio e F economia nazionale
In un articolo, pubblicato con questo stesso titolo nel nostro numero ultimo, ci siamo vivamente ram maricati che tre spettabilissime Camere di C o m mercio, discutendo della revisione della tari Ila doga nale, avessero espresse idee recisamente protezioniste, ed abbiamo manifestata la convinzione che quello non sia il principio al quale si informano tutte le rappresentanze commerciali italiane. Fortunatamente le tradizioni italiane intorno ai principi economici, non possono essere da tutti dimenticate; e se l’onda vio lenta del socialismo più improvvido e più opportu nista, oggi minaccia di invadere tutte le istituzioni e prevalere nella pubblica opinione, è a ritenersi ed è a sperare che non siasi completamente perduta latraccia degli insegnamenti che illustri italiani hanno seminato da tanti anni nell’ animo delle popola zioni. Il culto di quella libertà, la quale offre veri e definitivi benefici non può essere vinto e calpestato da una economia di gretto opportuni smo, che, sacrificando l’oggi al domani, promettendo un fittizio odierno vantaggio, prepara un mise rando avvenire. Esprimemmo perciò il desiderio vi vissimo che le Camere di Commercio, le quali, tra le istituzioni civili del regno, sono, senza dubbio, le più competenti a dare sulla importantissima que stione un voto illuminato, si racoogliessero e stu diassero con amore il problema, che, sebbene riso luto dalla scienza, tuttavia oggi, con vecchi sofismi, rivestili a nuovo, si vuol mettere ancora in di scussione. Ci affida, r'petiamo', il profondo convin cimento, che delle nostre Camere di Commercio la grande maggioranza non sì lasci trascinare da falsi concetti, ma voglia vedere quali sarebbero le ultime conseguenze del sistema sul (piale si vorrebbe og gidì basare il meccanismo della economia nazionale. Poiché, è bene notare un punto capitale della questione, il quale viene dimenticato sempre da co loro che si compiacciono di farsi difensori del pro tezionismo, o vogliono acquistare popolarità dicen dosi protettori del lavoro nazionale. Ed il punto sul quale richiamiamo tutta la attenzione delle Camere di Commercio, interessandole ad occuparsene con quella solerzia che sogliono impiegare in tutto quanto riguarda il bene pubblico, è il seguente.
Si vuole che il Governo alzi le tariffe daziarie sui prodotti manufatti od almeno su certi prodotti manufatti, così che la merce estera non possa essere venduta in Italia se non con grave discapito a pa ragone della merce nazionale. I produttori italiani di alcune merci,— o perchè mancano loro i capitali, o perchè non hanno sufficiente esperienza commer ciale, o perchè non hanno bastante abilità tècnica, 0 perchè le condizioni naturali, geografiche, clima tiche od altre, li mettono in condizione inferiore rispetto ai produttori esteri, o perchè la verde età delle nostre industrie non permette ancora la lotta di concor renza colle antiche straniere, — hanno un costo di produzione superiore al costo di produzione delle merci similiari straniere; e ciò quantunque quasi tutti 1 prodotti esteri manufatti abbiano a sottostare, per essere smerciati in Italia ad un dazio del 15, del 20, de! 25, e del 3 0 per cento. Domandano quindi che il dazio venga elevato talmente da rendere impos sibile lo smercio in Italia dei prodotti esteri manu fatti, e da lasciar quindi libero il mercato nazionale alla produzione nazionale.
I sostenitori di queste teorie, trovano facilmente se guaci ; ed ai più anzi, perchè non si incomodano di vedere tutti gli aspetti della cosa, sembra che abbiano ragione, tanto più se con abili, ma non sempre one ste e veritiere frasi reltoriche, si solletichino le pas sioni, i bisogni del popolo e delle classi meno abbienti.
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remo che la merce nazionale, costando più della estera, lungi dall’alimentare nel complesso la quan tità di lavoro, la si diminuirebbe perchè il paese spenderebbe di più per avere le stesse cose e quindi sarebbe costretto a comprarne di meno; — non di remo neppure che in fin dei conti coloro i quali soli trarrebbero vantaggio dall’ adozione delle teo rie protezioniste sarebbero i produttori, i quali, li berati dalla concorrenza straniera, non avrebbero più bisogno di migliorare la loro produzione, o po trebbero lacilmente imporre al paese un tirannico monopolio, — ma piuttosto faremo un’altra osserva zione che ci pare di una evidenza patente.
Si converrà essere assolutamente impossibile al l’epoca nostra che una nazione possa chiudersi com mercialmente nei propri confini e rompere affatto ogni relazione cogli altri Stati civdi del mondo. Nessuno oserebbe oggi proporre die, a vantaggio del lavoro nazionale si adottasse una tarilfn la quale chiudesse completamente i confini a tutti i prodotti esteri. É quindi necessario die i prodotti esteri entrino nel paese. Si converrà del pari essere assolutamente impos sibile die I prodotti nazionali rimangano tutti nel regno; e. se domani alcuno sorgesse a proporre la proibizione di ogni esportazione, «"probabile che il paese si ribdlerebbe contro tale decisione. Rimane quindi provata la necessità sia della entrata del prodotti esteri nel regno, sia dall’ uscita dei prodotti nazio nali per i paesi esteri.
Questa premessa però porta una inevitabile con seguenza ed è quella che tra il nostro ed i paesi esteri vengano stabilite delle convenzioni le quali regolino gli scambi internazionali. Poiché è chiaro che se I Italia volesse facilmente esportare i suoi pro dotti ed in pari tempo impedire l’ eutrata dei prodotti esteri, la Francia, la Germania, l’Austria, la Gran Brettagna, l’America eec., vorranno quello stesso che vuole l’ Italia, e ne resulterà quello che abbiamo prima veduto essere assurda ed impossibile condi zione, cioè la cessazione di ogni scambio tra nazione e nazione.
Ecco adunque che se noi mettiamo delle difficoltà alla entrata di alcuni prodotti esteri, gli Stali che da queste difficoltà veggono danneggiata la loro espor tazione risponderanno con provvedimenti che creino ai prodotti che noi esportiamo altrettanta difficoltà.
Ed è noto che i tratti ti di commercio, appunto tendono a diminuire le asprezze delle tariffe ge orali, ed a creare un regime medio, nel quale pe'r mezzo del do ut des, si cerca di rendere equivalenti i danni ed i vantaggi delle parti stipulanti.
Fatte queste premesse e date le condizioni nelle quali ora si trovano i nostri scambi internazionali, e chiaro che la questione della revisione delle ta rlile, o del protezionismo, o della protezione del lavoro nazionale, ha un duplice aspetto.
Prima si può vedere se e quale vantaggio ricave rebbe il paese dall’elevamento dei dazi sui prodotti esteri introdotti in Italia. E qui forse la prevalenza che oggi hanno nel paese le industrie, la ignoranza del volgo intorno alle più chiare questioni econo miche, e la maggiore attrazione che presenta sempre il preteso bene immediato a paragone del bene anche più grande, ma lontano possono ingannare il pub blico e spingerlo a far pressione sull'animo delle moltitudini, dei meno convinti e tiepidi studiosi, e dei Governi.
Ma il secondo aspetto della questione è inesora
bile, ed è appunto per questo che i protezionisti non lo affrontano inai, si anzi studiano a lasciar credere che non esista. Però chi vuole in buona fede cercare la verità, chi ama non l'apparenza ma la sostanza del vero, non può trascurare questa seconda parte della questione, la quale si conclude in brevi parole. Per chè gli altri Stati coi quali abbiamo rapporti com merciali consentano o tollerino che noi alziamo i dazi di importazione, difficultando lo smercio dei loro prodotti, ìi n e c e ssa r io che noi consentiamo o tolle riamo che gli stessi altri Stati alzino i dazi alle esportazioni dei nostri prodotti, difficultando lo smer cio nei loro mercati della nostra esportazione. Ora quali sono i prodotti sui quali noi possiamo consentire 0 tollerare elio si difficulti od impedisca la esportazione? Poiché si fa presto a dire: impediamo 1’ entrata dei manufatti di lana, di cotone, di ferro, di seta, di legno eoe., affine di giovare alla produzione na zionale, ma conviene anche dire : — in eompeuso di ciò, consentiam o che venga im pedita la esporta zione di questi e questi p rodotti italiani.
Saremmo molto ingenui credendo o sperando che 1 fautori del protezionismo, in molti dei quali noi dobbiamo vedere più interesse che convinzione, aprano una discussione su questo terreno e la so stengano in buona fede davanti al pubblico collo stesso calore col quale svolgono al volgo le loro idee socialiste e protezioniste; — ma noi ci rivolgiamo alle Camere di Commercio, a queste istituzioni le quali debbono cercare il bene e l’interesse non di questo o quel produttore, non di questa o quella classe di cittadini, ma l’ interesse di tutta la nazione nel suo complesso considerata ; — ci rivolgiamo alle Camere di Commercio, le quali in molte occasioni hanno data prova di vitalità, di indipendenza e di illuminata saggezza, e le quali hanno davanti al paese una responsabilità derivante dal loro ufficio, e le preghiamo vivissimamente di discutere la que stione della revisione delle tariffe doganali formu lata nel seguente quesito :
Se l’I t a lia rialzasse i d a z i d i im portazion e p e r alcuni p r o d o tti m anufatti, d i qu ali suoi p rod otti dovrebbe consentire che gli a ltr i S tati rialzassero i d a z i di im portazion e a danno delle in d u strie paesane?
E su questo argomento mettiamo, nei limiti del possibile, a disposizione delle Camere stesse, le co lonne del nostro giornale sia per le discussioni che intraprendessero, sia per le deliberazioni alle quali venissero.
Ci piace intanto richiamare I’ attenzione dei no stri lettori sulla deliberazione della Camera di B o logna, la quale discutendo la proposta della conso rella di Alessandria, annuì bensì al Congresso da tenersi a Torino, ma fece le più ampie riserve sui considerando che la Camera Alessandrina premette alla sua proposta di congresso, considerando, i quali conducono ad un reciso protezionismo.
ALCUNE SPESE DELLE PROVINCIE '»
È interessante vedere come si distribuiscano in generale le spese delle provinole del regno, e come si svolgano nel periodo di tempo dacché I’ Italia è costituita indipendente.
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Le uscite dei bilanci provinciali si aggruppano in nove voci principali : 1° oneri patrimoniali, interessi ed estinzioni di debiti ; 2 ° impiego fruttifero di ca pitali; 3 ° amministrazione ; 4° istruzione; 5° bene ficenza ; 6° igiene ; 7° sicurezza pubblica ; 8° lavori pubblici ; 9 ° spese diverse.
Nel 1881 le spese ordinarie e straordinarie delle 6 9 provinole del regno salirono, escluse le con tabilità speciali, a L. 9 5 , 9 4 5 , 5 8 3 ; di queste, quasi la metà cioè il 1 1 ,96 per cento furono impiegale nei L a v o r i pu bblici ; in cifra effettiva 4 0 milioni, di cui 17 e mezzo (il 4 5 ,4 7 per cento) come ordi narie , e 22 e mezzo milioni (il 5 6 , 5 3 per cento) come straordinarie. Ben vedesi che questo solo dei nove gruppi di spese assorbe quasi la metà del totale; è la parte del leone. La Beneficenza domanda quasi un quinto, cioè il li),0 3 dei totale, oltre 1 8 milioni, quasi tutti nelle ordinarie (il 9 3 ,4 5 per cento). Gli oneri p a tr im o n ia li, interessi ed ammortamenti dei debiti, esigono una spesa del 17,17 per cento del totale, quasi tutta nella parte straordinaria, cioè il 9 2 . 8 0 per cento.
Così le tre voci: oneri patrimoniali, beneficenza e lavori pubblici, assorbono essi soli il 7 8 , 0 8 per cento del totale delle spese. Il rimanente 2 1 ,9 2 per cento è diviso così : am m in istrazion e 7 ,1 5 , istru zione, 5 ,5 5 spese d iv e rse , 4 ,1 9 , sicu rezza p u b blica 3 ,9 1 , im piego fr u ttife r o di cap ita li 0 , 6 8 , igiene 0 ,3 6 . Però queste stesse cifre, osservate non più complessivamente, ma per regioni, danno risultati di versi.
Prendiamo ad esempio i lavori pubblici; la media spesa del regno abbiamo veduto essere del 42 per cento, ma sette compartimenti oltrepassano tal media, alcuni però molto sensibilmente, come le Puglie, che impiegano in questa categoria di spese il 5 7 ,8 9 0 / 0 del totale, il Piemonte il 5 0 ,1 4 , l’Emilia il 5 0 ,3 2 , la Basilicata il 5 2 , 6 9 ; superano invece di poco la media I’ Umbria che impiega il 4 3 ,2 0 , il Lazio 4 2 , 8 4 , gli Abruzzi e Molise il 4 1 ,8 8 .
Per contrario gli altri compartimenti stanno al di sotto della media ed alcuni molto al disotto, come la Sardegna il 2 3 ,8 8 per cento, la Liguria il 2 0 ,0 2 , il Veneto ¡1 51 ,5 7 , la Toscana il 3 2 ,7 4 , ec. Risulta quindi che tra il massimo ed il minimo vi è la dif ferenza del doppio poiché la Sardegna impiega nei lavori pubblici il 2 1 per cento, la Liguria il 29, mentre le Puglie vi impiegano il 5 8 , la Basilicata il 52, il Piemonte il 5 0 , ec.
Come ben si vede nulla apparentemente giustifica questo fatto, quando si vedono agli estremi opposti la Liguria ed il Piemonte, la Sardegna e la Basi licata. — Naturalmente questa deficenza trova ri scontro in una eccedenza su altre voci e così la Sardegna impiega il 5 8 , 6 6 delle sue spese negli oneri p a tr im o n ia li, mentre, tra tutte le altre regioni, quella che più impiega per questo titolo è la Sicilia la quale arriva al 2 5 , 9 3 per cento.
Ed anche nella Beneficenza troviamo da fare qual che osservazione. Vedemmo che le provincie del regno in media impiegano il 19 per cento per questo titolo; ma quale diiferenza tra regione e regione! Da un massimo di 3 2 , 2 0 per cento si passa ad un mi nimo di 1,83. E prezzo dell’ opera vedere come si distribuisca questa spesa: la Lombardia vi impiega il 3 3 , 2 0 per cento, la Liguria il 32,21, il Piemonte il 2 7 , 4 4 , il Veneto il 2 5 , 6 1 , la Toscana il 2 3 ,6 3 , l’Emilia il 2 0 ,1 8 , il Lazio il 19,06, le Marche il 16 ,5 4 ,
l’Umbria il 1 4 ,2 7 , gli Abruzzi e Molise il 1 2 ,8 0 , la Campania il 12 ,3 8 , le Puglie il 12 ,4 4 , la Sicilia l’H , 40, le Calabrie l’8 , 98, la Basilicata il 7 ,8 9 , la Sardegna l’ l , 8 3 . Nou occorrono commenti a queste enormi dif ferenze.
Finalmente osservando la terza delle principali voci delle spese provinciali, quella degli on eri p a tr im o n ia li (interessi ed estinzione di debiti) anche qui in contriamo le stesse grandissime distanze tra regione e regione. Abbiamo già accennato che la Sardegna impiega per questa categoria ili spese il 5 8 , 6 0 per cento del totale ed è il massimo, aggiungeremo ora che il Lazio vi impiega il 0,31 percento ed è il mi nimo! Gli altri compartimenti si distribuiscono così in ordine decrescente: Sicilia 2 3 ,9 3 , Calabrie, 24,28, Basilicata 2 3 ,1 2 , Campania . 2 1 ,5 0 , Umbria 16,61, Veneto, 12,93, Abruzzi e Molise 12,47, Toscana 11,95, Puglie 10 ,3 5 , Emilia 10,34, Lombardia 1 0 ,0 3 , Li guria 6 ,9 3 , Marche 5 ,6 1 , Piemonte 2,3 4 . Qui le re gioni si distribuiscono quasi precisamente nell’ordine inverso nel quale le abbiamo incontrate rispetto alla beneficenza.
Che se poi di questre tre principali categorie di spese vogliamo vedere il movimento durante gli anni dal 1 8 6 6 al 1 8 81, troviamo che la spesa ordinaria per i la v o r i p u bblici nel 1866 era di quasi 10 mi lioni, e di poco più che 1 0 milioni quella straordi naria. Le spese ordinarie crebbero quasi in modo re golare di anno in anno fino a toccare nel 1881 i 17 milioni e mezzo, le straordinarie ebbero qualche tra balzo, per esempio nel 1 8 6 8 erano giunte a 1 5,7 mi lioni, e nell’anno appresso scesero e 12,8 per saltare poi a 1 7 ,4 e quindi scendere a 15,8, e poscia ri tornare a 1 9 ,2 finché nel 1881 arrivarono con altre oscillazioni a L. 2 2,7 milioni. Però, relativamente al totale delie uscite la proporzione non mutò gran fatto; era del 4 0 per cento nel 1 8 6 6 e giunse al 4 1 ,9 6 nell’ultimo anno del periodo, segnando i) minimo di 5 8 ,4 7 nel 1 8 6 9 ed un massimo del 4 3 , 8 9 nel 1880.
Gli on eri p a tr im o n ia li invece nel 1866 doman davano una spesa ordinaria che non raggiungeva le 8 0 0 , 0 0 0 lire, e che arrivò a L. 1 , 1 8 5 ,5 0 9 nel 1881 passando per uu massimo di oltre 2 milioni nel 1877. La spesa straordinaria era già nel 1 8 6 6 di milioni 4 , 3 ed ebbe forti oscillazioni nei 16 anni, ma la curva complessivamente è crescente, e nel 1881 arrivava a L. 1 5 ,2 8 0 ,5 5 2 . Ed anche la proporzione tra questa spesa e tutta quelle del bilancio è quasi raddop piata nel periodo, poiché esordisce con 9 , 8 5 per cento, e mano mano crescendo con lievi oscillazioni, arriva nel 1881 a 1 7 ,17 per cento.
Finalmente la spesa per la beneficenza per la quale nel 1 8 6 6 si impiegavano in via ordinaria 1 0 milioni, ed uno in via straordinaria, nel 1881 ci dà 17 mi lioni di spesa ordinaria e 1,2 di straordinaria. Guar data proporzionalmente a l l uscita totale, si scorge una leggera diminuzione con qualche oscillazione; da 21 7 2 per cento si è giunti a 1 9,05 per cento, però nel 1 8 7 7 si avea avuto il 1 8 ,0 6 e nel 1 8 7 2 il 1 8 , 7 9 per cento.
Chiuderemo questo breve sguardo generale delle spese notando che dei 1 8 ,2 milioni che si impie gano nella beneficenza, 8 ,6 vanno assorbiti dal man tenimento di dementi poveri, e 6 ,8 per concorso nella spesa per gli esposti.
idran-22
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lidie e marittime, 9,9 per opere pubbliche diverse. In altri aitinoli pubblicheremo un breve studio sui bilanci delle singole provinole i quali daranno luogo ad osservazioni molto importanti sul differente modo col quale si distribuiscono le entrate e le spese in ciascuna provincia.
L A SO C IE T À D E L L E M E R ID IO N A L I
e l’ industria nazionale
Avendo 1’ onorevole ministro dei lavori pubblici pronunziate nell’ aula di Montecitorio alcune frasi all’indirizzo della Società per le strade ferrate meri dionali, da cui appariva che questa fosse inclinata a preferire la industria straniera a quella nazionale; il Comm. Borgnini, Direttore generale della Società stessa ha per incarico del Consiglio di Amministra zione pubblicata una lettera che è stata diramata ai membri del Parlamento e agli organi della stampa allo scopo di difendere le Meridionali dalle accuse dell’ onorevole ministro.
Dal momento che la lettera parte da un uomo la cui altissima competenza come ingegnere e come amministratore nessuno potrebbe mettere in dubbio, stimiamo nostro debito di riassumerne i punti prin cipali, e Io facciamo tanto più volentieri in quanto le massime sostenute dal Comm. Borgnini consuonano con quelle che noi abbiamo professate in queste c o lonne da molti anni. E con ciò non intendiamo en trare in quello che può riguardare la forma vivace della polemica che si è sollevata fra I’ on. ministro e la Società che accusata risponde. E questo perchè a noi estranei alla politica piace considerare le que stioni da un punto di vista elevato e sereno.
Il Comm. Borgnini intende ribattere le tre accuse che sarebbero state formulate dali’on. ministro dei lavori pubblici.
1 . ° Inesecuzione delle vecchie concessioni.
2 . ° Inosservanza dei patti stipulati colla con venzione 2 8 aprile 1881 per avere nei due anni 1881 e 1 8 8 3 senza sufficiente giustificazione affidato all’estero delle forniture per la complessiva quantità di 1 5 7 4 veicoli, riservandone nello stesso periodo di tempo soli 1 2 4 alla industria nazionale.
3 . ° Rifiuto di concorrere alla costruzione del nuovo treno reale, suggerendo invece di farlo co struire in America.
Sul primo punto l’on. Borgnini osserva che sola Società delle Meridionali si astenne dal fondare un grande stabilimento di costruzione di materiale a Napoli, come ne avrebbe avuto l’obbligo, ciò avvenne col consenso del Governo per evitare una dannosa concorrenza agli stabilimenti già esistenti in quella città. Aggiunge che dopo la morte del Comm. Bona, il quale aveva fatto costruire a confessione dello stesso onor. Ministro gran parte del materiale nelle officine nazionali, e cioè dal 6 febbraio 1 8 7 6 in poi, fu se guito lo stesso indirizzo, tantoché dal 1 8 7 7 al 1 8 8 0 la Società fece costruire i 2 4 0 veicoli di cui ebbe bisogno a Pietrarsa, e di 2 0 locomotive 1 2 ugual mente a Pietrarsa e 8 alla ditta Sharp di Manche ster. Questa le consegnò con un ritardo medio di 3 2 giorni per locomotiva, e il tempo accordato era nemmeno di mesi 3 1|2; a Pietrarsa, trattandosi di
un tipo sconosciuto a quello stabilimento, erano stati concessi dieci mesi, eppure le consegne furono fatte con un ritardo medio di 4 1 8 giorni per locomotiva. Pei 2 4 0 veicoli il ritardo medio fu di 2 3 8 giorni, mentre il termine medio concesso era di poco più di 3 mesi.
Il comm. Borgnini non dubita dell’avvenire del l'industria nazionale, ma osserva che essa non po teva rispondere ad ogni richiesta quando si trattava di far fronte con ¡strumenti nuovi a necessità nuove ed urgentissime. Non discutiamo e non possiamo naturalmente discutere i dati, per quanto li rite niamo esatti e per quanto tali li riterranno con noi tutti coloro che conoscono la fama di integra schiet tezza di cui gode il comm. Borgnini. Certo si è a ogni modo che, a nostro avviso, sul fondo della questione egli è nel giusto. Come altravolta di cemmo, non basta far bene, non basta nemmeno fare allo stesso prezzo ; bisogna anche saper fare o fare effettivamente a tempo. Un privato cittadino può levarsi il gusto di spendere di più, di spendere peggio e magari di aspettare quanto vuole. Non cosi un Governo e tanto meno una Società. Non un Governo perchè egli spende il danaro dei contri buenti e deve spenderlo il meglio possibile, e non crediamo che per favorire l’industria nazionale ab-' bia il diritto di far risentire gli inconvenienti di questa protezione al pubblico che paga e che ha diritto di essere servito bene. È poi strano che non si capiscano alcune verità elementarissime; primo che quando lo Stato spende di più è costretto ad aggravare la mano sui contribuenti ; secondo che la protezione di alcune industrie si risolve in uu privilegio accordato ad alcuni a carico di tutti ; finalmente che l’ effetto della protezione essendo quello di alzare i prezzi dei prodotti, non è in u l tima analisi la classe lavoratrice che ne potrà r i sentire i benefizi. Che se il Governo crede malgrado tutto questo di dovere proteggere l’ industria nazio nale, e di tollerare piuttosto nel caso nostro certi disguidi a cui può andare incontro il servizio fer roviario, lo faccia, ma si avrebbe torto di preten dere che gli amministratori di una Società lo seguissero su questo terreno. Essi devono fare l’ in teresse della Società, e per conseguenza, spendendo i denari degli azionisti, debbono cercare di supplire nel modo migliore possibile alle esigenze del ser vizio. Non vogliamo essere così rigidi da negare che all’alto pratico qualche preferenza si possa avere per la gente di casa, e in questo senso hanno agito anche le meridionali, ma dati i fatti quali lì espone il direttore generale, si sarebbe fatto lutto quello che si poteva.
Venendo alla questione dei veicoli commessi al l’estero, il Comm. Borgnini non nega il fatto pel periodo di tempo trascorso dal 1881 al gennaio 1 8 8 5 , ma osserva che nei vent’ànni della sua vita la S o cietà ha fatto costruire 3181 veicoli in paese e 1 3 7 4 all’estero. Essa non ha dunque mancato al suo c a rattere di Società esclusivamente italiana. Crede bene aggiungere che il prezzo dei 1 0 0 veicoli commessi in paese nello scorso gennaio fu superiore, tutto com preso, del 10 per cento a quello dei veicoli com messi all’estero.
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del 1881 commessa all’estero e puntualmente con segnata si ebbe questo risultato che «dei 2 7 5 chi lometri di nuove linee, ben 150 sono in pieno esercizio, gli altri 1 2 5 lo saranno parte in luglio, parto nel novembre, risparmiando mediatamente sui termini di tempo stabilito dalla convenzione il 40 0|0 su tutte le nuove linee, con grande soddisfazione e benefizio delle proviucie interessate. »
Riguardo poi alla fornitura del 1883, l’on. Diret tore ricorda che il nuovo Codice di Commercio impone alle amministrazioni ferroviarie l’obbligo di avere in ogni tempo un materiale mobile proporzionato ai trasporti, e colle cifre alla mano prova che era ne cessaria la fornitura di 3 5 0 veicoli data alla Ditta Klett da consegnarsi nel mese di settembre prossimo. E dopo avere spiegato come la Società non abbia mancato ai suoi obblighi esclama: « Se i 7 0 0 vei coli non fossero stati provvisti nel modo sopraespresso, ne avrebbero sofferto le costruzioni, ne sarebbe stato grandemente danneggiato il traffico; ed al Consiglio di Amministrazione ed a me, che uniti dobbiamo rispondere della regolarità di tutti i servizi di fronte al pubblico sarebbero tornate di non sufficiente com penso le dichiarazioni dell’on. Ministro a favore del— l’ Industria Nazionale. » Queste parole consuonano colle osservazioni da noi fatte più sopra intorno agli obblighi di chi, amministrando il danaro altrui, c om pie un servizio pubblico.
A giustificare la sua opinione che l’ industria nazionale fosse impreparata, il Comm. Borgnini nota che il Ministro stesso ha convenuto che ì e nostre fabbriche diffi •ilmente avrebbero potuto provve dere 5 0 0 e tanto meuo 7 0 0 veicoli in un anno; dunque tanto meno in sette mesi. Nel ISSI l’ in dustria nazionale ebbe, tra le altre, due forniture per conto delle Calabro-Sicule, una di 351 veicoli, l’altra di 2 0 0 . La consegna degli uni fu fatta con un ri tardo medio di 1 5 4 giorni e l’altra di 189 giorni per veicolo. Si provviJe al servizio col prendere a nolo vagoni all’ estero, come praticò per un anno l’ Alta Italia, rimedio spiccio, ma dispendioso, pel quale ciascun carro costò per un anno L. 7 2 0 di semplice nolo, ossia il sesto del valore di un veicolo , senza contare le spese accessorie, « ciò che una Società privala non può fare. » Parole queste ultime recise e sensate. Vuoisi aggiungere che le officine nazio nali anche pel 1 8 8 3 sono cariche di commissioni per parte del Governo, e quindi non avrebbero po tuto supplire alla necessità a cui si è provveduto colla fornitura Klett. L ’on. Borgnini finisce col ret tificare l’accusa del rifiuto dato alla costruzione del treno reale. Si era trattato di una proposta seria, personale, che sottoponeva per mezzo del Presidente della Commissione al Ministro. Del resto dichiara come il Consiglio di amministrazione abbia unani memente approvato la proposta del Governo.
Come abbiamo detto in principio, noi non ave vamo che uno scopo nel prendere la penna all’ in fuori di ogni polemica fra Governo e Società. E lo scopo era quello di far conoscere ai nostri lettori un documento importante, nel quale eravamo lieti di trovare confortate da una indiscutibile autorità le opinioni da noi esposte intorno a questa tesi della industria nazionale, colla quale s’ illudono g l’ ine sperti, facendo loro credere che l’interesse di qual che industriale protetto sia l’ interesse del paese in generale e quello delle classi lavoratrici in particolare. Non presumiamo nemmeno da lontano di poter con
tribuire a vincere cotesta corrente. Pure ci pare che i d ottrin ari comincino a trovarsi in buona compa gnia. Ieri era il Direttore della Banca Nazionale ita liana che si augurava che le barriere tolte fra il nostro paese e gli altri stimolino l’operosità dei com merci e rendano vivo in tutti il bisogno di dedi carsi all’opera del pieno compimento della nostra redenzione economica. Oggi è il Direttore delle Me ridionali che ci conferma e ci dimostra come lo scopo da raggiungersi sia il maggior vantaggio del pub blico. Sicuro, è possibile che i nuovi apostoli o pre cursori trovino che l’ uno o l’altro non sono uomini pratici !...
Rivista Bibliografica
Boccardo Girolamo. — Gii eretici dell'Economia e la legislazione sociale — prefazione al IX volume della 3a serie della Biblioteca dell’ Economista, Torino. Unione tipografico editrice, 1882.
E chi non lo sa che gli scritti del Boccardo sono tutti affascinanti ? che gli editori sono sicuri di farne largo spaccio? che i dilettanti degli studi li leggono con vero piacere c non provano quelle noie irre sistibili a cui li condannano tanti altri scrittori di cose economiche ?
E superfluo quindi il dire che anche in questa prefazione, come in quasi tutti i numerosissimi e svariatissimi scritti dell’Autore, si riscontra la solita penna brillante, l’attraente periodo, la frase vivace e scorrevole; quanto occorre cioè perchè una di scussione su cose di scienza sia letta collo stesso piacere con cui si legge una bella pagina di ro manzo. Però è egualmente noto che, in genere, gli scritti del Boccardo, se servono abbastanza a gene ralizzare la scienza, non altrettanto bastano a farla progredire, giacche l’Autore è costretto a stempe rare in un grande numero di pagine un determi nato numero di idee, e. quindi, mancando troppo spesso queste a quelle, egli si ripete od impingua i suoi scritti abilmente, parlando di tutto lo scibile ad ogni pagina, sempre però in modo brillante ed attraente.
All’ onor. Boccardo sembrerà strano l’ardimento col quale ci erigiamo a suoi giudici severi ; tuttavia siamo certi che non ci vorrà male per questo; la franca espressione di un sincero giudizio non può essere mal sentila ; noi stessi in queste colonne ab biamo veduto poco benevolmente giudicati i nostri modesti lavori ; tanto, sopra ogni cosa, ci compiac ciamo di combattere il cieco incensamento, oggi do minante.
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questo par troppo in vero ; e ci fa l’effetto della esagera zione di una idea giusta. — E senza entrare sull’ar gomento esprimiamo il desiderio che la B iblioteca d eltE con om ista, pur pubblicando lo opere, anche dei nemici della Economia, non ci dia quelle che, senza dubbio, tutti hanno già letto e studiato, mentre tante di nuove ed importanti se ne vanno pubblicando nel mondo studioso. — Più innanzi si domanda l’Autore quale funzione negli studi sociali abbiano esercitato le dottrine avverse ai principi scientifici; — come si spieghi il rapido e minaccioso diffondersi delle più pericolose forme di socialismo ; — in qual modo si possa tutelare la società civile dai pericoli da cui oggi è insidiata. E l’Autore osserva dapprima come carattere cospicuo della civiltà moderna sia il pre dominio della personalità umana, ili cui quasi man cava il concetto nelle società primitive; — a questo carattere fa riscontro un’altro, quello per cui « sorge e cresce lo spirito di collettività e di solidaria comu nanza; ed il patrimonio sociale e quindi collettivo o comune si moltiplica ed ogni individuo è ricco della ricchezza sociale. » Nè — aggiunge l’Autore — que sto vincolo di universale solidarietà, questo fa t a lis consensus limita già l’ azione sua al solo mondo degli interessi economici, ma invade e governa egual mente il mondo dei principi delle opinioni delle ito- scienze.... L ’ uomo non è mai stato tanto libero di pen sare di credere, di volere, di agire a suo talento, quanto è libero oggidì nel seno della civiltà occi dentale. Ma, per compenso, a far trionfare i suoi pensieri, le sue credenze, le sue volontà, 1’ uomo non fu giammai così rigorosamente subordinato alla legge sovrana del numero. »
Quindi l’ Autore passa ad esaminare come si com portino i pensatori dinanzi a questi due caratteri supremi della evoluzione economica e civile. E trova che l’economia politica, nata da una protesta contro gli antichi arbitrari vincoli, posti dalle legislazioni alla spontanea evoluzione dell’ individuo, fu ognora concepita come l’ apoteosi della libertà umana, ed ebbe relativamente facile vittoria delle superficiali sètte sansimouiaue, fourieriste, cabetiane, non che dei vieti sistemi protezionisti, e restrittivi. Ma crede che gli economisti insieme ai vincoli creati da ¡l’ar bitrio e dal monopolio, abbiano spezzato i legami di una provvida solidarietà sociale ed abbiano ideato una supposta necessità di imperturbate armonie, con sacrando un giocondo ottimismo, contro il quale la storia degli abusi, delle passioni degli interessi in agguato ed in lotta, troppo eloquentemente prote stava. E per questo il sentimento della collettività, il bisogno della solidarietà posti in non cale dagli economisti trovarono i loro apostoli — secondo l’Au tore — nei socialisti, e l’esplosione delle dottrine an - ti-smithiane non sarebbe che una reazione violenta ed eccessiva, contro I’ esclusivismo rigido e geloso della opposta dottrina. — Il quale antagonismo del resto, l’Autore trova conforme alla storia della uma nità in generale, avendo sempre attribuiti gli eventi alcuni abe gesta dei grandi personaggi, degli eroi, dei legislatori dei guerrieri, altri a forze non meno cie che nè meno fatali di quelle che reggono il suc cedersi delle formazioni geologiche ed i movimenti dell’atmosfera. «Ma una più alta e sapiente filosofia, conclude l’ Autore — assegna ad entrambi i fattori della storia e dell’ incivilimento il posto loro legit timo, riconoscendo, senza esagerarla, la parte che spetta all’ azione spontanea ed autonoma dell’ indivi
duo e quella che compete al necessario incoercibile concatenamento delle cause e degli effetti.»
Davvero che noi vorremmo conoscere qualche cosa di più intorno a questa « più alta e sapiente filosofia » la quale, stando in mezzo a due scuole op p ostela prendere un poco dell’una e un poco del l’altra e sopratutto sa trovare dei fenomeni i quali non obbediscono al necessario incoercibile concate namento delle cause e degli effetti! E’ d il Boccardo, che accetta le teorie Darwiniane, che semina i suoi scritti di cognizioni chimiche, fìsiche, economiche, che tal volta sembra positivista, ci parla di una azione spon tanea dell’ individuo, la quale non obbedirebbe alla legge che tiene legate le càuse agli effetti I
Poi l’Autore viene a discorrere della funzione dello Stato, e, come è ormai d’ uso, diceche lo Stato deve avere bensì una funzione, ma limitata. Però la q ue stione è di sapere quali sieno i limiti in cui deve mantenersi la ingerenza dello Stato e tale questione l’Autore nè discute nè risolve.
L'Autore venendo invece ad esempi che si atta gliilo al suo tema, la legislazione sociale, discorre della beneficenza e dice che « I’ antica maniera di intendere e di praticare la beneficenza aveva appunto questo grave difetto, di soffocare il senso della per sonale responsabilità sebbene non sia da disconoscersi, per altro canto, che in lutti quei paesi, dove si è fatta tavola rasa di tutte le antiche istituzioni cari tatevoli, senza sostituirvi in suflìcente misura le mo derne istituzioni ili previdenza, si è favorito lo scoppio della insurrezione socialistica.» E porta l’esempio del l’Inghilterra. Crediamo noi però che l’Autore dia un si gnificato esagerato alle condizioni di queI paese, in quantochè non ci pare che la P o o r -L a w abbia grandemente contribuito « a far si che- in Inghil terra il socialismo non riuscisse mai ad assumere le forme singolarmente anarchiche e selvagge, che ha rivestito in molte parti del continente » ; a nostro credere la vera, causa di questo fatto sta nella ric chezza dell’ operaio inglese, poiché il socialismo non è figlio del pauperismo, ma nasce e si alimenta in mezzo agli operai. Per la stessa ragione crediamo vano il timore dell’Autore rispetto all’ Italia, nel senso che una riforma delle Opere pie possa, togliendo le istituzioni elemosiniere, gettare il proletario italiano in braccio- al socialismo. Persistiamo a credere che dove trovasi veramente la classe operaia, cioè un numero di uomini, i quali dallo sviluppo delle in dustrie ricavano un sicuro e continuo guadagno, ivi si può trovare il socialismo, ma non la funzione delle opere pie, la qua'e invece si esercita dove pullulano popolazioni miserabili che vivono di lavoro incerto e mal retribuito, soffrono, ma non hanno certo idee so cialiste. L ’ Italia stessa offre esempi molto evidenti, quando si guardi dove vi sia maggior miseria e dove il socialismo abbia trovato maggior numero di pro seliti.
L ’Autore crede che la legislazione sociale provve dere al suo postulato quando, abbia di mira: — di incoraggiare il risparmio, di promuovere l’ asso ciazione e la mutualità ; di diffondere il credito ; di organizzare il lavoro e proteggere il lavoratore ; di modificare il sistema tributario a benefizio del lavo ratore; di educare il lavoratore. Ed a ciascuno di questi sei punti l’autore consacra un capitolo dove noi non lo seguiremo, tanto più che espone idee in gran parte già pubblicate in altri suoi scritti.
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zione, cioè i due caratteri della personalità umana e della collettività, furono trattati dallo stesso Autore in un brillante articolo pubblicato sul G iornale degli E con om isti che si pubblicava qualche anno fa in Padova.
A De Malarce. — Confèrence faite à l’Association dea voyageurs et des commis du commerce et de l’in dustrie sur les institutions de prévoyance épargne et assurance. — Paris, Guillaumin et ClB, 1882. Tutti conoscono la facondia e la elegante parola del sig. De Malarce; davanti all’ Associazione dei viaggiatori e dei commessi di commercio, égli seppe trovare frasi ad un tempo eloquenti e piene di se duzione per raccomandar loro tutte le forme della previdenza, del risparmio e dell’ assicurazione. La pittura della triste condiz one morale nella quale si trova il commesso viaggiatore che, sempre in paesi nuovi, la sera, terminati gli affari, trovasi solo senza famiglia, senza amici, senza conoscenti, ed è quindi trascinato, suo malgrado, a cercare in divertimenti che sono nemici della previdenza e del risparmio, e spesso della salute fisica o della tranquillità morale, quello svago pure necessario a chi lavora faticosa mente la intera giornata, è veramente bellissima e strappò gli applausi a coloro che ascoltavano l’ora tore, come ispira uno spontaneo sentimento di pietà a chi legge. — Ed è pure bella assai la chiusa del discorso dove raccomanda I’ energia morale « qui sait régler sa vie et son monde, qui se commande à lui-mème, et par là est en pouvoir de bien com mander aux autres. L’épargne et l’assurance, la pré voyance, en un mot, voilà l’ un des apprentissages de la vie de l’ homme, du commerçant ou de l’in dustriel, du citoyen. »
Noi vorremmo che anche in Italia si tenessero di simili conferenze, alle quali partecipassero con tanto interesse come in Francia, coloro ai quali sono in dirizzale. Esse valgono, quando l’ oratore abbia la potenza di soggiogare gli animi come il sig. De Malarce, ad educare gli uomini a grandi e forti sen timenti.
Richiamiamo l’ attenzione dei lettori e di quanti in questi giorni si interessano a favore o contro i progetti della così d etta« legislazione sociale » sopra un articolo del signor Hubert Valleroux pubblicato nel numero di aprile del Jo u r n a l des Econom ista, ed avente per titolo : D e la re sp o n sa b ilité des p a tro n s en m atière d ’accidents arrivès à leurs ouvriers. »
La questione che si è sollevata in Italia e che è stata già sottoposta alla discussione della nostra Ca mera legislativa, occupa anche il pubblico francese, e ben otto progetti di legge stanno davanti a quel Parlamento. L ’ Autore afferma che tutti quei pro getti (i quali sono molto simili a quello presentato dall’ on. Berti) sebbene sotto forma differente pre tendono tutti di cambiare il diritto comune per sta bilire una legislazione speciale. Il che par molto strano all’Autore, iuquanlochò gli operai sino a qui, domandando la abrogazione di leggi per essi restrit tive, allegavano di non esiger altro se non che di entrare nel diritto comune. — E venendo a trat tare della questione i’ Autore trova giuste le rifles sioni che si fanno per giustificare i progetti di legge, ma altrettanto inefficaci le proposte per ren der nulli gli inconvenienti che si lamentano. Attri buendo l’ onere della prova al padrone invece che all’operaio, e rovesciando quindi il concetto giu—
! ridico della prova, si diminuisce forse la lentezza della procedura, si domanda l’ Autore? — e ren dendo gratuito il loro patrocinio si affretta il prò cesso? — Le difficoltà nelle quali si allega trovarsi l’operaio per provare dopo la disgrazia la colpabilità del padrone, pressa il quale rimangono il luogo dove avvenne I’ accidente, lo stato manchevole dei locali e degli utensili eco. — tali difficoltà diventano forse minori per l’operaio quando dovrà invece provare che non intervenne la propria negligenza? E non ci si espone al pericolo che il padrone non possa mai, se non difficilissimamente, provare la negligenza e la colpa dell’operaio anche quando essa esista ? — o perchè ciò non accada non dovrà l'intraprenditore stabilire un sistema di sorveglianza che tornerà a danno dell’operaio? — Ecco alcune delle domande che formula l’Autore e delle quali ci pare inutile di riportare la evidentissima risposta. Lo spazio non ci concede qui di maggiormente discorrere di quel l’articolo, ma esprimiamo il voto che venga largamente riassunto ai lettori, in altro luogo dell 'E con om ista.
Prof. Ak to bo J. Db Jo h a n n is.
N otizie. — Abbiamo ricevuto le seguenti pubbli cazioni di cui renderemo conto:
Del Vecchio P ro f. G. — Statistica e finanze — prolusione al corso di statistica nella r. Università di Bologna. — Bologna, Zanichelli, 1883.
Virgilio Iacopo. — Concetti fondamentali della scienza economica. Saggi — Genova, 1 8 82.
— Discorsi nella solenne inaugurazione del monu mento di Matteo Pescatore. — Torino, Stamperia reale, 1 8 8 3 .
Dornig Antonio. — Usi ed abusi delle Ferrovie — Studi economico sociali — Milano, Dumolard, 1 8 8 3 .
— Le dispense 2 6 a del voi. VII e 1 5 a del voi. IX della B iblioteca dell’ E con om ista , pubblicata dalla Unione Tipografico editrice di Torino.
— La stessa Unione Tipografico editrice di Torino intraprende la pubblicazione di una Biblioteca di scienze politiche diretta dal prof. Attilio Brunialti la quale si pubblicherà a dispense di cinque fogli in ragione di due o tre dispense al mese ed al prezzo di L . 1 ,3 0 per dispensa; e fin d’ora si annuncia che conterrà le opere di Bagehot, Bentham, Cornewal L e w is , Erskine M ay, Freem an , Lieber, Seaman , Sheldon Amos, Sterne, Story, Mill, Stykney, Stubbs, Todd, Woolsey , Bluntscbli , Brie Killig, Bacher , Dubs, Gerber, Gneist, Haxthausen, Henboldt, Rutti - manti, Stein, Stronsberg, Cberbuliez, Constant, De i Parieu, Guizot, Laboulaye, Laveleye, Passy, Pierre
e Poudra, Tocqueville, Balbo, Cattaneo, Cavour, Mazzini, Sismondi, Romagnosi, Rossi P., Luzzatli, Palma, Scolari, Brunialti, Saredo.
I! primo volume incomincierà a pubblicarsi nel l’aprile e conterrà: una prefazione del prof. B rnnialti — La Democrazia antica e la Democrazia moderna, e l’opera di Erskine May, Storia della Democrazia in Europa, e quella di Tocqueville: La Democrazia in America.
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BULLETTINO DELLE BANCHE POPOLARI
Banca di mutuo credito popolare di Asola.
Provincia di Mantova (a u to riz z a ta 1 8 8 1) — Dalla situazione 51 marzo di questa Rane,a rileviamo che il capitale versato era di L. 9 6 , 0 8 4 ropra 2 0 0 0 azioni emesse da L. 5 0 ciascuna; il fondo di ri serva sebbene trattisi del secondo anno di esercizio, ammontava a L. 1 5 ,5 6 5 , più L. 1867 di fondo di previdenza per eventuali perdite. I depositi a risparmio salivano alla cospicua cifra di L. 117,525. Nella parte attiva troviamo L. 7 4 4 , 0 9 0 di cambiali scon tate in portafoglio, e nessun effetto in sofferenza. — La situazione, per una Banca che conta due soli anni di vita, non potrebbe essere più promettente.
Dal resoconto poi dell’esercizio 1 8 82, gentilmente favoritoci da quella Banca, rileviamo le seguenti notizie: — i soci della Banca erano il 51 dicembre ultimo scorso, 6 0 6 dei quali 165 piccoli agricoltori, 15 contadini giornalieri, 2 2 8 piccoli industriali e commercianti, 9 9 operai, 51 impiegati, maestri e professionisti, 5 0 ministri del cullo, donne minorenni ed altre persone senza determinata professione. Le quali cifre provano come la Banca di Asola sia una associazione veramente popolare. — In quanto alle operazioni fatte dalla Banca rilevasi che 4 5 0 soci rappresentanti 1 5 6 5 azioni scontarono 5007 effetti per l’importo di L. 1,1 4 5 ,0 5 5 , cioè una media di L. 5 7 8 per effetto Di questi 2 0 0 7 effetti scontati n.° 129 da L. 10 a 25, n.° 2 0 8 da L. 2 5 a 50, n.° 1 6 9 da L. 51 a 75, n.° 9 5 da L. 7 6 a 100, n.° 2 7 4 da L IO! a 150, n.° 5 7 4 da L. 251 a 200, n.° 7 2 2 da L. 201 a 500, n.° 4 8 4 da L. .',01 a 1000, n.° 107 da L 1001 a 2 0 00, n.0 5 8 da L. 2 a 4 mi la, n.° 9 da L. 4 a 6 mila. Ed è importante anche notare come si distribuirono gli sconti secondo le classi dei soci ; eceone lo specchio :
Banca popolare cooperativa di Castellazzo Bor-
mida
Provincia di Alessandria (au torizzata 1873.) — Dalla situazione 51 gennaio troviamo che il ca pitale versato saliva a L. 5 6 , 0 0 0 ed il fondo di si- serva stabile L. 8 7 0 0 . e riserva eventuale L. 4000, ed altre L. 5 6 0 0 per quota d’ ammortamento. Nei depositi vi erano L. 2 4 1 , 9 2 i; nel portafoglio aveva L. 2 5 2 ,5 6 4 , e L. 7 2 9 6 di anticipazioni, e L. 40,571impiegati in titoli dello Stato.
Durante l’esercizio 1 8 8 2 ebbe una rendita di Li re 2 5 , 1 0 6 e L. 1 6 , 2 6 6 di spese, d’ onde un utile netto di L. 6 8 4 0 che furono divise in L- 2 0 0 , per quote d’ammortamento L. 1 5 0 0 alla riserva stabile, L . 1 5 0 0 alla riserva eventuale, e L. 3 2 4 0 agli azio nisti in ragione del 9 per cento sul valore nominale delle azioni. — Tali resultati sono veramente splendidi.
Banca mutua popolare di Mantova
(a u to riz z ata 1867.) — Situazione 51 marzo. Capitale Lire 5 6 2 , 2 0 5 ; fondo di riserva L. 1 9 1 ,6 4 6 . Depositi L. 5 , 6 9 1 , 2 1 4 ; portafoglio L. 2 , 7 1 0 , 4 0 8 ; titoli e valori L. 1 , 6 5 1 , 5 5 9 ; effetti insofferenza L. 8 5 ,1 0 9 .
Banca mutua popolare Siracusana
(a u torizz ata 1872.) — Le voci principali della situazione 51 marzo di questa banca danno: — Capitale Lire 4 0 0 ,0 0 0 , fondo di riserva L. 5 1 ,6 0 8 , depositi Lire 1 ,107,698. Conti correnti L. 1 2 4 ,0 2 9 . Portafoglio L. 1 ,5 0 5 ,6 1 3 , anticipazioni su titoli L. 70 ,8 6 9 , an
ticipazioni su merci L. 3 9 ,8 2 4 . — Nessun titolo in sofferenza. — La Banca dà il 3 per cento ai c o r rentisti, il 3 1|2 e 4 1|2 al risparmio; sconta al 7, anticipa al 7 su titoli, all’ 8 su oggetti preziosi.
CRONACA DELLE CAMERE DI COMMERCIO
Camera di Commercio di Bologna.
-N ella tornata del 17 Marzo la Camera si occupò dell’ organizza zione della stanza di compensazione prendendo le se guenti deliberazioni :1° che il servizio della Stanza di Compensazione da istituirsi in Bologna a termini del Regolamento votato nella seduta 22 febbraio p. p. sia affidato alla succursale di Bologna della Banca Nazionale del Regno.
2° che per le spese d’ impianto e d’ esercizio del primo anno siano dalla Camera di Commercio pagate alla Banca L. 3 0 0 0 tremila e perciò si chieda al Prefetto il necessario permesso di aggiungere tale spesa nel bilancio di previsione già approvato pel 1883.
3° che resti incaricata la presidenza, appena approvato dal Ministero il regolamento, di stipulare la convenzione colla Banca Nazionale.