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Cronache Economiche. N.137, Maggio 1954

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(1)

CRONACH

ECONOMICHE

S

:URA DELLA CAMERA DI COMMERCIO INDUSTRIA E AGRICOLTURA DI TORINO r L T T Z N. 137 - MAGGIO 1954 - L. 250

CARPANO

(2)

Olivetti Studio 44

Gli s t r u m e n t i della scrittura

s o n o m u t a t i nei t e m p i col m e d e s i m o ritmo delle t e c n i c h e e delle civiltà. F u la p u n t a di pietra o di metallo ad incidere, la c a n n a o la p e n n a a d i s e g n a r e i caratteri, finché n o n v e n n e r o il p i o m b o e l ' a c c i a i o . E , col s e c o l o della m e c c a n i c a , le p r i m e m a c c h i n e scriventi, gli o r d i g n i c o m p l i c a t i che d o v e v a n o in p o c h i d e c e n n i m u t a r s i in veloci s t r u m e n t i di p r o g r e s s o , penetrare la vita del lavoro m o d e r n o , l'ufficio, lo s t u d i o , la casa; fino alla e l e g a n z a , a l l ' a g i l e elastico t o c c o della m a c c h i n a per scrivere

c h e al lavoro p e r s o n a l e offre l ' a u s i l i o di u n a precisione

a s s o l u t a , i servizi più diversi, e ad u n t e m p o v e l o c i t à n i t i d e z z a d u r a t a ,

e si c h i a m a col n o m e che d i c h i a r a i n s i e m e c o n la s u a d e s t i n a z i o n e la qualità della s u a o r i g i n e :

Per il lavoro personale

del professionista

e dell'uomo d'affari.

(3)
(4)
(5)

252.31)0 G R I B A U D O F R A N C E S C O rlv p a n e t t e r i a -T o r i n o , v. L. B e l l a r d l 22.

21-4-1954

(6)
(7)
(8)
(9)

CRONACHE

m ' I H ' I H i N

MENSILE A CURA DELLA CAMERA DI COMMERCIO I N D U S T R I A E A G R I C O L T U R A DI TORINO

A t t i v i t à C a m e r a l e Agricoltura A t t i v i t à torinesi C o m m e r c i o Estero Industria N o t a z i o n i N o t e di politica e c o n o m i c a N o t e statistiche O r g a n i z z a z i o n e e sicurezza P r o b l e m i nostri P r o b l e m i vari S e g n a l a z i o n i Sguardi nei settore

della t e c n i c a

C O M I T A T O D I R E D A Z I O N E :

S O M M A R I O

Note di Cronaca Camerale - 1. Contributo straordinario all'Ente Italiano della Moda • 2. Premi per tesi di laurea - 3. Contributi a sottocentri di fecondazione artificiale - 4. Applicazione del Regolamento generale della Borsa-Merci di Torino - 5. Premi per tesi a concorso sugli Istituti medi - Posto di fondazione presso la Casa dello Studente di Grenoble, pag. 33 • Congiuntura economica del mese di aprile 1954, pag. 9 - Borsa Valori: Rassegna del mese di maggio 1954, pag. 66 - Movimento anagra-fico, pag. 1 e pag. 91.

Fer.: I problemi dell'agricoltura europea, pag. 12.

E. Battistelli: La cooperazione in agricoltura, pag. 39.

F. Fasolo: Panorama di Torino tratteggiato da dati statistici, pag. 21.

Rassegna del commercio estero: Il commercio estero torinese nel mese di aprile 1954, pag. 49.

Sinossi dell'Import-Export, pag. 57.

Fiere, mostre, esposizioni, e congressi internazionali per il 1954, pag. 60. Il mondo offre e chiede, pag. 81.

Marton: L'industria televisiva, pag. 45.

Per migliorare il servizio di manutenzione, pag. 16.

Il servizio della ricerca di mercato deve funzionare nella azienda in modo autonomo?, pag. 65.

Quante visite " v a l e " ciascun cliente?, pag. 76. Come deve effettuarsi il controllo dell'impresa, pag, 84.

G. D. Cosmo: Lo sviluppo in Italia delle attività assistenziali e previden-ziali, pag. 17.

Il carbone nel mondo, pag. 37.

M. Sillano: Il mercato europeo dell'acciaio nel 1953, pag. 51.

Russo Frattasi: Lo studio del fattore umano previene gli incidenti, pag. 61.

A. R. Girola Gallesio: Un'autostrada Torino-lvrea-imbocco Valli d'Aosta, pag. 27.

P. Bava: Problemi economici del libro, pag. 31.

Nuove attrezzature per la casa, l'automobile e il giardino, pag. 71.

L. Peruzzi: I metalli per i contatti elettrici, Parte seconda, pag. 68. G. Léonard: Gli usi industriali degli isotopi radio-attivi, pag. 77.

Dott. AUGUSTO BARGONI - Prof. Dott. ARRIGO BORDIN Prof. Avv. ANTONIO CALANDRA - Dott. CLEMENTE CELIDONIO Prof. Dott. SILVIO GOLZIO - Prof. Dott. F. PALAZZI-TRIVELLI Dott. GIACOMO FRISETTI, Seoretarlo

(10)

QUANDO SCEGLIETE I PNEUMATICI...

Anche sul fondo

più viscido,

(11)

C O N G I U N T U R A

E C O N O M I C A

D

E

L

M

E

S

E

D A L L A R E L A Z I O N E C A M E R A L E S U L L A S I T U A Z I O N E E C O N O M I C A D E L L A P R O V I N C I A D I T O R I N O - A P R I L E 1 9 5 4

/ / Cdigrado le avverse vicende climatiche che hanno

tur-bato l'agricoltura, l'andamento economico della nostra

vincia, durante il mese di aprile, ha conseguito discreti

pro-gressi. Il passaggio stagionale, la ricorrenza pasquale ed il

36° Salone dell' Automobile — in un quadro di migliorata

stabilità politica — hanno tonificato il ritmo degli scambi.

Così, benché alcuni settori siano ancora rimasti in ombra, la

situazione nei suoi aspetti generali si è ravvivata,

neutraliz-zando — in gran parte — quel certo senso di incertezza che

era affiorato nello scorso marzo.

Sui mercati all'ingrosso, infatti, il ritmo degli

scam-bi, per la maggior parte delle voci, è rientrato nella

nor-malità. ha domanda ha assunto un tono più fermo ed ha

dimostrato un'apprezzabile consistenza, mentre l'offerta si è

mantenuta entro i consueti limiti, in realtà, piuttosto

lar-ghi. Il volume degli affari conclusi ha raggiunto pertanto un

livello elevato e l'equilibrio del mercato ne è uscito

maggior-mente rafforzato. Nonostante ciò, specie durante le prime

tre settimane, si sono ancora verificate moderate cedenze,

tanto nei prezzi di alcune derrate alimentari quanto in quelli

di diverse materie industriali. Quindi, benché nell'ultima

set-timana sia affiorata una relativa inversione di tendenza, è

assai probabile che il livello generale dei prezzi all'ingrosso

abbia ancora registrato un leggero arretramento rispetto al

precedente marzo.

Ciò, come si era osservato nella relazione dello scorso

mese, discorda con l'andamento seguito dai prezzi

interna-zionali. L'indice di questi, infatti, anche nell'aprile si è

rive-lato tendenzialmente orientalo verso il rialzo. Tuttavia è

pro-babile che il movimento ora in atto sui nostri mercati, più

che da una necessità di riequilibramento tra la domanda e

l'offerta, sia determinato dall' esigenza di adeguare

maggior-mente il livello dei nostri prezzi a quello internazionale.

Sempre sostenuto si è conservato invece l'andamento dei

prezzi sul mercato al dettaglio. Però anche qui — a

somiglianza dei mercati all'ingrosso — si è verificato

un apprezzabile ravvivamento delle vendite. Invero le avverse

condizioni climatiche hanno ancora ritardato gli acquisti

de-gli articoli primaverili ed estivi e dei beni strettamente

con-nessi al rinnovamento stagionale dell'abitazione. Quindi, nel

campo dei tessuti, degli articoli di abbigliamento, degli

og-getti sportivi, dei mobili e degli apparecchi domestici, il

vo-lume delle vendite — per quanto nettamente migliorato

ri-spetto al marzo — non sembra che abbia raggiunto i livelli

registratisi nell'aprile dello scorso anno.

Questi livelli sono stati superati però da tutti gli altri

set-tori. Malgrado le accennate zone d'ombra, quindi, la

propen-sione del pubblico verso gli acquisti è stata apprezzabile

ed il piano dei consumi, in linea generale, è ancora sembrato

in via di leggera espansione. Così, nonostante gli sfasamenti

determinati dall'eccessivo numero dei rivenditori, le

imme-diate prospettive, per questo settore, sembrano abbastanza

promettenti, tanto più che i livelli delle scorte, nella

genera-lità quasi dei casi, sono rientrati nella normagenera-lità. Qualche

ombra, tuttavia, perdura nel settore dei pagamenti. Qui,

spe-cie in determinati campi, i rilevanti immobilizzi costituiti

dalle vendite a credito e rateali hanno creato talune

situa-zioni che non si possono rapidamente normalizzare.

Pressoché invariata rispetto allo scorso mese, invece, è

ri-masta la situazione nel campo dell'esportazione.

Qual-che progresso conseguito nel settore degli autoveicoli,

delle macchine per ufficio e degli aperitivi è stato

neutraliz-zato dai regressi verificatisi nei rimanenti comparti

merceo-logici. Cosicché il volume complessivo delle merci inviate

all'estero nel corso del mese è risultato all'incirca eguale a

quello registratosi nello scorso marzo.

Pure invariata è rimasta la ripartizione delle esportazioni

nei confronti delle diverse aree di destinazione. Oltre la metà

del totale esportato ha continuato ad essere assorbita dai Paesi

europei. Per la rimanenza, ai modesti vantaggi acquisitisi

nell'area del dollaro si sono contrapposti altrettanto moderati

arretramenti in quella della sterlina.

(12)

in via di graduale sviluppo, una completa tonificazione della

attività industriale non può essere ottenuta che attraverso

ad una effettiva ripresa delle esportazioni. La nostra

produ-zione, in realtà, è in grado di competere con la maggior

parte della concorrenza estera e ciò, su qualsiasi mercato.

Tut-tavia, come più volte si è ricordato, troppi sono i fattori

det-tati da norma di politica economica che collocano i nostri

produttori in condizioni di inferiorità. Le posizioni vanno

pertanto riviste. Per quanto liberisti si sia, non si possono

accettar6 come definitive le situazioni determinate da Paesi

che, da un lato, accordano ampie protezioni alle proprie

espor-tazioni, mentre dall'altro, contingentano o bloccano con alti

dazi le importazioni.

Comunque /'immutato flusso dell'esportazione e

soprat-tutto l'andamento discretamente favorevole seguito dalle

ven-dite effettuate sul mercato nazionale hanno consentito ad

al-cune delle nostre industrie di conseguire apprezzabili

pro-gressi produttivi. Nonostante ciò la situazione ha continuato

ad essere contrassegnata dai consueti chiaroscuri.

Infatti, anche neWaprile, bene impostato —. ed anzi in

sensibile via di espansione — si è rivelato il ritmo produttivo

dell'industria siderurgica e di quella metallurgica in genere.

Slmilmente, in netta ripresa si è appalesata la situazione

dell'industria automobilistica. Per contro ancora appesantite

sono risultate le posizioni dei settori rivolti alla produzione

di macchine per l'industria (e segnatamente delle macchine

utensili), di motori Diesel, degli articoli di carpenteria

pe-sante e delle costruzioni ferro-tranviarie. Per gli altri settori

dell'industria meccanica (macchine per ufficio, apparecchi

do-mestici, articoli casalinghi, radio, apparecchi meccanici di

pre-cisione, trattori, macchine agricole e carrozzerie per

autovei-coli) lo stato di attività si è mantenuto su un piano

discreta-mente animato e tendenzialdiscreta-mente orientato verso il

miglio-ramento.

Tra le industrie tessili, la situazione è rimasta pressoché

invariata. Confortanti hanno continuato pertanto ad essere le

intonazioni seguite dall'industria delle fibre artificiali e da

quella laniera. Ancora in difficoltà, invece, sono apparsi i

co-tonifici, il settore serico e quello della canapa.

Difficoltà — sia pure di grado diverso — hanno

conti-nuato ad ostacolare l'andamento dell'industria conciaria e di

quella molitoria, dolciaria e della pastificazione. Per

conver-so, in via di espansione si è rivelato il ritmo produttivo presso

la maggior parte dei comparti chimici e presso le industrie

della gomma, degli aperitivi, dei materiali da costruzione e

dell'estrazione del talco.

Infine, su un piano stazionario rispetto allo scorso mese,

si è mantenuto lo stato d'attività delle industrie del legno e

della carta; mentre l'edilizia — per quanto ostacolata dagli

avversi fattori meteorologici — ha sviluppato un buon

pro-gramma di lavoro.

Nei singoli settori, quindi, non si sono avute

modifica-zioni di rilievo nei confronti dello scorso mese. Nonostante

ciò la situazione, nei suoi aspetti generali, ha offerto un

qua-dro sensibilmente ravvivato. Praticamente, dopo la pausa

ve-rificatasi nel primo trimestre, lo stato di attività dei diversi

comparti industriali è ritornato su livelli non lontani da quelli

registratisi sul finire del '53. Ciò, benché vi siano ancora

alcune posizioni appesantite, consente di consolidare

apprez-zabili progressi produttivi rispetto all'aprile dello scorso anno.

Anzi — considerando i vantaggi acquisiti da taluni comparti

di particolare importanza per la nostra provincia, come quello

automobilistico — si ha la sensazione che la nostra economia

si stia riportando su nuove linee di sviluppo.

Nondimeno un giudizio obbiettivo non potrà essere

for-mulato che nel prossimo mese. La rianimazione riscontrata,

come si é accennato all'inizio di questa rassegna, é stimolata

anche da fattori contingenti : alcuni stagionali, ma altri di

carattere del tutto transitorio. Tra questi ultimi va

annove-rato, in particolare, il 36" Salone dell' Automobile. Esso —

riu-scitissimo in ogni suo aspetto — ha conferito impulsi

par-ticolari e senz'altro duraturi ai rami direttamente

interes-sati. Però ha determinato pure una ripresa assai intensa, ma

temporanea,_ in tutti i settori direttamente od indirettamente

collegati col movimento turistico. Occorre dunque attendere

che la nostra situazione si normalizzi per poter effettuare una

valutazione serena.

D'altra parte, nel fondo della nostra economia, non

man-cano motivi che consigliano una certa cautela.

Sul mercato finanziario l'impostazione — per quanto

sempre favorevole — non é più così promettente come

10 era un anno fa. Anche nel mese esaminato, infatti,

11 volume dei protesti cambiari — che oltre a tutto ha

regi-strato un nuovo incremento — ha raggiunto confini che non

sembrano del tutto fisiologici. Inoltre, malgrado l'elevato

grado di liquidità esistente, la pressione esercitata dalle

ri-chieste di credito ha registrato un leggero incremento ed i

depositi, quantunque sempre in via di espansione, hanno

ap-palesato un certo rallentamento nel loro ritmo formativo.

Tutto ciò non autorizza a trarre illazioni negative. Però

consiglia appunto quella cautela — di cui poc'anzi si é fatto

cenno — nella valutazione della situazione. In effetti il

pro-blema del nostro sviluppo economico é collegato per la

mas-sima parte alle disponibilità di capitali e, quindi, alla

capa-cità di investimento. Se si vuole migliorare i livelli

produt-tivi, produrre a costi più economici ed occupare maggiori

aliquote di mano d'opera occorre costruire nuovi impianti e

rammodernarne diversi di quelli esistenti. L'andamento del

mercato finanziario va osservato quindi con particolare

attenzione.

Inoltre il mercato stesso — come già si è notato in

prece-denti relazioni — va conservato in un ambiente stabile ed

equilibrato. 1 prelievi effettuati dall'Erario debbono essere

attentamente dosati in modo da non distogliere dal settore

privato quelle eventuali aliquote che ivi potrebbero forse

tro-vare impieghi maggiormente produttivi. Inoltre le

disposi-zioni fiscali debbono essere di chiara e rapida attuazione,

onde evitare perturbamenti ed incertezze che vanno a tutto

detrimento di una ripartizione economica e sollecita degli

investimenti.

(13)

mese (astensione effettuata a seguito delle disposizioni allo

studio per le operazioni a termine e di riporto sui titoli

azio-nari) si é avuta una manifestazione evidente dell'inquietudine

che pervade il mercato finanziario. Con l'astensione stessa

non si è voluto difendere — come hanno affermato gli Agenti

di Cambio — alcun interesse di parte. Soltanto si è voluto

porre sul tappeto la questione della funzionalità della Borsa,

intesa proprio come organo di richiamo e di redistribuzione

del risparmio.

Comunque l'astensione in parola è probabilmente servita

ad attenuare i riflessi negativi che le predette disposizioni

hanno determinato. Infatti nelle riunioni che vi hanno fatto

seguito — benché l'atmosfera permanesse ancora pesante e

pessimistica — non si sono verificate vere e proprie onde di

realizzi, con conseguenti tracolli di prezzo. Vi sono state si

massicce ordinazioni di vendita, ma queste sono state

abba-stanza prontamente riassorbite. Sicché, nel consuntivo del

mese, si é ancora registrato un discreto volume di affari e

la perdita della quota azionaria, nel complesso, é rimasta

contenuta entro una percentuale del 4 % circa. Con ciò, sia

il mercato che il risparmio hanno dato un'apprezzabile

pro-va di resistenza e di calma. Naturalmente il movimento non

ha toccato il settore dei titoli a reddito fisso. Anzi questi,

come contraccolpo, si sono giovati di una maggiore

atten-zione e le relative quotazioni hanno acquisito qualche

ulte-riore miglioria.

Per quanto riguarda /'agricoltura, come si è

accen-nato all'inizio di questa rassegna, le condizioni atmosferiche

sono state del tutto sfavorevoli. Nelle prime due decadi del

mese piogge prolungate, venti freddi e brinate si sono

susse-guite ed al 20 di aprile, poi, si è avuta una improvvisa ed

abbondante nevicata.

Fortunatamente alla neve non é seguito il gelo e quindi

le conseguenze peggiori sono state evitate. Nondimeno i

dan-ni causati sono stati notevoli soprattutto per le colture arboree

da frutto, i vigneti e gli orti. Per le colture cerealicole e

fo-raggere la situazione è risultata migliore. Però anche qui,

si sono avuti ritardi della ripresa vegetativa e diradamenti

tutt'altro che lievi.

L'inclemenza del clima, inoltre, ha notevolmente

ostaco-lato la prosecuzione dei lavori agricoli. La falciatura degli

erbai, le semine degli ortaggi ed i relativi trapianti hanno

dovuto subire ovunque un rinvio. L'eccessiva umidità del

terreno, poi, ha costretto ad effettuare le semine del mais e

delle patate in condizioni difficili e scarsamente promettenti.

Buoni invece hanno continuato a mantenersi, sia lo stato

sanitario che quello di nutrizione degli allevamenti zootecnici.

Per gli scambi dei prodotti agricoli, infine, le trattative

si sono mantenute nella normalità ed hanno rivelato anzi una

maggiore animazione, rispetto allo scorso mese. Nonostante

ciò le quotazioni dei cereali e dei foraggi si sono ancora

mo-strate in via di indebolimento. Stabili, invece, si sono

con-servate quelle del vino e del bestiame, mentre per gli ortaggi

si sono verificati spunti di ripresa, notevoli ma transitori.

%nncu V&mtrìtu e

SOCIETÀ PER AZIONI - Capitale versato e r i s e r v e Lit. 1.300.000.000

(14)
(15)

PRODUTTIVITÀ DEL LAVORO E DELLA TERRA PRIMA E DOPO LA GUERRA

2 3 4 5 6 8 10

1000

2000

3000

4000

ASL - Australia US - Stati Uniti CA - Canadà GB - Inghilterra

GE-E- Germania Est SV - Svizzera

DA - Danimarca NO - Norvegia SW - Svezia BE - Belgio CL - Cecoslovacchia FI - Finlandia OL - Olanda PL - Polonia IR • Irlanda GE-W - Germania Ovest A U - Austria SP - Spagna

FR - Francia TU - Turchia

5000

PO - Portogallo RU - Rumania BU - Bulgaria YU - Jugoslavia

6000 q.

GR - Grecia IT - Italia — • media europea

I PROBLEMI DELL'AGRICOLTURA EUROPEA

_ / \ . l l o r c h è la C o m m i s s i o n e E c o n o

-mica p e r l ' E u r o p a delle Nazioni

Unite, nella sua ottava sessione di

studio, e s a m i n ò p r e l i m i n a r m e n t e i

problemi della p r o d u z i o n e agricola e

del c o m m e r c i o dei p r o d o t t i agricoli

europei giunse alla risoluzione di

p r e p a r a r e e divulgare un'analisi

det-tagliata dei sopracitati problemi,

cor-r e d a t a possibilmente dall'indicazione

di quelle soluzioni ritenute idonee

ad assicurare condizioni di vita più

favorevoli delle attuali alle p o p o l a

-zioni e a migliorare n o t e v o l m e n t e la

economia e u r o p e a in generale.

Sulla base delle istruzioni

ricevu-te, l ' a p p o s i t a Segreteria esecutiva e

la F . A . O . , l'Organizzazione p e r la

alimentazione e l'agricoltura, con la

collaborazione di altri E n t i

specializzati, i m p o s t a r o n o e s t u d i a r o n o i p r o

blemi essenziali giungendo alla f o r

-mulazione delle misure d a a d o t t a r e

p e r risolverli.

E c c o , in questo breve articolo, u n a

sintesi del lavoro svolto d a l l ' E . C . E .

e i punti f o n d a m e n t a l i dello studio

in seguito p u b b l i c a t o .

U n a settantina di anni fa, circa la

m e t à della p o p o l a z i o n e e u r o p e a ,

an-che nei Paesi an-che a v e v a n o r a g g i u n t o

un certo g r a d o di specializzazione

industriale, era o c c u p a t a

nell'agri-coltura, tesa alla p r o d u z i o n e delle

d e r r a t e alimentari necessarie p e r i

p r o p r i c o n s u m i e p e r q u e l ! della

restante p o p o l a z i o n e .

( F E R )

(16)

FRUTTA E VEGETALI

prezzo p. caloria 2 3 4

percentuale consumo In calorie

nord-occidentale, solo il 19 p e r cento

della popolazione si è m a n t e n u t a

impiegata nell'agricoltura. Nei Paesi

d e l l ' E u r o p a meridionale e orientale,

dove l'agricoltura n o n si è

svilup-p a t a con la m e d e s i m a intensità e

dove la popolazione totale si è

accre-sciuta r a p i d a m e n t e , p a r t i c o l a r m e n t e

nelle c a m p a g n e , l ' a m m o n t a r e degli

addetti ai lavori agricoli invece di

diminuire è a u m e n t a t o . Infatti, m e n

-tre nel 1920 si rilevavano le seguenti

percentuali di addetti all'agricoltura

sul totale della popolazione: E u r o p a

nord-ovest 2 6 % ; E u r o p a orientale

5 4 % ; E u r o p a meridionale 6 2 % ;

p e r la m e d e s i m a ripartizione di zone,

nel 1950 si rilevarono le seguenti

percentuali: E u r o p a n o r d - o v e s t 19

per cento; E u r o p a orientale 5 1 % ;

E u r o p a meridionale 5 2 % . T e n e n d o

c o n t o dei singoli Paesi già citati per

i dati rilevati nel 1880, le p e r c e n

-tuali calcolate nel 1950 d e n o t a n o u n o

s p o s t a m e n t o assai diverso. E c c o ,

infatti: G r a n B r e t a g n a 6 % ; G e r m a

-nia 1 6 % ; F r a n c i a 2 9 % ; Italia 4 1 % .

P e r gli Stati Uniti d ' A m e r i c a , la cui

industrializzazione n o n h a c o n f r o n

-ti in tutto il m o n d o , i da-ti rileva-ti

c o r r i s p o n d o n o ai seguenti: 1 8 8 0 =

5 4 % ; 1 9 2 0 = 2 6 % ; 1 9 5 0 = 1 6 % .

Si evince quindi che il g r a d o di

industrializzazione h a o v v i a m e n t e

in-fluenzato il livello d'impiego nei

la-vori agricoli e che altrettanta

in-fluenza h a n n o avuto sia l'impiego di

mezzi m o d e r n i sia la

motorizzazio-n e sullo sviluppo dell'agricoltura.

P e r contro, bassa

industrializza-zione significa agricoltura allo stato

primitivo o quasi.

L'industrializza-zione in pieno sviluppo p o r t a invece

ad un benefico allargamento del m e r

-cato interno e, in particolare, del

m e r c a t o u r b a n o .

In tutti i Paesi d e l l ' E u r o p a

meri-dionale ed orientale obiettivo

prin-cipale della politica agricola è

l'ab-b a t t i m e n t o dei troppi ostacoli

costituiti dalla mediocrità del r e n d i m e n

to ottenuto e dalla b a s s a p r o d u t t i

-vità della m a n o d ' o p e r a agricola; ciò

al fine di rendere possibile

l'accre-scimento della p r o d u z i o n e di

derra-te alimentari, indispensabile sia p e r

l'elevamento del livello di vita nella

c a m p a g n e sia p e r il p r o s e g u i m e n t o

dello sviluppo industriale.

È questo un obiettivo facile d a

f o r m u l a r e , m a assai difficile da

raggiungere. L a politica in questo c a m

-p o è stata a d o t t a t a con varianti a

volte discordi, a seconda della

situa-zione locale.

I Paesi industrializzati d e l l ' E u r o

-p a nord-occidentale, grazie al loro

alto livello tecnico, h a n n o p o t u t o

d e t e r m i n a r e i limiti entro i quali essi

d o v e v a n o p r o d u r r e le derrate

ali-mentari e quelli entro i quali era

possibile lo scambio con gli articoli

manufatti industriali.

L ' E u r o p a occidentale conta sulla

potenzialità dei produttori d'oltre

m a r e per ottenere grandi quantità di

cereali e di zucchero.

Eccezione fatta della G r a n

Breta-gna, i Paesi dell'Europa occidentale,

h a n n o deciso di proteggere e di m a n

-tenere la loro struttura agricola, che

dispone di milioni di piccoli

coltiva-tori, riservando loro praticamente la

totalità del mercato dei prodotti

ani-mali e la maggior p a r t e del mercato

dei legumi e delle frutta.

Sul mercato mondiale, nel periodo

intercorrente tra la p r i m a guerra

mondiale e la seconda, l'offerta dei

prodotti agricoli ebbe per tendenza

il s u p e r a m e n t o della d o m a n d a ; i

prezzi delle derrate alimentari

sce-sero ad un livello molto basso in

r a p p o r t o ai prezzi degli articoli m a

-nufatti.

L a protezione dell'agricoltura

ven-ne rinforzata e sviluppata, in questi

Paesi, in m o d o d a mettere i p r o d u t

-tori nazionali al coperto degli eventi

più nefasti di u n a eventuale crisi di

settore.

D o p o la seconda guerra m o n d i a

-le, la d o m a n d a m o n d i a l e di prodotti

agricoli assunse la tendenza a

sor-passare l'offerta soprattutto perchè

le ostilità avevano disorganizzato la

p r o d u z i o n e agricola in molte regioni

ed anche perchè la ricostruzione

del-l'agricoltura seguiva u n a via più

lun-ga e più lenta che n o n la

ricostruzio-ne industriale.

D o p o il 1951, il r a p p o r t o f r a la

offerta e la d o m a n d a assunse u n a

n u o v a tendenza sui mercati mondiali

dei p r o d o t t i agricoli: un a u m e n t o

continuo, sia p u r m o d e r a t o , della

p r o d u z i o n e di derrate alimentari e

una flessione della d o m a n d a ;

nell'in-sieme si ebbe un m o v i m e n t o di

ribasso dei prezzi agricoli che la p o

-litica a m e r i c a n a di sostenimento dei

prezzi e delle riserve non fece che

ritardare senza poterlo impedire.

(17)

solto; la flessione della d o m a n d a ,

co-me la fluttuazione della produzione

industriale potrebbe non essere che

passeggera. È doveroso tener

sem-pre sem-presente, parallelamente allo

studio dell'andamento della p r o d u

-zione agricola, anche il p r o b l e m a

demografico mondiale. D a una p a r

-te l'accrescimento della

popolazio-ne mondiale e la popolazio-necessità di

miglio-rare la sua alimentazione, dall'altra

la possibilità materiale di a u m e n t a r e

la produzione di derrate alimentari.

Dagli elementi contrastanti di

que-sto annoso p r o b l e m a non è invero

facile trarre i m m e d i a t a m e n t e

conclu-sioni non fallaci p e r l'avvenire; in

f u t u r o ci troveremo a controbattere

la penuria di derrate alimentari o

avremo u n a eccedenza?

Le zone ove la d o m a n d a di p r o

-dotti alimentari è l o n t a n a dall'essere

soddisfatta, anche attualmente, sono

generalmente quelle ove la

possibi-lità di accrescere la p r o d u z i o n e è

veramente bassa, e sono, solitamente

quelle a elevata densità di p o p o l a

-zione. II soddisfacimento della

do-m a n d a di p r o d o t t i alido-mentari

dipen-de p r o p r i a m e n t e dalla possibilità di

intensificare la specializzazione su

scala internazionale e di sviluppare

gli scambi in m o d o che le regioni n o n

producenti in misura sufficiente le

derrate alimentari p o s s a n o coprire i

loro bisogni di i m p o r t a z i o n e a u m e n

-tando le loro esportazioni di altri

prodotti. Il c o m m e r c i o e u r o p e o dei

prodotti agricoli — s e c o n d o i dati

pubblicati dalla Segreteria d e l l ' E . C . E .

— ha un v o l u m e attuale di p o c o

su-periore a quello di q u a r a n t ' a n n i fa.

Questi scambi h a n n o p e r ò u n a p a r t e

abbastanza i m p o r t a n t e nel c o m m e r

-cio totale d e l l ' E u r o p a ed a n c h e nelle

esportazioni europee. I p r o d o t t i

agri-coli costituiscono il 4 0 % del totale

delle importazioni e il 15 % circa

del totale delle esportazioni dei

Paesi europei. Questi p r o d o t t i

figurano con percentuali maggiori, v a

-rianti dal 2 0 al 5 0 % a s e c o n d a dei

Paesi e u r o p e i , m a in m e d i a nel 1 9 5 2

figurano sulla bilancia c o m m e r c i a l e

complessiva d e l l E u r o p a occidentale

PRODOTTI A N I M A L I

3 4 5

r

percentuale consumo D In calorie

con' il 4 0 % circa. P e r l ' E u r o p a

oc-cidentale nel 1913 la p r o p o r z i o n e

salì al 5 0 % , m e n t r e nel 1938 il

livello era del 4 5 % . L a G r a n

Bretagna è il più grande Paese i m p o r

-tatore; infatti, d o p o l'abolizione

del-la legge sui cereali, avvenuta nel

1846, essa è f o r t e m e n t e tributaria

all'estero p e r i m p o r t a n t i quantità di

prodotti agricoli. Nello studio citato

sull'evoluzione del c o m m e r c i o e u r o

-p e o dei -p r o d o t t i agricoli, la

Segrete-ria d e H E . C . E . f a osservare che tale

c o m m e r c i o si sviluppò sino alla

pri-m a guerra pri-mondiale, p e r q u a n t o le

misure protezionistiche siano state

s e m p r e più restrittive. L e i m p o r t a

-zioni di p r o d o t t i agricoli a b u o n

m e r c a t o provenienti d'oltre o c e a n o

— p r i n c i p a l m e n t e cereali — h a n n o

modificato f o r t e m e n t e la c o m p o s i

-zione della p r o d u z i o n e agricola

eu-r o p e a . T a l u n e zone h a n n o lasciato

p o s t o a n u o v i tipi di coltivazione.

P r i m a del 1 9 1 4 , b e n c h é la p r o t e

-zione d o g a n a l e fosse la regola

nel-l ' E u r o p a continentanel-le, inel-l nel-livenel-lnel-lo denel-l

c o m m e r c i o f u t a n t o elevato sia p e r

q u a n t o c o n c e r n e le i m p o r t a z i o n i

d'oltre m a r e sia p e r gli s c a m b i e u r o

-pei interni. Si n o t ò anche u n a certa

specializzazione in taluni Paesi che

d i v e n n e r o nel c o n t e m p o forti

espor-t a espor-t o r i ed i m p o r espor-t a espor-t o r i dei m e d e s i m i

prodotti. U n a n u o v a v e n t a t a di p r o

tezionismo, specialmente in G e r m a

-nia ed in Italia, si ebbe nel 1925

q u a n d o la produzione agricola

ritor-n ò ai livelli d'aritor-nteguerra. L a

prote-zione assunse la f o r m a di u n

vigo-roso a u m e n t o delle tariffe doganali

in aggiunta ad alcuni metodi

indi-retti, quale ad esempio

l'obbligazio-ne imposta ai molini di m a c i n a r e

nel Paese. L a seconda guerra p o r t ò

a u n a n u o v a p e n u r i a dei prodotti a

-gricoli e, c o m e p r i m a della guerra

m o n d i a l e antecedente, i Paesi europei

divennero g r a v e m e n t e tributari

del-l ' A m e r i c a dedel-l N o r d . N e del-l d o p o g u e r r a

l ' E u r o p a si è t r o v a t a in c o n c o r r e n z a

con le altre regioni in qualità di

acquirente delle eccedenze n o r d a m e

-ricane.

D a l 1951, in E u r o p a occidentale,

la p r o d u z i o n e agricola p e r abitante

h a teso n u o v a m e n t e verso i livelli

d ' a n t e g u e r r a e le restrizioni imposte

al c o m m e r c i o dei p r o d o t t i agricoli

s o n o state n u o v a m e n t e rinforzate. Il

p r o t e z i o n i s m o h a favorito lo

svilupp o dell'agricoltura nei Paesi i n d u

-strializzati.

(18)

zuc-chero, di tabacco, di latte e di

agru-mi sono certamente più elevate che

nel periodo antecedente la p r i m a

guerra mondiale, m a le importazioni

della maggior parte degli altri

pro-dotti — cereali, carne, caffè ecc.

•—-sono considerevolmente diminuite.

D i a m o ora u n sommario sguardo

al commercio interno europeo. L a

flessione delle importazioni

prove-nienti d a l l ' E u r o p a orientale e le

dif-ficoltà cui sono sottoposti i Paesi

dell'Europa meridionale

costituisco-no i fatti salienti. Notevole è l a

fles-sione delle esportazioni di prodotti

agricoli d a parte della Russia e del

B a c i n o d a n u b i a n o . Nel p e r i o d o

1 9 0 9 1 9 1 3 la Russia esportava a n

-n u a l m e -n t e più di 10 milio-ni di to-n-n.

di cereali; essa era allora il più

gros-so esportatore di cereali del m o n d o .

Nel p e r i o d o 1 9 3 4 - 1 9 3 8 essa n o n

esportò che 1,4 milioni di tonn. I l

volume delle s u e esportazioni n e l

corso degli ultimi anni è variato, m a

in m e d i a esso è r i m a s t o p o c o

supe-riore a quello del 1939. L e

esporta-zioni di cereali dal B a c i n o d a n u b i a n o

che n e l 1 9 0 9 - 1 9 1 3 raggiunsero i

6 milioni di tonn., c a d d e r o al livello

di 3 milioni di t o n n . circa nel

pe-r i o d o c o m p pe-r e s o f pe-r a le due guepe-rpe-re; l a

loro m e d i a a n n u a l e è oggigiorno

in-feriore a 1 milione d i tonn., ciò si

giustifica con u n ribasso della p r o

duzione e un accrescimento del c o n

-s u m o interno d e i Pae-si di que-sta

regione.

Il v o l u m e delle importazioni di

ce-reali d e l l ' E u r o p a occidentale è

dimi-nuito di circa un quarto in r a p p o r t o

al volume importato nel periodo

pre-cedente alla p r i m a guerra mondiale;

le importazioni provenienti

dall'Ame-rica del nord h a n n o rimpiazzato le

importazioni provenienti d a l l ' E u r o p a

orientale.

Gli altri prodotti a g r i c o l i c h e

l ' E u r o p a occidentale riceveva d a l

-l ' E u r o p a orienta-le, ad eccezione de-l-lo

zucchero, non c o m p a i o n o più negli

scambi d o p o il 1945,

particolarmen-te p e r il burro, le u o v a ed il tabacco.

Per taluni di questi prodotti il m o

-vimento tradizionale del commercio

tende a d invertirsi.

P e r q u a n t o concerne le

esporta-zioni d e l l E u r o p a meridionale (e per

l ' E u r o p a meridionale vogliamo dire

Portogallo, Spagna, Italia,

Iugosla-via, Grecia e Turchia) l a Segreteria

dell'E.C.E. segnala che esse

consistono soprattutto in p r o d o t t i dei q u a

-li l a vendita diviene di giorno i n

giorno p i ù diffìcile. T a l e tendenza

verrà senza d u b b i o c o n f e r m a t a d a i

c o m m e r c i futuri. Solo l a Turchia,

produttrice di cotone e di cereali,

s e m b r a avere la possibilità di

miglio-rare l a sua posizione. L e

prospetti-ve sfavorevoli per l'esportazione dei

p r o d o t t i d e l l ' E u r o p a meridionale

sono soprattutto p e r quei prodotti

sui quali i n c o m b e l a tendenza di

so-stituzione con altri m e n o cari. P e r

e s e m p i o olii diversi al p o s t o dell'olio

d'oliva, conserva di f r u t t a al p o s t o d i

frutta fresca.

L o studio d e l l ' E . C . E . ricorda

inoltre che p e r l'esportazione dei p r o

-dotti di cui si ha un aumento di

do-m a n d a , quali le frutta fresche e d i

legumi, l ' E u r o p a meridionale lotta

contro la concorrenza di altri Paesi,

Stati Uniti a d esempio, che

sovven-zionano alcuni loro esportatori di

frutta, o A f r i c a del nord, per

secon-do esempio, che approfitta di taluni

trattamenti privilegiati sul mercato

nazionale f r a n c e s e . L'accesso dei

mercati stranieri di frutta e legumi è

chiuso da restrizioni di natura

diversa destinate a proteggere la p r o d u

-zione orticola locale, c h e sovente

o c c u p a u n gran n u m e r o di m a n o d o

-pera. L e esportazioni di legumi, di

olio d'oliva, di noci e di vino

del-l E u r o p a meridionadel-le, nedel-l del-loro

insie-me, sono ora inferiori ai livelli tenuti

q u a r a n t ' a n n i fa. Solo le esportazioni

di f r u t t a fresca e di tabacco sono

sensibilmente aumentate.

Il declino del commercio globale

dei prodotti agricoli d ' E u r o p a negli

ultimi q u a r a n t ' a n n i n o n p u ò essere

certamente considerato u n fatto

fa-vorevole. Q u e s t o declino —

conclu-de l o studio conclu-dell'E.C.E. — è dovuto

soprattutto alla severità delle misure

protezionistiche adottate d a tutti i

Governi. D ' a l t r a p a r t e i Paesi e u r o

-pei v a n n o verso una migliore

specia-lizzazione della p r o d u z i o n e agricola.

L e possibilità d i specializzazione

of-ferte dalle differenze climatiche e

geografiche sono p e r ò p i ù elevate

p e r i Paesi del sud e d e l l ' E u r o p a

sud-est; e questo p o r t a a n u o v e

differen-ze nella struttura e c o n o m i c a e

socia-le dei vari Paesi europei.

N O T A Z I O N I .

P E R M I G L I O R A R E ILà S E R V I Z I O

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\ I :

fames Storie, in Factory Manegement and Maintenance

(XII - 1953) tratta dei punti fondamentali per migliorare

i servizi di manutenzione. Nell'articolo riportato da

°ro-duttività stralciamo i suggerimenti che seguono :

suddivi-dere l'officina in « zone di manutenzione ». Per i lavori

di ogni zona costituire una squadra di specialisti alle

di-pendenze di un dirigente capo zona. Fornire per ciascuna

zona i mezzi necessari in corrispondenza del relativo

mac-chinario. Stabilire un regolare programma preventivo di

zona.

(19)

LO SVILUPPO IN ITALIA

delle attività assistenziali e previdenziali

G I A N D O M E N I C O C O S M O

I. — L ' I N C H I E S T A P A R L A M E N T A R E

S U L L A MISERIA

Negli anni successivi alla Liberazione, si venne

manifestando con sempre maggiore urgenza il

pro-blema della riforma della assistenza. Una proposta

presentata dall'On. Vigorelli, attuale Ministro del

Lavoro, alla Camera dei Deputati ne affrontava i

termini, indicando come finalità immediata di una

Commissione di Inchiesta parlamentare non lo

stu-dio di un migliore orientamento dell'assistenza, ma

quello del fenomeno « la miseria », cui l'assistenza

si rivolge e dei mezzi attualmente disponibili per

combatterla ». Nel periodo di un anno la

Commis-sione ha svolto ricerche approfondite e sistematiche.

I risultati del lavoro compiuto vennero presentati

alla Presidenza della Camera dei Deputati e raccolti

in una collezione di 14 volumi, contenente indagini,

monografie e documentazioni.

Sui criteri di lavoro « Cronache Economiche » ha

già fornito, in precedente articolo, ragguagli. Giova

ora sommariamente riassumere i risultati dell'opera

che veramente onora l'attività della Camera dei

De-putati, che è così riuscita ad illuminare l'opinione

pubblica su aspetti ignorati della vita sociale italiana.

Invero l'indagine statistica ed economica non può

sempre riprodurre ed illuminare la realtà sociale,

specialmente in un paese come l'Italia, ove

coesi-stono situazioni profondamente diverse da regione

a regione. La ricognizione delle situazioni sociali

sfugge assai spesso ai limiti entro i quali lo statistico

e l'economista possono applicare le loro conoscenze

teoriche, perchè i fenomeni sociali h a n n o anche

carattere morale e psicologico e si esprimono in una

gamma infinita di manifestazioni.

Le conclusioni raggiunte dalla Commissione

pre-sieduta dall'On. Vigorelli, validamente assistito dal

Vice-Presidente On. Montini, hanno notevole

im-portanza anche ai fini della politica economica

ge-nerale, perchè i dati acquisiti indicano chiaramente

i settori e le zone, ove il Governo ed il Parlamento

dovrebbero esercitare il loro sforzo nella corrente

legislatura. Così, ad esempio, — in merito allo

svi-luppo degli investimenti —• sembrerebbe sempre

in-combente la necessità di proseguire nell'attività a

favore dell'edilizia popolare. In ordine alla

situa-zione delle abitazioni si è infatti accertato che a

fine 1952 :

a) 11.268.000 famiglie occupavano 33.667.000

stanze, mentre ben 232.000 famiglie, pari al 2 %

della popolazione, abitavano in soffitte, cantine e

magazzini; e 92.000 famiglie, pari allo 0,8 % della

popolazione, vivevano in baracche e grotte;

b) 1.078.000 famiglie, pari al 9,3 % della

popo-lazione, vivevano in abitazioni sovraffollate (con

oltre tre persone per vano) e 1.391.000 famiglie, pari

al 12 % della popolazione, vivevano in abitazioni

con oltre due persone per vano;

e) in conclusione oltre il 22 % degli italiani

vivevano in abitazioni improprie 0 in abitazioni

so-vraffollate.

Ai fini della politica dei consumi e nonostante il

loro incremento negli ultimi anni — come è stato

ampiamente dimostrato nelle « Relazioni

Economi-che Generali » Economi-che ogni anno entro il 31 marzo il

Ministro del Bilancio è tenuto a presentare al

Par-lamento — la Commissione Vigorelli ha accertato

che sempre a fine 1952 :

(20)

b) rispetto ad una spesa giornaliera complessiva

inferiore alle 1.000 lire, la spesa alimentare di una

famiglia povera venne accertata in 574 lire al giorno.

11 quotidiano problema del vitto appare chiaro dal

rapporto fra queste due cifre — 62 % di spese

ali-mentari rispetto alle uscite totali — ma appare

so-prattutto assillante se si considera la ristrettezza del

bilancio familiare;

c) i dati analitici del capitolo alimentazione dei

bilanci di famiglie povere mettono chiaramente in

evidenza la compressione delle spese per generi

ali-mentari di elevato potere nutritivo e di alto costo

(carne, salumi, latte, formaggio, uova) e

l'orienta-mento verso i generi alimentari di basso prezzo

(pane, generi da minestra, legumi), 0 il cui

con-sumo non può scendere oltre certi limiti, come ad

esempio, i condimenti;

d) ove si limiti l'esemplificazione a tre consumi

popolari tipici — carne, zucchero e vino — si è

sta-bilito che 869.000 famiglie, pari al 7,5 % del totale,

non consumavano fra i loro alimenti nè carne, nè

zucchero, nè vino, mentre 1.032.000 famiglie

con-sumavano soltanto alcuni di tali alimenti in quantità

minime o nulle;

e) rispetto ad una spesa media nazionale di

27.628 lire al mese per famiglia povera, la cifra

scen-deva sempre nel periodo considerato a 20.252 lire

nell'Italia Meridionale e a 18.496 lire nell'Italia

In-sulare. Cioè in queste regioni l'incidenza del

capi-tolo alimentazione raggiunge percentuali

estrema-mente pesanti sulle uscite totali. N e consegue che

l'abitazione, l'illuminazione, la cottura dei cibi

la-sciano margini irrisori per tutte le altre

innumere-voli spese che nella vita moderna e civile

arricchi-scono il bilancio di una famiglia di medie condizioni

economiche.

Nel complesso sulla base combinata dei dati

rac-colti, la Commissione Parlamentare di Inchiesta

sulla Miseria ha cosi sintetizzato il quadro del tenore

di vita delle famiglie italiane, che sono 11.592.000

con un numero medio di 4,06 componenti :

1.357.000 ( 1 1 , 7 % ) si possono classificare in

condi-zioni misere, cioè a bassissimo tenore di

vita;

1.345.000 famiglie (11,6 %) in condizioni povere o

disagiate, cioè a basso tenore di vita;

7.611.000 famiglie ( 6 5 , 7 % ) in condizioni medie;

1.274.000 famiglie (11 °/

0

) in condizioni agiate.

J2 | C R O N A C H E E C O N O M I C H E

II. — DIVERSA D I S T R I B U Z I O N E R E G I O N A L E

D E L L A R I C C H E Z Z A

Le conclusioni raggiunte dalla Commissione

Vi-gorelli dimostrano in guisa lampante le differenze

esistenti fra regioni settentrionali e meridionali.

In-teressante è sotto questo punto di vista stabilire la

distribuzione della miseria in Italia. Per gruppi di

ripartizione territoriale, tenuto conto di tutti gli

elementi e dati raccolti, si è potuto accertare che :

a) su un totale di 1.357.000 famiglie misere,

1.161.000 comprendenti 4.700.000 persone,

apparte-nevano alle regioni meridionali ed insulari e su

1.345.000 famiglie a tenore di vita basso, 925.000

famiglie con 4.226.000 componenti appartenevano al

Sud ed alle isole mediterranee;

b) da raffronti percentuali la situazione

ap-pare ancora più evidente. Vivono cioè in condizioni

misere :

1' 1,5 % degli abitanti dell'Italia Settentrionale;

il 5,9 % degli abitanti dell'Italia Centrale;

il 28 % degli abitanti dell'Italia Meridionale ed

Insulare;

c) se i risultati dell'indagine mettono

chiara-mente in evidenza la situazione depressa di tutto il

Meridione, estremamente gravi sono risultate le

con-dizioni di miseria riscontrate in alcune regioni di

tale zona. Nel complesso del Paese su ogni 100

fami-glie 23 sono misere o disagiate, ma si raggiunge il

livello di 63 nella Calabria e 54 nella Basilicata. Il

distacco è enorme rispetto alle condizioni del

Pie-monte, ivi compresa la Regione Autonoma della

Val di Aosta, ove lo 0,9 % delle famiglie è misero

e il 2,6 % disagiato. In Lombardia l'i,4 % delle

famiglie è misero e il 3,4 % disagiato.

(21)

che il Governo dovrà compiere per la

riqualifica-zione professionale dei giovani :

a) sotto l'aspetto della idoneità attitudinale, la

media nazionale delle reclute assegnate alla prima

categoria è risultata del 17,7%, ed è superata con

il 44,42 % nel Distretto di Torino, con il 43,09 %

di Milano, con il 39,17 % di Genova, con il 34,29 %

di Brescia. Inversamente gli assegnati alla quarta ed

ultima categoria, che nella media nazionale sono il

33,21 %, raggiungono il 72,45 % nel Distretto di

Agrigento, il 68,19 % a Caltanissetta, il 67,38 % a

Enna, il 62,99 %

a

Frosinone;

b) la percentuale degli analfabeti è minima nelle

provincie settentrionali, dove tuttavia si aggrava ove

si aggiungano i semianalfabeti, particolarmente

fre-quenti nelle zone montane. A Milano si ha lo 0,3 %

di analfabeti e lo 0,35 % di semianalfabeti; ma a

Bergamo si ha lo 0,5 % di analfabeti e l'i 1,4 % di

semianalfabeti;

c) viceversa — e ciò assume particolare interesse

anche nei riguardi della disoccupazione, che è

sem-pre in strettissimo rapporto con l'insufficienza della

preparazione tecnica e professionale — vi sono, in

ogni parte d'Italia, Distretti, ove il totale di

analfa-beti si aggira tra il 10 e il 20 % delle reclute

presen-tatesi. I Distretti con una percentuale di reclute

anal-fabete tra il 20 e il 30 % sono tutti nell'Italia

Me-ridionale e taluni nella Centrale; esistono infine

distretti con percentuali superiori, tutti meridionali

o insulari, come Benevento con il 31,9 %

Caltanis-setta con il 40,1 % T e r a m o con il 41,1 % E n n a

con il 48 % e Cagliari col massimo preoccupante

del 53 %.

La diversità estrema fra condizioni di vita e

so-ciali nelle regioni settentrionali ed in quelle

meri-dionali si riflette purtroppo nelle attività

assisten-ziali. La povertà assistita non si distribuisce

unifor-memente in tutto il Paese, ma è localizzata

preva-lentemente nel Sud, cioè proprio in quelle zone,

ove la povertà è più diffusa ed accentuata e dove

l'assistenza, quindi, dovrebbe giungere più

larga-mente. Tali risultati dell'indagine additano — ove

si palesi impossibile destinare all'assistenza maggiori

somme da concentrare nel Mezzogiorno — la

neces-sità di rivedere gli attuali criteri di ripartizione dei

mezzi e, quindi, la possibilità di un primo

corret-tivo delle enormi distanze che, anche sul piano

assi-stenziale, dividono il Sud dal N o r d .

III. — L ' O N E R E PER L A

P R O T E Z I O N E SOCIALE

La situazione di squilibrio, accennata nel

prece-dente paragrafo, emerge chiaramente anche dalle

analisi fatte dalla Commissione Parlamentare sulle

erogazioni a fine d'assistenza degli enti locali:

a) nel 1949 le spese assistenziali delle Provincie

andavano in cifre assolute da un minimo di 22

mi-lioni di lire nella Provincia di Matera ad un

mas-simo di 1.405 milioni in quelle di Milano. La spesa

media annua per abitante risultava pertanto

rispetti-vamente di 177 lire e 585 lire;

b) dai bilanci dei 22 comuni demograficamente

più importanti della Repubblica risultava per il 1950

una spesa annua per assistenza e beneficenza

mas-sima a Milano con 3.097 lire per abitante e minima

a Taranto con 204 lire;

c) il grado di intensità dell'assistenza è, come

media generale, molto più accentuato nei comuni

dell'Italia Settentrionale e più esteso nei centri

mag-giori quali sono i comuni con oltre 100.000 abitanti;

d) nel 1951 praticamente, come media

nazio-nale, tre quarti delle spese assistenziali comunali

fu-rono assorbiti dall'assistenza sanitaria, ma nei

Co-m u n i econoCo-micaCo-mente e socialCo-mente più evoluti,

quali i capoluoghi di provincia con oltre 100.000

abitanti dell'Italia Settentrionale, il capitolo

dell'as-sistenza sanitaria assorbe soltanto il 56,9 % delle

spese assistenziali;

e) anche nelle grandi città più evolute esistono

delle notevoli differenze di grado e di intensità nelle

attività assistenziali espletate dalle rispettive A m m i

-nistrazioni comunali : col 14-38 % di incidenza

ri-spetto alle spese complessive figura al primo posto il

C o m u n e di Milano.

La Commissione Parlamentare nelle sue indagini

storiche, che risalgono agli inizi del secolo, ha

regi-strato una tendenza verso una spiccata e costante

espansione nella pubblica spesa — cioè quella dello

Stato e degli Enti locali —• annualmente sostenuta in

Italia per fini assistenziali. Rapportate le erogazioni

per fini assistenziali, ridotte in lire attuali, al

nu-mero degli abitanti, è stato possibile accertare che:

(22)

.considerato la popolazione italiana è aumentata di

oltre 13 milioni di abitanti, ovverossia di più di un

terzo, ai fini dello sviluppo dell'assistenza concreta

l'incremento effettivo è pertanto nettamente inferiore

a quello di circa 26 volte risultante dai dati assoluti

complessivi.

2. — Ove ci si limiti alle vere e proprie

eroga-zioni assistenziali — cioè all'assistenza e beneficenza

nella concezione più ristretta del termine;

esclu-dendo pertanto le pensioni di guerra che

costitui-scono un debito dello Stato — si deduce che

nel-l'esercizio 1908-09 la spesa a carico del bilancio

sta-tale ammontava, sempre in lire attuali, a 163 lire

per abitante e che essa era salita nell'esercizio 1952-53

a 1.865 l '

r e

P

e r

abitante. Cioè, prendendo come base

il primo esercizio finanziario sopracitato, l'aumento

effettivo per abitante è soltanto di 11 volte.

3. — Per i Comuni la spesa per scopi

assisten-ziali per abitante, sempre ridotta in lire attuali, è

stata accertata in 313 lire nel 1907, toccò un massimo

di 1.075 l '

r e n e

'

r

935

e n e

l Ì95

0

risultava di 926 lire,

cioè di oltre il 10 %, inferiore al livello massimo

prebellico.

4- — Per le Provincie, infine, la spesa per

assi-stenza e beneficenza passa ad una media annua di

316 lire nel 1909 ed un massimo di 643 lire nel

1935. Nel 1950 — a motivo dell'aumento della

po-polazione — essa risultava ridotta a 619 lire.

Giova qui aggiungere che le somme stanziate sul

bilancio statale — e egualmente quelle impegnate sui

bilanci degli enti locali — per l'assistenza si

ridu-cono ovviamente delle spese di amministrazione. La

Commissione Parlamentare d'Inchiesta ha

sottoli-neato ripetutamente questo aspetto assai delicato

del-l'attività assistenziale; l'opinione pubblica reagisce

infatti sfavorevolmente in simile materia e propende

con facilità a conclusioni avventate, ingenerando un

clima di sfiducia molte volte non giustificato.

Le conclusioni raggiunte dalla Commissione

Par-lamentare sull'onere finanziario per la protezione

sociale sono molto istruttive ai fini della politica

economica generale. Esse infatti dimostrano che la

lotta dirotta contro la miseria incontra ovviamente

dei limiti insormontabili in un paese

economica-mente arretrato, ove il permanere, nonostante gli

sforzi fatti dop 0 la Liberazione, di una massa non

assorbibile di disoccupati e le diffuse manifestazioni

di sottoccupazione sono chiaro indice dell'esistenza

di un fenomeno di sovrapopolamento. Tale

feno-meno è ancora aggravato dal permanere di

un'agri-coltura ancora arretrata in molte zone e che assorbe

stabilmente pochissima mano d'opera in molte

re-gioni demograficamente importanti. Nell'ambito di

una comunità nazionale in condizioni normali è

accertato e riconosciuto in guisa del tutto pacifica

che — a prescindere dai casi marginali, comuni ad

ogni società organizzata — la disoccupazione sia

fonte di miseria e non viceversa. Ora in Italia,

paese sovrapopolato e povero di capitali, è vero

esattamente il contrario : cioè la miseria è fonte di

uleriore disoccupazione.

La Commissione Parlamentare ha sostanzialmente

denunciato un grave disordine legislativo, ha

sotto-lineato l'esistenza di un numero eccessivo di organi

smi che di assistenza si occupano, ma ha concluso

che lo sforzo finanziario nella lotta contro la miseria

è notevole. Nel 1950 le erogazioni per fini

assisten-ziali a carico dello Stato e degli Enti locali hanno

superato i 293 miliardi di lire, cifra pari al 3,84 %

del reddito nazionale di quell'anno. Ove si tenga

conto anche delle prestazioni previdenziali si

rag-giungeva nel 1950 l'imponente cifra di 710 miliardi

di lire, pari al 9,23 % del reddito nazionale di

quel-l'anno. Successivamente l'espansione di tale spesa è

ancora notevolmente aumentata.

Infatti la « Relazione Generale sulla Bilancia

Eco-nomica del Paese » presentata il 20 marzo 1954 dal

Ministro del Bilancio Vanoni alla Presidenza della

Camera, scrive che « si è abbastanza vicini al vero

se si afferma che il complesso dei trasferimenti di

redditi a fini sociali è ammontato nel 1953 ad altri

1300 miliardi di lire », con un aumento del 14 %

rispetto al precedente anno 1952. Togliendo da tale

importo di 1300 miliardi di lire alcune voci non

propriamente assistenziali e quindi non calcolate

nell'Inchiesta Vigorelli (90 miliardi di lire di

pen-sioni normali iscritte sul debito vitalizio; 75

mi-liardi di lire di carovita ai pubblici dipendenti, ecc.),

si arriva pur sempre ad una cifra intorno ai 1.000

miliardi di lire. Il che sembra essere in funzione di

una tendenza statisticamente dimostrabile ad un

as-sorbimento crescente —• come del resto si verifica in

altri Paesi — del reddito nazionale annualmente

prodotto per fini assistenziali e previdenziali.

(23)

Dal ìSgi la popolazione di Torino ebbe ogni trent'anni un'ascesa di circa duecento mila abitanti. Il fenomeno fu determinato dallo sviluppo industria-le, che ebbe inizio appunto alla fine del secolo scorso.

P O P O L f l Z I O f l E P E E S E f l T E DELLO ( I Ì T Q ' D k l O i i l f l O HEGLI Rfìfll '

mw

PANORAMA DI TORINO

tratteggiato da dati statistici

F U R I O F A S O L O

Un eloquente e suggestivo panorama

di Torino è, senza dubbio, quello

of-fertoci dalla Divisione Lavoro e

Stati-stica del Comune di Torino mediante

il suo « Annuario Statistico 1951 », il

terzo della serie che ha visto la luce

nel dopoguerra. Andare alla ricerca

del-la realtà attraverso l'analisi delle cifre

è sempre un'avventura affascinante,

ric-ca di sorprese; ed è anche il mezzo

migliore per correggere quegli errori di

prospettiva che si determinano per

ef-fetto di una misteriosa forza di inerzia

e, in parte, per colpa di quei grandi

nemici della verità che sono i luoghi

comuni.

« T o r i n o , con i suoi grandi

stabili-menti industriali e con una

popolazio-ne che raggiunge i 750 mila abitanti,

necessita di una sistematica raccolta di

dati che metta in evidenza le

partico-larità della sua struttura demografica,

economica e sociale ». Così dice nella

presentazione l'assessore Mario Enrico,

soggiungendo che l'Annuario consente

di individuare « l e caratteristiche del

progressivo evolversi della nostra città

e di trarne indispensabili elementi per

lo studio del suo sviluppo ».

Giustissimo. I dati, come si è detto,

sono quelli del 1951 : tuttavia il loro

esame appare egualmente di vivo e

at-tuale interesse.

Le cifre, innanzi tutto, ci indicano i

termini della forza della metropoli

pie-montese : la struttura delle sue attività

produttive, e ci spiegano come si

for-mino le energie umane occorrenti alle

attività stesse, mediante la preparazione

tecnica e culturale. Ci mostrano la

cit-tà nella sua ampiezza e nella sua

po-polazione, ci dicono come e di dove i

nuovi abitanti vi giungano quali

im-migrati.

(24)

esau-q u p n t i t esau-q (omPLEKiun n n n u Q u - i n

mitipanmini-1 9 4 9 mitipanmini-1 9 5 0 mitipanmini-1 9 5 mitipanmini-1 1 9 4 9 1 9 5 0 1951

rienti sono una prova dell'efficienza

della Divisione Statistica del Comune,

che — come nota il dott. Melano,

Ca-po della Divisione stessa, in un

inte-ressante articolo — è dotato di una

mo-derna attrezzatura meccanografico).

La curiosità ci porta subito a cercare

le cifre che delineano il profilo della

città industriale. Alla mente si affaccia

lo slogan : « Torino, la metropoli della

grande industria » — motto orgoglioso

che pare contenere anche una vena di

rimpianto per un'altra Torino —

quel-la di tempi ormai remoti, nelquel-la quale

era dominante la tradizione artigiana.

Ma è davvero scomparsa quella

tradi-zione? O, non piuttosto, nell'evo!versi

dei processi produttivi, ha trovato altri

modi per manifestarsi? Le cifre ci

con-fermano che appunto questa seconda

ipotesi risponde alla verità. Sì, le

gran-di industrie appaiono numerose, in

tut-ta la complessità resa necessaria dalla

cospicua massa di dipendenti di cui si

valgono : 36 aziende hanno più di

mil-le lavoratori; da somil-le ne mobilitano

113.110: quasi la metà delle persone al

colgono complessivamente altre 26.873

E altre 42 ditte — ciascuna delle quali

conta da 501 a 1.000 dipendenti —

rac-colgono complessivamente altre 26.873

unità. Ma significativo è il fatto che

numerose figurano le piccole ditte —

ad esempio quelle che hanno fino a 10

dipendenti, oppure da 10 a 50. In tali

categorie troviamo rispettivamente 1.573

e 1.217 ditte, con un esercito di oltre

trentacinquemila lavoratori. Siamo nel

campo di quella piccola industria che

è ai confini con l'artigianato e che,

del-l'artigianato, ha spesso le caratteristiche

di ingegnosità produttiva. In ditte di

queste dimensioni troviamo occupati

circa dodicimila dipendenti della

cate-goria dei metalmeccanici; altri

settemi-la circa ne troviamo nelle aziende fra i

51 e i 100 lavoratori. Questa situazione

lumeggia le caratteristiche di una

real-tà tipicamente torinese : il fiorire di

una piccola industria che collabora con

la grande industria: fra l'una e l'altra

avviene un continuo scambio di

ener-gie; e se da un lato la moderna

perfe-zione dei metodi produttivi dei potenti

complessi industriali stabilisce

l'esigen-za di un altissimo livello, d'altra parte

il raccoglimento dell'atmosfera quasi

artigiana delle piccole aziende favorisce

lo svilupparsi di geniali iniziative

indi-viduali.

Se l'industria meccanica costituisce il

poderoso fulcro attorno al quale si

muo-ve tanta parte dell'attività cittadina,

esiste pur tuttavia una tradizione che

si mantiene fresca e viva : si tratta di

quella della moda. Per numero di

di-pendenti, sebbene a notevole distanza,

essa occupa il secondo posto : ci sono

292 ditte dell'abbigliamento che si

val-gono dell'opera di 48 mila lavoratori,

cifra rispettabile, se si pensa che

corri-sponde a oltre la quinta parte della

po-polazione attiva.

(25)

L'immigri è il fattore determinante deWincremento Ma popolazione. Le province piemontesi occupano il primo posto nella graduatoria delle locali* di prevalenza.

immicgnTi ncLin p o p o l a z i o n i acsiPEHTE ' » » EmiCglìTI flCLLQ POPOLQ2IQflE t E Ì I D e f l T f

ci rammentano che la spinta verso la

vita d'ufficio è tuttavia vigorosa a

To-rino, come in ogni altra parte d'Italia:

1.094 giovani, infatti, affermarono di

cercare un impiego. Su questo punto

si potrebbe tenere un ampio discorso;

ma questo articolo, evidentemente, non

è la sede propizia, anche per ragioni di

spazio. Ci limitiamo a osservare che, a

ingrossare la schiera degli aspiranti agli

impieghi, contribuiscono le ragazze —

sia quelle solidamente preparate, sia

quelle che, invece, non posseggono

al-tro che un'infarinatura di

stenodattilo-grafia. A correggere un orientamento,

che potrebbe portare su false strade,

gio-verebbe assai una divulgazione, fra i

giovani, delle vere condizioni del

mer-cato del lavoro.

Ma le cifre ci danno anche una

buo-na notizia per l'avvenire di Torino : in

prevalenza i giovani tendono verso

scuole di tipo industriale e

professiona-le. La popolazione scolastica torinese è

di 94.523 unità, di cui 45.670

interessa-no l'istruzione elementare; l'istruzione

media — inferiore e superiore — conta

33.040 giovani: di questi, quasi due

terzi — esattamente 19.417 —

frequen-tano scuole di avviamento

professiona-le di tipo industriaprofessiona-le o commerciaprofessiona-le

scuole tecniche commerciali o

industria-li e istituti tecnici. E anche più

signi-ficativa è l'affluenza di lavoratori —

giovanissimi e non più giovani —

ver-so quei corsi liberi di addestramento e

La ripartizione della popolazione scolastica nelle singole facoltà mostra come le preferenze dei giovani si orientino verso gli studi a carattere pratico : economia e commercio, medicina e chirurgia, scienze fisiche e matematiche. La facoltà di lettere, inclusa fra quelle dell'ultima colonna, attrae in notevole misura le donne

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