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DANNO BIOLOGICO IN AMBITO INFORTUNISTICO ED IN PATOLOGIA PROFESSIONALE di C. Carnevali

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DANNO BIOLOGICO IN AMBITO INFORTUNISTICO ED IN PATOLOGIA PROFESSIONALE

di

C. Carnevali*, A. Farmalli** , G. Mancuso***

La questione riguardante la plausibilità o meno di ammettere il danno biologico da parte del nostro istituto ha assunto, nel corso degli ultimi anni, proporzioni tali da poter essere annoverata tra le più accese dispute a sfondo medico legale e giuridico in tema di Assicurazione Sociale. Le posizioni, in proposito non sono mai divenute univoche e, in taluni casi, neppure concilianti ma, giova ricordarlo, esiste un punto fermo da cui partire, inequivocabile e significativo: la Corte Costituzionale, con le arcinote sentenze al riguardo e, in particolare, con la n. 87 del 1991 suggerisce la necessità di giungere a colmare una mancanza del nostro sistema assicurativo in tema dì infortunistica lavorativa e patologia professionale non più conciliabile con il comune senso di equità e di giustizia e con quanto sancito dall’art. 32 della Costituzione “ ... anche il rischio della menomazione dell’integrità psicofisica del lavoratore (recita la sentenza) prodottasi nell’esercizio delle sue mansioni deve, per se stessa ed indipendentemente dalle sue conseguenze ulteriori, godere di garanzia differenziata e più intensa, che consenta, mediante apposite modalità sostanziali e procedurali, quella effettiva ed automatica riparazione del danno che la disciplina comune non è in grado di apprestare...”.

Il riferimento ad un intervento legislativo è fin troppo chiaro e da ciò, a nostro avviso, deve prendere il via ogni ulteriore considerazione.

Nel tentativo di fare un passo avanti verso la possibile, ma certo non facile, soluzione del problema, sarà utile porre dei punti fermi su quello che è il nostro ruolo come Istituto Assicuratore Sociale e sull'approccio medico legale che i sanitari INAIL hanno al momento di esprimere un giudizio sulle problematiche che, di volta in volta, sono chiamati ad affrontare.

* Primario medico legale INAIL Regione Toscana

** Assistente medico legale INAIL, Pisa 1

*** Assistente medico legale INAIL, Pisa 1

Collana Medico Giuridica

LE NUOVE FRONTIERE DEL DANNO RISARCIBILE ed. Acomep, 1998

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E' fuori dubbio che, cosi come il T.U. suggerisce e come sancito dalla Giurisprudenza, i medici INAIL ragionino ed operino in termini di attitudine lavorativa, valutandone la maggiore o minore riduzione di questa ai fini risarcitori. Che si tratti di una attitudine lavorativa generica è senz'altro vero, ma appare una evidente forzatura, come da alcuni parti si sostiene, ritenere che questa possa essere equiparata ad una forma per cosi dire ultragenerica e, quindi, addirittura assimilabile al 'danno biologico’.

Non siamo d'accordo, su questo punto, con tale interpretazione e riteniamo il 'danno biologico' stesso il grande contenitore di tutte le altre possibili minorazioni, danno cioè all’integrità psicofisica nel senso più lato possibile di cui la componente lavorativa è solo una parte, importante, forse in taluni casi la principale, ma, certamente, non l'unica.

Da tale tesi discende l’ovvio corollario della protezione specifica e limitata, da parte dell'Istituto, solo di questa componente, rimanendone per converso escluse tutte le altre.

Appare chiaro, dunque, che l'indennizzo della sola riduzione della attitudine lavorativa non è esaustivo dell'intero 'danno biologico' patito dal lavoratore e affermare, al contrario, che di fatto lo è spesso in termini economici, viste le più alte valutazioni effettuate dall'INAIL sulla base dei riferimenti tabellari, rispetto a quelle rilevate in sede di responsabilità civile, è cosa che contribuisce soltanto a generare confusione sull'argomento e appare considerazione priva di un effettivo contenuto di criteriologia medico legale.

Fin qui quanto a tutt'oggi è stato fatto dai sanitari INAIL e quanto, in sostanza, ci viene chiesto in pratica di riconsiderare alla luce delle esplicite esortazioni della Suprema Corte cui si è fatto riferimento. Non vi è dubbio, per riassumere, che ci siamo sempre attenuti ad un giudizio di funzione lesa rapportabile ad un possibile e quantificabile

‘minus’ di attitudine lavorativa con esclusione degli altri elementi integranti l'efficienza e la compiutezza fisica e psichica del lavoratore che, pertanto, non godevano e non godono tuttora di copertura assicurativa e la cui eventuale riduzione, quindi, rimane insoddisfatti in termini risarcitori.

Nell'ipotesi di una revisione del T.U. potrebbe, a questo punto, essere opportuno estendere la tutela assicurativa al danno all’integrità psicofisica della persona a prescindere dalla contrazione della capacità lavorativa cosiddetta generica. Questo

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eviterebbe inique duplicazioni del danno, come spesso accade nei casi in cui vi sia proiezione anche nell’ambito della responsabilità civile, e farebbe cadere definitivamente l'ipotesi, da taluni sostenuta, di affiancare alla tabella valutativa vigente una sorta di seconda tabella che valuterebbe il 'danno biologico', come se il 'danno biologico’ fosse un danno aggiuntivo e non, come noi sosteniamo, il danno primario dell’integrità psicofisica con le sue ripercussioni negative sulla attività, lavorativa e non, di ogni persona.

Tornando al tema della nostra breve riflessione: è possibile allo stesso modo affermare che nel settore delle malattie professionali, ambito fondamentale ed in continuo sviluppo della nostra tutela assicurativa, soprattutto dopo il recente allargamento del sistema alle patologie cosiddette ‘extratabellate’, ci siamo sempre ispirati solo ed esclusivamente ad un identico criterio valutativo, per l'appunto l'attitudine lavorativa, sul piano puramente medico legale in sede di riconoscimento e quindi di indennizzabilità. Siamo ben certi di avere, anche in questo campo, fatto continuo riferimento solo alla riduzione dell’attitudine lavorativa ogni qualvolta sì sia preso in considerazione un caso di malattia professionale? Se così fosse, come potrebbe spiegarsi ad esempio l'ammissione a tutela di una, magari limitata al tronco, in un soggetto per il resto completamente sano e valido, o il riconoscimento di una ipocausia di minimo grado o di una forma iniziale di patologia respiratoria di tipo silicotico refertata radiograficamente come leggero aumento della trama interstiziale o come fine micronodulazione associata, peraltro, a parametri di funzionalità respiratoria ai limiti della norma e senza compromissione cardiocircolatoria?

In che modo giustificare, inoltre, la valutazione di una epatopatia che sia caratterizzata dal solo innalzamento delle transaminasi sieriche e/o da lievi alterazioni morfologiche del parenchima epatico senza di fatto minimamente incidere sull'attitudine lavorativa del soggetto colpito? Ed ancora come spiegare la valutazione di una qualsiasi minorazione in soggetti ultrasettantenni per i quali parlare di attitudine lavorativa è sicuramente improprio, avendola addirittura già perduta per legge?

Situazioni a queste paragonabili sono all'ordine del giorno in ambito INAIL e sotto gli occhi di ogni medico che si trovi quotidianamente ad operare nella realtà dell'Istituto.

Implicitamente e di fatto, in casi simili, ciò che si ristora è in realtà qualcosa di più della

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ridotta attitudine al lavoro: si risarcisce, infatti, la lesa integrità psicofisica, intesa in senso lato, dell'individuo.

Quindi ancora prima del dettato della Suprema Corte, la via dell'indennizzabilità del 'danno biologico’ in ambito INAIL era già stata tracciata e, alla luce di quanto ricordato, non si ravvedono ulteriori difficoltà, ovviamente dal lato medico, nel poter e dover estendere, in un prossimo futuro, la tutela assicurativa in tal senso anche sotto il profilo più prettamente e specificamente infortunistico.

Non spetta certo a noi avviare iniziative procedurali o suggerire adattamenti legislativi in proposito. Rimane comunque ferma e motivata la nostra disponibilità ad intraprendere la nuova via ed il nostro parere favorevole al riguardo. Come medici INAIL condividiamo appieno l'orientamento suggerito dalla Consulta; siamo d'accordo sulla necessità di tutelare la salute e l’integrità dell'uomo in quanto tale ritenendo inopportuno, oltre che iniquo che sia risarcito il 'danno biologico' solo allorquando il fatto derivi da situazioni per le quali si configuri il ricorso alla responsabilità civile.

A tal proposito, in termini applicativi, riteniamo inoltre che il problema valutativo che con l’eventuale nuovo corso, si verrebbe a porre, non possa essere affrontato che con l’istituzione di una nuova tabella ispirata ai più accreditati barèmes allestiti per la stima del danno alla persona, quelli cioè che tengono conto dell’integrità psicofisica e non solo del parametro restrittivo relativo alla attitudine lavorativa, criterio guida ormai datato e che non è stato adattato alla profonda mutazione del mondo del lavoro rispetto a quel mondo di conseguenza al concetto stesso di attività lavorativa media che ispirò gli estensori delle tabelle tuttora valide.

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