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La monetizzazione del danno biologico: Attuali criteri e prospettive

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Academic year: 2022

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La monetizzazione del danno biologico:

Attuali criteri e prospettive

Dr. Alberto Polotti di Zumaglia*

Com’è noto la questione relativa ai criteri da utilizzare per la liquidazione del danno biologico è tuttora aperta.

In mancanza di un preciso dato legislativo la giurisprudenza di merito e la prassi liquidativa stragiudiziale si sono fatte variamente orientali, ottenendo risultati talora difformi tra regione e regione e addirittura tra diverse sezioni di uno stesso Tribunale.

Sotto il profilo concettuale può dirsi ormai consolidato in giurisprudenza l’orientamento che, dando un carattere unitario ed omnicomprensivo al danno alla salute, ricomprende in esso quelle altre voci di danno non aventi carattere reddituale in precedenza elaborate quali il danno estetico, il danno alla vita di relazione, e quello riferito alla sfera sessuale.

Anche la riduzione della capacità lavorativa generica, in soggetti non produttivi di reddito “…in quanto costituisce lesione di un generico modo di essere del soggetto…e quindi si sostanzia in una menomazione della salute intesa in senso lato…”, è risarcibile perciò in quanto tale e, cioè, come danno biologico (così in motivazione Cass. 19.3.1993 n. 3260 in Resp. civ. e previd. 1993, 268).

E’ in sostanza pacifico che “…il risarcimento del danno biologico, inteso come menomazione dell’integrità psico-fisica del soggetto, costantemente presente in ogni fatto illecito che rechi danno alla persona…” debba essere liquidato anche in difetto dei criteri obiettivi per l’esatta quantificazione del pregiudizio e che ciò non comporti duplicità di liquidazione, trattandosi invece di una più completa valutazione riferita all’ambito del danno alla salute ontologicamente diverso dalle altre categorie di danno (Cass. 4.12.1992 n. 12911 in Mass. Foro t. 1992, 1166).

Di conseguenza in tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione degli autoveicoli si ritiene sussista la responsabilità dell’assicuratore, oltre il massimale per non aver liquidato il danno entro il termine concesso dall’art. 22 L.n. 990, anche in relazione al danno biologico “…atteso che tale danno non sfugge in assoluto ad una valutazione preventiva potendo il grado di pregiudizio essere accertato, con sufficiente approssimazione, con riguardo all’incidenza del danneggiato…” (Cass. 3.7.1993 n. 7282 in Resp. civ. e previd. 1994, 459 e in Dir.

ed econ. nell’assic. 1993, 945).

Ma se sul concetto della valenza del danno biologico qualche punto fermo si è dunque ormai raggiunto, sui criteri da adottare per monetizzare tale danno non si hanno, come già accennato, atteggiamenti uniformi.

Nella giurisprudenza di legittimità non sono mancate pronunce che hanno quantificato il danno biologico con riferimento al triplo della pensione sociale ragguagliato al grado di invalidità (v. ad. es.

la già citata Cass. n. 12911/92).

Con successiva rimeditazione la Suprema Corte ha invece osservato che se nella liquidazione del danno biologico è del tutto irrilevante la capacità di produzione del reddito che aveva il danneggiato, ne consegue che ogni criterio che lo assuma a parametro sia non idoneo ad apprezzare quel pregiudizio. E ciò varrebbe quindi anche per quel criterio sussidiario adottato dall’art. 4, III comma, D.L. 23.12.1976 n. 857 convertito in legge 26.2.1977 n. 39 che fa riferimento al triplo della pensione sociale (v. Cass. 13.1.1993 n. 357 in Corr. Giurid. con nota di V. Carbone).

Respinto il riferimento al triplo della pensione sociale e ad ogni altro elemento equitativo “su misura” dove il giudice ha peraltro “…il dovere di dare nella motivazione della sentenza concise

* Resp. Ufficio Contenzio Sinistri della Sai Assicurazioni

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notizie degli estremi di fatto e di diritto del ragionamento decisorio…” (v.Cass. 18.2.1993 n. 2008 in Resp. civ. e previd. 1993, 797).

Occorrerebbe cioè quantificare il danno individuando il valore umano perduto “…attraverso la personalizzazione nel caso concreto quantitativa (con aumenti o diminuzioni) o persino qualitativa (con scelta tipologica diversa), di parametri in linea di principio uniformi per la generalità delle persone fisiche…” (così in motivazione Cass. 18.2.1993 n. 2009 in Resp. civ. e previd. 1993, 268).

Di recente peraltro la Suprema Corte ha ancora precisato che se nella liquidazione del danno biologico è legittimo il ricorso ai criteri equitativi, il giudice “....può avvalersi della disciplina dell’art.

4 L. 26.2.1977 n. 39 la quale, pur essendo prevista per la liquidazione del danno alla persona in materia di assicurazione della responsabilità civile connessa alla circolazione di veicoli e natanti, offre una base seria di calcolo del cosiddetto valore economico convenzionale dell’uomo nella parte in cui stabilisce che il limite minimo invalicabile è costituito dal reddito non inferiore a tre volte l’ammontare annuo della pensione sociale, e si presta, quindi, ad essere utilizzata come affidabile parametro di riferimento, senza che ciò ne comporti l’applicazione analogica…” (Cass. 3.6.1994 n.

5380 in Mas. Foro it. 1994, 483, v. anche Corr. giurid. 1994 fasc. 11, 1360).

Riguardo la giurisprudenza di merito è noto come nelle sentenze genovesi si veda tuttora applicato un conteggio basato su tabelle che fanno riferimento al triplo della pensione sociale, tenendo però conto di alcuni correttivi per l’adeguamento alla durata probabile della vita del danneggiato desunta dai più recenti dati sulla mortalità e considerando altresì il tasso di interesse legale attuale.

E’da notare peraltro che l’ammontare del triplo della pensione sociale considerato è comprensivo dell’aumento previsto dall’art. 2 L.n. 544/88 (così giungendo a L. 18.798.000), facendosi richiamo a quella giurisprudenza che esclude che il giudice che liquida il danno, sia tenuto all’accertamento in concreto della sussistenza delle condizioni cui tale legge subordina la concessione della pensione (Cass. 15.3.1994 n. 2442, Riv. giurid. circol. e trasp. 1994, 404).

In altri casi si vede invece una valutazione effettuata con il calcolo tradizionale e quindi con riferimento ai coefficienti di cui al RD. 9.10.1922 n. 1403, che tengono conto dei dati relativi alla mortalità emersi nel censimento del 1911 e di un interesse di capitalizzazione del 4,50%, utilizzando come reddito figurativo il triplo della pensione sociale maggiorato per la citata legge n. 544/88, (v.

Trib Verona 31.1.1994 in Foro. it 1994, I, 2532 che per un 27% di biologico in un dodicenne ha liquidato a tale titolo L. 120.000.000 già rivalutate; analogo criterio è stato adottato dal Trib. Roma Sez. VI 4.10.94 rel. Pititto - Del Gratta c. Marcuccio e SAI che ha liquidato L.96.000.000 già attualizzata per un biologico del 26% in un soggetto di 18 anni; in pratica con tali sentenze si è riconosciuto un valore a punto rispettivamente di L.4.444.444 e di L. 3.692.000).

Non sono mancate sentenze che utilizzano la pensione sociale non maggiorata, le tabelle del RD.

n. 1403/22 aggiungono al risultato finale la percentuale di scarto tra vita fisica e lavorativa per adeguare ad oggi gli indici del 1922 (v.Trib. Treviso 17.12.1990 in Resp. civ. e previd. 1991, 758 che per un biologico del 10-11% ha riconosciuto ad un ventunenne L. 25.200.000 già attualizzata).

A questo criterio si contrappone quello utilizzato da altre decisioni di merito con le quali si liquida il danno biologico equitativamente assegnando un valore economico ad ogni punto di invalidità accertato, criterio questo che può risalire alla scuola pisana. Ma il modo in cui si identifica tale valore economico, che variamente si cerca di adattare al caso concreto, presenta a sua volta oscillazioni talora notevoli tra le varie decisioni.

Questo criterio può dirsi sempre più seguito dalla giurisprudenza di merito dopo che la Suprema Corte ha evidenziato la necessità di giungere a valutazioni “ su misura”.

Come esempio di questa tendenza si può richiamare l’indirizzo assunto dal Tribunale di Ancona (v. Trib. Ancona 11.4.1994 n. 538 in Orientamenti di Giurisprudenza Marchigiana 1994, I, 136 con nota di R. Berti.) che abbandonato il sistema “tabellare” si è proprio orientato verso la valutazione a punto.

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E’ interessante ricordare come nella sentenza appena citata dopo aver riassunto l’evoluzione giurisprudenziale avutasi nella valutazione del danno biologico, si precisi testualmente “…in attesa di auspicabili indicazioni normative che conferiscano omogeneità alle varie e necessariamente differenti valutazioni equitative… si ritiene di poter adottare un criterio di liquidazione del danno biologico (in analogia a quello originariamente propugnato dalla magistratura di merito pisana ) mediante la predeterminazione di valori ( attuali e rivalutabili nel tempo), per fasce di invalidità ( se permanente), indicati nel minimo e nel massimo, entro i quali possa discrezionalmente appurarsi l’incidenza di fattori (età del danneggiato, natura delle lesioni anche in riferimento alla propria personalità, entità e penosità delle terapie seguite, capacità di recupero dell’organismo, necessità di future cure mediche ecc.) capaci di caratterizzare la menomazione oggettivamente subita, e con un ulteriore margine di correzione, in più o in meno del 50%, che consenta la valutazione di ulteriori, eccezionali, particolarità del caso specifico. In concreto:

- quanto alla invalidità permanente, da L. 1.000.000 a L. 1.300.000 a punto di invalidità compreso tra lo 0 e il 5%; da L. 1.300.000 a L. 1.600.000 per punto di invalidità compreso tra il 5% ed il 10%, da L. 1.600.000 a L. 5.000.000 per punto di invalidità superiore al 10%;

- quanto alla invalidità temporanea, da L. 15.000 a L. 25.000 al giorno se parziale, da L.25.000 a L. 50.000 al giorno se totale. Il tutto con l’eventuale ed eccezionale variazione del 50%” ( nel caso di specie si sono poi liquidate L.l.2.000.000 a punto per un 40% di un pensionato di a. 80).

Analogo atteggiamento può dirsi adottato dal Tribunale di Torino che di recente ha ancora ricordato di aver “...stabilito per danni superiori al 10 per cento un valore del punto di L.3.000.000, suscettibile di un correttivo del 50% nei casi più gravi ulteriormente elevabile del 15%”

(Trib. Torino 27.6.1994 n. 4615 est. Damiano - Ferro e Piatti, Buratto e Zurigo assicurazioni inedita che nel caso di specie hanno liquidato L. 5.951.250 attualizzate a punto per una IP del 90% in un giovane paraplegico).

Anche il Tribunale di Parma risulta abbia pressoché abbandonato il criterio legato al triplo della pensione sociale per orientarsi sulla liquidazione a punto, quantificata però in vario modo, oscillando da L.1.800.000 per un 15,5% di IP. a L.2.500.000 per un 17,5% a L.3.000.000 per un 25% ed a L.6.000.000 per un 28%.

In altri Tribunali si è liquidato il danno biologico “…sulla base del valore medio del punto di invalidità desunto dalla media delle somme liquidate in casi analoghi…” (Trib. Velletri Sez. II, 29.10.94 n. 1136 est. Di Lello - Giuliani c. Barbieri e SAI inedita - che ha liquidato IN l. 2.000.000 a punto un’IP del 35% in un giovane di 17 anni), o in via equitativa avuto riguardo semplicemente ad un valore adottato “...dalla prevalente giurisprudenza di merito...” (con il quale il Trib. Siracusa 17.10.94 n. 451 est. Montoneri - Cianci c. Olandese e Liguria Assicurazioni inedita ha riconosciuto L.2.300.000 a punto per un’IP del 20% in un diciassettenne).

Sono infine da segnalare l’elaborazione e la divulgazione in alcuni Tribunali di tabelle per la liquidazione del danno biologico. Nella conferenza dei presidenti di sezione del Tribunale di Milano tenuta il 9.2.95 si è infatti presentata un’articolata tabella che indica il valore di ogni punto di invalidità e ciò con il lodevole intento, come detto nella relazione illustrativa, “...di elaborare criteri tendenzialmente uniformi per la liquidazione del danno, superando le diversità - talora notevoli -dei parametri usati presso i vari uffici ed eliminando le conseguenti incertezze fra gli operatori e le possibil disparità di trattamento…” (sia la relazione che le tabelle sono riportate su Il Sole 24 Ore n.

44 del 14.2.95 p. 18). Il criterio seguito intende avere valore di riferimento lasciando al singolo magistrato la libertà di liquidare il danno con attenzione “...a tutte le condizioni e particolarità del caso concreto che appaiono rilevanti ai fini della decisione…”.

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Riguardo la quantificazione del valore del punto si è scelta la via di attribuire ad ogni punto il suo valore con progressione in relazione all’aumentare dell’invalidità e con un correttivo rappresentato da riduzioni, già calcolate, per fasce d’età.

In pratica, si parte da L.1.000.000 a punto per 1% di invalidità di un fanciullo, che diventano L.400.000 per un ottanta-novantenne, per crescere sino a L. 10.975.000 per un 100% di un fanciullo, che diventano L. 4.390.000 per un ottanta-novantenne.

Con lo stesso intento anche altri Tribunali risulta abbiano predisposto delle tabelle similari, sia pur meno complesse, ma sempre basate sul concetto di una valutazione a punto, il cui valore viene differenziato in relazione all’entità dell’invalidità ed all’età del leso.

Al Tribunale di Venezia si partirebbe da L. 2.500.000 a punto da 1 a 5% di invalidità per la fascia di età fino a 20 anni che si ridurrebbero a L. 2.000.000 per identica invalidità di una settanta- ottantenne per giungere a L. 4.000.000 per IP oltre il 70% nella prima fascia che si ridurrebbero a L.3.500.000 nell’ultima fascia di età.

Tabella analoga, sia pur con valori leggermente diversi, risulta essere stata predisposta anche dal Tribunale di Cagliari.

Da queste sintetiche osservazioni, che rifacendosi a casi scelti in via esemplificativa non possono ovviamente avere carattere di esaustività o completezza, si può sinteticamente dedurre:

♦ il sistema cosiddetto “tabellare” basato sul triplo o multipli della pensione sociale veniva applicato in modo non uniforme utilizzando vari correttivi proprio per correggere la rigidità insita nello stesso, portando quindi a risultati economici ben diversi da luogo a luogo;

♦ tale sistema, soprattutto dopo che i giudici di legittimità hanno focalizzato l’attenzione sulla liquidazione su misura, è stato sempre meno utilizzato, salvo da chi segue la scuola genovese, adottandosi la liquidazione a punto generalmente adattata in via equitativa; ma anche questo sistema che chiaramente finisce per risentire della soggettività di chi giudica non ha dato risultati uniformi se si considera che un 90% di biologico in un giovane al Tribunale di Torino è stato liquidato in L.535.612.000, mentre se si fossero applicati i criteri del Tribunale di Ancona si sarebbe arrivati ad oscillare tra L.5.000.000 a L.6.500.000;

♦ per uniformare i criteri si sono viste infine le tabelle elaborate in vari Tribunali che già tengono conto, anche se solo in via indicativa, dei correttivi da adottarsi nel caso concreto in relazione alla gravità dell’invalidità ed all’età del leso; se peraltro si confrontano anche tali tabelle tra di loro e con quelle genovesi si giunge sempre a risultati tutt’altro che uniformi;

basti pensare ad esempio che un’invalidità del 5%

( e quindi di importanza reale pressoché nulla) in un cinquantenne arriverebbe alle seguenti cifre: L.17.188.165 a Genova, L.4.375.000 a Milano, L.10.000.000 a Venezia e L.9.500.000 a Cagliari, cifre che in un ventenne invece sarebbero rispettivamente L.26.487.155, L.6.750.000

L.12.500.000 e L.11.500.000; per una invalidità del 30% si avrebbe un cinquantenne a L.103.128.990 a Genova, L.74.587.000 a Milano, L.81.000.000 a Venezia e L.56.100.000 a

Cagliari che però per un ventenne diventerebbero rispettivamente: L.158.922.930, L.103.275.000, L.90.000.000 e L.75.900.000; per una invalidità del 90% si avrebbe infine per un cinquantenne:

L.309.386.970 a Genova, L. 627.412.000 a Milano, L. 315.000.000 a Venezia e L.275.400.000 a Cagliari, mentre per un ventenne si avrebbe rispettivamente L.476.768.790, L.868.725.200, L.360.000.000 L.372.600.000.

Si può a questo punto rilevare che di fronte a così consistenti variazioni di liquidazione da Tribunale a Tribunale si assisterà sempre più a giochi sulla competenza territoriale da parte di studi legali particolarmente attrezzati che a seconda dei casi sceglieranno il foro del convenuto o quello del luogo dove è sorta l’obbligazione.

Se si pensa che nelle cause per danni da circolazione degli autoveicoli viene convenuto l’assicuratore ed il proprietario del veicolo e, secondo certa giurisprudenza, anche il conducente del

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Non è certo fenomeno nuovo, ma non ci si può chiedere fino a che punto la giustizia sostanziale possa giovarsene.

Ci chiediamo ancora cosa succederà ai giudici di pace che in qualche luogo saranno chiamati a decidere su cause per invalidità anche del 12-14%, mentre in altre sedi vedranno solo cause per pochi punti di invalidità e tutte le altre finiranno al Tribunale.

Non dimentichiamo poi che le stesse valutazioni dei medici legali sono talora discordanti da luogo a luogo per i più svariati motivi influendo così anch’esse sulla già rilevata mancanza di uniformità.

A questo punto si può rilevare che con encomiabile obbiettività, e forse anche in seguito alle osservazioni da più parti esattamente formulate, gli estensori delle tabelle milanesi ed alcuni Tribunali che adottano il criterio del punto equitativo, hanno ridotto i risarcimenti rispetto a quanto avviene utilizzando un criterio fisso come quello della pensione sociale, per quelle invalidità che hanno pochissima se non nulla importanza concreta.

Per le altre invalidità ed in particolare per quelle gravissime ci si permette infine di osservare che i magistrati, nella loro saggezza, oltre a tener conto di tutti gli aspetti del singolo caso concreto, dovrebbero tenere anche conto della realtà economica, sociale ed assistenziale del nostro Paese.

A conclusione di queste osservazioni non ci si può dunque che augurare che gli eminenti studiosi e gli illustri magistrati che con passione ed estrema competenza si sono occupati della materia, trovino una via per eliminare le distorsioni nell’ottica di una sempre più equilibrata ed obbiettiva liquidazione del danno alla persona.

Dopo la redazione della presente relazione ho avuto modo di rilevare che la sentenza della Corte di Cassazione 3 giugno 1994 n. 5380 al CED risulta ora così massimata "Nella liquidazione del danno alla persona da lucro cessante il giudice può avvalersi della disciplina dell'art. 4 della legge 26 febbraio 1977 n. 39”.

Viene dunque fatto riferimento non alla liquidazione del danno biologico, ma bensì alla liquidazione del danno patrimoniale.

In precedenza la massima di tale sentenza quale risultante anche da Mass. Foro it. 1994, 483 precisava invece testualmente "…nella liquidazione del danno biologico…”

Risulta così confermata la linea adottata con le precedenti sentenze di legittimità che hanno adottato il sistema della liquidazione equitativa.

Ho preso, di recente, visione della copia di Cass. Sez. III 13 aprile 1995 n. 4255 la quale precisa che ai fini della liquidazione equitativa del danno alla salute il giudice può ricorrere al sistema del c.d.

“valore medio del punto di invalidità” purchè la scelta del giudice di merito “sia sorretta da congrua motivazione in ordine all'adeguamento del valore medio del punto, che provienedai risultati acquisiti nella giurisprudenza di merito, alle particolarità della singola fattispecie”. Nella specie è poi stata ritenuta sufficientemente motivata una decisione che nel 1992 aveva liquidato il danno alla salute sulla base di L. 2.500.000 a punto.

Allo stato può quindi dirsi che la giurisprudenza della Suprema Corte sia orientata nella liquidazione equitativa a punto ed in tal senso vanno perciò integrate le osservazioni formulate nel corso della relazione.

RISARCIMENTO DANNI

Nuovi orientamenti del Tribunale di Cagliari

Le due sezioni del locale Tribunale ormai presiedute da un unico magistrato - Dott. G.G. Pisotti - hanno elaborato una nuova tabella di valutazione del cosiddetto biologico che d’ora in avanti dovrebbe essere applicata senza eccezioni.

Osservo che la differenza, rispetto alle valutazioni sin qui seguite, consiste in un non trascurabile aumento della liquidazione a punto per il cosiddetto danno biologico da invalidità permanente,

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nonché nell’incremento percentuale, per le varie fasce di invalidità permanente, che va da zero, per le invalidità permanente dall’1% al 10%, all’80% per l’invalidità tra l’81% e il 100%.

Mi risulta che sono in fase di elaborazione le tabelle per la liquidazione del danno non patrimoniale da reato di lesioni colpose e si prevede che anche questo titolo di danno verrà valutato

“a punto”, pare in misura di 1/3 rispetto al danno biologico.

Per quanto riguarda la liquidazione del danno non patrimoniale, “da uccisione”, i criteri attualmente adottati - fatta eccezione per un magistrato piuttosto “bizzarro” che dovrebbe però ora allinearsi con gli altri colleghi - sono generalmente i seguenti:

• per la morte del coniuge: 50 - 60 milioni, con possibilità di maggiorazioni per le giovani coppie;

• per la morte di un genitore: L.25.000.000 per ogni figlio anche se maggiore e non convivente ( con possibilità di maggiorazione anche sensibile per i figli minori);

• per la morte di un fratello, anche non convivente: L.15.000.000;

• per la morte di un figlio, a meno che non si tratti di figlio unico, dalle L.30.000.000 alle L.50.000.000 a secondo che sia convivente o meno.

1% - 10% solo il punto 11% - 30% il punto + 10%

31% - 40% il punto + 20%

41% - 50% il punto + 30%

51% - 60% il punto + 40%

61% - 70% il punto + 50%

71% - 80% il punto + 60%

81% - 100% il punto + 80%

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