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Prof. Alessandro Bucarelli

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Academic year: 2022

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Prof. Alessandro Bucarelli

Titolare di Medicina Legale - Università di Cagliari

L'ANNOSO PROBLEMA DELLE MINI INVALIDITA’:

IL COLPO DI FRUSTA CERVICALE

Per gli operatori medico-legali in campo assicurativo il trauma distorsivo del rachide cervicale rappresenta con certezza la maggior quota di impegno valutativo, stante la gravosa frequenza di istanze risarcitorie sulla base di detta patologia. Il cosiddetto colpo di frusta rappresenta infatti un quadro clinico di assoluta modesta entità a cui tuttavia consegue invece un grave problema in campo assicurativo per l'enorme onere risarcitorio che ne deriva. Basti considerare, a tal proposito, che secondo i dati ANIA del 1993, il 67% di tutto l'onere risarcitorio per le compagnie assicurative italiane è stato rappresentato da mini permanenti di valore percentuale inferiore al 5, ed oltre il 90% di detta quota è da attribuire proprio ai colpi di frusta cervicale.

A questo punto si pone il quesito per il medico legale, che ne deve tratteggiare le dimensioni ed i caratteri del problema. In senso epistemologico è possibile esprimere un giudizio ed un parere tecnico innovativo? Certamente non sul piano clinico, trattandosi di entità nosografica perfettamente delineata, sia nella sua forma essenziale che nelle condizioni di complicazioni possibili; altrettanto sul piano valutativo medico legale, essendo detta sindrome perfettamente tabellata nei suoi estremi di valutazione sia nelle tabelle ANIA che in quelle INAIL; ma qualcosa di più tecnico è possibile esprimere sul piano della interpretazione e della metodologìa medico legale, specie nella nostra regione, la Sardegna, che vive una specie di apartheid culturale, stante la difficoltà di interscambio dialettico e di aggiornamento con i colleghi delle altre regioni, anche di cimento nelle posizioni diversificate delle parti nel contenzioso giudiziale od extragiudiziale a causa della penalizzazione legata all'isolamento territoriale. Mi riferisco in particolare alla condizione oramai consolidata della dipendenza da una specie di assioma precostituito:

tamponamento equivale obbligatoriamente ad un trauma distorsivo cervicale come diagnosi traumatica; ma non solo per tamponamento, ma qualunque dinamica traumatica che determini una manifestazione di tipo doloroso o disfunzionale a carico del collo viene interpretata dai medici di pronto soccorso, dai medici di base, dai traumatologi come condizione per identificare la suddetta patologia: viene invocata la caduta accidentale per asperità del terreno, il tuffo violento in mare, lo schiaffo al viso, e qualsiasi altra eventualità traumatica ipotizzabile.

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E' questa una realtà oggettivamente accettabile? Sicuramente no e mi piace, a questo proposito, citare una evenienza nella quale si produce costantemente una ipermobilità del capo, del collo e del tronco, con ampio scuotimento di dette strutture, con sballottamento anche energico senza possibilità di contenzione, come accade nell'autoscontro. Basta recarsi in qualunque Luna Park ed assistere a quello che si verifica in questo gioco: i passeggeri delle autovetture che si cimentano in questo divertimento vengono costantemente sottoposti a traumi pluridirezionali, estremamente violenti e per di più senza alcuna protezione passiva. Si faccia riferimento infatti alla struttura delle autovetture che sono impiegate a tale scopo: sono autovettura estremamente rigide, con una protezione anulare in gomma, finalizzata esclusivamente ad evitare danneggiamenti alla autovettura ma non ideate per assorbire la violenza dell’urto che anzi viene esaltata proprio dalla rigidità della autovettura; i sedili sono rigidi, senza alcuna imbottitura, con schienale estremamente basso (raggiunge a malapena la metà del dorso), non sussistono le cinture di ancoraggio né i poggiatesta né maniglie di afferramento elevate, per consentire una buona contenzione del tronco.

Eppure quanti sono i colpi di frusta che vengono allegati e denunciati a seguito di detta dinamica? Nessuno o quasi. Forse da oggi, dietro questa segnalazione, potranno cominciare le denuncie anche con detta modalità produttiva!

Sì dirà che è diversificato l'atteggiamento psicologico del soggetto che va al parco divertimenti per gioire, mentre la vittima di un investimento viene colpita senza preavviso (o quasi! ) e le sue aspettative, allorché si era seduto, in macchina certo non prevedevano un eventuale incidente stradale. Ma allora è giocoforza considerare che molte delle sindromi algiche che vengono denunciate ai Pronto Soccorsi o ai medici di base, a seguito di incidenti stradali, possono essere accentuate, aggravate o addirittura simulate. E' ben noto che la maggior parte delle condizioni di sofferenza, nei casi in cui si esclude una lesione ossea od articolare, è legata essenzialmente ad una irritazione miofasciale a carico dei gruppi muscolari del collo che si verifica per una improvvisa, violenta, istintiva contrattura di detta sezione muscolare a mo' di difesa da parte di un soggetto che avvertendo lo stridere dei freni della macchina che sopraggiunge o l'improvvisa accelerazione dell'auto in cui siede e che viene sospinta in avanti, tende quindi di incassare il capo nelle spalle contraendo appunto tutta la muscolatura del dorso e del collo per attutire la ricezione del trauma. Ecco quindi che, al momento della visita nell'immediatezza dell'evento traumatico, l’infortunato presenta essenzialmente una sintomatologia soggettiva, senza effettiva lesività organica; ma la soggettività è sovente, per il

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medico legale, sinonimo di pretestazione, di simulazione, di appetizione risarcitoria indennitaria, nel migliore dei casi di esagerazione.

Sì impone pertanto una maggiore precisazione in merito al fenomeno della simulazione, che si definisce come la produzione volontaria o involontaria - ma comunque consapevole - di sintomi fisici o psichici, finalizzata per lo più al raggiungimento di uno scopo, comprensibile in base alla conoscenza della situazione del soggetto.

La simulazione delle cervicalgie e delle cervicobrachialgie comprendono tutti quei casi in cui la realtà viene pilotata sia per quanto riguarda l'esistenza, sia per quanto riguarda le cause, le manifestazioni e le conseguenze di una lesione traumatica del rachide cervicale.

Si distinguono due forme fondamentali di simulazione:

a) simulazione-reazione, che ha una componente psicopatologica: dì fronte ad un esame medico legale, l'esaminato dichiara una sintomatologia soggettiva ampliata ed esagerata, più o meno consapevolmente. Si definisce quindi "disturbo fittizio" quello in cui il comportamento, pur essendo volontario, non è controllabile dalla volontà; in questi casi la volontà rimane solo nella scelta dei mezzi e dei modi con cui si attuano i comportamenti atti a modificare la realtà.

Più semplicemente il soggetto è consapevole di non avere una alterazione funzionale, ma avverte il dolore e quindi si sente malato.

Nel disturbo somatoforme il comportamento è sempre involontario e non controllabile dalla volontà; il paziente lamenta una sintomatologia priva di reperti obiettivi, non mettendo in atto alcun comportamento che può indurre ad aggravare la sua condizione. Si tratta della forma di focalizzazione ideativa, di concreta somatizzazione del disturbo psichico, con risentimento algico sulla sede corporea che ha inizialmente determinato un quadro doloroso; è sufficiente per il soggetto rivivere il vissuto dell'evento traumatico per avvertire dolore al collo o addirittura è sufficiente pensare alla sua struttura corporea per avvertire immediatamente il dolore.

b) Più grave è la situazione che si verifica con la simulazione-scopo, che è un vero e proprio atto volontario, deliberato e finalizzato ad ottenere il raggiungimento di un fine, cioè la compensazione economica; si tratta pertanto di un vero e proprio atto voluto e quindi di un vero e proprio falso, di dolo che si configura attuando la simulazione o producendo una falsa certificazione. Detta situazione illecita si configura, in termini di psicopatologia, per "creazione"

o per "rievocazione".

Nel primo caso si simula facilmente una sintomatologia inesistente, dolorifica, parestesica, nevralgica nella regione nucale e questo comprende i muscoli del collo, mimando con notevole impegno l’interpretativo dovuto ad una sommaria conoscenza della sintomatologia clinica.

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Nel secondo caso il soggetto in occasione di un nuovo sinistro rievoca la cefalgia, la contrattura, gli acufeni, ecc. avuti precedentemente in occasione di un altro incidente stradale, ma ora li ripropone magari con maggiore intensità descrittiva ed espressiva. In questo caso il soggetto conosce bene i punti dolorosi, le manovre consuete e cerca di sfruttarli. Si definisce, in termine medico legale, più correttamente "pretestazione".

Si impone a questo punto il problema di poter smascherare un simulatore che spesso è fortemente motivato e pertanto difficilmente distraibile; non si mostra mai inutilmente querulo, è preciso e documenta i danni che vanta, ha consultato altri pazienti o si è fatto consigliare da medici compiacenti, anche se non mostra mai di essere preparato sugli argomenti dì pertinenza medico legale attinenti, per evitare appunto di essere smascherato. E' bene tuttavia ricordare che il simulatore è in forte atteggiamento di sofferenza, per cui è sufficiente sfiorare il collo perché lui contragga immediatamente tutta la muscolatura chiedendo di non essere sottoposto a manovre per lui estremamente dolorose: va segnalato, a questo proposito, che nella vera distrazione muscolare il collo appare inizialmente mobile, ma si immobilizza solo nel momento in cui raggiunge il punto dell'escursione che stimola i recettori miofasciali. Ma è con i controlli specialistici che possiamo dimostrare la mancanza di concreta alterazione funzionale, cioè la vera menomazione che deve costituire l'oggetto della ricerca medico legale. A tale scopo è bene ricordare che alle xgrafie, con le proiezioni standard e dinamiche del rachide cervicale, viene attribuita un’importanza rilevante se compare una scomparsa od appianamento della fisiologica lordosi cervicale, così come importanti vengono indicate le limitazioni della flesso-estensione del collo: ma niente di più è facilmente simulabile e influenzabile da proiezioni non corrette di questo risultato. E' sufficiente infatti, nelle Rx standard, flettere leggermente il collo per appianare la lordosi, tanto che, a quel punto, si dovrebbe considerare non già la sola lordosi cervicale, ma anche la proiezione dell'angolo postero-inferiore della mandibola rispetto alla colonna cervicale stessa. Nelle dinamiche invece basta compiere dei movimenti articolari incompleti perché risulti la limitazione funzionale. Ecco quindi che le Rxgrafie devono servire solamente a discriminare i casi di lesione fratturativa cervicale, semplice o complessa, associata alla pura e semplice distorsione, ma niente di più.

Si impone a questo punto la corretta applicazione del criterio metodologico medico legale, unico presidio valutativo per l'accertamento della reale situazione di danno alla persona. Va fatto infatti riferimento al principio criteriologico della nostra disciplina, a quell'insieme di passaggi logici che va sotto il nome di criteri di riferimento etiologico e causale, il cui uso accorto e ponderato, unito al rigore e alla coscienza del rapporto giuridico del singolo caso, consente di

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ritenere più o meno attendibili, se non dimostrabili con probabile certezza, alcuni disturbi in rapporto con la lesività denunciata.

Il primo elemento costitutivo di riferimento di detto criterio valutativo è quello di un esame critico delle certificazioni presentate: la certificazione di Pronto Soccorso e quella ospedaliera sono notoriamente atti pubblici dotati di fede privilegiata e contestabile nella loro veridicità solo con querela di falso, cosi come in analogia anche nella certificazione di tipo privatistico per poter individuare un eventuale falso ideologico (ex artt.479-481 C.P.). Ma prescindendo da una simile ipotesi sostanzialmente remota, è chiaro che possono al riguardo avanzarsi dubbi per errori di accertamento, di diagnosi legate a frettolosità, negligenza e superficialità, soprattutto quando la dinamica dell'evento renda poco o nulla attendibile la lesione attestata. Sebbene appaia superfluo, bisogna ricordare che il certificato rappresenta una attestazione scritta, di indole tecnica, riguardante fatti di rilevanza giuridica, direttamente constatati dal medico nell'esercizio della sua attività professionale; si tratta pertanto di una constatazione e di una critica tecnica che diventa atto pubblico se prodotta da un Pubblico Ufficiale (ex art. 2699 c.c.), ma che, anche nella certificazione privata, deve obbligatoriamente apparire nella sua concretezza la obiettivazione del fatto identificabile come malattia in senso lato e cioè l'apprezzabile danno alla salute, con o senza alterazione anatomica, nei suoi riflessi locali e generali.

L'art.31 del nostro codice deontologico obbliga infatti alla veridicità e della obiettivazione dei dati rilevati sul paziente, per cui non può ritenersi esaustivo un certificato se non completo del quadro clinico rilevato dal medico. E invece troppo spesso rileviamo certificati attestanti esclusivamente una sintomatologia soggettiva (cervicalgia, nucalgia, mialgia, dorsalgia, ecc.) senza la descrizione dell'esatto quadro clinico rilevato alla visita. Nel caso di una sospetta azione distorsiva a carico del rachide cervicale si deve obbligatoriamente fare una diagnosi differenziale di sofferenze miofasciali da alterazioni tendinee, compromissione articolare, lesioni discali, micro o macro fratture ossee, sofferenze neurologiche, ecc.. E' ben vero che nelle visite di Pronto Soccorso o di semplice rilievo clinico non sempre è possibile, specie nella immediatezza del fatto traumatico, rilevare compiutamente tutti gli elementi per poter arrivare ad una diagnosi precisa, con inquadramento nosografico corretto: infatti spesso solo approfondite indagini tecnico strumentali (xgrafie, elettromiografie, esami vestibolari, esami neurologici, ecc.) consentono di formulare l'esatta diagnosi di inquadramento. Appare pertanto necessario considerare che solo la successiva sequela di controlli e di indagini specialistiche possono avvalorare un eventuale certificazione incompleta, o superficiale, relativa alla prima visita. Ma va altresi ricordato che se detta certificazione non viene successivamente documentata dall'effettiva condizione di

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compromissione funzionale e di limitazione organismica, detta certificazione va assolutamente disattesa. Infatti perché la certificazione possa essere completa ed esaustiva essa deve, sul piano medico legale essere integrata dopo il riferimento anamnestico dei dati soggettivi, dal quadro clinico obbiettivamente rilevato dal sanitario e, possibilmente, integrato dal giudizio critico in riferimento al corretto inquadramento della lesione riscontrata rispetto alla modalità produttiva del fatto (rapporto di causalità). Ma è poi la vicenda clinica che ne è eventualmente seguita, il ricorso a controlli specialisti, l'effettuazione di indagini strumentali o, per contro, l'assenza di qualsiasi ulteriore indagine, sono di per sè eloquenti e costituiscono utile corollario per rendere meno compatibile con il quadro lesivo iniziale la soggettività riferita.

Il secondo elemento costitutivo del giudizio medico legale appare quindi a questo punto il quadro clinico che lo stesso specialista medico legale può valutare, ricordando che la sua finalità interpretativa è quella di evidenziare un concreto danno alla persona, nella sua effettiva stabilizzazione, poiché il danno risarcibile o indennizzabile, quantomeno prevedibilmente non può essere suscettibile di future modificazioni e pertanto è questo postumo che deve essere rilevato obiettivamente e non supposto in base alle segnalazione soggettive allegate dal periziando. Il rigore scientifico, accoppiato al senso critico dei dati circostanziali deve assolutamente accompagnare questo tipo di rilevazione e solo l'avvenuta dimostrazione del quadro menomativo può consentire al medico legale di oggettivare la individuazione del danno alla persona, sulla base della ricostruzione testimoniale della certificazione allegata del fatto de quo.

Non può prescindersi, a questo proposito, la necessaria completezza delle indagini finalizzate alla individuazíone e alla quantificazione delle eventuali menomazioni, mediante l'ausilio di rilevamente tecnico specialistici, con indaginì accurate, senza le quali spesso non è possibile documentare l'effettiva sofferenza organica e la compromissione funzionale.

Ma quello che appare l’aspetto tecnicamente più rilevante, ai fini del riconoscimento del diritto risarcitorio di un presunto danno alla persona, è con certezza il terzo parametro da utilizzare e cioè l'effettivo riconoscimento del nesso di causalità materiale tra il quadro sintomatologico e disfunzionale, constatato sulla persona in esame ed il fatto traumatico di riferimento.

E' a questo proposito che le compagnie di assicurazioni devono necessariamente fornire tutti gli elementi tecnici finalizzati a questo risultato. E' necessario infatti avere ogni elemento utile al fine di identificare l'esatta dinamica del fatto traumatico, la gravità dello stesso e soprattutto le conseguenze di dannosità ai mezzi interessati dall'incidente in questione. E' ben noto, a questo

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proposito, che sulla base della deformazione del mezzo tamponato ed in rapporto tra le masse dei due mezzi coinvolti nell’incidente, è possibile valutare la velocità differenziale, la velocità d'urto del mezzo tamponante e quindi poter esprimere, in termini di accelerazione (m/sec.2), un parametro di riferimento per valutare l'energia che viene scaricata sui passeggeri occupanti il mezzo investito. E' un dato di fatto che la sicurezza di un'autovettura costituisce una branca tecnica assai complessa, ma sinteticamente si può distinguere in sicurezza attiva e sicurezza passiva. Quest'ultima considera in primo luogo il comportamento della struttura del veicolo, modello per modello, come solido soggetto ad urto, mentre le possibili conseguenze dannose o le modalità lesive sui passeggeri e sul conducente, racchiuso nell'abitacolo in rapporto alle possibili variabilità di sinistrosità, vengono considerate a parte, ma comunque per lo più in termini di semplici modelli matematici. I calcoli sopra citati, rapportati agli urti effettivi di veicoli, portano a risultati discutibili, data la difficoltà di valutare esattamente i parametri in gioco; tuttavia l’impostazione matematica e i grafici dei rilievi ottenuti sono molto utili per una sicura comprensione dei fenomeni.

Nel caso di tamponamento la vettura urtata viene leggermente accelerata in avanti ed i passeggeri in un primo tempo si appoggiano violentemente allo schienale ed al poggiatesta e, successivamente, vengono proiettati in avanti con distacco del tronco dallo schienale. La deformabilità anteriore o posteriore di un'autovettura è il parametro fondamentale da analizzare e la determinazione carico-deformazione dell'avanti o del di dietro di un'autovettura consente di calcolare la deaccelerazione o l'accelerazione subita dell'abitacolo e quindi dell'energia che ha investito il conducente. E' evidente che l'ammontare del danneggiamento di un'auto è in funzione alla velocità del mezzo tamponante.

Sulla base di detti studi emerge con chiarezza che, nella maggior parte dei sinistri che avvengono a velocità moderate (nell'ordine di quelle consentite in un centro abitato), le accelerazioni che vengono calcolate sui veicoli danneggiati, risultano assai poco differenti dalle accelerazioni che si verificano in fase di accelerazione in un'auto che possa passare da zero a cento chilometri all'ora in un tempo e nell'ordine di dieci-dodici secondi (accelerazione assolutamente ben assorbìte da qualunque pilota). Per meglio capire i termini di riferimento dì dette valutazioni vi segnalo il caso di un'auto che presenti una deformazione posteriore contenuta in circa cm.5 a cui corrisponde una velocità d'urto di Km/h di 5 ed una accelerazione di 4 m/s2 a cui corrisponde (per meglio comprendere la gravità dell'evento!) un'accelerazione sovrapponibile a quella che si ottiene con una caduta da mt.0,10= 10 cm. (come se la vettura fosse scesa da un marciapiede). Di contro per poter esprimere un altro termine di raffronto si deve considerare che

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con una velocità differenziale di 50 Km/h, cioè con una velocità d'urto di detta entità, si ha una energia valutabile come lavoro di deformazione sull’auto investita pari a Kgm di 9.500, il che rappresenta un'indubbia gravissima energia cinetica che corrisponde in pratica all’accelerazione che subisce un corpo per una caduta da un'altezza di l0 m. Queste dimensioni acquistano valori estremamente gravi con macroscopica gravità lesiva, ma si deve considerare innanzitutto che una velocità d'urto di 50 Km/h in città è estremamente improbabile da riscontrare in caso di tamponamento, poiché questa eventualità infortunistica avviene pressoché costantemente con il veicolo urtante in fase di frenata (perché se dovessimo parlare di tamponamenti a velocità libera non discuteremo di colpo di frusta ma di catastrofi!!); ed inoltre una caduta di un corpo da 10mt.

non deve far pensare ad una precipitazione con schianto su superficie solida, ma nel caso di un passeggero in un'auto che subisca detta analoga accelerazione riporterà un energia sicuramente molto attenuata, poiché circa il 70% dell'energia cinetica sopra detta (Kg.9.500) va ad essere assorbita dalle capacità di deformabilità dell'auto (scocca, carrozzeria e strutture montanti) nonché dalla capacità di assorbimento dei sedili in espanso, dei poggiatesta, delle elasticità delle cinture ecc..

Ecco quindi che solo da un'attenta valutazione critica di tutti e tre i parametri di riferimento, sopra indicati per la valutazione di un danno permanente alla persona, potrà emergere un giudizio medico legale assolutamente corretto ed ineccepibile; non occorre spendere altre parole per illustrare quest'unica ma fondamentale e non secondaria possibilità di qualificato intervento medico legale: la ricerca di elementi storici, clinici e di parametri tecnici che valgono a giustificare, rendere attendibili i disturbi accusati da un eventuale infortunato, e non limitandosi peraltro ad una semplice opera di verifica, ad un atto formale, ma nel rispetto di quei canoni di accertamento e di rigore che dovrebbe sempre caratterizzare la valutazione medico legale.

Mi preme segnalare in proposito che anche la giurisprudenza ha più volte considerato l’inattendibilità di pareri o di valutazioni medico-legali non esaustivamente dimostrati come nesso di causalità materiale.

Ricordo la famosa Sentenza nella causa “Rosadini G. contro Pilone G. e Levante Ass.ni del Tribunale di Genova (sent. n. 3693/88) in cui veniva disattesa la valutazione del CTU sulla permanenza di un danno permanente alla persona offesa, perché la valutazione era basata essenzialmente su sintomatologie soggettive riferite dal periziando, mentre i dati documentali relativi al danneggiamento dell'auto tamponata dimostravano che l’urto per effetto di tamponamento era stato di lieve entità".

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A questa hanno fatto seguito numerose altre sempre da parte del Tribunale di Genova (n.

3065/91; n. 3068/91; n. 3352/91) con contestazione delle valutazioni medico legali dei C.T.U, che venivano disattese relativamente alla invalidità permanente perché non veniva dimostrata la

"valida efficienza lesiva del sinistro”.

Ma altri Tribunali di merito hanno emesso sentenze in analogia con Genova (Torino, Milano, Monza, Pisa, ecc.).

E questo proprio perché, al riguardo, va ribadito che per danno risarcibile si intende non quello meramente ipotetico od eventuale, ma quello sicuro, certo ed effettivo, ricollegantesi con innegabile nesso di causalità qualificato al fatto illecito e quindi pienamente risarcibile ai sensi dell'art. 1223 c.c..

Un'ultima breve considerazione sulle valutazioni medico-legali: per quanto attiene al periodo di inabilità assoluta temporanea (ITT) o danno biologico temporaneo inteso come "temporanea incapacità funzionale" (Dell'Erba) significa dunque fare riferimento alle varie funzioni dell'organismo umano e quindi alla disfunzione temporanea di uno o più organi o sistemi che quelle funzioni consentono di realizzare.

Sono certamente molte tali funzioni senza alcuna pretesa di graduarne l'importanza o dì citarle tutte, dobbiamo tener conto, per esempio, delle funzioni psichiche superiori, della funzione visiva, della funzione cardiocircolatoria, della funzione respiratoria, delle funzioni viscerali addominali (tubo digerente, fegato e vie biliari, pancreas) della funzione uropoietìca, della funzione genitosessuale, della funzione endocrina, della funzione emopoietica, della funzione prensile (che presuppone una completa efficienza osseoarticolare-tendinea, circolatoria e nervosa degli arti superiori) della funzione deambulatoria (che presuppone una completa efficienza osseoarticolare-tendinea, circolatoria e nervosa degli arti inferiori), della funzione di sostegno (che presuppone una completa efficienza della colonna vertebrale), della funzione fisiognomica ed estetica, delle funzioni che globalmente considerate consentono l’espletamento della vita di relazione e sociale.

E' chiaro quindi che configurare una compromissione di una o più di queste funzioni a causa di una lesione così limitata, come quella conseguente da trauma distorsivo del rachide cervicale, appare assai dubbiosa. Si ritiene pertanto che valutazioni di detta "temporanea capacità funzionale" possano essere accettate solamente per tempi brevissimi, mentre non è in alcun modo accettabile una documentata prolungata immobilizzazione, anche mediante collare se non vi è contemporanea precisa documentazione di una grave compromissione funzionale e sistemica o quantomeno di riferimento alle funzioni principali connesse con l’impossibilità di svolgere le

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ordinarie occupazioni della vita quotidiana. Analogamente non può sussistere l'approvazione per una certificazione di un lungo periodo di riabilitazione o di rieducazione motoria (per detta menomazione assolutamente contenuta) se non è documentata contemporaneamente la condizione di compromissione funzionale specifica, con accurata obiettiva descrizione della condizione menomativa. Pertanto, in analogia con quanto detto per la ITT, anche per la ITP non possono essere accettati periodi che vadano al di là di quelli previsti dai comuni protocolli riabilitativi per lesioni cosi limitate. E' vero altresì che è comunque preferibile valutare un periodo di ITP anche piuttosto prolungato piuttosto che riconoscere un danno alla persona di natura permanente se non univocamente e obiettivamente identificabile.

Infine ben poco vi è da commentare in merito alla valutazione medico legale del danno percentuale da colpo dì frusta cervicale, poiché detta sindrome è ampiamente e correttamente tabellata sia dall'ANIA che dall'INAIL. Ricordo solo che entrambi le tabelle partono dallo “0” e che detta valutazione percentuale corrisponde esattamente alla valutazione del danno quando questo non c'è! In ogni caso va ribadito che la liquidazione in denaro delle micro permanenti è per così dire pura, priva delle interferenze determinate dalle ipotesi di lucro cessante e dalle eventualità di danno morale coesistente, proprio in relazione alla scarsa incidenza di detto danno biologico sulla capacità lucrativa del soggetto, così come di nullo valore deve intendersi l’incidenza dell'effettivo danno non patrimoniale.

Non va dimenticato comunque che salvo casi, allorchè non eccezionali, la valutazione del danno deve essere commisurata in poche unità, cosi come è indicato nelle tabelle di riferimento, con i parametri massimi che devono essere riferiti ai casi in cui vi sia una concreta alterazione della architettura rachidea con postumi di pregresse lussazioni, di fratture ossee, di effettive comprimissioni discali traumatiche, ecc..

A questo proposito cito un caso di recente osservazione che attiene ad una donna di anni 42, terza trasportata su una FIAT cinquecento coinvolta in un tamponamento, per il quale sinistro non è stato possibile documentare l'esatta ricostruzione tecnica del sinistro e del danno all'autovettura, poiché è stato consentito esclusivamente fare riferimento al costo delle riparazioni, che nel caso di specie ammontava ad un milione circa, parametro di per se abbastanza significativo stante il modello orami vetusto e di limitato valore commerciale dell'auto coinvolta. Il soggetto infortunato veniva accompagnato c/o il Pronto Soccorso dell'Ospedale Civile di Sassari e, a seguito di semplice controllo standard del rachide cervicale, le veniva fatta diagnosi di "distorsione rachide cervicale" e quindi le veniva applicato un collare ortopedico, prima provvisorio e poi definitivo tipo Philadelphia che teneva a permanenza per tre

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settimane. Al momento del controllo per la dismissione del collare, la paziente accusava una lipotimia franca, per cui venìva ricoverata nel reparto dì traumatologia dello stesso nosocomio.

A seguito di controlli Rx dinamiche e TC del rachide cervicale veniva diagnosticato lo stato di sub-lussazione di CO-C1 per cui veniva posta in trazione mentoniera e quindi applicata una Minerva gessata che teneva per complessivi due mesi. Alla rimozione del tutore gessato permanevano gravi disturbi della cenestesi e difficoltà al sostentamento del capo, per cui veniva avviata ad un lungo periodo di FKT, senza tuttavia ottenere un concreto beneficio. Trasferita c/o la Clinica Ortopedica dell'Università di Roma veniva sottoposta ad intervento di artrodesi a carico dell'occipite e delle prime tre vertebre cervicale, mediante innesti ossei e mezzi di sintesi (Halo-Vest) a cui si aggiungeva una ulteriore complicazione disfunzionale per accentuazione della lordosi cervicale con compressione sulla laringe e sull'esofago, a cui conseguiva una paresi di una corda vocale con grave afonia e disfagia per impossibilità all’assunzione di cibi solidi.

Questo caso chiaramente dimostra come anche un semplice banale tamponamento possa costituire, se documentato, una modalità di gravissime lesioni conseguenti.

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