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Il “Sedan-Panorama” di Anton von Werner e la celebrazione dell’unificazione tedesca

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(1)

Eunomia VIII n.s. (2019), n. 2, 167-192 e-ISSN 2280-8949

DOI 10.1285/i22808949a8n2p167

http://siba-ese.unisalento.it, © 2019 Università del Salento

G IULIANA I URLANO

Il “Sedan-Panorama” di Anton von Werner e la celebrazione dell’unificazione tedesca

Abstract: The battle of Sedan was a crucial junction of the Franco-Prussian war of 1870-1871, which

completely changed the European international order. The proclamation of the German Empire, after the French defeat, represented an important moment in the rise of Prussia as a hegemonic power in Europe.

The Panorama of Sedan, created by Anton von Werner, was intended to highlight the German victory and to create consensus within the new imperial political entity.

Keywords: European balance; Franco-Prussian War; French and German Painting; “Sedan Panorama”.

1. L’equilibrio centro-europeo da Vienna a Sedan

La guerra franco-prussiana del 1870-1872 è, per molti aspetti, una “guerra dimenticata”,

1

schiacciata tra le guerre napoleoniche e la prima guerra mondiale. E, tuttavia, dal punto di vista delle relazioni internazionali essa costituì uno snodo importante, perché alterò completamente l’equilibrio europeo sancito a Vienna nel 1815.

2

Il “problema tedesco” – che tanto aveva condizionato le scelte politiche francesi – si era negativamente risolto per la Francia del II Impero: il pericoloso vicino – tenuto continuamente sotto controllo da Westfalia in poi – proprio con la guerra del 1870 aveva raggiunto l’unificazione nazionale sotto l’egida prussiana e smontato pezzo per pezzo quel sistema-cuscinetto della Confederazione germanica, creato a Vienna per impedire un significativo rafforzamento nel cuore dell’Europa a spese dei francesi. La

“piccola guerra” franco-prussiana chiuse il percorso di unificazione gestito dalla sempre più potente realtà prussiana. È vero che l’equilibrio europeo aveva già mostrato i primi segni di precarietà negli anni cinquanta dell’ottocento, durante la guerra di Crimea tra l’Impero russo, quello ottomano, la Gran Bretagna, la Francia e il Regno di Sardegna,

1

Cfr. M. F

ERRARI

Z

UMBINI

, Sedan nella pittura francese e tedesca, in «Studi germanici», 3-4, 2013, p.

143; S. A

UDOIN

-R

OUZEAU

, 1870 - La France dans la Guerre, Paris, Colin, 1989, p. 1.

2

Sulla tipologia dell’ordine internazionale sancito a Vienna nel 1815, cfr. G.J. I

KENBERRY

, Dopo la

vittoria. Istituzioni, strategie della moderazione e ricostruzione dell’ordine internazionale dopo le grandi

(2)

ma la crisi sembrava superata e l’Europa – in equilibrio sempre più vacillante – stava cercando di mantenere in piedi il sistema di sicurezza continentale. Il problema reale era effettivamente quello del bilanciamento del sistema di stati minori, collocati tra Gran Bretagna e Russia, le due realtà imperiali presenti nella periferia dell’Europa. E il processo di bilanciamento delle forze era stato ben gestito, almeno all’inizio, dall’Austria e da Metternich, dopo il fallimento del tentativo egemonico degli Asburgo nell’Europa centrale. Messo ormai da parte il sogno di dominare tutta la Germania, l’Austria si considerava però ancora prima inter pares e determinata a impedire, soprattutto alla Prussia, di svolgere un ruolo preminente tra gli stati tedeschi.

3

La Confederazione germanica, del resto, era una realtà “artificiale”,

4

uno strumento messo a punto non solo per garantire la sicurezza francese, ma anche per bilanciare le forze interne dell’area tedesca, quegli stati minori che gravitavano ora da una parte, ora dall’altra rispetto ai due più potenti vicini: l’antica monarchia asburgica e il sempre più forte Regno di Prussia.

5

Se, dunque, l’Europa conobbe da Vienna in poi un lungo periodo di equilibrio internazionale (caratterizzato soprattutto dal tentativo di evitare quanto più possibile episodi bellici tra le potenze europee e dal parallelo intervento delle monarchie dell’epoca per tenere a bada i sussulti rivoluzionari interni), nella Confederazione germanica le cose erano certamente molto più complicate. Il confronto tra i due stati maggiori, infatti, divenne sempre più acceso, nonostante i tentativi di creare un’unione doganale (Zollverein) tra i produttori e i commercianti degli stati tedeschi, di realizzare una fitta e ampia rete di infrastrutture (soprattutto la rete ferroviaria, sviluppatasi con rapidità eccezionale tra il 1850 e il 1860) e di sfruttare le risorse carbonifere non soltanto nel bacino renano-westfalico, ma anche nella Saar, nella Sassonia e nell’Alta Slesia. Le industrie tedesche poterono, così, cominciare a esportare i loro prodotti e fare concorrenza a quelli inglesi e francesi. Gli interessi materiali, tuttavia, sembravano favorire soprattutto la Prussia, tanto che il governo austriaco

3

Si vedano, in particolare, H. K

ISSINGER

, Diplomazia della Restaurazione, Milano, Garzanti, 1973; I

D

., L’arte della diplomazia, Segrate, Sperling & Kupfer, 2004.

4

La Confederazione germanica, nel 1815, era composta da trentacinque principati e da quattro città libere, con enormi differenze di dimensioni al suo interno.

5

Cfr. H. L

UTZ

, Tra Asburgo e Prussia. La Germania dal 1815 al 1866, Bologna, Il Mulino, 1992.

(3)

propose la firma di un trattato con lo Zollverein, manovra elusa dal trattato di commercio franco-prussiano del 1862, che mise in crisi ancora di più le tariffe austriache, già molto elevate. L’unica alternativa che restava all’Austria era di persuadere la Baviera, il Würtemberg e l’Hannover a lasciare l’unione doganale prussiana e a concordare con Vienna una nuova intesa economica. Ma, di fronte all’aut- aut di Bismarck (rinnovo dello Zollverein solo dietro accettazione del trattato franco- prussiano), gli stati minori cedettero, di fatto rafforzando il ruolo sempre più egemone della Prussia.

6

Ciò che più conta, tuttavia, è che le spinte egemoniche convivevano con una serie di complessi problemi, sia di natura internazionale (si pensi, per esempio, alle mire asburgiche e russe sui Balcani a spese dell’Impero ottomano), sia di controllo dei movimenti liberali emergenti che avrebbero potuto trasformarsi in pericolosi sussulti rivoluzionari, sia di relazioni più prettamente inter-statuali, apparentemente circoscritte, ma che di fatto cambiavano di volta in volta il panorama complessivo europeo. È in questo contesto molto fluido che maturano le condizioni per le due più significative unificazioni istituzionali, quella del Regno d’Italia nel 1861 e quella dell’Impero tedesco del 1871.

Le rivoluzioni del ’48 avevano radicalizzato il quadro complessivo, soprattutto per quanto concerne le relazioni austro-prussiane. La politica repressiva asburgica finì per collidere apertamente con l’emergere della borghesia, con il processo di industrializzazione veloce e, soprattutto, con l’idea nazionale, quest’ultima fortemente in contrasto con la natura plurinazionale della monarchia austriaca. La Prussia, dal canto suo, riuscì nell’intento di collegare le tradizionali forme di autorità con la modernizzazione economica e socio-culturale del paese, grazie anche al ruolo giocato da Bismarck sia in occasione della questione dei ducati dello Schleswig e dell’Holstein, sia nell’isolamento di Vienna a seguito dell’alleanza con i Savoia e con la Francia di Napoleone III. La guerra austro-prussiana decretò, così, la vittoria della strategia del

“cancelliere di ferro”, strategia che ben presto avrebbe portato – dopo la sconfitta

6

Cfr. P. R

ENOUVIN

, Il secolo XIX, 1815-1871, Firenze, Vallecchi, 1960, pp. 407-409.

(4)

francese del 1870-1871 – alla proclamazione dell’Impero tedesco. La Prussia aveva fatto prevalere l’idea della “kleindeutsch” (la “piccola Germania”) di contro alla proposta austriaca della “großdeutsch” (la “grande Germania”), naufragata sia per ragioni interne all’Impero austro-ungarico – che comprendeva molte popolazioni slave –, sia per il boicottaggio di Bismarck, che sostenne con successo il monopolio di un singolo stato dinastico, quello degli Hoenzollern, nella guida del processo di unificazione tedesca, con la conseguenza dell’esclusione degli austro-tedeschi. Il percorso vincente prussiano, del resto, ottenne il sostegno politico dello stesso popolo tedesco, che ormai si sentiva senza alcun dubbio come appartenente a quella “nazione germanica”, che Hegel aveva preconizzato già nel 1818.

La guerra franco-prussiana sancì non soltanto la sconfitta francese, ma anche un ridimensionamento delle relazioni internazionali di Vienna, che – di fronte ai sentimenti di trionfo nazionale delle popolazioni del nord e del sud della Germania, dopo i primi successi militari dell’esercito prussiano – tentò la carta dell’intermediazione, proponendo una lega dei neutrali con Inghilterra, Russia e Italia, e soprattutto l’autonomia della Germania meridionale. Ma, ancora una volta, Bismarck convinse Italia e Russia che gli stati meridionali avrebbero fatto parte a pieno titolo della nuova entità imperiale tedesca. A quel punto, la monarchia asburgica, anche con il consenso ungherese, decise di riconoscere “amichevolmente” il nuovo impero.

L’equilibrio era, dunque, minato in maniera ormai definitiva.

7

Il “concerto europeo”, nonostante avesse garantito una certa stabilità, non poteva più funzionare in un contesto sempre più fluido, nel quale il principio di nazionalità e l’emergere delle borghesie assestavano duri colpi all’ideologia su cui la Restaurazione si era fondata. Il modello bellico della stàsis – la guerra tra avversari separati da questioni di interesse, ma nel quadro di un sistema istituzionale e di valori condiviso – sarebbe stato ben presto

7

Cfr. J.W. B

OREJSZA

, La svolta degli anni 1870-1871 nella storia europea, in «Studi Storici», XIV, 3,

luglio-settembre 1973, pp. 614-641.

(5)

sostituito da quello della pólemos, la guerra tra nemici con visioni del mondo e sistemi politici contrapposti.

8

2. Le rappresentazioni dell’equilibrio europeo nell’ottocento

Robert A. Nisbet ha sostenuto la forte rilevanza delle metafore nelle scienze sociali, in quanto esse, permettendo di muoversi da ciò che è noto verso ciò che ancora non si conosce, trasferiscono «le qualità identificative di una cosa [...] in un’intuizione fulminea, istantanea, quasi inconscia, ad un’altra cosa che, per lontananza o complessità, ci è sconosciuta».

9

Una delle metafore più utilizzate nell’ambito delle relazioni internazionali è sicuramente quella del “balance of power”, strettamente collegata al concetto di equilibrio delle forze. Si tratta, in sostanza, di quella che Max Black ha definito come “metafora trasformativa”, in grado di trasformare un significato nell’obiettivo stesso della metafora, agendo come un prisma cognitivo che «seleziona, enfatizza, occulta ed organizza» il modo di caratterizzarlo.

10

Il concetto di “equilibrio delle forze”, elaborato nell’Inghilterra di Guglielmo III, ha strutturato la diplomazia europea per i successivi duecento anni. Il concetto – già espresso da David Hume nel 1752 in uno dei suoi Saggi morali per indicare il principio di stabilità che consentiva di conservare una situazione di pace – ha avuto, invece, una prassi molto più antica, risalente a Tucidide e alla lotta per la supremazia nella Grecia (dalla lega contro Atene e alle guerre peloponnesiache, ai contrasti tra Tebe e Sparta, ai rapporti politici tra Grecia

8

Cfr. M.

DE

L

EONARDIS

, Ultima ratio regum. Forza militare e relazioni internazionali, Milano, Monduzzi Editoriale, 2013, p. 41.

9

R.A. N

ISBET

, Social Change and History: Aspects of the Western Theory of Development, London, Oxford University Press, 1969, p. 4.

10

Cfr. M.M. B

LACK

, More about Metaphors, in A. O

RTONY

, ed., Metaphors and Thought, Cambridge,

Cambridge University Press, 1979, p. 44. Scrive, a tal proposito, Richard Little: «In altre parole, quando

si crea una metafora trasformativa, vi è un processo bidirezionale o interattivo tra la fonte e l’obiettivo

della metafora stessa, nel quale in particolare la fonte determina il modo in cui l’obiettivo è visto, ma

anche questo ha effetti sul modo in cui viene considerata la fonte. Ne segue quindi che, nel contesto

dell’equilibrio di potenza, il significato complessivo è fortemente influenzato dal fatto di pensare al

potere a partire dalla prospettiva di una bilancia. Ma, in qualche misura, anche il modo in cui pensiamo a

una bilancia è influenzato dalla nostra visione del potere». R. L

ITTLE

, L’equilibrio di potenza nelle

relazioni internazionali. Metafore, miti, modelli, Milano, Vita & Pensiero, 2009, pp. 49-50. Il corsivo è

nel testo.

(6)

ed Impero persiano in età ellenistica). Si trattava quasi sempre della tendenza a “gettarsi sul piatto più leggero”, cercando di mantenere in equilibrio la bilancia delle forze in campo. Come concezione razionale e come principio d’ordine, usato spesso nei paradigmi delle relazioni internazionali, il concetto di “equilibrio” è proprio dell’età moderna, quando si coniuga con quelli di “ragion di stato” e di “sicurezza”. Ma è proprio all’indomani di Westfalia che esso si intreccerà strettamente con il concetto di

“sistema”, andando a costituire la rappresentazione sintetica di un ordine organizzato.

Nello scenario successivo alla Rivoluzione francese, però, esso assume soprattutto la connotazione di un sistema di contrappesi ed è appunto in tale accezione che da Vienna in poi verrà inteso.

Già si è detto di come la guerra di Crimea (1854) avesse segnato il punto di rottura dell’equilibrio dell’età della Restaurazione: la posizione in essa assunta dall’Austria aveva messo fine al patto di unione tra le potenze orientali (Austria, Prussia e Russia) per opporre una barriera al vento rivoluzionario e controllare un eventuale predominio francese in Europa. Entro cinque anni dalla guerra di Crimea, Cavour avrebbe dato inizio al processo di espulsione dell’Austria dall’Italia settentrionale, grazie all’alleanza con la Francia e all’acquiescenza della Russia.

Saranno, però, i due principali protagonisti del periodo successivo – Napoleone III e Bismarck – a determinare un significativo cambiamento del quadro politico e internazionale europeo, nel quale la Francia cederà alla Germania il ruolo di potenza egemone, mentre scompariranno del tutto i vincoli morali del sistema di Vienna.

L’ambiziosa politica di Napoleone III si scontrò col nervo scoperto della frontiera

renana: quest’ultima, inviolabile finché si mantenne integro l’accordo di Vienna, fu

messa in discussione dall’imperatore francese, proprio nel momento in cui egli attaccò il

sistema del 1815, trasformando un ostacolo difensivo in una potenziale minaccia

aggressiva nei confronti della Francia. Cosa che regolarmente accadde con la guerra

franco-prussiana. L’ordine internazionale bismarckiano, da quel momento in poi, tornò

al contesto del XVIII secolo, ma reso ancora più pericoloso dalla tecnologia industriale

e dalla capacità di mobilitazione di vaste risorse nazionali. La politica estera tornò a

(7)

essere una continua prova di forza, che avrebbe aperto la strada all’età dell’imperialismo più sfrenato, mentre l’equilibrio si sarebbe ben presto trasformato in una condizione di precarietà permanente.

Honoré Daumier aveva già espresso, nelle sue litografie, tale concetto: nel 1867, l’Europa era stata da lui rappresentata come una donna distesa sulla punta di una baionetta (fig. 1), ma già l’anno precedente aveva sottolineato la precarietà dell’ordine internazionale del Vecchio Continente, basato nuovamente sulla forza delle armi, anziché sulla diplomazia (fig. 2). L’opinione pubblica dei maggiori paesi europei percepiva che qualcosa stava cambiando, che l’ordine di Vienna – pur con le sue contraddizioni – non avrebbe più garantito né la pace, né la sicurezza. Spesso, tale senso di precarietà è rappresentato attraverso le carte geografiche satiriche, in cui la Russia è raffigurata come un orso incatenato e la Prussia ha già preso la forma di una pericolosa piovra (fig. 3), oppure – come nella “Carta umoristica d’Europa nel 1870” – la Prussia ha acquisito un carattere militaresco molto accentuato e, di conseguenza, ha già schiacciato l’Austria e sta ormai minacciando anche la Francia (fig. 4).

Del resto, l’ottocento è il secolo dell’emergente borghesia, quella nuova classe sociale che cominciò a permeare dei suoi valori tutto il secolo e che forgiò in maniera innovativa il mondo della produzione e del commercio. È un secolo che Dolf Stenberger ha descritto magistralmente con il metodo della topografia storica, come un

“panorama”, in cui i singoli elementi – spesso frammentari – vanno a costituire un insieme, «una totalità sempre soltanto presagita, fittamente aggrovigliata, infinita nelle piccole come nelle grandi cose».

11

3. La pittura francese e tedesca sulla guerra franco-prussiana

Con la nascita del Secondo Reich, nel 1871, molte speranze unitarie sembrarono realizzarsi, anche se la nuova politica tedesca si scontrò con alcune importanti criticità.

La Realpolitik bismarckiana tendeva a esaltare maggiormente il potere dello stato più

11

D. S

TERNBERGER

, Panorama del XIX secolo, Bologna, Il Mulino, 1985, p. 27.

(8)

che l’unità spirituale tanto cara ai nazionalisti. Le divisioni sociali non furono affatto colmate e minacciavano di lacerare il paese, che rapidamente si avviava verso una repentina industrializzazione e verso una veloce urbanizzazione. Certamente, il

“cancelliere di ferro” cercò di domare la dinamica nazionalista, riconducendola nei limiti voluti dallo stato, ma, in tal modo, ne ridusse notevolmente la portata democratica. La spinta verso l’unità, prima del 1871 poco apprezzata dalla maggior parte delle entità statuali tedesche, fu però piegata ai fini di un nazionalismo che ormai – dopo la vittoria prussiana contro l’atavico nemico francese – aveva ricevuto il sigillo dell’ufficialità, grazie anche a quell’“estetica della politica”, che costituì il collante per saldare insieme miti, simboli e sentimenti delle masse.

12

Sicuramente, anche ai contemporanei la guerra franco-prussiana sembrò un decisivo spartiacque. Il 9 febbraio 1871, Benjamin Disraeli, nel suo discorso parlamentare, sostenne che non si trattava di una “comune guerra”, come quella austro-prussiana o come quella italiana, in cui c’era stato il coinvolgimento francese, e nemmeno come la guerra di Crimea: «Questa guerra rappresenta la rivoluzione tedesca, un evento politico più grande della rivoluzione francese del secolo scorso».

13

Anche sulla stampa britannica dell’epoca, il nuovo stato tedesco appare come una potenziale minaccia nei confronti degli altri paesi extra-europei, una minaccia diretta verso la stessa Londra, il

“centro della ricchezza” mondiale.

14

Sedan, insomma, entra di prepotenza nell’immaginario collettivo e, soprattutto in quello francese, suscita sentimenti controversi nei confronti di un ridimensionamento del ruolo internazionale della

12

Cfr. G.L. M

OSSE

, La nazionalizzazione delle masse. Simbolismo politico e movimenti di massa in Germania (1815-1933), Bologna, Il Mulino, 1975, pp. 47-48.

13

W.F. M

ONEYPENNY

- G.E. B

UCKLE

, The Life of Benjamin Disraeli, Earl of Beaconsfield, London, Murray, 1929, vol. 2, p. 473.

14

Cfr. Sieges of London, in «All the Year Round», 1871, p. 497, cit. in M. F

ERRARI

Z

UMBINI

, Sedan nella pittura francese e tedesca, in «Studi germanici», 3-4, 2013, p. 153. Sulle reazioni nell’Impero zarista, per ciò che concerne la conduzione strategica della guerra, cfr. D.A. R

ICH

, The Tsar’s Colonels:

Professionalism, Strategy and Subversion in Late Imperial Russia, Cambridge - London, Harvard

University Press, 1998. Ma si veda anche la ricezione del modello militare prussiano in altri paesi, per

esempio in W.F. S

ATER

- H. H

ERWIG

, The Grand Illusion: The Prussianization of the Chilean Army,

Lincoln, University of Nebraska Press, 1999.

(9)

Francia.

15

Sedan non è che l’ultimo atto della sconfitta francese e, insieme, di quella che comincerà a essere definita come l’“invasione tedesca”,

16

che giungerà fino alla capitolazione di Parigi. La resa di un imperatore, Napoleone III, consegnata a un altro imperatore, Guglielmo di Prussia, presente sul campo di battaglia, è in una dichiarazione di poche righe: «Monsieur mon frère, N’ayant pas pu mourir au milieu de mes troupes, il ne me reste qu’à remettre mon épée entre les mains de Votre Majesté. Je suis de votre Majesté le bon frère. Napoléon».

17

Dal punto di vista pittorico, il problema è serio: dopo aver celebrato le glorie anche militari del ciclo napoleonico, in che modo è possibile rappresentare una sconfitta di tale portata? Non è che la pittura francese avesse completamente trascurato di rappresentare le sconfitte precedenti, ma sempre presente era il senso della solitudine dell’uomo Napoleone o quello del sacrificio dei francesi.

18

Esisteva pure il tòpos della

“gloriosa sconfitta”, applicato soprattutto a Waterloo,

19

che ricalcava il modello classico delle Termopili, ma Sedan significava molto di più perché implicava anche la conseguenza di una grave crisi istituzionale e, soprattutto, l’inizio della revanche. Lo stesso imperatore – ormai sminuito a “Napoléon le Petit” da Hugo – diventa il bersaglio principale del nuovo governo, insieme ai comandanti militari, addirittura accusati di tradimento. Nonostante ciò, l’apologetica della “gloriosa sconfitta”, soprattutto all’indomani della guerra, si concentra soprattutto su singoli episodi di eroismo dei soldati francesi in una serie di opere piuttosto stereotipate, che evidenziano temi come il patriottismo o l’attacco della cavalleria pesante, quest’ultimo spesso rappresentato in primo piano per sottolineare il dinamismo dell’azione bellica. Naturalmente, col tempo,

15

Si veda anche É. Z

OLA

, La Déblâcle (1892), Paris, Bibliothèque - Charpentier, 1893, dedicato alla guerra franco-prussiana.

16

Il tema della “barbarie tedesca” e delle “orde di Attila”, a cui si contrappone la “civiltà” francese, troverà spazio soprattutto in Victor Hugo, che, nel 1872, pubblica la raccolta poetica intitolata L’année terrible (Paris, Hetzel - C

IE

, 1872).

17

Cit. in M. H

OWARD

, The Franco-Prussian War: The German Invasion of France, London - New York, Routledge, 2002, p. 219.

18

Cfr., per esempio, E. M

EISSONIER

, Campagne de France, 1814 (1864), Musée d’Orsay; C.-A.

A

NDRIEUX

, La bataille de Waterloo (1852), Musée national du Château de Versailles.

19

Cfr. J.-M. L

ARGEAUD

, Napoléon et Waterlooo. La défaite del 1815 à nos jours. Waterloo dans la

mémoire des français, Paris, Boutique de l’Histoire, 2006.

(10)

lo spirito patriottico si affievolisce e compaiono le prime critiche all’utilità di atti di coraggio di fronte alle armate prussiane, mentre l’affaire Dreyfus getta ombre inquietanti sul prestigio dei militari. Si torna, dunque, alla rappresentazione della débâcle, ma quasi metabolizzata, perché indica l’ultima resistenza, ormai rassegnata, di fronte al dilagare di una forza bellica impossibile da fermare. È il caso dell’allievo di Delacroix, Alphonse Marie de Neuville, o di Edouard Detaille, o ancora di Albert Bettannier e di Ernest Meissonier, le cui opere «riprendono il passato, ma si ricollegano al grande dibattito che segue la sconfitta».

20

Anche Daumier e Gustave Doré partecipano alla rilettura della vicenda bellica, ma in chiave allegorica, il primo, con

“La France-Prométhée et l’aigle-vautour” (fig. 5), il secondo con “La Défense de Paris” (fig. 6), “L’Aigle Noir de Prusse” (fig. 7) e “L’Énigme”.

21

Da parte tedesca, la guerra franco-prussiana diventa non soltanto il simbolo della sconfitta francese, ma anche il punto di partenza dell’unità nazionale. Il realismo pittorico, tipico della corrente “battaglista” e che già aveva caratterizzato la pittura francese, è presente anche nelle opere degli artisti tedeschi, in particolare di coloro che aderiscono alla “Scuola di Düsseldorf”, fondata da Friedrich Wilhelm von Schadow nei primi anni dell’800. Tra coloro che celebrano la vittoria tedesca, Wilhelm von Camphausen – che, nel suo “Napoleon III. auf dem Schlachtfeld von Sedan” del 1877, dipinge l’imperatore francese a cavallo, immobile e rassegnato (fig. 8) – e Georg Bleibtreu, che descrive un’azione corale delle truppe del Württemberg nella battaglia di Wörth (fig. 9). Proprio quest’ultimo aspetto rimanda al tema della fratellanza d’armi e dell’unità della nazione, finalmente raggiunta grazie al contributo di tutti gli stati tedeschi. Da tale prospettiva, molto significativa è l’opera di Louis Kolitz, “Am Abend von Gravelotte”, dedicata alla battaglia del 16 agosto 1870, in cui non è rappresentato alcun episodio bellico e anche i soldati tedeschi, i fanti della Pomerania, sono dipinti in raccoglimento, mentre attendono l’ordine dell’attacco. Sono proprio loro i protagonisti in primo piano della scena, mentre l’imperatore Guglielmo e il generale Moltke sono

20

F

ERRARI

Z

UMBINI

, Sedan nella pittura francese e tedesca, cit., p. 168.

21

Per la descrizione dettagliata delle opere di Doré, cfr. ibid., p. 174.

(11)

più lontani, pur se in posizione centrale.

22

Sulla stessa linea interpretativa della fratellanza d’armi è anche “Gefecht bei Stürzelbronn” (1905) di Louis Braun, che – pur privilegiando un singolo episodio – dipinge un cavallo al galoppo montato da due soldati, uno bavarese e un ussaro prussiano, mentre sullo sfondo si nota un altro cavallo caduto e dei soldati francesi che sparano. La “Bruderkrieg”, la “guerra fratricida” tra stati tedeschi del 1866, sembrava ormai superata e la Germania poteva ottenere l’unificazione sotto l’egida prussiana.

Il processo interno tedesco, in realtà, fu molto più complesso, a partire dalla denominazione che Guglielmo I avrebbe dovuto ricevere: “imperatore di Germania”, come pretendeva il kaiser, per rivendicare il suo dominio sull’intero impero, o

“imperatore tedesco”, consono al carattere di primus inter pares, già registrato nella Costituzione del Reich, annunciata sulla Gazzetta Ufficiale del 31 dicembre 1870, e proposto da Bismarck? Il 18 gennaio 1871, nel salone degli specchi della Reggia di Versailles, il cancelliere diede lettura del proclama al popolo tedesco nel quale il re di Prussia annunciava la sua volontà «di rinnovare e assumersi la dignità imperiale tedesca assopita da oltre sessant’anni».

23

L’arciduca del Baden si limitò a formulare salomonicamente la formula di proclamazione, annunciando: «Sua Maestà reale e imperiale, l’imperatore Guglielmo, evviva, evviva, evviva!».

24

4. Il Sedan-Panorama di Anton von Werner tra innovazione tecnologica e ricerca del consenso

Se l’ideale dell’unità politica, l’Einheit, era stato formalmente realizzato, occorreva ora costruire il consenso su un sentimento nazionale condiviso (l’Einigkeit), cosa non semplice perché tale processo presupponeva, da un lato, la capacità di coagulare le spinte nazionalistiche verso un obiettivo comune dal valore morale assoluto e, dall’altro, di tenere sotto controllo qualunque forma di dissenso e di pluralismo, considerati come

22

Sulla figura del capo dello stato maggiore von Moltke – soprannominato “il taciturno” (“der grosse Schweiger”) per la sua estrema riservatezza, spesso scambiata per superbia – si veda H. H

EYRIÈS

, Guerra franco-prussiana, Milano, R

CS

MediaGroup, 2016.

23

Cit. in F. H

ERRE

, a cura di, Bismarck, il grande conservatore, Milano, Mondadori, 1994, p. 264.

24

Ibid.

(12)

potenziali minacce all’unità dello stato. La costruzione del consenso trovò nel mondo dell’arte e della letteratura vasta eco.

25

Anton von Werner (1843-1915), direttore dal 1875 dell’Accademia di Belle Arti di Monaco di Baviera, rappresentò tra i primi la proclamazione dell’Impero tedesco (fig.

10), ma ciò che più conta ai fini della costruzione del consenso è la realizzazione del

“Sedan-panorama” (“La battaglia di Sedan”), presentato solennemente all’imperatore a Berlino il 1° settembre 1883. All’ingresso, i visitatori potevano acquistare per 2 centesimi la presentazione (fig. 11), in cui si leggeva: «Il dipinto circolare raffigura quel momento della battaglia di Sedan nel pomeriggio del primo settembre 1870, fra le tredici e trenta e le quattordici, allorché l’armata francese – e più precisamente il settimo corpo d’armata – circondata dall’ala sinistra dell’armata tedesca [...] e respinta sull’altopiano di Floing-Illy, compie l’ultimo disperato tentativo di sfondare le linee prussiane per aprirsi la via della ritirata. Uscendo sulla piattaforma, si abbraccia con lo sguardo la ridente valle della Mosa; in fondo, davanti al visitatore c’è il villaggio di Floing, occupato dai tedeschi a mezzogiorno e mezzo. Davanti alla chiesa avanza, uscendo dallo sfondo, la seconda compagnia dell’ottantaduesimo reggimento di fanteria.

Quivi: il capitano Bödicker, comandante del V battaglione cacciatori, la cui quarta compagnia è di riserva nel villaggio».

26

Ma che cos’è un “panorama”?

27

E perché viene utilizzato da von Werner per celebrare la nascita dell’Impero tedesco? La pittura dei panorami coincide cronologicamente con il secolo XIX e non viene più utilizzata probabilmente a partire dall’invenzione del cinematografo da parte dei fratelli Lumière, che, il 28 dicembre 1895, proiettano per la prima volta in pubblico il cortometraggio La Sortie de l’usine Lumière.

28

Il primo panorama conosciuto ritraeva una veduta di Edimburgo e il suo

25

Cfr. E. R

APONI

, Monumenti, nazionalismo e letteratura nella Germania bismarckiana e guglielmina.

Theodor Fontane e Felix Dahn, in «L’analisi linguistica e letteraria», XXVI, 3, 2018, pp. 91-114.

26

Cit. in S

TERNBERGER

, Panorama del XIX secolo, cit., p. 29.

27

Cfr. S. O

ETTERMANN

, The Panorama: History of a Mass Medium, New York, Zone Books, 1998.

28

Scrive Silvia Bordini: «[...] Altri Panorami [...] suggerivano agli spettatori l’illusione del movimento e

del viaggio attraverso macchinosi congegni che facevano scorrere gigantesche tele dipinte. Ma, per gli alti

costi e per la complessità degli allestimenti, e per i limiti, in fondo, degli effetti ottenuti, sia i Moving

Panoramas basati ancora sulla pittura sia quelli che tentavano la via dell’impiego di nuove tecnologie,

(13)

creatore, l’irlandese Robert Barker,

29

lo espose nel 1788, senza però ottenere il successo sperato. La tecnica era ancora imperfetta e la veduta era più una composizione di diverse parti del paesaggio che un vero e proprio panorama, come, per esempio, la veduta di Londra dagli Albion Mills del 1792 (fig. 12). Probabilmente, il primo quadro esposto in una sala circolare appositamente costruita fu quello che rappresentava la parata navale nelle acque di Spithead, dipinto tra il 1793 e il 1794. Panorami e diorami conquistano immediatamente il pubblico delle principali capitali dell’epoca, giungendo anche nella giovane Pietroburgo, dove, il 26 agosto 1804, viene installato il “Panorama di Parigi” sul Nevskij Prospekt vicino alla Biblioteca pubblica.

30

Ma fu il panorama di battaglie ad avere un grande impulso grazie ad un ufficiale francese, Charles Langlois, che aggiunse alla tecnica illusionistica della pittura panoramica una serie di elementi prettamente militari, aprendo così la strada a ciò che avrebbe poi realizzato Werner.

31

Langlois collaborò con l’americano Robert Fulton, l’eclettico pittore e inventore che, durante il suo soggiorno a Parigi intorno ai primi dell’800, costruì una rotonda in Rue des Panoramas, pur non essendo lui l’autore dei dipinti che vi furono esposti.

Le invenzioni e le innovazioni tecnologiche del XIX secolo furono numerose e molto importanti soprattutto nel campo della fotografia. Louis-Jacques-Mandé Daguerre,

quali la fotografia e il cinema, non riuscirono a sostenere il confronto con la potenzialità illusionistica e narrativa degli stessi strumenti che tentavano di incorporare. E proprio il cinema sostituì completamente i Panorami nel favore e nel consumo delle masse. relegato ad attrazione all’interno del transitorio microcosmo delle grandi Esposizioni Universali, lo spettacolo della veduta a trecentosessanta gradi cadde in disuso e fu dimenticato». S. B

ORDINI

, Appunti sul paesaggio nell’arte mediale, Milano, Postmedia, 2010, p. 31. Del Kaiserpanorama di Vienna parlerà anche Walter Benjamin, che li avrebbe definiti come

“acquari della lontananza e del passato”. Cfr. W. B

ENJAMIN

, Parigi, capitale del XX secolo, Torino, Einaudi, 1986, p. 8; I

D

., Infanzia berlinese, Torino, Einaudi, 1975, pp. 13-15.

29

Barker, la trascrizione del cui nome non è nemmeno attendibile al cento per cento, brevettò la sua invenzione sotto il nome significativo di La nature à coup d’oeil; in seguito, però, il brevetto fu confutato a favore di un professore di belle arti tedesco, Breysig, allievo di uno scenografo di Coblenza e autore di un saggio sulla prospettiva nel bassorilievo nel 1782. Sulla ideazione del primo panorama, peraltro rimasto allo stadio di progettazione, cfr. sia S. H

AUSMANN

, Die Erfindung der Panoramen, in «Kunst fur Alle», IV, 1889, p. 198 ss., sia A. D

EFERRIÈRE

, Fortgesetzte Nachrichten über die Panoramen, in Paris und Berlin, in «Journal des Luxus un der Modern», XV, June 1800, p. 408 ss. (entrambi citati in S

TERNBERGER

, Panorama del XIX secolo, cit., pp. 39-40, n. 2).

30

Cfr. A.

D

’A

MELIA

, Il trionfo della vista: i teatri ottici e i testi-passeggiata, in E

AD

., Paesaggio con figure. Letteratura e arte nella Russia moderna, Roma, Carocci, 2009, p. 54.

31

Cfr. Jean Charles Langlois 1789-1870. Le Spectable de l’histoire. Exhibition Catalogue, ed. par F.

R

OBICHON

et al., Musèe des Beaux-Arts, Caen (July 9 - October 17, 2005), Paris - Caen, Somogy -

Musée des Beaux-Arts de Caen, 2005.

(14)

allievo di Pierre Prévost (il primo pittore francese di panorami), apprese dal suo maestro le tecniche di allestimento delle scenografie teatrali dell’Opéra National di Parigi e, negli anni venti dell’ottocento, cominciò a sperimentare le tecniche di fissaggio delle immagini ottenute attraverso la camera oscura da lui già utilizzata per le scene teatrali, in collaborazione con Joseph Nicéphore Niépce, un inventore molto esperto dei processi di impressione.

32

Dopo la morte di Niépce, nel 1839 Daguerre mise a punto il dagherrotipo.

33

Ma la sua fama si collegò ben presto all’invenzione del diorama, un fondale realizzato con quadri dipinti e con luci che creavano delle illusioni di profondità. Inizialmente, il diorama era un vero e proprio spazio fisico, in cui il pubblico poteva, dietro pagamento, guardare grandi pitture semicircolari che rappresentavano paesaggi, monumenti o eventi storici.

34

Il diorama di Parigi di Daguerre, definito dai contemporanei una vera e propria “Salle de Miracle”, utilizzava il simbolismo della luce per far risaltare rappresentazioni di eventi sacri, come l’Ascensione, la Crocifissione o il Giudizio Universale alla stregua di prodigi o di eventi soprannaturali. Werner si ispirerà molto a tale aspetto, declinandolo in modo laico e utilizzandolo soprattutto per far risaltare le trombe o le sciabole dei militari prussiani.

La tecnica del panorama di Werner prevedeva la costruzione di una piattaforma, su cui si trovavano gli spettatori, che girava lentamente su se stessa (fig. 13). Già l’organizzazione dell’allestimento visivo fu fortemente promosso dall’imprenditoria tedesca e «il genere d’impresa corrisponde[va] al modello delle grandi mostre

32

Niépce aveva elaborato il procedimento della fotoincisione o eliografia, con cui riusciva a realizzare, dopo molte ore di posa, i cosiddetti “points de vue”, riprese fotografiche dalle finestre della sua casa.

33

Il processo di dagherrotipia consiste nell’esporre ad una fonte luminosa una lastra di rame, su cui è stato applicato uno strato d’argento, reso sensibile dapprima attraverso vapori di iodio e, poi, attraverso vapori di mercurio a circa 60°, eliminando i residui con una soluzione di sodio tiosolfato. La fotografia ottenuta, però, non poteva essere riprodotta e doveva essere conservata sotto una campana di vetro.

L’invenzione verrà brevettata con il nome di “dagherrotipo” in Inghilterra il 14 agosto 1839. Il 2 gennaio 1939, Daguerre realizzò, in forma di dagherrotipo, la prima fotografia della Luna. Il 7 agosto 1839, il re Luigi Filippo firmò il decreto di acquisizione dei diritti dell’invenzione e la contemporanea rinuncia al monopolio di essa.

34

Cfr. H. G

ERNSHEIM

- A. G

ERNSHEIM

, L.J.M. Daguerre: The History of the Diorama and the Daguerrotype, London, Secker & Warburg, 1956; R.D. W

OOD

, Daguerre and His Diorama in the 1830s:

Some Financial Announcements, in «Photoresearcher», 6, 1994/1995/1996, pp. 35-40, in

http://www.midley.co.uk/midley_pdfs/Diorama_Paris_Wood.pdf [ultima consultazione: 6 dicembre

2019]; F. C

ASI

, Storia del Diorama, in Atti del XXXV Convegno annuale S

ISFA

, Arezzo 2015, pp. 13-19,

in www.paviauniversitypress.it [ultima consultazione: 8 dicembre 2019].

(15)

industriali».

35

È lo stesso Werner a parlarne nella sua Autobiografia.

36

L’obiettivo non è soltanto quello di coinvolgere lo spettatore al punto da trasportarlo quasi fisicamente sul campo di battaglia in un giorno e a un’ora precisa, ma anche di renderlo partecipe di un evento – la proclamazione dell’Impero tedesco – che è stato una diretta conseguenza dello snodo bellico di Sedan. Il realismo della pittura del panorama avrebbe dovuto essere al massimo livello. Le gigantesche tele misuravano circa 1725 metri quadri (115 metri di lunghezza per 15 metri di altezza) ed erano presentate come “l’ora militare in cui era nato l’impero”.

37

Tra coloro che dipinsero le tele, oltre a Werner, anche Eugene Bracht – suo più stretto collaboratore – e altri tredici pittori tedeschi. Bracht dipinse foglia per foglia la chioma di un grande noce in primo piano, così come i tetti di ardesia di Floing. Werner – che durante la battaglia aveva avuto il permesso di assistervi – aveva meticolosamente annotato la grandezza e l’estensione del fumo della polvere da sparo dei cannoni e calcolato, sulla base dei documenti dello stato maggiore, le distanze esatte tra le diverse zone di combattimento e la sua postazione, che poi sarebbe stata quella dello spettatore del panorama. Non solo, ma volle sostituire l’illuminazione tradizionale utilizzata di solito per riprodurre il gioco di luci e ombre con la pittura del bianco e del nero, dopo aver modellato in rilievo e poi argentato e dorato armi e strumenti musicali, che così sembravano realmente brillare alla luce del sole. Allo stesso modo, inserì nel paesaggio dipinto dei frammenti naturali, come pietre, cespugli e attrezzi. Infine, la mancanza di qualsiasi cornice doveva intenzionalmente far dimenticare allo spettatore che ciò che era davanti ai suoi occhi altro non era se non un grande dipinto (fig. 14 e fig. 15).

L’esperienza visiva diventa, dunque, il nucleo centrale di tutto, il passaggio esperenziale per un coinvolgimento che deve diventare totale: lo spettatore deve

35

G. F

IORENTINO

, L’occhio che uccide: la fotografia e la guerra. Immaginario, torture, orrori, Roma, Maltemi, 2004, p. 61.

36

Cfr. A.

VON

W

ERNER

, Erlebnisse und Eindrücke 1870-1890, Berlin, Ernst Siegfried Mittler und Sohn, 1913.

37

Cfr. O. G

RAU

, Immersion and Interaction: From Circular Frescoes to Interactive Image Spaces, in

http://www.medienkunstnetz.de/themes/overview_of_media_art/immersion/1/ [ultima consultazione: 8

dicembre 2019].

(16)

trasformarsi «da passante a testimone oculare di eventi fondamentali, calato nella

“ridente valle della Mosa” e nel bel mezzo delle operazioni militari».

38

Come scrisse un giornale tedesco nel 1883, «il visitatore viene immediatamente preso, viene colto di sorpresa e istintivamente si ritira. Qualcuno ha paura di essere calpestato dagli zoccoli dei cavalli e sente l’impulso di arretrare. Polvere vorticosa e fumo sembrano riempire l’aria. Le trombe squillano, i tamburi suonano, suonano [...]».

39

Oliver Grau ha sostenuto che, grazie al coinvolgimento totale dell’osservatore, «il Panorama di Sedan rappresentava lo stato dell’arte dell’abilità tecnica contemporanea nell’arte dell’illusione e della conoscenza della fisiologia della percezione sensoriale, come formulata da Hermann von Helmholtz in una serie di conferenze su “La relazione tra ottica e pittura” nel 1871».

40

C’è un altro aspetto che, nella pittura dei panorami, e in quello di Sedan in particolare, dev’essere considerato, vale a dire la rappresentazione prospettica, che assegna una precisa collocazione spaziale al punto di vista dello spettatore. Si tratta di un tema molto importante, al centro già della riflessione teorica cinque-seicentesca e ripreso da molti studiosi nel novecento.

41

Erwin Panofsky, in particolare, parlava della prospettiva come di “un’arma a doppio taglio”, sempre oscillante tra due poli opposti:

«Essa crea una distanza tra l’uomo e le cose [...] ma poi elimina questa distanza, assorbendo in certo modo nell’occhio dell’uomo il mondo di cose che esiste autonomamente di fronte a lui; essa riduce i fenomeni artistici a regole ben definite [...]

ma d’altro canto le fa dipendere [...] [da] un “punto di vista” soggettivo».

42

La prospettiva del panorama è circolare: l’osservatore, posto al centro di una pedana

38

S

TERNBERGER

, Panorama del XIX secolo, cit., p. 30.

39

«Neue Preußische Zeitung - Kreuzzeitung», 205, September 4, 1883, p. 1.

40

G

RAU

, Immersion and Interaction, cit. Grau precisa che «la realtà virtuale è vista da molti oggi come un fenomeno completamente nuovo. Tuttavia, l’idea di trasportare il pubblico in uno spazio illusoriamente visuale e racchiuso non è nata con l’invenzione del computer, ma trova fondamento in una solida tradizione della storia dell’arte». O. G

RAU

, Into the Belly of the Image: Historical Aspects of Virtual Reality, in «Leonardo», XXXII, 5, Seventh New York Digital Salon, 1999, p. 365.

41

Cfr., a tal proposito, A. S

OMAINI

, L’immagine prospettica e la distanza dello spettatore, in I

D

., a cura di, Il luogo dello spettatore: forme dello sguardo nella cultura delle immagini, Milano, Vita & Pensiero, 2005; G. T

OMASI

, a cura di, La rappresentazione pittorica, in «Aesthetica Preprint», 87, dicembre 2009.

42

E. P

ANOFSKY

, La prospettiva come “forma simbolica”, in I

D

., La prospettiva come “forma simbolica”

e altri scritti, a cura di G.D. N

ERI

, Milano, Feltrinelli, 1995, p. 72.

(17)

mobile che ruota, diventa egli stesso il centro della scena rappresentata, mentre qualunque distanza risulta annullata insieme a ogni tipo di contemplazione distaccata e oggettiva. L’obiettivo è far sentire lo spettatore parte della rappresentazione visiva, partecipe dell’evento e, soprattutto nel caso del “Sedan Panorama”, profondamente coinvolto nella costruzione dell’impero tedesco. La circolarità, sotto questo punto di vista, diventa una sorta di insieme chiuso e accogliente, promettente e rassicurante per il futuro della nuova entità statuale che è nata. La tridimensionalità prospettica – che, nella tradizione artistica precedente, consentiva allo spettatore di guardare davanti a sé percependo la profondità della scena rappresentata – si arricchisce, nel panorama, dell’elemento della circolarità: chi guarda diventa egli stesso il punto focale del quadro, può girare su se stesso perché la pedana mobile lo porta a farlo e, dunque, può percepire a 360° la scena, diventandone egli stesso uno dei “protagonisti”. Si tratta, perciò, di un’operazione fortemente “immersiva” perché elimina qualunque distanza psicologica e fisica tra l’osservatore e la scena rappresentata

43

e che – grazie all’innovazione tecnologica – acquisisce una caratterizzazione fortemente “politica”: essere al centro del campo di battaglia, significa partecipare in prima persona all’evento, viverlo quasi con le stesse emozioni di chi vi aveva realmente combattuto, sentirlo sulla pelle e nel sangue come un momento cruciale di svolta nella storia del proprio paese. Non solo, ma la stessa forma circolare del dipinto (e della grande costruzione che lo accoglie) rafforza tale percezione: il circolo diventa un insieme chiuso che si fa sistema, che accoglie e protegge, ma che tende ad “escludere” chi resta fuori. È, dunque, un invito politico alla partecipazione e alla condivisione di un futuro prossimo che si sta per realizzare e che ha bisogno di mettersi alle spalle le precedenti divisioni statali, sociali, economiche per ottenere quella profonda unità organica espressa fino in fondo dal concetto di nazione tedesca.

43

Cfr. O. G

RAU

, Virtual Art: From Illusion to Immersion, London-Cambridge, The M

IT

Press, 2003, p. 6.

(18)

Il successo del “Sedan Panorama”, pertanto, non fu dovuto soltanto alla rappresentazione della battaglia – scelta come “istante decisivo”,

44

come “peripeteia” –, ma soprattutto al fatto che esso fu in grado di coinvolgere con forti emozioni gli spettatori,

45

rendendoli partecipi di un momento cruciale del percorso bellico che aveva poi portato alla proclamazione dell’Impero tedesco. Si trattò di un’esperienza mediatica

46

funzionale a creare quel necessario collante politico, non soltanto tra gli stati tedeschi, ma anche tra le classi sociali che erano parte della nuova realtà istituzionale.

44

Dell’“istante decisivo” avrebbe parlato il fotografo-autore Henri Cartier-Bresson come di un’unica immagine vigorosa e ricca, da cui si irradierebbe un contenuto contenente in sé l’intera storia. Cfr. H.

C

ARTIER

-B

RESSON

, Immagini al volo (1952), Palermo, Novecento, 2002. Il tentativo di teorizzare la rappresentazione della storia in un istante, nell’ambito della pittura, era già stato compiuto dal drammaturgo e critico tedesco settecentesco, Gotthold Lessing, che aveva sostenuto la necessità di rappresentare in modo ideale un evento complesso, mostrando l’“istante pregnante” della storia, in cui passato, presente e futuro potevano essere letti e riassunti “al primo sguardo”. Su tale argomento, cfr. R.

B

ARTHES

, Diderot, Brecht, Ejsenstein, in I

D

., L’ovvio e l’ottuso. Saggi critici III (1982), Torino, Einaudi, 1985, pp. 89-97.

45

Cfr. E. G

ILOI

, Monarchy, Myth, and Material Culture in Germany, 1750-1950, Cambridge, Cambridge University Press, 2011, p. 235.

46

Cfr. R. A

DELMANN

- A. F

AHR

- I. K

ATENHUSEN

- N. L

EONHARDT

- D. L

IEBSCH

- S. S

CHNEIDER

, eds.,

Visual Culture Revisited: German and American Perspectives on Visual Culture(s), Halem, Köln, 2014,

p. 105.

(19)

A PPENDICE ICONOGRAFICA

Fig. 1 - H. Daumier, Nouvelle suspension aèrienne, 1867

(20)

Fig. 2 - H. Daumier, L’Equilibre Europèen, 1866

Fig. 3 - Carte des États Désunis, 1864

(21)

Fig. 4 - Carta umoristica d’Europa nel 1870

Fig. 5 - H. Daumier, La France-Prométhée et l’aigle-vautour, 1871

(22)

Fig. 6 - G. Doré, La Défense de Paris, 1871

Fig. 7 - G. Doré, L’Aigle Noir de Prusse, 1871

(23)

Fig. 8 - W. von Camphausen, Napoleon III. auf dem Schlachtfeld von Sedan, 1877

Fig. 9 - G. Bleibtreu, Die Württemberger in der Schlacht bei Wörth, 1880

(24)

Fig. 10 - A. von Werner, Kaiserproklamation, 1871

Fig. 11 - Depliant illustrativo del Sedan Panorama

Fig. 12 - R. Barker, London Panorama from the top of the Albion Mills, 1792

(25)

Fig. 13 - Rotonda del Sedan Panorama, 1883 e Cross-Section of the Rotunda in Leicester Square, 1801

Fig. 14 - A. von Werner, Sedan Panorama, 1883

(26)

Fig. 15 - A. von Werner, Sedan Panorama, 1883

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