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N 2 RIVISTA DI ORIENTAMENTO NEL FOOD SERVICE ANNO XVI MARZO APRILE 2021 RICOTTA. armonica leggerezza

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Academic year: 2022

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RIVISTA DI ORIENTAMENTO NEL F O O D S E R V I C E

ANNO XVI MARZO APRILE 2021

RICOTTA

armonica leggerezza

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EDITORE Innovazione Srl Via Garibaldi, 93 06063 Magione (PG)

Tel. 075 8472263 Fax 075 8478170 UFFICIO PUBBLICITÀ [email protected] DIRETTORE RESPONSABILE

Laura Zazzerini REDAZIONE Corebook Multimedia & Editoria

[email protected] COORDINAMENTO

Cristina Panico COLLABORATORI Marilena Badolato

Rossano Boscolo Paolo Braconi Eleonora Cesaretti

CoReBooK Costa Group Emanuele Di Biase

Bruno Del Frate Gianluca Grimani

Luciano Loschi H.Pierre Christian Mandura

Elisa Maestrini Federico Minelli

Mirna Moroni Agnese Priorelli

Rita Rossetti Rodolfo Rotini Emilio Sabbatini

Amedeo Serva Alessandro Sorci Università dei Sapori

Fabio Toso Massimo Valeri IMMAGINE DI COPERTINA

Computer grafica di Giorgio Lupattelli PROGETTO GRAFICO E IMPAGINAZIONE Corebook Multimedia & Editoria

Numero chiuso in redazione il 17 febbraio 2021

EDITORIALE 9

NEWS 10

STORIA

Da Polifemo a Marziale: siero, latte 12 acido, ricotta greca e romana

TREND TOPICS

Le gustose varianti della ricotta 13 NUTRIZIONE

Cotta due volte: l'inconfondibile 15 sapore della ricotta

ECONOMIA

Un alimento dal sapore antico 16 SALTA IN MENTE

Cotte & Ricotte 19

SOMMARIO

www.rivistaorizzonte.com ANNO XVI – NUMERO 2

MARZO – APRILE 2021 Nr. iscrizione 45/2006 R.P. Tribunale di Perugia 01/08/06

ISSN2239-4176

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RICETTA

Ricotta 100% vegetale 23

TOP CHEF

Christian Mandura, 24

nuove regole in cucina MIXOLOGY

Il vergaro 27

ERBE PERDUTE

Foraging e Wild Food 28

CINEMA

La ricotta 30

della ristorazione FOTOGRAFIA

Il bello del brutto 52

LA SALA

L'interazione umana 54

come vantaggio competitivo SCOPRI

La seconda vita dei negozi di quartiere 56 ARTIGIANATO

Ceramiche Noi porta in tavola 59 il piatto antibatterico

(AS)SAGGI DI PSICOLOGIA

La funzione simbolica del cibo 60 nelle fiabe e nelle favole

IL GUSTO DI SAPERE

A cena coi protagonisti della 64 II Guerra Mondiale

TOURING CLUB

700 anni dalla morte di Dante 66 SOWTWARE IN TAVOLA

Nuove regole per la trasmissione 68 telematica dei corrispettivi

FISCO E PREVIDENZA

Tax credit beni strumentali nuovi 73 LEGGE

Dispositivi satellitari per l'auto 74 a noleggio e flotte aziendali

ENOGASTRONOMIA

Bianco, ma non solo 33

IL CESTINO DEL PANE

Pane di ricotta, pomodori, 34 olive nere e semi d'anice

SPAZIO ALLE REGIONI

Emilia Romagna 36

Lazio 38

Marche 40

Toscana 42

Umbria 44

COMUNICAZIONE

La comunicazione è servita 48

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Via Sacco e Vanzetti, 13 | Tel. e Fax 075 841693 | 075 8472391 | 075 841798 mail: [email protected] | [email protected] AGENTE GENERALE

Moreno Mrchesi

AGENZIA DI MAGIONE

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A cura di Laura Zazzerini DIRETTORE

L

anche molti dei lettori, soprattutto se appartenenti a qualche ge- nerazione fa – sono cresciuta mangiandone spesso e rimanendo sempre affascinata da un cibo tanto buono e bello senza essere necessa- riamente un dolce. Il suo candore, la morbidezza, l’aspetto di una soffice nuvola ci hanno sempre strappato un sorriso di gioia e di gusto. A mia madre poi piaceva di tanto in tanto raccontare – a me che ero una gran sognatrice – una storiella, per ricordarmi di rimanere con i piedi a terra:

si trattava di una favoletta che aveva per protagoniste una contadinella e una ricotta. Questa storia ha origini toscane e, pur cambiando il nome della contadinella – a volte è Marietta, altre Matilde e altre ancora Pie- rina, – conserva ovunque la stessa trama e soprattutto la stessa morale.

Eccola qui e come tutte le storie inizia con C’era una volta… C’era una volta una contadinella che viveva con i suoi genitori in grandissima po- vertà in una piccola capanna. Un giorno, in cambio dell’aiuto fornito per badare alle pecore, un suo vicino pastore le regalò una ricottina, che subito lei racchiuse in un cestino che mise sopra la testa. Si incamminò verso il mercato tutta contenta pensando: Ora vado in città e al mercato vendo la ricottina e con i soldi comprerò due uova. Metterò le uova sotto la chioccia e nasceranno due pulcini, poi questi pulcini cresceranno e divente- ranno due bei polli, grossi grossi. Venderò i polli e comprerò un’agnellina, la crescerò e lei mi darà due agnellini che farò crescere e poi venderò al mercato e comprerò una vitellina, che quando crescerà mi farà due vitellini e quando questi cresceranno li venderò e comprerò una bella casina con un terrazzino, mi ci metterò a sedere e la gente passando mi saluterà dicendo «buongiorno signorina!». Così pensando fa una riverenza per imitare il ringraziamen- to che si addice a una vera signorina. La ricotta cadde a terra facendo infrangere anche tutti i bei sogni della contadinella. E come tutte le sto- rie che le mamme raccontano hanno una saggezza profonda: è bello so- gnare, ma bisogna farlo con i piedi a terra! In realtà con i sogni la ricotta ci sta proprio bene perché – non so se lo sapete – ma nel libro dei sogni è simbolo di imminente prosperità, divertimento e festività. E alla ric- chezza e prosperità la associa anche l’antico detto veneto chi magna pui- na, poco camina ossia chi mangia ricotta, poco cammina e cammina poco perché altri in carrozza o in portantina lo trasportano, naturalmente. La ricotta vale come ricompensa del duro lavoro anche nel detto siciliano cu va a mannara mancia ricotta, ossia chi va al pascolo mangerà ricotta.

Ma forse l’associazione a ricchezza e prosperità è soprattutto dovuta al fatto che con essa si possono realizzare davvero un’infinità di piatti, sia dolci sia salati, spesso elaborati e ricchi ma sempre gustosissimi. Vi lascio con l’augurio di sognare tantissima squisita ricotta – e come non farlo dopo la lettura di questo numero, dove sono presenti, tra l'altro, nuovi contributi utili allo sviluppo del proprio business? Con la nuova rubrica di Corebook sulla comunicazione, andremo infatti a conoscere nel det- taglio tutti gli strumenti e i trucchi da utilizzare per distinguersi e farsi riconoscere nel vasto mondo del web. Buona lettura!

IL PROSSIMO NUMERO SARÀ DEDICATO AI PISELLI Visita il sito

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RICOTTA

armonica leggerezza

DA POLIFEMO A MARZIALE: SIERO, LATTE ACIDO, RICOTTA GRECA E ROMANA

di Paolo Braconi

Docente del Corso di Laurea Ecocal - Università degli Studi di Perugia

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rientarsi sul significato di ricotta è piuttosto facile: tolta la massa cagliata per farne formag- gio, il siero si riscalda ad alta temperatura, cioè si ricuoce, e ne viene a galla la ricotta. Tutto chiaro, apparentemente. Se si cominciano a leggere le centinaia di pagine web dedicate alla storia di questo prodotto collaterale al formaggio, però, si scoprono affermazioni che suscitano qual- che perplessità. Si sostiene, ad esempio, che la ricotta figuri nell’Odissea tra i prodotti caseari realizzati da Polifemo. In verità, nell’antro del Ciclope, Omero ci mostra una serie di vasi ricolmi di siero (oròs), ma non è affatto detto che questo sia destinato a fare ricotta. In altro passo del poema, infatti, lo stesso liquido è indicato come bevanda e, soprattutto, nella scena che mostra Polifemo mungere il gregge e cagliare subito metà del latte, l’operazione si svolge a temperatura ambiente; dunque non si cuoce né ri-cuoce alcunché. Il fuoco verrà acceso solo dopo, per illuminare l’antro per la cena, e sarà solo allora che Polifemo si accorgerà della presenza di Ulisse e compagni.

Se dunque la ricotta di Polifemo è una mera ipotesi, quella che si attribuisce a Columella e a Galeno è addirittura inesistente. Si afferma che Greci e Romani conoscessero la ricotta col nome di oxygala, tanto è vero che nel disciplinare della ricotta romana si legge: «Galeno che al cap. XVII del libro degli alimenti Della natura et vertù dei cibi (1572), precisa ciò che presso Galeno ed i Greci era detto oxygala è ciò che noi, ora chiamiamo ricotta». Ma, a parte l’evidente svista di un «Galeno che[...] precisa ciò che presso Galeno», annotiamo che è palesemente erronea: Galeno è il celebre medico greco del II secolo, pilastro della scienza medica antica e medievale. Al capitolo XV (non XVII) del III li-

RICOTTA, ARMONICA LEGGEREZZA

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bro della sua opera Sulle proprietà degli alimenti (che evidentemente non è del 1572), in effetti si parla dell’oxygala, che in greco indica semplicemente latte acido (e forse lo yogurt).

Un secolo prima di Galeno, l’a- gronomo romano Columella aveva descritto la preparazione dell’oxygala, utilizzando il nome greco in mancanza di termine analogo latino: lasciare inacidire per giorni il latte aromatizzato con erbe, spurgarlo periodicamente del siero e salarlo alla fine. Tutto a freddo. Risulta dunque erronea la citazione e infondata l’affer- mazione che l’oxygala greca sia la nostra ricotta.

Quanto alla ricotta romana, sareb- be forse stato più utile rivolgersi al poeta Marziale, che cita la massa recocta velabrensi foco (una mas- sa ricotta al fuoco del Velabro).

Sappiamo che il Velabro era un quartiere di Roma noto per un formaggio caprino affumicato (v. Orizzonte IX,2) e Marziale usa in altra occasione la parola massa (lactis alligati) proprio in ambito caseario. Dunque una massa re- cocta sembrerebbe proprio la più antica attestazione della parola nel senso che ci interessa: un co- agulo di massa lattea rappreso per ri-cottura. Il condizionale è d’obbligo poiché alcuni codici manoscritti che ci hanno traman- dato Marziale recano massa co- acta (rappresa) invece di recocta e dunque rimarremo col dubbio di questa più antica attestazione la- tina. Quanto alla Grecia, oggi ha il Manouri, l’Anthotyros e la Mizi- thra, classificati come prodotti da siero di latte (tyrogala) riscaldato ad alte temperature, con o senza aggiunta di acidificanti. Si noti che il termine moderno per siero di latte è tyrogala (e non più l’oròs di Omero). Ma tyrogala, condito con miele, compare già in Gale- no come rimedio; che sia proprio questo uno degli antichi nomi del- la ricotta greca?

TREND TOPICS

LE GUSTOSE VARIANTI DELLA RICOTTA

di Eleonora Cesaretti

Giornalista e Dottoressa in Informazione, Editoria e Giornalismo

I L P R E S I D I O S LO W F O O D

Tra gli innumerevoli prodotti tutelati dalla Fondazione Slow Food, spic- ca la ricotta salata della Valnerina, un prodotto squisitamente umbro legato alla pratica della transumanza. Una parte di questa ricotta costi- tuiva l’ingrediente principe del tradizionale piatto o scotta, una zuppa di pane e siero arricchita appunto di ricotta fresca. La parte restante veniva messa in un sacco di canapa, strizzata per eliminarne i liquidi, salata e lasciata asciugare appesa in cantina o nei locali di stagionatura del formaggio. Una variante prevede che la ricotta sia ricoperta non solo con sale, ma anche con crusca e con erbe spontanee.

Questo formaggio a forma di pera, dalla pezzatura media di 750 g, viene dunque stagionato dai 15 giorni ai 5 mesi, fino all’ottenimento di una pasta bianca e compatta. Se poco stagionato, si consuma con olio e pepe, altrimenti è ottimo grattugiato sulla pasta, sulle minestre o sull’acquacotta umbra (una zuppa con pane casareccio raffermo imbe- vuto con una minestra di pomodori, cipolle e menta).

M A N I D I R I C OT T A

Te ghé e man de puina è un’espressione veneta che significa avere le mani di ricotta. In realtà la puina, originariamente, indicava un sottopro- dotto del formaggio a base di albumina e globulina ottenuto facendo bollire il siero di latte. Le proteine, coagulando, formavano una pasta molle che veniva raccolta e fatta sgocciolare in un panno. Non si tratta proprio di ricotta, ma il termine ha finito per indicare proprio il nostro latticino, tanto che la tradizionale torta de puina – a base di farina, zuc- chero semolato, nocciole e cioccolato – vede come ingrediente princi- pale proprio la ricotta vaccina.

D I V E R S I G U S T I P E R D I F F E R E N T I V A R I E T À

La ricotta più diffusa è senza dubbio quella vaccina, dal gusto estre- mamente delicato, adatto a condire la pasta o a essere assaporato al naturale. Quella di pecora ha invece sapore e odore più forti, e si presta a ricette salate – come nei più classici ravioli – o a quelle dolci, condita con zucchero, miele, marmellate o cacao.

La ricotta di capra è invece ottima da consumare al naturale ed è rac- comandata per bambini e sportivi poiché ricca di proteine; va tuttavia assunta con moderazione in quanto contiene grassi saturi e colesterolo.

Chiudono l’elenco la ricotta di bufala e quella di latte misto – vaccino e ovino – ottime entrambe al naturale o come aggiunta gustosa a piatti salati.

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l termine ricotta significa cotta due volte, in quanto le proteine e il grasso che vanno a costituire que- sto prodotto subiscono due riscaldamenti: il primo per la produzione del formaggio e il secondo per l’ot- tenimento della ricotta, attraverso il riscaldamento del siero residuo della lavorazione. La ricotta presenta caratteristiche diverse a seconda del latte e del tipo di formaggio da cui deriva, nonché dalle diverse zone di produzione.

In genere destinato a un consumo immediato, questo prodotto può anche subire un periodo di stagionatura per favorirne la conservazione (ricotta salata).

Le proteine del latte coinvolte nella formazione della ri- cotta sono le sieroproteine (globuline e albumine) e in genere sono circa 9 g per 100 g.

Tra i formaggi la ricotta di mucca è quella con il minor quantitativo di grassi (10,9 g per 100 g), più elevati

nella ricotta di pecora (11,5 g per 100 g) e ancora di più in quella di bufala (17,3 g per 100 g). Trattandosi di un latticino, abbiamo un buon contenuto di calcio (295 mg per 100 g) e fosforo (237 mg per 100 g), con un moderato apporto calorico.

di Elisa Maestrini

Dietista, Specialista in Scienze dell’Alimentazione e della Nutrizione Umana

COTTA DUE VOLTE.

L'INCONFONDIBILE SAPORE DELLA RICOTTA

COMPOSIZIONE CHIMICA E VALORE ENERGETICO PER 100 G

DI PARTE EDIBILE

Acqua (g)

Potassio (mg) Proteine (g)

Ferro (mg) Lipidi (g)

Calcio (mg) Carboidrati(g)

Fosforo (mg) Sodio (mg) Energia (Kcal)

75,7

119 8,8

0,4 10,9

295 3,5

237 146 78

Tabelle di Composizione degli Alimenti - INRAN (Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione) Tiamina (mg)

Vit. A (retinolo eq. µg) Vit. E (mg)

Colesterolo (mg)

128 0,21

57 Ricotta di mucca

74,1

98 9,5

0,3 11,5

166 4,2

153 157 85

0,03 260 42 Ricotta di pecora

67,3 10,5 17,3

340 3,7

380 212 Ricotta di bufala

NUTRIZIONE

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RICOTTA, ARMONICA LEGGEREZZA

U N A L I M E N TO D A L S A P O R E A N T I C O

di Manuel Vaquero Piñeiro

Professore Associato di Storia Economica all'Università degli Studi di Perugia

L

a ricotta, pietanza soltanto in apparenza sempli- ce, ci induce a evocare nell’immediato il mondo dei pastori e della transumanza delle greggi che, muovendosi senza sosta da nord a sud lungo la peni- sola italiana, hanno lasciato un’impronta indelebile nel paesaggio e nel patrimonio culturale. Quasi certamente persino le origini di Roma vanno ricondotte agli sposta- menti delle pecore dagli Appennini fino ai pascoli della pianura laziale. Si crearono le condizioni per un incrocio profondo di popoli e culture. Da allora, a volte in forma di mito a volte attraverso la realtà dei fatti, la pastorizia ovina ha scritto pagine fondamentali nella storia italiana.

A Lucera, nel 1447, il re Alfonso I d’Aragona creò la Do- gana delle pecore, istituzione la quale, a metà del XVI secolo, gestiva più di 5,5 milioni di capi di bestiame che ogni anno si muovevano tra la primavera e l’autunno dai pascoli pugliesi fino agli altipiani abruzzesi.

Ancora oggi, a testimonianza concreta dell’incessante movimento di uomini e bestie, ci sono i tratturi, una capillare rete di percorsi adibiti al passaggio degli anima- li. La lunghezza dei principali tratturi offre la possibilità di rendersi conto dell’impatto che ebbe la transumanza sulle regioni meridionali, contribuendo alla creazione di uno specifico paesaggio organizzato in funzione dello spostamento annuale di milioni di armenti. Queste vie erbose erano il Tratturo del Re, tra L’Aquila-Foggia, di 243 km; il tratturo tra Celano e Foggia di 207 km; il

tratturo tra Pescasseroli e Candela, 211 km; il tratturo tra Castel di Sangro e Lucera di 127 km. In questo senso, e a rimarcare la dimensione culturale che assume oggi la traccia lasciata dalla pastorizia, sono carichi di sugge- stioni gli scavi della città di Saepinum (Sepino), luogo attraversato dagli animali nel momento di percorrere il tracciato della vecchia strada romana, la cui disposizione è concepita in modo tale da costringere il passaggio sotto l’arco della porta di Bojano, costruito nell’anno 4 a.C.

In Italia la transumanza entra in crisi con la nascita del Regno d’Italia. I pascoli demaniali subiscono un proces- so di privatizzazione e le pecore vengono accusate di essere un pericolo per l’agricoltura. Le bonifiche com- piute in nome del progresso cambiano il volto delle terre di pianura, i pastori progressivamente diventano sempre di meno e la transumanza finisce per essere identificata con un tipo di economia superata e antiquata. Tuttavia non tutto si è perso. A tramandare la memoria, anonima e silenziosa degli uomini, rimangono centinaia di luoghi di sosta, santuari, torri di avvistamento, recinti, storie da raccontare. Una realtà carica di implicazioni – non da ultimo nell’ottica della biodiversità e del rispetto am- bientale – tanto che nel 2019 l’UNESCO ha proclamato la transumanza patrimonio culturale immateriale dell’u- manità. Un prestigioso riconoscimento che concorre a mantenere viva l’identità di un cibo ricco di sapori an- tichi. 

ECONOMIA

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on un sapore più delicato degli altri pecorini, questo formaggio si impone, da un punto di vi- sta gastronomico, nelle zone vocate alla pasto- rizia, dove assume anche i contorni di cibo rituale per le ricorrenze religiose. Non a caso usare il plurale per definire la ricotta è un modo molto condiviso. Non è propriamente un formaggio (nemmeno per la norma- tiva italiana), ma un derivato dalla lavorazione del siero, un sottoprodotto del latte, soprattutto di pecora.

Diversi sapori, diverse consistenze e stagionature, di- verso approccio al palato (dolce o salato, morbido o piccante), presenta peculiarità che variano da luogo a luogo.

Dalla preparazione base partono infinite varianti. Le più conosciute (alcune addirittura DOP) sono:

• ricotta romana, forse la più conosciuta nel Centro Italia, presenta delle varianti che vedono ora l'aggiun- ta al siero di una piccola quantità di latte intero, ora la realizzazione con siero misto (pecora e vacca) oppure esclusivamente vaccino. In questo ultimo caso non la si considera adatta per la preparazione di dolci. Ha la classica forma di tronco di cono.

• ricotta piemontese (seirass): realizzata alla stessa ma- niera di quella romana, si differenzia da quest’ultima per la forma a cono appuntito e viene venduta in pez- zi di circa 1 kg. Viene gustata freschissima come latti- cino da tavola, insaporita con olio d’oliva, sale e pepe.

• ricotta del Sud Italia: condivisa soprattutto da Puglia e Basilicata, varia dalle precedenti per la stagionatura che dura circa un mese, durante il quale viene trattata con del sale fino. Alla fine del processo, acquista un colore paglierino e un sapore più intenso. Si utilizza per condire pasta e pizze, oltre che spalmata sul pane con l’aggiunta di olio di oliva.

• ricotta tosta (o cacio-ricotta), sempre di pertinenza del Mezzogiorno, viene lasciata stagionare più a lungo e si usa grattugiata sulla pastasciutta.

• ricotta marzotica, così definita perché deriva dal latte delle pecore che pascolano libere nel mese di marzo, è una ricotta conservata tra le foglie di piante o erbe aromatiche. Salata, si gusta sola o come companatico.

• ricotta infornata, realizzata in Sicilia con siero di pe- cora (ma vi può essere aggiunto anche latte di capra o vacca). Viene lasciata asciugare al sole oppure in forno a legna (con il tipico aroma che ne consegue). È in- grediente specifico nella classica pastasciutta siciliana con le melanzane o alla Norma.

• ricotta iblea, sempre in Sicilia, intorno a Modica, questa ricotta prende il nome dalla famiglia bovina selvaggia autoctona. Il prodotto può avere un latte misto derivante da varie razze purché al siero si ag- giunga il 10% di latte intero e crudo, che dona dei sentori tipici della vegetazione e dei fieni locali.

Nelle usanze della dorsale appenninica (soprattutto umbro-marchigiana) sono ancora sentite le tradizioni gastronomiche che si rifanno ad antiche ritualità reli- giose. Ad esempio a Cascia, nel giorno della ricorrenza di Sant’Antonio Abate (17 gennaio) si distribuiscono ai fedeli porzioni di ricotta condita con liquore, così come nelle frazioni circostanti i pastori, in occasione dell’Ascensione, offrono ai loro paesani la cagliata o la giuncata, spolverate con zucchero e cannella triturata.

Ultima notizia curiosa: fino a qualche anno fa, nella medicina popolare, come rimedio alle fratture o alle slogature, erano contemplati impacchi oppure bagni con la scotta, cioè il liquido ancora tiepido rimanente nella caldara dopo aver prelevato tutti i fiocchi di ri- cotta.

COTTE & RICOTTE

di Bruno Del Frate

Responsabile di Produzione Edizioni Frate Indovino

SALTA IN MENTE

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RICOTTA, ARMONICA LEGGEREZZA

Tutti i migliori ingredienti più uno...

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Importatore Esclusivo Italia e Francia

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rofumo di latte, morbidezza e pastosità insieme.

La ricotta avvolge di sé il palato con una con- sistenza leggermente granulosa e quel dolciastro che crea una piacevole agnizione gustativa. E quella di pecora è spumosa fatta con il latte dal sapore – cito –

«paradisiaco».

Antichissima e pur così attuale, la ricotta appare già nell’Odissea lavorata e stagionata nel suo antro dal ci- clope Polifemo, e il mondo romano ne fa largo uso: è ingrediente fondamentale della torta placenta (dal gre- co plakous-torta) descritta da Catone nel suo De Agri Cultura, una focaccia multistrato di sfoglie di farina di grano e di farro, ricotta e miele, cotta fino alla giusta consistenza.

Nel 1267 la ricotta è citata in una Miscellanea valdo- stana con il nome di seras, termine derivato da siero.

E oggi il Saras del fen è una piccola ricotta morbida tipica delle valli valdesi, con sentori erbacei di fieno e lattiginosi che si intensificano via via che aumenta la stagionatura, che è splendida con marmellata di mir- tilli o di sambuco. Mentre il Salignön della Val d’Aosta è una ricotta cremosa dal sapore piccante e speziato, ottenuta dal siero arricchito con latte o panna.

E come non citare la ricotta siciliana, ingrediente dei tanti dolci dell’isola, la cui storia è ampiamente illustra- ta già dallo storico Antonio Uccello, che ne descrive

minuziosamente la lavorazione e gli utensili utilizzati.

E ancora la tipica Ricotta di bufala campana, che ha origini risalenti al XIV secolo, ed è citata in letteratura persino da Bartolomeo Scappi, cuoco della Corte pa- pale.

Fino a pochi anni orsono, i pastori umbri della Valne- rina, nelle aree di sosta della transumanza, offrivano in scodelle improvvisate ricotta calda su fette di pane: la tradizionale scotta, una zuppa di pane e siero ricotto, servita col cucchiaio. Un piatto sincero, con un emozio- nante sapore d’infanzia. La ricotta, in queste zone, veni- va anche salata e lasciata asciugare appesa in cantina o nei locali di stagionatura del formaggio. Nasceva così la ricotta salata, dalla tipica forma a pera dovuta alla sacca di tela dove veniva collocata ad asciugare, larga alla base e stretta all’imbocco.

Cotta due volte (dal latino recoctus), la ricotta è sem- plice e rassicurante, e facile da mangiare: a colazione, a merenda, come dessert, naturale o condita, accompa- gnata da miele, marmellata, da cacao, da zucchero, da alchermes, rum o limoncello. Per secoli la ricotta è stata considerata il formaggio dei poveri perché capace, in- sieme a una fetta di pane, di sopperire al fabbisogno nutrizionale delle classi meno abbienti, fornendo un buon nutrimento a un costo contenuto. 

Computer grafica di Giorgio Lupattelli

SOCIETÀ

UN EMOZIONANTE SAPORE D'INFANZIA

di Marilena Badolato

Antropologa, Scrittrice, Giornalista e Critico Enogastronomico, Blogger

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RICOTTA 100% VEGETALE

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I N G R E D I E N T I:

200 g di anacardi · 15 g di succo di limone · 15 g di tahina

· 5 g di sale · 10 g di lievito in scaglie · 75 g d'acqua· 50 g di olio di cocco.

P R O C E D I M E N T O:

Mettere per 8 ore gli anacardi in ammollo con abbondante acqua fredda. Poi scolarli e unirvi tutti gli altri ingredienti, frullandoli bene. Porre in frigorifero per un giorno.

Q

uesta gustosissima alternativa alla ricotta si presta a essere consumata sia al naturale sia come ingrediente nelle varie pietanze. Si conserva in frigorifero per 4-5 giorni chiusa in scatola ermetica.

VEGAN MASTER EMANUELCHEFE DI BIASE

RICETTA

L O C H E F:

Appassionato di cucina e pasticceria fin da piccolo, Emanuele Di Biase nel 1989 diventa apprendista pa- sticcere presso il Jolly di Prato e al contempo frequenta la scuola professionale di pasticceria e cucina IAPAF di Firenze, dove ottiene il diploma in un solo anno. Grazie a questi ottimi risultati riceve numerosi premi, che però non saranno né i primi né gli ultimi. Nel 1990 entra a far parte dello staff di Luca Mannori e, tra il 2003 e il 2016, viene insignito di preziosi riconoscimenti, tra cui si annoverano 5 medaglie d'oro agli Internazionali d'Italia, un argento ai Mondiali di Lussemburgo e nu- merosi premi come Vegan Chef. Emanuele Di Biase è oggi consulente pastry chef per esercizi commerciali, di- rettore della Vegan Ok Academy, docente presso la scuo- la di pasticceria e gelateria Atheneum Comprital, presso l'Università dei Sapori di Perugia e presso la scuola dei Tessieri di Firenze, nonché socio onorario dell'associa- zione Assovegan.

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RICOTTA, ARMONICA LEGGEREZZA

di Agnese Priorelli Giornalista

CHRISTIAN MANDURA, NUOVE REGOLE IN CUCINA

C

hristian Mandura è uno chef giovane, con le idee chiare e innovative, e con mol- ta esperienza alle spalle. Nato a Torino nel 1990, è praticamente cresciuto tra i fornelli: la madre Annamaria infatti, cuoca autodidatta, cucinava in casa in un home restaurant ante litteram.

Da qui ha preso forma la sua passione e ha iniziato a fare esperienze all’interno di impor- tanti cucine, sia in Italia sia in Europa. Tra queste va annoverata quella del Cambio di Torino – ristorante stellato Michelin guidato da Matteo Baronetto – in cui è stato commis de cuisine; rilevante anche la sua esperienza nella cucina del Noma di Copenaghen (due stelle Michelin). In seguito ha gestito i fornelli serali del ristorante di famiglia Il Ge- ranio, a Chieri (Torino), che offre piatti contemporanei di alto livello e che basa la sua filosofia nel rispetto delle materie prime, con lo scopo unico di valorizzare i prodotti del territorio.

Oggi è chef nel suo ristorante Unforgettable, nel centro storico di Torino, un luogo in cui i tanti tavoli sono sostituiti da uno unico dove si siedono dieci ospiti e dove il concetto della tipica ristorazione si capovolge, perché la verdura a chilometro zero è la vera protagonista, i carboidrati sono praticamente assenti e le proteine sono solo un contorno.

TOP CHEF

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I N G R E D I E N T I P E R L A PA S TA F R E S C A :

100 g di tuorlo d'uovo · 100 g di farina 00 · 100 g di semola rimacinata · 10 g di olio · 30 g d'acqua.

P R O C E D I M E N T O:

Impastare in planetaria o a mano tutti gli ingredienti della sfoglia fino a otte- nere un impasto liscio; far riposare in frigo per circa due ore.

Unire in una boule la ricotta, un pizzico di sale e la scorza dei limoni. Lavo- rare con una frusta e mettere in una sac à poche.

Sbollentare i piselli in acqua bollente per tre minuti, farli raffreddare in acqua e ghiaccio e poi scolarli e frullarli con l’olio per sei minuti.

Stendere la sfoglia allo spessore di due millimetri, disporre il ripieno distan- ziato di circa tre centimetri e chiudere la sfoglia. Con l’aiuto di una coppa- pasta ricavare i bottoni.

Cuocere per circa quattro minuti.

Stendere sul piatto della crema di piselli e disporre i bottoni in maniera ir- regolare.

«È un posto in cui concentrarsi sull’atto pratico del cucinare, lontano da mode, schemi e stili che non mi appartengono. Ab- biamo per anni messo al centro il nostro ego, in lunghi menu degustazione che non fanno al- tro che autocelebrare il cuoco, sempre più narciso e sempre meno artigiano. In questo luo- go ho spostato al centro il ve- getale per servire carne e pesce solo come contorno» spiega lo chef Mandura.

La filosofia del locale è ben chiara ed è stata concepita dopo aver ascoltato e parlato con tante persone che hanno portato lo chef «a cucinare fuo- ri dalle cucine».

«In un periodo della mia vita mi sono chiesto se aveva sen- so quello che stavo facendo, e dopo aver risposto alla do- manda sono partito per creare questo ristorante, in cui l’ospite vive un’esperienza gastronomi- ca decisamente particolare. Il menu degustazione – unico e senza scelta – viene servito al social table in un’ora e mezza: le persone seguono la preparazio- ne, che ha come fulcro princi- pale il prodotto vegetale, con le proteine messe in secondo pia- no. Tutte le verdure vengono coltivate espressamente per noi da giovani agricoltori di Chieri, che considerano fondamentali l’etica e la sostenibilità» prose- gue lo chef.

Un ristorante e una filosofia davvero particolari, che rendo- no il cliente protagonista anche della preparazione, rigorosa- mente green.

«Quando mi sono reso con- to di aver realizzato qualcosa di nuovo, di sostenibile e che guardava al futuro, ho sentito un brivido lungo la schiena»

conclude Mandura.

BOTTONI DI RICOTTA, LIMONE

E PISELLI

I N G R E D I E N T I P E R I L R I P I E N O:

500 g di ricotta · 5 limoni.

I N G R E D I E N T I P E R L A C R E M A D I P I S E L L I:

300 g di piselli sgranati freschi · 25 g di olio extravergine d’oliva.

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RICOTTA, ARMONICA LEGGEREZZA

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a ricotta, conosciuta già dai popoli antichi e presente in tantissime ricette – dagli antipasti ai dolci – si può consumare essiccata, affumicata, salata e come prodotto fresco.

Oggi ho creato un cocktail a base di caffè, abbinato a una fetta di pane tostato spalmato di ricotta fresca.

di Emilio Sabbatini Barman

IL VERGARO

C AT E G O R I A : Digestivo a tutte le ore.

I N G R E D I E N T I:

4 cl di caffè espresso · 2 cl di brandy · 2 cl di caffè moka Var- nelli · 1 cl di sciroppo di zucchero · 1 cl di latte di mandorla.

P R O C E D I M E N T O:

Versare tutti gli ingredienti nello shaker con ghiaccio cristallino. Shakerare vigorosamente e versare il tutto in un bicchiere ballon, filtrando il ghiaccio.

Questa ricetta si può servire anche calda.

D E CO R A Z I O N E:

Decorare con polvere di caffè.

MIXOLOGY

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RICOTTA, ARMONICA LEGGEREZZA

O

ggi le figlie e i figli dei supermercati, del tut- to-disponibile-ovunque e delle fragole al sapore di patate, stanno invertendo la rotta con il Fo- raging, rimettendosi a battere il sottobosco alla ricerca di cibo spontaneo: erbacce mangerecce, frutta e bacche selvatiche, linfa di piante arboree, funghi, ecc.

Credevamo che  il fenomeno Wild Food  (Cibo Sel- vatico) fosse solo in Scandinavia, tra cortecce, alghe, licheni e muschi impiattati da Renè Redzepi, lo chef di Copenaghen co-proprietario del ristorante  Noma (nordisk  e mad, ossia  nordico  e  cibo), eletto per ben quattro volte miglior ristorante del mondo secondo la classifica annuale  The World’s 50 Best Restaurants.

Redzepi è noto in particolare per la sua ridefinizione di nuova cucina nordica, incentrata su prodotti selvatici del territorio nordeuropeo e su una grande e accurata pulizia di sapori e piatti.

C’è però anche a casa nostra un movimento food cul- tural e geo-gastronomico  molto ampio e articolato, e riguarda il mangiare, il bere, il conservare e il vivere.

Non è facile tracciarne i confini esatti, ma c’è un

fondo comune di valori  come la sostenibilità, il ri- spetto della natura, delle stagioni e anche di pra- tiche  come il Foraging, cioè la raccolta dei prodotti spontanei della flora. Di esempi ce ne sono soprat- tutto nel nord Italia: Valeria Margherita Mosca lan- cia  una bibita in lattina tutta naturale,  una soda di abete  frutto degli scarti delle foreste di abete rosso.

Stefano Basello, nel suo Friuli, impasta anche il pane con le farine cosiddette di sussistenza della tradizione montanara, ricavate da licheni e corteccia interna di abete rosso e bianco, facendolo anche con gli alberi devastati dalla tempesta Vaia. A dimostrazione che, quando l’uomo coopera con l’ambiente, tutto cambia.

Le diverse soluzioni dipendono dai prodotti spontanei reperibili nei vari luoghi.

In Umbria, cuore verde dell’Italia, abbiamo una biodi- versità spontanea unica e irripetibile in altre regioni ed è su questo che la ristorazione dovrebbe investire per la realizzazione di un Wild Food a marchio Umbria.

Possiamo iniziare con tipico e selvatico: dei salutari gnoc- chi alla ricotta con pesto di erbe.

di Luciano Loschi

Presidente Accademia Piante Spontanee

FORAGING E WILD FOOD

I N G R E D I E N T I P E R 4 P E R S O N E:

500 g di ricotta di pecora · 50 g di maizena · 25 g di fecola di patate · 1 uovo · 50 g di parmigiano reggiano grattugiato

· 8 cucchiai di olio extravergine d'oliva · 40 g di mandorle.

P R E PA R A Z I O N E:

Mescolare ricotta, uovo, maizena, formaggio, fecola, buccia di limone grattugiata e sale. Far riposare l’impasto.

GNOCCHI DI RICOTTA CON UN PESTO CRUDO DI ERBE SPONTANEE

In un frullatore inserire un mix di erbe spontanee: Pim- pinellone, Pimpinella, Rughetta selvatica, Caccialepre, Cassella e Ginestrella, oltre a olio extravergine d’oliva, sale, mandorle, parmigiano.

Frullare fino a ottenere una salsa compatta. Con l’im- pasto di ricotta fare delle palline da cuocere in acqua salata. Scolare direttamente nel piatto e condire con il pesto crudo selvatico.

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ERBE PERDUTE

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RICOTTA, ARMONICA LEGGEREZZA

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N

el 1963 venne distribuito nelle sale il film a episodi Ro.Go.Pa.G., diretto da ROsselli- ni, GOdard, PAsolini e Gregoretti (il titolo è composto dalle iniziali dei registi); l’episodio diretto da Pasolini, della durata di poco più di mezz’ora e dal tito- lo La Ricotta, è il più riuscito e narra la storia di Stracci (Mario Cipriani), una comparsa che interpreta la parte del ladrone buono in un film sulla passione di Cristo che si sta girando in un grande prato nella periferia di Roma (la parte del regista è interpretata dal grande Or- son Welles).

Le scene della troupe sono in bianco e nero, quelle del film in corso di realizzazione sono invece a colori;

nella realtà (filmica) il povero Stracci è un sottoproleta- rio perennemente affamato che, per nutrire la famiglia e sé stesso, escogita qualche stratagemma e, dopo una serie di vicissitudini, riesce finalmente a consumare un lauto pasto a base di ricotta. Poi però, proprio sul set, muore sulla croce per indigestione.

Le tribolazioni di Stracci si possono paragonare a una via crucis, il riferimento al film nel film è evidente;

sono presenti però anche alcune sequenze che crearo- no scandalo e che vennero censurate: quella di Stracci che ha un orgasmo sulla croce, quella dello spogliarello

dell’attrice che interpreta la Maddalena e quelle della crocefissione e della deposizione, intervallate dalle risate della troupe. Ce n’era abbastanza insomma, per far in- furiare, all’epoca, un po’ tutti.

Il film infatti venne sequestrato e Pasolini condanna- to per vilipendio della religione di Stato; lui lo aveva previsto e rincarò anche la dose, con l’aggiunta di una didascalia all’inizio dell’episodio («Non è difficile pre- vedere per questo mio racconto dei giudizi interessati, ambigui, scandalizzati. Ebbene, io voglio qui dichiarare che, comunque si prenda La ricotta, la storia della pas- sione – che indirettamente La ricotta rievoca – è per me la più grande che sia mai accaduta, e i testi che la raccontano i più sublimi che siano mai stati scritti»).

Venne prosciolto solo l’anno seguente e il film venne finalmente restituito alle sale, anche se censurato. La recensione di un film di Pasolini richiederebbe ben altro spazio (tanto per capire, Tomaso Subini, storico e criti- co del cinema all’università di Milano, ha dedicato un intero libro unicamente all’analisi di questo breve ma complesso episodio).

Mi limito perciò semplicemente a consigliare la visione della pellicola, come anche dell’intera filmografia del grande intellettuale bolognese.

di Rodolfo Rotini

LA RICOTTA

CINEMA

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a ricotta è un prodotto della tradizione casearia italiana preparata lavorando il siero di latte che si crea dalla cagliata: questo gli conferisce delle ca- ratteristiche organolettiche molto particolari, una con- sistenza è morbida e un sapore, sempre delicato, che è più o meno accentuato a seconda del latte di provenien- za. La tendenza dolce è molto evidente, mentre appena accennata risulta essere la grassezza insieme a una deli- cata sapidità; può essere più decisa l’aromaticità so- prattutto se è stato utilizzato latte ovino. Nell’insieme, la sua struttura risulta modesta. Con un alimento con queste caratteristiche, l’ideale abbinamento va ricercato con vini bianchi di corpo leggero, dotati di profumi freschi e di ottima verve acida. Il modo migliore per consumare la ricotta in tutta la sua bontà è al naturale:

l’ideale è spalmarla su una fetta di pane fresco, accom- pagnata con un Müller Thurgau della Val di Cembra ricco delle note proprie di un vitigno semiaromatico.

La ricotta è però molto versatile e può essere utilizzata in cucina in differenti maniere. Per un primo veloce, si può condire la pastasciutta con qualche cucchia- io di ricotta, resa cremosa da poche gocce di acqua di cottura della pasta con un giro di pepe. Il risultato sarà dato dalla somma delle caratteristiche della ricotta, dalla decisa tendenza dolce della pasta e da un aumento del profumo, vista l’aggiunta del pepe. In definitiva il qua- dro complessivo della struttura si amplia leggermente e può giustificare la scelta di un vino bianco, magari un pochino più deciso nel corpo. Un Soave Classico o un Roero Arneis potranno essere un ottimo accompagna- mento.

Poco cambia nella logica della scelta del vino se si pensa alle tante paste ripiene realizzate proprio con la ricotta.

In generale i vini bianchi di corpo, decisi nel profumo e equilibrati tra morbidezze e durezze nel gusto sapran- no sviluppare degli abbinamenti convincenti.

Per un secondo gustoso, invece, la ricotta può fare da base a innumerevoli torte salate, da preparare con er-

bette di stagione come spinaci, bietole o zucchine. In questi casi la presenza della pasta brisée e della relativa cottura amplificano le sensazioni complessive e di con- seguenza il vino da scegliere sarà sempre un bianco, ma di ottima struttura, magari anche con un leggero affi- namento alle spalle. Il Vermentino di Gallura oppure un Grechetto umbro avranno la stoffa per accompagna- re questi piatti.

Per spostarci dai vini bianchi potremmo pensare a una quiche ricotta e pancetta dove l’idea di struttura cresce ancora rispetto alle precedenti, in considerazione della presenza della pancetta che amplifica sia l’aromaticità sia la grassezza. Il risultato è un piatto con un insieme di sensazioni abbastanza decise. Il vino che fa al nostro caso è un ottimo Rosato Salentino a base di Negrama- ro, che mostra una convinta struttura accompagnata da una significativa acidità. La ricotta, se salata e sta- gionata, può essere anche grattugiata e costituisce un ideale condimento per alcuni piatti, soprattutto regio- nali, come la pasta alla Norma, che è un trionfo di sensazioni. Il vino rosso è obbligatoriamente necessario per l’abbinamento, ottimo risulterà il Cerasuolo di Vit- toria o un Chianti Classico d’annata.

La ricotta è da annoverare anche tra gli ingredienti di tante ricette dolci: dai ravioli ripieni a una golosa cro- stata alla crema di ricotta e cioccolato, senza dimenticare quel monumento della pasticceria tradizionale che è la pastiera napoletana. Come scegliere il vino in questi casi?

Con il dessert il vino deve essere dolce, poi va conside- rata la ricchezza complessiva del piatto e si deve cercare di seguire questa linea: il livello di dolcezza del vino e la ricchezza di tutte le sensazioni che offr-e debbono essere proporzionate a quelle del piatto. Le vendemmie tardive sono da preferire sui dessert meno ricchi, mentre i vini ottenuti da un appassimento, soprattutto se al sole, meglio destinarli ai piatti più caratterizzati. Se infine il dessert è strabordante di sensazioni, un vino dolce forti- ficato può toglierci dall’impasse.

di Gianluca Grimani

Sommelier AIS Umbria, Responsabile Degustatori e Progetti Editoriali AIS Umbria

BIANCO, MA NON SOLO

ENOGASTRONOMIA

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RICOTTA, ARMONICA LEGGEREZZA

PANE DI RICOTTA, POMODORI, OLIVE NERE E SEMI D'ANICE

P R O C E D I M E N T O:

Sciogliere lo zucchero nella panna e aggiungere il lievi- to; lasciar riposare per 30 minuti. Setacciare la ricotta e aggiungere i pomodori, le olive e i semi d’anice.

Unire prima il sale alla farina, poi aggiungere tutti gli ingredienti avendo cura di amalgamare bene il com- posto.

Formare delle palline di circa 45 g e lasciar lievitare fino a che il volume non raddoppia.

Spennellare d’acqua e infornare.

I N G R E D I E N T I:

500 g di farina 00 · 300 g di ricotta vaccina fresca · 15 g di lievito compresso · 20 g di sale fino · 10 g di zucchero di canna · 70 g di crema di latte fresca · 120 ml di latte fresco intero · 20 g di pomodori a cubetti stabilizzati · 10 g di oli- ve in granuli stabilizzate · 5 g di semi d’anice.

FABIO TOSO IL CESTINO

DEL PANE

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A ridosso della Sorgente del Tevere e del Monte Fumaiolo, sorge l’alber- go ristorante Sorgente del Tevere, costruito nel 2010 e gestito da Mauro e Monica. I proprietari sono pronti ad accogliere i clienti in un’atmosfera ospitale, caratterizzata dal calore tipico di una conduzione familiare. Da poco ristrutturato, l’albergo offre 33 camere suddivise in suite rooms e stan- dard rooms, oltre al centro benessere con piscina, sauna, massaggi e doccia abbronzante. Inoltre, per immergersi appieno nella natura circostante, im- perdibili sono le escursioni – a piedi, in bici, a cavallo, e nel periodo inver- nale con le ciaspole – che l’hotel consiglia e propone: gli ospiti potranno così scoprire così tutti i segreti delle bellezze naturalistiche, storiche e pa- esaggistiche del territorio. Cortesia, professionalità e disponibilità caratte- rizzano un luogo dove l’accoglienza è un’arte e dove sentirsi a proprio agio è facile, grazie anche all’esperienza pluriennale maturata dal personale.

Natura e tradizione

SPAZIO ALLE REGIONI

E M I L I A R O M A G N A

Il ristorante dell’albergo Sorgente del Tevere non delude. Infatti propone ai suoi ospiti un’abbondante colazione a buffet e ricchi menu a scelta per il pranzo e per la cena.

L’esperienza culinaria è straordinaria: si possono gustare piatti genuini, saporiti e autentici, legati alla tradizione romagnola e montanara. Gli chef sono pronti a condurre gli ospiti in un vero e proprio viaggio nei sapori e nelle tradizioni del luogo: dalla pasta fatta in casa (gnocchi, tagliatelle, ravioli e cappellacci), alla

carne nostrana cotta alla griglia, fino ai dolci, anch’essi casarecci. Da provare anche le pizze cotte sul forno a legna e dagli svariati gusti.

Inoltre, il ristorante è molto attento alle intolleranze alimentari ed è possibile rivolgersi alla reception per tutte le necessità.

D OV E Via Nuova, 35 47028 Balze Forlì-Cesena T E L E F O N O 0543 906447 W E B

www.sorgentedeltevere.it S O C I A L

A L BERGO SORGEN T E

DEL T E V ERE

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La Fornarina, a Rimini, è il regno indiscusso di Gianni Eusebi che, con il suo storico forno a legna, domina il locale.

Gianni fa la storia del ristorante: fondatore della famosa associazione Ri- mini Pizza, ha imparato presto a impastare, tanto che già a 14 anni lavo- rava, prima come fornaio e poi come pizzaiolo.

Ora Gianni è un pizzaiolo affermato che, nonostante i tanti anni di espe- rienza, sforna ancor oggi impasti di altissima qualità, partecipando spesso a concorsi nazionali e regionali con l’entusiasmo di un ragazzino.

Infatti, sia lui sia gli altri titolari della pizzeria – Sauro e Nello Eusebi – si esprimono ogni giorno attraverso la bontà delle loro pizze, e la grande passione li ha portati più volte a vincere premi nazionali e internazionali.

Nel menu di questo locale rustico e accogliente si trovano però anche piat- ti di carne e pesce, che richiamano il sapore della Romagna.

SPAZIO ALLE REGIONI

Oltre a una selezione di pizze classiche, nel menu si trovano an- che proposte creative e inedite, da assaporare anche a spicchi durante l’attesa. La cucina è diretta dallo chef Nello, che prepara piatti di pesce e piatti tipici dell’entroterra romagnolo: raviolacci di pesce alla moda dello chef, tagliolini Luveria con pesci da scoglio e mezzo astice, tagliolini con mazzancolle, pendolini e basilico, ri- gatoni all’astice, passatelli asciutti alla marinara, ma anche cap- pelletti della casa con spinaci, salciccia e pecorino, passatelli asciutti

con speck, rucola, pendolini e grana, tagliatelle al ragù di cinghiale e tagliatelle alla contadina preparate con un condimento a base di fagioli borlotti e porcini.

La Fornarina, tra storia e attualità, è un ristorante-pizzeria che punta sulla qualità: per questo non attira soltanto turisti e avventori occasionali, ma anche romagnoli amanti del mangiar bene.

Pizza e tradizione riminese

LA FORNARINA

D OV E

Via Flaminia, 113 47923 Rimini T E L E F O N O 0541 385502 W E B

www.lafornarinarimini.it S O C I A L

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Immersa nella Riserva naturale dei laghi Lungo e Ripasottile, la trattoria e pizzeria La Riserva dei Sapori, gestita da poco più di un anno da Simo- ne Sampalmieri, è dotata di un’ampia veranda che si affaccia sul canale di Santa Susanna, vero punto forte del ristorante che offre un panorama unico.

È il luogo ideale – grazie anche l’atmosfera casalinga che si respira – per una pausa all’insegna del buon cibo, preparato dallo chef seguendo le ri- cette tradizionali e locali e soprattutto scegliendo materie prime trattate con cura, provenienti dal territorio circostante: la filiera corta e il ciclo delle stagioni sono alla base dei piatti serviti, così come l’attenzione ai più piccoli particolari.

Il locale – plastic free – è composto da due sale interne e da una terrazza esterna che si affaccia appunto sul canale, molto suggestiva e perfetta per organizzare aperitivi ed eventi.

La Riserva dei Sapori offre la cucina tipica del Lazio, in cui è facile trovare piatti storici come gli spaghetti all’amatriciana, alla carbonara e alla gricia, ma non mancano golosità come i cappelli del prete ripieni ai 4 formaggi conditi con pesto di rucola, pistacchi e pancetta, oppure i ravioli ripieni di ricotta, cipolla caramellata e gorgonzola con pancetta croccante e pomodorini. Imperdibile è la carne cotta alla brace o il pesce d’acqua dolce proveniente dagli allevamenti limitrofi. Ultima specialità in cui si sta specializzan-

do il locale sono gli hamburger gourmet, con prodotti nostrani e di prima qualità, senza dimenticare la pizza cotta nel forno a legna. Per accompagnare il tutto i clienti potranno consultare una carta dei vini ben fornita che tocca tutta l’Italia, così da soddisfare tutti i palati e i gusti.

Gusto tra la natura

SPAZIO ALLE REGIONI

L A Z I O

SPAZIO ALLE REGIONI

D OV E

Via Ternana, 11 02010 Rivodutri Rieti

T E L E F O N O 328 3958112 S O C I A L

L A RISER VA DEI

S A P ORI

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Il ristorante Brizi Country Chic si trova a Tarquinia, in una location unica immersa in un parco di 5.000 metri quadrati.

La piscina di elettrolisi, la veranda panoramica e una struttura che può ospitare oltre 400 posti, lo rendono un luogo perfetto per eventi, matri- moni, feste e cerimonie di ogni genere.

Lo staff esperto e qualificato garantisce agli ospiti un servizio attento e curato nei minimi dettagli, mentre lo chef propone un menu su misura per soddisfare ogni esigenza, con piatti ricercati e tradizionali capaci di conuistare i palati di tutti gli ospiti. A dirigere il tutto c’è il proprietario Giordano Brizi.

Ma non è tutto. A pochi passi dal ristorante, aperto tutto l'anno, sorge l’hotel con 40 posti letto. I clienti posso anche usufruire di 10 colonnine di rifornimento elettrico Tesla: è la prima struttura nella provincia di Vi- terbo a garantire un servizio del genere.

Il ristorante è specializzato nel pesce. Oltre ai classici antipasti e piatti di mare, propone delle vere e particolari prelibatezze, come gli spaghetti all’ammiraglia preparati con cozze, vongole, calamari e moscardini, che danno sapore alla pasta; o ancora, lo gnocco alla rana pescatrice con granella di pistacchio.

Non mancano nemmeno il classico risotto alla pescatora e gli spa- ghetti alle vongole veraci.

Ha molto successo, tra la clientela, la particolare la zuppa di cro-

stacei con il sasso: il sasso di mare è una pietra vera e propria che si pone all’interno del piatto in cui sono presenti i crostacei – gamberi, scampi, mazzancolle, ma anche cozze e vongole – e pane bruscato.

Questo sasso, in cottura, è capace di conferire un sapore unico al piatto, rendendolo davvero speciale.

Eventi e piatti di mare

D OV E Via Aurelia 01016 Tarquinia Viterbo

T E L E F O N O 338 8339848 S O C I A L

BRIZI COUNTRY CHIC

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Il luogo ideale per aperitivi, pranzi, cene, eventi e cerimonie sorge sul Lungomare Gramsci Sud, a Porto San Giorgio: si tratta di Duilio, un ri- storante-pinseria che si pone come punto d’incontro tra i sapori del mare su cui si affaccia e quelli tipici dell’entroterra marchigiano.

Il ristorante prende il nome dallo storico stabilimento balneare Chalet Du- ilio che, fin dal lontano 1974, costituisce una delle mete più gettonate per chi voglia trascorrere giornate di relax e divertimento sul Mar Adriatico.

La struttura, con la sobrietà e l’eleganza dei suoi interni, è l’evoluzione squisitamente moderna del piccolo chiosco familiare: la sua inaugurazio- ne, il 27 maggio 2004, ha significato anche una trasformazione del modo della famiglia Iobbi di intendere la cucina. In particolare, quello che oggi è lo chef Fabio, ha compiuto un percorso verso una più creativa e sperimen- tale idea di cucina, basata sulla stagionalità dei prodotti e su una rinnovata attenzione per le intolleranze alimentari, specie per la celiachia.

SPAZIO ALLE REGIONI

M A R C H E

I sapori di un tempo

Il ristorante Duilio propone pesce proveniente da mari nostrani e carne di prima scelta, declinati in menu stagionali che striz- zano l’occhio a curiose combinazioni tra antico e nuovo. Non mancano menu di pesce come i più informali giropinsa; lo scopo dello chef Fabio è quello di far riscoprire alle persone il piacere di stare a tavola. Ma il vero punto di forza del ristorante è sen- za dubbio l’attenzione che pone alla cucina senza glutine, che permette agli ospiti di gustare dell’ottimo pane, pizze e primi in

tutta sicurezza. Il ristorante ha aderito al progetto dell’AIC Alimentazione fuori casa e lo chef, nel 2015, si è classificato terzo al Campionato mondiale senza glutine. Dal 2014 è attivo anche il Gluten Free Expert, il primo laboratorio convenzionato ASL della provincia di Fermo per la produzione e la vendita al dettaglio di prodotti esclusivamente senza glutine.

D OV E

Lungomare Gramsci Sud 63822 Porto San Giorgio Fermo

T E L E F O N O 0734 678731 W E B

www.chaletduilio.it S O C I A L

RIS TOR A N T E

DUIL IO

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La cucina, guidata dall’intraprendente chef Vincenzo Russo, propone menu a base di prodotti stagionali, a chilometro zero e di primissima qualità. Lo chef, forte di un’esperienza più che decennale tra il Belmond Hotel Caruso di Ravello, Villa Crespi e il Bistrot di Torino di Cannavacciuolo, offre un vero e proprio viaggio nel gusto, dove i sapori spaziano dal nord al sud Italia, attraversando la Penisola con tappe sorprendenti e creative. Im- perdibile è la sua dedica a Porto San Giorgio, elaborata in occasio-

ne del suo arrivo a Villa Lattanzi: si tratta di un piatto che evoca la brezza del mare e il rumore delle onde.

Questa fusione unica delle eccellenze gastronomiche italiane viene magistralmente esaltata dalle ricercate proposte del sommelier, offrendo un’esperienza ulteriore rispetto al semplice abbinamento del vino alle pie- tanze, specie nel caso dei vini marchigiani prodotti nell’azienda correlata a Villa Lattanzi, l’Officina del Sole.

Dimora settecentesca dei Conti Adami, Villa Lattanzi sorge in località Torre di Palme e, nonostante si trovi a pochi metri dal mare, si presenta come una perla incastonata in una fresca e ombrosa macchia mediterra- nea, il Bosco del Cugnolo, teatro di una leggendaria storia d’amore. Grazie all’accurato lavoro di restauro voluto dalla famiglia Beleggia – e, in parti- colare, da Lanfranco Beleggia di Bros Manifatture, cultore di arti – Villa Lattanzi si presenta come il connubio perfetto tra servizio su misura e accoglienza, basato su una moderna idea di comfort e eleganza. Le 18 ca- mere, arricchite da raffinati arredi creati dalle migliori aziende marchigia- ne, offrono un ambiente sospeso tra terra e mare in cui riscoprire il valore del tempo. Situato al piano terra della Villa, con le sue ampie e luminose vetrate che si affacciano sul lussureggiante parco, il ristorante di Villa Lat- tanzi offre l’atmosfera ideale per chi vuole assaporare la tradizione di una cultura culinaria fatta di passione e maestria.

SPAZIO ALLE REGIONI

Passione e maestria

VILLA LATTANZI

D OV E

Contrada Cugnolo, 24 63900 Torre di Palme Fermo

T E L E F O N O 0734 53711 W E B

www.villalattanzi.it S O C I A L

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Il ristorante Antico Tempio propone piatti tipici della cucina to- scana, a base di ingredienti selezionati e genuini che raccontano, con il loro gusto, i sapori antichi e unici di questo prezioso ter- ritorio. Si va dalla famosissima Fiorentina, alla tradizionale Ri- bollita, dall’antipasto del cacciatore – misto selvaggina, formaggio al tartufo e crostone con funghi – a una vasta gamma di primi come gli ottimi gnocchi all’ortica, cacio e pepe.

Ad accompagnare questi e molti altri appetitosi piatti, non man-

cano i vini toscani, che rappresentano una garanzia per qualsiasi intenditore.

Grazie agli ampi spazi interni, la struttura è in grado di ospitare eventi e matrimoni, garantendo banchetti ricchi e sfiziosi in grado di trasformare qualsiasi cerimonia in un momento da ricordare.

SPAZIO ALLE REGIONI

T O S C A N A

Nella Val di Merse, in provincia di Siena, all’interno di un’antica casa co- lonica – il Casale San Galgano – è possibile gustare le prelibatezze e i piatti tipici regionali nel ristorante Antico Tempio, immersi in un luogo familiare e circondati dalla cordialità e professionalità del personale. Antichi sapori in un luogo che profuma di storia e tradizione, vicini all’Abbazia di San Galgano che custodisce la famosa spada della roccia, affascinante richiamo a rimandi arturiani, in un clima a metà fra storia e mito. La struttura ha mantenuto lo stile originario, sottolineato da elementi caratteristici come il gigantesco camino, che domina una delle sale. Il ristorante offre anche una terrazza panoramica e un giardino ombreggiato che rappresentano la cornice perfetta per un’esperienza culinaria in grado di proiettare l’ospite in epoche antiche, in atmosfere senza tempo. Il luogo ideale per rilassarsi, gustare una cucina schietta e genuina che assomiglia al carattere di questa terra, immersi in un paesaggio meraviglioso come… un Antico Tempio.

Il sapore della storia

D OV E

Str. comunale di S. Galgano, 151 53012 San Galgano

Chiusdino (SI) T E L E F O N O 0577 756366 W E B

www.sangalgano.it S O C I A L

A N T ICO T EMPIO

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SPAZIO ALLE REGIONI

LaQuolina è il luogo ideale per chi desideri godere di una cena sana e genuina a base dei tradizionali piatti toscani, dove regnano accoglienza, gusto e creatività. Situato presso il Golf Club Casentino di Poppi, il locale accoglie i propri ospiti in un’atmosfera elegante e al contempo familiare, offrendo piatti buoni e realizzati con materie prime sostenibili. Frutto di un’attenta e quotidiana selezione da parte delle cuoche, i prodotti sono cucinati da mani sapienti e trasformati in piatti gustosi in grado di soddi- sfare le più varie esigenze e i palati più difficili. A laQuolina è possibile as- saporare portate di carne e di pesce, ma anche pizze sfiziose disponibili per la consumazione in loco o per l’asporto. Il locale è in grado di organizzare al suo interno cerimonie e feste private, mettendo a disposizione anche la terrazza con vista panoramica. Da qui si può godere di un suggestivo colpo d’occhio, una splendida vista sulle bellezze naturali circostanti, sui suggestivi tramonti o sul Castello di Poppi in Casentino.

La cucina propone deliziose sorprese, come i taglieri di affettati misti, carne alla brace, primi a base di pasta fresca all’uovo tirata con il matterello.

I piatti sono realizzati esclusivamente con prodotti a chilometro zero provenienti dalle produzioni locali: dagli antipasti ai primi, fino ai secondi di carne e pesce. Il locale è anche una rinomata pizzeria dove tutte le proposte sono ottenute da impasti a lunga lievitazione per garantire pizze altamente digeribili e croccanti. 

È disponibile anche un ricco menu da asporto che va dalle tante varietà di pizza ad antipasti, primi e se- condi da scegliere fra diverse opzioni. Consegna gratuita e birra in omaggio per un ordine minimo di 25 €.

Insomma, non vi è venuta laQuolina?

Garanzia del Territorio

LAQUOLINA

D OV E

Via Fronzola, 6 52014 Poppi Arezzo T E L E F O N O 0575 529739 W E B

www.laquolina.it S O C I A L

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Il Bistrot del Duca nasce nel 2008 dal sogno di due amici e compagni d’avventura, conquistati dall’Umbria e dal fascino antico della regione. È un locale con pochi tavoli e una vista suggestiva in grado di regalare, grazie alla sua atmosfera, un’emozione senza tempo.

Il locale si trova nel pieno centro storico di Città della Pieve e propone una cucina sana e creativa accompagnata da un servizio cortese e sorridente.

Ma il Bistrot del Duca è molto di più, infatti organizza anche visite guidate alle attigue Cantine Storiche Duca Della Corgna, site nei tunnel sotterranei di Palazzo Fargna, accompagnandole a semplici spuntini oppure a pranzi e cene con abbinamento cibo-vino.

Inoltre propone cene a tema gastronomico, quali serate di introduzione ai cibi vegetariani e vegani oppure dedicate ai piatti tradizionali pievesi e toscani. Infine, un appuntamento molto richiesto è quello dei corsi di cucina, che consentono ai partecipanti di gustare la sera stessa i piatti pre- parati.

SPAZIO ALLE REGIONI

U M B R I A

Un'emozione senza tempo

BISTROT DEL DUCA

D OV E

Piazza Sandro Pertini, 1 06062 Città della Pieve Perugia

T E L E F O N O 334 1890920 W E B

www.bistrotdelduca.it S O C I A L

La cucina utilizza soltanto ingredienti biologici e sani, per offrire una scelta di portate che affondano le radici nel territorio. Ven- gono pertanto utilizzati prodotti di fornitori prevalentemente locali e a chilometro zero.

La passione per le materie prime eccellenti e la libertà di abbina- re i sapori con un pizzico di verve e freschezza, rendono i piatti del Bistrot del Duca semplici ma, al contempo, raffinati. Il menu, che cambia ogni giorno, propone inoltre molti piatti adatti alla clientela vegetariana e vegana.

Vi è anche un’ampia selezione di menu dedicati a occasioni speciali o più semplicemente a una cena sfiziosa tra amici. I piatti vengono tradizionalmente accompagnati da una selezione di vini di Città della Pieve e del Trasimeno.

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