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IL CAPITALE SOCIALE: RIFERIMENTI TEORICI

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CAPITOLO I

IL CAPITALE SOCIALE: RIFERIMENTI TEORICI

1.1 IL CAPITALE SOCIALE: UN DIBATTITO IN CORSO

Ad oggi il concetto di capitale sociale appare piuttosto ampio e sfumato. Una facile verifica empirica di questa affermazione si può avere scorrendo velocemente la letteratura su questo argomento. Negli ultimi anni si è assistito al fiorire di una pluralità di studi di varia natura, con differenti obiettivi teorici ed empirici.

Si ricorre al concetto di capitale sociale per spiegare o, ad ogni modo evidenziare influenze, di fenomeni sociali anche molto diversi tra di loro. Si hanno applicazioni nelle più disparate aree di ricerca come la partecipazione politica, le differenze tra strutture industriali nell’economia capitalista, i processi di sviluppo economico con particolare attenzione alle dinamiche dei paesi a ritardo di sviluppo, il mercato del lavoro in relazione ai metodi di ricerca della prima occupazione e il progredire delle carriere, fino al rendimento scolastico degli studenti, le capacità di prevenire e fronteggiare situazioni di disagio (social support), la programmazione e progettazione delle politiche pubbliche e dei progetti di sostegno allo sviluppo di paesi svantaggiati.

La crescente utilizzazione del concetto, anche nel nostro paese, ci spinge ad una riflessione teorica e metodologica non solo per la sua importanza speculativa, ma anche, come vedremo, al fine di mantenere l’integrità concettuale e un’ adeguata applicazione empirica.

I primi studi che hanno portato alla formalizzazione del concetto

di capitale sociale risalgono agli anni settanta ad opera di Glenn Loury e

di Mark Granovetter.

(2)

Si devono a Loury le prime teorizzazioni sui legami tra incremento dei livelli di capitale umano e reti di relazioni familiari realizzate esaminando come il complesso delle relazioni familiari e non solo, contribuisca alla crescita del capitale umano dei singoli soggetti

1

. Sono riconducibili invece a Grannovetter molti saggi relativi all’importanza dei legami sociali e in particolare dei legami deboli all’interno del mercato del lavoro.

A partire da quegli anni molti altri importanti saggi sono venuti alla luce, tra questi di particolare interesse risultano i lavori di Bourdieu, Coleman e Putnam che, ad oggi, possono essere indicati con l’appellativo di “autori classici” del capitale sociale

2

.

Agli inizi degli anni ottanta Bourdieu fornisce una delle prime definizioni del concetto di capitale sociale inteso come una diversa forma di capitale rispetto a quello economico e umano, ma che mantiene con essi un nesso inscindibile. In quel periodo Bourdieu scriveva:

Il capitale è rappresentato da tutte le relazioni sociali che servono, se necessario, a dare degli utili “sostegni”.

3

Affondando le radici dei suoi lavori nella sociologia marxista, l’attenzione di questo autore è concentrata prevalentemente sui concetti di ordine sociale, stratificazione sociale e sui meccanismi determinanti la riproduzione delle disuguaglianze. Di particolare interesse sono gli studi volti alla comprensione dei meccanismi alla base dei differenti rendimenti scolastici degli studenti da attribuire non tanto al diverso livello di capitale culturale, ma ai differenti livelli di risorse presenti all’interno della rete relazionale familiare e sociale nella quale lo studente è inserito, e/o la diversa capacità di mobilizzare le risorse in essa

1

Cfr. A. Bagnasco, F. Piselli, A. Pizzorno, C. Triglia, Il capitale sociale. Istruzioni per l’uso, Il Mulino, Bologna, 2001, p. 8

2

Cfr. J. Field, Il capitale sociale: un’introduzione, Erickson, Trento, 2004, p. 55

3

Cfr. P. Bourdieu, Power and Ideology in Education, Oxford University Press, New York, p. 503 in J. Field, Il capitale sociale: un’introduzione, Erickson, Trento, 2004, p.

25

(3)

contenute.

4

Secondo lo studioso la posizione e il ruolo di ogni soggetto all’interno della società sarebbe legato alle dotazioni di capitale sociale di cui dispone. Negli ultimi lavori la definizione iniziale sarà ulteriormente approfondita

Il capitale sociale è la somma delle risorse, reali o virtuali, che derivano a un individuo, o a un gruppo, dall’essere parte di reti durature, e più o meno istituzionalizzate, fatte di conoscenze e di riconoscimenti reciproci.

5

I contributi di Robert Putnamn evidenziano il ruolo del capitale sociale nel favorire livelli elevati di cooperazione sociale i quali, a loro volta, sono alla base di maggiori livelli di sviluppo economico e, più in generale, di benessere sociale. In molti dei suoi lavori assume un ruolo centrale il concetto di fiducia e i meccanismi di solidarietà che da essa scaturiscono favorendo la partecipazione sociale e civile dei singoli individui alla comunità di appartenenza

6

. Secondo questo autore, così come per Fukuyama che si colloca sulla sua scia, la formazione della fiducia e di elevati livelli di capitale sociale sono promossi dalla presenza di un ampio tessuto di corpi intermedi tra l’individuo e lo stato

7

. Gli stessi processi risultano invece fortemente ostacolati nel caso in cui la

4

Una impostazione di questo tipo va nella direzione di sfatare il luogo comune, tanto in voga fino a qualche anno fa, di ritenere che lo studio del latino “aprirebbe la mente” e farebbe in modo che gli studenti che si cimentano in questa materia conseguano risultati migliori. In realtà tali maggiori rendimenti sono da attribuire in buona parte alle caratteristiche della rete relazionale nella quale il giovane studente si trova inserito. Nel caso specifico gli studenti che studiano il latino molto spesso provengono da contesti familiari caratterizzati da risorse in termini di capitale culturale superiori. Proprio questo aspetto costituisce la principale ragione che spiega rendimenti scolastici più elevati.

5

Cfr. P. Boudon, L. Wacquant, An Invitation to Reflexive Sociology, University of Chicago Press, Chicago, 1992 p. 119, in J. Field, Il capitale sociale: un’introduzione.

Erikson, Trento, 2004, p. 25

6

Emblematico a tale proposito è l’appello contenuto nella celebre opera Bowling Alone:

America’s Declinino Social Capital dove lo studioso manifesta la sua preoccupazione per la diminuzione dell’associazionismo e della partecipazione attiva alla società soverchiato dalla deriva verso l’individualismo che sta interessando la società americana negli ultimi anni.

7

In questo senso l’opera di Putnam si rivela molto vicina al pensiero di Tocqueville e in

particolare a quanto da lui sostenuto in relazione all’importanza dell’assocazionismo nel

garantire la permanenza e lo sviluppo dei valori fondativi della democrazia.

(4)

società sia caratterizzata dalla centralità della famiglia e della parentela.

Il carattere diffuso della fiducia, infatti, rende necessario il superamento dei confini parentali.

8

Nell’impostazione teorica di James Coleman il ruolo attribuito al contesto familiare nella produzione e conservazione di capitale sociale è molto diverso rispetto a quello di Putnam .

Per Coleman il capitale sociale è il frutto delle relazioni sociali di un individuo e, più precisamente, di quelle che si protraggono per un lungo periodo di tempo e che vanno a costituire vincoli e risorse per l’individuo stesso

9

. Anche in Coleman il concetto di fiducia, come vedremo più avanti, costituisce un aspetto di grande importanza ma, secondo l’autore, essa si costituisce e si riproduce più facilmente all’interno di contesti relazionali chiusi e densi come per l’appunto la famiglia e il contesto parentale.

Nei lavori di Coleman, come osserva Triglia

10

, il capitale sociale ha un carattere di bene pubblico, ragion per cui ci si deve chiedere i motivi della sua formazione ad opera di individui che agiscono in base ad una visione utilitaristica. Per Coleman l’attore razionale non produce direttamente questa risorsa, ma essa si crea ugualmente in maniera indiretta come conseguenza di azioni poste in essere per scopi differenti realizzate all’interno di istituzioni primordiali quali la famiglia, la parentela e la comunità. Strutture relazionali caratterizzate da alti livelli di densità e chiusura.

Altri contributi rilevanti si debbono a Nan Lin che, inserendo il concetto di capitale sociale all’interno della Social Resource Theory, definisce il capitale sociale nel seguente modo:

Investimento in relazioni sociali posto in essere dagli individui attraverso il quale essi possono avere accesso alla risorse

8

Cfr. A. Mutti, Capitale sociale e sviluppo. La fiducia come risorsa, Il Mulino, Bologna, 1998, p. 19

9

Ivi, p. 12-13

10

Cfr. C. Triglia, Introduzione all’edizione italiana in J. Coleman, Fondamenti di teoria

sociale, Il Mulino, Bologna, 2005, p. XXII

(5)

embedded con una aspettativa di ritorno in termini strumentali o espressivi

11

.

Si può facilmente comprendere, anche dalla sintetica presentazione di alcuni tra i maggiori contributi degli ultimi anni, come il concetto di capitale sociale sia stato analizzato a partire da prospettive teoriche a volte anche molto diversi tra loro. In letteratura è abitudine distinguere tra due orientamenti teorici

12

. Da un lato si collocano i lavori di coloro che vedono il capitale sociale come una risorsa di un gruppo o una comunità. Possono essere ricondotti a questa impostazione i contributi di Putnam e Fukuyama. In questi scritti l’attenzione viene rivolta ai modi in cui la comunità produce, mantiene e distrugge capitale sociale e come la presenza di tale risorsa influenza il benessere dei membri della comunità. Riferimento essenziale per l’esistenza di buoni livelli di capitale sociale è la presenza di elevati livelli di fiducia tra i membri della comunità. In questo senso la fiducia funge da prezioso lubrificante per i meccanismi sociali alla base di uno sviluppo pacifico e coeso della società. Molti studiosi si sono interrogati sul significato da attribuire al termine fiducia

13

e una trattazione adeguata di questo aspetto necessiterebbe di uno spazio più ampio rispetto a quello riservato in questo lavoro, ad ogni modo possiamo affermare che con tale espressione ci si riferisce ad un concetto che non si esaurisce nelle relazioni faccia a faccia, ma che coinvolge anche le istituzioni e i gruppi sociali.

In seguito vedremo come questa nozione, seppur alla luce di una parziale differente interpretazione, si riveli utile anche all’interno dell’

approccio individuale al capitale sociale.

Dall’altro lato si trova l’approccio individualista. Si tratta di una prospettiva che affonda le radici nella Social Resource Theory classica e

11

N. Nin, K. Cook, R. Burt, Social Capital. Theory and Research, Aldine de Gruyter, New York, 2001, pp.19-20

12

Su questo tema i contributi sono molto numerosi. Per un approfondimento cfr. A.

Andreotti, P. Barbieri, Reti e capitale sociale in «Inchiesta», n.139, 2003 e S. P.

Borgatti, C. Jones, M. G. Everett, Le misure reticolari del capitale sociale in

«Sociologia e politiche sociali», 2005, pp. 8-11

13

Cfr. J. Field, Il capitale sociale: una introduzione, Erickson, Trento, 2003, pp. 59-90.

(6)

in particolar modo ai lavori di Nan Lin e nella Structuralist Position Theory di cui Wellman è uno dei più grandi esponenti

14

. In quest’ottica l’attenzione viene focalizzata sui modi attraverso i quali gli individui accedono e utilizzano le risorse embedded nelle reti sociali.

Ovviamente si tratta di una ripartizione con finalità puramente esplicative, gli studi di molti autori si collocano a più livelli di analisi.

Particolarmente esemplificativi in questo senso appaiono i contributi di Coleman che, come evidenziano Andreotti e Barbieri

15

, possono essere collocati sia a livello individuale, nella misura ai cui lo studioso pone l’attenzione sulle dinamiche relazionali all’interno delle reti di relazioni individuali per l’approvvigionamento delle risorse, sia a livello di gruppo, nel momento in cui sofferma la sua analisi sul ruolo dei gruppi chiusi nella elargizione di capitale sociale e sui meccanismi di fiducia. In ultima analisi, l’impostazione di Coleman in merito al capitale sociale deve essere ricondotta alla sua teoria generale sul funzionamento delle strutture sociali rappresentato dal modello comunemente noto come Coleman Boat basato sul procedimento ricorsivo tra micro-macro

16

.

Ricapitolando, gli studi sul capitale sociale, come spesso accade nelle scienze sociali, è caratterizzato dalla compresenza di diverse impostazioni di pensiero; tale eterogeneità non deve essere intesa come indice di scarsità di analisi scientifica ma piuttosto come elemento di ricchezza. In questo senso nessuno degli approcci precedentemente indicati può dirsi del tutto esaustivo e corretto a discapito degli altri, ma semplicemente uno dei possibili percorsi o una prospettiva che contiene elementi di verità scientifica.

Se da un lato la proliferazione della saggistica sul tema ha dato avvio ad un filone di studi che ad oggi vede un progressivo maturamento,

14

Cfr. P. Borgatti, C. Jones, M. G. Everett, Le misure reticolari del capitale sociale, in

«Sociologia e politiche sociali», n. 8-1, 2005

15

Cfr. A. Andreotti, P. Barbieri, Reti e capitale sociale, in «Inchiesta», n. 139, 2003, p.3

16

Per una trattazione approfondita di questo aspetto si rinvia a A. Salvini, L’analisi

delle reti sociali. Risorse e meccanismi, Edizioni Plus, Pisa, 2005.

(7)

dall’altro si avverte con forza la necessità di introdurre elementi di chiarezza in relazione ai diversi approcci teorici. Tale bisogno è altresì collegato alla consapevolezza che la grande notorietà, legata, in parte, alle caratteristiche evocative di questo concetto, ha portato ad una vasta utilizzazione con il conseguente rischio di perdita di valore in termini teorici e metodologici. In questo senso si rende opportuno uno sforzo concettuale per evitare il traghettamento del capitale sociale da concetto sociologicamente fondato a mera immagine metaforica.

Alcuni studiosi giungono ad affermare che allo stato attuale delle cose la definizione stessa di capitale sociale presenta già nel termine una certa nebulosità nella distinzione tra il concetto e i meccanismi che esso produce, così come tra il concetto e gli effetti

17

, dando origine ad un circuito di spiegazioni sempre più problematiche

18

. Oggetto di critiche a questo proposito è la definizione fornita da Coleman in base alla quale il capitale sociale non costituisce una singola identità ma è composto da più caratteristiche accomunate dal fatto di costituire un aspetto della struttura sociale e di rendere possibili talune azioni agli individui presenti all’interno della struttura

19

. Secondo una definizione di questo tipo, il capitale sociale può essere individuato solo se ha successo e la spiegazione del concetto può essere colta solo attraverso l’osservazione dei suoi effetti. Per questo motivo gli autori richiamano la necessità di una maggiore distinzione tra explanans e explanandum attraverso l’utilizzazione di misure indipendenti tra loro

20

.

Riassumendo, all’interno del concetto di capitale sociale possono essere ricondotte concettualizzazioni molto diverse tra loro, che però trovano un comune denominatore in un aspetto essenziale: l’assunzione

17

In particolare con riferimento ai lavori che si possono collocare nella prospettiva macro-relazionale, ci si può chiede in che misura e fino a che punto il concetto di fiducia possa essere interpretato come un elemento costitutivo del capitale sociale e in che misura invece rappresenti un suo effetto.

18

A. Andreotti, P. Barbieri, Reti e capitale sociale, in «Inchiesta», n.139, 2003, p. 1

19

Cfr. J. Coleman, Fondamenti di teoria sociale, Il Mulino, Bologna, 2005, p. 388

20

Cfr. N. Lin, Capitale sociale: paradigmi concorrenti e loro validazione concettuale

ed empirica, in «Inchiesta», n. 139, 2003, p.5

(8)

di centralità del contesto relazionale che in molti casi è accompagnato dall’utilizzo di concetti tipici della Network Analysis per la sua trasformazione in termini operativi. Tale prospettiva, infatti, non solo si dimostra adeguata a cogliere gli aspetti fondamentali del capitale sociale, ma rappresenta anche una possibile soluzione alla dicotomia micro- macro, permettendo una indagine congiunta dei due livelli di analisi senza la modificazione delle categorie analitiche

21

.

All’interno della rete sociale i nodi che interagiscono possono essere individui, gruppi o organizzazioni, permettendo applicazioni simultanee alla dimensione individuale e collettiva del capitale sociale. A livello individuale viene colto il tessuto relazionale di ego con gli alters, siano essi individui, gruppi o organizzazioni; a livello collettivo si indagano le relazioni tra organizzazioni all’interno di una comunità e tra comunità diverse

22

.

Che cos’è dunque il capitale sociale? Su quali presupposti si basa? La risposta è molto complessa e, come abbiamo visto, l’approdo ad una definizione formale appare ardua. Cercando gli aspetti che accomunano i vari contributi, un elemento che emerge è l’interpretare il contesto relazionale come una risorsa a disposizione degli individui e l’indagare i modi attraverso i quali la loro capacità di azione si ampliata.

In definitiva il capitale sociale viene visto come una risorsa che permette agli individui di fare cose che, in sua assenza, essi non sarebbero in grado di fare o, ad ogni modo, nel farle si troverebbero costretti a sostenere costi e rischi molto più elevati.

Oggetto di questo lavoro sarà l’analisi di quella parte di studi che si collocano all’interno della prospettiva micro-relazionale e in particolare di quei contributi che vedono il capitale sociale come una caratteristica della rete relazionale del soggetto. Riferimento obbligato in

21

Cfr. M. Forsè, L. Tronca, Interazionismo strutturale e capitale sociale, in

«Sociologia e politiche sociali», n. 8-1, Milano, 2005

22

Cfr. S. Franke, Measurement of Social Capital: Reference Document for Public

Research, Development and Evoluation, Policy Research Istitute, Canada, 2005, p.14

(9)

questo senso è rivolto alla prospettiva di rete. Particolare attenzione sarà

dedicata alla dimensione metodologica e in particolar modo agli

strumenti più utilizzati nell’ultimo periodo all’interno del panorama

internazionale per la misurazione del capitale sociale.

(10)

1.2 I PRINCIPALI FILONI DI STUDIO

La letteratura sul capitale sociale e sulla sua formalizzazione è molto vasta, per questo sembra opportuno procedere ad effettuare un breve inventario dei contributi realizzati nel panorama internazionale da parte dei paesi e delle organizzazione sovranazionali che hanno dedicato a questo concetto studi approfonditi e che ad oggi rappresentano dei punti di riferimento basilari per una adeguata riflessione sui pregi e i limiti, sia in ambito teorico, sia in relazione alla dimensione metodologica.

Negli ultimi anni ha goduto di particolare visibilità l’approccio della World Bank, una delle organizzazioni che maggiormente ha contribuito alla definizione del concetto e che, da anni, è punto di riferimento, a volte anche critico, in merito a questo concetto in campo di politiche di promozione rivolte ai paesi in via di sviluppo.

Nel contesto anglosassone è stata evidenziata l’utilità della nozione di capitale sociale nell’ambito delle politiche pubbliche anche se, come vedremo, gli assunti teorici e la loro trasformazione di questi in termini operativi non sempre coincidono nei diversi paesi. Il rapporto tra capiate sociale e politiche pubbliche viene affrontato con molta attenzione anche in Nuova Zelanda e Canada, dove sono stati applicati strumenti di misurazione come il position generator e il resource generator a cui è dedicata una parte di questo lavoro. Non possono inoltre essere trascurate le indagini sviluppate in territorio olandese volte all’individuazione del livello di capitale sociale presente nella popolazione. Per la rilevanza in termini metodologici dei lavori effettuati dagli studiosi olandesi, la loro trattazione viene rinviata ai capitoli successivi.

Passiamo dunque ad analizzare i diversi contributi avendo cura di

soffermarci sulle metodologie e in particolare sugli strumenti di

misurazione impiegati.

(11)

1.2.1 L’APPROCCIO DELLA WORLD BANK

A partire dalla metà degli anni novanta un filone di studio particolarmente prolifero è costituito dall’approccio della World Bank.

Questa istituzione si propone di utilizzare il concetto di capitale sociale nell’ambito delle politiche di promozione per lo sviluppo. Il capitale sociale viene identificato come un concetto valido sia per l’individuazione del livello di sviluppo presente all’interno di una determinata comunità e, in questo modo, contribuire alla lettura della eventuale situazione di svantaggio, sia, come possibile risorsa da utilizzare nei progetti di promozione dello sviluppo.

Le radici teoriche di questo approccio possono essere ricondotte ai contributi di Putnam, e successivamente a quelli di Woolcock e Narayan. Visitando il sito internet ufficiale della World Bank, si comprende facilmente il forte impegno dedicato all’elaborazione di questo concetto e si possono trovare interessanti applicazioni nell’ambito di politiche di contrasto alla povertà

23

.

Un argomento complesso quale si dimostra essere quello relativo all’utilità del concetto nelle politiche di promozione dello sviluppo e in merito alle specifiche applicazioni poste in essere dalla World Bank necessita di uno spazio molto ampio che esula dagli obiettivi di questo lavoro. Per tale ragione di seguito focalizzeremo la nostra attenzione solo sugli aspetti metodologici che caratterizzano questa branca di studi.

Una trattazione esaustiva dell’approccio della World Bank può essere rintracciata nei contributi di Grootaert e Van Bastelaer, nei quali si delinea il framework concettuale e gli indicatori utilizzati nella sua traduzione in termini empirici.

23

Cfr. D. Narayan, Voices of the Poor. Povery and Social Capital in Tanzania, World

Bank, Washington D.C., 1997

(12)

Secondo gli autori la sinergia tra capitale sociale e sviluppo è degna di considerazione e può essere colta operando a tre livelli di analisi

24

:

- a livello micro-relazionale indagando gli aspetti cognitivi del capitale sociale; Il presupposto teorico è rappresentato dal fatto che la partecipazione alle reti di relazione permette al soggetto di ridurre i propri costi di accesso alle risorse desiderate.

- a livello meso, dove si analizza la dimensione strutturale. La partecipazione ai networks locali permette di prendere le decisioni all’interno delle comunità locali più facilmente e in maniera più redditizia

- a livello macro ponendo l’attenzione sugli aspetti istituzionali del capitale sociale in grado di realizzare una forma di controllo dei comportamenti opportunisti da parte dei singoli individui; l’aspettativa di non essere più accettati dalla comunità di appartenenza in caso di violazione delle aspettative nutrite dagli altri membri della comunità può fungere da importante incentivo a non tradire la fiducia ricevuta.

Nell’approccio degli autori non vengono trascurate le sinergie che derivano dalla compresenza dei fenomeni indicati nei tre livelli di analisi.

Da un punto di vista metodologico nasce la necessità di cogliere contemporaneamente la relazionalità orizzontale (attraverso l’analisi micro-relazionale), il tessuto aggregativo delle piccola comunità e infine la relazionalità verticale (analisi macro-relazionale)

25

.

Grootaert e Van Bastelaer individuano due componenti del capitale sociale. Il capitale sociale strutturale e il capitale sociale cognitivo. Il primo risulta analizzabile empiricamente e con riferimento a

24

Cfr. C. Grootaert, T. van Bastelaer, Undertanding and Measuring Social Capital: A Multidisciplinary Tool for Practitioners, World Bank, Washington DC, 2002, p. 8-9

25

Ivi, p. 3

(13)

parametri facilmente quantificabili come le reti, l’associazionismo, le istituzioni e il ruolo che esse svolgono; il secondo comprende aspetti più soggettivi come le norme di comportamento, la reciprocità e la fiducia

26

.

In merito alle tecniche di misurazione la World Bank ha ideato uno strumento multidimensionale composto da diversi indicatori ognuno dei quali destinati ad evidenziare una specifica dimensione del concetto.

Il Social Capital Assessment Tool (SOCAT), coerentemente con i presupposti teorici sopra esposti, si basa sull’integrazione tra strumenti qualitativi e quantitativi.

Le ricerche empiriche sono caratterizzate dall’utilizzo di diversi strumenti

27

:

- un gruppo di interviste miranti a individuare il profilo della comunità e disegnare l’assetto del territorio oggetto di analisi;

- un questionario per la comunità;

- un questionario per le famiglie;

- un gruppo di interviste per individuare la rete di relazioni tra istituzioni formali e informali presenti sul territorio da impiegare come misura del capitale sociale strutturale.

- un profilo organico di indici tali da permettere la quantificazione del concetto.

Nonostante la definizione teorica costruita nell’ambito della World Bank sia molto ampia e comprenda elementi legati al capitale

26

Questa definizione se per alcuni versi ha il pregio di cogliere molti aspetti del concetto frequentemente analizzati separatamente, dal punto di vista metodologico si mostra scarsamente traducibile in termini operativi, vale a dire in un insieme di strumenti di misurazione coerenti. Tale definizione permette altresì di comprendere con più chiarezza il contributo che le relazioni cooperative offrono nella produzione di beni destinati all’innovazione. Per una maggiore trattazione cfr. G. Conaldi, Analisi delle reti sociali: teoria, metodi e applicazioni, in A. Salvini, (a cura di), Franco Angeli, in corso di stampa.

27

Cfr., Grootaert, van Bastelaer, Undertanding and Measuring Social Capital: A

Multidisciplinary Tool for Practitioners, World Bank, Washington DC, 2002, p. 8-9

(14)

sociale individuale e collettivo, nelle ricerche empiriche si assiste ad un massiccio impiego di tecniche volte alla misurazione del capitale sociale individuale.

Alcuni studiosi individuano in questa caratteristica un elemento di critica perché, se da un lato il ricorso al contesto relazionale individuale, realizzato attraverso procedure riconducibili ai meccanismi della Network Analysis, sembra auspicabile, dall’altro, concretamente, la sua ricostruzione realizzata solo indirettamente, attraverso la rilevazione di aspetti legati alla partecipazione alla vita della comunità, non permetterebbe di cogliere appieno l’insieme delle connessioni presenti e finirebbe per trasformarsi in una tradizionale analisi per attributi

28

.

1.2.2 CAPITALE SOCIALE E POLITICHE PER LA FAMIGLIA: I CONTRIBUTI DI INGHILTERRA E AUSTRALIA

In Inghilterra il concetto di capitale sociale è da anni studiato per il suo valore esplicativo in merito alle politiche pubbliche. Molto numerosi sono i lavori dell’Office of National Statistics (d’ora in avanti ONS) che inquadra i suoi studi all’interno di un approccio di tipo macro- relazionale riconducibile in buona parte ai lavori di Robert Putnam.

L’ONS evidenzia cinque dimensioni fondamentali:

- la partecipazione, intesa come impegno nella società

- il controllo

- le percezione della comunità

- l’interazione sociale, reti sociali, supporto sociale - fiducia, reciprocità e coesione sociale.

28

Per una trattazione approfondita si rinvia a G. Conaldi, Analisi delle reti sociali:

teoria, metodi e applicazioni, in A. Salvini, (a cura di), Franco Angeli, in corso di

stampa.

(15)

All’interno dell’Economic & Social Research Council devono essere ricordati i lavori del Families & Social Capital Research Group.

L’approccio utilizzato nel Regno Unito è caratterizzato da un elevato livello di pragmaticità e si sostanzia nell’analisi combinata di strumenti di indagini relative a una o più delle dimensioni analizzate. E’

recente la realizzazione di un questionario con domande standardizzate impiegato all’interno di una indagine sulle famiglie.

Particolarmente interessanti sono gli studi condotti da David Halpern

29

volti ad individuare maggiori livelli di integrazione tra le dimensioni evidenziate in precedenza.

In Australia il capitale sociale è stato oggetto di numerose ricerche empiriche all’interno dell’Australian Bureau of Statistics. Le tecniche utilizzate sono di vario tipo, da strumenti qualitativi all’impiego delle tradizionali survey fino all’adozione di indicatori tipici della Network Analysis.

Di particolare interesse è l’approccio utilizzato da Wendy Stone dell’ Australia Institute of Family Studies. La studiosa, dopo aver individuato come componenti fondamentali del capitale sociale le reti, la fiducia e la reciprocità, rende operativi tali concetti attraverso l’utilizzo di misure di rete per l’analisi del network familiare inteso come struttura all’interno della quale circolano le tre componenti fondamentali.

I lavori di questa autrice, per l’importanza del ruolo attribuito alla famiglia nella produzione di capitale sociale da parte di Coleman, possono in buona parte essere ricondotti alla concezione che questi aveva della famiglia, anche se non mancano i riferimenti ai lavori di Putnam, soprattutto in merito alla distinzione tra reti formali e informali nella produzione di capitale sociale. Di seguito si riportano le dimensioni fondamentali del capitale sociale e le loro caratteristiche

30

.

29

Cfr. D. Halpern, Social capital, Polity Press, Malden, 2005, p. 25

30

La tabella riportata è stata tratta da W. Stone, Measurement social capital, Research

Paper, n. 24, 2001, p. 7

(16)

Alcuni indici che vengono esplicitamente richiamati sono l’ampiezza, la dispersione spaziale, la densità, la composizione e omogeneità dei componenti della rete (amici, parenti, colleghi di lavoro), la frequenza dei contatti tra i membri della rete, la forza dei legami (grado di intimità e reciprocità), la partecipazione sociale (coinvolgimento in attività politiche, sociali e religiose) e l’ancoraggio sociale inteso come il numero di anni di residenza nella comunità, espressione del coinvolgimento nel contesto di appartenenza e così via.

L’approccio presentato indubbiamente permette una chiara

distinzione tra caratteristiche del capitale sociale e prodotti dello stesso

altre che una chiara analisi del contesto relazionale individuale.

(17)

1.2.3 CAPITALE SOCIALE E POLITICHE PUBBLICHE IN CANADA

Il filone di studi canadese si basa su una forte integrazione tra approccio micro e macro relazionale individuando nelle reti sociali un elemento di mediazione tra individui, gruppi e società

31

. Particolarmente interessanti appaiono i lavori del Policy Research Initiative (da adesso in poi PRI). L’impegno nella traduzione in termini operativi del concetto nasce dalla possibile utilizzazione delle informazioni derivanti delle dinamiche relazionali e dalle reti di cooperazione presenti a diversi livelli nella società e nelle diverse sfere per la programmazione e progettazione delle politiche pubbliche del paese

32

.

Gli studiosi che fanno capo a questo ente di ricerca si sono proposti di indagare il capitale sociale in relazione al ruolo che esso svolge nell’ottenimento di specifici obiettivi socio-economici e nella determinazione dei livelli di benessere psico-fisico ad essi collegati

33

. L’impianto teorico e metodologico nasce dall’integrazione delle metodologie utilizzate in Inghilterra dall’Office of National Statistics e dall’Organization of Economic Co-operation and Development

34

.

L’assunto di base si sostanzia nell’ipotesi che le reti sociali offrano accesso alle risorse e al sostegno; da questo deriva l’attenzione alle modalità in cui le risorse circolano all’interno dei reticoli di relazioni. Con il termine capitale sociale ci si riferisce quindi alle reti sociali e ai meccanismi che permettono l’accesso alle diverse risorse tra le quali il sostegno.

35

In accordo con la prospettiva australiana, il capitale sociale viene definito come una forma di capitale, al pari di quello economico e

31

Cfr. S. Franke, Measurement of Social Capital, Policy Research Initiative, Canada, 2005, p. 6

32

Ivi, p. 8

33

Ivi, p. I

34

Ivi, p.4

35

Ivi, p.7

(18)

umano, in quanto può essere accumulato e utilizzato in specifiche circostanze e costituisce una risorsa a disposizione degli individui per il raggiungimento dei propri obiettivi; al tempo stesso può essere rappresentata dall’insieme delle risorse presenti in un contesto sociale più ampio, quale un gruppo o una comunità, dalla cui appartenenza possono discendere vantaggi in termini di benessere e realizzazione. Da questo deriva l’interesse a far procedere parallelamente l’analisi del contesto relazionale individuale e quello collettivo. Le indagini empiriche, collocando sullo sfondo la significatività dei risultati nell’ambito delle politiche pubbliche, sono volte a capire come il capitale sociale costituisca una risorsa per i singoli soggetti, e la comunità e, allo stesso tempo, il modo in cui le persone hanno accesso e la utilizzano in maniera efficace

36

.

La ricerca posta in essere dalla PRI volta ad individuare il livello di benessere fisico, psichico, economico e sociale della popolazione canadese, si basa su un modello ”integrato”, focalizzando la sua attenzione contemporaneamente sul livello individuale e su quello collettivo. Per questa ragione lo studio delle componenti strutturali delle reti viene affiancato dall’analisi della situazione dinamica; questi due aspetti a loro volta sono inseriti all’interno di uno scenario complesso comprendete il capitale economico e fisico presenti nel contesto di volta in volta analizzato. La rappresentazione grafica riportata di seguito riassume l’intero framework

37

.

36

Ivi, p. 9

37

La rappresentazione grafica riportata è tratta da S. Franke, Measurement of Social

Capital, Policy Research Iniziative, Canada, 2005, p. 27

(19)

Per quanto riguarda la misurazione del capitale sociale gli indicatori possono essere raggruppati in due categorie: quelli destinati alla misurazione dei livelli di presenza del capitale sociale e quelli volti alla individuazione dei meccanismi di funzionamento dello stesso.

Rientrano nel primo aggregato gli indici dedicati all’analisi delle proprietà strutturali della rete, mentre fanno parte del secondo gruppo gli indici volti alla misurazione delle dinamiche di rete e il contesto esterno in cui il capitale sociale opera.

L’elenco degli indicatori impiegati può essere schematizzato nel seguente modo

38

Caratteristiche strutturali della rete:

- ampiezza della rete: numero delle persone con i quali il soggetto ha relazioni di diversa natura: amicizia, parentela, vicinato e così via;

- densità della rete: livello di connettività presente nella rete;

38

La schematizzazione proposta è frutto della mia rielaborazione di quanto presentato nel

saggio di S.Franke, Measurement of Social Capital, Policy Research Iniziative, Canada,

2005

(20)

- eterogeneità: differenze degli status socio-economici dei membri della rete;

- frequenza dei contatti: numero dei contatti tra i soggetti della rete

- forza e natura dei legami presenti in termini di investimento emotivo

- prossimità spaziale dei membri della rete: soggetti appartenenti alla rete che hanno rapporti faccia a faccia e si incontrano regolarmente.

Dinamiche di rete:

- capacità di mobilitazione delle risorse: presenza o assenza di soluzioni alternative, difficoltà a effettuare richieste di aiuto e cosi via;

- gap tra la percezione e la realtà delle risorse mobilitate:

aspettative di ricevere sostegno e quantità di sostegno attualmente ricevuta;

- Competenza relazionale e integrazione sociale: capacità relazionali e effetti degli eventi della vita;

- Norme e ruoli interni alla rete: fiducia, tolleranza, inclusione, reciprocità, simmetria, equità e transitività.

Contesto esterno nel quale si trova inserito il capitale sociale:

- ambiente strutturale e istituzionale: ambiente formale e informale, che aiuta o ostacola lo sviluppo di relazioni e l’integrazione sociale.

Vista l’ampia utilizzazione di alcuni di questi indici, una analisi più approfondita verrà effettata nei capitoli successivi.

In definitiva l’approccio del PRI possiede una dimensione

strutturale, ma allo stesso tempo presenta una componente relazionale o

transazionale volta alla comprensione dei meccanismi attraverso i quali la

rete funziona. In entrambi i casi risulta molto forte il ricorso a misure

tipiche della Network Analysis impiegata soprattutto nella mappatura del

(21)

contesto relazionale

39

. Molto utilizzate sono anche le tecniche del position generator e del resoursce generator nella versione pensata da Boase e Wellman

40

.

1.2.4 LE TECNICHE DI MISURAZIONE DELLA NUOVA ZELANDA

Da alcuni anni all’interno dello Statistics New Zealand si è sviluppato un gruppo di studio intento a definire un framework di misurazione del capitale sociale adeguato alle caratteristiche della società neozelandese. L’intento è di utilizzare questo concetto per la programmazione in diverse aree delle politiche pubbliche, dallo sviluppo industriale e la crescita economica all’educazione fino alla salute e alla giustizia. L’equipe di lavoro è giunta all’individuazione di alcune dimensioni quali norme e sanzioni effettive, relazioni di autorità, organizzazioni sociali che contribuiscono alla formazione del capitale sociale intenzionalmente e non intenzionalmente, potenziale informativo, obbligazioni e aspettative, in accordo con l’impianto di Coleman considerato dagli studiosi uno dei maggiori referenti teorici.

Dopo aver sottolineato la dimensione fortemente relazionale del capitale sociale esso viene definito come:

Le relazioni tra attori (individui, gruppi e/o organizzazioni) in grado di produrre benefici collettivi o obiettivi comuni

41

.

Degna di nota è l’analisi dedicata all’adattabilità dei concetti tradizionalmente utilizzati in ambito occidentale allo specifico contesto neozelandese che, soprattutto in relazione alle profonde diversità della cultura Māori rispetto a quella presa in considerazione da Coleman,

39

Cfr. S. Franke, Measurement of Social Capital: Reference Document for Public Research, Development and Evoluation, Canada, 2005, p.13

40

Ivi, p. 57

41

Ivi, p. 10

(22)

richiedono una diversa interpretazione. Ad esempio l’importanza particolare rivestita in questa civiltà dalla famiglia estesa che finisce per fondersi con l’idea di comunità, il fatto che la socializzazione avvenga prevalentemente all’interno di strutture informali oltre che i particolari meccanismi attraverso i quali avviene la comunicazione tra diverse tribù e tra la popolazione Māori e non Māori rendono necessaria una reinterpretazione del concetto di chiusura

42

.

Alla luce di quanto detto il capitale sociale risulta correlato a quattro componenti indipendenti:

- comportamenti e abitudini: volti ad indicare quali abitudini e valori possono essere considerati produttori di capitale sociale e quali invece possono favorire il suo dissolvimento;

- attitudini e valori: si tratta di una componente basata sull’ipotesi che i valori e le credenze di un soggetto influenzino in maniera degna di considerazione i modi in cui esso si relaziona con gli altri membri della comunità;

- gruppi: i livelli di capitale sociale possono variare notevolmente a seconda dei diversi gruppi presi in considerazione. L’analisi delle caratteristiche dei singoli gruppi si rivela di fondamentale importanza per l’interpretazione dei diversi livelli riscontrabili;

- organizzazione: fa riferimento alle norme, i mandati e le sanzioni presenti all’interno della società presa in considerazione. Particolare attenzione viene rivolta alla dimensione, alla struttura e al modo di operare dei diversi tipi di organizzazioni presenti nella società.

Queste quattro componenti andranno analizzate alla luce delle loro reciproche influenze secondo lo schema riportato di seguito

43

.

42

Ivi pp. 12-14

43

La rappresentazione grafica è tratta da A. Spellerberg, Framework for the

Measurement of Social Capital, New Zealand Statistics, Wellington, 2001, p.48

(23)

La traduzione in termini operativi del framework presentato

avviene sia attraverso l’utilizzazione di survey di tipo tradizionale e

l’analisi delle biografie volte ad individuare il contesto relazionale

individuale sia attraverso l’utilizzo combinato delle tecniche di Name

Generator e Position Generator.

(24)

1.3 UNA RIFLESSIONE METODOLOGICA: COME MISURARE UN CONCETTO COMPLESSO

Dalla complessità del concetto di capitale sociale discende indubbiamente un’analoga complessità nel momento in cui ci si accinge alla progettazione degli strumenti idonei alla sua misurazione.

Come evidenzia van der Gaag, il rischio di eccessiva genericità del concetto deriva in parte anche dalla presenza di diversi approcci teorici e metodologici. Da questo nasce l’esigenza di ricercare strumenti di misurazione standardizzati, attendibili e fondati teoricamente

44

.

Negli ultimi anni molte indagini sono state realizzate attraverso l’impiego di misure formulate, in prima battuta, per altri tipi di indagine e riadattati allo studio del capitale sociale. A fronte di una ampia evoluzione teorica del concetto si può constatare un certo ritardo nella ideazione di strumenti di misurazione adeguati. Tale situazione sembra legata alle difficoltà inerenti alla possibilità di riuscire a cogliere nella sua interezza le numerose dimensioni nelle quali il concetto si articola, difficoltà che hanno indotto una certa prudenza.

A questo occorre aggiungere che gli strumenti di misurazione ideati, a volte, sono risultati molto diversi tra loro. In molte indagini empiriche sono stati utilizzati questionari strutturati volti ad indagare il contesto relazionale dei singoli individui e/o la partecipazione di questi alle attività della comunità. Tali strumenti di solito hanno come obiettivo la raccolta di attributi individuali come nelle survey comunemente utilizzate nella ricerca sociale. In questo caso si va a cogliere aspetti ritenuti adeguati a cogliere i meccanismi concreti sottostanti al concetto di capitale sociale. Altre volte si ricorre all’utilizzo di tecniche finalizzate alla mappatura del contesto relazionale come quelle riconducibili alla Network Analysis.

44

Cfr. M. van der Gaag, Measuremant of individual social capital, F&N, Amsterdam,

2005, p. 7

(25)

In altri lavori sono state impiegati questionari semistrutturati o non strutturati; in questi casi il contesto relazionale viene colto tramite la narrazione dell’intervistato o attraverso l’utilizzazione di un diario. In taluni casi sono state impiegate tecniche miste o si è ricorsi all’osservazione partecipante e all’analisi di documenti e storie.

Nel continuo del lavoro dedicheremo la nostra attenzione prevalentemente alle tecniche quantitative e in particolar modo allo studio dei pregi e dei limiti degli strumenti di misurazione del capitale sociale individuale.

Prima di addentrarci nella trattazione di questi aspetti, può essere utile interrogarci sui requisiti che un buon strumento di misurazione deve avere per assolvere adeguatamente la sua funzione. A questo proposito Bonnie Erickson evidenzia alcuni elementi fondamentali

45

:

- essere fondato teoricamente;

- evidenziare le reali prestazioni e i rapporti tra cause e conseguenze;

- essere facilmente amministrabile in termini di adattabilità a diversi data collection format e facilmente compilabile;

- presentare alti livelli di affidabilità;

- avere un buon livello di comparabilità spaziale e temporale, vale a dire essere in grado di confrontare indagini realizzate in territori diversi e in momenti diversi.

La possibilità di confrontare studi effettuati in realtà sociali diverse costituisce una delle sfide fondamentali all’interno della riflessione metodologica riguardante la misurazione del concetto di capitale sociale. Allo stesso modo, avere strumenti di misurazione che permettano analisi longitudinali rende possibile l’ampliamento dell’orizzonte di studi sul capitale sociale ai meccanismi di modificazione dello stesso nel tempo.

45

Cfr. B. Erickson, A Report on Measuring the Social Capital in Weak Ties, Report

preparato per il Policy Research Initiative, Ottawa, 2004, p. 15

(26)

Ad oggi, l’eterogeneità dei contesti in cui sono stati effettuate le misurazioni ha portato all’utilizzo di strumenti e indicatori basati su aspetti diversi che rendono difficilmente comparabili i risultati

46

.

Scorrendo la bibliografia degli studi empirici, in alcuni casi si può constatare un gap tra la definizione teorica del concetto di capitale sociale e i modi in cui esso è stato misurato

47

. Secondo alcuni autori come la Stone, tale situazione può derivare da una certa confusione in merito al modo in cui vengono definiti gli outcomes, con possibili ripercussioni anche sui livelli di rilevanza del concetto stesso.

Per evitare questo problema la Stone propone di dedicare una preliminare attenzione alle misure, distinguendo, in maniera netta, gli outcomes dagli indicatori. In questo modo si ottiene una più chiara definizione delle componenti del capitale sociale. A tal fine la studiosa arriva alla definizione di due categorie distinte di indicatori. L’insieme degli indicatori che hanno un legame diretto con il concetto, e per questo possono essere definiti outcomes del capitale sociale inteso come reti, fiducia e reciprocità, vengono definiti ”proximal” mentre quelli che non sono direttamente collegati con esso (ad esempio il tasso di suicidi o di criminalità, le condizioni di salute e così via) vengono definiti distal

48

. Secondo la Stone, la maggior parte delle ricerche empiriche, non adottano la distinzione suddetta ragion per cui spesso non sono accompagnate da una adeguata analisi delle relazioni tra le categorie di indicatori e le componenti fondamentali del capitale sociale (reti, fiducia e reciprocità). In ultima istanza questo può portare ad una tautologia nella misura facendo in modo che alcuni outcomes del capitale sociale vengono definiti come indicatori dello stesso

49

.

.

47

Cfr. M. van der Gaag, Measurement Individual Social Capital, F&N, Amsterdam, 2005, p. 8

48

Cfr. W. Stone, Measuring social capital, Research Paper n. 24, Australian Istitute of Family Studies, 2001, p. 5

48

Ibidem

49

Ibidem

(27)

Ricapitolando, sia che si intenda il capitale sociale come un bene collettivo presente all’interno di una comunità, sia che ci si riferisca alle risorse dei singoli soggetti, molti aspetti di carattere metodologico sono ancora al centro del dibattito internazionale.

Il dibattito metodologico è ancora aperto. Sia nel caso in cui ci si ponga all’interno della prospettiva macro, sia in quella micro, ci si trova ad affrontare non pochi problemi nella costruzione di strumenti adeguati.

Come ricorda efficacemente van der Gaag, per quanto riguarda il capitale sociale collettivo, una certa confusione si riscontra a livello teorico tra componenti del capitale sociale e prodotti dello stesso. Tale disordine rende difficile la costruzione di strumenti di misura attendibili.

Anche all’interno della prospettiva individuale gli elementi di riflessione non mancano nel momento in cui ci si accinge a tradurre in termini operativi le definizioni teoriche. Il concetto di capitale sociale è costituito da una gamma molto ampia di risorse che, in buona misura, vanno a produrre benefici differenti per il soggetto. Uno strumento di misurazione adeguato deve quindi raccogliere la sfida di riuscire a evidenziare l’intero contesto relazionale, ad individuarne le risorse e a interpretare il contributo che i diversi tipi di queste ultime possono offrire nel raggiungimento dei diversi obiettivi del soggetto

50

.

Un aspetto sul quale frequentemente ci si è concentrati riguarda l’opportunità o meno di arrivare alla costruzione di un indicatore unidimensionale, oppure se questo porti ad una eccessiva semplificazione e si renda opportuno uno strumento multidimensionale.

Un’ulteriore questione che merita una riflessione approfondita è la distinzione tra la presenza delle risorse all’interno della rete e i livelli di accessibilità della stessa. In altre parole occorre interrogarci se sia più utile andare a investigare la mera presenza di risorse all’interno del

50

Cfr. M. van der Gaag, Measurement of Individual Social Capital, F&N

Boekservices, Amsterdam, 2005, p. 9

(28)

contesto relazionale del soggetto, oppure se sia più opportuno prendere in considerazione solamente le risorse che risultano realmente accessibili.

Non bisogna tralasciare infatti che la mera presenza di risorse all’interno del contesto relazionale non costituisce di per sé garanzia di utilizzazione delle stesse. Ancora una volta la prima ipotesi presenta notevoli semplificazioni rispetto alla seconda, ma si potrebbe tradurre in una diminuzione di efficacia dello strumento di misurazione.

Il problema della distinzione tra risorse presenti e accessibili si lega alla discussione relativa all’opportunità di concentrare l’attenzione sul contesto strutturale, oppure sulle risorse a disposizione o accessibili all’individuo. Per alcuni autori un approccio integrato tra queste due posizioni sembra opportuno.

Riassumendo, in base a quanto detto, uno strumento di misurazione adeguato dovrà riuscire a cogliere quattro aspetti fondamentali

51

:

- gli alters che sono in relazione con ego;

- le risorse degli alters;

- la misura in cui queste risorse sono rese disponibili ad ego;

- la struttura della rete sociale di ego.

Inoltre occorrerà considerare che non tutte le risorse che vanno a determinare i livello di capitale sociale posseduto sono egualmente utili nel raggiungimento di qualsiasi obiettivo. Da qui l’esigenza di avere strumenti in grado di evidenziare sottogruppi di aggregati delle diverse risorse.

51

Ivi, p. 10

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