INTRODUZIONE AL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
Lezione n. 1
II SEMESTRE
A.A. 2009-2010
Francisco de Vitoria De Indis(1539):
E’ contro il diritto naturale che l’uomo tratti da nemico un altro uomo senza una ragione.
…Ogni animale ama il suo simile (Eccl. 13, 19).
Così, sembra essere conforme al diritto naturale l’amicizia nei confronti di tutti gli uomini, ed essere invece contro natura evitare il contatto
(consortium) con uomini inoffensivi
Francisco de Vitoria De Indis
I diritti naturali dei popoli:
1.Ius communicationis: il diritto naturale di socievolezza e comunicazione;
2.Ius peregrinandi et degendi: il diritto naturale di circolare e viaggiare;
3.Ius commercii: il diritto di commerciare con gli altri popoli;
4.Ius occupationis: il diritto di appropriarsi delle cose inutilizzate;
5.Ius migrandi: il diritto di trasferirsi in altri paesi e di acquisirne
la cittadinanza;
Francisco de Vitoria De Indis
I diritti naturali dei popoli:
1.Ius praedicandi et annunciandi Evangelium: il diritto naturale di predicare il Vangelo;
2.il diritto-dovere di correctio fraterna degli indigeni;
3.il diritto-dovere di proteggere i convertiti dai loro signori;
4.il diritto di difendere i propri diritti anche con la
guerra;
Francisco de Vitoria De Indis
Se gli indios volessero impedire agli spagnoli l’esercizio del diritto delle genti, come il commercio e le altre cose dette, gli spagnoli devono dapprima con motivazioni e persuasione evitare lo scandalo, e mostrare con ogni mezzo che non vengono a recare loro danno, ma vogliono amichevolmente risiedere nella
loro terra e percorrerla senza causare loro danno alcuno. Devono mostrarlo non soltanto con le parole, ma anche con i fatti (…). Nondimeno, se dopo le ragioni date loro, gli indios non volessero cedere, e ricorressero alla violenza, gli spagnoli potrebbero difendersi e prendere ogni precauzione necessaria alla
loro sicurezza, poiché è lecito respingere la forza con la forza. E non solo questo: essi possono anche costruire fortificazioni e difese, se in altro modo non è possibile essere sicuri; se patissero poi ingiuria, possono con l’autorità del sovrano vendicarla per mezzo della guerra, e avanzare gli altri diritti della
guerra
Francisco de Vitoria De Indis
Questi indios, benché non siano, come si è detto, del tutto incapaci di giudizio, tuttavia sono poco distanti dagli esseri amenti, per cui sembra che non siano idonei a costituire e amministrare un Stato
legittimo e ordinato in termini umani e civili. Perciò non hanno leggi adeguate, né magistrati, e non sono nemmeno capaci di governare sufficientemente la famiglia. Per questo mancano anche
di scienze ed arti, non solo delle arti liberali, ma anche di quelle meccaniche, e di una agricoltura accurata, di artigiani e di altre molte cose utili e perfino necessarie alla vita umana. (…) Sono quasi come le fiere e le bestie, e consumano alimenti non trattati, né
pressoché migliori di quelli delle bestie. Pertanto potrebbero affidarsi al governo di uomini più capaci e intelligent
Gines de Sepulveda:
In prudenza e in accortezza, in virtù e in umanità questi barbari sono inferiori agli spagnoli come i bambini sono inferiori agli adulti e le donne agli uomini, fra loro e gli spagnoli corre la stessa differenza che
vi può essere fra gente feroce e crudele e gente di eccezionale clemenza,fra esseri straordinariamente intemperanti ed esseri temperanti ed equilibrati, la stessa differenza – oserei dire – che
intercorre fra le scimmie e gli uomini.
...Le popolazioni di tal fatta per diritto naturale devono obbedire agli uomini più civili, più assennati, per essere governati da costumi e abitudini migliori. Ma, qualora ammoniti, rifiutino il comando, possono
essere costretti con le armi, e tale guerra sarà giusta per diritto naturale, come testimoniano Aristotele, Tommaso e Agostino
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Docente Prof. Scuccimarra
Lezione n. 2
II SEMESTRE
A.A. 2009-2010
Michel de Montaigne Essais
Ora mi sembra (…) che in quel popolo non vi sia nulla di barbaro e di selvaggio, a quanto me ne hanno riferito, se non che ognuno chiama barbarie quello che non è nei suoi usi; sembra infatti che noi non abbiamo altro punto di riferimento per la verità e la ragione che l’esempio e l’idea delle opinioni e
degli usi del paese in cui siamo. Ivi è sempre la perfetta religione, il perfetto governo, l’uso perfetto
e compiuto di ogni cosa.
Michel de Montaigne Essais
Non mi rammarico che noi rileviamo il barbarico orrore che c’è in tale modo di fare, ma piuttosto il fatto che, pur giudicando le loro colpe, siamo tanto più ciechi riguardo alle nostre. Penso che
ci sia più barbarie nel mangiare un uomo vivo che nel mangiarlo morto, nel lacerare con supplizi e martìri un corpo ancora
sensibile, farlo arrostire a poco a poco, farlo mordere e dilaniare dai cani e dai porci (come abbiamo non solo letto, ma visto recentemente, non fra antichi nemici, ma fra vicini e concittadini
e, quel che è peggio, sotto il pretesto della pietà religiosa), che
nell’arrostirlo e mangiarlo dopo che è morto
Michel de Montaigne Essais
Essi sono selvaggi allo stesso modo che noi chiamiamo selvatici i frutti che la natura ha prodotto da sé nel suo naturale sviluppo: laddove, in
verità, sono quelli che col nostro artificio abbiamo alterati e distorti dall’ordine generale che dovremmo piuttosto chiamare selvatici. In quelli sono vive e vigorose le vere e più utili e naturali virtù e proprietà,
che invece noi abbiamo imbastardite in questi, soltanto per adattarle al piacere del nostro gusto corrotto. (…) Non c’è ragione che l’arte guadagni il punto d’onore sulla nostra grande e potente madre natura.
Abbiamo tanto sovraccaricato la bellezza e la ricchezza delle sue opere con le nostre invenzioni, che l’abbiamo soffocata del tutto. Tant’è vero
che dovunque riluce la sua purezza, essa fa straordinariamente vergognare le nostre vane e frivole imprese
Abbé Raynal
Histoire des deux Indes
Barbari Europei! Lo splendore delle vostre imprese non ha ispirato affatto soggezione. Il loro successo non me ne ha nascosto l’ingiustizia.
Io mi sono spesso imbarcato con il pensiero sui vascelli che vi portano in queste contrade lontane; ma sceso a terra con voi, e divenuto
testimone dei vostri misfatti, mi sono separato da voi, mi sono precipitato tra i vostri nemici, ho preso le armi contro di voi, ho bagnato le mani nel vostro sangue. Lo dichiaro qui solennemente. E se
smetto almeno per un attimo di vedervi come dei nugoli di avvoltoi affamati e crudeli, con così poca morale e coscienza quanta ne hanno
questi uccelli da preda, possa la mia opera, possa la mia memoria, se posso sperare di lasciarne una dietro di me, cadere nell’estremo
disprezzo, essere un oggetto di esecrazione!
D. Diderot
Supplément au voyage de Bougainville
Il tahitiano, del quale vuoi impadronirti come se fosse un animale, è tuo fratello. Voi siete due figli della natura; quale diritto hai su di lui che non abbia lui su di te? Sei arrivato; ci siamo forse gettati sulla tua persona?
Abbiamo forse saccheggiato il tuo vascello? Ti abbiamo catturato ed esposto alle frecce dei nostri nemici? Ti abbiamo messo a lavorare i campi insieme agli animali?
Noi abbiamo rispettato in te la nostra immagine
I. Kant
Per la pace perpetua
L’America, i paesi dei negri, le Isole delle spezie, il Capo di Buona Speranza, ecc., all’atto della loro scoperta erano per
loro terre di nessuno, non tenendo essi in nessun conto gli indigeni. Nell’India orientale (Indostan), con il pretesto di stabilire ipotetiche stazioni commerciali, introdussero truppe
straniere e ne venne l’oppressione degli indigeni,
l’incitamento dei diversi Stati del paese a guerre sempre più estese, carestie, insurrezioni, tradimenti e tutta la rimanente
serie dei mali, come li si voglia elencare, che affliggono il
genere umano
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Docente Prof. Scuccimarra
Lezione n. 3
II SEMESTRE
A.A. 2009-2010
Francisco de Vitoria
De potestate civili (1528), § 21:
L’intero mondo, che in un certo senso è una repubblica, ha il potere di emanare leggi giuste e convenienti per tutti, che
costituiscono il diritto delle genti. Da ciò consegue che coloro che infrangono il diritto delle genti, sia in pace che in
guerra, commettono crimini mortali, almeno nel caso delle più gravi trasgressioni come violare l’immunità degli
ambasciatori. Nessun regno può scegliere di ignorare questo diritto delle genti, perché esso ha la sanzione del mondo
intero (totius orbis authoritate).
F. Suarez
De legibus ac Deo legislatore (1612), II, XIX, 5:
Il genere umano, sebbene diviso in vari popoli e regni, ha cionondimeno una unità non solo di
specie (specificam), ma anche per così dire
politica e morale. Questa unità è indicata dal
precetto naturale del reciproco amore e della
misericordia, precetto che si estende a tutti,
anche agli stranieri, di qualunque nazione siano.
H. Grotius
De iure predae commentarius:
…Gli uomini concordano nel modo più enfatico sulla proposizione che ci si addice avere cura per il benessere degli altri; perché l’accettazione di questa obbligazione può essere quasi definita come una caratteristica
distintiva dell’uomo. (…) In ciò consiste quella fratellanza tra gli uomini (hominum inter se cognatio), quello stato mondiale (mundi civitas), raccomandatoci così frequentemente e così entusiasticamente
dagli antichi filosofi e in particolare dagli Stoici, la cui prospettiva Cicerone adotta. Questa concezione è dunque alla base
dell’affermazione di Florentinus che a causa di una certa parentela (cognatio) stabilita tra noi dalla natura è sacrilego (nefas) che l’uomo
insidi un suo simile, un precetto che Cicerone molto propriamente ascrive al diritto delle genti
H. Grotius
De iure belli ac pacis (1625), Prolegomena, § 23:
Se non c’è alcuna società che possa sussistere senza il
riconoscimento di diritti reciproci, come Aristotele dimostra attraverso l’esempio notevole di una società di briganti, a maggior ragione quella società che include l’intero genere umano o numerosi popoli non potrebbe farne a meno. Ed è ciò
che ha riconosciuto molto bene quello che ha detto che non si deve mai fare qualcosa di disonesto, nemmeno in favore della
patria [Cicerone, De officiis, I, XLV]. Aristotele biasima fortemente coloro che, mentre non vogliono consentire a nessuno di comandare loro senza averne il diritto, nelle loro relazioni con gli stranieri non si preoccupano mai di ciò che è
giusto e ingiusto
H. Grotius
De iure belli ac pacis (1625), I, I, 14:
Il diritto delle genti è quello che acquista forza obbligatoria per effetto della volontà di tutti i
popoli, o almeno della maggior parte di essi.
Dico della maggior parte, perché a parte il diritto naturale, che è anche chiamato diritto delle genti,
non si trova altro diritto che sia comune a tutte le nazioni. Spesso ciò che è diritto delle genti da
una parte della terra, non lo è dall’altra…
H. Grotius
De iure belli ac pacis (1625), I, I, 14:
Ora il diritto delle genti si prova nello stesso modo del diritto civile non scritto, vale a dire attraverso la pratica perpetua e la testimonianza
degli esperti. Poiché, come nota molto bene l’oratore Dione Crisostomo, questo diritto è
l’opera del tempo e dell’uso…
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Docente Prof. Scuccimarra
Lezione n. 4
II SEMESTRE
A.A. 2009-2010
T. Hobbes
Leviathan, I, XIV:
Il diritto naturale è “la libertà che ogni uomo ha di usare il suo potere, come egli vuole, per la preservazione della propria natura, vale a dire,
della propria vita, e per conseguenza, di fare qualunque cosa nel suo giudizio e nella sua ragione egli concepirà essere il mezzo più atto a
ciò”.
T. Hobbes
Leviathan, I, XII:
Durante il tempo in cui gli uomini vivono senza un potere comune che li tenga tutti in soggezione, essi si trovano in quella condizione che è chiamata guerra e tale guerra è quella di ogni uomo contro ogni altro uomo. La guerra, infatti, non consiste solo nella battaglia
o nell’atto del combattere, ma in un tratto di tempo, in cui è sufficientemente conosciuta la volontà di contendere in battaglia.
(…) Infatti, come la natura delle condizioni atmosferiche cattive non sta solo in un rovescio o due di pioggia, ma in una inclinazione
a ciò di parecchi giorni insieme, così la natura della guerra non consiste nel combattimento effettivo, ma nella disposizione verso di
esso che sia conosciuta e in cui, durante tutto il tempo, non si dia assicurazione del contrario. Ogni altro tempo è pace…
T. Hobbes
Leviathan, I, XIII:
… Perciò tutto ciò che è conseguente al tempo di guerra in cui ogni uomo è nemico ad ogni uomo, è anche conseguente al tempo in cui gli uomini vivono senz’altra sicurezza di quella che la propria forza
e la propria inventiva potrà fornire loro. In tale condizione non c’è posto per l’industria, perché il frutto di essa è incerto, e per
conseguenza non v’è cultura della terra, né navigazione, né uso dei prodotti che si possono importare per mare, né comodi edifici, né
macchine per muovere e trasportare cose che richiedono molta forza, né conoscenza della faccia della terra, né calcolo del tempo,
né arti, né lettere, né società, e, quel che è peggio di tutto, v’è continuo timore e pericolo di morte violenta, e la vita dell’uomo è
solitaria, misera, sgradevole, brutale e breve .
T. Hobbes
Leviathan, I, XVIII:
Si dice che uno stato è istituito, quando una moltitudine di uomini si accorda e pattuisce, ognuno con ogni altro, che qualunque sia l’uomo o l’assemblea di uomini cui sarà dato
dalla maggior parte, il diritto a rappresentare la persona di loro tutti (vale a dire, ad essere il loro rappresentante), ognuno, tanto chi ha votato a favore quanto chi ha votato contro, autorizzerà tutte le azioni e i giudizi di quell’uomo o
di quell’assemblea di uomini, alla stessa maniera che se fossero propri, al fine di vivere in pace tra di loro e di
essere protetti contro gli altri uomini
T. Hobbes
Leviathan, I, XIII:
Si può per avventura pensare che non vi sia mai stato un tempo né uno stato di guerra come questo, ed io credo che generalmente non vi sia mai stato su tutto il mondo:
ma vi sono molti luoghi nei quali gli uomini vivono così, ai tempi nostri. Infatti, in parecchi luoghi dell’America, i
selvaggi, se si eccettua il governo di piccole famiglie la cui concordia dipende dalla concupiscenza naturale, non hanno affatto un governo, e vivono, oggigiorno, in quella
maniera brutale che ho detto prima.
T. Hobbes
Leviathan, I, XIII:
Anche se non ci fosse mai stato un tempo in cui gli individui fossero in condizione di guerra l’un contro l’altro, tuttavia in
tutti i tempi, i re e le persone dotate di autorità sovrana, a causa della loro indipendenza, si trovano ad avere continue
gelosie, e ad essere nello stato e nella posizione dei gladiatori che stanno con le armi puntate e gli occhi fissi
l’uno sull’altro, cioè, con forti, guarnigioni e cannoni alle frontiere dei loro regni e con spie continuamente nei territori
che sono vicini a loro; ciò è una posizione di guerra. Ma per il fatto che così essi sostengono l’industria dei loro sudditi,
non segue da ciò quella miseria che accompagna la libertà dei singoli.
T. Hobbes
Leviathan, I, XIII:
il diritto delle genti e la legge di natura sono la stessa cosa. E ogni sovrano, nel procurare la sicurezza del suo popolo, ha lo
stesso diritto che può avere qualunque uomo particolare nel procurare la sicurezza del suo stesso corpo. La stessa legge che detta agli uomini che non hanno governo civile quel che
essi devono fare e quello che devono evitare, l’uno nei riguardi dell’altro, detta le stesse cose agli Stati, cioè alle coscienze dei principi sovrani e delle assemblee sovrane, non
essendovi corte di giustizia naturale se non nella coscienza,
dove non regna alcun uomo, ma Dio…
Voltaire,
Le Siècle de Louis XVI:
Da un pezzo si poteva considerare l’Europa cristiana (tranne la Russia) come una specie di grande repubblica divisa in più stati, gli uni monarchici, gli altri misti, quali aristocratici, quali popolari, tutti però in reciproca comunicazione,
con una stessa base religiosa, benché divisi fra varie sette, con gli stessi principi politici e di diritto pubblico, ignoti nelle altre parti del mondo. Questi princìpi impongono alle nazioni europee di non far schiavi i loro prigionieri, di
rispettare gli ambasciatori dei nemici, di accordarsi sulla preminenza e su taluni diritti di certi capi, quali l’imperatore, i re e altri minori principi, e di mantenere con saggia politica, fin quando è possibile, un equilibrio di forze con l’opera continua dei negoziati protratta fin nel mezzo della guerra, tenendo
le une presso le altre ambasciatori o altri spioni meno onorandi che possono informare tutte le corti dei piani di una sola, dar di conserva l’allarme in Europa e garantire i più deboli dall’invasione, a cui il più forte è sempre
disposto…
INTRODUZIONE AL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra
Lezione n. 5
II SEMESTRE
A.A. 2009-2010
Tommaso d’Aquino:
Le condizioni della guerra giusta:
1) Deve essere proclamata dal principe (ovvero dall’autorità legittima);
2) Deve derivare da una giusta causa, e cioè da «una colpa da parte di coloro contro cui si fa la guerra»;
3) l’intenzione di chi combatte deve essere retta, e cioè mirare «a promuovere il bene e ad evitare il
male».
Hugo Grotius:
Una guerra sarà
giusta, nello stesso senso in cui si dice testamento giusto, giuste nozze […]. E’
importante fare questa precisazione perché molti, mal interpretando il termine giusto,
ritengono che tutte le guerre cui questa
qualifica non attenga siano condannate come inique o illecite.
Hugo Grotius:
Perché la guerra sia solenne secondo il diritto delle genti si richiedono due condizioni: in
primo luogo che entrambe le parti che la fanno siano investite nella loro nazione
dell’autorità sovrana; e in secondo luogo che si osservino determinate formalità.
Hugo Grotius:
la ragione per cui alle nazioni è parso bene così, consiste nel fatto che volersi pronunciare sulla giustizia di una guerra
tra due popoli sarebbe pericoloso per gli altri, che in questo modo si troverebbero coinvolti in una guerra altrui. […] C’è anche da dire che, sia pure in una guerra
legittima, non si può mai sapere, attraverso indicazioni esteriori, quale sia il giusto limite accordato per
difendersi, per proteggere i propri beni, o per infliggere una punizione; è quindi parso più conveniente lasciare questa valutazione alla coscienza dei belligeranti, invece
che ad arbitri esterni .
E. de Vattel, Droit des Gens:
La prima regola di questo diritto, nell’ambito di cui stiamo trattando, è che la guerra regolare, quanto ai
suoi effetti, deve essere considerata giusta da entrambe le parti. Ciò è assolutamente necessario (…) se si vuole dare un po’ d’ordine e di regole ad
uno strumento violento come le armi, fissare dei limiti alle calamità che produce e lasciare una porta
sempre aperta al ritorno della pace […].
E. de Vattel, Droit des Gens:
Così i diritti fondati sullo stato di guerra, la legittimità dei suoi effetti, la validità delle conquiste fatte con le armi, non dipendono per nulla – da un punto di vista esteriore, e in un
ambito umano – dalla giustizia della causa, ma dalla legittimità dei mezzi in se stessi, ossia da tutto ciò che è
necessario perché la guerra sia regolare (une guerre en forme). Se il nemico osserva tutte le regole della guerra regolare, noi non siamo autorizzati a lagnarci di lui, come se avesse infranto il diritto delle genti: egli pretende tanto
quanto noi di esercitare un proprio buon diritto. Non
abbiamo altra risorsa che la vittoria, o di cercare un
E. de Vattel, Droit des Gens:
La guerra regolare (guerre en forme) può essere chiamata “anche guerra regolata, perché vi si osservano alcune regole prescritte o dalla legge
naturale o adottate per consuetudine. Bisogna accuratamente distinguere la guerra legittima e
regolare (legittime & dans les formes) da quelle guerre informali e illegittime, o meglio da quei
brigantaggi, che si fanno o senza l’autorità
legittima o senza un motivo apparente o ancora
senza formalità o solamente per saccheggiare”.
E. de Vattel, Droit des Gens:
Per capire bene il fondamento di questa distinzione è necessario rammentare la natura e il fine della guerra legittima. La legge naturale la consente solo come rimedio contro l’ostinata ingiustizia.
Da qui derivano i diritti che concede (…) e ancora da qui le regole che bisogna rispettare. E visto che è possibile che l’una o l’altra parte
abbia il buon diritto dalla propria parte, e che nessuno, data l’indipendenza delle nazioni, possa giudicare, per tutto il periodo della guerra, la condizione dei due nemici è la stessa. Perciò quando una nazione o un sovrano ha dichiarato guerra a un altro sovrano a causa di un contenzioso che si è aperto fra di loro, la loro guerra è ciò
che chiamiamo una guerra legittima fra nazioni, e regolare; e (…) secondo il diritto volontario delle genti gli effetti sono gli stessi da una
parte e dall’altra, indipendentemente dalla giustizia della causa.
E. de Vattel, Droit des Gens:
Niente di tutto questo vale per una guerra informe e illegittima, chiamata con più ragione
brigantaggio. Intrapresa senza nessun diritto, senza neppure un motivo apparente, essa non può
produrre effetti legittimi né conferire alcun diritto a colui che ne è l’autore. La nazione attaccata da nemici di questo tipo non ha alcun obbligo di osservare nei suoi confronti le regole
prescritte per la guerra regolare (guerre en
forme): li può trattare come briganti.
E. de Vattel, Droit des Gens:
se le altre [Nazioni] pretendessero di (…) giudicare [una Nazione], esse attenterebbero alla sua libertà, la
colpirebbero nei suoi diritti pù preziosi. Inoltre, ciascuno tirando la giustizia dalla sua parte, si attribuirebbe tutti i Diritti della Guerra, pretendendo che il suo nemico non ne
abbia alcuno, che le sue ostilità non siano che atti di brigantaggio, di infrazioni al diritto delle genti, degne di
essere punite da tutte le Nazioni. La decisioni di diritto, della controversia, non ne sarebbe avvantaggiata e la disputa diverrebbe più crudele, più funesta nei suoi effetti,
più difficile da terminare
E. de Vattel, Droit des Gens:
1) La guerra regolare (Guerre en forme), per quanto riguarda si suoi effetti, deve essere considerata come giusta da una
parte e dall’altra;
2) Poiché il diritto è reputato eguale tra i due nemici, ciò che è permesso all’uno, in virtù dello stato di guerra, è anche
permesso all’altro;
3) Questo diritto delle genti volontario, ammesso per necessità e per evitare mali peggiori, non attribuisce a colui le cui armi sono ingiuste un vero e proprio diritto, capace di giustificare la sua condotta e rassicurare la sua
coscienza, ma solo l’effetto esteriore del diritto e
l’impunità tra gli uomini.
INTRODUZIONE AL PENSIERO POLITICO
Docente Prof. Scuccimarra