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PIETRO FRANCESCHINI
DBD E^Ej^TAUriO
AD
TEMPIO DI SANTA TRINITÀ
IN Blt-^ENZE
NOTIZIA STORICA
(Estrattodall’Ateneo)
FIRENZE
TIPOGRAFIA BARONI E LASTRUCCI Via deirOrivolo, 33
1898
PIETRO FRANCESCHINI
DBEr E^Ej^TAUIiO
Alf
TEMPIO DI SANTA TRINITÀ
IN FIRENZE
NOTIZIA STORICA
(EstrattodairAteaeo)
FIRENZE
TIPOGRAFIA BARONI E LASTRUCCI Via dell’Orivolo, 33
1898.
I.
Nel 1881, Giovacchino Bendi, già converso vallombrosano, allora addetto alla Sagrestiadella chiesa di Santa Trinità, trovandosi
una
sera in conversazionecon
i suoi superiori, istruito sic-come
egli era delle cose attinenti a quellachiesa, entrò a discorrere dello stato materiale, poco soddisfacente di essa, delle modificazioni che i secoli viavevano
indotto, e di quanto il tempiosi sarebbe avvantaggiato se fosse potuto ritor- nare qual fu; e
vedendo
egliV
interesseche prendevano
tutti al suo dire, di tanto s'infer- vorò che, postamano
almodesto
portamonete, offrendo per ilprimo
quel più che poteva, disse che, se realmente quella propostapareva
oppor- tuna,non avevano che
a seguirla,inaugurando
cosi egli
un
accatto per il vagheggiato restauro;
e Giovacchino Bondi, che oggi è dovere ricor- dare
con amore
econ animo
grato,ebbe
la soddisfazione di vedersi seguitoimmediatamente
4
—
in quella
prima
raccolta di danaro dai presenti e dal suo Superiore. Anzi questi,don Cammillo
Orsini, tanto s' infervorò in queiridea che se ne fece il patrocinatore, perchè il nobilissimo intento venisse senza dilazione raggiunto.
Quei
padri di Santa Trinità—
Benedettini Vallombrosani— formarono
per ciò, a cosi dire,un
piccolo comitato, di cui vollero a parte il Ca- valiereGuido
Carocci, cultissimo e passiona- tissimo delle cose nostre, onde col suo consiglio fosse dato rivolgersi alle autorità dimaniera
da essere con più probabilità di riuscita ascoltati.Il
Governo
favori ladomanda,
edil professore Giuseppe Castellazzi, Direttore della R. Accade-mia
del disegno in Firenze, ebbe Vincarico di dirigere quel restauro.Dal giorno
dunque
che quel restauro fu de- cretato a quello in cuiha
avuto termine, sono trascorsi oltre 13 anni ; enon
vivono più nè ilmodesto
promotore del restauro,nè
il valevole patrocinatore di esso,don Cammillo
Orsini, nèil prof. Castellazzi, cui quel restauro era stato
commesso
;come non
sono più coloro che quel restauro fino dagli inizioppugnarono
epiù volte fecero interrompere,eche, allamorte
del Castel- lazzi, ne assunsero la continuazione, senza avermodo
di condurlo alla fine.Come dunque
tanti anni a restaurareuna
chiesa, che, in egual tempo, avrebbe potuto ricostruirsi tre volte?Ecco
quello che i giornali che parlano di Santa Trinitànon hanno
detto ; ecco ciò chenon ha
detto neppure
don
F. Tarani, il quale oggiha
-
5—
scritto di quei restauri ; ed ecco ciò
che
iomi
accingo a far conoscere, perchè nella disputa sulda
farsi ebbi partenon
ultima, e posso su di essi portareuna
luce che altri forsenon
potrebbe,anche
volendo.La
chiesa presente di Santa Trinità sorge sui resti di altredue
chiese,una
forse del mille,che
fu dello stile della superba basilica diSan
Miniato al Monte, e che sidovè
abbattere peril sensibilissimo innalzamento delpiano stradale;
raltra, assai più modesta, delsecolo decimoterzo, dovutasi
egualmente abbandonare
e per ilnuovo
innalzamento stradale, e perchè esigua troppo,giungendo appena con
la sua lunghezza al li-mite della quarta cappella.
La
edificazione della chiesa presente nellanavata
a sinistra,che
è laprima
costruita,mo-
stra in alcuni capitelli dei pilastri che dividono
le cappelle ed in alcuni stemmi, i caratteri della fine del’secolo decimoterzo; le altre navi il se- colo
decimoquarto
inoltrato; la crocera nel suo abside e la bifora il decimoquinto; e l’ispezione degli archi dellanave maggiore
diceche anche
questa terza chiesa sia stata allungata e abbiail tergo dal lato
dove
giàebbe
la fronte, perchè quegli archi, col digradare all’inverso, nedanno
rattestazione (1).Di
tali cose, o chealmeno
la chiesa in anticonon
potesse essere stata su cin-(1) Queste considerazioni furono da me fatte una prima volta nel periodico « Il Nuovo Osservatorefiorentino » del 15 marzo 1885.
—
6—
que
navi, ilCastellazzi, seguendo ciecamente gli antichi illustratori e il Fantozzi^non aveva
cu- rato di rendersi ragione.Aveva
accettato che essa già fosse su cinque navi ; e di qui—
per-chè parve ad alcuno meritarsi Varchitetto il
titolo di
massima
ignoranza—
la guerraad
ogni proposta di lui per quel restauro, la dichiara- zione palese che egli fosse disadatto a portarload
effetto, dimenticando che il Castellazzinon
presentava proposte per ricondurre Santa Tri- nità alle ipotetiche cinque navi,ma
a queire- satto disegno che oggivediamo
eseguito, e chealtri, a far bene, per ricondurre Santa Trinità
all’antico suo stato
non
poteva presentare di- verso;come
del resto i lettori Ateneo po- tranno giudicare, seavranno
la pazienza dise- guirmi nella continuazione della notizia.IL
Rimise il Castellazzi al Ministero della Pub- blica istruzione il rapporto e le tavole di quanto
aveva
pensato eproponeva
per Santa Trinità; e quel rapporto fu rimandato a Firenze e sot- toposto allaCommissione
Provincialeper la con- servazione deimonumenti^
la quale, invece di favorire l’idea del restauro, tentò di renderlo impossibile, respingendo le proposte sostanziali del Castellazzi, fino da allora incolpato d’averfatto più del richiestogli ; e invece didiscutere
con
lui sulda
farsi, il relatore di quellaCom-
missione
preoccupava
il pubblico colmezzo
dei—
7~
giornali, nell' intento di dimostrare la sconve- nienza di quel restauro, e la
poca
valentia di chi era statochiamato
a dirigerlo.I promotori del restauro di Santa Trinità, e per essi il parroco, abate
don Cammillo
Orsini, inuna
petizione al Prefetto di Firenze,(1) ave-vano domandato
ciò che segue :« 1. Riapertura delle antiche finestre oblun-
ghe
nelle pareti della navata principale e ria- pertura dell’occhio che sovrasta il finestrone del coro.» 2. Riduzione alla
prima
struttura a sesto acuto di alcuni archi delle cappelle lungo le navate.» 3. Ripristinamento dell’altar
maggiore
e conseguente demolizione di quello attualmente esistente.» 4.
Scuoprimento
e restauro degli antichi affreschi.» 5. Restauro delle diverse pitture delle Cappelle.
» 6. Restauro di Santa
Maria Maddalena
penitente.» 7.
Remozione
degli armadi,che cuoprono
in parte 1’ arca di Onofrio Strozzi (sagrestia).
» 8. Restauro delle tettoie, minaccianti in parte rovina ».
Accolta la istanza, e delegato dal Groverno l’architetto
Giuseppe
Castellazzi a studiare quel(l) Vedi: Orsini C.
La
Chiesa di S. Trinità e le suecon- dizioni attuali—
Firenze, 1881.—
8-
restauro, questi fece propria ogni proposta dei promotori, e visto
come
ildomandato non
cor- rispondesse airesordio della petizione, che era di « veder conservatonon
solo,ma
restituito al primitivo splendore hedifìzio» quella proposta completò, aggiungendovi lo sbassamento di tutta la chiesa, la riduzione architettonica di ogni cappella,perchè
senza di essanon avrebbe
po- tuto portaread
effetto lo scuoprimento delle pitture, e la remozione del presbiterio (eretto alla fine del secolo XVI), che a nessun titolopoteva
rimanere
in quel luogo in contrasto sen- sibilissimo con leforme
archiacute, le qualis' intendeva
oramai
in Santa Trinità dovesseronuovamente
trionfare.La Commissione
per la conservazione deimonumenti,
o a meglio dire V ispettore EmilioMarc
ucci, che per le cose di Santa Trinitàaveva
la parola, voleva
ben meno
; anzi vi fu chinon
giunse acomprendere
quel che volesse, tante erano le incoerenze manifestate; giacché,non
senza battagliare,concedeva
il ritorno al sesto acuto delle arcate delle cappelle,quando
fossero interessate alla decorazione interna delle cap- pellemedesime
; e dopo di aver consentita laremozione
delle balaustrate che chiudevano certe di quelle cappelle, le volevamantenute
;contrastava lo sbassamento della chiesa e quindi
concedeva
fosse eseguitocome non
si doveva;voleva che in
una
cappella si riaprisseuna
finestra ogivale e si mantenesse dinanzi a quella
un
altare del secoloXVII
; contrastava si vuo-—
9—
tasse la cripta, quindi
ne
zelava la ricostru- zione(1); voleva ilmantenimento
della decora- zione del presbiterio dovuto al Buontalenti,come
se si potesse parlare in Santa Trinità di restauro senzaremuovere
quella decorazione;e
quando
il Castellazzi faceva praticare il saggio di scuoprimento delle pitture suimuri
delle cappelle, econcedeva
al patrono di riportare alla luce quelle che^con
certezza^ siconosceva
in
una
cappella esistessero, laCommissione
sichiamava
offesa, dichiarandoanche
quei fatti arbitrar], sanabili solo se i suoi beniamini ope- rassero (2).E pure Tuomo
di cui tanto si diffì-(1) Chi amasse avereun’idea dellacoerenzadel Marcucci per le cose di S. Trinità, non ha che da consultare il pe- riodico Arte e Storia^ del lo Febbraio edell’8 Marzo 1885.
Nell’articolo del lo febbraio, che non fìrma\a,
ma
di- chiarava suo nell’articolo successivo dell’8 marzo, diceva:che in Santa Trinità sicontinuavano quelli studiche aveva sempre consigliati e portavano sempre a nuove ed impor- tanti scoperte, relative alla struttura e alla decorazione del- r antico e splendido tempio; esi compiacevadi tutte le cose scoperte nelle cappelle, e dell’aver resi alla lucei vani che servivano a riporvi le arche, perchè erano squisitamentedi- pinti ; era lieto della notizia che il Marchese Bartolini fa- rebbe restituire le due cappelle di suo patronato alla ‘pri- mitivaforma^sperando chealtri patroni ne avrebberoseguito resempio; era lieto che alledue cappelleestremedelle navi
si fossero rifatte le volte sulla forma antica con i suoi co- stoloni, cose tutte le quali, come si sentirà più innanzi, sol pochi giorni dopo fieramente biasimava.
(2) Nel periodico Arte e Storia, n. 8. 1885, a proposito del permesso accordato al marchese Bartolini-Saliinbeni di farescuopirei dipinti murali delle sue cappelle, il Marcucci
dava non
era ilprimo
venuto^ma
il titolare della cattedra d’architettura della nostra Ac- cademia, alla cui elezioneavevano
concorsoanche
alcuni di coloro che pure eran parte dellaCommissione
!Il contegno del Marcucci, il silenzio de’ suoi colleghi, facevano dubitare a molti
non
fosse quellauna
leale opposizione artistica,ma una
ingiustificata opposizione personale ; e che cosi fosse lo dicono le controproposte della
Commis-
sione, intese tutte a ridurre il proposto restauro a
un
rabberciamentoqualunque
che il Castel- lazzinon
potevaoramai
consentire, e che loavrebbe
costretto adabbandonare
il restauro;scrive fra le altre: « trovare assurdo il parlare di restauri completi e generali (come desiderava il Castellazzi per le cappelle di S. Trinità) quando era stato convenuto di con*
servare il più possibilmente in coteste cappelle tutti quei partiti architettonici e decorativi che abbiano un certo va- lore artistico e storico, qualunque nesia ladata, qualunque ne sia lostile; non dovendo il restauratorepreoccuparsid’al- tro chedelmiglior mododi coordinareilpartito interno d’ogni cappella coll’arco acuto del prospetto di essa ; o, in altri termini, studiare la maniera di troncare sulle facce laterali dei pilastri che dividono cappella da cappella, esulle facce intradossali dell’arco di prospetto, tutte le modinature che provengono dalle pareti interne delle cappelle. »
Quindi continua: « che il periodo dei restauri generali e completi come a S. Maria Novella e al Duomo di Fiesole era passato », scrivendo, a proposito di quei restauri, con giusto rammarico e con la debita indignazione; malissimo per Santa Trinità, dove si era cominciato bene, edove nes- suno avrebbe voluto nè permesso gli errori che già nei mo- numenti citati.
—
11—
ciò
che
ilMarcucci
ed altro collega architettoad
ogni costo volevano.Non
sonomai
statoun
entusiasta di Santa Trinità;non ho
veduto in essa,come
ilMar-
cucci, i caratteri di
una
abbaziamonumentale, nè
viho
scorte le singolarità architettonicheche
potessero farmiammettere
che Michelan- gelo, tutto ed intero del Rinascimento, novatore continuo in architettura, potesse provaream-
mirazione per questa chiesa;
ma una
volta attivatone il restauro nelle parti essenziali,non
potevo,come
direttore diun
periodicoartistico, più oltre tacerne; ed il 15Marzo
1885mandai
fuori
un
articolo nel quale, detto storicamente della chiesa quelloche
era in realtà, ed indi- cato ciòche
acondurre con
convenienza ilrestauro
mi sembrava
opportuno di fare, of- frivo alle parti in dissenso ilmodo
d’intendersi ;e ciò facevo
anche
perchè lo zelo deipromo-
tori e il desiderio suscitato in molti di
veder
tornare quella chiesa all’ antico decoronon
ri-manesse
senza soddisfazione.11 Castellazzi, combattuto al
modo che
ab-biamo
inteso, vide l’articoloche
lo riguardava, tutto oggettivo ed impersonale, e confidò che chi loaveva
scritto a sopire la controversia, potesse giovare ; quindicon
confidenzami
sirivolse, invocando
un
articolo chemeno
timi-damente
entrasse nel vivo della questione,
dando
giudizj da arbitro: egliprometteva
di sottomettersi,qualunque
fossero stati.Non
pro- misi ciò che voleva; dissi invece chenon
sarei—
12—
intervenuto di
nuovo
finché ogni tentativo diequa
composizione fosse svanito; frattanto glirendevo
esattamente noti i miei desideri perla continuazione del restauro^ i quali erano:
non
si potesse ad alcun patto e per nessuna ragione concedere che restassero aggetti di sorta agli esterni delle cappelle, né balaustrate allemedesime
; che ilpavimento
della chiesa do- vesse essere ricondotto findove
si è ricondotto;che la decorazione fatta dalBuontalenti al pre- sbiterio, senza transigere, dovesse essere smon- tata e offerta per la chiesa di Santo Stefano, unica adatta a riceverla. (1)
La Commissione non
offri segno di essersi curata delbarticolo cheaveva
incontrato Tap- provazione del Castellazzi ; ciò che spiegai più tardi,quando
ilMarcucci mi
rese note di pro- priopugno
le disposizioni d’animo verso quel- l’artista, che erano quali qui le paleso :« Egregio Sig. Franceschini,
« Oggi è la
voga
dei restauri, e ilGoverno
è trascinato a spendere, sia pur poco, per questo scopo(2).Ma
io credo che chinon
sanemmeno
(1) Oggi quella graziosa opera d’arte èdoveindicaicon- venisse rialzarla, nella chiesa di S. Stefano, ammirata da
tutti come se fosse ^taca eseguitaperquel luogo.
E
dire che essa e là per ordine diquella stessaCommissione chela vo- leva perpetuamente in Santa Trinità! Di questotrasloco in Santo Stefano presso il presbiterio dovrebbe essere incisa memoria.(2) Non si direbbe che il Mareucci, che scriveva cosi,
non avesse mai proposto restauri ocompimenti difabbriche?
—
13—
distinguere in architettura antica il fare del secolo XIII
da
quello *del secoloXV non
do-vrebbe
mai, se avesse coscenza, brigare per ottenere la direzione di alcun restauro. Il farsinominare
officialmente restauratoresembra che
già sia qualcosa ;ma
èanche
altrettanto facileil farsi per lo
meno
compatire.E
sì cheuna
volta il prof. Castellazzistampò
inuna
sua« prelezione » [DelVArchitetto ecc., Firenze, tip.
della Gazzetta d'Italia, 1875, pag. 18) che in certi casi Varchitetto, se sensibile ai suoi rimorsi,
può
anche uccidersi^ come si è ucciso pochi anni or sono uno dei più distinti architetti della Ger- mania, per avere, si dice, trovato nel suo lavoroun
errore che avrebbe potuto evitare. Ebbene, vede, se io fossi in lui e tenessiad
essere coe- rente, a quest’ora avrei pensato daun
pezzo almodo
di uccidermi.Mi
pare si sia proprio nel caso. » (1)Il Marcucci invece dilettante in architettura, nonesercente, nei suoi disegni non propose cherestauri ecompimenti delle fabbriche più insigni: notevoli fra tutti quelli per com-
piere con la facciata la basilica di S. Lorenzo in Firenze.
(1) La pubblicazione di questa lettera disapprovabile sotto ogni rispetto, non è atto ingeneroso contro la memo-
ria di un uomo, che ebbe pure isuoi meriti: non 1’avremmo permessa.
E
destinata, invece, a mettere in rilievo ilcarat- tere violento, atrabiliare anzi, del povero defunto;carattere che può invocarsi a scusa e ad attenuante delle sue molte incoerenze. Del resto non sarà discaro il sapere che ilcav.Franceschini ebbe coll’ing. Marcucci consuetudini di stima e di amicizia, e, morto, ne tessè l’elogio. (Nota della Dire- zione àeWAteneo),
—
14—
III.
La
lettera inqualificabile delMarcucci
era meritata dal Castellazzi? Ionon
lo credevo; e frattanto la disputastava per essser troncataconla cessazione del restauro (1).
Mi
parve giuntoil
momento
opportuno d’intervenire di nuovo, e nelmio
periodicomandai
fuoriun
articolo dove,appena
ravvivato nellamemoria
dei let- tori Torigine del restauro e ciò cheavevano
do-mandato
coloro che lo promossero, entrai nel vivo della questione, dicendo così:« Quelle
domande
fatte esaminare diligente-mente
furono ritenute savie, ed il Ministero per- suaso della bontà e ragionevolezza di quantogli si chiedeva, a proposta deirUfficio del
Ge-
nio Civile di Firenze, assegnò all’architetto Giu- seppe Castellazzi lo studio particolareggiato del da farsi in Santa Trinità,
assumendo
sul bilan- cio del proprio Ministero la spesa occorrente,meno
per le cappelle, le quali fu concordato che, inmancanza
di generosi Patroni, avrebbero pen- sato i promotori a ridurle.L’architetto fece allora il suo studio, e pren-
dendo come un
obbligo il restauro con i criteri dovuti, oltrepassò di alquanto i desideri dei pro-(1) Vedi Nuovo Osservatore Fiorentino, 6 dicembre 1885.
Quando usci tale articolo, il periodico Arte e Storia aveva già anunziato che i restauri sostanziali in Santa Trinità erano sempre interrotti.
—
15—
motori stessi,
avendo
vedutoche
riaprendoroc- chio del finestrelle del coro e Saltarmaggiore
riconducendo al suo originale, la decorazione del Presbiterioche
fronteggia V altare ed il coronon
poteva mantenersi in contraddizionecon
essi e
con V
insieme della chiesa ; perchèaveva
veduto, nelnudare
i pilastri delle navi dalla tintache
secolarmente li ricuoprivache
in antico portando essi dei collarini, era necessa- rio rifarveli; perchè gli si era fatto palese per rimettere la chiesacome
essasorse, allaeleganza delle sue proporzioni,non
potersi ameno
di riporhire ilpavimento dove
loavevano
collocato gli antichi maestri, più in basso; preordinando a tal fine la ripristinazione delle decorazioni di base di quei pilastri, certo che quella operazionenon
sarebbe stata contrastatada
alcuno;aveva
infine veduto che il
domandare come
si era fatto nella petizione loscoprimento delle pitture delle cappelle, senza chiedere laremozione
degli or-namenti
che quelle pitture occultavano, eraun
nonsenso ; intendendo il Castellazzi che ciòche
si era desiderato di ricondurre al pristino stato lo divenisse di fatto.
Credei a suo tempo, e tutti lo avrebbero allora
egualmente
creduto^che
la nostraCom-
missione Consultiva dovesse esser grata a quel maestro, se
non
altro per lo zelo e le diligenti investigazioni; ma, ed è inutile indagarne ilperchè, la
Commissione non
fecebuon
viso a quelle proposteeaccagionòilCastellazzi diavere indagato e proposto di troppo; lo contrariò lun-
—
16-
gamente
nella questione delpavimento
; lo con- trariò nella ripristinazione dei collarini dei pi- lastri;non
vollenemmeno
udir parlare della riduzionedegli archi e delle fronti delle cappelle Sassetti e Gianfìgiiazzi ; si oppose allaremozione degli ornamenti barocchi in quattro cappelle :pose assolutamente il suo veto perchè il pre- sbiterio del Buontalenti fosse portato altrove, lasciando il maestro, che stava per dare il
primo
saggio in Firenzecome
restauratore^ nellaim-
possibilità di andare innanzi, senza cadere nelle censure di coloro che sanno ciò che voglia dire
un
restauro.Nè
basta; chè percosso ilmae-
stro, per aver conceduto al
Marchese
Pietro Bartolini-Salimbeni che saggiasseleparetidiuna
delle sue cappelle, si impedi a questo gentiluomo, che operava a proprie spese, di poter andar ol- tre; senza che per giudizio dei periti si dimo- strasse essersi perconto del detto signore
male
operato, senza pensare che se la
Commissione
nella esecuzione dei restauri
ha
il diritto di essere cautelata,non ha
Pautorità di potere imporre restauratori a suo modo(l).Una
sola cosa fra le tanteavrebbe
potuto(1) 11marchese PietroBartolini-Salimbeni, come patrono, fece rimettere al Ministro della Pubblica Istruzione una protesta,che {'Osservatore citato pubblicò il 3 gennaio 1886.
La scopertura delle pitture murali di Santa Trinità, invo- cata dai promotori, deve la sua effettuazione soprattuttoal Castellazzi: per la Commissione, che non voleva restauro serio, le pitture sottostarebbero oggi a qualche mano di bianco di più.
17
—
fare la
Commissione
conservatrice, e noi fece;e questa era di consigliare all’architetto di de- sistere dalla proposta del
pavimento
a spina di pescecon
i mattoni per taglio; perchè le tracce deidue
impiantiti, sotto quel terzoche
va ora a sparire,non
eranoche
quali gliammattonati
comuni, e quindi era razionale che a quelmodo
e
non
altrimenti, avessero dovuto tornare.Portate le scambievoli proteste della
Com-
missione e deU’architetto dinanzi al Ministro della Pubblica Istruzione, questi
non
credè di poter fare dimeglioche
diconferire all’architettomedesimo mandato
piùampio
chenon
avesse a principio; ciò che condussead una nuova
proposta per la conservazione delle decorazionidi alcune cappelle per contentare la
Commis-
sione, consistente nell’innalzare tre
nuove
cap- pelle sul tergo deila chiesa.Ma nemmeno
ciò piacque a quei Commissari,come non
piacqueche
le cappelle tutte,meno
lamkggiore che
ne possedevauno
stupendo del 1463, avesseroaltari conformi ai
due
trovati agran
fortuna in testa alle navi;mense
sostenuteda
colon- nette ottagonali di squisito disegno e del tipo dell’arte estrema del medio-evo,che
qui,come
ho fatto osservare altre volte, si lega a quella del secolo XIII; cosa questache
perme
segnala
condanna massima
delmodo
di vedere dei Commissari, ai quali offrirei volentieri le pagine delmio
periodico a provare ame
ed al paese che, data quella scoperta, senz’altra discussione18
—
non
dovesse sparireda
Santa Trinità ogni altro tipo di altare.Non
so quale atteggiamento abbia preso laCommissione
di fronte alla questione di quella cripta, che, discoperta e tornataa interrare nel 1885, è stata oggi, nelle ricerche per il pavi- mento, trattanuovamente
alla luce; so però questo : che in tanta ripresa di studi archeolo-gici, in tanta religione per le cose vecchie,
non
è possibile che
quando
si scuopronomonumenti
di tal fatta si possano trascurare; e confido che^,
almeno
inquesto, architetto eCommissione
deb-bano
andare concordi perchè il caratteristicomonumento
riveda, e per sempre, la luce. (1)Meno dunque
la reintegrazione della bifora del coro e la remozione di quanto dimacchinoso
sta SLiiraitar maggiore,meno
i collarini di quei pi- lastri, a malincuore subiti, ed ilpavimento
ap- provato senza critica, tutto in Santa Trinità mi- naccia rimanere eternamente nelle condizioni accennate, con la mostruosità della decorazione frontale della cappellaSassetti,soprammessa
agli eleganti pilastri ed agli affreschi dell’arco acuto.Resta la iniquità della decorazione esterna della cappella Usimbardi, la quale occorrerebbe sa- crificare nelle ornative a tutta laprofondità dei pilastri
; e resta il presbiterio disegnato dal Buontalenti, graziosa e rara opera d’ arte ottima
(1) Ho la coscienza che senza questofervorino,la cripta, che passando il segno davvero, oggi è rinnovata, la luce non ravrebbe riveduta mai più.
—
19—
altrove;
ma che
nessuno che abbiabuon
sensopuò ammettere,
restaurando- tipicamente la chiesa, qui possaancora
restare. Resteranno quali oggi sono le quattro cappelle costruite nell’ epoca più infelice perV
arte—
e in quasi tutte le cap- pelle resteranno gli altari erettivi nella stessa epoca, concedendosi, a grazia speciale, si rialzi quello rintracciato, chemi
pregio di aver lodato eraccomandato
perchè fosse dinuovo
eretto in tutte le cappelle ritornate ali’ antico (1)Strana è la posizione fatta al restauratore del tempio dall’ ultima sentenza della Giunta su- periore di Belle Arti, per la quale fu definito
che
in ciascuna delle cappelle in questione, fra r architetto e iCommissari
locali,debba
averela prevalenza quella delle decorazioni fra l’an- tica e la
moderna,
chemesse
di fronte, siaffermi migliore. Quello che siauna
cappella delmedio- evo
fiorentino, nelle sue tremura,
senza risalti e nella sua volta formata a spicchida
costoloni, ciascunopuò immaginare. Ma
chi,ammesso
che fosse razionale il far trionfare inun
restauro simile principio, chi potràammettere un
giudi- cato privo di senso così, il qualenon può
at- tuarsi seprima non
siremuovono
tutte le partisoprammesse
alle muraglie e alle volte, perchéle decorazioni primitive, per il confronto, pos- sano esser rimesse alla luce?
(1) Di questi graziosi e tipici altari ne sono stati inal- zati, per desiderio degli stessi Patroni, nelle cappelle Com- pagni e Davanzati.
—
20Ecco
a checonducono
le personali simpatie e gliumani
riguardi ».E
concludevo:« Entrino
dunque
i cittadini di Firenze^ a-manti
del patrio decoro, nel tempio di Santa Trinità e giudichino se sia da saviT
impedire che si tolgano dalla cappella Sassetti la calce edi mattoni
soprammessi
alla decorazione eseguitada Domenico
Ghirlandaio;vedano
se è giusto che inuna
chiesa, che nel suo insieme è destinata a riprendere iltipoperfetto dellachiesadellafine del secoloXIV,
sidebbano
sopportare ancoragli aggetti ornativi sulla cappella
Usimbardi
ed ogni altra cosa partitamente
indicata, e torni afarsi viva per Santa Trinità la Giunta superiore, inviando sul luogo alcuno dei suoi
; chè
non
èpossibile che dalla nazione deir arte e
da un
consessodove
siedono uominicome Cammillo
Boito possano uscire in fatto di restauri sen- tenze inappellabili, a carico deldecoronazionale, prive di senso cosi ».IV.
L’ articolo
dove
eranomesse
alla luce del sole con la più scrupolosa esattezza, le diver- genze fra laCommissione
e il restauratore del tempio di Santa Trinità piacque al pubblico,non
dispiacque al Ministero per la Pubblica Istru- zione,ma
spiacque infinitamente al Relatore dellaCommissione
ing. Marcucci; il quale, senza circonlocuzioni, lo attaccòimmediatamente
di-
21-
falso, tanto erano
enormi
ed insostenibili le coseche avevo
fatto conoscere ; e la letterache
an-che
in questa circostanza ilMarcucci
credè di inviarmi, occorreoramai
sia conosciutada
tutti,perchè da
tutti si sappia ciòche
èmoralmente
costato il restauro di Santa Trinità, questo re- stauro che, per gli odierni illustratori della chiesa,sembra
natoda
sè, o per lomeno
sia costato la stessapena
a quanti, dalCastellazzi al più umile degli artefici, viabbianoavuto le mani.Il Marcucci, dunque, in data deir8
Dicembre
1885, così
mi
scriveva:Egregio Sig. Franceschiniy
Ricevo
ora e leggo l'articolo per S. Trinità nelVOsservatore del 6 corrente. Codesto articolo creda pure, è pieno zeppo di cosenon
vere eche
Ellapuò
riuscire a constatarecome
tali soloche
si presenti in Prefettura ed ottengaun
per-messo
per le opportune ricerche in archivio.Ella dice
che
laCommissione
Consultiva Provin- ciale « contrariòlungamente
nella questione delpavimento
» il Prof. Castellazzi; e ciò è asso- lutamente
non
vero; «che
lo contrariò nella ri- pristinazione dei collarini dei pilastri », e ciò ènon
vero,ma
falso ; che «non
vollenem- meno
udir parlare della riduzione dell' arco e della fronte della cappella Sassetti », e ciò è assolutamente falso.Però
Ella dice benissimoquando
affermache
la dettaCommissione
«non ha
autorità di potereimporre
restauratori a suomodo nè
alMarchese
Bartolini nè agli altriPa-
—
22—
troni delle cappelle »;
ma mi sembra
che Ella dovrebbe ritenere essere altrettanto vero chenemmeno
i Patronihanno
il diritto di imporre restauratori a loromodo
allaCommissione
con- sultiva. Pensi che se la Cappella Bartolini è stata imbiancata e riquadratamodernamente
e se è stata sopraccaricata diuna buona
dose della casa Posi, e si trova ad avere tinto di verde- bronzo (patina bellissima!!!)rornamento
dorato dell’ancona, sideve
tutto all’ arbitrio ed alla acquiescenza dei Patroni,mal
frenati da alcun potere civile. Stabene
che l’attualeMarchese
Bartolini stava operando, « a proprie spese > ;
ma
molto probabilmente i suoi antecessori fe-cero altrettanto, ed Ella converrà essere niente lesivo ai diritti Patronali del Signor
Marchese
se la
Commissione
Consultiva Provinciale, giac- ché ora esistono questeCommissioni
in ogni Pro- vlncia, vuol sapere cosa intenda di fare ecome
intenda spendere i suoi denari in simili casi il
Patrono,
prima
che si procedaad un
lavoro; e se vuol discutere i titoli e l’attitudine a restau- rare, nel pittoreche il Patronoimpone
allaCom-
missione Consultiva. Capiscoche volendo andare d’amore e d’accordo in tali contingenze, occorre del tatto, del saper fare; e invece ci siamo tro- vati ai soprusi, alle picche, ai puntigli, ai ricorsi ai tribunali, all’appello al popolo; le quali cose è naturalissimo che generinouna
più omeno
energica reazione. Sia ragionevole, e
convenga
che è propriocome
ioLe
dico.Non
è poi vero per nulla che laCommissione
abbia voluto che—
23—
restasse « la iniquità della decorazione architet- tonica esterna della cap{)ella
Usimbardi
» ; sonoi Signor! Castellazzi e Spighi (1)
che volevano
questo enon
già la Commissione.La
quale, seih-• pre
ferma
nell’idea di voler ripristinare tutti e singoli gli archi acuti del prospètto delle cap- pelle state rimodernate, toccando ilmeno
pos- sibile r interno di esse,ha sempre
indicate al restauratorelecondizioni dell’arcodella Cappella Gianfìgliazzi (la prima, entrando a destra)come
tipiche per lo studio della riduzione di tutte le altre,
non
esclusa,anzicompresa veramente
bene, la cappella degli Usimbardi.« Strana è la posizione fatta al restauratore del tempio dall’ultima sentenza della Giunta superiore di Belle Arti » è vero;
ma una
voltausava
dire che « chi è causa del suomal
pianga se stesso. '»Stia bene.
Suo
E.
Marcucci
Denegazioni cosi precise, date
da un membro
della
Commissione
Consultiva, anzi dal Relatore di essa,da
partemia non
potevano restare senza•(1) L’architetto Cesare S]>igìii fu l’aiuto del Castellazzi
ili Santa' Trinità per le cose del restauro. Nella questione della fronte della Cappella Usimbardiè vero che fu del pa- rere di non atterrarla; a me diatterrare quella decorazione frontale aveva data formale promessa il Castellazzi mede- simo; fu atterrata però dopo la morte di lui.
-
24—
risposta; e la risposta,
non
fatta attendere lun- gamente, fu questa :«
Con
la stessa distribuzione postale del 9 correntemi
sono state recapitatedue
lettere riflettenti egualmente Varticolomandato
fuori dame
il 6 sui restauri della chiesa di Santa Trinità.La prima
di quelle letteremi
rimprovera, garbatamente, dell'essere entrato nel ginepraio di quelrestauro, sapendo che il restauromede-
simo era sorvegliato dauna Commissione
della quale fanno parte degli uominicome
Tlissi edil Poggi, e dicendo che Tentrare dinanzi a tali artisti
non
è coraggioma
audacia; ed a co- desto signoremi
è parso inutile rispondere,contentandomi
farsapere al coraggioso scrittore,che
non
si firma, chementre
egli è padro- nissimo di fidarsi ciecamente di tutti,non
sarà certo per i suoi fervorini checambierò
di na- tura ; e che confido di poter proseguire a giu- dicarecon
i miei criteri,guardando sempre
le cose per quello che sono,non
per chi leha
fatte 0 le
ha
consigliate.La
seconda lettera (1) astrae da principio dalle persone per scendereimpetuosamente
di- retta nelle questioni di fatto.Lo
scrittore, che lealmente si firma, contesta subito che T articolo di cui si tratta è pieno zeppo di cose non vere; e passando ai particolari, dice che laCommissione non ha
contrastato(1) La lettera del Marcucci sopra riportata.
—
25—
lungamente
nella questione delpavimento
; il
che, si noti,
non
vuol direche non
si sia contra- stato eche non
si sia statinove
mesi sènza per- metterne la esecuzione.Dice non
esser veroche
laCommissione
fosse- contraria alla ripri- stinazione dei collarini dei pilastri,mentre
fuiimmediatamente
avvisato di quella opposizioneda
cittadini estranei al lavoroma
zelantissimi delle cose paesane; e poi dagli operaiche
sioccupavano
di quei pilastri ebbi esatte notizieche
alcuno deiCommissari non
voleva rimet- tere codestemembrature,
poichénon ne
co-nosceva
esempi, eche
altro di queiCommis-
sari si dichiarava
pago
restassero quei col- larini subbiati almodo
in cui si erano rintrac- ciati, bastando, diceva egli, per la storia delmonumento, che
si potesse scorgere su quei pi- lastriche un
di quellemembrature
vi eranostate.
Dice
infine essere assolutamente falso chela
Commissione non
intendessenemmeno
di udir parlare degli archi e delle fronti delle cap- pelle Sassetti e Usimbardi,che
erano volutemantenere
in quelmodo
dai Signori Castellazzi eSpighi, nongià dalla Commissione,sempreferma
nella idea di voler ripristinare tutti e singoli gli archi acuti delle cappelle, compresaveramente
bene la cappella degli Usimbardi.Questo delle cappelle Sassetti e
Usimbardi
è dei tre appunti chiamati falsi quello solo cuiveramente mi
occorra rispondere,avendo
degli altri già reso ragione. Perciò a chimi ha
mossigli appunti,
domando
:come
è cheV
architetto—
26—
restauratore, chiamato in colpa di volere egli
mantenere
le ornative chenon
possono stare in alcunmodo
sulle fronti di quelle cappelle, ab- bia esposto nella sagrestia di S. Trinità,dove
sitrova tuttora,
un
disegno portante il suo visto, edove
le cappelle in questione sono riportate allaforma
archiacuta? coni’ è che i saggi, per liberareda
ciò che v’era addossato i pilastri,li
ha
fatti fra Giovacchino, ilpromotore
del restauro, al solo fine di spingere i signoriCom-
missari a prendere
una
deliberazione in pro- posito? (1)Trova, anzi concede, lo stesso signore, che ho ragione
quando
affermo che laCommissione non ha
autorità di potere imporre ai Patroni restauratori a suomodo, ma
soggiungeimme-
diato che, per converso, i Patroni non hanno
diritto d’imporre restauratori
a modo
loro;come
se alle Commissioni si fosse negato questo di- ritto,
come
se il Patrono della Cappella, che fu causa della rappresaglia, avesse presentato a restauratoreun
imbianchinoqualunque
onon
(1) Fra Giovacchino, il vero promotore dei restauridi S.
Trinità, era quello che mi teneva al corrente di ogni di- sputa e deliberazione che per quel fine prendevasi; la pas- sione che poneva perchè tutto procedesse in modo perfetto in quel lavoro era.incredibile e nonera contento se di ogui cosa che si facesse non fosse persuaso. Queste le ragioni perchè spesso achiesachiusa amava d’intrattenersi con
me
dinanzi alle cose che si facevano. Il saggio per liberare la parte bassa di uno dei pilastri della Cappella Sassetti dai mattoni edall’intonacochelirivestivano fu fattoconsenziente
me pure.
-
27piuttosto
un
artista rispettabile tanto, che, ap-pena
fatto cessare dal restauro nella Cappella Bartolini,non
fosse stato richiesto dallo stesso imprenditore per lo scuopriniento delle pitture delle navi,come
socio air impresa.Come
si vede, nessuna delle repliche dovute alla lettera è stata lasciata senza risposta. Chi è rimasto senza risposta sono io nelle parti sa- lienti deirarticolo su Santa Trinità; sulla ragione cioè che si possa avere di lasciareanche
nelle Cappellenon
architettate nei secoliXVII
eXVIII
gii altari di quella età, sostituiti agli antichi, quando,
eseguendo
il restauro, si sono rintrac- ciate leforme
genuine di quelli esistenti neltempio
del secoloXIV,
peravventura
vaghi e diversificanti dagli altri della stessa età ; pure senza risposta sono stato lasciato sulcome
pos- sanorimanere
nelle cappelleRonconi
eBomboni
ledecorazioni
die
vi si vedono,ecome
in questaultima si possa conciliare la riapertura della finestra a sesto acuto
che
resta dietro Taltare,con
questoche
si vuol conservato nelle sueforme
presenti, che sono del secoloXVII. —
Circa poi alla
remozione
del presbiterio ornato dal Buontalenti,che
si vuole resti in pieno contrasto col resto, che si è risposto ? Nulla pertali cose; e
come non mi
si è risposto, sono certissimoche egualmente
sarei stato trattato se avessimosso domanda
sulla strana que- stione deir occhio della facciata, che si vuoleresti air esterno nel suo pietrame, e che nella vetrata, per il suo
tempo
bellissima, servaad
—
28~
un tempo
diornamento
alla facciata interna, la qualedeve
portare le caratteristiche didue
secoli prima, e il cui occhio oggi
non può
es- sere che simulato, perchè di livello più basso e di diametromeno grande
di quello esteriore.Non
confido con questa replica di aver per- suasominimamente T amico
della Commissione,il quale si è compiaciuto rispondermi; a
me
basta di far sapere che gli appuntimossimi non
sonotali
da
potermi ridurre al silenzio, e che sonosempre
pronto a rendere cortesemente ragione delle cose che scrivo. Confido però dinon
do- ver tornare a discorrere di Santa Trinità che a restauro compiuto, restauro chemi auguro
ora- mai, dopo tanto battagliare, sollecito e felice quanto, per inon
spiegabili disaccordi fra ar- chitetto restauratore eCommissione ha
pro- ceduto lento ed infelice fin qui.V.
Il Marcucci, dopo Varticolo che
ho
fatto co- noscere, limitò la opposizione per Santa Trinitàa
sfoghi privati; ondeavvenne
che si potè giun- gere alla ripresa dei lavori per il restauro, ilquale fu concordato doversi portare a fine con- sociando la
Commissione
airarchitetto, già solo incaricato dell'opera.Il restauro, fino
da
quelmomento,
fu deciso dovesse condursi indue
parti, cioè cheprima
di porre