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Il nuovo ruolo del nursing nell’ossigenoterapia domiciliare

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Academic year: 2021

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Nei paesi occidentali sono in corso già da alcuni anni profonde trasformazioni dei Sistemi Sanitari Nazionali con l’obiettivo di raggiungere un’ottimale razionalizza- zione delle risorse.

Il crescente bisogno di salute e la volontà di ottenere una migliore qualità di vita da parte della popolazione, l’incremento vertiginoso delle conoscenze scien- tifiche con la scoperta di nuove molecole e di nuove tecniche di somministrazione dei farmaci, l’avvento e lo sviluppo della telemedicina, grazie alla diffusione del- l’informatica e delle telecomunicazioni, si accompagnano al progressivo aumento dei costi delle prestazioni mediche con la crescente consapevolezza della dimen- sione economica del problema Sanità, con l’applicazione dei DRG e la necessità sempre più avvertita di ridurre i costi dell’erogazione sanitaria.

Questi nuovi impulsi hanno evidenziato la necessità di porre una maggiore attenzione nell’utilizzo di tutti i mezzi disponibili, per perseguire un contenimen- to della spesa che non vada a discapito della qualità dell’assistenza erogata e pro- muova allo stesso tempo adeguati protocolli di intervento che tengano conto delle implicazioni derivanti dalla complessità di tutti questi fattori.

Il ruolo del nursing, in questo contesto, riafferma la sua importanza: da sem- pre è quello di porsi come mediatore tra i valori scientifici e quelli economici per completarli e arricchirli, mantenendo sempre l’attenzione sul valore e la dignità dell’individuo, posto al centro dell’attività sanitaria e considerato nella sua inte- rezza e complessità bio-psico-sociale.

Il processo di nursing diventa rilevante per la formulazione di protocolli d’in- tervento, soprattutto in presenza di malattie croniche, dove i programmi di quoti- diana autogestione a lungo termine costituiscono un’imprescindibile componente nell’approccio sanitario e quindi richiedono al paziente conoscenza della patolo- gia e condivisione delle scelte terapeutiche.

I malati cronici hanno il diritto di accedere al maggior numero di informazio- ni possibili per poter partecipare più attivamente all’assistenza e assumersi le dovute responsabilità nelle scelte di gestione della malattia.

Uno dei maggiori impegni che la professione infermieristica da sempre si trova ad affrontare in modo prioritario è proprio quello di soddisfare la necessità di un’adeguata educazione del paziente e dei suoi familiari, per aiutare l’individuo ad adattarsi alla malattia, a cooperare nelle terapie prescritte e a imparare a risolvere i problemi qualora si trovi di fronte a situazioni nuove, evitando, quando è possi- bile, nuovi ricoveri per i medesimi problemi.

I pazienti in OTLT sono pazienti con grave insufficienza respiratoria cronica, con caratteristiche di lenta ma continua progressione, estremamente limitati nello

domiciliare

R. Bisato, C. Turati

Ci sono due qualità al mondo: l’efficienza e l’inefficienza

(G.B. Shaw, L’altra isola di John Bull)

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svolgimento delle più semplici attività quotidiane, spesso soggetti a riacutizzazio- ni che li obbligano a frequenti ricoveri, la cui gestione comporta un elevato impe- gno economico e sociale.

Da quasi quindici anni, la nostra Unità Operativa ha voluto seguire questi pazienti in regime di ricovero domiciliare, cercando di prolungare l’assistenza oltre il ricovero ospedaliero, educando e garantendo gratuitamente la fornitura di farmaci, di ossigeno, degli ausili necessari, nonché l’assistenza tecnica e i control- li periodici, supportati da un sistema telematico che permette l’acquisizione/tra- smissione in tempo reale di un monitoraggio clinico-strumentale quotidiano.

Quando, nel 1990, è stato inaugurato il progetto di controllo telemetrico dei pazienti in OTLT, l’importanza di un protocollo ben preciso d’intervento era già ben chiara e la sua definizione si è affinata nel corso degli anni, con l’esperienza e le verifiche periodicamente messe in atto per soddisfare le nuove esigenze e per dar risposta alle diverse problematiche incontrate [1].

In Italia, l’ossigeno è stato riconosciuto come farmaco, e quindi parte integrante del prontuario terapeutico nazionale, solo nel 1982 (DM 01/07/1982 GU n. 217 09/08/1982). Negli anni immediatamente successivi, vi fu una lunga fase di studio epidemiologico per individuare le diverse situazioni patologiche soggette al tratta- mento a lungo termine con ossigeno, i criteri di prescrizione, il metodo più idoneo e più sicuro per l’erogazione (studiando i vantaggi e gli svantaggi delle diverse sor- genti e delle varie modalità di connessione), il sistema più efficace di controllo perio- dico delle apparecchiature e della situazione clinica e fisiopatologica del paziente.

Il nostro progetto [2], condotto col supporto istituzionale della Regione Veneto e del CNR (vedi capitolo 6), si basava sulla dimostrazione che il supporto della telemedicina a questo modello di trattamento, riducendo le ospedalizzazioni, poteva risultare economicamente più conveniente in un’ottica di comunità, oltre che socialmente meglio accettato sia dai pazienti che dai familiari.

Dal punto di vista del nursing, il primo approccio si limitava soprattutto a valu- tare la tolleranza dell’ossigenoterapia, così come prescritta dallo specialista, attra- verso il controllo dell’effettiva durata quotidiana di somministrazione e dei criteri di sicurezza e sorveglianza messi in atto. Fin da subito emerse l’aspetto critico fonda- mentale con il quale doversi confrontare: la compliance dei pazienti al trattamento.

I dati sul consumo di O

2

e sull’andamento dei parametri di PaO

2

e PaCO

2

indi- cavano quanto il loro miglioramento dipendesse dall’aderenza del paziente all’os- sigenoterapia prescritta. A quell’epoca, il 40-50% dei pazienti modificava autono- mamente in modo sostanziale il tempo di ossigenoterapia prescritto in origine e spesso lo faceva sulla base di sensazioni individuali: le modifiche alla durata della terapia tendevano prevalentemente a una riduzione [3].

“Compliance” era allora il termine più frequentemente usato in ambito sanita- rio per descrivere l’adattamento del paziente al regime terapeutico: il paziente cambiava il suo atteggiamento perché gli era stato ordinato di farlo. In questo tipo di approccio il ruolo del paziente è passivo, quello del personale sanitario è invece

“autoritario”.

Come in tutte le patologie, in particolar modo quelle croniche, il fatto che molti

pazienti non aderiscano ai regimi terapeutici prescritti non va né ignorato né

minimizzato. La mancata aderenza ai piani di cura è vissuta con vergogna da parte

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dei pazienti, che tendono sempre a negarla, e come frustrazione da parte dell’e- quipe sanitaria, che non sa come contenerla.

Si radicava la convinzione che i fattori responsabili di una scarsa compliance fossero soprattutto da ricondursi a una mancata informazione ed educazione del paziente [4]: da ciò l’impegno di trasmettere alcuni messaggi durante sedute col- lettive con l’ausilio di diapositive e filmati.

L’esigenza di educare il paziente e i suoi familiari è stata avvertita fin da subito ed è tuttora ritenuta una necessità fondamentale. Il come procedere e come attuarla è un processo in continua evoluzione, soggetto a costanti verifiche e perfezionamenti.

Nel corso degli anni è stato confermato che in un processo educativo che ha come fulcro il paziente e il raggiungimento del suo massimo potenziale di benes- sere, anche il modo di trasmettere i messaggi doveva essere modificato: era neces- sario che il paziente assumesse un ruolo più attivo nell’autodeterminazione e nel mutamento dei suoi comportamenti e ciò era possibile solo se il paziente stesso veniva non solo istruito, ma anche persuaso e poi motivato a essere il soggetto principale della cura e del mantenimento del suo stato di salute. Anche l’equipe sanitaria doveva abbandonare l’atteggiamento autoritario, che si era dimostrato poco efficace, e adottare un nuovo modello relazionale, trattando il malato come un partner, guidandolo, coinvolgendolo e incoraggiandolo.

Non bisogna dimenticare, inoltre, che nel momento in cui il malato cronico dovesse dimostrare scarsa compliance, un ruolo fondamentale di supporto può venire svolto dal care-giver, colui che accompagna il paziente e lo segue nel suo percorso: qualsiasi processo educativo rivolto a pazienti cronici quindi non può prescindere dal coinvolgimento di queste persone che possono realmente rappre- sentare un valido aiuto nella gestione della malattia.

Se l’educazione del paziente e del care-giver sulla patologia e sul piano di trat- tamento è risultata essere una priorità, con il passare del tempo ci si è resi conto che un altro aspetto importante è quello della verifica dell’aderenza ai consigli sanitari impartiti. Periodicamente, con molto tatto, ma con altrettanta determina- zione, è necessario procedere a tale verifica, rimuovendo nei pazienti qualsiasi senso di colpa e permettendo loro di discutere le proprie motivazioni.

In questo ambito, il ruolo del nursing diventa insostituibile, sia perché all’in- terno dell’equipe sanitaria l’infermiere è la figura culturalmente più preparata a individuare i bisogni/problemi del paziente - e quindi le reali motivazioni negli atteggiamenti di risposta, positivi o negativi, alla malattia - sia perché è la perso- na con cui il paziente e i suoi familiari si sentono da principio maggiormente in sintonia e si trovano a confidare, con meno imbarazzo, paure e perplessità, espri- mendo liberamente le proprie opinioni sulla condizione clinica.

In base all’esperienza accumulata nel corso degli anni, i messaggi su cui occor- re concentrarsi riguardano vari aspetti che sono risultati essere i maggiori respon- sabili di una scarsa adesione al piano terapeutico e che quindi richiedono mag- giori spiegazioni e verifiche:

La modalità di assunzione dei farmaci respiratori

I farmaci respiratori sono difficili da usare e, se assunti in modo scorretto, sono

meno efficaci e addirittura possono provocare dei danni. Inoltre, la non cono-

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scenza del farmaco determina spesso una mancanza di fiducia e molto spesso la terapia inalatoria è gestita dall’utente come un elemento meno importante rispet- to ad altri tipi di interventi terapeutici. Le cosiddette “bombolette” vengono distin- te più per la loro forma o colore piuttosto che per il loro effetto terapeutico e sba- gliando il prodotto si corre il rischio di sovradosaggi o di abbandono per non con- seguimento dell’effetto desiderato.

La gestione dell’ossigenoterapia

L’ossigeno deve essere considerato a tutti gli effetti un farmaco e quindi utilizzato ai regimi e per i tempi prescritti dallo specialista, senza rischiare di ridurne l’effi- cacia a causa di un’autonoma gestione dei flussi.

I necessari cambiamenti nello stile di vita

La necessità di smettere di fumare, di seguire una dieta adeguata, di limitare le proprie attività, di fare attenzione alla comparsa di segni e sintomi sono spesso sottostimate con gravi ripercussioni sul precario equilibrio di benessere dei pazienti.

Il protocollo d’intervento prevede che, nel momento in cui lo specialista rileva un grado di ipossiemia elevato e un decorso stabile della malattia, generalmente a seguito di un ricovero ospedaliero, il paziente sia indirizzato a un programma di OTLT e il suo nominativo venga comunicato al gruppo di nursing, affinché possa essere inserito nel programma di ricovero domiciliare.

Normalmente, durante il ricovero, il paziente viene contattato dall’infermiere e inizia un periodo di osservazione [5], durante il quale si studiano i range di saturi- metria e di frequenza cardiaca, per definire e spiegare quali siano i valori che il paziente può ritenere normali per la sua condizione clinica, e successivamente si sta- bilisce un rapporto tra l’utente e il fornitore di ossigeno e del sistema telematico.

Si istruiscono il paziente e i suoi familiari relativamente all’utilizzo e alla manutenzione delle diverse apparecchiature e degli accessori a esse collegate.

Durante questa fase iniziale, viene valutata con particolare attenzione l’aderenza dell’utente e dei suoi familiari al regime terapeutico e, prima di iniziare in via defi- nitiva il ricovero, si cerca di evidenziare nel paziente la volontà e la capacità di:

• entrare in un programma di trattamento e portarlo avanti con continuità

• rispettare gli appuntamenti per le visite di controllo

• assumere i farmaci prescritti in modo corretto

• attuare appropriati cambiamenti nello stile di vita

• gestire correttamente i regimi terapeutici domiciliari

• evitare i comportamenti rischiosi per la salute.

In questo percorso educativo alcuni aspetti sono risultati essere strategica- mente vincenti per il miglioramento dell’adesione:

• schemi terapeutici semplici

• buon rapporto medico - nurse - paziente

• educazione continua dell’utente e della famiglia

• buona comprensione del trattamento terapeutico e del programma a lungo termine.

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Una volta superato il periodo iniziale, il nostro servizio procede all’apertura del ricovero domiciliare vero e proprio, con la creazione della cartella clinica fina- lizzata e della scheda infermieristica computerizzata. Si procede all’apertura della scheda telematica, impostando i tempi di rilevamento e i range di misura [6].

Il sistema offre anche la possibilità di costruire in maniera semplice e intuitiva dei questionari che possono essere inviati al paziente in telemetria e che aiutano l’equipe a comprendere meglio eventuali difficoltà che possono determinare un deterioramento della qualità di vita.

Si programma inoltre la scadenza dei successivi controlli ambulatoriali, duran- te i quali l’infermiere verifica la corretta assunzione della terapia farmacologica secondo gli schemi terapeutici, la gestione delle apparecchiature e fornisce all’u- tente i farmaci necessari fino al successivo controllo.

Nell’ambito dei controlli programmati, il personale infermieristico rileva l’e- ventuale insorgenza di nuovi problemi e, qualora sia necessario, si pone come trait d’union tra paziente e medico: in quest’era di medicina orientata in modo osses- sivo alla produttività, il personale infermieristico ricopre un ruolo fondamentale se si tratta di trovare anche il giusto tempo per “ascoltare” il paziente.

Nelle patologie croniche, l’efficacia del trattamento va vista come migliora- mento del livello della malattia piuttosto che come grado di curabilità reale e que- sto aspetto deve essere accettato e compreso da tutte le figure coinvolte nel rap- porto sanitario.

Il trattamento di questi pazienti è indirizzato verso la prevenzione dei sintomi e delle riacutizzazioni, cercando di minimizzare l’effetto della patologia sullo stato di salute complessivo. Inoltre, la patologia principale è spesso associata ad altri quadri patologici quali cardiopatie, ipertensione, e diabete ed è per questo motivo che è necessario prendere in considerazione la globalità del soggetto malato [7]. Il pazien- te deve essere messo in condizioni tali da poter condurre una vita il più possibile normale anche nei casi più drammatici dove si trova a essere limitato nello svolgi- mento delle più semplici attività quotidiane come lavarsi e vestirsi. Da ciò deriva l’e- sigenza di allargare la valutazione clinica dai tradizionali parametri biomedici alle capacità funzionali, fisiche, mentali, sociali e alle percezioni del paziente.

La bronco-ostruzione, la dispnea, la tosse, l’espettorazione non sono le uniche conseguenze della malattia.Anche il sonno disturbato, la fatica, le terapie mediche e/o strumentali invasive e il vissuto psicologico dei pazienti hanno effetti fisici ed emo- zionali e possono pertanto avere un impatto sulla percezione dello stato di salute.

La raccolta di tutte le informazioni possibili sullo stato di salute ed emoziona- le del paziente deve essere effettuata dal personale infermieristico per poi trasfe- rire in sintesi queste informazioni in un momento successivo (quando viene effet- tuata la visita medica specialistica) in presenza dello specialista, del personale infermieristico stesso e dei familiari che accompagnano il paziente. Nella nostra esperienza questo momento permette un approccio più coinvolgente ed esaurien- te ai problemi dell’utente che sono con maggior facilità portati all’attenzione dello specialista grazie all’infermiere che “filtra” sia le informazioni che il paziente for- nisce al medico sia quelle che il medico fornisce al paziente e ai suoi familiari.

Il conseguimento degli obiettivi assistenziali, volti fondamentalmente al

miglioramento della qualità di vita della persona malata, dipende quindi princi-

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palmente da due variabili [8]:

• la capacità di stabilire, mantenere e consolidare il rapporto dell’equipe sani- taria con il paziente

• l’efficacia dei messaggi educazionali trasmessi nell’ambito di questo rapporto.

Se da un lato infatti è il medico che deve fornire indicazioni di carattere edu- cazionale, è senza dubbio l’infermiere ad avere il compito di approfondire, raffor- zare e rendere pienamente efficaci queste prime indicazioni.

Attualmente sono coinvolti nel programma di OTLT tramite il nostro servizio 289 pazienti, 166 dei quali sono stati inseriti in regime di ricovero domiciliare.

L’assistenza domiciliare ha permesso a questi pazienti di sentirsi percepiti come partner nel processo di cura e li ha resi più partecipi al piano terapeutico, per- mettendogli di segnalare tempestivamente qualsiasi variazione nello stato di salu- te o nel rilevamento dei parametri monitorati.

La telemetria, contrariamente ai timori iniziali che facevano ipotizzare non poche difficoltà per pazienti poco esperti di tecnologia, è apprezzata e utilizzata appieno, e voluta, anzi, come valido supporto per avere subito consapevolezza della gravità delle riacutizzazioni.

Questo approccio si è dimostrato, negli anni, un utile strumento di supporto nella gestione di una malattia fortemente debilitante: la soddisfazione dei pazien- ti, la sensazione comune di un miglioramento delle conoscenze e della consapevo- lezza, il conseguimento di un’effettiva diminuzione del numero di ricoveri ospe- dalieri e, quando questi non potevano essere evitati, di una reale riduzione dei giorni di degenza, ci rendono sicuri dell’efficacia della scelta intrapresa e ci sti- molano a una continua revisione per adeguarci a un intervento sempre più effica- ce e produttivo e al contempo sempre sostenibile e meno oneroso in termine di risorse [9].

Bibliografia

1. Dal Negro RW, Pomari C, Micheletto C (1995) Ossigenoterapia domiciliare a lungo termine (OTLT) sotto controllo telematico: aspetti farmacoeconomici. Farmacoeconomia 2(4):43-46

2. Dal Negro RW, Turco P, Pomari C (1991) Progetto di telemetria per l’home care respiratorio.

Risultati preliminari. Rass Pat App Resp 6(1):111

3. Earnest MA (2002) Explaining adherence to supplemental oxygen therapy: the patient’s perspec- tive. J Gen Intern Med 17(10):749-755

4. Gibbons D, Conneelly J, Smith J (2002) An audit of provision of long-term oxygen therapy for COPD patients. Prof Nurse 18(2):107-110

5. Andersson I, Johansson K, Larsson S, Pehrsson K (2002) Long-term oxygen therapy and quality of life in elderly patients hospitalised due to severe exacerbation of COPD. A 1-year follow-up study.

Respir Med 96(11):944-949

6. Dal Negro RW, Turco P, Pomari C (1992) A telemetric system for respiratory home care. 2nd International Congress on Advances in Pulmonary Rehabilitation and Management of Chronic Respiratory Failure. Proceedings, p 156

7. Micheletto C, Pomari C, Dal Negro RW (1995) Analisi delle cause di mortalità in un quadriennio di LTOT. GIMT Proc, p 101

8. Eaton T, Lewis C, Young P, Kennedy Y, Garrett JE, Kolbe J (2004) Long-term oxygen therapy improves health-related quality of life. Respir Med 98(4):285-293

9. Dal Negro RW (2000) Long term oxygen tele-home monitoring, the Italian perspective. Chest 2000

Companion Book, pp 247-249

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