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Percorsi nei vissuti di giovani adulti beneficiari di prestazione assistenziale : voce a cinque giovani adulti domiciliati nella Città di Mendrisio

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Academic year: 2021

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Percorsi nei vissuti

di giovani adulti

beneficiari di prestazione

assistenziale

Voce a cinque giovani adulti domiciliati nella Città di Mendrisio

Studente/essa

Sara Rossi

Corso di laurea Opzione

Lavoro sociale

Assistente sociale

Tesi di Bachelor

Luogo e data di consegna

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durante questo mio percorso finale di crescita professionale e personale.

Proverbio cinese

Quando soffia il vento del cambiamento,

alcuni costruiscono muri,

altri mulini a vento.

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Percorsi nei vissuti di giovani adulti beneficiari di prestazione assistenziale

La curiosità e l’interesse alla base di questo lavoro di tesi sono scaturiti dall’ultima esperienza di pratica professionale svolta dall’autrice presso l’Ufficio Antenna Sociale e Giovani della Città di Mendrisio.

Un’attenta osservazione dell’utenza giovanile, correlata a varie letture svolte, ha evidenziato come il numero di giovani adulti beneficiari di prestazione assistenziale sia in crescita. Aumento dovuto alla condizione di vita precaria vissuta in diverse sfere come in quella economica, lavorativa e relazionale.

L’obiettivo della presente indagine è analizzare le percezioni e i vissuti di giovani adulti beneficiari di prestazione assistenziale in relazione alla rete primaria, più precisamente alla famiglia e al gruppo dei pari. L’intenzione è stata quella di dare voce a cinque giovani adulti e di offrire loro la possibilità di narrarsi in questo periodo di vita personale. Pertanto, oltre che illustrare un fenomeno che sta diventando sempre più ampio, l’autrice intende offrire alle persone che leggeranno questo lavoro la possibilità di conoscere e avvicinarsi alla condizione di vita personale di alcuni giovani.

Dalle testimonianze emergono in maniera importante il sentimento di sfiducia e la percezione negativa nei confronti del futuro: stati d’animo connessi allo scarso possesso di capitale sociale e formativo che mettono i giovani in difficoltà nel convivere con l’atmosfera di insicurezza caratterizzata dalla nostra epoca. La possibile conseguenza è di cadere nel vortice dell’isolamento sociale e dell’emarginazione, vivendo una condizione caratterizzata dalla solitudine. Sentimenti vissuti dai giovani intervistati, che derivano dalla scarsità di rapporti significativi intrattenuti con la rete primaria.

Dai risultati delle testimonianze emerge la necessità dell’assistente sociale di saper operare su due livelli distinti. Il primo vede al centro il lavoro con il singolo, con la persona: si tratta di ascoltare, accompagnare e comprendere i vissuti narrati. L’atto di dar voce al percorso intrapreso dal singolo è il presupposto per sostenere un processo di riconoscimento e accettazione che permette di mobilitare il desiderio verso il cambiamento. Parallelamente, agire tramite l’azione pubblica al fine di mobilitare e coinvolgere il contesto sociale. Questo intervento è possibile e realizzabile nel momento in cui si considerano i giovani come una fonte di risorse per la società e non solo ed esclusivamente come una nuova tipologia di utenza di cui farsi carico.

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INDICE

1 INTRODUZIONE 1

 

2 DESCRIZIONE DEL CONTESTO LAVORATIVO 4

2.1 L’assistenza sociale 4

2.2 Ufficio Antenna Sociale e Giovani 5

 

3 PRESENTAZIONE DELLA PROBLEMATICA E DELLA METODOLOGIA 7

3.1 Obiettivi e domanda di ricerca 7

3.2 Metodologia utilizzata 7

3.3 Il “giovane adulto” 9

3.4 La socializzazione 10

3.5 Lavoro, società e disoccupazione giovanile 10

3.6 Giovani adulti beneficiari di prestazione assistenziale 12

 

4 DISSERTAZIONE 15

4.1 Percorsi scolastici e professionali 15

4.2 Quadro familiare 18

4.3 Legami significativi 21

4.4 Consapevolezza della propria condizione economica 23

4.5 Considerazioni e riflessioni degli intervistati 24

 

5 CONCLUSIONI 27

 

BIBLIOGRAFIA 32

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1 INTRODUZIONE

 

L’origine della scelta della tematica affrontata in questo lavoro, scaturisce dall’interesse e dalla curiosità personali e professionali nati e cresciuti durante le esperienze di pratica svolte nel corso del mio percorso formativo universitario.

Nutrendo una certa sensibilità per il mondo giovanile con le sue relative sfaccettature e avendo svolto tutti i miei percorsi di pratica professionale a contatto con questa tipologia d’utenza, ho scelto di soffermarmi e chinarmi su di un argomento che riguarda la fascia di popolazione dei giovani adulti (di età compresa tra i 18 e i 25 anni) beneficiari della prestazione assistenziale.

Durante questa mia ultima esperienza lavorativa svolta presso l’Ufficio Antenna Sociale e Giovani della Città di Mendrisio, ho avuto la possibilità di osservare molto da vicino e di addentrarmi nei percorsi di vita precari di alcuni giovani adulti. Ho rilevato e costatato, attraverso l’osservazione, che la precarietà è vissuta in diverse sfere: economica, lavorativa e relazionale.

La precarietà lavorativa si può riscontrare nella situazione abbastanza tesa del mercato del lavoro, infatti, la disoccupazione giovanile in Svizzera e in Ticino desta qualche preoccupazione. A livello nazionale, nel mese di maggio 2016, il numero di giovani disoccupati (di età compresa tra i 15 e i 24 anni) ammonta ad un totale di 16'723, che equivale a 371 persone in più rispetto allo stesso mese dell’anno precedente (aumento del 2,3%)1.

Inoltre, dal 2008, a causa della crisi economica, le domande di aiuto sociale erogate in Ticino erano in leggera crescita. Tuttavia, a partire dal 2011, con la quarta revisione della Legge sull’assicurazione contro la disoccupazione (LADI), entrata in vigore il 01.04.20112, si è verificato un importante aumento3 di persone che hanno ricorso alla prestazione assistenziale “perché hanno terminato il loro diritto alle indennità oppure perché non hanno acquisito il diritto a tali indennità”4.

Come si evince dalle ricerche condotte dall’Ufficio federale di statistica (UST), da alcuni anni la quota di popolazione giovanile (fascia di età compresa tra i 18 e i 25 anni) che fa

                                                                                                               

1 Tratto da Segreteria di stato dell’economia (SECO): Sezione “Comunicati stampa 2016” in La situazione

sul mercato del lavoro nel mese di maggio 2016, https://www.seco.admin.ch/seco/it/home/seco/nsb-news/medienmitteilungen-2016.html, consultato il 18.06.2016.

2 Tratto da Istituto delle assicurazioni sociali (IAS): 4a revisione LADI,

http://www3.ti.ch/DSS/sw/struttura/dss/ias/upload/pdf/Opuscoli/Novita%20in%20breve%20della%204a%20re visione%20LADI.pdf, consultato il 18.06.2016.

3 Nell’arco di soli tre anni le domande pagate hanno subito un incremento di quasi 1'300 domande pagate,

corrispondente a circa 2'000 persone. Tratto da Stephani E., Grignola Mammoli S., L’assistenza sociale, tra

lavoro ed esclusione, Dati – Statistiche e Società, anno XIV, n. 2, Settembre 2014.

4 Stephani E., Grignola Mammoli S., L’assistenza sociale, tra lavoro ed esclusione, Dati – Statistiche e

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capo all’aiuto sociale è in crescita5; in Ticino, nel dicembre 2015, i titolari del diritto alla prestazione assistenziale ammontavano a 626 persone (pari al 13% del totale)6.

Nel periodo tra gennaio e giugno 2016, ventidue giovani adulti, di età compresa tra i 18 e i 25 anni, sono presi a carico e incontrati regolarmente dalle assistenti sociali dell’Ufficio Antenna Sociale e Giovani della Città di Mendrisio. Di questi ventidue, quindici ragazzi sono beneficiari dell’aiuto sociale7.

Durante il periodo di pratica professionale, ho avuto la possibilità di aiutare alcuni giovani nella prassi di rinnovo della loro prestazione assistenziale, di affiancarli nella gestione della loro corrispondenza e di seguirli nella ricerca di un posto di apprendistato. Questo avvicinamento e accompagnamento mi ha motivato a scegliere il tema riguardante i giovani adulti (di età compresa tra i 18 e i 25 anni) beneficiari di prestazione assistenziale, ad approfondirlo e a riflettere attorno alla tematica dal punto di vista professionale, dando voce e occasione ai ragazzi protagonisti di mostrare ed esprimere la loro visione in merito alla loro situazione attuale.

Oltre a scattare una sorta di fotografia generale dei giovani adulti beneficiari di prestazione assistenziale domiciliati nella Città di Mendrisio, questo lavoro di tesi vuole porre l’attenzione sui vissuti della loro situazione rispetto ai familiari e al gruppo dei pari. Si è deciso di soffermarsi sulla famiglia in quanto essa “rappresenta per ciascuno di noi un punto di riferimento ineludibile nel corso dell’esistenza.”8 Come la famiglia, anche il gruppo dei pari costituisce per il giovane adulto il luogo e lo spazio di appartenenza e di stabilità, nel quale poter costruire la propria identità9.

L’obiettivo è di indagare le percezioni e i vissuti interiori del giovane adulto, beneficiario dell’aiuto sociale, rispetto agli occhi di familiari e amici.

Questo lavoro è suddiviso in diversi capitoli: nei primi due verrà illustrato il contesto lavorativo nel quale ho svolto la mia pratica professionale e sarà presentato l’argomento affrontato e la metodologia utilizzata in questo lavoro di tesi. Nel punto concernente la dissertazione verranno analizzate le informazioni e gli elementi emersi dalle interviste sottoposte ai giovani adulti. Attraverso le interviste saranno esplorate le percezioni e i vissuti e verranno analizzati ripartendoli all’interno di cinque macro argomenti: percorsi scolastici e professionali, quadro familiare, legami significativi, consapevolezza della                                                                                                                

5 Ufficio federale di statistica (UST), Giovani adulti e aiuto sociale, Formazione, inserimento professionale e

fondazione precoce di una famiglia: le ragioni principali del ricorso all'aiuto sociale dei giovani adulti,

Comunicato stampa, 13 Sicurezza sociale, N. 0352-0905-70, 05.06.2009.

6 Tratto da Ufficio del sostegno sociale e dell’inserimento (USSI): Amministrazione del Canton Ticino.

Sezione: ”Statistica“ in L’assistenza sociale in Ticino (dicembre 2015),

http://www4.ti.ch/dss/dasf/ussi/documentazione/statistica/, consultato il 18.06.2016.

7 I dati sono stati estrapolati dal sistema informatico (applicativo) utilizzato dalle assistenti sociali per

raccogliere i dati e le informazioni sugli utenti presi a carico dall’Ufficio.

8 Mantovani G., Manuale di psicologia sociale: storia, teorie e metodi. Comunicazione, gruppi, culture,

atteggiamenti e solidarietà, Giunti, Firenze, 2003, p. 202.

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propria condizione economica, considerazioni e riflessioni degli intervistati. Il lavoro si concluderà con una riflessione in merito all’argomento affrontato e indagato.

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2 DESCRIZIONE DEL CONTESTO LAVORATIVO

2.1 L’assistenza sociale10

L’assistenza sociale, gestita ed erogata dall’Ufficio del Sostegno Sociale e dell’Inserimento (USSI), ha come obiettivo assicurare il minimo vitale11 alle persone che vivono nel bisogno e nel disagio, favorire l’indipendenza economica e promuovere l’integrazione sociale. I Cantoni possono intervenire direttamente (come nel caso di alcuni Cantoni Romandi e del Canton Ticino) o designare i Comuni come enti competenti (come avviene in molti Cantoni della Svizzera Tedesca).

In Ticino, l’intervento assistenziale è di tipo sussidiario a qualsiasi altra forma di aiuto e si situa all’interno della Legge sull’armonizzazione e il coordinamento delle prestazioni sociali (LAPS). Quest’ultima è considerata una legge a “cascata”, poiché le prestazioni sono erogate secondo un ordine di priorità che situa l’assistenza sociale all’ultimo gradino della scala. Il suo scopo principale consiste nel garantire il minimo vitale a tutti i nuclei familiari del Cantone, attraverso l’erogazione di otto prestazioni12.

Nel nostro Cantone, il Dipartimento della Sanità e della Socialità (DSS) affida i provvedimenti legati all’aiuto sociale all’USSI, il quale assegna mansioni ai Comuni. Quest’ultimi provvedono, tramite gli sportelli regionali LAPS, a inoltrare le richieste di prestazione assistenziale, a indirizzare le persone verso altri aiuti sociali e a informare i cittadini sui loro diritti.

Pertanto il Comune partecipa in modo attivo nella realtà di persone beneficiarie della prestazione assistenziale che vivono un momento di bisogno, inclusi i giovani adulti attori di questo lavoro.

                                                                                                               

10 Monigatti M. e Vaucher De La Croix C., dispensa del modulo Le prestazioni finanziarie nella sicurezza

sociale svizzera, SUPSI, Manno, a. a. 2015/2016, p. 116.

11 Assicurare il minimo vitale, significa fornire all’individuo ciò che è essenziale per la sua sopravvivenza. 12 Le otto prestazioni sociali, in ordine di priorità sono: riduzione del premio dell’assicurazione malattia; aiuto

allo studio; assegno di studio; assegno di riqualifica professionale; indennità straordinaria per ex-indipendenti (L-rilocc); assegno per figli integrativo (AFI); assegno di prima infanzia (API); assistenza sociale.

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2.2 Ufficio Antenna Sociale e Giovani

L’Ufficio Antenna Sociale e Giovani della Città di Mendrisio è situato all’interno del Dicastero Politiche Sociali, il quale comprende anche l’Ufficio Attività Sociali13 e l’Autorità Regionale di Protezione (ARP).

Questo servizio è nato circa quindici anni fa come Ufficio Antenna Sociale a seguito dell’accentuarsi dei bisogni provenienti dalla popolazione residente. Lo scopo principale è offrire sostegno sociale alle persone e accompagnarle verso l’autonomia. Propone consulenza, ascolto e aiuta i cittadini in difficoltà a orientarsi nella vasta offerta di servizi e prestazioni sociali presenti sul territorio.

Alla nascita del servizio era impiegata una sola assistente sociale, con una percentuale di lavoro del 50%. Oggi, il personale è notevolmente aumentato (cinque assistenti sociali14) a seguito del processo aggregativo15 di vari comuni e del conseguente incremento delle richieste d’aiuto provenienti dalla popolazione. Un’assistente sociale svolge anche il ruolo di delegato comunale, la quale si occupa di segnalare, di discutere e seguire, assieme ai membri dell’ARP16, le situazioni nuove e i casi già seguiti.

Dal 1° gennaio 2016, a seguito della riorganizzazione interna al Dicastero, questo Ufficio ha cambiato nomenclatura diventando Ufficio Antenna Sociale e Giovani, inglobando al suo interno il settore giovani della Città (Centro Giovani e Ufficio Attività Giovanili). Cambiamento che ha lo scopo di favorire un maggior intervento di rete e, di conseguenza, una maggior presa a carico e accompagnamento della fascia giovanile17; il 9 marzo scorso è stato introdotto lo Sportello giovani all’interno del Centro Giovani della Città di Mendrisio. “Lo scopo principale di questo servizio è prevenire le forme di abbandono, d’insuccesso scolastico e formativo, perciò lo sportello pone particolare attenzione all’orientamento scolastico e formativo dei ragazzi.”18

L’Ufficio conta due sedi: la sede principale si trova a palazzo comunale a Mendrisio, mentre la sede secondaria è ubicata presso la casa comunale di Besazio.

L’Ufficio si avvale di uno sportello che permette agli abitanti di recarsi di persona, senza aver fissato un appuntamento, al fine di richiedere una consulenza, di esporre i propri                                                                                                                

13 Funge anche da Agenzia comunale AVS (Assicurazione vecchiaia e superstiti) e da sportello regionale

LAPS (Legge sull’armonizzazione ed il coordinamento delle prestazioni sociali). Offre inoltre i seguenti servizi: integrazione sociale, aiuto complementare comunale, alloggi a pigione moderata, ecc. Tratto dal sito della Città di Mendrisio: http://mendrisio.ch/uffici/ufficio-attivita-sociali/, consultato il 10.04.2016.

14 Sono tutte impiegate a tempo parziale, con una percentuale totale del 270%.

15 Oggi, la Città di Mendrisio conta dieci quartieri. La prima aggregazione è avvenuta nel 2004 con Salorino.

La seconda nel 2009 con Arzo, Capolago, Genestrerio, Rancate e Tremona. La terza, avvenuta nel 2013 con Besazio, Ligornetto e Meride. Tratto dal sito della Città di Mendrisio: http://mendrisio.ch/le-aggregazioni-comunali/, consultato il 10.04.2016.

16 Oltre al delegato comunale, l’ARP è composta dal presidente, dal membro permanente e dal segretario.

Tratto dal sito della Città di Mendrisio: http://mendrisio.ch/membri-e-delegati-arp2, consultato il 10.04.2016.

17 Tratto dal Verbale Dicastero Politiche Sociali – Servizi Sociali del 22 gennaio 2016.

18 Memore, Periodico trimestrale della città di Mendrisio, numero 1/2016, redazione: Valeria Codoni, Barbara

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bisogni, di porre domande riguardanti aspetti finanziari, ecc. Da qui la denominazione di Antenna Sociale, poiché il principio di fondo è di costituire il primo contatto, il primo riferimento per le persone in difficoltà.

L’Antenna Sociale e Giovani si rivolge a tutta la popolazione residente nella Città di Mendrisio, generalmente per bisogni e richieste puntuali, attraverso interventi mirati. Il target19, dunque, è molto ampio ed eterogeneo, la consulenza di conseguenza varia a dipendenza del bisogno della persona. Pertanto la presa a carico può essere di corta o media-lunga durata.

L’Ufficio prevede un servizio rivolto alla popolazione anziana, il Servizio Anziani Soli (SAS)20 introdotto nel 1990, il cui scopo è evitare situazioni di forte disagio e sostenere persone ultra settantenni che vivono sole al proprio domicilio.

Una delle tematiche che si presentano alle assistenti sociali è la presa a carico e l’accompagnamento di giovani adulti beneficiari di prestazione assistenziale. Pertanto, è stato convenuto che tutti i ragazzi tra i 18 e i 25 anni che si annunciano presso lo sportello regionale LAPS per inoltrare la domanda di aiuto sociale, vengono segnalati a un’assistente sociale. Questo al fine di comprendere al meglio la situazione del giovane, di ricercare alternative, risorse presenti sul territorio e verificare altri possibili diritti.

                                                                                                               

19 Target: fascia dei potenziali acquirenti di un prodotto, o della clientela. Tratto da Dizionario Treccani:

http://www.treccani.it/vocabolario/target/, consultato il 10.04.2016.

20 Memore, Periodico trimestrale della città di Mendrisio, numero 1/2008, redazione: Valeria Codoni, Barbara

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3 PRESENTAZIONE DELLA PROBLEMATICA E DELLA METODOLOGIA

3.1 Obiettivi e domanda di ricerca

Attraverso questo lavoro di tesi si è cercato di addentrarsi nella condizione e nei vissuti di cinque giovani adulti beneficiari di prestazione assistenziale. Più precisamente, si è provato a esplorare come essi si sentono agli occhi della propria rete primaria, ovvero di fronte a familiari e ad amici.

La rete primaria è formata da relazioni intrattenute con familiari, amici, vicini, compagni di scuola o di lavoro; relazioni che non possono essere create intenzionalmente, ma si costituiscono nel tempo. Il tipo di relazione sociale che si crea è contraddistinto dalla lealtà e dalla gratuità (non ha scopi utilitaristici) tra le persone che la compongono21.

L’intenzione è stata quella di dare voce ad alcuni giovani domiciliati nella Città di Mendrisio e di offrire loro la possibilità di narrarsi in questo periodo di vita personale. Vi è la consapevolezza che le informazioni e gli aspetti emersi da questo lavoro sono correlati a sole cinque interviste; pertanto non vi è alcuna intenzione generalizzare il fenomeno affrontato.

L’interrogativo del lavoro di tesi è il seguente:

La società odierna vede aumentare sempre più giovani a beneficio di aiuto sociale che, correlato alla mancanza di lavoro, porta il giovane adulto a far capo ai servizi sociali.

Qual è la percezione dei giovani adulti che beneficiano della prestazione assistenziale in relazione alla rete primaria?

3.2 Metodologia utilizzata

Questa indagine è una ricerca di tipo qualitativa, grazie alla quale poter indagare e sondare nella profondità aspetti particolari quali attitudini, comportamenti, sensazioni ed esperienze dello specifico campione individuato22. Pertanto questo lavoro mira alla conoscenza del fenomeno preso in analisi.

Per rispondere all’interrogativo di ricerca si è utilizzato lo strumento dell’intervista semi-strutturata23, perché vi è la possibilità di approfondire gli argomenti di interesse che emergono durante l’intervista stessa. Le domande stabilite e definite nel canovaccio

                                                                                                               

21 Realini D., Metodologia della pratica d’intervento del servizio sociale, dispensa del modulo Metodologia

del servizio sociale, SUPSI, Manno, a. a. 2015/2016.

22 Malcolm C., La mia tesi in servizio sociale, Come preparare un elaborato finale basato su piccole ricerche

qualitative, Editore: Erickson, 2013.

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dell’intervista semi-strutturata24 hanno permesso un collegamento chiaro e diretto con l’interrogativo di ricerca; l’elemento non strutturato ha invece offerto la possibilità di addentrarsi in risvolti emersi inaspettatamente durante l’intervista.

Per individuare la fascia di età sulla quale porre l’attenzione, si è fatto riferimento a due aspetti. Il primo deriva dalle varie letture nelle quali si è appreso che vi è un incremento di persone di età compresa tra i 18 e i 25 anni che fanno capo all’aiuto sociale25. Il secondo scaturisce dall’osservazione del contesto lavorativo: si è potuto appurare che tutti i giovani di età compresa tra i 18 e i 25 anni che si annunciano allo sportello regionale LAPS per richiedere la prestazione assistenziale, vengono segnalati alle assistenti sociali le quali svolgono almeno un colloquio per capire in concreto la situazione.

La scelta degli intervistati è caduta su persone con cui precedentemente vi è stato un percorso di accompagnamento.

Il procedimento di contatto e di coinvolgimento dell’utenza non è stato troppo complesso: cinque giovani hanno dimostrato la loro disponibilità all’intervista, mentre due ragazzi hanno invece declinato l’invito.

Ad ogni giovane intervistato è stato assegnato un nome fittizio26, al fine di trattare le informazioni emerse nel massimo rispetto della privacy.

Alcune domande della traccia dell’intervista sono state modificate e adattate in base alla situazione personale del giovane adulto intervistato. Ad esempio, Luca, è cresciuto senza conoscere sua madre che l’ha abbandonato da piccolo e ha perso il padre quando frequentava le scuole medie. Fino a poco tempo fa viveva con gli zii con i quali intrattiene tutt’ora dei legami, le domande riguardanti i familiari sono state modificate sostituendo il termine “genitori” con quello di “zii”.

Gli appuntamenti per le interviste sono stati fissati secondo tempi e date precise e si sono svolti in privato nella sala riunioni del Centro Giovani della Città di Mendrisio.

La trascrizione fedele e integrale dell’intervista è stata possibile grazie all’impiego del registratore. Questa procedura ha permesso di riportare e far emergere, durante la fase di analisi, gli elementi significativi che sono stati approfonditi e indagati nel quarto capitolo27 della ricerca. Per l’analisi delle interviste è stata adottata una griglia di analisi28, nella quale sono state evidenziate le tematiche più significative e rappresentative emerse dalle                                                                                                                

24 L’intervista di tipo semi-strutturato “consiste in una combinazione tra domande predefinite e parti non

pianificate, che permettono all’intervistatore una certa autonomia nell’identificare nuove domande in conseguenza delle risposte date dal partecipante”. Tratto da Malcolm C., La mia tesi in servizio sociale, Come preparare un elaborato finale basato su piccole ricerche qualitative, Editore: Erickson, 2013, p. 137.

25 Ufficio federale di statistica (UST), Giovani adulti e aiuto sociale, Formazione, inserimento professionale e

fondazione precoce di una famiglia: le ragioni principali del ricorso all'aiuto sociale dei giovani adulti,

Comunicato stampa, 13 Sicurezza sociale, N. 0352-0905-70, 05.06.2009.

26 I nomi fittizi assegnati ai cinque giovani intervistati sono i seguenti: Claudio, Daniele, Laura, Luca e Maria. 27 Cfr. Capitolo 4. Dissertazione.

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risposte: percorsi scolastici e professionali, quadro familiare, legami significativi, consapevolezza della propria condizione economica, considerazioni e riflessioni degli intervistati. Questo strumento è stato un ausilio di supporto nella dissertazione, poiché ha fornito una visione d’insieme delle informazioni.

3.3 Il “giovane adulto”29

Dal manuale di psicologia sociale si evince che da un punto di vista storico, la condizione e le caratteristiche delle giovani generazioni, nel contesto familiare e sociale, sono profondamente mutate nel corso di pochi decenni. Durante gli anni Sessanta e Settanta le giovani generazioni possedevano un’identità marcata, in quanto erano portatori di cambiamenti e di un nuovo modo di considerare la vita, caratteristica che li conduceva a essere in contrasto con la famiglia e l’ambiente sociale. Con l’avvento degli anni Ottanta la situazione si trasforma mostrando una graduale diminuzione dei tratti oppositivi e progressisti dei giovani. Di pari passo avviene inoltre un cambiamento dei percorsi evolutivi che conducono l’adolescente a farsi carico dello status di adulto. La costruzione e l’assunzione dell’identità adulta diviene così un percorso lungo ed elaborato.

Differentemente dagli anni Sessanta e Settanta, in cui il passaggio dall’adolescenza all’età adulta avveniva abbastanza rapidamente e seguendo delle tappe lineari (termine della formazione, entrata nel mondo lavorativo, conquista dell’indipendenza economica, abbandono della casa dei genitori, matrimonio, ecc.), attualmente tale percorso ha subito notevoli cambiamenti. È così diventata una fase dilatata definita da un importante prolungamento nel tempo e dalla diminuzione del valore simbolico attribuito ai riti di passaggio. “Il fenomeno si è talmente diffuso che ormai si parla comunemente di una nuova fase, denominata del «giovane adulto».”30 Fase che può durare fin oltre i trent’anni, nella quale avviene l’effettiva transizione verso la condizione di adulto. In questa nuova condizione, la famiglia ritorna a rappresentare per il giovane adulto il luogo dell’appartenenza e della solidità; con un importante cambiamento rispetto al passato, poiché oggi i giovani tendono a prolungare i tempi di permanenza in casa.

Per questo motivo, la fase della tarda adolescenza non va più identificata come la fine dell’adolescenza, bensì come un nuovo inizio: lo status del giovane adulto.

Il rallentamento dell’acquisizione della fase adulta è riconducibile, secondo alcuni studiosi, a due fattori di natura socio-economica (esclusione sociale della fascia giovanile, complessità nel trovare un impiego, elevato costo del tenore di vita, ecc.) e psicologica-relazionale (immaturità affettiva, bisogni di dipendere e di essere protetti, ecc.).

                                                                                                               

29 Mantovani G., Manuale di psicologia sociale: storia, teorie e metodi. Comunicazione, gruppi, culture,

atteggiamenti e solidarietà, Giunti, Firenze, 2003, p. 216.

30 Scabini E., Donati P., La famiglia “lunga” del giovane-adulto, Studi interdisciplinari sulla Famiglia. In

Mantovani G., Manuale di psicologia sociale: storia, teorie e metodi. Comunicazione, gruppi, culture,

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3.4 La socializzazione31

La sociologia identifica la socializzazione come il processo grazie al quale l’individuo acquisisce valori, norme, regole e stili di vita della società nella quale avrà un ruolo. Rappresenta inoltre il mezzo attraverso cui si trasmette di generazione in generazione la cultura di un popolo e di una società. Il fine ultimo della socializzazione è quello di permettere all’individuo di divenire “gradualmente una persona consapevole di se stessa.”32

Questo processo non dovrebbe costituire un’esperienza circoscritta in un determinato momento, bensì un percorso nel quale addentrarsi nel corso della vita intera, durante la quale il comportamento di ogni persona è costantemente modificato e influenzato da rapporti sociali.

La teoria della socializzazione è suddivisa in due fasi distinte che vedono protagonisti diversi gruppi nei quali si verifica tale processo, chiamati “agenti della socializzazione”. La “socializzazione primaria” si svolge durante l’infanzia ed è il momento nel quale l’intensità di apprendimento è maggiore (si apprende il linguaggio e i modelli comportamentali fondamentali che fondano le basi dei successivi apprendimenti); il principale agente di questa fase è rappresentato dalla famiglia. La “socializzazione secondaria” ha luogo dopo l’infanzia e si protrae fino alla maturità del soggetto; i vari agenti in gioco che portano avanti alcune delle responsabilità appartenute alla famiglia sono il gruppo dei pari, la scuola, il lavoro, ecc.

Da questa teoria si può dedurre come sia la famiglia, sia il gruppo dei pari costituiscono dei fondamenti per la formazione e la crescita della persona.

3.5 Lavoro, società e disoccupazione giovanile

Il lavoro è considerato, dalla maggior parte della popolazione, un’attività importante che assorbe gran parte della vita di una persona. Frequentemente questa attività è associata al termine di fatica; ma il lavoro va ben oltre alla condizione di fatica33, altrimenti non sarebbe spiegabile la sensazione di frustrazione e di disorientamento che le persone provano quando lo perdono.

Nella società moderna il lavoro contribuisce a mantenere e affermare la stima di sé, oltre che rappresentare un elemento di notevole importanza per il benessere psicologico di una persona.

Gli studiosi identificano sei benefici34 che comporta il lavoro salariato:

                                                                                                               

31 Giddens A., Fondamenti di sociologia, Manuali, il Mulino, Bologna, 2006, p. 33. 32 Ibid., p. 33.

33 Fatica: insieme di compiti da minimizzare e, se possibile, da evitare del tutto. Tratto da Giddens A.,

Fondamenti di sociologia, Manuali, il Mulino, Bologna, 2006, p. 202.

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• sicurezza del reddito: il salario costituisce la risorsa principale per esaudire i propri bisogni. In assenza di reddito, si percepisce un incremento di ansia legata alla mancata possibilità di far fronte alla quotidianità;

• acquisizione di competenze e capacità: un’attività lavorativa è fonte di apprendimento e sperimentazione di competenze e abilità;

• diversificazione dell’esperienza: il lavoro offre la possibilità di svolgere attività differenti da quelle praticate nella vita privata, assicurando l’accesso ad ambiti di vita variati;

• strutturazione del tempo: per le persone che possiedono un lavoro regolare la loro vita è scandita e organizzata in relazione al ritmo lavorativo, ciò fornisce una struttura ben precisa alle attività del quotidiano. Per esempio i disoccupati identificano la noia come maggiore difficoltà, vivendo una sensazione di apatia nei confronti del tempo;

• contatti sociali: l’ambiente lavorativo funge da luogo aggregativo in cui poter stringere nuove amicizie e condividere momenti in comune. La cerchia di amici tende a restringersi se si esclude il contesto lavorativo;

• identità sociale: l’attività lavorativa è gradita per il senso di identità sociale che trasmette all’individuo.

Il fenomeno della disoccupazione non è facile da illustrare, poiché essere beneficiari dell’assicurazione contro la disoccupazione significa non avere un lavoro. Ma con il termine “lavoro” si intende un’occupazione stipendiata, eliminando di conseguenza tutte le altre forme di attività non retribuite e non riconosciute, come ad esempio il lavoro domestico o le forme di lavoro in nero.

Sia a livello svizzero sia a livello ticinese, il tasso di disoccupazione che colpisce la fascia giovanile della popolazione è abbastanza allarmante. Addirittura, alcuni dati indicano come la fascia giovanile della popolazione è maggiormente colpita da tale fenomeno: “Tra il 2002 e il 2013 il tasso di disoccupazione giovanile è stato mediamente maggiore di 2,5 punti percentuali rispetto a quello delle altre fasce d’età.”35

Il maggior impatto su questa fascia di età, rispetto alle altre, potrebbe essere in parte attribuito agli effetti scaturiti dal passaggio dalla formazione al mondo del lavoro. “A sostegno di tale tesi il dato secondo cui in Ticino, in media tra il 2010 e il 2012, il 34% dei giovani disoccupati ha abbandonato l’ultima occupazione a causa della scadenza del contratto di lavoro (presumibilmente in maggioranza si tratta di contratti di tirocinio non rinnovati).”36

                                                                                                               

35 Brughelli M., Gonzalez O., Carenza di lavoro tra i giovani ticinesi, Analisi, Ufficio di statistica (Ustat),

Maggio 2014, p. 5.

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A livello nazionale, nel corso del mese di maggio 2016, il numero di giovani (campione considerato tra i 15 e i 24 anni) ammonta a 16'723. Dato che equivale a 371 persone in più rispetto allo stesso mese dell’anno precedente (con un aumento del 2,3%)37. Per quanto concerne la situazione ticinese38, nel mese di maggio 2016, il numero di giovani disoccupati con meno di 25 anni raggiunge quota 718, che equivale ad un tasso di disoccupazione del 4,5%. La variazione in punti percentuali subita rispetto allo stesso mese dell’anno precedente equivale a -0,1%. Bisogna sapere che la tendenza della disoccupazione ticinese è fortemente correlata all’influsso stagionale. Dalle statistiche39 redatte, si può osservare come il tasso di disoccupazione diminuisce nella prima metà dell’anno, per poi aumentare nella seconda parte (coincidenza con il termine della stagione turistica ticinese).

Pertanto è stato osservato che più il livello di formazione del giovane risulta basso, più esso ha maggiori rischi di vivere un periodo di disoccupazione. Rischio accentuato dal mercato del lavoro che esige sempre più qualifiche e titoli di formazione40.

3.6 Giovani adulti beneficiari di prestazione assistenziale

Il fenomeno di giovani adulti che richiedono un supporto da parte della prestazione assistenziale è assai preoccupante e si manifesta a livello svizzero, cantonale e comunale. I dati statistici relativi all’Ufficio federale di statistica (UST)41 testimoniano che negli ultimi anni la quota di giovani (tra i 18 e i 25 anni) richiedenti l’aiuto sociale è in aumento. Il fattore che incide maggiormente sul rischio di richiedere l’assistenza sociale di questa fascia di popolazione sono i passaggi tra formazione e mondo del lavoro, condizionati dall’offerta proveniente dal mercato del lavoro.

Secondo la statistica dell’Ufficio del sostegno sociale e dell’inserimento (USSI)42, a dicembre 2015, 626 persone che beneficiavano del diritto per l’aiuto sociale avevano un’età compresa tra i 18 e i 25 anni. Dato che corrispondeva al 13% del totale.

                                                                                                               

37 Tratto da Segreteria di stato dell’economia (SECO): Sezione “Comunicati stampa 2016” in La situazione

sul mercato del lavoro nel mese di maggio 2016, https://www.seco.admin.ch/seco/it/home/seco/nsb-news/medienmitteilungen-2016.html, consultato il 22.06.2016.

38 Tratto da Ufficio di statistica (USTAT): Sezione “Schede” in Panorama statistico del mercato del lavoro

ticinese (aggiornamento del 09.06.2016),

http://www3.ti.ch/DFE/DR/USTAT/index.php?fuseaction=ritratti.dettaglio&id=261, consultato il 22.06.2016.

39 Brughelli M., Gonzalez O., Carenza di lavoro tra i giovani ticinesi, Analisi, Ufficio di statistica (Ustat),

Maggio 2014.

40 Ibid.

41 Ufficio federale di statistica (UST), Giovani adulti e aiuto sociale, Formazione, inserimento professionale e

fondazione precoce di una famiglia: le ragioni principali del ricorso all'aiuto sociale dei giovani adulti,

Comunicato stampa, 13 Sicurezza sociale, N. 0352-0905-70, 05.06.2009.

42 Tratto da Ufficio del sostegno sociale e dell’inserimento (USSI): Amministrazione del Canton Ticino.

Sezione ”Statistica“ in L’assistenza sociale in Ticino (dicembre 2015),

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FASCIA DI ETÀ DOMANDE (Titolari) IN % < 18 4 0% 18 – 25 626 13% 26 – 35 937 19% 36 – 45 1’076 22% 46 – 55 1’371 28% 56 – 64 783 16% 65 + 64 1% TOTALE 4’861 100%

Il fenomeno riscontrato presso il Comune della Città di Mendrisio, dal mese di gennaio 2015 al mese di marzo 2016, presenta il seguente andamento.

Nel grafico sono presi in considerazione solo i giovani adulti (di età compresa tra i 18 e i 25 anni) che nei periodi sotto indicati si sono presentati presso lo sportello regionale LAPS per fare domanda di prestazione assistenziale43.

Le variazioni che si possono osservare sono riconducibili a cambi di domicilio (partenza/arrivo dalla Città di Mendrisio verso un’altra destinazione), alla nascita di figli che portano i giovani ad acquisire il diritto agli assegni famigliari integrativi (AFI)44 e assegni famigliari della prima infanzia (API)45 evitando, di conseguenza, di ricorrere all’aiuto sociale. L’aumento dei beneficiari di prestazione assistenziale dell’ultimo periodo                                                                                                                

43 I dati sono stati estrapolati dalle Liste di “Partecipazione del Comune Mendrisio alle spese assistenziali”

dei trimestri presi in analisi.

44 L’AFI copre il fabbisogno die figli che non hanno ancora compiuto i quindici anni, quando i genitori non

hanno i mezzi sufficienti. Tratto da Monigatti M. e Vaucher De La Croix C., dispensa del modulo Le

prestazioni finanziarie nella sicurezza sociale svizzera, SUPSI, Manno, a. a. 2015/2016.

45 L’API copre il fabbisogno dell’intera famiglia, quando almeno un figlio ha un’età inferiore ai tre anni. Tratto

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preso in analisi, può essere dettato dal cambio della legge sugli assegni di famiglia (Laf)46 che porta un nucleo familiare a richiedere l’aiuto sociale in quanto ha perso il diritto agli AFI o API.

Dal comunicato stampa dell’Ufficio federale di statistica, si evince che anche il contesto sociale esercita un’influenza diretta sul numero di giovani adulti beneficiari di aiuto sociale. “Le regioni con un’elevata proporzione di ragazzi con genitori senza formazione professionale e una sovrapposizione di problemi sociali di natura diversa (come il sovraffollamento delle abitazioni, il basso livello di formazione o un’elevata disoccupazione) presentano anche una quota elevata di giovani adulti nell’aiuto sociale.”47 Riprendendo la statistica dell’USSI48, si deduce che nel dicembre 2015 il 44% del totale dei titolari (4'861 persone) non possedeva una formazione professionale conclusa. Su un totale di 2'562 titolari con una formazione terminata, il 78% ha un attestato di capacità professionale (apprendistato o scuola professionale), il 16% possiede una maturità (liceale o professionale) e il 6% ha un titolo di studio superiore (università o scuola professionale superiore). Le persone che non hanno una formazione post-obbligatoria e quelle che provengono da nuclei familiari economicamente svantaggiati (“povertà ereditaria”) tendono a dipendere più a lungo dall’aiuto sociale (minimo 3 anni)49.

Nel Rapporto “Giovani in Ticino: approfondimento di situazioni e percorsi potenzialmente problematici”, i giovani che possiedono un basso capitale scolastico e formativo sono definiti “giovani senza”. Le caratteristiche che ricorrono in essi sono la mancanza di una serie di sostegni scolastici, sociali, relazionali, economici, ecc. “Anche se in percentuale il fenomeno potrebbe sembrare trascurabile, si nota la presenza di una fascia di giovani, che non intraprende nessuna formazione postobbligatoria o ne tenta diverse senza però conseguire alcun titolo.”50

                                                                                                               

46 A partire dal 1° gennaio 2016 i cittadini stranieri possono accedere al diritto agli assegni familiari di

complemento (AFI/API) solo se uno dei genitori è in possesso da almeno tre anni del permesso di domicilio (permesso C). Tratto da Modifica del regolamento sugli assegni di famiglia (Reg. Laf), Bellinzona, marzo 2016.

47 Ufficio federale di statistica (UST), Giovani adulti e aiuto sociale, Formazione, inserimento professionale e

fondazione precoce di una famiglia: le ragioni principali del ricorso all'aiuto sociale dei giovani adulti,

Comunicato stampa, 13 Sicurezza sociale, N. 0352-0905-70, 05.06.2009, p. 2.

48 Tratto da Ufficio del sostegno sociale e dell’inserimento (USSI): Amministrazione del Canton Ticino.

Sezione ”Statistica“ in L’assistenza sociale in Ticino (dicembre 2015),

http://www4.ti.ch/dss/dasf/ussi/documentazione/statistica/, consultato il 23.06.2016.

49 Ufficio federale di statistica (UST), Giovani adulti e aiuto sociale, Formazione, inserimento professionale e

fondazione precoce di una famiglia: le ragioni principali del ricorso all'aiuto sociale dei giovani adulti,

Comunicato stampa, 13 Sicurezza sociale, N. 0352-0905-70, 05.06.2009.

50 Mainardi Crohas G., Crescentini A., Donati M., Giovani in Ticino: approfondimento di situazioni e percorsi

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4 DISSERTAZIONE

 

In questo capitolo verranno riportati e approfonditi i risultati emersi dalla ricerca, grazie all’ausilio di passaggi di interviste supportati da spunti letterari e teorici ricavati dalle letture svolte.

Il bacino di utenza preso in analisi è costituito da una fascia di popolazione limitata (cinque giovani adulti di età compresa tra i 18 e i 25 anni); pertanto questa indagine mira a sviluppare una fotografia conoscitiva ed esplorativa rispetto al fenomeno di giovani adulti beneficiari di prestazione assistenziale, senza avere la pretesa di fornire delle spiegazioni generalizzate.

L’intento delle interviste e dell’analisi è di mostrare e raccontare le percezioni, i vissuti, la situazione e le riflessioni di giovani adulti che si trovano a vivere con l’aiuto sociale in un periodo della loro esistenza.

4.1 Percorsi scolastici e professionali

Tutti i giovani intervistati hanno portato a termine il percorso formativo presso le scuole dell’obbligo. Alcuni di loro ottenendo la licenza di scuola media con dei buoni voti, altri hanno invece riscontrato qualche difficoltà in più nel loro percorso:

“Ho fatto la prima media a Stabio ma mi sono trovato male come scuola, quindi sono andato a

Morbio Inferiore dove ho fatto tre anni, sono uscito con dei buoni voti.” (intervista 1: Claudio, 23

anni)

“(…) ho fatto cinque anni alle elementari e poi quattro anni alle medie. Fino alle elementari è

andata bene, alle medie invece un disastro; non andavo proprio bene, zero. Non ho ricevuto la licenza.” (intervista 3: Laura, 23 anni)

“Io ho fatto tre anni di scuola elementare a Melide, dopo sono stata bocciata perché avevo

problemi con la matematica e con l’italiano non ero molto brava a scrivere, perché con due lingue è un po’ difficile. Dopo mi hanno mandata alle scuole speciali di Molino Nuovo che lì praticamente è una scuola in cui ti danno un aiuto in più. La maggior parte dei bambini che erano lì, avevano dei problemi veramente molto gravi; io invece, era solo proprio perché alle medie o alle elementari le cose andavano troppo veloci, quindi ecco. E niente, devo dire che da quando mi hanno inserita lì le cose sono andate molto bene, e ho fatto ancora qualche anno di scuola.” (intervista 5: Maria, 24 anni)

Successivamente la fine della scuola media, tutti gli intervistati hanno intrapreso la strada della formazione professionale di base (apprendistato). Molti di essi dopo aver concluso la professione scelta, sono rimasti ai margini del mercato del lavoro. Per contro, quasi la

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metà dei giovani ha cominciato più tentativi di apprendistati differenti, ma non portati a termine.

I passi di intervista che seguono, riportano i percorsi professionali compiuti dai giovani adulti:

“ (…) volevo fare l’apprendistato come cuoco però non ho trovato niente allora, proprio l’ultima spiaggia è stata spazzacamino. Ho iniziato, però dopo due mesi non mi piaceva, anche perché i capi non erano proprio bravi, e mi son licenziato. Avevo tempo una settimana per trovare un altro posto di lavoro, sennò si perde l’anno scolastico, bisogna farlo entro novembre, e tramite un signore che conosco da un sacco di tempo che abita lì vicino a casa mia sono andato su a lavorare a Lugano da lui che ha una ditta di trasporti e montaggio mobili come magazziniere.”

(intervista 2: Daniele, 20 anni)

“ (…) ho provato vari apprendistati, un po’ di tutto, tutto no perché ce ne sono troppi, però un po’

variati… Appunto, dopo le medie ho fatto tre / quattro apprendistati di cui tre erano tentativi non mirati, non convinti. Anche il quarto che son finito a fare l’asfaltatore, è stato un lavoro che non mi sarei mai aspettato di fare, ma alla fine l’ho accettato e mi piaceva (…)” (intervista 4: Luca,

25 anni)

Questi racconti indicano con precisione la grossa difficoltà riscontrata dai due ragazzi nell’individuare e nell’intraprendere una professione adatta a loro, alle loro “competenze personali” e al loro interesse. Nel “Rapporto di Strategia nazionale di lotta alla povertà” si evince che “lo svolgimento di una formazione professionale è una questione di volontà e convinzione individuale.”51 Se al giovane manca questa motivazione personale, risulterà difficile portare avanti e concludere con successo qualunque percorso formativo scelto. Inoltre, queste situazioni, possono portare il giovane in una condizione di emarginazione sociale52.

A febbraio ho trovato un posto di lavoro sempre come magazziniere a Balerna, solo che dopo sette / otto mesi mi sono licenziato, perché: sicurezza sul lavoro zero; la paga, ero un po’ sotto-pagato (…)” (intervista 2: Daniele, 20 anni)

“Ho fatto due anni di apprendistato empirico, poi dopodiché dovevo fare il terzo anno ma il

datore di lavoro non mi ha più tenuta. (…) ho trovato in albergo (…) ho fatto i miei due anni di apprendistato, ma pure lì niente, le cose non sono andate bene perché il mio ex direttore aveva problemi di gestione, tutte queste cose qua, e quindi a me e all’altra apprendista ci ha dovute lasciare a casa.” (intervista 5: Maria, 24 anni)

                                                                                                               

51 Rapporto del Consiglio federale in adempimento della mozione (06.3001) della Commissione della

sicurezza sociale e della sanità del Consiglio nazionale (CSS-CN) del 13 gennaio 2006. Rapporto: Strategia

nazionale di lotta alla povertà, 31 marzo 2010, p. 42.

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Nel “Rendiconto realizzato dalla Divisione della formazione professionale (DFP) nel 2007”, nel quale sono ricercati e indagati i possibili motivi legati allo scioglimento di contratti di tirocinio, si evince che “Nel primo anno di formazione lo scioglimento del contratto indica, in parecchi casi, che la scelta dell’apprendista non era stata fatta con convinzione e magari in modo un po’ affrettato; in altri casi il dover coniugare scuola e lavoro comporta difficoltà serie che impongono l’interruzione dell’attività lavorativa. (…) Lo scioglimento indica che qualcosa non ha funzionato come sperato; l’insuccesso può portare a rafforzare la demotivazione del giovane e rendere più difficile il suo reinserimento nel mondo del lavoro. (…)”53

La formazione professionale e il sistema educativo dovrebbero avere lo scopo di preparare e formare le persone adeguatamente in vista di un inserimento stabile nel mercato del lavoro. Compito ancora più importante, dovrebbe essere quello di “integrare durevolmente nell’economia e nella società i giovani e gli adulti che non sono riusciti a sfruttare le opportunità formative esistenti.”54 Realtà che non è percepita dai giovani intervistati.

“(…) dopo quattro anni in cui non ho fatto niente, iniziare un lavoro così, subito di colpo, devo

dire la verità, è pesante (…)” (intervista 3: Laura, 23 anni)

“(…) il tempo maggiore che passo è in solitudine, non con gli altri.” (intervista 4: Luca, 25 anni) Dal “Rapporto del Consiglio federale” è stato evidenziato che ogni anno, 2'000 / 2'500 giovani non riescono a collocarsi in modo stabile e duraturo nel mondo del lavoro. Caratteristiche ricorrenti e comuni di questa fascia di ragazzi sono la non riuscita nel passaggio dalla scuola media a una formazione professionale, oppure l’interruzione della formazione intrapresa. Inoltre, si riscontrano contemporaneamente varie problematiche, come per esempio difficoltà scolastiche o personali, o la presenza di una situazione di disagio sociale. Senza il possesso di una formazione, vi è una maggior probabilità di dipendere più a lungo dell’aiuto sociale55.

Nonostante le numerose difficoltà riscontrate, alcuni dei giovani intervistati hanno ancora la voglia e il desiderio di mettersi in gioco intraprendendo altri percorsi formativi. Alcuni di loro hanno già pensato a progetti professionali alternativi e concreti e sono in attesa di risposte per quanto concerne una possibile assunzione.

                                                                                                               

53 Mainardi Crohas G., Crescentini A., Donati M., Giovani in Ticino: approfondimento di situazioni e percorsi

potenzialmente problematici, Agosto 2008, p. 31.

54 Rapporto del Consiglio federale in adempimento della mozione (06.3001) della Commissione della

sicurezza sociale e della sanità del Consiglio nazionale (CSS-CN) del 13 gennaio 2006. Rapporto: Strategia

nazionale di lotta alla povertà, 31 marzo 2010, p. 41.

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“(…) fino a oggi che ho scoperto che voglio fare il cuoco…e siamo arrivati fino a qua.” (intervista 1: Claudio, 23 anni)

“(…) adesso sto lavorando alla Quiete, sempre come addetta alle cure. E sto aspettando questa

risposta, appunto se posso iniziare lì l’apprendistato oppure no.” (intervista 3: Laura, 23 anni)

“Ora sto facendo un programma occupazionale di sei mesi, sto facendo uno stage in una casa

per anziani come assistente di cura e, niente, il trenta giugno dovrei finire e spero di trovare un posto che mi prendano.” (intervista 5: Maria, 24 anni)

4.2 Quadro familiare

Tutti i giovani adulti intervistati sono stati indirizzati e si sono rivolti presso l’Ufficio Antenna Sociale e Giovani della Città di Mendrisio su indicazione e consiglio della rete sociale. La rete sociale è composta dalle relazioni esistenti tra le persone; una sua importante finalità è quella di fungere da sostegno sociale. È possibile suddividerla e distinguerla in: “rete primaria” che include tutti quei legami sociali intensi caratterizzati da affetto tra le persone (come familiari, amici, ecc.); “rete secondaria” la quale comprende le relazioni di tipo impersonale (come le istituzioni, i servizi ed enti presenti sul territorio, ecc.)56.

Il campione di giovani è stato indirizzato all’Ufficio da persone appartenenti sia alla rete primaria, sia a quella secondaria.

“(…) dall’assistente sociale dell’ospedale e dalla mamma della mia ragazza, sono venuto a

conoscenza così.” (intervista 1: Claudio, 23 anni)

“(…) è stato mio papà (…) e anche la disoccupazione (…).” (intervista 3: Laura, 23 anni) “(…) l’operatrice di prossimità.” (intervista 4: Luca, 25 anni)

Il motivo per il quale tutti e cinque i giovani intervistati hanno fatto domanda per ricevere il sostegno della prestazione assistenziale, è prettamente di natura economica.

Alcuni di loro (due giovani) abitano a casa con i genitori, quindi il contributo finanziario che ricevono dall’USSI lo usano in parte per partecipare alle spese che il nucleo familiare deve sostenere:

L’ho chiesta perché comunque anche se adesso vivo con i miei, mi tocca pagare le mie fatture e comunque le mie spese le ho anche io. Quindi l’ho chiesta per ragioni economiche, non avendo un’entrata.” (intervista 3: Laura, 23 anni)

                                                                                                               

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Tre giovani, invece, sono autonomi e indipendenti dalla famiglia poiché abitano soli, dunque l’entrata garantita dall’aiuto sociale serve sostanzialmente per il loro sostentamento:

“L’ho chiesta perché non riesco ad arrivare a fine mese con, diciamo, i miei due piccoli lavori

che ho adesso, che insegno lavorando al service audio, quindi una mano è ben più che gradita.” (intervista 1: Claudio, 23 anni)

Quattro giovani su cinque hanno alle spalle delle situazioni e dei vissuti familiari non molto positivi e facili. I motivi sono diversi fra loro: Claudio ha la madre che presenta problematiche psichiche accentuate, Laura vive con genitori che le fanno importanti storie riguardanti i soldi che deve dare in casa, Luca non ha mai conosciuto la madre (perché lo ha abbandonato) e qualche anno fa ha perso il padre e Maria ha i genitori separati e viveva con il padre che faceva uso di alcool.

Di seguito sono riportati alcuni frammenti di intervista che raccontano i vissuti dei giovani: “Riguarda tutto quella cosa che è successo con mia madre che me ne sono andato di casa.

Diciamo che era una persona molto nervosa e dopo la decima volta che mi metti le mani addosso perché (…), stavo dormendo di notte ed è entrata ed ha sclerato ancora per i soldi, voleva altri soldi, da lì basta, ho troncato. (…) E dopo un po’ basta (…), avere di fianco una persona nervosa che ti logora per gli anni, dopo un po’ non ce la fai più. (…) Ecco, la mia situazione familiare non è bellissima, non ne parliamo, ma io sono comunque sempre molto positivo. Mio padre non c’è mai stato e…vabbé, si cresce lo stesso. Basta avere la propria testa e pensare.” (intervista 1: Claudio, 23 anni)

“(…) non ho familiari e non ho un lavoro (…). È stato anche un periodo non tanto bello (…),

prima avevo anche altri problemi non solamente questi di salute fisica, ma anche un po’ emotiva o psichica, si potrebbe dire. Le chiamano “le ricadute” o “cadute”, nel senso, quando non sei abbastanza su con l’umore, parlando sempre di autostima o quelle robe lì. Diciamo che ti senti altro che il mondo crollarti addosso. Ti crolla addosso il famoso mondo, poi ti crolla addosso anche quel poco di briciolo di coscienza che hai, a volte anche un po’ di speranza, pazienza e inizi a perdere un po’ le staffe. Dopo ritrovi il tempo per rimetterti sul percorso. Non è che se la macchina perde l’olio o la benzina, posso mettermi in strada e gareggiare. No, devo prima tirarla fuori e metterla a posto e poi si mette di nuovo in pista. (…) poi adesso c’è mio zio che non sta tanto bene, ha la leucemia (…).” (intervista 4: Luca, 25 anni)

“(…) la mia situazione a casa non è una di quelle migliori, quindi ho preso un monolocale da

sola.” (intervista 5: Maria, 24 anni)

Dalle testimonianze si possono riscontrare delle difficoltà presenti nella vita di questi giovani adulti. Traspare inoltre in modo abbastanza chiaro, una capacità di reazione di fronte a situazioni difficili.

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In sociologia, la capacità di una persona di resistere, di piegarsi senza però spezzarsi, di far fronte positivamente a eventi e situazioni drastiche viene definita con il termine di “resilienza”57. La resilienza è l’attitudine di un soggetto di superare le criticità, gli insuccessi, le amarezze prodotte da certe condizioni della vita e di uscirne rafforzati e di riorganizzarsi in modo gratificante. “Si tratta dell’avvio di un progetto di vita volto ad integrare luci ed ombre, forza e sofferenza, la vulnerabilità con la capacità di ricostruire il proprio percorso di vita.”58 I fattori che consentono di superare i momenti traumatici possono essere sviluppati, così da permettere alla persona di riprendere il proprio percorso di vita. Per questo motivo la resilienza può costituire una risorsa essenziale da valorizzare, promuovere e sostenere all’interno di percorsi educativi e di accompagnamento sociale di persone in difficoltà. In aggiunta, Andrew Zolli e Ann Marie Healy, nel loro libro “Resilienza, La scienza di adattarsi ai cambiamenti”, indicano la resilienza come qualità e la definiscono un “talento” in una società liquida59 e volatile come quella che stiamo vivendo attualmente.

Un altro fattore importante è la famiglia, infatti Giuliana Mandich nel suo libro “Abitare lo spazio sociale”, afferma che “la famiglia si posiziona indiscutibilmente al primo posto nella gerarchia di valore dei giovani e sembra costituire «l’ancoraggio istituzionale e cognitivo» che dà alle nuove generazioni la possibilità di affrontare la frammentazione sociale e l’incertezza che caratterizzano la realtà contemporanea.”60

L’importanza attribuita all’istituzione familiare, la si può riscontrare nei racconti di due giovani intervistati:

“(…) una situazione familiare che ho trovato invece positiva, è la famiglia della mia ragazza.

Loro mi vogliono un bene dell’anima, sono bravissimi, mi hanno aiutato veramente, veramente tanto e io considero adesso loro comunque un po’ un pezzo della mia famiglia. (…) adesso (…) è diventata di più un «sei un nostro familiare, vieni a cena quando vuoi»; io gli faccio sempre la torta o gli porto la bottiglietta di vino. È sempre bello avere un posto dove ti siedi a tavola e fai la preghiera, chini il capo, mangi, sparecchi, pulisci. È bello, piuttosto che stare a casa da solo a guardarmi in faccia con il mio gatto, come ai vecchi tempi.” (intervista 1: Claudio, 23 anni)

“(sento più vicini e presenti) in primis ovviamente i miei genitori, poi comunque mia zia e la mia

ragazza. Per esempio quando dico «tanto non trovo più lavoro perché qua è impossibile», mi dicono di non abbattermi, che tanto prima o poi qualcosa salta fuori. cercano sempre di tirarmi

                                                                                                               

57 Zolli A., Healy A. M., Resilienza, La scienza di adattarsi ai cambiamenti, Saggi Rizzoli, Milano, 2014. 58 Gambardella E., La resilienza, dispensa del modulo Laboratorio di pratica professionale di base,

SUPSI,Manno, a. a. 2013/2014, p. 2.

59 Il sociologo polacco Zygmunt Bauman utilizza il temine “modernità liquida” per identificare la

post-modernità, caratterizzata da un costante cambiamento e da una perenne incertezza. Tratto da Bauman Z.,

Modernità liquida, Editori Laterza, Bari-Roma, 2011.

60 Mandich G., Abitare lo spazio sociale. Giovani, reti di relazione e costruzione dell’identità, Guerini Studio,

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su di morale (…), e di farmi vedere il lato positivo (…), di non abbattermi. Cercano ovviamente di indirizzarmi anche su altre strade(…). Mi spronano, mi aiutano e mi incoraggiano, cercano di tirarmi su…” (intervista 2: Daniele, 20 anni)

Da entrambi i frammenti, si può cogliere l’importanza che i due giovani attribuiscono alla presenza e al supporto emotivo proveniente dalle persone che percepiscono presenti e vicine a loro (per Claudio i genitori della sua ragazza, per Daniele i suoi genitori). Si percepisce il valore e la necessità dei giovani di avere qualcuno che nei momenti difficili e di sconforto possa rassicurarli e sostenerli.

“La mia famiglia è un po’…loro si, sono contenti che comunque bene o male l’assistenza mi

aiuta, però se non sono in assistenza è meglio per loro. (…) certi (familiari) pensano che sono una nulla-facente perché sto in assistenza. Quindi, quando mi chiedono se ho trovato lavoro, dico di no, basta punto, cerco di non parlar troppo e di non stare troppo su quell’argomento perché so che dopo cominciano a dire qualcosa e dopo magari io do di matto. (…) la cosa che io non concepisco è questa auto-critica dicendo che «bohm, sei in assistenza, non fai niente nella vita, non vai a scuola». Però, questo tipo di persone devono capire che se una persona è in assistenza, non vuol dire che è una nulla-facente.” (intervista 5: Maria, 24 anni)

Per contro, da questo frammento di racconto di Maria, emerge la percezione di etichettamento e di pregiudizio che la ragazza prova quando si rapporta con i familiari. Per questo motivo non si addentra nei discorsi riguardanti la sua situazione attuale (mancanza di lavoro), al fine di evitare dei conflitti con alcuni familiari che ritengono il giovane beneficiario di aiuto sociale un “nulla-facente”.

Infatti la sociologia definisce i pregiudizi come opinioni e atteggiamenti immotivati e precostituiti fondati sul “sentito dire” piuttosto che dall’esperienza e dal vissuto diretto, i quali conducono l’individuo a essere prevenuto rispetto a un dato argomento o persona. Spesso i pregiudizi sono costruiti su stereotipi, i quali sono interpretazioni molto rigide e difficilmente soggette a cambiamenti61.

4.3 Legami significativi

Ogni persona vive all’interno di vari sistemi relazionali differenti tra loro, dai quali deriva un senso di appartenenza e che costituiscono la fonte dell’identità del soggetto. In questi sistemi rientrano vari soggetti facenti parte della propria famiglia, del circolo amicale, del quadro lavorativo o del tempo libero. La persona viene così definita come “pluriappartenente” a sistemi relazionali, nei quali essa può intessere rapporti privilegiati che formano un “reticolo”. Questo “reticolo personale” rappresenta e consente lo sviluppo

                                                                                                               

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