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GESTIONE INFEMIERISTICA DI UN PAZIENTE AFFETTO DA ANGIOSARCOMA

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Academic year: 2022

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(1)

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DELL’AQUILA

CORSO DI LAUREA IN INFERMIERISTICA (Presidente: Prof.ssa Cristina Petrucci)

ELABORATO FINALE

“GESTIONE INFEMIERISTICA DI UN PAZIENTE AFFETTO DA

ANGIOSARCOMA”

STUDENTESSA RELATORE

Di Stefano Silvia Prof. Lancia Loreto

MATRICOLA 252586

ANNO ACCADEMICO 2019/2020

(2)

"Come infermieri abbiamo la possibilità di guarire il cuore, la mente, l'anima e il corpo dei nostri pazienti, le loro famiglie e noi stessi.

Essi possono dimenticare il tuo nome, ma non potranno mai dimenticare come li ha fatti sentire".

Maya Angelou

A Concetta, Carol e Camilla

(3)

INDICE

INTRODUZIONE ... 1

L’angiosarcoma cardiaco ... 1

1. I SARCOMI DEI TESSUTI MOLLI... 3

1.1 Definizione... 3

1.2 Classificazione istologica... 3

1.3 Diagnosi e trattamento ... 7

1.4 Angiosarcoma ... 8

2. CASO CLINICO ...10

2.1 Descrizione del caso clinico ...10

2.2 Evoluzione clinica ...11

2.2.1 Riscontro occasionale della massa ...11

2.2.2 Valutazione esecuzione esame bioptico ...13

2.2.3 Trasferimento in rianimazione cardiochirurgica (TIPO) ...15

3. PROCESSO DI NURSING: ACCERTAMENTO INFERMIERISTICO ...18

3.1 Modelli di Gordon ...18

3.2 Scale di valutazione ...20

4. PROCESSO DI NURSING: DIAGNOSI, OBIETTIVI, INTERVENTI E VALUTAZIONE ..23

4.1 Alta priorità ...24

4.2 Media priorità ...25

4.3 Bassa priorità ...28

CONCLUSIONI ...30

BIBLIOGRAFIA ...31

SITOGRAFIA ...31

ALLEGATI ...32

(4)

1

INTRODUZIONE

L’angiosarcoma cardiaco

I tumori cardiaci sono tumori molto rari, infatti la loro incidenza è pari allo 0.02%, di questi il 75% sono tumori benigni e il 25% maligni1. Tra i tumori maligni cardiaci il più frequente è l’angiosarcoma, che risulta essere anche il più aggressivo. Insorge dagli angioblasti mesenchimali e in molti casi l’eziologia non è chiara, si è visto che alcuni pazienti che hanno sviluppato la malattia sono stati esposti a radiazioni ionizzanti ed hanno avuto una lunga esposizione a materiali chimici. L’angiosarcoma cardiaco può colpire qualunque fascia d’età della popolazione, ma si è rilevata una maggiore frequenza tra 30 - 40 anni;

non ha una localizzazione di insorgenza specifica nel cuore, anche se nella maggior parte dei casi insorge nel cuore destro, nello specifico nell’atrio destro e raramente si presenta a livello di epicardio, pericardio e ventricolo destro.

Nella maggior parte dei casi l’angiosarcoma cardiaco metastatizza a livello dei polmoni e delle ossa, occasionalmente si riscontrano metastasi nel fegato e nella milza e molto raramente sono presenti anche a livello cerebrale.

I sintomi associati sono aspecifici e dipendono dalla localizzazione del tumore all’interno del cuore e dalle sue dimensioni. Si può avere: dolore toracico, vomito, tosse, emottisi, respiro corto, affaticamento e aritmia2.

La diagnosi di angiosarcoma viene effettuata tramite l’uso di:

• Ecocardiogramma

• Tomografia computerizzata (TC)

• Risonanza Magnetica (RM)

• Esame bioptico

1 Arktout S., Nicaise N., Hoton D., A rare case of multimetastatic cardiac angiosarcoma. In “Radiology case reports”

(2020).

2 Yu J.F., Cui H., Ji G.M., Li S.Q., Huang Y., Wang R.N., Xiao W.F., Clinical and imaging manifestations of primary cardiac angiosarcoma. In “BMC Medical Imaging” (2019).

(5)

2 Il trattamento dell’angiosarcoma cardiaco comprende la resezione chirurgica della massa, associata a chemioterapia e radioterapia. Nel momento in cui il paziente non risulta

operabile, per l’invasività della massa tumorale, viene effettuata solo la chemioterapia e la radioterapia; tuttavia la radioterapia ad alte dosi e la chemioterapia basata sulle antracicline sono cardiotossiche, rendendo così controversa la scelta di questo piano terapeutico per il paziente ad uno stato avanzato della malattia.

La prognosi è spesso infausta, con una sopravvivenza media di 5 - 13 mesi e questa dipende dall’alta invasività del tumore, dalla difficoltà di una completa resezione chirurgica dato dall’unico sito chirurgico accessibile, dalla risposta sfavorevole alle terapie adiuvanti e dalla mancanza di un trattamento mirato.3

Il ruolo dell’infermiere di fronte ad un paziente oncologico è centrale, perché il paziente subisce una diagnosi pesante, che lo turba dal punto di vista psicologico, affettivo e sociale.

L’infermiere è chiamato all’ascolto, al dialogo e alla disponibilità nell’aiuto, in modo da garantire una dignità alla persona sofferente anche fino all’ultimo istante di vita. È

importante educare i famigliari e i caregivers ad aiutare e sostenere il paziente oncologico, così da non sentirsi solo anche nei momenti più difficili della malattia.

Questo elaborato nasce da un’esperienza personale, che ha inaspettatamente colpito la famiglia in modo cruento, con una diagnosi rara a cui non si è mai pronti.

Nello specifico l’elaborato si pone come obiettivo quello di descrivere l’importanza di una gestione assistenziale a 360° sia dell’assistito che dei famigliari, colpiti indirettamente dalla diagnosi. Nella parte iniziale verrà descritta la patologia in generale, si affronterà il decorso clinico del paziente e infine sarà sviluppato un piano assistenziale secondo la metodologia del processo di nursing, utilizzando i modelli funzionali di Gordon e le scale di valutazione nell’accertamento, la tassonomia NANDA per la definizione delle diagnosi infermieristiche ed infine NOC e NIC per la pianificazione degli obiettivi e degli interventi.

3 ibidem

(6)

3

1. I SARCOMI DEI TESSUTI MOLLI

1.1 Definizione

Il sarcoma è un tumore raro di origine mesenchimale, che insorge nel tessuto connettivo. È un tumore che può colpire persone di qualsiasi età, anche durante l’infanzia e può

insorgere in qualsiasi parte del corpo, con differenti gradi di aggressività.

Ci sono tre tipologie principali di sarcomi:

• Sarcomi dei tessuti molli (STM): si sviluppa nel tessuto connettivo;

• Sarcomi delle ossa;

• Sarcomi viscerale: si sviluppa in organi specifici (GIST).

Nello specifico i STM si formano nei tessuti come muscoli, tendini, sinovie, tessuto adiposo, tessuto connettivo in genere. Sono tumori rari che rappresentano solo l’1% delle neoplasie in età adulta. Sono raggruppati in più di 50 tipi istologici diversi, con caratterizzazioni biologiche specifiche e comportamenti distinti.

Hanno un’incidenza diversa anche in funzione dell’età: nel bambino prevalgono il

fibrosarcoma infantile, il rabdomiosarcoma e il sarcoma di Ewing, nell’adulto abbiamo le forme non a piccole cellule, che comprendono una varietà molto maggiore di istotipi, complessivamente definiti sarcomi delle parti molli di tipo adulto. Per queste forme si ha una sopravvivenza globale a 5 anni intorno al 65%4.

1.2 Classificazione istologica

L’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) nelle linee guida del 2019 definisce la classificazione delle lesioni maligne ed intermedie dei STM in base allo loro

differenziazione (Tabella 1).

4 Linee guida sarcomi dei tessuti molli edizione 2019 – AIOM p.10

(7)

4 Tabella 1: classificazione istologica STM5

NEOPLASIE A DIFFERENZAZIONE ADIPOCITARIA

• Tumore lipomatoso atipico/liposarcoma bene

differenziato (varianti adipocitico, sclerosante, infiammatorio e a cellule fusate)

• Liposarcoma dedifferenziato

• Liposarcoma mixoide

• Liposarcoma pleomorfo

NEOPLASIE A DIFFERENZAZIONE

FIBROBLASTICA/MICROFIBROBLASTICA

• Fibromatosi desmoide

• Fibroblastoma a cellule giganti

• Dermatofibrosarcoma protuberans

• Dermofibrosarcoma protuberanza fibrosarcomatoso

• Fibroxantoma atipico

• Tumore fibroso solitario

• Tumore miofibroblastico infiammatorio

• Sarcoma miofibroblastico di basso grado

• Fibrosarcoma infantile

• Myxofibrosarcoma

• Sarcoma fibroblastico infiamamtorio

• Sarcoma fibromixoide di basso grado

• Sarcoma epiteliode sclerosante

NEOPLASIE A DIFFERENZIAZIONE

“FIBROISTIOCITARIA”

• Tumore fibroistocitario plessiforme

• Tumore a cellule giganti delle parti molli

5Ibidem p. 12-14

(8)

5 NEOPLASIE A DIFFERENZIAZIONE

MUSCOLARE LISCIA • Leiomiosarcoma

NEOPLASIE A DIFFERENZIAZIONE MUSCOLARE STRIATA

• Rabdomiosarcoma embrionale

• Rabdomiosarcoma alveolare

• Rabdomiosarcoma pleomorfo

• Rabdomiosarcoma a cellule fusate /sclerosante

NEOPLASIE A DIFFERENZIAZIONE VASCOLARE

• Emangioendotelioma kaposiforme

• Emangioendotelioma retiforme

• Angioendotelioma papillare intralinfatico

• Emangioendotelioma composito

• Sarcoma di kaposi

• Emangioendotelioma epitelioide

• Emangioendotelioma pseudomiogenico

• Angiosarcoma cutaneo

• Angiosarcomi dei tessuti molli NEOPLASIE PERIVASCOLARI • Tumore glomico maligno NEOPLASIE A DIFFERENZIAZIONE

CONDRO - OSSEA • Osteosarcoma extra scheletrico

NEOPLASIE A DIFFERENZIAZIONE NEURO ECTODERMICA

• Tumore maligno delle guaine nervose periferiche e varianti:

o Tumore maligno delle

guaine nervose periferiche a differenziazione eterologa o Tumore maligno delle

guaine nervose periferiche epitelioide

o Tumore maligno delle guaine nervose periferiche melanotico

(9)

6 o Tumore maligno delle

guaine nervose periferiche melanotico psamommatoso

• Tumore a cellule granulari maligno

• Sarcoma di Ewing / PNET

NEOPLASIE A DIFFERENZIAZIONE INCERTA

• Tumore ialinizzante angiectatico delle parti molli

• Istiocitoma fibroso angiomatoide

• Tumore fibra mixoide ossificante

• Mioepitelioma

• Tumore mesenchimale fosfaturico

• Sarcoma sinoviale

• Sarcoma epitelioide

• Sarcoma alveolare delle parti molli

• Sarcoma a cellule chiare

• Condrosarcoma mixoide extra scheletrico condrosarcoma mesenchimale

• Mesenchimoma maligno

• Tumore desmoplastico a piccole cellule rotonde

• Tumore rabdoide extrarenale

• Pecoma

• Sarcoma intimale

• Sarcomi indifferenziati (pleomorfi, a cellule rotonde, epitelioidi, a cellule fusate)

(10)

7 1.3 Diagnosi e trattamento

La diagnosi di STM deve essere sia radiologica che patologica.

La diagnostica radiologica per immagini è fondamentale sia per la fase iniziale di diagnosi che per la stadiazione e comprende:

• Esame ecografico: misura le dimensioni della massa, evidenzia i rapporti, rileva la morfologia, i margini, l’ecostruttura e il coinvolgimento delle strutture

circostanti; con l’uso del powerdoppler è possibile valutare anche la vascolarizzazione della massa.

• TC: senza e con mezzo di contrasto, definisce il compartimento anatomico interessato, stabilisce le dimensioni, la localizzazione e i rapporti; dimostra la presenza di componenti tissutali e l’entità della vascolarizzazione.

• RM: indispensabile per definire la sede anatomica, il compartimento e i rapporti;

caratterizza il tessuto di cui è composto il sarcoma; fondamentale nella valutazione della risposta ai trattamenti.

La valutazione istologica può essere ottenuta mediante:

• Esame citologico con ago aspirato (usato solo in caso di sospetta recidiva nell’area già operata)

• Biopsia con ago tranciante (considerata procedura di scelta nella maggioranza dei casi di STM)

• Biopsia incisionale

• Biopsia escissionale (usata in casi molto selezionati e stadiati in precedenza) La stadiazione successiva alla diagnosi di STM va a valutare soprattutto il parenchima polmonare con TC, essendo la sede di metastatizzazione più frequente.6

Il successivo trattamento viene stabilito in base al grado e alla localizzazione del tumore; in generale può comprendere la chirurgia integrata a chemioterapia e radioterapia quando la malattia è in fase locale, nelle successive fasi viene valutato un intervento citoriduttivo (chemioterapico e/o radioterapico) fino a ridurre la malattia ad una resecabilità e

6 Ibidem p.15-17

(11)

8 successivamente un intervento chirurgico demolitivo, nelle fasi metastatiche potrebbe essere necessario intervenire chirurgicamente anche sulle metastasi.7

1.4 Angiosarcoma

L’angiosarcoma è un tumore maligno aggressivo, che rappresenta meno dell’1% dei STM, coinvolge le cellule endoteliali del sistema linfatico o vascolare ed ha un alto tasso di recrudescenza locale e di formazione delle metastasi, dato ciò la prognosi è generalmente infausta con una sopravvivenza da 6 a 16 mesi.

L’angiosarcoma origina da cellule endoteliali vascolari che mostrano un’atipia e crescono lungo i canali vascolari preesistenti e gli spazi sinusoidali e cavernosi, possono formare anche vasi organizzati, masse solide e noduli.8 Data la sua origine dalle cellule endoteliali, l’angiosarcoma può svilupparsi in tutto il corpo e a qualsiasi età, anche se si riscontra con più frequenza negli anziani, tra i 60-70 anni;

generalmente non c’è differenza tra i due sessi, tranne per le lesioni cutanee che hanno riscontrato una maggiore prevalenza negli uomini. L’angiosarcoma si diffonde per via ematica e il sito più interessato per le metastasi sono i polmoni, poi possono comparire a

livello del fegato, delle ossa, dei tessuti molli e dei linfonodi.

Al momento della diagnosi, solitamente, c’è già un interessamento di altri organi, che rende anche difficile identificare il sito di origine del tumore e trovare il giusto approccio

terapeutico.

La classificazione dell’angiosarcoma si basa sul sito di origine e sui fattori di rischio, si dividono in:

• angiosarcomi primariamente cutanei (in assenza di linfedema o radiazioni);

• angiosarcomi parenchimali / viscerali (compreso le lesioni primarie del seno);

• angiosarcomi dei tessuti molli;

• angiosarcomi associati a linfedema o post-radiazioni.

I fattori di rischio per l’insorgenza dell’angiosarcoma sono il linfedema cronico e la

radioterapia, nello specifico quella che si effettua per il tumore al seno; altri fattori includono

7Ibidem

8 Gaballah A.H., Jensen C.T., Palmquist S., Pickhardt P.J., Duran A., Broering G., Elsayes K.M., Angiosarcoma: clinical and imaging features from head to toe. In “British Journal of Radiology” (2017).

(12)

9 anche sindromi familiari (come la neurofibromatosi di tipo 1, il retinoblastoma bilaterale, l’emocromatosi, sindrome di Maffucci e le sindromi di von Recklinghausen e di Klippel-

Trenaunay) ed esposizione ad agenti chimici tossici soprattutto per le lesioni epatiche.

La sede dell’angiosarcoma è varia, può insorgere nel 60% dei casi a livello della testa e del collo (soprattutto a livello del cuoio capelluto), nel 40% dei casi coinvolge i tessuti molli (tessuti sottocutanei profondi, tessuti molli degli arti superiori ed inferiori, parete addominale e toracica, peritone, retroperitoneo e mediastino), il seno, il cuore e le arterie polmonari, il

fegato, la milza e le ossa.

Il trattamento dell’angiosarcoma include la chirurgia, la radioterapia e la chemioterapia, ma i risultati variano molto in base al sito d’origine, alle dimensioni, alla resecabilità della massa e al tipo di tumore.9

9 ibidem

(13)

10

2. CASO CLINICO

2.1 Descrizione del caso clinico

Il paziente A.S. (37 anni) si reca al Pronto Soccorso in data 29/06/2016 per una recidiva di dolore toracico, astenia e dispnea da sforzo. Il paziente è stato recentemente dimesso dall’

U.O. di Cardiologia per versamento pericardico.

Viene effettuata una radiografia (RX) del torace dove si evidenziano plurimi addensamenti nodulari eterodimensionali sparsi su tutto il polmone destro associati ad accentuazione del disegno interstiziale; alcuni addensamenti sono apprezzabili anche nel polmone sinistro in sede apicale superiore. Non si rilevano chiari segni di versamento pleurico, ma

cardiomegalia (allegato 1).

Per completamento del quadro diagnostico viene richiesta una consulenza pneumologica in cui si consiglia di eseguire un angio TC del circolo polmonare per sospetta embolia

polmonare. Il referto dell’angio TC non riscontra embolia polmonare, ma si evidenzia un versamento pericardico circonferenziale di grande abbondanza, con spessore massimo di 3 cm e riduzione di calibro della giunzione vena cava superiore – atrio destro. Interessamento interstizio-alveolare parenchimale bilaterale, caratterizzato da ispessimento dei setti

interlobulari in sede apicale e postero-basale, multiple iperdensità alveolari a vetro smerigliato con aspetto consolidato al livello di entrambi i polmoni, prevalenti a livello dei lobi superiori e in sede mantellare, di non univoco significato (allegato 2).

Viene inoltre richiesto un consulto cardiologico con esecuzione di ecocolordoppler cardiaco dove si denota recidiva di severo versamento pericardico con segni di compressione sulla sezione dx. Si consiglia consulenza cardiochirurgica e ricovero.

Il paziente viene ricoverato nell’ U.O. UTIC e all’ ingresso viene eseguito dal medico:

Esame obiettivo cardiovascolare:

• polso ritmico, piccolo e celere

• pressione arteriosa: 100/50 mmHg ipotensione ortostatica

• turgore delle giugulari

• auscultazione: toni parafisiologici con pause libere

Esame obiettivo distrettuale:

• apparato respiratorio: murmure vescicolare aspro con ronchi diffusi

• arti: non presenta edemi declivi

(14)

11 L’infermiere nella cartella infermieristica riporta i dati del paziente, esegue l’anamnesi e rileva che il paziente presenta ipotensione e tachicardia; l’uomo è un fumatore abituale e riferisce di essere allergico alla penicillina. La terapia domiciliare in corso per la pericardite è deltacortene, pantoprazolo e colchicina, infine il paziente riferisce evacuazioni con feci non formate negli ultimi 10 gg. Attraverso la scala di Conley viene effettuata la valutazione del rischio di caduta, che assegna al paziente un punteggio pari a 3. Al termine

dell’anamnesi il paziente viene monitorizzato, vengono rilevati i parametri vitali e si esegue l’elettrocardiogramma (ECG), gli esami ematochimici e la tricotomia.

Dato il quadro clinico presente si ritiene necessario effettuare una pericardiocentesi ecoguidata. Prima di scendere in sala operatoria l’infermiere inizia l’infusione prescritta di emagel, per evitare una grave ipotensione. Il paziente scende in sala operatoria alle 18:15, dove viene eseguita l’evacuazione di circa 1300 ml di liquido prevalentemente ematico, da cui si eseguono i prelievi diagnostici; con l’evacuazione eseguita il paziente non è più tachicardico ed ipoteso. Il paziente risale in reparto alle 20:00 con drenaggio pericardico, l’infermiere monitorizza di nuovo il paziente, rileva i parametri vitali ed esegue l’ECG e predispone per l’eco-cuore che rileva una completa riduzione del versamento pericardico.

2.2 Evoluzione clinica

Il giorno 02/07/2016 il controllo ecocardiografico non rileva presenza di versamento pericardico e si decide per la rimozione del drenaggio in aspirazione, il suo accesso è giornalmente medicato dall’infermiere. La rimozione permette al paziente una

mobilizzazione per i bisogni fisiologici.

Il giorno 04/07/2016 il paziente è clinicamente stabile, ma compare mialgia agli arti inferiori valutata dall’infermiere con la scala del dolore, che gli attribuisce un punteggio pari a 6, il dolore diminuisce solo grazie alla somministrazione di paracetamolo per via orale (OS).

Dato ciò il medico richiede un’elettromiografia degli arti inferiori, la quale dà esito negativo.

2.2.1 Riscontro occasionale della massa

Al paziente viene giornalmente effettuato il controllo ecocardiografico, il giorno 09/07/2016 viene rilevata un’anomalia nell’atrio destro (dx) di natura indefinita (allegato 3).

Successivamente viene effettuata anche una tomografia a impedenza elettrica con ausilio del 3D, che conferma la presenza di un’immagine in plus a livello dell’atrio dx adesa alla

(15)

12 parete laterale, la cui natura deve essere definita con un’ecocardiografia transtoracica (ETE) (allegato 4).

Il giorno 10/07/2016 il paziente rimane a digiuno per effettuare ETE. Il referto evidenzia un’imponente massa (almeno 19 cmq di area) aggettante in atrio dx, con ostruzione della vena cava superiore (VCS). È necessaria un’angio TC cuore-torace per definire la natura della massa (allegato 5). Nel primo pomeriggio viene effettuata la TC cuore con e senza mdc in urgenza, il referto evidenzia versamento, con diffuso inspessimento dei foglietti pericardici. Il tessuto si estende in atrio dx con margini finemente irregolari e determina effetti compressivi sulla VCS, ridotta di calibro ma pervia. Le dimensioni massime assiali del tessuto sembrano di 7 cm (allegato 6). Successivamente al referto viene contattato telefonicamente il cardiochirurgo per visualizzazione delle immagini della TC cuore. Viene richiesta RM cuore e una successiva rivalutazione. Il paziente al momento è stazionario, ma persiste il dolore agli arti inferiori. In serata viene richiesto un ecodoppler arti inferiori a letto in urgenza, che viene eseguito e non riscontra anormalità.

Nei giorni successivi l’algia agli arti inferiori persiste.

Il giorno 12/07/2016 viene effettuata la RM cuore con e senza mdc, il referto rivela la presenza di tessuto solido di natura eteroformativa, intensamente vascolarizzato, misura 8.6APX9LL, che infiltra diffusamente la parete anteriore e laterale dell’atrio di destra, aggettando nella porzione della cavità atriale, l’auricola omolaterale, che ne risulta obliterata ed in misura minore anche la parete inferiore. Collateralmente si segnala alterazione di segnale di sospetto significato secondario a carico di multipli metameri

vertebrali dorsali e lombari ed anche a carico del corpo e del manubrio sternale (allegato 7).

Il giorno 13/07/2016 al pz viene richiesta una consulenza oncologica, che consiglia di completare la stadiazione con TC encefalo, collo e addome completa con mdc. Il giorno stesso viene effettuata la TC consigliata dall’oncologo e il referto non evidenzia metastasi a livello dell’encefalo, del collo e degli organi addominali interni, mentre mostra la presenza di lesioni osteolitiche di sospetta natura secondaria nell’emisoma superiore di D12, nell’ala iliaca destra e nel sacro all’altezza di S4 si associano anche microinterruzioni della corticale; infine un sospetto di lesione litica senza interessamento della corticale sul versante laterale sx del soma L1(allegato 8).

Nei giorni successivi il paziente è stazionario con persistente dolore agli arti inferiori.

(16)

13 2.2.2 Valutazione esecuzione esame bioptico

Il giorno 17/07/2016 viene fatta una seconda consulenza oncologica, la quale non avendo una certezza bioptica della massa cardiaca, valuta l’ipotesi di un approccio sulla lesione litica in D12, pertanto si consiglia RM del rachide con mdc e successiva rivalutazione neurochirurgica; è consigliata scarsa mobilizzazione ed eventuale busto ortopedico.

Il paziente riferisce sempre dolore agli arti inferiori.

Il giorno 19/07/2016 è eseguita la RM del rachide dorsale e lombo sacrale senza mdc.

L’esame conferma l’esteso coinvolgimento sostitutivo di quasi tutti i metameri vertebrali dorsali e lombari, da parte di tessuto con segnale moderatamente ipointenso nelle immagini T1 dipendenti ed iperintenso in quelle T2 dipendenti. Coinvolgimento particolarmente

evidente nel tratto L1-L2 e nel tratto D3-D4. Alterazioni di segnale simili alle precedenti sono presenti anche in gran parte del sacro, con parziale risparmio degli ultimi due metameri sacrali e del bacino. Evidente interessamento degli archi costali posteri di III costa destra e sinistra e di quelli della V costa e dalla VII alla X, compreso il corpo e il manubrio sternale (allegato 9). Alle 21:00 il paziente riferisce senso di dispnea, tosse e catarro e viene visitato dal medico in collaborazione con l’infermiere, quest’ultimo rileva i seguenti parametri vitali: saturazione di ossigeno (SpO2)= 93%, pressione arteriosa (PA) = 115/60 mmHg, frequenza cardiaca (FC) = 114 bpm; l’esame obiettivo eseguito dal medico constata la presenza di sfregamenti con crepitii maggiormente a destra e richiede RX torace ed esami ematici, che vengono immediatamente eseguita dall’infermiere. Il referto dell’RX torace evidenzia un peggioramento del quadro con incremento numerico e

volumetrico delle numerose opacità alveolari bilaterali, maggiori a destra e dell’imbibizione interstiziale. Falda pleurica bilaterale e cardiomegalia (allegato 10).

Il giorno 20/07/2016 il paziente rimane digiuno per eventuale biopsia, la consulenza neurochirurgica all’esame obiettivo neurologico mostra lombalgia e dorsalgia prevalente alla mobilizzazione e non presenta deficit focali. Il neurochirurgo rimane a disposizione per biopsia vertebrale RX guidata dopo una valutazione anestesiologica. Il paziente durante la mattinata lamenta dispnea, il medico constata la presenza di crepitii polmonari bilaterali e prescrive di somministrare al paziente l’ossigeno terapia con gli occhialini nasali e la furosemide endovena (EV). In considerazione del quadro clinico e la recrudescenza

sintomatologica dolorosa si consulta l’oncologo, che consiglia infusione di morfina. L’esame ecocardiografico mostra presenza di versamento pericardico circonferenziale con

(17)

14 prevalenza in corrispondenza della sezione destra max 2.8 cm. Dopo l’intervento con

ossigeno terapia il paziente riferisce un parziale miglioramento della dispnea.

Successivamente l’oncologo viene per una consulenza e constata lieve dispnea a riposo ed esacerbata per minimi sforzi; tosse produttiva con difficoltà nell’espettorazione. Il paziente riferisce dolore severo misto (somatico e nevropatico) a livello del bacino con irradiazione agli arti inferiori. Consiglia di incrementare la velocità di infusione della pompa siringa di morfina ed associare il plasil. Alle 18:00 l’infermiere rileva i parametri vitali del paziente, che ha una SpO2= 84% con occhialini nasali a 5L/min, di conseguenza vengono ì sostituiti con maschera di venturi (FiO2 = 50%, 12L/min). Al paziente viene effettuata la consulenza anestesiologica per l’eventuale biopsia, ma l’anestesista, visto le condizioni cliniche critiche del paziente, sconsiglia di procedere all’intervento chirurgico (allegato 11).

L’ultima consulenza della giornata viene effettuata dalla rianimazione cardiochirurgica, che evidenzia all’emogasanalisi (EGA) un quadro di insufficienza respiratoria ipossiemica e ipocapnica per compenso; il paziente è tachipnoico anche se non francamente dispnoico, presenta rantoli e crepitii diffusi. Al momento non consiglia un eventuale supporto invasivo, ma terapia diuretica e sostituzione della maschera di venturi con BLB 15L/min, la quale fa migliorare la saturazione del paziente.

Nei giorni successivi il paziente è stabile, ma dagli esami ematochimici si rileva un abbassamento delle piastrine.

Il giorno 22/07/2016 viene effettuata la consulenza ematologica richiesta per un sospetto coinvolgimento neoplastico ematologico. Gli esami di laboratorio non escludono trattarsi di mieloma micromolecolare non secernente e fa delle ipotesi in base alla condizione clinica

del paziente.

Dopo la consulenza viene contattato il neurochirurgo e viene richiesta una consulenza anestesiologica urgente per biopsia ossea. In previsione della biopsia vengono richiesti due pool piastrinici da somministrare prima e dopo; alle 11:20 inizia l’infusione del primo pool

piastrinico.

La consulenza anestesiologica viene ripetuta per fare la biopsia vertebrale e constata che il paziente non riesce a stare in posizione prona per difficoltà respiratoria. Di conseguenza anche il neurochirurgo consiglia di non effettuare la biopsia nella sede vertebrale.

Nel pomeriggio il paziente riferisce difficoltà respiratoria, si esegue un’EGA e si procede con il posizionamento della CPAP.

(18)

15 Il giorno 23/07/2016 il paziente mantiene la CPAP che gli consente di avere una SpO2= 97%. Viene contattato l’oncologo per un ulteriore consulto e secondo le ipotesi fatte dall’ematologo per melanoma maligno, è stata effettuata una consulenza dermatologica che non ha riscontrato presenza di lesioni pigmentate e non, di carattere sospetto. In mattinata si contatta anche l’ematologo che ribadisce l’opportunità di effettuare una biopsia mirata. Alla consulenza oncologica si decide, d’intesa con i familiari e il paziente, di tentare una chemioterapia di salvataggio con antracicline. Nella stessa giornata viene contattato anche il chirurgo toracico per valutare il quadro polmonare e ipotizza una possibile biopsia TC-guidata dei noduli polmonari per fini diagnostici. Di conseguenza si parla con la

radiologia interventista per una valutazione della possibilità di effettuare il prelievo bioptico sulla lesione superficiale a livello iliaco, così da evitare la posizione prona non assumibile dal paziente. In serata viene richiesta una sacca di eritrociti concentrati per abbassamento di emoglobina (Hb), la quale viene somministrata dopo che il paziente ha firmato il

consenso informato.

Il giorno 24/07/2016 le condizioni rimangono invariate ed inizia il primo ciclo di chemioterapia.

Il giorno 25/07/2016 il paziente continua la terapia con la CPAP che gli consente di avere una SpO2= 95%, invece con la BLB la saturazione scende ad 88%; dagli esami

ematochimici giornaliere si rileva l’abbassamento delle piastrine e si richiedono due pool piastrinici da somministrare prima e dopo la biopsia ossea. All’ecocardiogramma si rileva un lieve incremento del versamento pericardico, senza segni di tamponamento cardiaco. Si concorda con il radiologo per la biopsia ossea della cresta iliaca per la mattina successiva in TAC.

Il giorno 26/07/2016 si somministra il primo pool piastrinico. Si richiede intervento del rianimatore per trasporto in TAC del paziente con CPAP per la biopsia ossea della cresta iliaca. Alle 9:30 il paziente scende in TAC con assistenza anestesiologica e supporto con respiratore meccanico. In TAC il paziente ha un arresto respiratorio e viene intubato e trasferito in rianimazione cardiochirurgica.

2.2.3 Trasferimento in rianimazione cardiochirurgica (TIPO)

All’ingresso in rianimazione cardiochirurgica il paziente è già intubato, perché all’arrivo in TAC incrementa la polidispnea e crolla la saturazione per emissione di sangue dall’albero bronchiale. Viene prima ventilato con va e vieni in ossigeno (O2) fisso e poi, previa

(19)

16 sedazione, viene sottoposto a intubazione orotracheale (IOT) e ventilato con va e vieni in O2 fisso. Dopo IOT c’è presenza di abbondante quantità di sangue vivo dal tubo oro-

tracheale e viene aspirato. In accordo con il radiologo si decide di non sottoporre il paziente alla procedura e si trasferisce in rianimazione cardiochirurgica. Una volta arrivato nella U.O.C. si incannula l’arteria radiale sinistra per valutare il quadro emodinamico del

paziente, il quale risulta avere un buon compenso. Si incannula la vena giugulare dx con un catetere centrale trilume e si ventila il paziente in pressione controllata (PCV) per severo quadro ipossico/ipercapnico nonostante FiO2 100%. Il paziente in UTIC risultava fortemente anemico e piastrinopenico, per cui si infondono due unità di emazie concentrate e 250 ml di pool piastrinico. Viene effettuato un ecocardiogramma che mostra normali morfologie e funzioni ventricolari, assenza di vizi valvolari significativi. È presente un versamento pericardico importante adiacente le pareti libere delle camere cardiache di destra. Si conferma la presenza di una massa disomogenea principalmente solida apparentemente sull’epicardio, infiltrante le porzioni di pareti libere dell’atrio e del ventricolo destro adiacenti

al solco atrioventricolare.

Alle 13:30 considerate le condizioni cliniche gravissime e l’estensione della neoplasia, dopo consulto con cardiochirurgo, cardiologo, radiologo ed oncologo, previo colloquio telefonico con il fratello e la moglie, si decide di sottoporre il paziente ad intervento chirurgico di sternotomia mediana per diminuire il versamento pleurico tamponante e per il prelievo di tessuto dalla neoplasia e dai linfonodi, così da avere la tipizzazione istologica per

un’eventuale chemioterapia, che attualmente è l’unica possibilità di trattamento per il

paziente.

Alle 14:40 il paziente viene trasportato in sala operatoria per l’intervento. Dove si drenano 600 ml di liquido pericardico e 900 ml complessivi di liquido pleurico da entrambi i cavi pleurici: l’aspetto del liquido è prevalentemente emorragico. Si provvede al prelievo di diversi campioni e si posizionano tre drenaggi tubulari: 1 pericardico, 1 pleurico dx, 1

pleurico sx. L’intervento si conclude alle 16:30 e il paziente viene riportato in TIPO sedato e curarizzato, è connesso al ventilatore meccanico in PCV, risulta emodinamicamente stabile senza supporto farmacologico con la diuresi attiva nell’intraoperatorio. Prosegue con

analgo-sedazione e curarizzazione, presenta pupille intermedie, isocoriche e

normoreagenti. Il quadro di severa insufficienza respiratoria ipossiemica e ipercapnica persiste.

Durante la notte l’emodinamica rimane stabile, il paziente è iperpiretico e la diuresi viene stimolata tramite la somministrazione di furosemide.

(20)

17 Il giorno 27/07/2016 il paziente rimane sedato e curarizzato, presenta una tachicardia sinusale con emodinamica stabile e diuresi valida. Gli scambi respiratori sono lievemente migliorati, ma sempre compromessi.

Nel pomeriggio viene effettuata una consulenza oncologica per valutare un’eventuale terapia mirata in base alla diagnosi estemporanea del prelievo durante l’intervento di

sternotomia, che mostra un sospetto di melanoma.

Durante la notte persiste la profonda sedazione e curarizzazione, con pupille in ordine e parametri vitali stabili su buoni valori di PA e FC. Gli scambi gassosi sono invariati, la diuresi è valida ed il paziente è apiretico.

Il giorno 28/07/2016 continua la sedazione e la curarizzazione, il paziente è tornato febbrile, con tachicardia sinusale e stabilità emodinamica e la diuresi è stimolata. Gli scambi gassosi mantengono caratteristiche ipossiemiche.

Alle 20:00 si presenta una grave ipotensione associata a desaturazione. Inizia l’infusione di noradrenalina, ma durante la notte le condizioni risultano gravissime, c’è una ripresa dei valori pressori e non dei valori respiratori, che non sono suscettibili di miglioramento, nonostante una ventilazione ad alta FiO2 e ad alte pressioni.

Il giorno 29/07/2019 c’è un progressivo peggioramento delle condizioni cliniche, che non sono responsive ad alcuna manovra rianimatoria, difatti la grave ipotensione rimane, nonostante il supporto farmacologico ad alto dosaggio; la grave insufficienza respiratoria non è suscettibile a miglioramento neanche con ventilazione a FiO2 100% ad alti volumi.

Data la grave condizione neoplastica si soprassiede ad ulteriori manovre rianimatorie e alle 8:00 si constata il decesso.

L’esame istologico definitivo ricevuto nei giorni seguenti il decesso, definisce la tipizzazione istologica della neoplasia come angiosarcoma di alto grado con primitività cardiaca

(allegato 12).

(21)

18

3. PROCESSO DI NURSING: ACCERTAMENTO INFERMIERISTICO

Secondo l’American Nurses Association (ANA) il nursing può essere descritto sia come arte che come scienza; si ha l’unione di cuore e mente, il cuore è costituito dal rispetto per la dignità della persona e dall’intuizione dei bisogni del paziente e la mente dalle rigorose conoscenze. Per questo l’assistenza infermieristica non considera solo i risultati degli esami effettuati, ma attraverso il pensiero critico, definito dal processo di nursing, integra i dati oggettivi con l’esperienza soggettiva dei bisogni fisici, biologici e comportamentali del paziente. In questo modo si assicura al paziente, ovunque si trovi e chiunque sia, di avere

la migliore cura possibile.

Il processo di nursing permette all’infermiere di assistere la persona, la famiglia e la

comunità in maniera scientifica. Ha lo scopo di minimizzare o prevenire i problemi di salute, identificare punti di forza del paziente e/o della famiglia e per promuovere il benessere. È costituito da diverse fasi: la prima è l’accertamento, seguito da diagnosi, pianificazione degli obiettivi, pianificazione degli interventi, attuazione e valutazione.

La prima fase è caratterizzata dall’accertamento infermieristico, che consiste nella raccolta sistematica dei dati del paziente, per identificare i problemi di salute, pianificare l’assistenza infermieristica e valutare come il paziente potrà rispondere e reagire ai problemi di salute.

L’accertamento iniziale si esegue al primo contatto con il paziente e si può avvalere di diversi modelli, tra cui i modelli funzionali di Gordon; inoltre si possono utilizzare le scale di valutazione, per avere una lettura oggettiva e confrontabile dei dati, come in questo

elaborato.

3.1 Modelli di Gordon

I modelli funzionali di Gordon permettono di avere un approccio olistico alla persona, che comprende la salute, la qualità della vita e la realizzazione del potenziale umano.

Sono undici modelli che descrivono le risposte umane all’ambiente esterno:

1. percezione e gestione della salute, 2. nutrizione e metabolismo,

3. eliminazione,

4. attività ed esercizio, 5. cognizione e percezione, 6. sonno e riposo,

7. percezione di sé e concetto di sé, 8. ruoli e relazioni,

9. sessualità e riproduzione, 10. coping e tolleranza allo stress, 11. valori e convinzioni.

(22)

19 Attraverso lo sviluppo di questi modelli si è completato l’accertamento del paziente A.S.

(tabella 2).

Tabella 2: Modelli funzionali di Gordon per il paziente A.S.

PERCEZIONE E GESTIONE DELLA SALUTE

All’ingresso il paziente assume la terapia farmacologica prescritta per la pericardite.

Dichiara allergia alle penicilline ed è un fumatore. È spaventato dalla mancata efficacia della terapia farmacologica.

NUTRIZIONE E METABOLISMO

Il paziente si alimenta per OS. Con il peggioramento del quadro clinico in TIPO inizia ad alimentarsi con NPT.

ELIMINAZIONE

Inizialmente il paziente è autonomo. Con l’aumento dell’algia agli arti inferiori ha problemi di eliminazione e viene inserito il CV e all’evacuazione si presentano

emorroidi.

ATTIVITÀ ED ESERCIZIO

Il paziente ha ridotto gli sforzi con l’acuirsi della pericardite, che lo hanno portato ad avere anche episodi sincopali. Con il peggioramento dell’algia il paziente è costretto a letto.

COGNIZIONE E PERCEZIONE

Il paziente è sempre stato orientato. Dopo l’episodio di arresto respiratorio il paziente è sedato e curarizzato.

SONNO E RIPOSO

Il riposo del paziente viene meno con la comparsa dell’algia agli arti inferiori. Con l’ingresso in TIPO il paziente è sedato.

PERCEZIONE DI SÉ E CONCETTO DI SÉ

Il paziente con la comparsa della pericardite ha sicuramente cambiato la percezione di sé, sentendosi meno capace di svolgere le azioni quotidiane. È

preoccupato per la sua malattia e per le

(23)

20 difficoltà che deve affrontare la famiglia. La sua soglia del dolore è elevata, ma la comparsa dell’algia non gli permette riposo.

RUOLI E RELAZIONI

Il paziente è sposato con due bambine.

Lavorava attivamente fino al ricovero e ha una bella compagnia di amici, che

frequenta spesso e che gli è stata vicino anche durante la degenza.

SESSUALITÀ E RIPRODUZIONE

Il paziente è stato sessualmente attivo fino al giorno del ricovero, con problemi nei momenti di pericardite acuta.

COPING E TOLLERANZA ALLO STRESS

Il paziente è sempre stato collaborante e si è adattato alla persistenza della pericardite, reagendo al meglio alle situazioni di stress, come i numerosi esami strumentali a cui si è dovuto sottoporre e all’incertezza della diagnosi. Con l’aggravamento del quadro clinico la tolleranza allo stress è diminuita.

VALORI E CONVINZIONI

Il paziente è credente, ma con l’improvviso deterioramento del quadro clinico il

paziente non è riuscito a ricevere l’estrema unzione.

3.2 Scale di valutazione

Le scale di valutazione possono essere utilizzate durante l’accertamento infermieristico, integrate ai dati raccolti con i modelli funzionali di Gordon, in modo da garantire una comunicazione omogenea nell’equipe.

Nell’U.O. Utic sono state utilizzate due scale:

• la scala di Conley, che serve per valutare il rischio di caduta del paziente, dato che l’infermiere è responsabile di riconoscere i fattori di rischio di caduta e calibrare di conseguenza interventi di prevenzione. La scala si compone di due parti: la prima tratta delle eventuali cadute precedenti, tramite domande dirette al paziente o al

(24)

21 caregiver; la seconda del deterioramento cognitivo, tramite la valutazione della marcia, dello stato di agitazione e quello della capacità di giudizio. Ad ogni quesito si attribuisce un punteggio che viene sommato e il risultato ottenuto definisce il rischio minimo di caduta per un punteggio tra 0 e 1 ed un rischio di caduta da basso ad alto per un punteggio tra 2 e 10; esiste un valore di cut-off pari a 2 che identifica il

paziente in condizione di rischio.

Per il paziente A.S. è stato valutato il rischio di caduta con un punteggio pari a 3, il che indentifica il paziente in una condizione di rischio bassa. (Figura 1)

Figura 1: Scala di Conley per il paziente A.S.

• la scala di valutazione del dolore, che ha lo scopo di monitorare il livello di dolore e trovare come alleviare le sofferenze causate dalla patologia. È importante che sia uno strumento affidabile e quindi riproducibile, valido a misurare l’evento e sensibile così da cogliere ogni variazione. Ci sono due tipologie di scale, quelle

unidimensionali e quelle multidimensionali, le prime misurano l’intensità del dolore, le seconde valutano anche altre dimensioni come la sensoriale-discriminativa,

cognitivo-valutativa e motivazionale affettiva, quest’ultime però sono poco utilizzate nella pratica clinica data la loro complessità.

Nell’U.O. Utic viene utilizzata la Numerical Rating Scale (NRS), che è una scala unidimensionale numerica quantitativa, la quale prevede che l’infermiere chieda al paziente di definire l’intensità del proprio dolore scegliendo un numero da zero a dieci, dove per zero si intende assenza di dolore e dieci il massimo dolore possibile.

Nell’U.O. si aggiunge a questa valutazione numerica anche l’identificazione della

(25)

22 zona interessata dal dolore, la profondità del dolore e se questo è presente a riposo, in movimento o entrambi. La scala viene giornalmente aggiornata dall’infermiere, in base a ciò che riferisce il paziente (figura 2).

Per il paziente A.S. il dolore era riferito a livello del bacino e degli arti inferiori con un numero pari a 5, che sta ad indicare già un dolore poco sopportabile e che potrebbe disturbare le normali esigenze del paziente, come andare autonomamente da un luogo ad un altro, anche solo per bisogni fisiologici.

Figura 2: Scala di valutazione del dolore per il paziente A.S.

(26)

23

4. PROCESSO DI NURSING:

DIAGNOSI, OBIETTIVI, INTERVENTI E VALUTAZIONE

Dopo l’accurato accertamento, è necessario che l’infermiere faccia una pianificazione dell’assistenza infermieristica che consiste nella definizione delle diagnosi del paziente in base alle priorità, dei risultati attesi e la scelta degli interventi da effettuare.

Le diagnosi infermieristiche sono dei giudizi clinici sulle risposte degli individui, delle famiglie o della comunità a problemi di salute reali o potenziali o processi vitali che

l’infermiere è autorizzato e competente a trattare (NANDA International,2003). Le diagnosi infermieristiche permettono di avere un linguaggio comune e sono raccolte nella

tassonomia NANDA International. Sono strutturate in quattro componenti fondamentali:

titolo, definizione, caratteristiche definenti e fattori correlati.

Ad ogni diagnosi segue la pianificazione degli obiettivi secondo la classificazione Nursing Outcomes Classification (NOC) e la pianificazione degli interventi secondo la

classificazione Nursing Interventions Classification (NIC). Stabilire i risultati attesi (NOC) serve a valutare un cambiamento dello stato del paziente in risposta agli interventi

infermieristici; i risultati attesi devono, però, essere misurabili, realistici e definiti nel tempo.

Ogni risultato presente nei NOC è costituito da titolo, definizione, elenco di indicatori e scala Likert (che attribuisce un punteggio da 1 a 5), quest’ultima serve a valutare i progressi del paziente prima e dopo gli interventi. I risultati nei NOC sono raggruppati in 29 classi e 7 domini, che comprendono sia la salute fisiologica, psicosociale del paziente, ma anche la famiglia e la comunità.

Gli interventi infermieristici sono i trattamenti che l’infermiere attuata per raggiungere i risultati sulla base dei giudizi clinici e delle conoscenze cliniche. Sono stati raggruppati nei NIC in 30 classi e 7 domini, che toccano la fisiologia, il comportamento, il sistema sanitario, la famiglia e la comunità. Ogni intervento è costituito da titolo, definizione ed elenco di attività. In questo modo si migliora la comunicazione tra gli operatori avendo tutto un linguaggio standard.

Per il paziente A.S. è stata definita la pianificazione assistenziale con le diagnosi più significative, gli obiettivi e gli interventi principali, secondo una classificazione per priorità, ad alta priorità ci sono quelle diagnosi che se non trattate mettono a rischio la vita del paziente, a media priorità ci sono le necessità non emergenti e che non minacciano la vita

(27)

24 del paziente ed infine a bassa priorità quando si è centrati su bisogni dello sviluppo o

problemi che richiedono interventi infermieristici di monitoraggio o supporto.

4.1 Alta priorità

DIAGNOSI INFERMIERISTICA: SCAMBI GASSOSI COMPROMESSI (00030),

(1980,1996,1998)

Dominio 3, eliminazione e scambi

Classe 4, funzione respiratoria

DEFINIZIONE: eccesso o deficit di ossigenazione e/o di eliminazione dell’anidride carbonica attraverso la membrana alveolo-capillare.

CARATTERISTICHE DEFINENTI: dispnea, ipossia, ipercapnia, ipossiemia modello di respirazione inefficace (per esempio: frequenza, ritmo, profondità)

FATTORI CORRELATI: iperventilazione, dolore, fatigue.

RISULTATI NOC:

• Parametri vitali (0802): il paziente attraverso il supporto ventilatorio riesce a mantenere il polso, la respirazione e la pressione arteriosa in un range stabile.

• Stato respiratorio: scambi gassosi (0402): gli scambi gassosi del paziente sono controllati tramite l’emogasanalisi e in base a questo viene gestito l’utilizzo del supporto ventilatorio.

• Risposta alla ventilazione meccanica: adulto (0411): con il deterioramento delle condizioni cliniche del paziente lo scambio alveolare e la perfusione tissutale sono garantiti dalla ventilazione meccanica.

INTERVENTI NIC:

• Monitoraggio parametri vitali (6680): l’infermiere effettua una rilevazione sistemica, osserva, analizza, verifica e valuta la funzione cardiovascolare (FC, PA) e

respiratoria (FR, SpO2, EtCO2) e della temperatura corporea (TC) cosi da identificare e prevenire le complicanze.

• Ossigenoterapia (3320): l’infermiere somministra l’ossigenoterapia per ristabilire ai livelli normali la saturazione del paziente attraverso gli occhialini e poi

successivamente con la maschera di venturi e con la BLB.

(28)

25

• Gestione della ventilazione meccanica: non invasiva (3302): l’infermiere assiste il paziente durante il trattamento ventilatorio artificiale non invasivo come la CPAP, in modo che ci sia il massimo comfort della maschera in uso, verifica i miglioramenti dati dal supporto ventilatorio valutando i parametri vitali.

• Gestione della ventilazione meccanica: invasiva (3300): l’infermiere assiste il paziente durante il trattamento ventilatorio artificiale invasivo cioè il tubo

endotracheale, controlla i parametri vitali, la pervietà delle vie aeree, l’ancoraggio della cuffia e del tubo endotracheale.

• Vie aeree: gestione (3140): l’infermiere valuta lo stato respiratorio e l’ossigenazione del paziente tramite la rilevazione dei parametri vitali; posiziona l’assistito in modo da massimizzare la ventilazione e alleviare la dispnea; durante l’ossigenoterapia si assicura che l’aria sia umidificata e che il dispositivo utilizzato sia adeguato alle esigenze del paziente; nel momento in cui il paziente viene intubato l’infermiere collabora nella manovra, valuta la pervietà delle vie aeree e decide se c’è bisogno di aspirare, controlla il posizionamento del tubo endotracheale e che il modello di respirazione sia efficace grazie all’utilizzo del ventilatore meccanico.

VALUTAZIONE: gli scambi ventilatori del paziente con il passare dei giorni tendono a peggiorare, quindi inizialmente si utilizza solo l’ossigenoterapia per avere un modello di respirazione efficace e poi, in base ai risultati dell’EGA, si modifica il supporto arrivando ad utilizzare il ventilatore meccanico per avere un miglioramento degli scambi gassosi.

4.2 Media priorità

DIAGNOSI INFERMIERISTICA: DOLORE ACUTO (00132), (1996,2013)

Dominio 12, Benessere

Classi 1, Benessere fisico

DEFINIZIONE: Esperienza sensoriale ed emotiva spiacevole che deriva da un danno tissutale reale o potenziale, o che viene descritta nei termini di tale danno (International Association for the Study of Pain); insorgenza improvvisa o lenta di qualunque intensità da lieve a grave, con un termine previsto o prevedibile.

CARATTERISTICHE DEFINENTI:

- SOGGETTIVE: il paziente documenta da sé l’intensità utilizzando una scala del dolore standardizzata (scala di valutazione numerica);

(29)

26 - OGGETTIVE: dilatazione delle pupille; espressione di dolore sul viso (occhi velati,

sguardo sconsolato, movimento fisso o sporadico, smorfie); modificazione parametri fisiologici (pressione arteriosa, frequenza cardiaca, frequenza respiratoria,

saturazione dell’ossigeno) FATTORI CORRELATI: agenti biologici lesivi come la neoplasia che danno al paziente

dolore toracico e dolore agli arti inferiori.

RISULTATI NOC:

• Controllo del dolore (1605): il paziente riconosce l’insorgere del dolore e riferisce che attraverso i farmaci il dolore è sotto controllo.

• Livello di dolore (2102): il paziente dimostra attraverso espressioni facciali e lamenti il dolore.

• Soddisfazione dell’assistito: gestione del dolore (3016): il paziente è soddisfatto dell’assistenza infermieristica finalizzata ad alleviare il dolore.

• Sonno (0004): il paziente attraverso i farmaci riesce ad avere un ritmo sonno-veglia efficace.

INTERVENTI NIC:

• Gestione del dolore (1400): l’infermiere attraverso le scale di valutazione effettua una valutazione globale del dolore comprendendo la sede, l’intensità e la profondità;

si impegna a ridurre il dolore ad un livello accettabile per il paziente attraverso la somministrazione di farmaci analgesici.

• Somministrazione di farmaci (2210): l’infermiere prepara e somministra i farmaci prescritti per la riduzione del dolore del paziente e fa una valutazione dell’efficacia della terapia somministrata.

VALUTAZIONE: il paziente attraverso la somministrazione dei farmaci riesce a gestire l’algia agli arti inferiori, permettendogli di essere autonomo e di ripristinare un adeguato modello di sonno.

(30)

27 DIAGNOSI INFERMIERISTICA: FATIGUE (00093), (1988,1998)

Dominio 4, attività/riposo

Classe 3, attività/riposo

DEFINIZIONE: grande e opprimente senso di esaurimento e diminuita capacità di svolgere un lavoro fisico o mentale al livello consueto.

CARATTERISTICHE DEFINENTI: aumento dei sintomi fisici come dispnea, stanchezza,

aumento del bisogno di riposo.

FATTORI CORRELATI: decondizionamento fisico, inizialmente dato dalla riduzione degli sforzi del paziente e poi peggiorato con l’assunzione della posizione supina

RISULTATI NOC:

• Conservazione dell’energia (0002): il paziente prende coscienza delle capacità del momento presente e riesce a gestire l’energia necessaria a intraprendere e

proseguire una determinata attività, anche fosse solamente respirare.

INTERVENTI NIC:

• Gestione dell’energia (0180): l’infermiere monitora la risposta cardiorespiratoria all’attività, monitora la sede e le caratteristiche del malessere durante il movimento.

• Gestione della nutrizione (1100): l’infermiere controlla che il paziente assuma i pasti della giornata; durante la degenza nella TIPO l’infermiere somministra al paziente l’alimentazione tramite sondino nasogastrico.

VALUTAZIONE: il paziente viene supportato nella gestione della fatigue data dalla patologia in atto, in modo da evitare che si senta totalmente impotente di fronte alla malattia.

DIAGNOSI INFERMIERISTICA: INSONNIA (00095), (2006)

Dominio 4, attività/riposo

Classe 1, sonno/riposo

DEFINIZIONE: alterazione della quantità e della qualità del sonno che compromette la funzionalità della persona.

CARATTERISTICHE DEFINENTI: alterazione del modello di sonno

FATTORI CORRELATI: disagio fisico dato dalla persistente presenza di dolore agli arti inferiori

(31)

28 RISULTATI NOC:

• Benessere personale (2002): il paziente riferisce un miglioramento della qualità del sonno grazie all’utilizzo dei farmaci antalgici, che permettono di evitare risvegli notturni continui.

• Risposta ai farmaci (2301): il paziente ha una buona risposta ai farmaci utilizzati per ridurre il dolore e permettergli un migliore riposo notturno.

INTERVENTI NIC:

• Miglioramento del sonno (1850): l’infermiere evidenzia gli effetti dei farmaci somministrati sul modello di sonno, monitora il modello di sonno e annota le circostanze fisiche che interrompono il riposo.

• Gestione del dolore (1400): l’infermiere monitora il dolore del paziente e valuta gli effetti dei farmaci sul modello di sonno.

VALUTAZIONE: il paziente attraverso un accurato monitoraggio del modello del sonno e la terapia farmacologica riesce a controllare il dolore, così da ristabilire un riposo adeguato.

4.3 Bassa priorità

DIAGNOSI INFERMIERISTICA: LUTTO (00136), (1980,1996,2006)

Dominio 9, coping/tolleranza allo stress

Classe 2, risposte di coping

DEFINIZIONE: normale processo complesso, comprendente risposte e comportamenti emotivi, fisici, spirituali, sociali e intellettivi, mediante il quale le persone, le famiglie e le comunità integrano nella loro vita quotidiana una perdita in atto, prevista o percepita.

CARATTERISTICHE DEFINENTI: dolore, sofferenza, senso di colpa, alterazione del

modello di sonno

FATTORI CORRELATI: morte di una persona significativa RISULTATI NOC:

• Elaborazione del lutto (1304): la famiglia ha impiegato tempo ad elaborare il lutto improvviso, nonostante sia stata aiutata dal personale infermieristico durante la degenza del paziente in un percorso per accogliere il lutto.

(32)

29

• Resilienza della famiglia (2608): la famiglia è riuscita a rimanere unita e coesa, trovando in loro la forza per ristabilire nuove dinamiche familiari.

• Sonno (0004): grazie al supporto dato alla famiglia durante la degenza del paziente, dopo il lutto sono riusciti a ristabilire un modello di sonno adeguato alle nuove esigenze.

INTERVENTI NIC:

• Facilitazione dell’elaborazione del lutto (5290): l’infermiere insegna alla famiglia le fasi del processo di lutto, così da renderli consapevoli di cosa sarà e cosa è nel momento presente.

• Ispirare speranza (5310): l’infermiere rafforza la fiducia della famiglia nella capacità di avviare e portare a compimento le proprie azioni nonostante la perdita avuta.

• Promozione dell’integrità della famiglia (7100): l’infermiere attraverso il dialogo aperto con la famiglia facilita la coesione e l’unione familiare.

VALUTAZIONE: il ruolo dell’infermiere non coinvolge solo il paziente, ma assiste anche la famiglia, come in questo caso, nell’elaborazione del lutto, facendo prendere coscienza della forza e della resilienza che è presente all’interno del loro nucleo.

(33)

30

CONCLUSIONI

L’angiosarcoma cardiaco è una diagnosi molto rara, che spesso si manifesta già con la presenza di metastasi e senza sintomi specifici, come nel caso del paziente A.S. che inizialmente presentava una pericardite persistente poco responsiva ai farmaci e con episodi sincopali, la quale l’ha portato ad effettuare una pericardiocentesi per ridurre la pressione esercitata dall’eccessivo liquido pericardico; il liquido è stato analizzato e non ha riportato presenza di cellule neoplastiche. Di conseguenza la diagnosi del paziente è sempre stata in evoluzione, la rilevazione della massa è stata occasionale con un

ecocardiogramma di routine, grazie a numerose TC e RM si è dedotto che il paziente fosse affetto da una neoplasia, ma la tipizzazione istologica definitiva è arrivata solo dopo il decesso, dato che il paziente non riusciva a sostenere fisicamente gli esami proposti a livello della colonna vertebrale, dove erano presenti metastasi.

Il paziente ha vissuto momenti di grande incertezza e il ruolo dell’infermiere per lui e la sua famiglia è stato fondamentale, per comprendere bene tutti i cambiamenti che ci sono stati durante la degenza. La diagnosi in continua evoluzione ha portato l’infermiere a rivalutare l’assistito in diversi momenti e a ristabilire con lui un contatto in base alle esigenze che si presentavano di volta in volta. L’aiuto psicologico dell’infermiere è stato fondamentale per ridurre lo stress causato dai continui accertamenti e dal quadro clinico in peggioramento, che facevano sentire il paziente disorientato di fronte ad una patologia non ben definita.

Quando il quadro clinico è indefinito l’infermiere deve offrire certezze e cercare di ridurre le sofferenze al minimo sia per il paziente che per i familiari, quest’ultimi soprattutto vivono dall’esterno la concretizzazione di una perdita imminente e il supporto infermieristico nell’analizzare le varie fasi del lutto permette di ristabilire prima possibile un nuovo

equilibrio familiare. È importante che l’infermiere si impegni a dare la migliore qualità di vita al paziente anche negli ultimi istanti, dato che la salute, come ricorda l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), non è assenza di malattia, ma un concetto olistico che abbraccia il benessere fisico, psichico e sociale.

(34)

31

BIBLIOGRAFIA

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• GULANICK M., MYERS J. L., Piani di assistenza infermieristica. Diagnosi infermieristiche, risultati di salute ed interventi infermieristici, Ed. It. a cura di Luisa Anna Rigon ed Orietta Meneghetti. Casa Editrice Ambrosiana, Milano (2016).

• PONTIERI G.M.,Elementi di Patologia generale. Per i corsi di Laurea in Professioni Sanitarie-Terza Edizione. Piccin (2015).

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• NURSING: https://www.nursingworld.org/practice-policy/workforce/what-is-nursing/

• PROCESSO DEL NURSING: https://www.nursingworld.org/practice- policy/workforce/what-is-nursing/

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32

ALLEGATI

Allegato 1

Allegato 2

(36)

33 Allegato 3

Allegato 4

(37)

34 Allegato 5

Allegato 6

(38)

35 Allegato 7

(39)

36 Allegato 8

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37 Allegato 9

Allegato 10

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38 Allegato 11

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