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SENTENZA DELLA CORTE DEL 16 FEBBRAIO

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(1)

DEL 16 FEBBRAIO 1982

1

Procuratore della Repubblica ed altri contro Guy Vedel ed altri (domanda di pronunzia pregiudiziale

proposta dal Tribunal correctionnel di Montpellier)

«Aperitivi — Compatibilità della normativa nazionale col diritto comunitario»

Causa 204/80

M a s s i m e

Agricoltura — Aperitivi a base di vino — Definizione comunitaria — Assenza — Com- petenza degli Stati membri per stabilire le norme di qualità — Requisito della gradazione alcolica minima — Ammissibilità — Presupposti

(Regolamenti del Consiglio n. 816/79, allegato II, punto 10, en. 337/79, allegato II, punto 11)

La denominazione «aperitivi a base di vino» non costituisce attualmente og- getto di una disciplina comunitaria che escluda l'applicazione delle leggi nazio- nali degli Stati membri.

In mancanza di una disciplina comunita- ria, gli Stati membri restano competenti per stabilire le norme da applicarsi alla fabbricazione e allo smercio dei prodotti nazionali denominati aperitivi a base di

vino. Non si può quindi escludere che uno Stato membro possa sottoporre la fabbricazione degli aperitivi a base di vino a particolari norme di qualità, de- terminate in funzione delle caratteristi- che di questo tipo di bevande. Il requisito della gradazione alcolica minima, dal momento che rientra nella forcella co- munitaria, risponde a questo criterio di qualità.

Nel p r o c e d i m e n t o 2 0 4 / 8 0 ,

avente ad o g g e t t o la d o m a n d a di p r o n u n z i a pregiudiziale p r o p o s t a alla C o r t e , a n o r m a dell'art. 177 del T r a t t a t o C E E , dal T r i b u n a l correctionnel di Montpellier ( T e r z a Sezione) nelle cause dinanzi ad esso pendenti fra

— PROCURATORE DELLA REPUBBLICA,

— FÉDÉRATION NATIONALE DES PRODUCTEURS DE VINS DE TABLE ET VINS DE PAYS,

— ADMINISTRATION DES IMPÔTS, 1 — Lingua processuale: il francese.

(2)

e

— GUY VEDEL,

— J A C Q U E S V E D E L ,

— HENRI LEJEUNE,

domanda vertente sulla compatibilità, con l'organizzazione comune del mer- cato vitivinicolo, di una normativa nazionale che stabilisce, per la denomina- zione «aperitivo a base di vino», prescrizioni minime relative alla percentuale di vino e alla gradazione alcoolica dello stesso,

LA C O R T E ,

composta dai signori J. Mertens de Wilmars, presidente, G. Bosco, A. Touffait e O. Due, presidenti di Sezione, P. Pescatore, Mackenzie Stuart, A. O'Keeffe, T. Koopmans, U. Everling, A. Chloros e F. Grévisse, giudici, avvocato generale: S. Rozès

cancelliere: A. Van Houtte ha pronunziato la seguente

SENTENZA

In fatto

I fatti che sono all'origine della contro- versia, le varie fasi del procedimento e le osservazioni presentate in forza dell'art.

20 dello Statuto (CEE) della Corte di giustizia si possono riassumere come se- gue:

I — Gli antefatti e la fase scritta del procedimento

1. La normativa francese relativa agli aperitivi a base di vino (ABV) stabilisce che:

«È vietato mettere in vendita o vendere, detenere o trasportare ai fini della vendita, sotto la denominazione di

"vermuth" o sotto qualunque altra deno-

minazione riservata dall'uso agli aperitivi

a base di vino, bevande che hanno

tenore alcoolico superiore ai 23° o che

contengono meno dell'80 % di vino

liquoroso, di mosto di uva o di vino or-

dinario leale e mercantile e avente grada-

zione alcoolica di almeno 10°».

(3)

(Art. 5 del decreto 31 gennaio 1930, re- cante regolamento d'attuazione della legge 1° agosto 1905 in materia di com- mercio di vini liquorosi, vermut e aperi- tivi a base di vino, JORF, 1. 2. 1930).

Perciò, i requisiti che il prodotto deve possedere per essere legalmente posto in commercio in Francia sotto la denomina- zione di ABV sono i seguenti:

a) gradazione alcoolica superiore a 23°, o

b) tenore minimo dell'80 % di vino li- quoroso, di mosto di uva, o

c) di vino ordinario leale e mercantile e contenente almeno 10° di alcool.

Le pratiche fraudolente, come la messa in commercio di prodotti che non ri- spondono alle condizioni dell'art. 5 o l'aggiunta di sostanze coloranti o edulco- ranti, ecc. (descritte nell'art. 7 dello stesso decreto), sono vietate dall'art. 1 della legge 1° agosto 1905 e punite con sanzioni penali.

2. I sigg. Guy e Jacques Vedel e il sig.

Henri Lejeune sono stati sottoposti a procedimento penale per frode consi- stente nel fatto di aver posto in vendita, sotto la denominazione ABV, un aperi- tivo — il Saint Raphael — che non era stato prodotto in conformità alle condi- zioni poste dall'art. 5 del decreto 31 gen- naio 1930. Essi sono stati invitati a com- parire dinanzi al Tribunal correctionnel di Montpellier per rispondere dell'impu- tazione di avere, rispettivamente:

Jacques Vedel:

in Sete, dal 1975 al 30. 6. 1976, com- messo un illecito fabbricando e vendendo sotto la denominazione di aperitivo a base di vino almeno 221 327,34 ettolitri di un prodotto che non conteneva la per- centuale minima di vino dell'80 % , te-

nuto conto che 218 715,67 ettolitri di detto quantitativo erano stati inoltre pre- parati con vino di gradazione inferiore ai

10°;

e di avere, di conseguenza, ingannato l'acquirente sulla natura e sulle caratteri- stiche fondamentali del prodotto;

Guy Vedel:

commesso gli stessi illeciti, per il periodo 1. 7. 1 9 7 6 - 3 1 . 5. 1978, succedendo, in qualità di direttore di deposito della Société anonyme Saint Raphaël, al sig.

Jacques Vedel;

Henri Lejeune:

commesso gli stessi illeciti, in qualità di presidente-direttore generale della stessa società, civilmente responsabile.

L'Amministrazione delle finanze — in- terveniente nella causa principale — e la Federation nationale des producteurs de vins de table — parte civile — chiedono, inoltre, la confisca delle bevande seque- strate per un valore stimato in 202 721 210 FF. Esse chiedono inoltre che gli imputati, nonché il presidente-di- rettore generale della società, vengano condannati in solido a pagare 246 am- mende varianti ciascuna dai 100 ai 5 000 FF, nonché ad una sanzione proporzio- nale variante da 119 079 296,76 a 357 237 890,28 FF, in conformità al Code général des impôts.

3. Dal fascicolo risulta che la prepara- zione del prodotto in questione si è svolta in tre fasi successive:

— aggiunta di alcool ad un vino ordina- rio con gradazione alcoolica naturale di 8,5°, usando in media 75,57 etto- litri di tale vino per ottenere 81 etto- litri di vino alcoolizzato di 15,1°;

— ulteriore aggiunta di alcool, zucche- raggio e aggiunta di acqua al vino alcoolizzato, per ottenere 90,46 etto- litri di base zuccherata di 15°;

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— ultima aggiunta di alcool, nonché di coloranti, di estratti aromatici e di al- coolati a questa base, per ottenere 100 ettolitri di aperitivo di 16°-18°.

4. Gli imputati — senza contestare i fatti — hanno opposto che il decreto del

1930 è divenuto inapplicabile in ragione della sua incompatibilità con le disposi- zioni di diritto comunitario in materia. A loro avviso, la gradazione minima di al- cool richiesta dalla normativa comunita- ria è di 8,5° soltanto, e non di 10°, e la proporzione dell'80 % di vino, imposta dal decreto francese, non è più, neppur essa, valida in quanto la stessa normativa comunitaria, consentendo di usare, per la fabbricazione dei prodotti compresi nella voce 22.06 della tariffa doganale co- mune, vini con gradazione alcoolica di 8,5°, ha reso interamente caduco l'art. 5 del decreto 31 gennaio 1930.

5. Posto di fronte ad un problema di diritto comunitario, il Tribunal correc- tionnel di Montpellier ha sospeso il pro- cedimento e, con sentenza 29 settembre

1980, pervenuta in cancelleria il 20 otto- bre 1980, ha sottoposto a questa Corte, in forza dell'art. 177 del Trattato CEE, le seguenti questioni:

«1) Se si possa ritenere che la denomina- zione "aperitivo a base di vino" co- stituisca o meno oggetto di una di- sciplina europea, che escluda l'appli- cazione delle norme nazionali, in quanto la voce 22.06 della tariffa do- ganale comune contempla i prodotti definiti come "vermut ed altri vini di uve fresche aromatizzati con parti di piante o con sostanze aromatiche con titolo alcoolometrico effettivo non superiore a 2 2 ° " e, in caso di soluzione affermativa, se tali pro- dotti debbano possedere altre carat-

teristiche, diverse da quelle elencate in detta definizione.

2) In caso di soluzione negativa, se il regolamento CEE n. 816/70, defi- nendo al punto 11, allegato II, il vino da tavola cui è consentito ag- giungere alcool puro onde ottenere prodotti che rientrano nella voce 22.06 di cui sopra come vino che deve avere un grado alcoólico natu- rale non inferiore a 8,5°, mentre l'art. 5 del decreto 31 gennaio 1930 ha vietato in Francia la detenzione, il trasporto e la vendita, con il nome di vermut o qualunque altra denomi- nazione con cui si contraddistin- guono gli aperitivi a base di vino, delle bevande contenenti meno dell'80 % di vino ordinario, leale e mercantile e avente un grado alcoó- lico inferiore ai 10°, abbia reso ca- duca quest'ultima condizione, rela- tiva al grado alcoólico naturale di

10°, alla quale fa invece subentrare quella della gradazione alcoolica di 8,5°.

3) In caso di soluzione affermativa, se la disciplina europea, rendendo caduca una delle condizioni fonda- mentali poste dall'art. 5 summenzio- nato, abbia fatto sì che la seconda condizione, relativa alla percentuale dell'80 % di vino che dev'essere con- tenuta nel vermut e nei prodotti assi- milati, non possa più venire applicata autonomamente e se, in definitiva, l'art. 5 del decreto 31 gennaio 1930 vada interamente disapplicato».

6. In conformità all'art. 20 del proto- collo sullo Statuto (CEE) della Corte di giustizia, sono state depositate osserva- zioni scritte il 18 dicembre 1980 dall'avv.

André Lénard, per i sigg. Vedel, e il 19 dicembre 1980 dalla Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal suo consigliere giuridico sig. Jean-Claude Séché.

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7. Su relazione del giudice relatore, sentito l'avvocato generale, la Corte ha deciso di passare alla fase orale senza procedere ad istruttoria. Essa ha tuttavia invitato il Governo francese a rispondere per iscritto a due quesiti riguardanti la ragione per cui è stata mantenuta in vi- gore la disposizione del decreto francese di cui trattasi con la quale si richiede la gradazione alcoolica minima di 10°, e la Commissione a produrre due documenti richiamati nelle memorie delle parti, il che è stato fatto entro il termine impar- tito. Inoltre, la Corte ha espresso il desi- derio che il Governo francese fosse rap- presentato in udienza e che il suo rappre- sentante fosse accompagnato da un esperto del settore vinicolo.

II — Le o s s e r v a z i o n i s c r i t t e p r e - s e n t a t e alla C o r t e in f o r z a d e l l ' a r t . 20 del p r o t o c o l l o s u l l o S t a t u t o ( C E E ) d e l l a C o r t e di g i u s t i z i a

1. Nella loro memoria, i sigg. Guy e Jacques Vedel, imputati nella causa prin- cipale, insistono nel far valere, in so- stanza, che il decreto francese del 1930, la cui infrazione costituisce l'imputazione a loro carico, non è conforme al diritto comunitario, di cui oggi si deve tenere conto.

Sulla prima questione

Gli imputati sostengono che gli ABV rientrano nella voce 22.06 della T D C , pur non essendovi espressamente con- templati, e ciò per una duplice ragione: i) la loro tradizionale denominazione «ver- mut» compresa nel testo della voce doga- nale 22.06 (a loro avviso, la legislazione francese — ed in particolare il decreto di cui trattasi — ammette che l'ABV è un

genere, di cui una specie è rappresentata dal vermut e quest'ultimo termine viene abitualmente usato per designare gli ABV); ii) la loro definizione strutturale, secondo cui si tratta di un prodotto otte- nuto da vino aromatizzato. Essi sottoli- neano, d'altra parte, che la stessa pro- cura francese non ha mai messo in dub- bio che i vermut e gli ABV siano com- presi nella voce 22.06 della T D C .

Essi contestano, tuttavia, il fatto che gli ABV, per la semplice circostanza di es- sere classificati nella voce 22.06, costitui- scano oggetto di una disciplina comuni- taria, come sembra implicare la prima questione formulata dal Tribunal correc- tionnel. Essi assumono che una tariffa doganale è un testo di carattere tributa- rio in cui sono elencati i prodotti colpiti

— a seconda delle loro caratteristiche — da una imposizione doganale; essa non può quindi, per natura, disciplinare la preparazione del prodotto soggetto a tas- sazione.

Inoltre, la tariffa doganale comune — e quindi la voce 22.06 in essa contenuta — è di molto anteriore al primo intervento della Comunità nel settore degli ABV, che ha avuto luogo, a loro avviso, sol- tanto nel 1971 col regolamento n. 1598.

Essi aggiungono che non esiste una disci- plina comunitaria vera e propria, nel senso di testi normativi che possano co- stituire uno «statuto» degli ABV e della loro fabbricazione. In tale contesto, essi citano il passo di una lettera indirizzata il 21. 11. 1980 dal commissario Burke al presidente del Comité des professionnels viticoles de la CEE, in cui:

«La Commission reconnaît l'urgence et la nécessité de fixer sur un plan communau- taire des règles concernant entre autres la composition et les caractéristiques de fabrication des boissons spiritueuses et des vins aromatisés [ai sensi della voce

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22.06 della T D C ] , étant donné que les différences qui existent entre les disposi- tions nationales sont de nature à entraver la libre circulation et à créer des condi- tions de concurrence inégales».

Anche dal preambolo del regolamento n.

351/79 risulta l'intenzione della Comu- nità di adottare disposizioni che comple- tino o armonizzino le definizioni dei prodotti compresi nella voce 22.06 della T D C .

Gli imputati sostengono d'altronde che esistono soltanto norme derogatorie sta- bilite mediante regolamento, le quali, in attesa dell'adozione della preannunciata disciplina degli ABV, ostano all'imputa- zione a carico della società Saint Ra- phael.

Sulla seconda questione

I sigg. Vedel sottolineano che le norme comunitarie — le quali consentono espressamente, a loro avviso, l'uso di un vino da tavola con gradazione alcoolica di 8,5° — hanno reso caduco il decreto francese del 1930 che vietava l'uso di vini con gradazione alcoolica inferiore a 10°.

Essi ricordano che l'art. 5 del decreto del 1930 impone — oltre ad altre due condi- zioni — che gli ABV siano preparati, fra l'altro, mediante vino ordinario, leale e mercantile, con gradazione alcoolica minima di 10°.

Essi sostengono tuttavia che il diritto co- munitario — sotto forma di norme dero- gatorie — consente una gradazione al- coolica di 8,5° per i vini da pasto. Essi precisano che la normativa comunitaria è passata per le seguenti fasi:

La Comunità europea ha cominciato col vietare, nel regolamento n. 816/70, l'ag- giunta di alcool a tutti i prodotti da que- sto contemplati.

A tale divieto — che è stato gradual- mente abolito — sono state apportate deroghe:

— dapprima col regolamento n.

1093/70, che permetteva l'aggiunta di alcool ai vini da pasto esportati verso taluni paesi, fra l'altro

« . . . per evitare che le condizioni cli- matiche o il trasporto pregiudichino la qualità dei vini esportati»;

— indi, dal regolamento — riguardante gli ABV — n. 1598/71, emanato in base alla considerazione che

«la lavorazione di prodotti della voce 22.06 della tariffa doganale comune esige l'aggiunta di alcool a taluni dei prodotti di cui all'art. 1, n. 2, del re- golamento (CEE) n. 816/70; . . . in tali casi l'importanza della lavora- zione giustifica la deroga al divieto»,

ragion per cui il suo art. 1, che completa l'art. 1 del regolamento (CEE) n.

1093/70, estende l'autorizzazione rela- tiva all'aggiunta di alcool fra l'altro ai

«ii) vini da pasto . . . destinati alla lavo- razione di prodotti della voce 22.06 della tariffa doganale comune».

Gli imputati nella causa principale ricor- dano che questo regolamento è stato confermato da due regolamenti succes- sivi, recanti rispettivamente i nn. 1876/71 e 680/75, e che i vini da pasto sono stati definiti, in sede comunitaria, nell'allegato II del regolamento n. 337/79, come vini con gradazione alcoolica di 8,5°.

Sulla terza questione

Gli imputati nella causa principale ricor- dano che la terza questione è stata for-

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mulata, nell'ipotesi di una soluzione della seconda nel senso che la normativa co- munitaria ha sostituito una gradazione di 8,5° a quella di 10° imposta dalla legisla- zione nazionale, per stabilire se, di con- seguenza, risulti abolita l'altra condi- zione posta dalla legislazione nazionale, cioè il fatto che gli ABV devono conte- nere una proporzione dell'80°/o «di vino liquoroso, di mosto di uva o di vino ordinario, leale e mercantile».

Essi spiegano il significato delle qualifi- cazioni «leale e mercantile» del vino, se- condo il diritto interno e il diritto comu- nitario, e concludono che, sia per la legi- slazione francese, sia per il diritto comu- nitario, il vino è il prodotto

«ottenuto esclusivamente dalla fermenta- zione alcoolica totale o parziale di uve fresche . . .» (allegato II, n. 8, del regola- mento n. 337/79).

Perciò, il vino è leale soltanto quando è puro.

Non lo sarebbe più, invece, se, dopo la fermentazione, avesse subito un'aggiunta di alcool.

Il vino cui sia stato aggiunto dell'alcool

— anche di origine vinica — non è più, secondo gli imputati nella causa princi- pale, qualificato come vino dalla norma- tiva comunitaria, e non si può parlare di vino leale se non quando il vino consiste unicamente nel prodotto della fermenta- zione di uva fresca.

Ora, secondo gli imputati nella causa principale, la normativa comunitaria con- sente, contrariamente al decreto 1° gen- naio 1930, di usare nella fabbricazione di un ABV un vino da pasto cui sia stato aggiunto dell'alcool.

Perciò, non si può, a loro avviso, esigere la presenza di vino leale in un ABV, né,

a fortiori, si può ormai esigere che un ABV contenga l'80 % in volume di un vino cosiddetto leale, presenza che non è_

più richiesta affatto.

Pertanto, poiché la normativa comunita- ria ha reso caduche le due fondamentali condizioni poste dall'art. 5 del decreto del 1930, essi propongono che la Corte risponda al Tribunal di Montpellier di- chiarando che questo articolo va intera- mente disapplicato.

2. La Commissione delle Comunità euro- pee, dopo aver esposto brevemente i fatti che hanno dato luogo alla domanda pre- giudiziale del Tribunal correctionnel di Montpellier e le allegazioni dei conve- nuti, presenta in sostanza le seguenti osservazioni:

Sulla prima questione

Premesso che gli ABV rientrano nella voce 22.06 della T D C e si distinguono dalle altre bevande comprese nel capitolo 22 della stessa, la Commissione rileva che, per effetto di questa classificazione, i prodotti di cui trattasi sono colpiti, al momento, dell'importazione dai paesi terzi nella Comunità, dai dazi contem- plati dalla T D C ; ciò non significa, tutta- via, che essi siano disciplinati dall'orga- nizzazione comune del mercato vitivini- colo. La Commissione trae questa con- clusione dal fatto che il regolamento del Consiglio 5 febbraio 1979, n. 337, non si riferisce ai prodotti compresi nella voce 22.06 e il suo art. 1, n. 2, non li men- ziona affatto, mentre contempla espres- samente, ad esempio, quelli della voce 22.05.

Di conseguenza, osserva la Commis- sione, l'allegato II, di cui all'art. 1, n. 4, lett. b), non dà alcuna definizione degli aperitivi a base di vino, mentre vi figu- rano, ad esempio, la definizione del vino da tavola (punto 11) e del vino liquoroso (punto 12).

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La Commissione rileva poi che, senza es- servi definiti, i vermut e gli ABV sono tuttavia menzionati nel regolamento del Consiglio 5 febbraio 1979, n. 351, con- cernente l'aggiunta di alcool ai prodotti del settore vitivinicolo. Essa osserva che l'art. 42, n. 1, del regolamento n. 337/79 vieta, in via di principio, l'aggiunta di al- cool ai prodotti contemplati da questo regolamento, con riserva di quanto di- sposto al n. 2, che ammette eventuali de- roghe. Essa sottolinea che il regolamento n. 351/79 ha per l'appunto lo scopo di stabilire una siffatta deroga e che il suo art. 1, n. 3, permette l'aggiunta di alcool a taluni prodotti, fra i quali i vini da pa- sto (n. 3, lett. d)) destinati alla lavora- zione di prodotti di cui alla sottovoce 22.06. Così, secondo la Commissione, è fatta salva la possibilità di produrre nella Comunità vini aromatizzati come quelli che costituiscono oggetto della presente controversia.

Ciò non può invalidare la constatazione dell'assenza di una definizione comunita- ria degli aperitivi a base di vino; è anzi il contrario, poiché il regolamento n.

351/79 si preoccupa dell'aggiunta di al- cool soltanto riguardo a prodotti con- templati dall'art. 1, n. 2, del regolamento n. 337/79, cioè a prodotti sottoposti ad organizzazione comune del mercato e definiti nell'allegato II.

In base a queste osservazioni la Commis- sione conclude che la prima questione dovrebbe essere risolta in senso negativo, con la conseguenza che le norme nazio- nali dovrebbero continuare ad essere ap- plicate per quanto riguarda la denomina- zione «aperitivo a base di vino».

Sulla seconda questione

La Commissione sostiene che l'aggiunta di alcool, ai sensi del regolamento n.

351/79, a prodotti sottoposti all'organiz- zazione comune di mercato può avvenire soltanto nel rispetto delle definizioni co- munitarie dei prodotti in questione. Trat- tandosi di vino da pasto, dev'essere ri- spettata la definizione che di questo pro-

dotto viene data al punto 11 dell'allegato II del regolamento n. 337/79.

Ora, per il vino da pasto, il titolo alcoo- lometrico dev'essere non inferiore a 8,5°

e non superiore, a seconda dei casi, a 15° o 17°.

Sarebbe quindi in contrasto col diritto comunitario una definizione nazionale che imponga, per la fabbricazione degli aperitivi a base di vino, l'uso di un vino da pasto con gradazione alcoolica infe- riore a 8,5° o superiore a 15° o 17°.

Qualora, invece, la normativa nazionale rispetti, come nella fattispecie, i limiti stabiliti al suddetto punto 11, tale norma- tiva sarebbe — secondo la Commissione

— conforme al diritto comunitario.

Perciò, in mancanza di una definizione comunitaria degli aperitivi a base di vino, una definizione nazionale di questi pro- dotti la quale si limiti a prescrivere un ti- tolo alcoolometrico minimo di vino da pasto che rispetti la definizione comuni- taria di quest'ultimo sarebbe compatibile col diritto comunitario.

Sulla terza questione

La Commissione sostiene del resto, che la mancanza di definizione comunitaria degli ABV lascia agli Stati membri anche la facoltà di stabilire la percentuale mi- nima di vino che dev'essere contenuta in un aperitivo affinché questo possa essere effettivamente qualificato «a base di vino».

D'altra parte, a suo avviso, non vi è al- cun nesso fra le due condizioni relative al titolo alcoolometrico minimo del vino usato e, rispettivamente, alla percentuale minima delì'80 % , nel senso che l'even- tuale incompatibilità di una di esse col diritto comunitario implichi la corrispon- dente incompatibilità dell'altra.

Essa ritiene invece che la possibilità, riconosciuta dal diritto comunitario, di usare vino da pasto con gradazione alcoolica di 8,5° abbia la conseguenza di giustificare tecnicamente la condizione relativa al tenore dell'80 % di vino, per

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garantire che una percentuale sufficiente dell'alcool ottenuto provenga effettiva- mente dal vino usato. Il tenore alcoolico di un aperitivo a 18°, nella cui composi- zione intervenga, ad esempio per il 50 % , un vino a 18,5°, sarebbe in defini- tiva dovuta più all'alcool aggiunto che non al vino contenuto nel prodotto finito.

La questione dovrebbe quindi essere ri- solta nel senso che la disciplina nazionale che esige per gli ABV un contenuto minimo di vino è compatibile col diritto comunitario.

I I I — R i s p o s t e del G o v e r n o f r a n - c e s e e d e l l a C o m m i s s i o n e ai q u e s i t i l o r o r i v o l t i d a l l a C o r t e

1. Rispondendo ai quesiti formulati dalla Corte, il Governo francese fa valere essenzialmente che le norme nazionali relative agli ABV restano sempre valide, in mancanza di una corrispondente disci- plina comunitaria.

Esso ammette, tuttavia, che il regola- mento n. 1093/70 incide sulle condizioni di fabbricazione dei prodotti compresi nella voce 22.06 della T D C , in quanto determina le materie prime che possono essere usate per la fabbricazione di tali prodotti.

Il Governo francese rileva che il decreto 31 gennaio 1930 è stato modificato, me- diante abrogazione degli artt. 1 e 4, sol- tanto per tener conto dell'incidenza del regolamento n. 816/70 sulla definizione dei vini liquorosi, mentre gli articoli ri- guardanti i vermut e gli aperitivi a base di vino sono rimasti immutati.

Detto Governo osserva inoltre che, per quanto riguarda i vermut e gli aperitivi a base di vino, l'art. 5 del decreto 31 gen- naio 1930 ha quindi fissato un titolo al- coolometrico volumico minimo soltanto per i vini (vini ordinari, sani, leali e mer- cantili) usati per la fabbricazione dei pro- dotti di cui sopra, mentre i vini liquorosi

non sono soggetti a questa norma. Esso sottolinea che, per i vini liquorosi, l'as- senza di zuccheraggio, da un lato, e il fatto che questi prodotti devono posse- dere caratteristiche qualitative tali da po- ter essere consumati nello stato in cui si trovano, in particolare senza aromatizza- zione, dall'altro, costituiscono una ga- ranzia della qualità dei prodotti stessi, che possono d'altronde essere usati per la preparazione dei vermut e degli aperitivi a base di vino.

Il Governo francese sottolinea che l'in- novazione apportata nella definizione dei vini liquorosi ha avuto fra l'altro l'effetto di portare al 12 % il titolo alcoolome- trico volumico minimo dei vini o dei mo- sti usati per la loro preparazione, tenuto conto del fatto che questo titolo può or- mai essere raggiunto, in determinate zone viticole, grazie allo zuccheraggio, mentre nel sistema normativo vigente in precedenza all'interno, pur non essen- dovi un titolo alcoolometrico minimo fisso per i prodotti vinici destinati alla preparazione dei vini liquorosi, si aveva tuttavia un divieto di zuccheraggio.

Inoltre, il tenore massimo totale di alcool (18°) dei vermut e degli aperitivi a base di vino e il titolo alcoolometrico volu- mico minimo dei vini liquorosi (15°) im- plicano una aggiunta minima di vini liquorosi al fine di ottenere una vinosità sufficiente.

Il Governo francese osserva che, nella fattispecie, l'impresa interessata ha conti- nuato la sua produzione come in passato, senza tener conto delle implicazioni della disciplina vitivinicola relativa, fra l'altro, ai vini liquorosi.

Perciò, a suo avviso, si pone la questione del se il regolamento (CEE) n. 1093/70 debba applicarsi in materia di fabbrica- zione dei prodotti compresi nella voce 22.06 della T D C e se, di conseguenza, il titolo alcoolometrico volumico dei mosti o dei vini usati per la preparazione dei prodotti in passato denominati «vini liquorosi» debba essere almeno pari a

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quello dei prodotti contemplati da questo regolamento (mosti, mosti di uva parzial- mente fermentati, vini e v.q.p.r.d.) o se, invece, il riferimento al «vino liquoroso»

nell'art. 5 del decreto 31 gennaio 1930 implichi la necessità di rispettare la defi- nizione comunitaria di questa bevanda, definizione secondo cui, in particolare, il titolo alcoolometrico volumico minimo è di 8,5 % o 9 % a seconda della zona di provenienza del vino.

Il Governo francese ritiene che, per quanto riguarda la preparazione dei ver- mut e degli aperitivi a base di vino a par- tire direttamente da vini, è opportuno mantenere in vigore la norma che im- pone un titolo alcoolometrico volumico minimo di 10 %.

In risposta ai quesiti rivoltigli dalla Corte di giustizia e intesi a conoscere la ragion d'essere del mantenimento in vigore della norma stabilita dal decreto francese 31 gennaio 1930, secondo la quale i vini usati nella fabbricazione degli ABV devono avere un titolo alcoolometrico minimo di 10°, il Governo francese dichiara quindi quanto segue:

a) Il decreto francese 31 gennaio 1930, che continua ad essere applicato dopo l'entrata in vigore del decreto 21 aprile 1972, fissava in 10° il titolo al- coolometrico minimo dei «vini ordi- nari» usati per la preparazione dei vermut e degli aperitivi a base di vino onde ottenere una selezione qualita- tiva dei vini di base, dal momento che il titolo alcoolometrico costituiva l'e- lemento analitico che permetteva, in concomitanza con l'esame organolet- tico, di garantire un sufficiente livello qualitativo.

b) Poiché le disposizioni relative ai ver- mut e agli aperitivi a base di vino non sono armonizzate sul piano comuni- tario, non è parso necessario modifi-

care la regola dei 10°, dal momento che nessuna disposizione comunitaria sembra opporsi al suo mantenimento in vigore, visto ch'essa rispetta i limiti costituiti dai titoli alcoolometrici mi- nimi e massimi dei prodotti che pos- sono essere usati, ai sensi del regola- mento (CEE) n. 1093/70, per la pre- parazione degli aperitivi a base di vino.

2. La Commissione ha prodotto in causa, su richiesta della Corte, un pro- getto di proposta di regolamento del Consiglio, in data 16 febbraio 1981, «che stabilisce le regole generali relative alla definizione, alla designazione e alla pre- sentazione delle bevande alcooliche e dei vermut e altri vini di uve fresche aroma- tizzati con parti di piante o con sostanze aromatiche». La Commissione ha tuttavia segnalato che questo progetto non è stato ancora esaminato da tutti i suoi uf- fici e che esso contempla, nello stesso testo, le bevande alcooliche e i vini aro- matizzati. Secondo questo progetto, per

«vino aromatizzato» si intende «la be- vanda . . . costituita da vini o mosti con aggiunta o meno di alcool etilico di ori- gine agricola . . .». Lo stesso testo pre- vede anche che i vini e i mosti impiegati nell'elaborazione dei vini aromatizzati devono avere un titolo alcoolometrico volumico totale non inferiore al 10 % in volume e devono essere presenti nel pro- dotto finito in una proporzione non infe- riore al 75 %.

IV — La fase o r a l e del p r o c e d i - m e n t o

All'udienza del 7 luglio 1981 hanno pre- sentato osservazioni orali gli imputati nella causa principale, rappresentati dal- l'avvocato A. Lénard, il Governo fran- cese, rappresentato dal sig. A. Carnelutti, segretario agli affari esteri, assistito dal sig. Tinlot, ispettore generale della re-

(11)

pressione delle frodi, e la Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. J. C. Séché, in qualità di agente.

L'avvocato generale ha presentato le sue conclusioni nell'udienza del 20 ottobre 1981.

In diritto

1 Con sentenza 29 settembre 1980, pervenuta in cancelleria il 20 ottobre suc- cessivo, il Tribunal correctionnel di Montpellier ha sottoposto a questa Corte, in forza dell'art. 177 del Trattato CEE, tre questioni pregiudiziali in- tese a metterlo in grado di valutare la compatibilità con l'organizzazione co- mune del mercato vitivinicolo delle disposizioni della normativa francese che stabilisce prescrizioni minime relative alla percentuale di vino nella composi- zione dei prodotti denominati «aperitivi a base di vino» (in prosieguo: ABV), compresi nella voce doganale 22.06, e al titolo alcoolometrico di questo vino.

2 Le suddette questioni sono state sollevate nell'ambito del procedimento pe- nale promosso a carico del presidente-direttore generale e dei direttori di deposito di una società industriale, per aver essi fabbricato e posto in vendita, sotto la denominazione ABV, un aperitivo — il Saint Raphaël — che non veniva prodotto in conformità alle norme qualitative stabilite dall'art. 5 del decreto francese 31 gennaio 1930.

3 Questo testo dispone che: «è vietato mettere in vendita o vendere, detenere o trasportare ai fini della vendita, sotto la denominazione di "vermut" o sotto qualunque altra denominazione riservata dall'uso agli aperitivi a base di vino, bevande che hanno un tenore alcoólico superiore ai 23° o che contengono meno dell'80 % di vino liquoroso, di mosto di uva o di vino ordinario leale e mercantile e avente gradazione alcoolica di almeno 10°».

4 Agli imputati nella causa principale è fatto carico di aver preparato e ven-

duto, durante il 1975 e fino al 31 maggio 1978, sotto la denominazione di

aperitivo a base di vino, almeno 221 327,34 ettolitri di un prodotto non con-

tenente la percentuale minima (80 %) di vino e di cui, inoltre, 218 715,67

ettolitri erano stati preparati con vino avente gradazione alcoolica inferiore

a 10°.

(12)

5 Gli imputati nella causa principale hanno sostenuto che le disposizioni del decreto francese 31 gennaio 1930 erano divenute caduche in ragione della loro incompatibilità con le disposizioni del diritto comunitario, dal momento che la gradazione alcoolica minima richiesta dalla normativa comunitaria per il vino da pasto è di 8,5°, invece di quella di 10° stabilita dalla normativa francese per il caso che detto prodotto entri nella composizione degli ABV.

6 A loro avviso, da ciò consegue che l'art. 5 del decreto 31 gennaio 1930 va disapplicato nel suo complesso, in quanto l'incompatibilità col diritto comu- nitario della sua disposizione relativa alla gradazione del vino da pasto che entra nella composizione degli ABV avrebbe reso caduca anche la sua dispo- sizione relativa alla percentuale minima dell'80 %.

7 Onde poter valutare la compatibilità delle suddette disposizioni nazionali col diritto comunitario, il giudice francese ha sottoposto a questa Corte le tre seguenti questioni:

«1. Se si possa ritenere che la denominazione "aperitivo a base di vino" co- stituisca o meno oggetto di una disciplina europea, che escluda l'applica- zione delle norme nazionali, in quanto la voce 22.06 della tariffa doga- nale comune contempla i prodotti definiti come "vermut ed altri vini di uve fresche aromatizzati con parti di piante o con sostanze aromatiche con titolo alcoolometrico effettivo non superiore a 2 2 ° " e, in caso di soluzione affermativa, se tali prodotti debbano possedere altre caratteri- stiche, diverse da quelle elencate in detta definizione.

2. In caso di soluzione negativa, se il regolamento CEE n. 816/70, defi- nendo al punto 11, allegato II, il vino da tavola cui è consentito aggiun- gere alcool puro onde ottenere prodotti che rientrano nella voce 22.06 di cui sopra come vino che deve avere una gradazione alcoolica naturale non inferiore a 8,5°, mentre l'art. 5 del decreto 31 gennaio 1930 ha vie- tato in Francia la detenzione, il trasporto e la vendita, con il nome di vermut o qualunque altra denominazione con cui si contraddistinguono gli aperitivi a base di vino, delle bevande contenenti meno dell'80 % di vino ordinario leale e mercantile e avente una gradazione alcoolica infe- riore ai 10°, abbia reso caduca quest'ultima condizione, relativa alla gra- dazione alcoolica naturale di 10°, alla quale fa invece subentrare quella della gradazione alcoolica di 8,5°.

3. In caso di soluzione affermativa, se la disciplina europea, rendendo ca-

duca una delle condizioni fondamentali poste dall'art. 5 summenzionato,

(13)

abbia fatto sì che la seconda condizione, relativa alla percentuale dell'80 % di vino che dev'essere contenuta nel vermut e nei prodotti assi- milati, non possa più venire applicata autonomamente e se, in definitiva, l'art. 5 del decreto 31 gennaio 1930 vada interamente disapplicato.»

S u l l a p r i m a q u e s t i o n e

8 Si deve rilevare che il regolamento del Consiglio 28 aprile 1970, n. 816, rela- tivo a disposizioni complementari in materia di organizzazione comune del mercato vitivinicolo, testo che è stato richiamato dinanzi al giudice nazionale e che è ripreso nel regolamento del Consiglio 5 febbraio 1979, n. 337, rela- tivo all'organizzazione comune del mercato vitivinicolo, non menziona i pro- dotti di cui alla voce 22.06 della T D C , nella quale sono compresi gli aperitivi a base di vino. Di conseguenza, nell'allegato II d^cui all'art. 1, n. 4, lett. b), di questo regolamento manca una definizione dei prodotti di cui trattasi.

9 Una siffatta definizione da parte della normativa comunitaria non può risul- tare, del resto, dal fatto che i prodotti della voce 22.06 della T D C erano menzionati, all'epoca dei fatti di cui è causa, nell'art. 1, n. 3, del regolamento del Consiglio 15 luglio 1974, n. 1876, concernente l'aggiunta di alcool ai prodotti del settore vitivinicolo, modificato dal regolamento del Consiglio 4 marzo 1975, n. 680. Ciò vale anche, attualmente, per quanto riguarda l'art. 1, n. 3, del regolamento del Consiglio, 5 febbraio 1979, n. 351, concernente l'aggiunta di alcool ai prodotti del settore vitivinicolo, regolamento avente lo scopo di stabilire deroghe alle disposizioni dell'art. 42, n. 1, del regolamento del Consiglio n. 337/79 e di consentire, perciò, l'aggiunta di alcool a taluni prodotti, destinati alla preparazione di prodotti compresi nella voce doganale 22.06, fra i quali i vini da pasto.

10 Ne consegue che gli aperitivi a base di vino non costituiscono attualmente oggetto di una disciplina comunitaria, come viene ammesso da tutti gli inte- ressati che hanno sottoposto osservazioni alla Corte e come risulta, del resto, dal progetto di regolamento del Consiglio, redatto dalla Commissione il

16 febbraio 1981, per stabilire le «regole generali relative alla definizione,

alla designazione e alla presentazione delle bevande alcooliche e dei vermut

e altri vini di uve fresche aromatizzati con parti di piante o con sostanze

aromatiche».

(14)

1 1 II fatto che gli aperitivi a base di vino siano compresi nella voce 22.06 della T D C non può sopperire alla mancanza di una siffatta disciplina. La T D C ha infatti lo scopo di classificare le merci ai fini della riscossione dei dazi doga- nali, non già di disciplinare la fabbricazione dei prodotti da essa contemplati.

12 La prima questione sottoposta alla Corte va quindi risolta nel senso che la denominazione «aperitivi a base di vino» non costituisce attualmente oggetto di una disciplina comunitaria che escluda l'applicazione della legislazione nazionale degli Stati membri.

S u l l a s e c o n d a q u e s t i o n e

13 Gli imputati nalla causa principale fanno valere che le norme comunitarie esistenti permettono l'uso, per la fabbricazione degli ABV, di un vino da pasto con gradazione alcoolica di 8,5° ; i vini da pasto sono definiti nell'alle- gato II del regolamento del Consiglio n. 816/70 e, attualmente, nell'allegato II del regolamento n. 337/79, come vini aventi un titolo alcoolometrico non inferiore ad 8,5° e non superiore a 15° o 17°. Ciò avrebbe l'effetto di rendere caduca la disposizione dell'art. 5 del decreto 31 gennaio 1930 che vieta, nella preparazione degli ABV, l'uso di un vino con gradazione infe- riore a 10°.

1 4 Secondo il Governo francese, la mancanza di una disciplina comunitaria degli ABV ha come conseguenza il fatto che l'art. 5 del decreto francese 31 gennaio 1930, relativo alla preparazione degli aperitivi a base di vino, norma intesa a garantire il rispetto delle norme di qualità stabilite per ¡ pro- dotti nazionali, dev'essere tuttora applicato. Il Governo francese ha osservato in proposito che la gradazione alcolica minima dei vini di base è stata fissata in 10° allo scopo di garantire che il prodotto venduto sotto la denomina- zione «aperitivo a base di vino» contenga, considerato il suo arricchimento con alcool di distallazione, una percentuale sufficientemente rappresentativa di alcool derivato dalla fermentazione naturale dell'uva.

15 La Commissione sostiene che l'aggiunta di alcool, ai sensi del regolamento n.

351/79, a prodotti soggetti all'organizzazione comune può avvenire soltanto

nel rispetto delle definizioni comunitarie di questi prodotti e, trattandosi del

vino da pasto, nel rispetto della definizione datane al punto 11 dell'allegato

II del regolamento n. 337/79, il quale ammette, nella fattispecie, una grada-

zione minima di 8,5° e massima, a seconda dei casi, di 15° o di 17°. Ne

(15)

conseguirebbe che una norma nazionale relativa a vini da pasto utilizzati per la preparazione degli ABV non sarebbe compatibile col diritto comunitario qualora imponesse l'uso di un vino avente gradazione alcoolica inferiore a 8,5° o superiore a 15° o 17°.

16 In mancanza di una disciplina comunitaria, gli Stati membri restano compe- tenti a stabilire le norme da applicare alla fabbricazione e alla vendita dei prodotti nazionali denominati «aperitivi a base di vino». Non si può quindi escludere che uno Stato membro possa sottoporre la fabbricazione degli ABV a particolari norme di qualità, determinate in funzione delle caratteristiche di questo tipo di bevande. La condizione relativa ad una gradazione alcoolica minima, come quella posta dall'art. 5 del decreto francese 31 gennaio 1930, risponde, dal momento che si pone entro i limiti stabiliti dalle norme comuni- tarie, a questo criterio qualitativo.

17 Non risulta che la competenza così riconosciuta agli Stati membri sia limitata dalle disposizioni comunitarie vigenti per quanto riguarda la vendita dei pro- dotti che entrano nella composizione degli ABV e, in particolare, dei vini da pasto.

18 Se è vero, infatti, che il punto 10 dell'allegato II del regolamento del Consi- glio n. 816/70, e attualmente il punto 11 del regolamento del Consiglio n. 337/79, stabiliscono per la gradazione del vino da pasto un minimo di 8,5° ed un massimo di 15° o 17°, a seconda dei casi, questa norma riguarda unicamente i vini destinati al consumo diretto, in quanto tali, i quali possono quindi essere importati e circolare liberamente nella Comunità, pur non potendo entrare nella composizione degli ABV, ai sensi della legislazione nazionale vigente, se il loro titolo alcoolometrico non corrisponde a quello fissato da questa legislazione.

19 La seconda questione pregiudiziale va quindi risolta nel senso che il regola- mento n. 816/70 non osta a che una legislazione nazionale relativa alla pre- parazione degli aperitivi a base di vino contenga una disposizione come quella cui si riferisce il giudice nazionale.

Sulla t e r z a q u e s t i o n e

20 Vista la soluzione data alla prima e alla seconda questione, l'esame della

terza non appare più necessario per consentire al giudice nazionale di defi-

nire la controversia ad esso sottoposta.

(16)

S u l l e s p e s e

21 Le spese sostenute dal Governo francese e dalla Commissione delle Comu- nità europee, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale, il presente procedimento ha il carattere di un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Per questi motivi,

LA C O R T E ,

pronunciandosi sulle questioni sottopostele dal Tribunal correctionnel di Montpellier con sentenza 29 settembre 1980, dichiara:

1

°

La denominazione «aperitivi a base di vino» non costituisce attual- mente oggetto di una disciplina comunitaria che escluda l'applicazione della legislazione nazionale degli Stati membri.

2° Il regolamento del Consiglio 28 aprile 1970, n. 816, relativo a disposi- zioni complementari in materia di organizzazione comune del mer- cato vitivinicolo, non osta a che una legislazione nazionale relativa alla preparazione degli aperitivi a base di vino contenga una disposi- zione come quella cui si riferisce il giudice nazionale.

Mertens de Wilmars Bosco Touffait

Due Pescatore Mackenzie Stuart O'Keeffe Koopmans Everling Chloros Grévisse

Così deciso e pronunziato a Lussemburgo, il 16 febbraio 1982.

Il cancelliere

P. Heim

Il presidente

J. Mertens de Wilmars

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