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Capitolo 2
Scopo della ricerca
Come abbiamo visto nella Introduzione della presente tesi, la capacità di particelle di dimensioni nanometriche di poter essere distribuite, all’interno dell’organismo, in maniera preferenziale a livello del tessuto tumorale, ha portato allo sviluppo di nuove strategie di delivery di agenti terapeutici e diagnostici anti-cancro, dotate di maggiore specificità rispetto ai classici sistemi terapeutici. Un altro fattore che può contribuire a migliorare la selettività della terapia antitumorale è la possibilità di sfruttare target iperespressi nel tessuto bersaglio. Fra questi, rivestono un ruolo importante geni codificanti proteine antiapoptotiche, fra cui rientra la survivina. Il lavoro del presente elaborato è stato condotto nell’ambito di un progetto di ricerca finanziato dalla Regione Toscana dal titolo “Nanocell: nanosensori ottici all’interno della cellula”; tale progetto ha come obiettivo quello di valutare l’azione di oligonucleotidi antisenso, realizzati nella forma di molecular beacon in cellule tumorali, veicolandoli con nanoparticelle.
Sono state, in particolare, analizzate due tipologie di nanoparticelle di polimetilmetacrilato (PMMA), QTAM-02 e QTAM-03, verificandone, attraverso microscopia confocale, la capacità di penetrare nella cellula. Parallelamente, è stata valutata, sempre in cellule tumorali, la capacità di un ODN-molecular beacon, antisurvivina, di legarsi e di promuovere un segnale intracellulare specifico.
L’oligonucleotide antisenso molecular beacon o faro molecolare, data la sua particolare struttura, è in grado di emettere fluorescenza dopo essersi appaiato con l’mRNA target. Queste caratteristiche rendono il costrutto bifunzionale, in quanto può agire sia da farmaco che da sensore. Nel dettaglio, il molecular
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beacon è un oligonucleotide in cui la corta sequenza (15-20 nucleotidi) che lo
costituisce è marcata all’estremità 5’ con un fluoroforo chiamato reporter, e all’estremità 3’ con un quencher, il quale è in grado di assorbire la fluorescenza emessa dal fluoroforo nel momento in cui si trovano ad una distanza ravvicinata. Quando non è presente la sequenza complementare, questo sistema ha una caratteristica forma a “forcina”. In queste condizioni, la fluorescenza del reporter è inibita dalla vicinanza del quencher. Nel momento in cui avviene l’ibridazione con la sequenza complementare, il molecular beacon si “apre”, portando all’allontanamento del reporter dal quencher, con conseguente emissione di fluorescenza, fig. 12 [Giannetti et al., 2013].
Figura 12 Rappresentazione del molecular beacon prima e dopo l’ibridazione con sequenza
complementare
Per un loro utilizzo nella terapia/diagnostica tumorale può essere utile la coniugazione di questi costrutti con vettori di ultima generazione, fra cui nanoparticelle polimeriche.