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Infortunio scolastico e infortunio sportivo del minorenne. Profili giuridici e medico-legali

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Infortunio scolastico e infortunio sportivo del minorenne.

Profili giuridici e medico-legali

Dr. Francesco Ranieri*

L’argomento è di grande interesse e attualità, sia teorico che pratico. Come giudice del Tribunale di Roma mi occupo di responsabilità civile e posso dire che non sono pochi i casi in cui viene esercitata un’azione giudiziaria deducendo un infortunio avvenuto in ambito scolastico o sportivo.

Il termine infortunio ci riconduce subito al concetto di un evento dannoso, patito dalla persona e che compromette il suo stato di salute, avvenuto per una causa esterna al soggetto.

Sotto il profilo giuridico occorre distinguere varie ipotesi.

Prima ipotesi. L’infortunio può derivare da una causa accidentale, non imputabile alla condotta colposa o dolosa di alcuno; in tal caso il minore - e per esso i genitori che ne sono i rappresentanti legali -, se ha stipulato una polizza assicurativa privata contro gli infortuni, può chiedere il pagamento dell’indennizzo all’ente assicurativo; non di rado accade però che la scuola, o l’associazione sportiva, abbiano esse stesse stipulato una polizza a copertura del rischio infortunio dei loro iscritti o tesserati . In tal caso ci si può avvalere di tale polizza stipulata in loro favore. Trattasi di polizze che coprono il rischio infortunio in sé, indipendentemente dalla sussistenza di una responsabilità civile verso i terzi, ovverosia di un evento dannoso riconducibile alla condotta colposa o dolosa del personale addetto all’associazione o all’istituto scolastico.

In genere le polizze assicurative contro gli infortuni prevedono, relativamente al danno alla persona, la copertura della invalidità permanente, e prevedono specifiche percentualizzazioni a seconda del tipo di invalidità, ad esempio le menomazioni anatomiche agli arti, alla vista, e così via; ad esse si dovrà fare riferimento per l’individuazione dei postumi rilevanti a termini di polizza e per determinare l’ammontare dell’indennizzo dovuto; si dovrà calcolare la percentuale rispetto al massimale di polizza

* Consigliere di Corte di Appello con funzioni di Giudice del Tribunale di Roma

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concordato dalle parti. L’invalidità temporanea “biologica” viene presa in considerazione indirettamente e in modo parziale, prevedendosi in genere una diaria giornaliera in caso di ricovero; non si prevede un indennizzo per l’invalidità temporanea parziale. Ma sugli aspetti propriamente medico-legali ed assicurativi non mi soffermo oltre, e rimando alle relazioni dei dottori Marcelli e Mastroroberto.

Seconda ipotesi. L’infortunio, inteso genericamente come evento dannoso che colpisce la persona, può però comportare una diretta responsabilità civile dell’istituto scolastico o dell’associazione sportiva, quando sia individuabile un comportamento colposo o doloso dell’insegnante o dell’istruttore sportivo. Collegandomi a quanto ora detto in tema di polizze assicurative di infortunio, segnalo che in tali casi, a differenza delle prime, il rischio assicurato nelle polizze sulla responsabilità civile verso terzi copre, generalmente, ogni danno patito dalla persona, terzo danneggiato; comprende cioè ogni voce del c.d. danno biologico: l’inabilità temporanea, l’invalidità permanente, il danno estetico. Comprende anche il risarcimento del danno patrimoniale, sempre nei limiti del massimale di polizza.

In ambito scolastico può accadere che:

- il danno al minore derivi dall’azione di un altro allievo - oppure che il minore si procuri il danno da sé medesimo.

Nel primo caso, trova applicazione la norma di cui all’art. 2048 codice civile.

Nel secondo caso, è discusso in dottrina e giurisprudenza se la responsabilità discende dal medesimo art. 2048, oppure dalla norma generale di cui al 2043 c.c., ovvero ancora se si tratta di una responsabilità contrattuale. Ciò ha rilievo pratico in particolare sotto il profilo dell’onere della prova e del termine di prescrizione, perché se si ritiene applicabile il 2048 vige una presunzione di colpa dei precettori, se si ritiene applicabile il 2043 è il danneggiato che deve provare tutti gli elementi costitutivi dell’illecito civile, se si applica la responsabilità contrattuale la posizione del danneggiato è avvantaggiata, dovendo egli provare solo l’esistenza del danno ed il nesso causale. La prescrizione del diritto è decennale se si tratta di responsabilità contrattuale, è quinquennale se la responsabilità è extracontrattuale.

Nel primo caso, dicevo, trova applicazione il 2048 c.c.; si tratta dell’ipotesi in cui il danno è stato procurato dal comportamento di altro allievo.

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L’art. 2048 testualmente prevede che i genitori, il tutore ed i precettori sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei lori allievi nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza. Essi sono liberati dalla responsabilità soltanto se provano di non aver potuto impedire il fatto.

Si tratta di una responsabilità per fatto proprio degli insegnanti, che però presuppone il compimento di un illecito da parte dell’allievo. La norma rafforza la posizione del danneggiato, e prevede una presunzione di colpa, colpa propria dell’insegnante che viene individuata in una omessa vigilanza; ciò comporta, in concreto, sul piano giuridico, che viene posto a carico del “precettore” l’onere di provare di non aver potuto impedire il fatto illecito compiuto materialmente dal suo allievo.

In tale ipotesi l’istituto scolastico, dunque, non va in genere esente da responsabilità provando che il fatto illecito non è stato posto in essere direttamente dall’insegnante ma dall’altro allievo, essendo per l’appunto tenuto a vigilare ed a sorvegliare il comportamento dei minori per il tempo in cui sono affidati. Peraltro, può esser provata dal precettore l’assoluta repentinità del gesto, la sua imprevedibilità, la mancanza di indici premonitori del comportamento illecito tenuto dall’allievo, sicchè ogni cautela adottata non avrebbe comunque impedito il fatto. In tali casi il precettore andrà esente da responsabilità.

Tale responsabilità dell’istituto e dell’insegnante può concorrere con quella dei genitori dell’alunno che ha compiuto l’atto illecito nei confronti di altro alunno, sempre ai sensi dell’art. 2048 c.c., sotto il diverso profilo di una responsabilità derivante però non già da una omessa vigilanza in concreto – vigilanza non esigibile perché il minore era materialmente affidato all’istituto scolastico o sportivo – ma da una inidonea educazione, nel senso che i genitori non hanno apprestato misure idonee educative a prevenire il compimento del fatto da parte del figlio minore.

Oltre alle due responsabilità che ho detto – dell’istituto e dei genitori – vi è anche quella propria ed autonoma del MINORE stesso, quale autore del fatto e, se egli è capace di intendere e di volere, può rispondere ai sensi del 2043 c.c., che prevede la generale responsabilità nell’ipotesi di causazione di un danno ingiusto a terzi (v. Cass. 9815\97 sulla resp. del minore).

Se il minore non è capace di intendere e di volere, trova invece applicazione l’art.

2047, che prevede pur sempre la responsabilità di colui che è tenuto alla sorveglianza,

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salva la prova di non aver potuto impedire il fatto. La norma è interessante nella parte in cui prevede che, nel caso in cui il danneggiato non abbia potuto ottenere il risarcimento da chi è tenuto alla sorveglianza, il giudice, in considerazione delle condizioni economiche delle parti, può condannare l’autore del danno a un’equa indennità.

Nel secondo caso, quello in cui l’allievo – capace di intendere e di volere - si procura da sé medesimo il danno, ho già accennato al fatto che è discusso in giurisprudenza e in dottrina se la responsabilità dell’istituto scolastico discende dal medesimo art. 2048, ovvero dalla norma generale di cui all’art. 2043 c.c., ovvero ancora se si tratta di una responsabilità contrattuale. Ciò ha rilievo pratico, come ho detto, sotto il profilo dell’onere della prova e del termine di prescrizione.

Bene. Nel 2002, con sentenza a Sezioni Unite (n. 9346), la Cassazione ha stabilito che in tale ipotesi non trova applicazione la presunzione di colpa di cui all’art. 2048; anzi, non deve parlarsi, in radice, di responsabilità extracontrattuale ex art. 2043.

La responsabilità – ha precisato la Corte - è di tipo contrattuale, e si applica pertanto il regime probatorio di cui all’art. 1218 c.c.; per cui al danneggiato basta dedurre l’inadempimento, ed è l’altra parte che deve provare che l’adempimento non è stato effettuato per causa a lui non imputabile. La Corte ha osservato che con l’iscrizione e l’ammissione alla frequenza scolastica, si instaura un vincolo giuridico negoziale per cui l’istituto scolastico è tenuto a vigilare sulla sicurezza e incolumità dell’allievo, anche sotto il profilo del porre in essere tutte le cautele necessarie atte ad evitare che l’allievo procuri danno a se stesso.

L’insegnante risponde anch’egli non già a titolo di responsabilità extracontrattuale, ha precisato la Corte di Cassazione, bensì secondo le norme della responsabilità contrattuale, in quanto, in virtù del “contatto sociale”, si è instaurato comunque un rapporto giuridico diretto tra precettore ed allievo in virtù del quale, oltre che l’obbligo di istruire ed educare, egli si è assunto anche l’obbligo specifico di protezione e di vigilanza del minore. Ne consegue che al danneggiato basta provare che l’evento dannoso è avvenuto durante l’orario scolastico, mentre l’istituto e l’insegnante dovranno provare che non hanno potuto impedire l’evento, che il fatto si è verificato nonostante tutte le cautele adottate o prevedibilmente adottabili nel caso di specie, che il fatto è stato determinato da causa a loro non imputabile.

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Il giudice dovrà pertanto verificare attentamente la situazione in concreto sottoposta al suo esame, ad esempio comprendere e valutare il tipo di attività nel corso della quale il minore si è infortunato, nonché le modalità concrete di suo svolgimento e le cautele apprestate; dovrà anche verificare se l’attività era pertinente ed espletabile in rapporto all’età del minore ed al suo sviluppo psicofisico, e quali cautele sono state predisposte in relazione ad esempio ad una intrinseca pericolosità della stessa.

E’ significativo che nella sentenza della Corte di Cassazione del 2002 si è utilizzato lo stesso argomento giuridico contenuto nella sentenza che, nel 2000, ha in termini identici ricostruito il tipo di responsabilità gravante sul medico dipendente di un ospedale;

anche qui ne è risultata avvantaggiata la posizione del danneggiato, in quanto gli basta provare il peggioramento della sua situazione di salute, incombendo invece sul medico e sull’ospedale la prova liberatoria che l’insuccesso dell’intervento chirurgico è dovuto a causa a lui non imputabile.

Se il danno è lamentato dal minore che non sia capace di intendere e di volere, non trova applicazione l’art. 2047, né può parlarsi, più in generale, di responsabilità extracontrattuale dell’istituto scolastico. La Corte di Cassazione, con recente sentenza n.

11245 del 2003, ha applicato anche a tale ipotesi quanto già statuito in tema di art. 2048, ed ha parlato di vincolo giuridico che si instaura tra l’ente scolastico ed il minore, e di contatto sociale nel rapporto insegnante-minore. Il caso riguardava una bimba di 3 anni che, stando in un asilo nido, si era procurata lesioni essendo riuscita ad aprire il vano ove erano i fili elettrici.

Segnalo per completezza di discorso, che il minore danneggiato non è legittimato a citare in giudizio l’insegnante della scuola pubblica, essendo ciò escluso dall’art. 61 della legge n. 312 del 1980. Egli può citare in giudizio solo l’istituto scolastico, sia nel caso in cui l’infortunio è ascrivibile ad altro allievo, sia nel caso in cui l’infortunio è ascrivibile ad una condotta autolesiva (v. Cass. SS.UU. cit.).

Segnalo ancora che non è ipotizzabile la responsabilità del direttore didattico della scuola, in quanto egli è un soggetto che ha esclusive competenze amministrative ed organizzative, non si occupa direttamente dell’attività didattica espletata dagli insegnanti. Quindi, una domanda giudiziale svolta nei suoi confronti va rigettata dal giudice.

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Per quanto riguarda più specificamente l’infortunio sportivo, è noto che nel nostro ordinamento giuridico sono ammessi gli sport più vari, alcuni dei quali pericolosi per la salute dei giocatori per il tipo di attività svolta, per il fatto di vedere contendenti contrapposti che vengono a contatto fisico tra loro, oppure ancora per il tipo di agonismo e di gesto atletico che richiedono.

Vi sono regole sportive alle quali attenersi, emanate dagli ordinamenti sportivi di settore, ma vi sono anche regole non codificate, quelle di comune prudenza ed attenzione.

Trattandosi di minori, in genere il profilo tipicamente sportivo-agonistico assume minor rilievo rispetto a quello didattico, di istruzione, ed anche più semplicemente ludico- ricreativo dello sport effettuato presso associazioni sportive.

Ed allora, oltre alla responsabilità del giocatore - avversario di gioco derivante dal fatto che l’atto è stato contrario alle regole sportive, più frequentemente viene in rilievo la responsabilità dell’associazione sportiva nei confronti del minore che si infortuna da se medesimo, durante la lezione, nel compimento del gesto sportivo. In tali casi, quando si tratta di attività didattica e di insegnamento di uno sport, oltre a quanto ho già detto in tema di responsabilità per le autolesioni, in genere assume rilevanza l’obbligo dell’istruttore di tener conto della fase iniziale di apprendimento della pratica sportiva, della gradualità di approfondimento della tecnica e del gesto atletico, dell’età del minore, della sua conformazione fisica e dello stato di salute del minore, di verifica della capacità di apprendimento da parte del minore della tecnica necessaria. In caso di infortunio si verterà in tema di responsabilità contrattuale, con le conseguenze giuridiche che prima vi ho esposto.

Per completare il quadro delle possibili responsabilità civili va rilevato che il minore può subire un infortunio che non si pone in diretta connessione con l’espletamento dell’attività ma deriva, ad esempio, da carenze, cedimenti, difetti di manutenzione della struttura in cui viene esercitato l’insegnamento. Pensiamo alle ipotesi classiche della rottura di un vetro in una palestra, delle cadute negli spogliatoi dovute alla presenza di acqua o di sapone sul pavimento. In tali casi può esservi responsabilità che, generalmente, viene ricondotta a quella extracontrattuale ex art. 2043 c.c.; in tali ipotesi il danneggiato deve dunque provare l’evento dannoso, il nesso di causalità, il

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comportamento colposo o doloso dell’istituto, derivante in genere dall’inidonea manutenzione e controllo dei locali in cui viene esercitata l’attività sportiva - didattica.

In tali casi il danneggiato può promuovere azione giudiziaria nei confronti dell’associazione sportiva o della scuola; queste, a loro volta, possono aver stipulato una polizza assicurativa per la responsabilità civile verso terzi, ma il danneggiato non può chiamare in causa direttamente l’assicuratore, essendo il rapporto assicurativo un fatto privato tra assicurato ed assicuratore. Se il danneggiato chiama in causa l’assicuratore il giudice deve pronunciare il difetto di legittimazione attiva del danneggiato, mentre deve pronunciare nel merito sulla responsabilità del presunto danneggiante. L’assicurato può però chiamare in causa il suo assicuratore a fini di manleva, chiedendo di essere tenuto indenne di quanto in ipotesi egli deve risarcire al danneggiato; può anche chiedere che l’assicuratore paghi direttamente il danneggiato nell’ipotesi di sua condanna.

Unica eccezione prevista dalla legge è in materia di circolazione stradale, dove il danneggiato può chiamare direttamente in giudizio l’assicuratore del danneggiante.

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