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Rivista mensile di dottrina, giurisprudenza e legislazione

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Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in a.p. - D.L. 353/2003 (conv. in L. n° 46/04) art. 1, comma 1, CNS Trento. Prezzo # 10,00

Direttori Franco Coppi, Enzo Musco, Corrado Sforza Fogliani Direttore responsabile Paolo Appella

RIVISTA PENALE 3/2021 ISSN: 0035-7022

RIVISTA PENALE

Rivista mensile di dottrina, giurisprudenza e legislazione

z

Fondata nell’anno 1874

z

Anno 147°

n. 3/2021

MARZO

in questo numero

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z Le ultimissime dalle Corti Superiori, pag. 255

z L’art. 25 septies D.L.vo n. 231/2001 e il rapporto con il diritto penale del lavoro, pag. 219

z Intervento delle SS.UU. sulla sospensione della prescrizione per l’emergenza epidemiologica, pag. 245

z Ancora in tema di omesso versamento dell’imposta di soggiorno, pag. 233 z Confisca urbanistica e proporzionalità della misura, pag. 283

NUOVA RUBRICA

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Indice sommario Indice sommario

DOTTRINA

Ajmar Enrico, Billari Antonella: Omesso versa- mento dell’imposta di soggiorno tra fattispecie penale, illecito amministrativo e zone franche, pag. 233

Fassi Enrico: Confisca urbanistica e (necessario) esame della proporzionalità della misura, pag. 283 Finotti Cristian: L’art. 25-septies del D.L.vo n.

231/2001 e il complesso rapporto con il diritto penale del lavoro, pag. 219

Fontana Giovanni: L’uso della “violenza” ai fini dell’identificazione, pag. 242

Leggiero Antonio: Ancora una questione di co- stituzionalità concernente l’ergastolo ostativo, pag. 237

Sicignano Gaspare Jucan: Il costo del “societas saepe delinquit”, pag. 226

LE ULTIMISSIME DALLE CORTI SUPERIORI

La rivelazione dei dati contenuti nel sistema infor- matico interforze CED-SDI, pag. 255

L’accertamento del nesso di causalità tra condotta ed evento nei reati colposi omissivi, pag. 256 Alle Sezioni Unite la questione della necessità

della indicazione specifica, nella misura cau- telare del divieto di avvicinamento, dei luoghi oggetto di divieto, pag. 257

Alle Sezioni Unite la questione se la mera affilia- zione ad una associazione mafiosa porti alla re- sponsabilità quale partecipante, pag. 258

GIURISPRUDENZA

Abusivo esercizio di una professione

Professione sanitaria – Responsabilità a titolo di concorso – Configurabilità. F Cass. pen., sez. VI, 22 luglio 2020, n. 21989 (ud. 8 luglio 2020), A.

P., m., pag. 295

Armi e munizioni

Porto abusivo – Detenzione legittima – Porto in luogo pubblico o aperto al pubblico. F Cass.

pen., sez. I, 6 ottobre 2020, n. 27707 (ud. 9 set- tembre 2020), M. M., m., pag. 295

Associazione per delinquere

Associazione di tipo mafioso – Associazione ca- morristica – Ruolo di capo, dirigente od orga- nizzatore. F Cass. pen., sez. II, 7 luglio 2020, n.

20098 (ud. 3 giugno 2020), B. A., m., pag. 295 Associazione di tipo mafioso – Nuove associazio-

ni – Derivazione da “clan” storico. F Cass. pen., sez. II, 15 luglio 2020, n. 20926 (ud. 13 maggio 2020), P.D.C., m., pag. 295

Associazione di tipo mafioso – Nuove associazioni – Elementi costitutivi. F Cass. pen., sez. VI, 12 giugno 2020, n. 18125 (ud. 22 ottobre 2019), B.

C., m., pag. 295

Associazione di tipo mafioso – Nuove associazio-

Associazione di tipo mafioso – Potenzialità crimi- nale del gruppo – Insufficienza. F Cass. pen., sez. VI, 12 giugno 2020, n. 18125 (ud. 22 ottobre 2019), B. C., m., pag. 295

Elemento psicologico – Esplicita manifestazione di volontà associativa – Necessità. F Cass. pen., sez. II, 19 ottobre 2020, n. 28868 (ud. 2 luglio 2020), D. F. F., m., pag. 295

Associazioni sovversive

Addestramento ad attività con finalità di terro- rismo anche internazionale – Comportamenti attivi di ordine materiale – Necessità. F Cass.

pen., sez. V, 23 luglio 2020, n. 22066 (c.c. 6 luglio 2020), B. M., m., pag. 296

Azione penale

Querela – Dichiarazione e forma – Qualificazione giuridica del fatto. F Cass. pen., sez. V, 7 ottobre 2020, n. 27964 (c.c. 1 luglio 2020), L., m., pag.

296

Querela – Rinuncia – Ricorso per cassazione della parte civile. F Cass. pen., sez. II, 15 luglio 2020, n. 20907 (ud. 10 gennaio 2020), B. A C/ G. G., m., pag. 296

Banche

Attività bancaria – Esercizio abusivo – Attività svolta nei confronti del pubblico. F Cass. pen., sez. V, 10 settembre 2020, n. 25815 (ud. 27 gen- naio 2020), I. D., m., pag. 296

Calunnia e autocalunnia

Calunnia – Elemento oggettivo – Calunnia c.d. in- diretta. F Cass. pen., sez. VI, 22 luglio 2020, n.

21990 (ud. 8 luglio 2020), G. L. D., m., pag. 296

Circostanze del reato

Aggravanti – Concorso di circostanze ad effetto speciale – Aumento di pena per la circostanza meno grave nella misura massima consentita. F Cass. pen., sez. II, 28 luglio 2020, n. 22763 (ud.

10 luglio 2020), G. M., m., pag. 296

Attenuanti – Danno patrimoniale di speciale tenu- ità – Applicabilità a qualsiasi tipo di delitto de- terminato da motivo di lucro. F Cass. pen., sez.

un., 2 settembre 2020, n. 24990 (ud. 30 gennaio 2020), D. K., m., pag. 296

Attenuanti comuni – Generiche – Presupposti per il riconoscimento o il diniego. F Cass. pen., sez.

II, 12 agosto 2020, n. 23903 (ud. 15 luglio 2020), M. A., m., pag. 296

Corruzione

Istigazione alla corruzione – Promessa di denaro – Condotte di costrizione e di induzione. F Cass.

pen., sez. VI, 12 giugno 2020, n. 18125 (ud. 22 ottobre 2019), B. C., m., pag. 296

Requisiti – Accordo corruttivo – Condotta del terzo meramente esecutiva. F Cass. pen., sez. VI, 12 giugno 2020, n. 18125 (ud. 22 ottobre 2019), B.

C., m., pag. 297

Requisiti – Attività discrezionale della pubblica

Requisiti – Corruzione propria – Accertamento del contenuto del patto. F Cass. pen., sez. VI, 12 giugno 2020, n. 18125 (ud. 22 ottobre 2019), B. C., m., pag. 297

Requisiti – Qualifiche soggettive – Amministratore di fatto di un ente pubblico. F Cass. pen., sez. VI, 12 giugno 2020, n. 18125 (ud. 22 ottobre 2019), B. C., m., pag. 297

Requisiti – Reati di cui agli artt. 318 e 319 c.p. – Criteri distintivi. F Cass. pen., sez. VI, 12 giugno 2020, n. 18125 (ud. 22 ottobre 2019), B. C., m., pag. 297

Requisiti – Reato di istigazione alla corruzione commessa da pubblico ufficiale o dall’incaricato di pubblico servizio ex art. 322 c.p. – Criteri di- stintivi con il reato di induzione indebita a dare o promettere utilità – Individuazione – Fattispecie classificata dalla Corte come tentativo di com- missione del reato di cui all’art. 319 quater c.p., in un caso in cui l’agente, abusando della sua qualifica di responsabile dell’ufficio tecnico del comune aveva tentato di ottenere una somma di denaro da una società addetta alla raccolta dei rifiuti. F Cass. pen., sez. VI, 1 febbraio 2021, n.

3750 (ud. 21 ottobre 2020), T.L., pag. 279

Danneggiamento

Aggravanti – Condizione della esposizione alla pubblica fede ai sensi dell’art. 625, n. 7 c.p. – Fattispecie in tema di terreni adibiti a coltura contaminati dalle emissioni di polveri nocive. F

Cass. pen., sez. II, 5 febbraio 2021, n. 4633 (ud.

1 ottobre 2020), Prov. Brindisi ed altri, pag. 271

Delitti contro la personalità dello Stato

Associazioni con finalità di terrorismo e di eversio- ne – Condotta di partecipazione – Ex art. 270 bis. c.p. – Adesione ideologica – Configurabilità – Individuazione del legame del singolo con l’as- sociazione – Elemento caratterizzante – Sussi- stenza. F Cass. pen., sez. VI, 11 febbraio 2021, n. 5471 (ud. 17 novembre 2020), B.N., pag. 259

Edilizia e urbanistica

Contravvenzioni – Lottizzazione abusiva – Confisca – Applicabilità – Condizioni. F Cass. pen., sez.

III, 1 febbraio 2021, n. 3727 (ud. 20 novembre 2020), S.G. ed altri, pag. 280

Esercizio arbitrario delle proprie ragioni

Con violenza sulle cose – C.d. violenza manuten- tiva e c.d. violenza reintegrativa – Configurabi- lità del reato – Esclusione – Fattispecie relativa a proprietaria di immobile confinante con un condominio che aveva tenuto, su area di sua proprietà, una condotta lesiva del condominio.

F Trib. pen. Taranto, sez. I, 21 dicembre 2020, n.

1516, C.G., pag. 291

Estorsione

Elemento oggettivo – Minaccia – Truffa cd. ves- satoria. F Cass. pen., sez. II, 1 settembre 2020,

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zione in tal senso – Esclusione – Indicazione in fatto delle modalità della condotta – Sufficien- za – Fattispecie relativa a condotta minacciosa consistita nell’incendio di autovetture. F Cass.

pen., sez. II, 18 giugno 2020, n. 18566 (c.c. 10 aprile 2020), A. F., m., pag. 297

Falsità in sigilli o strumenti o segni di autenticazione, certificazione o riconoscimento

Introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi – Uso di marchi contraffatti – At- tività di mero trasporto. F Cass. pen., sez. V, 3 settembre 2020, n. 25036 (ud. 15 luglio 2020), S.

E. A., m., pag. 298

Falsità personale

Possesso di carta d’identità contraffatta – Clauso- la di validità per l’espatrio – Necessità. F Cass.

pen., sez. V, 7 settembre 2020, n. 25218 (ud. 13 luglio 2020), G. P., m., pag. 298

Sostituzione di persona – Creazione ed uso di una

“sim-card" con dati anagrafici di altra persona – Configurabilità. F Cass. pen., sez. V, 7 settem- bre 2020, n. 25215 (ud. 13 luglio 2020), V. V., m., pag. 298

Sostituzione di persona – Elemento oggettivo – Attribuzione di un nome di fantasia – Per na- scondere le proprie origini “sinti” – Al fine di ottenere vantaggi economici – Configurabilità.

F Cass. pen., sez. V, 11 febbraio 2021, n. 5432 (ud. 18 dicembre 2020), C.L., pag. 264 Sostituzione di persona – Servizio di home ban-

king – Indebita introduzione. F Cass. pen., sez.

II, 11 agosto 2020, n. 23760 (ud. 2 luglio 2020), M. G., m., pag. 298

Favoreggiamento

Personale – Elemento oggettivo – Sviamento delle investigazioni in corso. F Cass. pen., sez. VI, 12 giugno 2020, n. 18125 (ud. 22 ottobre 2019), B.

C., m., pag. 298

Fonti del diritto

Legge penale – Territorialità – Reato commesso all’estero – Reato di surrogazione di maternità ex art. 12, comma 6, L. n. 40/2004 – Condizioni.

F Cass. pen., sez. III, 10 febbraio 2021, n. 5198 (ud. 28 ottobre 2020), P.M. in proc. S.A ed altra, pag. 265

Furto

Aggravanti – Violenza sulle cose – Sezionamento di albero già abbattuto – Esclusione. F Cass.

pen., sez. V, 1 febbraio 2021, n. 3788 (ud. 16 di- cembre 2020), P.A.S., pag. 278

Punibile a querela – Spigolamento, rastrellamen- to, raspollamento – Criteri distintivi. F Cass.

pen., sez. fer., 5 ottobre 2020, n. 27537 (ud. 2 settembre 2020), M. C., m., pag. 298

Getto pericoloso di cose

Emissione di gas, vapori e fumi – Emissioni in atmosfera di polveri moleste – Ipotesi di reato di cui all’art. 674, comma 1, c.p. – Emissione consentita dalla legge – Giustificabilità della condotta – In tutti i casi di attività industriali re- golamentate ed autorizzate – Applicabilità gene- rale – Esclusione. F Cass. pen., sez. II, 5 febbraio 2021, n. 4633 (ud. 1 ottobre 2020), Prov. Brindisi ed altri, pag. 271

Emissione di gas, vapori e fumi – Reato di cui all’art.

Giuoco e scommessa

Lotto e lotterie – Eserczio abusivo dell’attività di pubblica scommessa su giochi di abilità – Esi- stenza di una struttura organizzativa. F Cass.

pen., sez. fer., 21 settembre 2020, n. 26321 (ud.

2 settembre 2020), A. G., m., pag. 298

Ingiuria e diffamazione

Ingiuria – Concorso con il reato di diffamazione – Scritto offensivo inviato contemporaneamente alla persona offesa e ad altri soggetti – Sussi- stenza. F Cass. pen., sez. V, 8 febbraio 2021, n.

4943 (ud. 20 gennaio 2021), P.B., pag. 270

Lesioni personali

Aggravanti – Fatto commesso per eseguire il de- litto di rapina – Aggravante teleologica. F Cass.

pen., sez. II, 23 luglio 2020, n. 22081 (ud. 3 luglio 2020), Q. T., m., pag. 298

Volontarie – Aggravanti – Sfregio permanente. F Cass. pen., sez. V, 5 ottobre 2020, n. 27564 (ud.

21 settembre 2020), P. A., m., pag. 298

Millantato credito

Delitto di traffico di influenze – Distinzione dalle fattispecie di corruzione – Destinazione del prez- zo al solo mediatore. F Cass. pen., sez. VI, 12 giugno 2020, n. 18125 (ud. 22 ottobre 2019), B.

C., m., pag. 298

Pena

Estinzione (Cause di) – Prescrizione – Pena pe- cuniaria F Cass. pen., sez. I, 24 luglio 2020, n.

22312 (c.c. 8 luglio 2020), V. F., m., pag. 299 Estinzione (Cause di) – Prescrizione – Pene inflitte

in relazione a più reati. F Cass. pen., sez. I, 15 settembre 2020, n. 26028 (c.c. 14 luglio 2020), S. P., m., pag. 299

Sospensione condizionale – Reiterazione del be- neficio – Precedenti condanne a pena sospesa per fatti non più costituenti reato. F Cass. pen., sez. I, 24 luglio 2020, n. 22277 (ud. 2 luglio 2020), F. M., m., pag. 299

Sospensione condizionale – Subordinazione del beneficio – Difetto di costituzione della parte civile. F Cass. pen., sez. II, 12 agosto 2020, n.

23917 (ud. 15 luglio 2020), M. A., m., pag. 299 Sospensione condizionale – Subordinazione del

beneficio – Provvisionale. F Cass. pen., sez. I, 10 agosto 2020, n. 23742 (c.c. 8 luglio 2020), PMT C/ P. G., m., pag. 299

Prova penale

Intercettazioni di conversazioni o comunicazioni – Provvedimento di autorizzazione – Proroga. F Cass. pen., sez. V, 27 luglio 2020, n. 22524 (c.c. 1 luglio 2020), B. M., m., pag. 299

Rapina

Elemento oggettivo – Minaccia – Truffa aggrava- ta dal timore di pericolo immaginario. F Cass.

pen., sez. II, 28 luglio 2020, n. 22756 (ud. 3 luglio 2020), D. A., m., pag. 299

Elemento oggettivo – Violenza alla persona – Co- stringimento fisico – Necessità – Esclusione – Coartazione della libertà fisica o psichica del soggetto passivo – Sufficienza – Fattispecie in tema di sottrazione di veicolo. F Cass. pen., sez.

II, 12 agosto 2020, n. 23888 (ud. 6 luglio 2020), C. M., m., pag. 299

Rapina impropria – Aggravante dell’art. 628,

Rapporti giurisdizionali con autorità straniere in ma- teria penale

Estradizione – Custodia cautelare presofferta in attesa della consegna – Computo ai fini della pena. F Cass. pen., sez. VI, 23 luglio 2020, n.

22257 (c.c. 18 giugno 2020), B. B., m., pag. 300

Reati fallimentari

Reati di persone diverse dal fallito – Presentazione di una domanda di ammissione al passivo di un credito fraudolentemente simulato – Concorso apparente di norme. F Cass. pen., sez. V, 10 set- tembre 2020, n. 25836 (c.c. 22 luglio 2020), M.

F., m., pag. 300

Ricorso abusivo al credito – Declaratoria di falli- mento – Conseguenze in tema di prescrizione del reato. F Cass. pen., sez. V, 7 settembre 2020, n. 25224 (ud. 14 luglio 2020), G. B., m., pag. 300

Reato

Causalità (Rapporto di) – Reati colposi omissivi impropri – Interruzione del nesso causale. F

Cass. pen., sez. IV, 28 luglio 2020, n. 22691 (ud.

25 febbraio 2020), R. B., m., pag. 300 Estinzione (Cause di) – Messa alla prova – Modi-

fica del programma di trattamento da parte del giudice – Senza il consenso dell’imputato – In difformità dell’art. 464 quater, comma 4 c.p.p.

– Violazione del diritto di difesa – Conseguen- ze – Nullità a regime intermedio – Fattispecie di annullamento senza rinvio dell’ordinanza di sospensione del procedimento con messa alla prova, nella parte in cui prescriveva all’imputato di non allontanarsi e di intraprendere un “per- corso di mediazione con la persona offesa”. F

Cass. pen., sez. IV, 1 ottobre 2020, n. 27249 (c.c.

15 settembre 2020), P. L., m., pag. 300 Estinzione (Cause di) – Prescrizione – Emergenza

epidemiologica da Covid-19 – Art. 83, comma 3-bis, D.L. n. 18/2020, conv. in L. n. 27/2020 – Operatività – Procedimenti pendenti dinanzi alla S.C. e che siano pervenuti alla cancelleria della stessa nel periodo dal 9 marzo al 30 giugno 2020. F Cass. pen., sez. un., 10 febbraio 2021, n. 5292 (ud. 26 novembre 2020), S.P., pag. 245 Estinzione (Cause di) – Prescrizione – Pandemia da

Covid-19. F Cass. pen., sez. V, 11 settembre 2020, n. 25944 (ud. 9 luglio 2020), P. A., m., pag. 300 Reato continuato – Continuazione tra il reato di

partecipazione ad associazione mafiosa e reati fine – Condizioni. F Cass. pen., sez. I, 11 agosto 2020, n. 23818 (c.c. 22 giugno 2020), T. F., m., pag. 300

Revisione

Casi – Inconciliabilità tra giudicati – Fattispecie associativa. F Cass. pen., sez. II, 15 giugno 2020, n. 18209 (c.c. 26 febbraio 2020), P. E., m., pag. 300

Riciclaggio

Elemento oggettivo – Trasferimento del bene in luogo in cui è difficile individuarne la provenien- za delittuosa – Configurabilità del reato – Fat- tispecie relativa al trasporto di un’autovettura, provento del delitto di appropriazione indebita, dall’Italia alla Tunisia. F Cass. pen., sez. II, 11 agosto 2020, n. 23774 (ud. 13 luglio 2020), A.

F., m., pag. 301

Estremi – Reato presupposto commesso all’estero

(4)

Rivelazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio

Elemento oggettivo – Esclusione – Condizioni. F

Cass. pen., sez. VI, 12 giugno 2020, n. 18125 (ud.

22 ottobre 2019), B. C., m., pag. 301

Sicurezza pubblica

Stranieri – Espulsione – Susssitenza di legami familiari con cittadino dell’Unione europea re- golarmente soggiornante in Italia. F Cass. pen., sez. I, 30 luglio 2020, n. 23399 (c.c. 14 luglio 2020), P.I., m., pag. 301

Società

Reati societari – Trasferimento fraudolento di valo- ri – Nomina fittizia di amministratore di società.

F Cass. pen., sez. II, 16 settembre 2020, n. 26099 (ud. 16 luglio 2020), D. D., m., pag. 301

Stupefacenti

Associazione per delinquere per spaccio di stu- pefacenti – Aggravante della partecipazione di persone dedite all’uso di stupefacenti – Condi- zioni – Un solo partecipante dedito all’uso di tali sostanze – Sufficienza. F Cass. pen., sez. IV, 5 febbraio 2021, n. 4487 (ud. 24 novembre 2020), L.L., pag. 274

Attenuanti – Attenuante del lucro e dell’evento di speciale tenuità – Concorso con la fattispecie di lie- ve entità. F Cass. pen., sez. un., 2 settembre 2020, n. 24990 (ud. 30 gennaio 2020), D. K., m., pag. 301 Attenuanti – Lieve entità del fatto – Parametri

di riferimento – Individuazione. F Cass. pen., sez. VI, 3 febbraio 2021, n. 4280 (ud. 8 gennaio 2021), R.M., pag. 275

Attività illecite in genere – Sentenza della Corte costituzionale n. 40/2019 – Effetti. F Cass. pen., sez. I, 5 agosto 2020, n. 23588 (c.c. 9 luglio 2020), PMT C/ C. D. S., m., pag. 301

Tributi e finanze (in materia penale)

Reati di contrabbando – Tabacchi lavorati esteri – Depenalizzazione ex D.L.vo n. 8/2016 – Ipotesi

aggravata da recidiva nel contrabbando – Auto- noma figura di reato – Sussistenza. F Cass. pen., sez. III, 2 febbraio 2021, n. 4000 (c.c. 5 novembre 2020), L.M.V., pag. 277

Reati finanziari in genere – Confisca dei beni co- stituenti profitto o prezzo del reato – Definizione agevolata delle controversie (c.d. "pace fiscale").

F Cass. pen., sez. III, 13 maggio 2020, n. 14738 (c.c. 12 dicembre 2019), M. B., m., pag. 301

Truffa

Elemento oggettivo – Acquisizione del profitto mediante accreditamento su carta postpay dell’agente – Tempo e luogo di consumazione del reato. F Cass. pen., sez. II, 11 agosto 2020, n. 23781 (ud. 17 luglio 2020), O. F., m., pag. 302 Elemento oggettivo – Artifici o raggiri – Trattamen-

ti terapeutici a pagamento privi di validità scien- tifica – Somministrazione a persone in stato di particolare debolezza psicologica a causa delle patologie da cui sono affette – Convinzione, da parte degli agenti, dell’efficacia dei suddetti trattamenti – Rilevanza ai fini dell’esclusione del dolo – Insussistenza. F Cass. pen., sez. II, 9 febbraio 2021, n. 5053 (c.c. 17 novembre 2020), C.C. ed altro, pag. 268

Truffa contrattuale – Reiterati acquisti regolarmente pagati e successivo acquisto non pagato – Raggiro.

F Cass. pen., sez. II, 13 agosto 2020, n. 23940 (ud.

15 luglio 2020), R. G. P., m., pag. 302

Turbata libertà degli incanti

Turbativa – Rinuncia a partecipare previo accor- do collusivo – Configurabilità del reato. F Cass.

pen., sez. VI, 12 giugno 2020, n. 18125 (ud. 22 ottobre 2019), B. C., m., pag. 302

Usura

Momento consumativo del reato – Reato a duplice schema – Individuazione. F Cass. pen., sez. II, 12 agosto 2020, n. 23919 (ud. 15 luglio 2020), B.

G., m., pag. 302

Momento consumativo del reato – Stato di biso- gno – Determinato da debiti di gioco d’azzardo.

F Cass. pen., sez. II, 12 agosto 2020, n. 23880 (ud. 6 luglio 2020), D. M., m., pag. 302

Violazione degli obblighi di assistenza familiare

Omessa prestazione dei mezzi di sussistenza – As- segno di mantenimento – Recupero forzoso dei crediti da parte dell’avente diritto. F Cass. pen., sez. VI, 9 ottobre 2020, n. 28215 (ud. 25 settem- bre 2020), V., m., pag. 302

Violazione di domicilio

Accesso abusivo ad un sistema informatico o tele- matico – Ipotesi aggravata – Sovrapponibilità. F

Cass. pen., sez. V, 11 settembre 2020, n. 25944 (ud. 9 luglio 2020), P. A., m., pag. 302

Violenza sessuale

Elemento oggettivo – Abuso di autorità – Posizio- ne di supremazia derivante da autorità anche privata. F Cass. pen., sez. un., 1 ottobre 2020, n. 27326 (ud. 16 luglio 2020), C., m., pag. 302 Violenza sessuale di gruppo – Abuso sessuale

commesso da terzi – Presenza del genitore della vittima. F Cass. pen., sez. IV, 25 giugno 2020, n.

19215 (ud. 6 novembre 2019), F., m., pag. 302

LEGISLAZIONE E DOCUMENTAZIONE

D.M. (Min. Giust.) 23 luglio 2020. Adeguamento dei limiti di reddito per l’ammissione al patroci- nio a spese dello Stato, pag. 303

D.L.vo 2 febbraio 2021, n. 10. Disposizioni per il compiuto adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della decisione quadro 2002/584/

GAI, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra stati membri, in attua- zione delle delega di cui all’articolo 6 della legge 4 ottobre 2019, n. 117, pag. 303

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Dottrina Dottrina

L’ART. 25-SEPTIES

DEL D.L.VO N. 231/2001 E IL COMPLESSO RAPPORTO CON IL DIRITTO PENALE DEL LAVORO (*)

di Cristian Finotti

SOMMARIO

1. Premessa. 2. Criteri d’ascrizione del Decreto e fattispecie colpose d’evento: “Le relazioni pericolose”; 2.1) Art. 5 del De- creto – una genesi (interpretativa) tormentata. 2.2) La “col- pa d’organizzazione” quale “correttivo” dei criteri oggettivi d’ascrizione per i reati colposi d’evento. 2.3) Modello “231”

e M.O.G. ex art. 30 T.U.S. – una compenetrazione funzionale.

3. L’“elusione fraudolenta” del Modello e il “comportamento abnorme” del lavoratore: esimenti realistiche o utopiche aspi- razioni d’innocenza?. 4. “Sistema 231” e tutela della sicurez- za nei luoghi di lavoro: una storia tutta da scrivere.

1. Premessa

Sin dalla sua introduzione nel sistema italiano, il para- digma di responsabilità della societas (1) ha suscitato for- ti resistenze in chi riteneva detta struttura del tutto avul- sa dall’esperienza giuridica nazionale, supportato dalla diversità ontologica tra l’essere umano e il nuovo soggetto giuridico, nonché dall’esistenza di un positivo ostacolo er- meneutico rappresentato dai principi sanciti, ad esempio, agli articoli 25 e 27 della Costituzione.

La difficile “assimilazione” della nuova disciplina si acuiva nel 2007 a seguito dell’introduzione tra i reati pre- supposto, di fattispecie di natura colposa quali l’omicidio e le lesioni colpose in violazione delle norme antinfortuni- stiche, allora dettate in via predominante dal D.L.vo n. 626 del 19 settembre 1994.

Nonostante l’art. 25-septies si riferisse solamente all’omicidio ed alle lesioni gravi e gravissime realizzate- si in violazione delle norme prevenzionistiche omettendo ogni riferimento alle altre fattispecie “tipiche” del diritto penale del lavoro (2), apparve chiaro che le due discipline fossero in qualche modo connesse, dato che la medesima legge del 2007 prevedeva all’articolo 1, il riordino della materia relativa alla tutela dei luoghi di lavoro, che avreb-

be condotto all’emanazione del D.L.vo n. 81 del 4 aprile 2008 (T.U.S.).

Diveniva, perciò, di basilare momento impedire l’in- serimento surrettizio nel nostro sistema di un’ipotesi di responsabilità penale oggettiva o per fatto altrui.

D’altronde la novella rischiava di condurre al supera- mento non più e non soltanto del brocardo “societas delin- quere non potest” ma altresì dei canoni secondo cui “nul- lum crimen sine culpa” e “nulla poena sine culpa”.

Era, inoltre, necessario legittimare la sanzionabilità di un soggetto a cui non può riferirsi alcuna capacità di “re- denzione”, caratteristica della funzione rieducativa della pena.

Dottrina e giurisprudenza si sono, allora, avvicendate nell’elaborazione di - ardite - teorie nel tentativo di forni- re un’adeguata collocazione dogmatica alla “colpevolezza”

dell’ente, optando per una colpa autonoma e normativa, slegata dall’agire umano in quanto tale ma che lega la rim- proverabilità dell’ente ad un atteggiamento contra legem ovvero all’incapacità di organizzarsi adeguatamente per il rispetto degli obblighi prescritti, nello specifico, dalla normativa antinfortunistica.

Una colpa d’organizzazione espressione della politica d’impresa incapace di adottare idonei sistemi di gestione e di contrasto al verificarsi di eventi (e condotte) antigiu- ridiche.

Una siffatta presa di coscienza non è stata però indo- lore e rimane tuttora protagonista di stimolanti riflessioni ma altresì di rimandi ed interazioni con la disciplina det- tata per la tutela dei luoghi di lavoro.

2. Criteri d’ascrizione del Decreto e fattispecie colpose d’evento: “Le relazioni pericolose”

Pur trovandosi in entrambi i casi al cospetto di norme penali “speciali”, la posizione di garanzia penalmente ri- levante del datore di lavoro in carne ed ossa si può rin- venire dal combinato disposto di molteplici criteri sanciti dall’ordinamento italiano, a partire dalla “Grundnorm”

costituzionale (3).

Al contrario, stante l’assenza nel sistema di una cultu- ra relativa alla responsabilità dell’impresa, i criteri d’im- putazione della colpa dell’ente si ricavano integralmente disposti dalla norma fondativa ovvero dal Decreto agli ar- ticoli 5, 6, 7, 8 e 12.

Con l’introduzione delle fattispecie colpose di cui all’ar- ticolo. 25-septies, la costruzione dogmatica dell’imputabi- lità dell’ente ha mostrato immediatamente punti di arduo

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coordinamento tra i criteri ascrittivi contenuti nella norma del 2001 ed il diritto penale delle persone fisiche (4).

2.1. Art. 5 del Decreto – una genesi (interpretativa) tormen- tata

Ai sensi dell’art. 5 la responsabilità dell’ente si radica laddove si verifichi uno dei reati-presupposto elencati e che il fatto giuridico risulti:

a. Riferibile ad un soggetto che si colloca nelle posizio- ni apicali della societas ovvero sottoposto al controllo ed alla vigilanza della stessa;

b. sia stato commesso nell’interesse od a vantaggio del- l’ente.

Mentre l’individuazione dei soggetti agenti a cui si rife- risce la norma richiamata parve risultare di moderata fa- cilità, data l’applicabilità anche al Decreto del cosiddetto principio d’effettività (5), meno agevole risultò la defini- zione dei concetti di “interesse” e “vantaggio”.

In tal senso si sono susseguite in dottrina, molteplici te- orie di caratterizzazione dei due criteri d’ascrizione, tutte con il dichiarato intento di fornire un’interpretazione tale da risultare compatibile con i reati colposi in genere, e spe- cificatamente, con i reati di cui all’articolo 25-septies (6).

In dottrina ha trovato maggior condivisione la teoria che collega l’interesse od il vantaggio non più all’evento

“morte” o “lesione” bensì alla condotta, che, nel caso dei reati de quibus, si riferisce alla violazione dei precetti cau- telari in materia prevenzionistica.

Per una plausibile congiunzione tra l’articolo 5 del De- creto e le fattispecie introdotte nel 2007, sembrò corretto fare leva su di un’interpretazione puramente oggettiva della norma, ponendo l’accento sull’analisi della condotta dell’agente considerata idoneo elemento mediante il qua- le rinvenire un beneficio in favore dell’ente (7).

Invero la rilettura dei criteri come sopra indicata po- teva estrapolarsi già dai progetti Grosso e Greco ove si manifestava la volontà di riscrivere l’art. 5 mediante la riferibilità espressa dell’interesse e del vantaggio all’atti- vità dell’ente (8) (i.e. Progetto Grosso - 2001) ovvero alla condotta dello stesso (9) (cfr. Greco - 2007).

I criteri di interesse e vantaggio divengono così la chia- ve di volta per l’affermazione della possibile convivenza tra l’involontarietà dell’evento ed il finalismo della condot- ta (10).

Tale ricostruzione appariva rispondente all’esigenza di conservazione della norma (11), rimanendo aderente all’originale “intentionem legislatoris”.

D’altronde quest’ultimo, in più occasioni aveva dimo- strato di voler estendere la punibilità dell’ente anche ai reati colposi senza intervenire sulla parte generale del Decreto, volontà ulteriormente confermata nel 2011 con le nuove ipotesi di reati di cui all’art. 25-undecies (i reati ambientali).

La conformità con il dettato dell’art. 25 Cost. pare po- tersi evincere – secondo la richiamata teoria – dal fatto che l’art. 5 si limiterebbe ad individuare il nesso d’impu-

tabilità del reato alla societas mentre, la personalità del reato risulterebbe fondata dai criteri soggetti di cui agli articoli 6 e 7 del Decreto, con lo strumento della cd. “colpa d’organizzazione” di cui si parlerà in seguito.

La sin qui menzionata teoria non è stata l’unica ela- borata dalla dottrina in relazione ai criteri d’imputazio- ne dell’interesse e del vantaggio (12) ma è risultata poi esente da critiche e addirittura finivano per trasformare i due criteri d’ascrizione in qualcosa di diverso ed ulteriore rispetto alla lettera della norma.

D’altro canto, l’assecondare coloro che sostengono l’i- neluttabile incompatibilità dell’art. 5 con i reati colposi costituirebbe all’evidenza una “interpretatio abrogans”, difforme dalla summenzionata volontà dal Legislatore.

La giurisprudenza si è mostrata ossequiosa – non sen- za varie ed eterogenee opzioni argomentative – della te- oria che ricollega “interesse” e “vantaggio” alla condotta del soggetto agente e non all’evento, donando agli stessi un connotato oggettivo-funzionale (13) apparentemente compatibile con la natura colposa delle nuove fattispecie illecite.

Si giunge, così, ad un’attenta rilettura delle nozioni di

“interesse e “vantaggio” salvaguardando l’applicabilità del- la norma mediante una riduzione finalistica delle ridette nozioni, riconducibile più ad un’ipotesi d’interpretazione estensiva che non a quella della temuta analogia in malam partem.

Proprio l’esigenza di evitare una sistematica sovrappo- sizione fra responsabilità della persona fisica che svolge funzioni apicali e responsabilità dell’ente, ha indotto a concepire la responsabilità del soggetto pluripersonale come fenomeno autonomo con conseguente possibilità di pervenire ad una condanna di entrambi i soggetti (fisico e giuridico), di uno dei due o di nessuno dei due, evitando ingiustificati automatismi repressivi che finirebbero per negare in radice il faticoso sforzo di elaborazione di ade- guati criteri di imputazione (14).

La persona giuridica viene, pertanto, chiamata “per- sonalmente” a rispondere ogni qual volta la sua organiz- zazione e la sua struttura abbiano permesso e/o facilitato la commissione del fatto, non come semplice nesso per- tinenziale con l’attività dell’ente, ma quale deficit gestio- nale – di quest’ultimo – dovuto a negligenza, imperizia, disattenzione o, per l’appunto, ad una violazione di una regola cautelare disposta dalla legge (i.e. norma antin- fortunistica) commesso nell’interesse o a vantaggio della persona giuridica.

Così la “colpa d’organizzazione”, espressione coniata da Tiedemann nel 1988, assurge a caposaldo dell’imputabilità dell’ente con riferimento ai reati colposi con conseguente attenuazione, in termini d’importanza dei criteri dell’art. 5.

2.2. La “colpa d’organizzazione” quale “correttivo” dei cri- teri oggettivi d’ascrizione per i reati colposi d’evento

Per sopperire al perseverare dei dubbi argomentativi sui criteri oggettivi dell’interesse e del vantaggio, il punto

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focale del meccanismo d’imputazione si sposta sull’orga- nizzazione e nello specifico sui modelli organizzativi di cui all’art. 6 del Decreto; non saranno imputabili quelle condotte che non s’innestano in un difetto gestionale o di controllo ma che attengono meramente allo svolgimento dell’attività d’impresa, dominata o dominabile dal datore di lavoro.

Solo in tal guisa pare immaginabile la costruzione di una colpevolezza primigenia ed autentica della societas, in armonia con il diritto penale e con i principi costituzio- nali ad esso correlati.

La nozione di colpa d’organizzazione ritrae una catego- ria di colpevolezza di prospettiva squisitamente socio-nor- mativa ed autosufficiente che viene ricondotta all’ente in forza di un deficit nella compliance riferibile allo stesso.

La riprovevolezza dell’ente deriva così dal riconosci- mento di un potere e di una competenza sul proprio am- bito organizzativo, comparabile - con un’ardita analogia - alla capacità di agire della persona fisica/datore di lavoro.

La societas, in quanto in possesso degli strumenti neces- sari, può prendere decisioni con lo scopo di assorbire e pre- venire i rischi a cui si ritiene esposta nello svolgimento del- l’attività, ivi comprendendosi il rischio-reato; si riconosce, quindi, un vero e proprio potere-dovere di auto-normazione.

Con riferimento all’articolo 25-septies, l’ente diviene

“datore di lavoro” ed assume una propria posizione di ga- ranzia giuridicamente rilevante avente ad oggetto l’obbli- go di conformarsi alle regole sociali e normative ovvero a quell’insieme di regole cautelari ragionevolmente esigibili per la tutela dagli infortuni mortali o gravemente lesivi della salute.

L’inidoneità o l’insufficienza nell’attuazione del potere di organizzazione ovvero la scelta deliberata di una poli- tica d’impresa “disorganizzata”, rappresentano, appunto, l’atteggiamento censurabile della persona giuridica ai sensi del sistema ascrittivo costruito dal Decreto.

Viceversa, ove il reato venga commesso al di fuori della ragionevole sfera di controllo e vigilanza, la persona giuri- dica potrà essere dichiarata esente da colpe (15).

A questo punto, per scongiurare di introdurre una re- sponsabilità oggettiva, il Decreto sottolinea la rilevanza dell’adozione di un idoneo modello organizzativo non solo per il “potere curativo” e d’inversione dell’“onus probandi”

riconosciutigli dall’art. 6, ma, più in generale, quale sined- doche del criterio d’ascrizione soggettivo della responsa- bilità dell’ente.

Proprio come la valutazione del rischio prescritta al datore di lavoro dal T.U.S., la concreta ed efficace adozio- ne di un modello organizzativo di prevenzione correlato ad un idoneo organismo di controllo, diviene lo strumento imprescindibile per il riconoscimento della sussistenza di un diaframma tra ente e persona fisica atto a dissociare la colpa del primo dalla condotta del secondo.

2.3. Modello “231” e M.O.G. ex art. 30 T.U.S. – una compene- trazione funzionale

Proprio come per l’obbligo di valutare i rischi richiesto da entrambe le discipline in esame, i modelli descritti dal Decreto all’art. 6 e dal T.U.S. all’art. 30, (16) rappresenta- no un ulteriore trait d’union tra la normativa del 2001 ed il diritto penale del lavoro.

Come dedotto nel paragrafo che precede, nel caso in cui si verifichi uno degli illeciti previsti dall’art. 25-septies, l’adozione di un modello organizzativo e la sua efficace at- tuazione, nonché la previsione di un organo di vigilanza sul funzionamento dello stesso, può determinare l’esenzio- ne da responsabilità dell’ente.

Si parla di una esimente a tutto tondo, i cui effetti si estendono ben al di là del naturale campo di applicazione della responsabilità amministrativa da reato; l’efficacia esimente, infatti, coinvolge non solo la responsabilità col- lettiva dell’ente e la colpa di organizzazione, ma anche la responsabilità individuale del datore di lavoro (sub specie della “culpa in vigilando”).

Quasi specularmente, l’art. 30 del T.U.S. emenda il da- tore di lavoro – inteso stavolta nella sua sola veste umana - da colpe ove sia adottato ed efficacemente attuato “… il modello di organizzazione e gestione idonea ad avere effi- cacia esimente della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche … omissis … di cui al decreto legi- slativo 8 giugno 2001 n. 231 …”.

Il confronto tra i due modelli appare, dunque, piuttosto rilevante in quanto, ove sovrapponibili, risulterebbero en- trambi astrattamente capaci di esentare il datore di lavoro da qualsivoglia responsabilità.

La lettera del primo comma dell’articolo 30 sembra suggerire un semplice rimando al modello “231” (d’ora in poi Modello).

Pur sussistendo innegabilmente una sovrapposizione contenutistica, quantomeno parziale, si ritiene che non vi sia alcuna identità tra i due modelli, né una qualsivoglia equipollenza mantenendo gli stessi una loro autonomia e indipendenza.

Invero, una perfetta corrispondenza dei sistemi mal si concilierebbe, ad esempio, con la previsione nel T.U.S. di modelli semplificati adottabili da realtà imprenditoriali più piccole, possibilità neppure contemplata nel Decreto, che, da un lato non tollera distinzioni nella costruzione del Modello e dall’altro si applicherebbe integralmente - secondo la recente giurisprudenza - anche alle imprese unipersonali (17).

Inoltre, i due modelli soddisfano tensioni finalistiche differenti seppur compenetranti e funzionali; il M.O.G.

aspira alla prevenzione e/o alla gestione delle sole viola- zioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro con riferimento alle condotte umane, in conformità degli obblighi prescritti.

Il Modello, dal canto suo, è orientato alla mappatura ed alla prevenzione di tutti i reati-presupposto ovvero al

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controllo sul sistema operativo dell’ente, per garantirne la perenne verifica e l’effettiva attuazione.

In sintesi, l’uno tende a contrastare il generico rischio (reato) che si realizzi lo specifico rischio antinfortunistico (18) previsto e gestito nell’altro.

Si potrebbe, pertanto, considerare il M.O.G. quale spe- cificazione dei contenuti della parte di Modello realizzata e finalizzata alla prevenzione degli illeciti ex art. 25-septies.

Così, con la medesima pronuncia del 12 gennaio 2010 con la quale legittimava la riferibilità dei criteri ascritti- vi oggettivi alla condotta, il Tribunale di Trani, Sezione di Molfetta, già stabiliva che: “… il sistema introdotto dal D.L.vo n. 231 del 2001 impone alle imprese di adottare un modello organizzativo diverso e ulteriore rispetto a quello previsto dalla normativa antinfortunistica, onde evitare in tal modo la responsabilità amministrativa.”.

Entrambi i modelli pretendono una specifica idoneità preventiva, un’efficace attuazione nonché la previsione di adeguati organi di controllo atti a verificarne la funziona- lità e l’implementazione.

Il tal senso, nell’arresto della IV Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione, 9 dicembre 2019, n. 46356, si afferma che: “… In tema di responsabilità degli enti derivante da reati colposi di evento in violazione della normativa antinfortunistica compete al giudice di merito, investito da specifica deduzione, accertare preliminarmen- te l’esistenza di un modello organizzativo e di gestione del D.L.vo n. 231 del 2001, ex art. 6; poi, nell’evenienza che il modello esista, che lo stesso sia conforme alle norme; infi- ne, che esso sia stato efficacemente attuato o meno nell’ot- tica prevenzionale, prima della commissione del fatto”.

Pur non sussistendone un’ipotesi standardizzata (19), la verificazione dell’idoneità del Modello è demandata ad una prognosi postuma, condotta nel merito e volta a rile- vare il sincronismo di tutte le condizioni di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) che il comma 2 dell’art. 6 prescrive per il governo di ogni possibile squilibrio interno.

Allo stesso modo si dovrà constatare che, pur rinvenen- dosi i requisiti oggettivi dell’interesse e del vantaggio, il Modello – unitamente ai meccanismi di controllo ivi pre- scritti – non sia stato eluso fraudolentemente.

Simmetricamente, il M.O.G. dovrà essere oggetto di analisi controfattuale al fine di controllarne l’effettiva rispondenza alle norme tecniche Uni-Inail o BS OHSAS 18001:2001, od altre a ed esse equipollenti.

Per la verifica della concreta attuazione, ambedue i sistemi di gestione pretendono l’istituzione di organi di controllo e vigilanza, di cui sia garantita l’indipendenza.

Si badi bene che il ruolo dell’organo di vigilanza non riguarda il controllo dell’agire del singolo partecipante dell’impresa bensì la corretta applicazione del Modello – e dei protocolli in esso versati - da parte di questi (20).

Ciò nonostante il loro corretto funzionamento risulta qualificante l’efficacia fattuale tanto del Modello quanto del M.O.G. cui si riferiscono.

In conclusione sono proprio i modelli, o meglio la loro funzione liberatoria, a fungere da elemento equilibratore tra le discipline dettate da Decreto e T.U.S.

Ciò che conta è l’idoneità e l’efficacia degli stessi a prescindere dalla natura colposa o dolosa del reato ovvero dalla qualità del soggetto agente (persona fisica o meno, vertice aziendale o sottoposto).

3. L’“elusione fraudolenta” del Modello e il “comporta- mento abnorme” del lavoratore: esimenti realistiche o utopiche aspirazioni d’innocenza?

Con riferimento alla colpa d’organizzazione nei reati di cui all’articolo 25-septies, l’indagine circa l’idoneità del Modello non può prescindere dalla capacità dello stesso di prevenire anche quelle condotte, certamente imperite o neglette, ma che non si traducono in fattispecie “estreme”

quali l’elusione fraudolenta o, addirittura, in comporta- menti cosiddetti abnormi.

Entrambe le locuzioni testé citate attengono all’agire della persona fisica e si collocano quali circostanze inter- ruttive del nesso di colpa tra il datore di lavoro (essere vivente ed entità normativa complessa) e l’evento infor- tunistico occorso.

L’elusione fraudolenta prevista alla lettera c) dell’art.

6 comma 1 del Decreto si manifesta come: “… inopinata e del tutto personale estraneazione da un’osservante po- litica d’impresa ravvisabile nella condotta della persona fisica” (21).

Trattasi, quindi, di un comportamento criminoso, tra- sgressivo ed indomabile del singolo.

Come accaduto per i criteri d’ascrizione ex articolo 5, fra le diverse interpretazioni riferibili alla circostanza in esame, si è più volte preferita quella che vi attribuisce una connotazione oggettiva, contrassegnando l’atteggiamento dell’agente del carattere di eccezionalità e/o particolare scaltrezza (22).

Argomentando dal vocabolo “frode” e dal significato conferitogli dal diritto penale sostanziale, l’elusione deve reputarsi “fraudolenta” se consistente in una condotta in- gannevole, falsificatrice, obliqua, subdola (23).

Purtroppo, tale valorizzazione semantica renderebbe la fattispecie faticosamente conciliabile con i reati colposi.

In tal senso per garantire un qualche margine appli- cativo alla previsione normativa, il requisito dell’elusione fraudolenta del Modello dovrà essere attribuito alla sola condotta inosservante della regola cautelare.

Ciò avviene, però, esclusivamente qualora l’agente ver- si in un’ipotesi di cosiddetta colpa cosciente, ossia qualora egli, pur prevedendo il possibile verificarsi dell’evento dannoso, non ne accetti le conseguenze, confidando che l’evento non si realizzerà.

In tutti gli altri casi, l’argomentazione appena spesa appare francamente indifendibile.

Così parte della dottrina ha proposta, addirittura, la di- sapplicazione della circostanza dell’elusione fraudolenta per questa categoria di illeciti (24).

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Ingannare il Modello implicherebbe, secondo il suin- dicato orientamento, un dolo elusivo nella condotta omis- siva incompatibile col reato (di evento) non intenzionale (25).

Si elabora, così, una “terza via” ermeneutica per la quale la frode atterrà unicamente al carattere occulto ed inatteso dell’agire del singolo, con un vago riferimento al principio di affidamento diffuso in ambito amministrativo ma che mai era stato ricondotto alla disciplina afferente alla responsabilità dell’ente.

Anche tale ricostruzione, tuttavia, non convince ap- pieno in quanto risulta obiettivamente complesso che ci si limiti a focalizzare l’indagine relativa all’accertamento della responsabilità alla commissione di comportamenti occulti più che sulla verifica dell’efficienza e dell’efficacia delle misure preventive e di controllo approntate dal si- stema, o sulla loro idoneità a rendere difficilmente prati- cabili condotte elusive.

Inoltre, si rischia di svilire il contenuto della previsione di cui alla lettera c), da un lato considerando attestata l’e- lusione in ogni manifestazione dell’illecito (26) o, dall’al- tro, non considerandola mai documentabile, con l’ascrizio- ne de plano della colpa in capo alla societas.

Palese, quindi, che la configurabilità della circostanza nelle fattispecie di cui all’art. 25-septies appaia onesta- mente rarefatta e problematica.

Considerazioni analoghe sembrano riferibili al cosid- detto “comportamento abnorme”; con tale definizione deve intendersi una condotta imprudente posta in essere dal soggetto agente, del tutto autonomamente ed in un ambito estraneo alle mansioni affidategli, oppure rientranti nelle mansioni che gli sono proprie ma consistente in qualche cosa di radicalmente imprevedibile nella esecuzione del lavoro (27).

Contrariamente a quanto descritto dalla lettera b) del Decreto, già con l’art. 20 del T.U.S. è stato formalmente riconosciuto in capo al lavoratore, un ruolo attivo nel si- stema della sicurezza sul lavoro potendosi oggi ravvisare una responsabilità esclusiva dello stesso in caso di infor- tunio con esclusione ex art. 41 comma 2 c.p. degli addebiti contestati al datore di lavoro (28).

Tuttavia, detto comportamento o si palesa come volon- tario (29) o, seppur imprudente o imperito deve estrinse- carsi in una condotta francamente anomala se non addi- rittura “aberrante”.

Siffatto atteggiamento è compatibile anche ad un’ipo- tesi di colpa cosciente avendo il soggetto scientemente sottovalutato gli effetti del suo agire sconsiderato.

Come detto, la ricognizione del comportamento ab- norme in occasione di un infortunio sul lavoro comporta l’elisione del nesso causale tra l’infortunio e l’omissione cautelare contestata.

Visibile la somiglianza con la descrizione fornita per l’elusione fraudolenta quale condotta occulta ed inaspet-

tata, astrattamente in grado di elidere il nesso tra la colpa dell’ente ed il deficit strutturale.

Alla luce dei tratti comuni è, allora, credibile ricondur- re il comportamento abnorme ad una specifica condotta di elusione del Modello o, al contrario, ad una scriminante sui generis della responsabilità dell’ente, non esplicita- mente prevista dal Decreto?

A parere di chi scrive, nessuna delle due questioni me- riterebbe risposta positiva.

In primo luogo, nel comportamento abnorme, per defini- zione colposo, mancherebbero del tutto gli elementi di frode, caratteristica essenziale della condotta in quanto espressa- mente prevista dalla lettera c) dell’art. 6 del Decreto.

In secundis, non sembra praticabile alcuna sussunzione della richiamata tipologia dell’agire alle fattispecie esimenti espressamente previste dal Decreto, né tra quelle codicisti- che; pur potendo considerare siffatta operazione ermeneuti- ca alla stregua di un’analogia in bonam partem, si rischiereb- be la violazione dei principi di legalità e tassatività.

Forse, si potrebbe azzardare la conciliabilità della con- dotta esorbitante con il perseguimento di un fine esclu- sivamente egoistico dell’agente (o di terzi estranei alla societas), come sancito all’art. 5 del Decreto.

Anche laddove si volesse riconoscere un qualche pregio alle considerazioni sin qui umilmente svolte, è d’uopo rile- vare che gli stessi giudici nazionali hanno, de facto, scon- fessato la portata “universale” dell’esimente in oggetto.

Sul punto ci si richiama alla diffusa prassi giurispru- denziale (30) che imputa una colpa al datore di lavoro, anche in presenza di comportamenti abnormi dei propri sottoposti, qualora detta condotta imprudente avrebbe po- tuto evitarsi con la predisposizione delle dovute - rectius esigibili - cautele.

Ove l’accertato deficit organizzativo possa collegarsi al verificarsi dell’evento, nel senso di cui sopra, dovrà ricono- scersi tanto la colpevolezza del vertice aziendale (datore di lavoro) quanto quella dell’ente a cui si riferisce (31).

Il soggetto apicale nel contesto lavorativo conserva la propria responsabilità penale laddove abbia omesso quelle attività logistiche, formative o di messa in sicurezza dei luoghi di lavoro che avrebbero potuto, con grado statisti- camente apprezzabile, far fronte adeguatamente a quegli stessi rischi derivanti dalla condotta imprudente del la- voratore.

Così, l’unico contegno atto a spezzare il nesso causale è quello che si colloca al di là del rischio tipico della la- vorazione ovvero che, pur allocandosi nell’area di rischio dell’attività, sia ad essa palesemente esorbitante rispetto alle direttive – espressione della politica aziendale - con- sapevolmente finalizzate a neutralizzare i presidi caute- lari disposti.

Solo in quest’ultimo caso è lecito, allora, ardire una qualche corrispondenza tra comportamento abnorme e condotta elusiva del Modello, con conseguente esonero di responsabilità del datore di lavoro, uomo ed ente.

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Purtroppo, in materia di infortuni sul lavoro entrambe le fattispecie hanno trovato scarso riconoscimento poiché connotate da un’eccessiva astrattezza definitoria e da pa- lesi complessità di sussunzione in condotte tangibilmente appurabili nel caso concreto.

Entrambe le fattispecie richiedono, infatti, una proba- tio diabolica (32) circa l’assoluta idoneità del Modello e delle previsioni antinfortunistiche che, seppur apparen- temente garantita dalla conformità agli standard tecnici (es. linee-guida), ha (troppo) spesso incontrato insor- montabili ostacoli nella verifica controfattuale.

Pertanto, anche dal confronto delle due circostanze esimenti sin qui descritte è possibile riscontrare quella continua tensione sussistente tra la disciplina dettata dal Decreto e la tutela dei luoghi di lavoro.

4. “Sistema 231” e tutela della sicurezza nei luoghi di lavoro: una storia tutta da scrivere

Come nel 2001 si assecondava l’esigenza di sollecita- re nella societas condotte virtuose e prassi preventive collegando direttamente la ricaduta sanzionatoria sulla persona giuridica anziché sulle singole persone fisiche che la rappresentavano, con il doppio risultato di attri- buire il peso economico delle “good practices” al soggetto giuridico che meglio lo può sostenere e di evitare le con- seguenze dell’avvicendamento nelle cariche sociali (33), così nel 2007 si è inteso configurare una forma normativa di colpevolezza per omissione organizzativa e gestionale rispondendo ad alte istanze di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, anche susseguenti ai terri- bili eventi del caso Thyssenkrupp.

Ancora una volta la “normazione d’emergenza” rispon- dente ad interessi di pubblico rilievo sembra aver giustifi- cato una forzatura della dogmatica penalistica italiana in assenza di una vera e propria riforma sistematica atta ad armonizzare i principi generali dell’ordinamento con quel- li della Corporate Culpability.

Nonostante siano passati 13 anni dall’inserimento nel Decreto delle fattispecie colpose, le perplessità che hanno contraddistinto il rapporto tra diritto penale (nella specie del lavoro) e responsabilità degli enti non possono ancora dirsi sopite.

La “scomoda” coabitazione con i principi costituzionali dei criteri d’ascrizione del Decreto appare, a chi scrive, più frutto di una precisa “scelta di campo” del Legislatore ed as- secondata dalle Corti italiane, che non un’effettiva e dimo- strabile compatibilità normativa, demandata al permanere di una particolare sensibilità nelle prassi giurisprudenziali, essa stessa incerta, ondivaga ed eterogenea nei tentativi d’innesto nella disciplina del Decreto, delle ipotesi di reati colposi d’evento sia con riferimento ai criteri ascrittivi dell’interesse e del vantaggio, sia mediante l’enunciazione dei requisiti d’idoneità del Modello esimente.

Per troppo tempo, dunque, la colpa dell’ente e del datore di lavoro sono state vissute dai destinatari quale responsabilità oggettiva, calata dall’alto, dai tratti indefi-

niti, faticosamente inquadrabile nell’impianto di garanzie costituzionalmente previste dal diritto penale, ove ciò che rileva è solo e sempre la “moralistica” ricerca del cosiddet- to “rischio zero”.

Al fine di neutralizzare siffatta deviazione interpretati- va si dovrà far leva sui limiti della responsabilità, delinean- do i contorni dell’elusione fraudolenta, del comportamento abnorme e, in generale, del grado d’organizzazione e pre- venzione esigibile dal datore di lavoro, nella doppia veste di persona fisica e di struttura socio-normativa complessa.

Lo sforzo ermeneutico sin qui profuso da dottrina e giurisprudenza ha posto, però, solide fondamenta sulle quali puntellare una riforma organica, performante, non equivoca.

Non v’è, infatti, chi non comprenda e condivida l’inten- to virtuoso a cui s’ispirano tanto la regolamentazione della responsabilità dell’ente quanto la normativa in materia antinfortunistica ovvero la realizzazione di un criterio condiviso di riduzione dei rischi nell’ambito aziendale con conseguente individuazione di una franchigia penale per quegli eventi, razionalmente, inevitabili.

In questo senso, il “sistema 231” si potrebbe riscoprire coerentemente integrato nel complesso delle guarentigie costituzionali, mostrando appieno la potenzialità funzio- nale proprio con riferimento ai reati colposi, più che con quelli di natura dolosa.

In quest’ultimo caso, l’illecito non può che riferirsi a con- dotte volontarie atte a “valicare” il modello così da divenire difficilmente preventivabili ex ante dai modelli o dai loro artefici, a prescindere dal grado di organizzazione esigibile.

Al contrario, l’attenta procedimentalizzazione dei per- corsi decisionali dell’ente e la predisposizione di specifi- che “good practices” aziendali e datoriali contribuiscono alla minimizzazione dei rischi ed alla riduzione graduale dell’emersione delle falle sistemiche, terreno fertile per l’errore e l’imprudenza tipica dei reati colposi.

Evidente quindi, che la storia delle relazioni tra re- sponsabilità dell’ente e norme in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro è ancora tutta da scrivere.

(*) Il presente contributo fa parte di una serie complessiva di lavori ela- borati da un unico gruppo di ricerca in merito ad una Call for paper sul tema della Responsabilità degli enti, intitolata: «Il D.lgs. 231/2001 alla prova del Diritto penale del XXI secolo (prima/seconda parte)».

NOTE

(1) Cfr. Art. 9 del D.L.vo n. 231 del 9 giungo 2001, d’ora in poi per brevità “Decreto”.

(2) Ad esempio l’art. 25-septies non considera i reati di cui agli ar- ticoli 437 e 451 c.p.

(3) Per brevità ci si limita a richiamare gli articoli 35, 37 e 41 Cost., gli articoli 2087 e 2094 c.c., gli articoli 39, 40, 41, 437 e 451 c.p. ed evi- dentemente il T.U.S.

(4) Si riteneva che il Decreto fosse stato emanato più che altro per la prevenzione della cd., criminalità di profitto di natura colposa. Sul punto si veda A. GARGANI, Delitti colposi con violazione delle norme

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