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Tesi dell’‘abolitio criminis’

In contrapposizione alla giurisprudenza di legittimità citata, si registrano diverse pronunce di merito di segno opposto che concludono quindi per l’avvenuta ‘abolitio criminis’. In questo frangente è possibile individuare due sotto orientamenti: il primo opta per l’’abolitio’ basando-si sulla succesbasando-sione mediata di leggi; il secondo utilizza i criteri per la risoluzione dei casi di concorso apparente di norme.

4.1. Percorsi esegetici che si fondano sulla successione me-diata

In particolare, il Tribunale di Rimini opta per la par-ziale ‘abolitio criminis’ adottando il criterio dell’incorpora-zione. Infatti, sulla scorta dell’insegnamento delle Sezioni Unite “Tuzet” del 23 maggio 1987, per legge incriminatri-ce dovrebbe intendersi il complesso di tutti gli elementi rilevanti ai fini della descrizione del fatto, primo fra tut-ti quello relatut-tivo alla qualifica soggettut-tiva dell’autore del reato. Ad adiuvandum, l’intervento del legislatore d’urgen-za andrebbe letto alla luce di un intento di depenalizd’urgen-zazio- depenalizzazio-ne che non può essere disatteso con riferimento altresì ai fatti antecedenti, dovendo però concludersi per l’inappli-cabilità per i fatti pregressi della nuova sanzione ammini-strativa attesa l’assenza di una disciplina transitoria e il principio di irretroattività delle sanzioni amministrative, espressamente sancito dall’art. 1, L. n. 689/1981.

Così si esprime altresì il Giudice dell’udienza prelimi-nare presso il Tribunale di Roma (8) che, in motivazione ad una decisione di non doversi procedere, ha ritenuto non convincente la pronuncia della Corte di cassazione, atteso che «l’affermazione che la struttura del reato in tutte le sue componenti (di precetto ed integrative) non è stata alterata dalla nuova legge, contenuta nella sentenza della Cassazione sezione VI, non convince laddove la stessa S.C.

è costretta ad ammettere che la nuova norma si pone in rapporto di “interferenza applicativa” con il reato». Pro-prio tale “interferenza applicativa” sarebbe, ad avviso del G.U.P., «la modifica della situazione di fatto complessiva-mente valutata che consente di affermare che il legislato-re ha inteso privalegislato-re di rilevanza penale il comportamento dell’albergatore» tenutosi anche prima dell’intervento legislativo. Sarebbe quindi «paradossale ritenere che una norma che incide sulla qualifica dell’albergatore, definito ora esplicitamente responsabile e quindi sostituto d’impo-sta, non sia da considerare norma posteriore che priva di rilevanza penale la fattispecie». In conclusione, sarebbe altresì “profondamente ingiusto” considerare penalmente rilevanti le condotte pregresse e semplici illeciti ammini-strativi le condotte successive. Tale percorso esegetico è stato applicato più recentemente dallo stesso giudice in sede di esecuzione per la revoca di una sentenza di acco-glimento del patteggiamento (9).

Ancora, il Tribunale di Firenze ha optato per l’‘abolitio criminis’ asseritamente procedendo con il raffronto strut-turale in astratto tra fattispecie per verificare la sussisten-za di una successione penale di leggi. Tale accertamento non sarebbe però tanto diretto ad individuare la natura integratrice o meno della norma, quanto a valutare gli ef-fetti della stessa. In altre parole, per valutare se una nor-ma sia o meno integratrice bisognerebbe valutare la ‘ratio’

dell’intervento, gli effetti perseguiti e la ‘voluntas legis’.

In particolare, l’intervento legislativo d’urgenza avrebbe modificato la qualifica dell’albergatore e, così operando, si sarebbe registrata una successione mediata di leggi il cui effetto sarebbe stato quello di non far rientrare il sogget-to attivo nella categoria di incaricati di pubblico servizio.

Questo non dovrebbe quindi essere sottoposto a sanzione penale. La conclusione è tuttavia parzialmente divergente dalla pronuncia del Tribunale di Rimini. Si afferma infatti l’irrilevanza penale ma non anche amministrativa: il legi-slatore sarebbe infatti intervenuto con una norma sostan-zialmente equivalente ad un’interpretazione autentica, riqualificando la posizione dell’albergatore, prescrivendo altresì l’applicabilità di una sanzione amministrativa.

4.2. Percorso esegetico che si basa sul concorso apparente di norme

Accanto al predetto panorama giurisprudenziale di merito, il Tribunale di Perugia è addivenuto al risultato dell’‘abolitio criminis’ attraverso un diverso e maggiormen-te articolato percorso argomentativo che parmaggiormen-te con un’utile disamina in chiave critica degli orientamenti che si sono venuti a formare, ritenendo trattarsi di un caso di concorso apparente di norme e trovando quindi applicazione l’art. 9, L. n. 689/1981 in tema di concorso eterogeneo di norme tra illecito penale e illecito amministrativo (10).

In particolare, i giudici perugini criticano l’orienta-mento di legittimità poiché si sarebbe limitato a conside-rare solo il mutamento della qualifica soggettiva. Sarebbe discutibile sostenere che vi sia stata successione di norme penali in quanto il legislatore non si è limitato a mutare la qualifica soggettiva ma ha introdotto altresì una nuova figura di illecito amministrativo. Affermano allora i giudi-ci di merito che «a fianco della perdurante vigenza della fattispecie di peculato, se ne giustappone un’altra, avente ad oggetto uno specifico sottoinsieme di condotte tra tut-te quelle astrattamentut-te ricomprese nella prima ed aventut-te pacificamente natura di illecito amministrativo». Si trat-terebbe quindi di un «rapporto di specialità sincronico»

atteso che «la norma speciale, pur senza abrogare quella generale, finisce per circoscriverne il perimetro soggettivo ed oggettivo di operatività». Per questo motivo non si at-taglierebbe al caso di specie il regime della successione di leggi e sarebbe pertanto inconferente il richiamo alla sez.

un. del 2007 operato dalla Corte di cassazione.

Del pari non sarebbe convincente il percorso esegetico adottato dal Tribunale di Rimini atteso che il criterio del fatto concreto ivi richiamato e che ha trovato un

impor-tante riscontro nella pronuncia delle Sezioni Unite del 1987 è stato presto abbandonato, in particolare perché rischia di portare a una c.d. retroattività occulta. Viene altresì criticata la pronuncia del Tribunale di Firenze in quanto sostiene che si tratti di un caso di successione di leggi ma al contempo postula l’applicazione retroattiva della sanzione amministrativa in quanto l’intervento legi-slativo d’urgenza risulterebbe una norma sostanzialmente di interpretazione autentica (11). Anche la posizione del G.U.P. presso il Tribunale di Roma non sarebbe condivisi-bile attesa l’adozione di criteri valoriali che non avrebbero fondamento normativo e che si sostanzierebbero in valuta-zioni di regola non spettanti all’autorità giudiziaria.

Ulteriore premessa metodologica per la risoluzione del caso di concorso apparente di norme, ritenuto dalla pronuncia qui in commento, è il ripudio di criteri valoriali in aggiunta alla specialità quali la sussidiarietà, l’assorbi-mento o la consunzione, atteso che consentono al giudice

«incontrollabili giudizi di valore» in contrasto con i prin-cipi di determinatezza e tassatività. Ebbene, il riferimen-to giurisprudenziale per risolvere la questione si ritiene sia la nota pronuncia delle Sezioni Unite 28 ottobre 2010 (dep. 21 gennaio 2011) n. 1963 sul concorso apparente di norme che presuppone, come fenomeno, la «contempora-nea vigenza di una pluralità di norme tra loro non anti-nomiche», la «identità della condotta da esse considerate nonché… la circostanza per cui una sola delle disposizio-ni in commento risulta concretamente non applicabile».

Tale criterio del raffronto strutturale è, per giurispruden-za e dottrina consolidate, applicabile non solo al caso re-golato dall’art. 15 c.p. ma anche con riferimento al caso di concorso tra illecito penale e illecito amministrativo ex art. 9, L. n. 689/1981.

Svolte tutte queste premesse di metodo, il Tribunale perugino, nell’analisi del caso de quo, afferma che con ri-ferimento alla condotta appropriativa di denaro ci sarebbe una sovrapposizione tra il delitto di peculato e il neo in-trodotto illecito amministrativo. La nuova fattispecie pre-senterebbe però plurimi elementi specializzanti per cui si registrerebbe un caso di ‘abolitio criminis’ per le condot-te pregresse. In particolare e condot-tentando di schematizzare il più possibile: sotto il profilo soggettivo non vi sarebbe infatti un generico richiamo agli incaricati di pubblico ser-vizio ma si farebbe riferimento esclusivamente al “gestore della struttura ricettiva” (e tale ragionamento sarebbe del tutto richiamabile nel caso si dovesse prospettare una ri-espansione della fattispecie regolata dall’art. 646 c.p.: non

“chiunque” ma esclusivamente il “gestore della struttura ricettiva”). Ancora, la descrizione delle condotte sarebbe più dettagliata nella configurazione normativa dell’illecito amministrativo e non vi sarebbe un generico riferimento al denaro, circoscrivendo la rilevanza all’imposta di sog-giorno trattenuta e non versata.

In conclusione, vi sarebbe quindi un caso di ‘abolitio criminis’ (12). Inammissibile sarebbe inoltre

l’applicazio-ne retroattiva della sanziol’applicazio-ne amministrativa, attesa l’as-senza di un regime transitorio.

Tale pronuncia sembra applicare un orientamento dot-trinale, avanzato in sede di prima lettura dell’intervento legislativo d’urgenza, che parlava infatti di “rapporto di specialità sincronico” (13).

5. Conclusioni

Partendo da quest’ultima pronuncia, non si possono che condividere i diversi rilievi che vengono mossi alle sentenze di merito che si stanno avvicendando in queste settimane.

In particolare, con riferimento alla tesi proposta dal Tribunale di Rimini non si può non notare che l’orienta-mento avanzato dalle Sezioni Unite nel 1987 è stato presto abbandonato in virtù, soprattutto, del rischio di applica-zione in malam partem dovuto al criterio del fatto con-creto (o della doppia punibilità in concon-creto). Inoltre sono stati altresì affiancati dei criteri valutativi che lasciano al giudice delle valutazioni così discrezionali da confliggere con il principio di riserva di legge e determinatezza.

Con riferimento, invece, all’orientamento patrocinato dal G.U.P. presso il Tribunale di Roma, si pone il medesimo problema dei giudizi valoriali, che non competono all’au-torità giudiziaria, e si pone il problema di metodo, in vero liquidato rapidamente, dell’asserita ingiustizia del trat-tamento. Anche volendo adottare criteri valutativi, non si analizza adeguatamente la maggior carica di disvalore determinata dalla qualifica pubblicistica dell’agente per i fatti precedenti all’intervento del D.L. 34/2020.

Particolarmente problematico è l’approccio del Tribu-nale di Firenze. Da un lato, infatti, si adotta a parole il criterio del raffronto strutturale; in concreto, però, que-sto viene sostituito da criteri valutativi che esorbitano dal perimetro di azione del giudice. Infine, si conclude per la natura di interpretazione autentica dell’intervento del le-gislatore d’urgenza, con l’ulteriore corollario dell’applica-zione della sandell’applica-zione amministrativa per i fatti pregressi.

Quest’ultimo punto sembra ancora più censurabile, atteso che non è sostenibile che l’introduzione di un illecito am-ministrativo possa essere qualificato quale norma di inter-pretazione autentica. A tale riguardo, come accennato, la soluzione in esame (quantomeno in ordine alla natura di norma interpretativa) era stata già prospettata in dottrina (14), affermando prima che si dubitava vi fosse «un’au-tentica modificazione mediata della fattispecie incrimi-natrice» attesa «la mancanza di una preesistente norma integratrice che sia stata sostituita»; poi che l’intervento del D.L. 34/2020 fosse ‘in parte qua’ da qualificare come di interpretazione autentica. Due i principali rilievi critici: la norma integratrice del precetto (della fattispecie descrit-ta all’art. 314 c.p.) è quella di cui all’art. 358 c.p. (15); se non c’è alcuna disposizione da interpretare, non si capisce inoltre come sia qualificabile in termini di interpretazione autentica l’intervento legislativo (16).

In ultimo, si pone l’orientamento avanzato dal Tribu-nale di Perugia che, al di là dell’articolata critica agli altri orientamenti, rileva un rapporto di specialità sincronico, peraltro prospettato anche in dottrina; rapporto che, in verità, sembra non sussistere. Infatti, qualificando il sog-getto come responsabile di imposta, la nuova fattispecie di illecito amministrativo non è un sottoinsieme della fattispecie di peculato perché quest’ultima richiede la qualifica pubblicistica dell’agente (17). Ad adiuvandum, è dubbio che, in seguito alla modifica, si possa parlare di condotta realmente appropriativa atteso che l’albergatore non maneggerebbe più denaro altrui. Proprio questi ele-menti non consentono pertanto di qualificare il problema come di concorso eterogeneo di norme. L’erroneità di im-postazione è facilmente rilevabile anche soffermandosi sulla parte finale della motivazione e sul dispositivo, lad-dove si prevede che il fatto non è più previsto dalla legge come reato, operandosi una “depenalizzazione sostan-ziale”. Se, infatti, c’è depenalizzazione allora c’è ‘abolitio’

e quindi bisogna rifarsi alla successione di leggi penali e non alle regole in materia di concorso apparente di norme.

In ultimo, a nostro avviso, la qualifica soggettiva dell’al-bergatore non viene mutata con riferimento alle condotte pregresse ma solo all’interno della nuova fattispecie am-ministrativa. Non si pone allora il problema di una dispa-rità di trattamento atteso che per i fatti pregressi vi è da riconoscere la qualifica pubblicistica e la condotta appro-priativa, elementi che ben giustificano la sanzione penale attesa la maggiore carica di disvalore. Il lineare orienta-mento di legittimità sembra pertanto da condividere e le diverse e cangianti interpretazioni che sono state propo-ste nella giurisprudenza di merito non sembrano essere in grado di scalfirlo. Sarebbe forse in ogni caso auspicabile, attese le diverse posizioni che stanno andando a formarsi, un intervento confermativo delle Sezioni Unite al fine di garantire un trattamento uniforme in materia di libertà personale, ribadendo approdi ermeneutici solidi e che non meritano, al momento, di essere rivisitati.

NOTE

(1) In particolare, le Sezioni Unite civili, in sede di regolamento preventivo di giurisdizione tra Corte dei conti e autorità giudiziaria or-dinaria, hanno avuto modo di ribadire che «l’attività di accertamento e riscossione dell’imposta comunale ha natura di servizio pubblico, e l’ob-bligazione del concessionario di versare all’ente locale le somme a tale titolo incassate ha natura pubblicistica, essendo regolata da norme che deviano dal regime comune delle obbligazioni civili in ragione della tute-la dell’interesse deltute-la pubblica amministrazione creditrice altute-la pronta e sicura esazione delle entrate. Ne consegue che il rapporto tra società ed ente si configura come rapporto di servizio» (cfr. Cass. civ., sez. un., 24 luglio 2018, n. 19654, che richiama a sua volta alcuni precedenti: Cass.

civ., sez. un., 24 marzo 2017, n. 7663; Cass. civ., sez. un., 16 dicembre 2009, n. 26280). Nella specie il ricorrente (albergatore) si doleva del «difetto di giurisdizione della Corte dei conti “a conoscere del danno provocato

da un albergatore che non versa all’Amministrazione comunale quanto gli viene versato a titolo di imposta di soggiorno” dai clienti». In coerenza con tale posizione, la giurisprudenza penale di legittimità ha riconosciu-to la sussistenza del delitriconosciu-to di peculariconosciu-to nel caso di omesso o ritardariconosciu-to versamento del tributo nelle casse comunali di quanto riscosso [cfr., da ultimo, Cass. pen., 13 novembre 2018, n. 6130 (dep. 2019)]. Conforme è l’orientamento delle sezioni riunite della Corte dei conti con la pronun-cia del 2 aprile 2019, n. 10.

(2) A parere di un orientamento consolidato e di gran lunga condivi-sibile, l’utilizzo di denaro non può ricadere nella meno grave fattispecie di cui al secondo comma dell’art. 314 c.p. atteso che si presuppone una condotta appropriativa. Cfr., ‘ex plurimis’, Cass. pen., Sez. VI, 4 luglio 2010, n. 41670: «il peculato d’uso di cui all’art. 314, comma 2, c.p., può avere a oggetto solo cose di specie (intangibili) e non cose di quanti-tà, come il denaro, perché con riferimento a queste ultime non sarebbe possibile la restituzione dell’“eadem res”, ma solo del “tantundem”, che è irrilevante al fine dell’integrazione del peculato d’uso».

(3) A tal proposito, merita porre in evidenza che tale elemento avrebbe potuto essere vagliato con maggiore attenzione dall’assemblea al di fuori delle ristrette tempistiche di conversione del decreto-legge.

(4) Ma, contra, cfr. infra.

(5) Cfr. Cass. pen., Sez. VI, 28 settembre 2020, n. 30227 e, più recen-temente, Cass. pen., Sez. VI, 28 ottobre 2020, n. 36317, annotata da G.L.

GATTA, La Cassazione applica il ‘criterio strutturale’ e ribadisce: nessu-na abolitio criminis del peculato commesso dall’albergatore prima del

‘decreto-rilancio’, in Sistema Penale, 28 dicembre 2020.

(6) Cfr. G.L. GATTA, Omesso versamento della tassa di soggiorno da parte dell’albergatore e peculato: abolitio criminis dopo il ‘decreto rilancio’?, in Sistema Penale, 5 ottobre 2020.

(7) Si tratta della nota pronuncia Cass. pen., sez. un., 27 settembre 2007, n. 2451. I principi di diritto ivi affermati non sono poi stati messi in discussione, quantomeno frontalmente, dalla giurisprudenza successiva.

(8) Cfr. G.U.P. c/o Tribunale di Roma, 2 novembre 2020, n. 1520.

(9) Come riporta G.L. GATTA, Peculato dell’albergatore e revoca del giudicato per intervenuta (?) abolitio criminis: l’ordinanza del g.u.p. di Roma sul caso Paladino, in Sistema Penale, 23 dicembre 2020.

(10) Cfr. Tribunale di Perugia, 24 novembre 2020, n. 1936.

(11) In dottrina, tale posizione è stata prospettata da D. MICHE-LETTI, Le modificazioni mediate apparenti. Un recente caso in materia di peculato, in Discrimen, 21 ottobre 2020.

(12) Vero è che il dispositivo assolutorio prevede la formula «in quanto i fatti allo stesso ascritti non risultano previsti dalla legge come reato» (in motivazione si riporta significativamente la parola “più”).

(13) Cfr. M. GAMBARDELLA, Il “decreto rilancio” e la degradazio-ne della condotta di omesso versamento dell’imposta di soggiorno da peculato a illecito amministrativo, in Penale. Diritto e Procedura, 1°

giugno 2020.

(14) D. MICHELETTI, Le modificazioni mediate apparenti. Un re-cente caso in materia di peculato, cit.

(15) Proprio l’orientamento che in quella sede si riteneva di criticare aveva affermato (e afferma) la natura non integratrice della norma modi-ficativa della qualifica dell’albergatore; qualifica pubblicistica che appari-va ‘ictu oculi’ dalla peculiare attività di riscossione svolta dall’albergatore.

(16) La stessa Corte di cassazione, con l’ultima pronuncia del 28 ot-tobre 2020, n. 36317, ne ha escluso la natura di norma di interpretazione autentica, con ciò evidenziando la differenza rispetto al proprio superato precedente delle sez. un. del 1987, come ha efficacemente rilevato G.L.

GATTA, La Cassazione applica il ‘criterio strutturale’ e ribadisce: nessu-na abolitio criminis del peculato commesso dall’albergatore prima del

‘decreto-rilancio’, cit.

(17) Esattamente come, ‘mutatis mutandis’, non sarebbe sostenibile affermare che il furto sia un sottoinsieme del peculato. Tale assunto è stato confortato, ‘medio tempore’, dal più recente intervento dei giudici di legittimità n. 36317 di cui si è dato conto.

ANCORA UNA QUESTIONE