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Il riepilogo dello “stato dell’arte” in materia di con- con-fisca urbanistica

CONFISCA URBANISTICA E (NECESSARIO) ESAME

2. Il riepilogo dello “stato dell’arte” in materia di con- con-fisca urbanistica

Nel dichiarare fondato il ricorso proposto dai ricor-renti, con conseguente annullamento della sentenza di secondo grado e rinvio alla Corte d’appello per un nuovo esame della questione alla luce del principio di diritto af-fermato, la Corte compie una ricognizione della complessa materia, dipanatasi in un lungo percorso di dialogo durato per oltre un decennio a livello nazionale e sovranaziona-le, volto a definire i tratti salienti dell’istituto disciplinato dall’art. 44, II, D.P.R. n. 380/2001.

Ulteriormente, la Corte conferma il precipitato della decisione delle Sezioni Unite richiamata, già fatto proprio – ed anzi anticipato – da altra sentenza di legittimità (5), concernente la possibilità per la medesima (così come per il giudice di secondo grado), di disporre l’annullamento con rinvio della statuizione riguardante la confisca – an-che alla luce della disciplina di cui all’art. 578 bis c.p.p., introdotta dall’art. 6, IV, D.L.vo n. 21/2018 – al fine di con-sentire una (nuova) valutazione sotto il profilo della ne-cessaria proporzionalità della misura ablatoria, in modo da consentire il rispetto dei principi sovranazionali sanciti dalla CEDU anche riguardo alla sanzione accessoria.

Il Collegio ricorda infatti l’esistenza di un contrasto tra la stessa Corte di cassazione, la Corte costituzionale e la Corte EDU in materia di confisca urbanistica, generatosi dalla particolare formulazione del secondo comma del-l’art. 44 D.P.R. n. 380/2001, che prevede la possibilità per la A.G. di disporre la confisca urbanistica in via obbligatoria anche soltanto in presenza di un accertamento della avve-nuta lottizzazione abusiva.

Il dibattito, come anticipato, è risalente nel tempo e viene dalla Corte ancorato alle risultanze rinvenienti dalla decisione della Grande Camera G.I.E.M. c. Italia del 2018, così come declinate dalle Sezioni Unite della Cassazione nella decisione già menzionata.

Può in ogni caso essere opportuno evidenziare nuo-vamente il punto centrale della discussione, riferito alla legittimità, o meglio agli elementi sulla base dei quali può esserne inferita la conformità ai principi costituzionali e comunitari, dell’applicazione della confisca urbanistica.

La possibilità infatti di disporre la confisca delle opere abusivamente lottizzate sulla base di un mero accerta-mento della irregolarità urbanistica delle stesse, prescin-derebbe dalla necessaria sussistenza di una sentenza di

condanna (ovvero di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p.) a carico dell’imputato, e dunque aprirebbe – come nei fatti riscontrato – alla statuizione ablatoria all’interno di una sentenza di proscioglimento ovvero di assoluzione (salvo che per insussistenza del fatto) (6).

Da ciò, fin da subito si erano destate numerose perples-sità con riferimento al rispetto dei principi e delle garan-zie fissate sia nella Costituzione sia nella CEDU e relative alla materia penale, in quanto comunque la misura della confisca doveva ritenersi sussumibile nel concetto di pena come delineato nell’art. 7 della CEDU (7).

Era pertanto sorto un contrasto portato a livello so-vranazionale rispetto alla compatibilità della norma con i principi sanciti dalla CEDU, durato oltre un decennio e non ancora del tutto sopito, per il quale, sinteticamente:

- la posizione della giurisprudenza italiana, agli esordi della tematica di cui trattasi, era infatti quella di ritenere la misura ex art. 44, II, D.P.R. n. 380/2001 una sanzione amministrativa, non potendo essere sussunta nell’ambito delle misure di sicurezza patrimoniali ex art. 240, I, c.p.

ovvero nelle ipotesi di confisca obbligatoria ai sensi del secondo comma di tale disposizione (8);

- in seguito ad un primo scrutinio della Corte EDU, con la sentenza Sud Fondi c. Italia (9), tale impostazione fu criticata, poiché si ritenne che la confisca urbanistica dovesse essere qualificata come pena ai sensi dell’art. 7 CEDU, con quanto conseguente in punto di (im)possibili-tà di applicazione in caso di esito del procedimento diver-so dalla condanna, oltre che nei confronti di diver-soggetti terzi rimasti estranei al giudizio penale;

- a livello nazionale, successivamente alla sentenza c.d. Sud Fondi c. Italia, depositata nel 2009, la Cassazione, pur mantenendo la qualificazione della disposizione di cui all’art. 44, II, D.P.R. n. 380/2001 quale sanzione amministra-tiva, sostenne come fossero applicabili all’istituto i principi di cui alla L. n. 689/1981, e dunque la necessità di ravvisare nel corso del giudizio una componente soggettiva (anche solo) colposa in capo all’agente per legittimare la misura ablatoria, oltre che la possibilità di applicare la confisca ur-banistica anche in caso di sentenza di proscioglimento per intervenuta prescrizione, purché il provvedimento deciso-rio contenesse un pieno accertamento dal punto di vista sostanziale della responsabilità dell’imputato (10);

- a fronte di tale presa di posizione della giurispruden-za di legittimità, la questione si riattivò in una duplice direzione, volta a sondare la compatibilità della confisca urbanistica agli artt. 3, 25, II e 27, I, Cost, nonché all’art. 7 CEDU, rispettivamente avanti la Corte costituzionale (11) e la Corte EDU;

- in particolare, la Corte EDU, con la sentenza Varvara c.

Italia, depositata nel 2013, si pose nuovamente in contra-sto con la giurisprudenza della Cassazione, (ri)afferman-do che la misura della confisca urbanistica (ri)afferman-dovesse essere qualificata come pena e dunque soggiacere ai principi

co-stituzionali di cui agli artt. 25 e 27 della Carta fondamenta-le, oltre al canone di giudizio di cui all’art. 533 c.p.p. (12);

- tornata in ambito nazionale, la questione sulla legit-timità costituzionale della confisca urbanistica fu dunque devoluta alla Corte costituzionale (13) che, con la arti-colata sentenza n. 49/2015, di fatto riaccese il dibattito intorno alla confisca urbanistica, non ritenendo manife-stamente infondata la questione della sua compatibilità con gli artt. 2, 9, 32, 41, 42 e 117, I, Cost. laddove interpre-tata nel senso di non rendere applicabile la misura abla-toria nel caso di declaraabla-toria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione pur a fronte di un accertamen-to sostanziale della penale responsabilità dell’imputaaccertamen-to, affermando come la interpretazione assunta dalla Corte EDU nella sentenza Varvara c. Italia avrebbe costituito un superamento del dritto vivente, sulla base del quale la confisca urbanistica poteva essere applicata anche in caso di sentenza di proscioglimento per decorso dei termini di prescrizione purché contenente un pieno accertamento (ed adeguata motivazione a supporto) della responsabi-lità dell’agente (14);

- tale posizione fu accolta dalla Cassazione, che (ri) affermò il principio per il quale la confisca ex art. 44, II, D.P.R. n. 380/2001 potesse essere disposta a condizione che l’accertamento della penale responsabilità dell’impu-tato per la contravvenzione urbanistica fosse comprensivo di tutti i suoi elementi costitutivi e svolto nel contraddit-torio tra le parti (15).

- in seguito ad un ulteriore ricorso avanti la Corte EDU, la molteplicità delle questioni giuridiche poste alla Corte di Strasburgo fu compendiata nella sentenza GIEM c. Ita-lia, depositata nel 2018, che raggiunse un apparente pun-to di incontro tra le posizioni in contraspun-to, e menzionata dalla Cassazione della decisione in commento (16).

Per quanto rilevante per il presente contributo, il Col-legio osserva come nella decisione della Corte EDU da ultimo richiamata sia stata ribadita la natura di vera e propria pena della confisca urbanistica, nel senso attribu-itogli dall’art. 7 CEDU, esigendo dunque un pieno accerta-mento della responsabilità penale del soggetto imputato.

Allo stesso modo, sempre riferendosi allo specifico punto dell’arresto del giudice di Strasburgo, la Cassazione osserva che tale essendo ritenuta la natura della misura ablatoria, incidente sul diritto di proprietà di un soggetto comunque interessato dal procedimento penale, ne discen-derebbe il necessario rispetto nella sua applicazione del requisito della proporzionalità, imposto dall’art. 1 Prot. Ad-dizionale CEDU, non essendo sostenibile una applicazione automatizzata ed in via obbligatoria della confisca urbani-stica diretta sull’intero compendio oggetto della lottizza-zione abusiva e finanche senza un contraddittorio, giacché eccedente le finalità retributive e punitive proprie della disposizione di cui all’art. 44, II, D.P.R. n. 380/2001 (17).

Purtuttavia, a tale approdo, per la Corte, potrebbe giungersi a prescindere dalla conclusione del giudizio con

una sentenza di condanna, potendo essere l’accertamento della avvenuta lottizzazione abusiva prodromico all’appli-cazione della confisca contenuto in una tipologia di sen-tenza diversa, purché rispettosa dei diritti di difesa sanciti dall’art. 6 CEDU, ovverosia la sussistenza di tutti i requisiti oggettivi e soggettivi del reato.

Riepilogato, in via sintetica, il diuturno percorso in-terpretativo dei tratti caratterizzanti l’istituto oggetto del presente contributo, la Cassazione cita un ampio passag-gio della giurisprudenza concomitante e successiva alla pronuncia della Corte EDU, pervenendo ad una summa della posizione reveniente dal dibattito intercorso, per la quale, essendo la misura ex art. 44, II, D.P.R. n. 380/2001 compatibile con provvedimenti diversi da una sentenza di condanna, evidenzia che «con la sentenza n. 49 del 2015, il Giudice delle leggi, chiamato a pronunciarsi su una que-stione di legittimità costituzionale» dell’istituto esamina-to, riferita appunto alla sua (in)applicabilità in caso di declaratoria di prescrizione del reato, avrebbe sancito il dovere del giudice nazionale di interpretare il diritto in-terno conformemente alla CEDU, pur rilevando che «nel nostro ordinamento, l’accertamento ben può essere con-tenuto in una sentenza penale di proscioglimento dovuto a prescrizione del reato, la quale, pur non avendo condan-nato l’imputato, abbia comunque adeguatamente motivato in ordine alla responsabilità persona di chi è soggetto alla misura ablativa, sia esso l’autore del fatto, ovvero il terzo in mala fede acquirente del bene» (18).

La conferma circa la possibilità di disporre comunque la misura reale in caso di sopravvenuto decorso del termine di prescrizione del reato nel corso del giudizio, in presenza di un compiuto accertamento oggettivo e soggettivo del fatto, viene altresì giustificata – richiamando la decisione delle Se-zioni Unite citata in apertura – dalla introduzione, ad opera dell’art. 6, comma 4, D.L.vo n. 21/2018, dell’art. 578 bis c.p.p., relativo alla decisione sulla confisca in casi particolari (19).

Mediante tale disposizione, infatti, è stato affermato come nei casi di confisca disposta in casi particolari ai sensi dell’art. 240 bis c.p. (ovvero in forza di altre disposi-zioni di legge), oltre che ai sensi dell’art. 322 ter c.p. (20), il giudice di appello ovvero la Corte di cassazione – nel di-chiarare estinto il reato urbanistico per sopravvenuto de-corso del termine di prescrizione – possano decidere sulla impugnazione ai soli effetti della applicazione della misu-ra di cui all’art. 44, II, D.P.R. n. 380/2001, qualomisu-ra sia stata accertata la penale responsabilità dell’imputato (21).

Sempre aderendo dunque al precedente arresto, la Cor-te precisa come il limiCor-te a tale possibilità sia ravvisabile nella applicazione del disposto dell’art. 129 c.p.p., rispetto al quale l’art. 578 bis c.p.p. viene ritenuto sub-valente (22).

In altre parole, la Corte delinea un sistema così com-posito:

- il limite inferiore alla azione giudiziaria risulta fissato nella estinzione della contravvenzione in epoca antece-dente all’esercizio della azione penale (23);

- il limite superiore, viceversa, viene collocato nella affermazione per la quale vi sarebbe l’obbligo di imme-diata declaratoria della causa di proscioglimento ex art.

129 c.p.p., derogabile unicamente in melius per l’imputato qualora evidente la sussistenza di una causa di prosciogli-mento nel merito (24), estrinsecabile nella impossibilità di proseguire nel procedimento penale al solo fine di con-sentire l’accertamento del fatto, qualora vi sia la presenza di una istruttoria non completamente sviluppata (25);

tanto che «nessuna lettura della norma costituzional-mente o convenzionalcostituzional-mente orientata nel senso della pro-secuzione del processo, a prescrizione maturata, quando non sia ancora stato accertato il fatto» apparirebbe soste-nibile (26).

Per tale via, nelle ipotesi in cui in sede penale non fos-se possibile accertare la contravvenzione urbanistica per decorso del termine di prescrizione prima della forma-zione in contraddittorio del risultato probatorio, sarebbe comunque possibile, in sede amministrativa, la adozione dei provvedimenti di cui ai commi 7 e 8 dell’art. 30 D.P.R.

n. 380/2001 (27), proprio in quanto la confisca urbanistica avrebbe carattere residuale (28).

3. L’operatività dell’art. 578 bis c.p.p. anche per la va-lutazione della proporzionalità della misura ex art. 44, II, D.P.R. n. 380/2001

Poste tali premesse di carattere generale, che è parso opportuno richiamare, il Collegio torna sul tema oggetto del ricorso proposto dai soggetti imputati.

Con precipuo riguardo alla tematica della proporziona-lità della misura ablatoria, viene infatti premessa la ne-cessità – accogliendo quindi ormai integralmente le osser-vazioni inizialmente sviluppate dal giudice sovranazionale fin dalla sentenza Sud Fondi c. Italia – di un suo scrutinio in correlazione alla entità dell’illecito riscontrato, proprio in ossequio alle decisioni della Corte EDU richiamate in precedenza.

In particolare, il già citato art. 1 Prot. Addizionale CEDU, richiederebbe un rapporto di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo perseguito per qualsiasi «inge-renza» nel diritto di proprietà di un soggetto, che risul-terebbe vulnerato qualora «la persona interessata deve sostenere un onere eccessivo ed esagerato» (29).

Sarebbe dunque in questo momento valutativo che, a parere della Corte, (ri)entrerebbero in gioco da un lato il carattere di extrema ratio della sanzione accessoria della confisca e dall’altro lato il ventaglio di strumenti – meno afflittivi – previsti in materia urbanistica dal legislatore, quali l’annullamento del progetto di lottizzazione ovvero la demolizione delle opere non conformi (30), alla luce di taluni canoni già indicati dal giudice sovranazionale, quali esemplificativamente:

i) la valutazione sulla sussistenza ed estensione di aree edificate o non edificate, così come di aree appartenenti a terzi;

ii) il grado di colpa o di imprudenza mostrato dai sog-getti interessati, quantomeno in correlazione alle caratte-ristiche concrete del reato oggetto di contestazione.

Ecco dunque che il Collegio richiama, accogliendoli in-tegralmente, gli approdi in tema di proporzionalità della confisca urbanistica derivanti dapprima dalla Corte EDU e successivamente dalle stesse Sezioni Unite della Cassa-zione, e segnatamente:

- in primo luogo, la contrarietà ai principi sanciti dalla CEDU di una misura reale disposta in maniera obbligato-ria ed automatica sull’intero sedime interessato dalla con-travvenzione urbanistica, privando il giudice del merito della possibilità di valutare quali siano gli strumenti più rispondenti alle esigenze del caso di specie per «bilanciare lo scopo legittimo soggiacente e i diritti degli interessati colpiti dalla sanzione» (31);

- secondariamente, con specifico riferimento alla operatività dell’art. 578 bis c.p.p., superati i limiti c.d.

inferiore e superiore posti per la delibazione della que-stione riferibile alla applicazione dell’art. 44, II, D.P.R. n.

380/2001, la possibilità per il giudice di appello (o per la Cassazione), in caso di declaratoria all’esito del giudizio di impugnazione di estinzione del reato per intervenuta lottizzazione abusiva, di decidere del gravame interposto dal soggetto imputato (anche) ai fini della proporzionalità della misura applicata (32).

Per il vero, la possibilità di uno scrutinio da parte del giudice di merito rispetto alla proporzionalità della misura reale da applicare era già stato affermato in un precedente arresto sempre afferente il reato di lottizzazione abusiva, nel quale era stato oggetto di scrutinio, appunto, il solo profilo riferibile alla legittimità della confisca in presenza di una pregressa azione di ripristino della situazione an-tecedente all’intervento lottizzatorio abusivo, di tipo c.d.

misto, ovverosia concernente da un lato la demolizione dei manufatti abusivi e dall’altro lato l’annullamento di tut-ti gli attut-ti notarili finalizzatut-ti alla elisione delle precedentut-ti alienazioni ai soggetti acquirenti, di guisa da consentire la completa ricomposizione della unità fondiaria iniziale (33).

In tale interessante decisione, si era difatti affermato come la verifica circa la corretta estensione della confisca urbanistica avrebbe comunque richiesto un accertamento in fatto demandato al giudice del merito sulla base dei dati oggettivi emergenti dal contesto sub iudice, compendia-to in una adeguata motivazione, come tale sindacabile in sede di legittimità.

Per tali motivi, sulla scorta dei principi affermati per tale tematica a livello sovranazionale, recepiti – non senza difficoltà – anche dalla giurisprudenza nazionale, il punto centrale in tema di valutazione sulla proporzionalità della confisca urbanistica diviene l’interrogativo riguardante la necessità o meno in primo luogo, di applicare la confisca stessa laddove la situazione posta alla attenzione della A.G. risulterebbe riconducibile allo status quo ante

l’inter-vento lottizzatorio, ed in secondo luogo – attraverso una graduazione delle misure amministrative applicabili – se la stessa disposizione diretta alla demolizione integrale dei manufatti oggetto della contravvenzione in esame, unitamente alla eliminazione dei pregressi frazionamenti e delle loro conseguenze (per quanto possibile), possa es-sere sottoposta al vaglio del giudicante sotto il profilo della sua proporzionalità.

Per il Collegio, la risposta affermativa al quesito risul-ta(va) imposta da una lettura costituzionalmente e con-venzionalmente orientata della complessiva disciplina prevista in materia urbanistica.

4. Conclusioni

Operato il richiamo alla precedente decisione resa dalla stessa sezione, la Cassazione perviene dunque a di-chiarare fondato il motivo di ricorso proposto dai soggetti imputati.

Per quanto ricavabile dalla motivazione della senten-za, infatti, la decisione di secondo grado si era limitata a ritenere legittima l’applicazione della misura ablatoria, estesa sulla totalità dei terreni e delle opere interessate dall’illecito ex art. 44, I, lett. c), D.P.R. n. 380/2001, pur in presenza della sopravvenuta prescrizione della contrav-venzione stessa.

Trattandosi di fatto di una sintetica formula di stile, rilevando la Corte che il giudicante di secondo grado ave-va finanche richiamato la presenza di manufatti abusivi mai costruiti, il Collegio ha ritenuto dunque necessaria un’integrazione della motivazione sullo specifico punto nel giudizio di rinvio.

Il dato emergente dal fascicolo risultava infatti quello per il quale la condotta di lottizzazione abusiva – pur ac-certata compiutamente nei suoi formanti costitutivi – si sarebbe concretizzata unicamente sotto il profilo negozia-le, giacché l’intervento di trasformazione urbanistica dei terreni era all’epoca dei fatti avvenuto attraverso il fra-zionamento degli stessi, senza tuttavia che fosse iniziata l’attività di costruzione di opere e manufatti abusivi.

L’interrogativo che si pone la Corte, particolarmente pregnante ed orientativo per il futuro giudizio di rinvio, ri-sulta dunque quello che pone in discussione la legittimità della applicazione della confisca urbanistica quale unica misura in grado di garantire il rispetto o il ripristino del piano urbanistico originario «tanto da rendere inutile ogni verifica di proporzionalità ed ogni argomento al riguardo in sentenza, oppure che anche altre misure ripristinatorie possano essere eventualmente adottate», qualora tali da garantire un corretto bilanciamento tra esigenze pubbli-che di pianificazione urbanistica e diritti dei singoli incisi dall’azione amministrativa.

Se la risposta logicamente affermativa era stata decli-nata in un caso di c.d. lottizzazione abusiva mista, a fortiori si ritiene come uno scrutinio circa la proporzionalità della misura ablatoria applicata possa e debba essere compiu-to in un caso nel quale la contravvenzione urbanistica si

sia concretizzata unicamente in un progetto di intervento cristallizzato al momento dell’accertamento unicamente sotto il profilo negoziale.

Alla luce di quanto sviluppato, la Corte precisa che «la verifica della proporzionalità ben può investire anche la fattispecie di lottizzazione solo negoziale, non apparendo la confisca – in astratto – l’unica misura applicabile per l’i-potesi in cui, comunque, un intervento ripristinatorio sia stato eseguito», con la chiosa per cui la esecuzione di tale intento rimediale «dovrà essere inconfutabilmente dimo-strato da chi ha interesse a giovarsene, mentre al giudice del merito è richiesto un rigoroso ed effettivo accertamen-to in fataccertamen-to che non può limitarsi ad una mera presa d’ataccertamen-to».

La decisione in commento, confortata dalla precedente sentenza poc’anzi citata, appare condivisibile derivazione della sentenza della Corte EDU G.I.E.M. c. Italia e della successiva presa di posizione delle Sezioni Unite della Cas-sazione, che intendono l’art. 578 bis c.p.p. quale strumento per fare rilevare – pur in presenza della prescrizione del reato urbanistico – la (s)proporzione della misura reale applicata dalla A.G. di primo grado (o di seconde cure).

Di fatto, dunque, si realizza quella apertura paventa-ta alla possibilità per il giudice di legittimità, preso atto della intervenuta prescrizione del reato, di pronunciare sentenza di annullamento con rinvio limitata alla sola sta-tuizione inerente la legittimità e l’estensione della misura della confisca urbanistica (34).

Allo stesso modo, la Corte prende atto – sempre in

Allo stesso modo, la Corte prende atto – sempre in