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Prose
Giordani, Pietro
Venezia, MDCCCXXXII [1832]
ETH-Bibliothek Zürich
Shelf Mark: Rar 3900Persistent Link: https://doi.org/10.3931/e-rara-39000
Sul discorso precedente lettera di un Italiano ai compilatori della biblioteca Italiana.
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SUL
DISCORSO PRECÈDENTE
LETTERA
DI UN ITALIANO
AI COMPILATORI
DELLA BIBLIOTECA ITALIANA
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S -;.,
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LETTE R A
Sarò ioilprimo , o signori ,adusare la libertà che promettete nel proemio del vostro giornale , invitando ciascuno a mandarvi i suoi pensieri , qualora nel giornale s5incontri in qualche opi¬
nione che pienamente noi soddisfaccia. Vi diro dunque schiettamente , sapere io di certissimo e daogni parte d*Italia insorte molte contraddi¬
zioni aldiscorsodimadamalabaronessa diSlaél , chesitrova sulbelprincipio della vostra Biblio • teca *Ciò che di quel discorso può toccare ad al¬
tre nazioni , poco richiede che noi ne disputia¬
mo.Maquello che vi si parla degl’ Italiani ha suscitato molli clamori. Io devo credere di non offender voi scrivendoli ; poiché reputo sincera la vostra promessa. Ma forse offenderò molti , o certamente non potrò piacere a lutti , se apparirà che non di tutte quelle obiezioni chesi fanno io sia capace. Quanto alla dama illustre , non ledo¬
vrò dispiacere ,secome Italiano in qualche parte della letteratura nazionale non posso consen¬
tire allesue opinioni • la quale diversità punto nonmiscema il rispetto che 1’ è dovuto , e eh’ io publicamente leprofesso.
Molti Italiani ,per cagione della Corinna , e per alquante cose dette nelDi $cor$ot credono mada-
ma di Slael, d’ animo avverso ali5Italia . Io noi posso credere di persona tanlo dotta e gentile.
Ma se pur fosse, io guardo semplicemente alle proposizioni affermate , o negate ,se mi paiano ve¬
re , o altrimenti ; e punto non mi occorre d: in¬
vestigare te intenzioni . È poi miocostume , se alcuno ni’ insulta , neppure ascoltarlo : se miri*
prende , edica il vero, dolermi di me stesso , lui ringraziare . E questo animo stimerei che tutta Ja nazione dovesse avere verso glistranieri . Mol¬
le e molte insolenze cihanno gittate addossoi Francesi , delle quali eraduridere . Ma se alcuno
decentemente ci avvisi de’ nostri difetti , perchè non si vorrà ascoltare , e del suoavviso fareprò*
iilto ?
lo non veggo che ci dobbiamo doleredi mada¬
ma Staél se ci ricorda di faticare quanto più pos¬
siamo negli studi , come sia questa 1’ unica via che ne ’ tempi presenti ci rimanga allagloria, 0 questo è vero, o non è. Se è, cheingiuria ci fachi ti diceil vero ? E se non è, corriamo alla gloria animosamente per tutte le vie possibili, epergli sludi , e per ogni altro cammino che la fortuna ci apra . Io più d5ogni altro desiderochemadama di Stael non abbia ragione : manon per quelle poche parole vorrò contender seco.
Nè manco saprei come contraddirle,dove dice che il nostro teatro non è buonoa niente : che noi vi perdiamo iltempo senza profitto , e vi Ppr’
diamo gran parte della facoltàdipensare ; poiché è pur certo che tutte lefacoltà omeccaniche , o intellettuali per disuso si scemano, Dolgaciche sia giusto il rimprovero , e non chealtri cel faC' eia . Eiosono con madama , quando ellaciesorlfl di preparare al teatro materia degnae utile: nia souo poi cogl’ Italiani i quali giustissima^ 116
contendono che questa materia nonsidebba an- dare a prendere in Francia , donde già troppe co¬
se prendemmo , e per nostro gran male, e male più che letterario ; ma che in Italia si debba e creare e comporre e colorire ciò che sul teatro i- taliano possano i nostri giovevolmente ascoltare , e anche gli stranieri lodare , É troppo vero che da gran tempo vanno facendosi miserabili tragedie , e commedie indegnissime : non per questo con¬
sentiremo giammai che si portino teatri stranie¬
ri nelle nostre città . Fra lealtre pessime conse¬
guenze ne verrebbe pur questa , che mai più non potremmo avere un teatro proprio , E dobbiamo già disperarne ? Sono dunque isterilite senza rimedio lefantasie italiane ? testis pars nulla paterni vivit in nobis ? Nèilcielo nè il terreno d5Italia è mutato : nefa testimonio a tutto il mondo Canova. Dov’egli dunque può creare quelle sue sovrumane figure, nonsipotrà più in¬
ventare una scena ? Ma di Canova non è sola¬
mente raro V ingegno , raro è pure l’ amore alla fatica . Si cacci d’ Italia la superba ignavia \ e non ci bisognerà andare vilmente accattando fuori di che adornare 1’ ingegno : il quale dee delia propria sustanza vestire se stesso , come dalle sue viscere trae donde ricoprirsi quell ’ ani - malelto industrioso , che prepara i manti ai re, e gli abbigliamenti alle belle.
Si grida ancora contra il consiglio datoci da madama di abbandonare come vieta la mitologia de ’ greci e de’ latini . Che abuso noiosissimo ne facciano tutto diuna turba di meschini verseg¬
giatori , iolocredo tanto a me stesso , che non mi è possibile dubitarne . Ma sarebbe fatica d’ uo¬
mo e dottissimo e giudiziosissimo il ben definire a qual termine e in qual modo se ne possa fare
i6o
buon uso oggidì , eh*ellaci è rimasta come un fidecommisso de’ poeti , e non è più una religion popolare e una credenza universale,comefu in que ' secoli passati . E nondimeno anche ne’tem- pi che quelle favole non erano strane, riuscivano spesso noiose a uomini di buon giudizio, per lo incessante e stucchevol ripetere che nefacevao- gni poetarello , magro d’invenzione : e noiatose ne sdegnava Giovenale , dicendo: Nota magis nulli domus est sua quarn mihi lucus Martìs, e dopo lunga enumerazione conchiudendo *. Expe- ctes Qadern a summo minimoquepoeta . Ma ciò vorrebbe assai più lungo e profondo ragiona*
mento , che non comportino le mieforze, eilmio presente proposito .
Si dolgono molti che la baronessa mostridi pregiar poco lo studio dell’ antichità , parago*
nando il travaglio di tali eruditi alla misera fati*
ca di coloro che vanno razzolando leceneri per lasperanza di qualche granel d’ oro. lo non cre¬
do che quello che v’ è di buono edi grande e di utilissimo nella cognizione dellecose antichepos*
sa essere disprezzato da una dama, la quale ha pur voluto erudirsi tanto più oltre la consueto* dine delle donne . E facilmente confessocheogni studio abbia de’ superstiziosi e de’ noiosi: a»
quali conviene però lasciare chesenza altrui danno contentinoli proprio genio. Magià lada*
ma stessa , per quanto mi pare ,ciaperselastra¬
da adessere d’ accordo. Sia cosa miseraesianoa lodata vagliare 1’ arena , eleceneri : siadipriva* io trastullo e non di publico onore 1’ ansietà m*
torno alle minuzie .Macavare una miniera, trar*
ne vere e copiose ricchezze , questo non si n4*
gherà che site e guadagno e gloriadella nazione Anzi il guadagno si diffonde oltre i termini d(H3
e un igion fu in
’tem- ivano ier lo ■ tva o- alose magli rtis, e Expe¬
li ciò giona- ilmio
>slridi iarago- a fati- eripe'
>u ere- le e di
;hepol¬
lale ba nsuetn- je og"|
isi : ® altrui ià laòl¬
lastri- sia no»
lipriva- ietàin- ra, traf , si w- jasiou'- ni
nazione . Quando il nostro ab'. Mai ha diseppelli¬
to , o risuscitato , o crealo il Frontone , e ci ha fatto udire una scuola d’ eloquenza latina , tanto celebrata dagli antichi e a noi incognita , e ci ha introdotti ne ’ proprii appartamenti di Marco Aurelio , quell ’ imperatore si grande e savio e buono ; egli acquistò molto onore all’ Italia , e da tutta la Europa , quanto ella è civile , meritò gratitudine . Queste non furono pagliuzze , ma un tesoro . Chi riderà delle fatiche del Mai , o le giu¬
dicherà sterili ? Sono barbari ed infelici i secoli che ci fa conoscere il dottissimo volume di Gae¬
tano Mariti ; il quale adunò da tutto il mondo i laceri avanzi di 146 papiri , e ce li diede possi¬
bili a leggere , e con dichiarazioni eruditissime c ’ insegnò quante belle notizie contengono . Ma quelle notizie , comechè di secoli privi di genti¬
lezza e di prosperità , son però belle e assai pro¬
fittevoli . Da tutte le età e regioni vetuste , che furono in qualche modo partecipi della lingua e delle arti de ’ Greci , ha raccolto la immensa dot¬
trina di Ennio Visconti , le immagini e le azioni degli uomini , il cui nome è tuttavia ricordalo . E prosiegue , dicono , a fare della iconografia latina ciò che sì mirabilmente ha compiuto della greca . A cbi non parrà maggior d’ ogni lode un simil lavoro antiquario ? Ho voluto qui parlare sola¬
mente di queste tre opere che sono uscite dal principio del secolo sino all ’ anno che fini . E chi ben considera non è da stimare che in questo ge¬
nere abbia fatto , poco l’ Italia in quindici anni . E son certo che opere antiquarie di tanto inge¬
gno e di tanta utilità ognuno le tiene in gran conto , e madama di Staci non le disprezza ;e me¬
co si unisce ad esortare gl ’ Italiani , che di simi¬
li tesori dalle miniere dell ’ antichità procaccino
al mondo . Dell’ opera di monsignor Marini so¬
pra i papiri nacque già desiderio nellagran men¬
te di Scipione Malici, che palesolloa tutta Euro¬
pa, e mostrogliene un piccol disegno ; né parve all’ Europa che fosse fatica indegna adun sommo intelletto : e Marini ha conservato all’ Italia l’o¬
nore , che assai volle si lasciò perdere, didareal- lasluce perfetto ciò che avea saputo concepire.
Publicando Marini il suo libro nels8o6,diede la prima grande opera che vedesse inquesto secolo 1’ Italia ; efuopera veramente secolareedeu¬
ropea . E a questo proposito mipiace di rammen¬
tare che la prima grande opera italiana delseco¬
lopassato , uscì nel 1707 ; e fu del Gravinasulle origini della Ragione : e fu operaapplaudita da tutta 1' Europa , e opera nella quale principal¬
mente siammirasse la profonda cognizione dell antichità . Nel quale studio poiché furono una volta primi , e poi sempre gloriosi, gl’ Italiani;
giusto è che non cessino di travagliarsi ed ono¬
rarsi . Ma per ciò è necessario che studino dav¬
vero nel latino e nel greco dove èdoloroso a di¬
re : Che far già primi , ed ora son da sezzo. Tulle queste dispute sono un niente a para¬
gone del romore e della contesa che sorge da quelle poche parole che madama gillò contro la miserabile infinità de’ cattivi versi che ammorba 1’ Italia . Infelicissima fecondità che questi can¬
toricinascono come le rane . Ed io, ben lungi dal contraddire al vero, e a chiunque celricorda, non avrei mai fine di lamentarmi , e di pregarci Italia , che per dio voglia guarirsi ditale pestilen¬
za . Ogni nazione debbe per onor suo averegran¬
dipoeti ; i quali perciò non possono essere se non pochissimi . Come dunque pongonmano tan¬
ti e tanti a ciò che è un dono , un privilegio,qua-
i63 so* sidissi un miracolo di natura ; e non può esse- nen* re una professione, non dev*essere una faccenda luro* di molti ? ogni anima gentile dee saper inlen - tarve dere e gustare e amarelabuona poesia : ma chi mmo non è poeta , chi non è vero poeta , cui non sit a l’o* ‘ pubblica vena ,
real*
spire. Qui nìhil expositum soleat deducere , nec qui dela Communi feriat carmen triviale moneta ; ecolo ls qualem nequeo monstrare ,etsenlio tantum , d eu«
men* per pietà si taccia . Sono tanti secoli che si va ri¬
seco* petendo lasentenza d’ Orazio , o piuttosto ilgri - sulle dodella natura , non essere sopportabili i poeti ta da mediocri, ecisi moltiplicano ogni dì a dismisu - cipal* ra i pessimi .Io foragione che in Italia la mela
dell almenodiquelli che sanno leggere , presumono ) una di far versi . Non sapranno altro al mondo ; ma iliani; si credono poeti . E questa vana e malta creden -
i ono * za è gran cagione che in tutta la vita non impa -
> dav* rino mai cosa buona . Ogni città ogni borgo ogni a di* terricciuola dltalia tiene accademie : per far o. che ? per esercitarsi nella lettura e nell ’ intendi - para* mento de’ classici ? per isludiare lastoria natu¬
re da rale o la civile del proprio paese ? per trovar Iròla modi a migliorarne 1’ agricoltura e le arti ? per morta fare esperienze di fisica o di chimica ? per discor - i can- rere sulla storia , e cavarne insegnamenti alla vita
lungi civile*? per rinnovare con lodilamemoria e 1’ e- [corda, sempio de’ nostii buoni maggiori ? No no, que - garel ste sarebbero miserie , non degne a begli spiriti . istilen* Per recitare sonetti odi madrigali elegie . Maso-
»gran* pra tutto sonetti : questi sonoilpane colidiano , ere se eladelizia degl’ intelletti . Ma, per tutti gli dei , iotan* che farà maialmondo un popolo di sonettanti ? jo,qua* oh liberiamoci una volta da questa follia. Se tra
noi è alcuno ctie la natura propriamente abbia destinato poeta ,
Ingenìum cuisit , cui mens dwinìor , algue os Magna sonaturum t
non si ribelli alla natura ; degnamente sudi nel*
l’acquisto
Del nomechepiù dura e più sionora ; faccia se immortale , e gloriosa la sua nazione.
Ma quei cinquecento o seicentornila facitori di righe rimate o non rimate , si traggano d5ingan¬
no ; siano capaci che un mezzo milione dipoeti noi può la natura produrre , noi può patirela na*
rione : cessinodiperdere il tempo , d*essere no¬
iosi e ridicoli ; occupino T ingegno in coseutili;
studino e imparino ciò che a loro e allapatria giovi sapersi ; ci lascino riposare datanto fasti¬
dioso e vergognoso frastuono . So che perpoche parole mi fopiù d’ un milione di nemici . Sisde¬
gnino pure , masiemendino gl*ingegni : sipur¬
ghi l’ Italia , lasci le inezie , sìriempiadibuoni e giovevoliedonorati studi .
Fra gli studi veraoiente utili ed onorevoliall Italia porremo noi le traduzioni de5poemi e de romanzi oltramontani ? Sarà veramente arric¬
chita la nostra letteratura adottando ciòchele fantasie settentrionali crearono ? Cosi dicela baronessa : cosi credono alcuni Italiani : maio sto con quelli che pensano il contrario .Conside¬
riamo prima la loro fondamentale ragione: CI vuole novità . Maiodico : oggetto delle scienze è il vero, delle arti ilbello. Non saràdunque pre¬
giato nelle scienzeilnuovo, se non inquantosu
1
i65 abbia vero, e nelle arli senon in quanto sia bello . Le
scienze hanno un progresso infinito , e possono o- gni di trovare verità non prima sapute . Finito è
7$ il progresso delle arli : quando abbiano e trovato
il bello, e saputo esprimerlo , in quello riposano . Nèsicredasìangusto spazio , benché sia circo¬
linel* scritto . Se vogliamo che ci sia bello tutto ciò checi è nuovo , perderemo ben presto la facoltà di conoscere e di sentire libello . Gli artisti del
; disegno delirarono nelsecolo decimoseUimo , cer¬
cando nelle pitture nelle statue negli edifizii le izione. più stravaganti novità , e uscirono affatto della toridi bellezza e della convenienza , dove 1*età nostra ingan- molto saviamente è ritornata . Ma Yarte di scri- i poeti vere , che nel seicento fu da moltissimi difforma-
la ria* ta per la stessa follia di novità , ha veramante re no* mutato nel secol nostro , ma forse in peggio ; in
; utili; quanto che si è allontanata non pur dall ' antico , patria madal nazionale . Che almeno i seicentisti avea- i fasti* no una pazzia originale e italiana : la follìa no¬
poche stra è di scimie, e quindi tanto più deforme. Già
Siscie* si potrebbe molto disputare se sia veramente
sipor* bello tutto ciò che alcuni ammirano ne’ poeti [ buoni inglesi e tedeschi ; e se molle cose non siano ,
false, o esagerate , e però brutte ; ma diasi che
foli all' lutto sia bello: non per questo può riuscir bello iì e de a noi,selo mescoliamo alle cose nostre . 0 biso-
arric* gna cessare affatto d' essere Italiani , dimenticare
chele lanostra lingua , la nostra istoria , mutare il no- dice1* slro clima e la nostra fantasia : o ritenendo que -
ma io ste cose , convienechela poesia elaletteratura .onside* si mantenga italiana ; ma non può mantenersi
ne : ci tale , frammischiandovi quelle idee settentrionali , scienze che per nulla sipossono confare alle nostre . Que- :tiepre* sta mescolanza dicose insociabili produrrebbe ,
anta st® comegià troppo produce , componimenti simili
a*centauri , che 1’ antichità favolò genèrali dalie nuvole . Non dico per questo che non possa ra¬
gionevolmente un italiano voler conoscere le poesie elefantasie de’ settentrionali , come può benissimo recarsi personalmente a visitarei lor paesi : ma nego che quelle letterature ,comun¬
que versodise belle e lodevoli, possano arricchi¬
re e abbellire la nostra , poiché sono essenzial¬
mente insociabili . Altro è andar nel Giappone per curiosità di vedere quasi un altro mondodal nostro : altro è tornalo di làvolere fra gl*Italia¬
ni vivere alla giapponese . Io voglio concedereai Cinesi che abbia eleganza illoro vestire , abbia decoro il loro fabbricare , abbia grazia il loro dipingere . Ma se uno ci consigliasse di edifi¬
care e dipingere e vestire come i Cinesi, poiché già è invecchiato il modo che noi te*
nianio di queste cose , parrebbeci buono ilcon¬
siglio ? quante ragioni addurremmo di non do*
verlo nè poterlo seguire ! E della letteratura set*
tentrionale , oltre le ragioni , abbiamo pur anche avviso dalla sperienza , che innestata contro na¬
tura alle nostre lettere , ne ha fatto scomparire quel pochissimo chevirimaneva d’ italiano. 0*
gnuno ponga mente comesiscriva in Italia, dap*
poiché vi regna Ossian : dietro cui è venulanu- nierosa turba di simili traduttori . E belloè che questi appassionati di Milton , o dì Klopslock.
non conoscono poi Dante , e non conosciutolo disprezzano : cosadafar molto ridere e gl*Ingle;
si e i Tedeschi . Troppo è vero che agli stranieri debbano parere isterilite oggidì in Italia le lette¬
re ; ma questa povertà nasce da pigrizia dicol¬
tivareilfondo paterno : nè per acquistar dovizia ci bisogna emigrare e giiIarci sulle altrui posse?*
sioni, icui fruiti hanno sapore e sugo chea
dalle
sara*
erele e può
; i lor jmun*
ricchi- mzial- ppone dodal Italia- [ereai , abbia il loro
edili*
linesi, noite-
ilcon- on do-
ira set- anche tro na- nparire
no. 0*
ia, dap- ita nu-
è che jsloch(
iulo
’Ingh; Lranieri e lette-
dicol- dovizia posse**
3 a 0°'
167
nonsiconfà. Studino gV Italiani ne' propri clas¬
sici , e ne' Latini e ne’ Greci ; de' quali nella ita¬
liana più che in qualunque altra letteratura del mondo possono farsi begl ’ innesti ; poiché ella è pure un ramo dì quel tronco , laddove le altre hanno tuli ’ altra radice : e allora parrà a tutti fiorita e feconda. Se proseguiranno a cercare le coseoltramontane , accadrà chesempre piùcidis¬
piacciano le nostre proprie , come tanto diverse , e cesseremo affatto dal poter fare quello diche i nostri maggiori furon tanto onorati : nè però acquisteremo di saper fare bene e lodevolmente ciòche negli oltramontani piace ; perchè a loro il dàlanatura , che a noi altramente comanda : e così in breve condurremo la nostra letteratura a somigliare quel mostro che Orazio descrisse nel principio della Poetica .
Spero che non rifiuterete , 0 signori , di publi - care questi mieipensieri : nella cui esposizione parmi avere fedelmente osservata quella masima , che troppo spesso, e mi duole, dimentichiamo noi Italiani scrivendo : piena libertà nelle opì- 1rioni, e molto rispetto alle persone . La quale massimachinon vuole osservare contrista i buo - ni , perchè oltre al disonorare se stesso, reca in¬
tamia alle lettere e alla nazione .