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Trib. Cuneo, 30.11.2009 - Judicium

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Tribunale di Cuneo – Pres. Relatore Pisanu – 30 novembre 2009 – Magis S.p.a. e a. c.

C. C.

Nel procedimento di esecuzione forzata a cui partecipino più creditori concorrenti, il difetto sopravvenuto del titolo esecutivo non ostacola la prosecuzione dell’esecuzione sull’impulso di altro creditore titolato, il cui titolo abbia pacificamente conservato la sua forza esecutiva.

(omissis). L’attuale procedimento trae origine da un’esecuzione mobiliare promossa contro C.C..

Nell’ambito di quel processo, in data 13.5.2009, era stato depositato dal debitore esecutato un ricorso in opposizione all’esecuzione tendente a far dichiarare l’estinzione e/o l’inefficacia e/o l’illegittimità del pignoramento eseguito del creditore procedente (MAGIC S.p.a.), come conseguenza dell’inefficacia del titolo esecutivo da lui vantato (decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Parma) determinata dalla mancata tempestiva notifica dell’atto nel termini previsti dall’art. 644 c.p.c.. Nell’atto di opposizione il debitore aveva altresì instato affinché fosse

pronunciata l’improcedibilità dell’esecuzione.

A fronte di detta richiesta, il G.E., con provvedimento del 25.5.2009, aveva rigettato l’istanza del debitore diretta ad ottenere la sospensione dell’esecuzione a norma degli artt. 623 e ss. c.p.c., poiché aveva ritenuto che l’eventuale inefficacia del titolo esecutivo poteva essere accertata soltanto nella corretta sede processuale. Con il medesimo provvedimento, aveva inoltre fissato termine perentorio per l’introduzione del giudizio di merito, poi effettivamente radicato dal debitore.

Successivamente, all’udienza del 15.10.2009, destinata alla precisazione dei crediti in vista della distribuzione della somma (euro 307.000,00) ricavata dalla vendita dei beni pignorati, il debitore depositava una nuova istanza, facendo presente al G.E. che, nelle more, il titolo esecutivo vantato dal pignorante era stato effettivamente dichiarato inefficace (ex art. 188 disp. att. c.p.c.) dal Tribunale di Parma che lo aveva emesso, poiché non notificato alla controparte nei termini previsti

dalla legge.

Con questo ulteriore atto processuale, l’esecutato richiedeva:

1) in via principale, dichiararsi l’“inefficacia dell’esecuzione” poiché iniziata dalla MAGIC S.p.a. in

forza di un titolo esecutivo inefficace;

2) in via subordinata, la sospensione del processo esecutivo in attesa dell’esito dell’opposizione all’esecuzione già radicata dal debitore pignorato avanti al Tribunale di Cuneo, sempre in relazione all’affermata inefficacia del titolo esecutivo del creditore procedente.

A sostegno della sua rinnovata pretesa, il debitore affermava essere venuta meno la validità di tutti gli atti esecutivi fino a quel momento compiuti. In sostanza, quindi, la difesa del Caula sosteneva l’improcedibilità della procedura esecutiva, ancorché fossero intervenuti nel processo altri creditori muniti di titolo. L’esecutato invocava, infatti, l’orientamento recentemente espresso dalla Suprema Corte secondo cui: “la caducazione del pignoramento iniziale del creditore procedente, qualora

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non sia stato “integrato” da pignoramenti successivi, travolge ogni intervento, titolato o meno.”

(Cass. 13.2.2009 n. 3531).

In risposta a questa ulteriore domanda della parte debitrice, il G.E. ha pronunciato il provvedimento datato 27.10.2009, con il quale, da un lato, ha preso atto della sopravvenuta declaratoria di inefficacia del titolo esecutivo vantato dal creditore procedente, ma, dall’altro lato, ha nondimeno ordinato la prosecuzione dell’esecuzione (verso il riparto della somma ricavata) sulla base del constatato intervento nel processo di un altro creditore, munito di titolo, che aveva fatto istanza in tal senso. Il G.E. ha argomentato in merito alla non condivisibilità di quanto affermato dalla Suprema Corte nella recente pronuncia poc’anzi citata, ritenendo di aderire ad un diverso orientamento, fatto proprio anche dalla Cassazione in altre pronunce più risalenti (Cass., 17 agosto

1973, n. 2347, nonché Cass., 28 gennaio 1978, n. 427).

Avverso tale provvedimento, il debitore esecutato ha proposto davanti a questo Collegio due distinti reclami, poi riuniti all’apertura dell’udienza di discussione, entrambi tendenti ad ottenere la revoca dell’ordinanza 27.10.2009 ed a far dichiarare con effetto immediato l’inefficacia e/o la nullità del pignoramento e la conseguente improcedibilità dell’intera esecuzione.

Peraltro, un reclamo è stato dichiaratamente introdotto ai sensi dell’art. 624 e 669 terdiecies c.p.c., mentre, con il secondo, il debitore ha inteso far valere la medesima pretesa invocando gli artt. 630 e 178 c.p.c.. Inoltre, nel primo di essi, in via subordinata, il debitore ha instato comunque affinché il processo esecutivo venga sospeso in attesa dell’esito del processo di opposizione all’esecuzione

radicato con il ricorso depositato in data 13.5.2009.

Nella fase del reclamo si è costituita la creditrice pignorante MAGIC S.p.a., la quale - dopo avere sostenuto l’illegittimità del provvedimento del Tribunale di Parma che ha dichiarato inefficace il titolo - ha concluso per il rigetto di tutte le domande del reclamante e per la contestuale sospensione del processo esecutivo, sia in attesa della decisione della Cassazione sul ricorso contro la statuizione del Tribunale di Parma, sia in attesa della decisione del giudice cuneese della causa di opposizione all’esecuzione su ulteriori istanze della pignorante volte ad assicurare il suo diritto di partecipare alla distribuzione del ricavato. Infine, la società pignorante ha richiesto l’accantonamento delle

somme a lei spettanti.

Si sono costituiti infine anche gli intervenuti tardivi BORELLO F.lli S.r.l., la MARTINI S.p.a., la F.P. MANGIMI S.r.l. e la PAVEN S.r.l., aderendo alle richieste del reclamante.

Osserva

Sotto il profilo processuale, risulta preliminare la necessità di individuare la natura del provvedimento del G.E. datato 27.10.2009, anche al fine di valutare l’ammissibilità del gravame.

Sul punto, occorre anzitutto rilevare l’infondatezza della tesi proposta dal debitore esecutato secondo cui l’ordinanza in questione dovrebbe essere assimilata ad un provvedimento di rigetto su una richiesta di estinzione tipica (e dunque sarebbe reclamabile ai sensi dell’art. 630, comma 3, c.p.c.).

Infatti, in proposito, è opportuno ricordare che la statuizione del G.E. si è risolta in una decisione negativa sulla richiesta della parte debitrice di arrestare la procedura esecutiva o, quantomeno, di

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sospenderla in attesa della decisione del Tribunale di Cuneo sull’opposizione all’esecuzione già promossa, facendo valere a sostegno delle sue pretese la dedotta inefficacia del pignoramento eseguito dalla MAGIC S.p.a. (per tardiva notifica dello stesso).

Pertanto, il caso qui in esame ha per oggetto una domanda dell’esecutato volta a far dichiarare non l’estinzione in senso tecnico del processo, bensì piuttosto una chiusura cd. “atipica” del medesimo, comportante l’improseguibilità dell’esecuzione; dunque, contrariamente a quanto supposto dal difensore dell’esecutato, essa non può ritenersi soggetta alla disciplina prevista dagli artt. 630 e ss.

c.p.c. (si veda in tal senso l’orientamento espresso, già in tempi risalenti, dalla Suprema Corte, nella pronuncia a Sezioni Unite 18.1.1983 n. 413 e ribadito ancora recentemente da Cass. 12.2.2008 n.

3276 e Cass. 23.12.2008 n. 30201).

Il reclamo proposto dall’esecutato risulta quindi inammissibile nella parte in cui è stato proposto a

norma degli artt. 630 e 178 c.p.c..

Piuttosto, è doveroso sottolineare che, nella fattispecie, la contestazione sollevata da C.C. inerisce specificamente al diritto, sia del creditore pignorante, sia di tutti gli altri creditori intervenuti (ancorché muniti di titolo esecutivo), di procedere nell’esecuzione forzata.

In sostanza, quindi, la domanda del debitore era - ed è - anzitutto diretta a sollecitare il G.E. a prendere i provvedimenti necessari ad evitare il pregiudizio che potrebbe derivare al debitore dall’avanzamento della procedura, in attesa della decisione sull’opposizione all’esecuzione già proposta. Viceversa, a fronte di tale sollecitazione, il G.E. ha disposto la prosecuzione del processo, fissando udienza per la precisazione dei crediti in vista del riparto finale.

Trova conseguentemente applicazione l’insegnamento della Cassazione, a cui questo Tribunale ritiene di aderire, secondo cui: “In tema di esecuzione forzata, quando il giudice dell’esecuzione adotta un provvedimento che nega alla parte istante di proseguire nel processo esecutivo, si è in presenza di un atto esecutivo, contro il quale è dato di reagire nelle forme dell’opposizione agli atti esecutivi, allo scopo di ottenere che l’espropriazione intrapresa possa continuare. Quando, invece, il giudice dell’esecuzione si limita ad adottare i provvedimenti in cui il processo esecutivo si articola, ancorché in ipotesi sia stato sollecitato a pronunziarsi sulla mancanza del diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata, la reazione contro tali provvedimenti non può essere rappresentata dall’opposizione agli atti esecutivi, ma dall’opposizione all’esecuzione, poiché la ragione della domanda è nella contestazione del diritto a procedere ad esecuzione forzata e il suo oggetto è una pronunzia che accerti che il processo esecutivo non poteva essere iniziato e, quindi, proseguito, cosicché l’annullamento dell’atto cui l’opposizione è rivolta è conseguenza

mediata di quell’accertamento.” (Cass. 9.10.1998 n. 10028).

Nel caso di specie, peraltro, è parimenti doveroso rilevare che la statuizione del G.E. in data 27.10.2009 è intervenuta in un momento in cui un processo di opposizione all’esecuzione era già stato promosso avanti al Tribunale di Cuneo, dall’esecutato, proprio per i medesimi motivi (inefficacia del titolo esecutivo vantato dal pignorante) posti a sostegno di quella nuova istanza.

Non era dunque necessario per il debitore reagire, avverso il secondo provvedimento di diniego, con la radicazione di un nuovo processo di opposizione all’esecuzione, poiché della medesima

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questione è già stato investito il Tribunale di Cuneo, avanti al quale pende tutt’ora il relativo

giudizio di merito.

La pretesa del soggetto pignorato di evitare l’avanzamento della procedura esecutiva (ormai giunta al suo epilogo) ha dunque un carattere essenzialmente cautelare, poiché finalizzata ad assicurare gli effetti della decisione della causa di opposizione all’esecuzione già introdotta.

Il rinnovato rigetto da parte del G.E. della domanda del debitore è pertanto correttamente inquadrabile, dal punto di vista giuridico, come una statuizione negativa in ordine all’emissione

della misura sospensiva prevista dall’art. 624 c.p.c..

Non rileva che una precedente richiesta di sospensione dell’esecuzione fosse già stata respinta (sulla base dell’assunto che l’eventuale inefficacia del titolo esecutivo della MAGIC S.p.a. doveva essere fatta valere nella corretta sede processuale) in data 25.5.2009.

Infatti, ad avviso di questo Collegio, non vi è alcuna preclusione di legge ostativa al fatto che l’opponente all’esecuzione provveda a rinnovare al G.E. l’istanza di sospensione della procedura espropriativa, a norma dell’art. 624 c.p.c., laddove sopravvengano, come nella specie, circostanze

nuove a sostegno della sua pretesa.

Del tutto ininfluente risulta pure il fatto che la sopravvenuta declaratoria di inefficacia del titolo esecutivo sia stata pronunciata - peraltro con un provvedimento non definitivo, essendo stato impugnato in Cassazione - da un giudice (Tribunale di Parma) diverso da quello davanti al quale pende la causa di opposizione all’esecuzione, dovendosi ribadire che il potere di accertamento dell’inesistenza del diritto del pignorante a proseguire nella presente esecuzione spetta

esclusivamente al Tribunale cuneese.

Si noti, infatti, che la sopravvenienza dell’intervenuta declaratoria di inefficacia del titolo esecutivo del procedente ben potrà esser portata all’attenzione del giudice dell’opposizione all’esecuzione già pendente, posto che la Suprema Corte ha avuto modo di chiarire che la sopravvenuta caducazione del provvedimento giudiziale costituente il titolo alla base dell’esecuzione forzata esecutivo “è deducibile in ogni stato e grado del giudizio di opposizione.” (cfr. Cass. 9.1.2002 n. 210).

Alla luce di quanto sopra esposto, si deve quindi affermare, in definitiva, che le esigenze cautelari prospettate dal debitore al Giudice dell’esecuzione (che le ha rigettate con il provvedimento datato 27.10.2009) possono essere sottoposte ora anche ad un riesame, attraverso l’istituto del reclamo al collegio, ex art. 669 terdecies c.p.c., recentemente introdotto in questa materia dal novellato

secondo comma dell’art. 624 c.p.c..

Viceversa, deve dichiararsi inammissibile in questa sede non solo la domanda del debitore esecutato (a cui hanno aderito gli intervenuti BORELLO F.lli S.r.l., MARTINI S.p.a., F.P. MANGIMI S.r.l. e PAVEN S.r.l.) diretta a far accertare l’inefficacia e/o la nullità del pignoramento, poiché tendente ad ottenere una statuizione riservata al Giudice dell’opposizione all’esecuzione già radicata, ma anche la domanda del creditore pignorante volta ad ottenere la sospensione delle procedura esecutiva, poiché si tratta di pretesa già disattesa dal G.E. con una decisione mai fatta oggetto di reclamo,

neppure in via incidentale.

Chiarito quanto precede, nel merito del reclamo ex art. 624, co. 2, c.p.c. questo Tribunale ritiene che

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il provvedimento qui impugnato sia sostanzialmente corretto, apparendo pienamente condivisibile quanto sostenuto dalla Suprema Corte nelle pronunce ove è stato precisato che: “nel procedimento di esecuzione forzata a cui partecipino più creditori concorrenti, le vicende relative al titolo invocato da uno dei creditori (sospensione, sopravvenuta inefficacia, estinzione) non possono ostacolare la prosecuzione dell’esecuzione sull’impulso del creditore, il cui titolo abbia pacificamente conservato integra la sua forza esecutiva” (cfr. Cass. 17.8.1973 n. 2347, nonché

Cass. 28.1.1978 n. 427).

Invero, la problematica piuttosto complessa dei rapporti tra il pignoramento e gli atti di intervento, deve essere risolta alla luce del fatto che - come correttamente osservato da una parte della dottrina - il creditore titolato, spiegando intervento, propone un’autonoma azione, fondata su un titolo esecutivo diverso ed autonomo rispetto a quello del creditore procedente. L’intervenuto, in sostanza, si giova del pignoramento posto in essere dal primo creditore come atto formale, ma la sua azione esecutiva rimane legittimata dal suo titolo esecutivo e non è invece soggetta alle sorti del titolo esecutivo azionato dal procedente (la cui sopravvenuta inefficacia impedisce soltanto al

pignorante di compiere ulteriori atti esecutivi).

Ne consegue che possono riverberarsi in danno dei creditori intervenuti titolati soltanto le invalidità che colpiscono il pignoramento in quanto tale (e cioè concretanti un vizio del processo esecutivo) e non anche invece quelle che ineriscono i presupposti della (o gli atti prodromici alla) azione

esecutiva, quali sono il titolo esecutivo ed il precetto.

In altre parole, ferma restando la necessità di un pignoramento formalmente valido, risulta indifferente alla posizione del creditore intervenuto titolato non solo qualsivoglia vicenda estintiva (o sospensiva) del credito vantato dal pignorante, ma anche l’eventuale invalidità del suo titolo

esecutivo (e/o del precetto da lui intimato).

L’opposta soluzione - propugnata nel recente, ma non condivisibile, arresto di legittimità invocato dalla parte reclamante - comporterebbe invero la conseguenza di caratterizzare il processo esecutivo di un’irrimediabile instabilità, assolutamente irragionevole rispetto alla posizione degli intervenuti, i quali si vedrebbero gravati dell’onere di valutare la stabilità del titolo che sorregge l’esecuzione e la sua intrinseca capacità di resistere a tutte le possibili forme di impugnazione, per di più senza essere in grado di conoscere gli elementi di fatto che potrebbero portare ad una revisione del titolo esecutivo vantato dal pignorante. In un contesto di tal fatta, perfino la sentenza passata in giudicato (ipoteticamente aggredibile con una domanda di revocazione) non darebbe certezze definitive di tenuta, con conseguente svuotamento di qualsivoglia utilità dell’istituto dell’intervento.

Quanto sostenuto poc’anzi, diversamente da quanto ritenuto nella sentenza della Suprema Corte 13.2.2009 n. 3531, non elimina assolutamente le differenze tra intervento e pignoramento successivo, poiché soltanto utilizzando il secondo istituto i creditori ottengono il risultato di evitare che un vizio formale del primo atto di pignoramento (e cioè di una situazione, questa sì, da loro perfettamente valutabile) si ripercuota su quelle ulteriori posizioni, mentre limitandosi ad intervenire essi corrono il rischio di vedere travolta l’azione esecutiva, da essi esercitata in tali forme, come conseguenza della predetta invalidità dell’atto introduttivo del processo.

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Risulta assai significativo, a conferma dell’interpretazione qui adottata, il disposto dell’art. 629 c.p.c. ove stabilisce che l’estinzione del processo per rinuncia presuppone una declaratoria in tal senso, oltre che del creditore procedente, anche di tutti i creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo. Siffatta disposizione può infatti essere intesa come espressione di un principio generale in forza del quale, se - dopo un valido pignoramento - viene meno il diritto del pignorante a procedere ad esecuzione forzata, gli interventi titolati restano efficaci al fine di far proseguire il

processo esecutivo.

Del resto, anche l’art. 500 c.p.c. non condiziona affatto il diritto degli intervenuti titolati di provocare i singoli atti esecutivi alla permanenza di analogo potere in capo al creditore pignorante.

La ricostruzione dei rapporti tra intervento e pignoramento che qui si sostiene è, infine, perfettamente coerente anche con il principio della par condicio creditorum (ispiratore del procedimento esecutivo individuale, al pari di quello concorsuale, come ritenuto dalla Suprema Corte fin da tempi risalenti: cfr. Cass. 11.7.1969 n. 2557) che esclude la possibilità di attribuire al

creditore primo pignorante qualsivoglia diritto poziore.

Alla luce di quanto precede dunque, nel caso concreto, ove risulta intervenuto un creditore titolato (FERRERO MANGIMI S.p.a.), non è possibile pervenire ad una declaratoria di improcedibilità dell’intera esecuzione per il solo fatto che il titolo esecutivo vantato dalla MAGIC S.p.a. è stato

dichiarato inefficace.

Il presente processo esecutivo, infatti, ben può giungere alla sua naturale conclusione su impulso di tale diverso creditore che, all’udienza del 15.10.2009, ha fatto espressa istanza affinché “la procedura prosegua”. Invero, tale indicazione da parte dell’intervenuto munito di titolo, diversamente da quanto ritenuto dalla difesa dell’esecutato, costituisce atto di impulso univocamente finalizzato a provocare da parte del G.E. la pronuncia dell’ordinanza di distribuzione della somma ricavata ex art. 542 c.p.c. (posto che tale incombente costituisce l’unica decisione adottabile dal G.E. all’esito della già fissata udienza di precisazione definitiva dei crediti).

Le argomentazioni che precedono comportano la necessità di confermare il provvedimento reclamato anche nella parte in cui ha ritenuto di non accogliere neppure la richiesta subordinata della difesa dell’esecutato, finalizzata ad una sospensione della procedura in attesa della definizione dell’opposizione all’esecuzione già promossa avanti al Tribunale di Cuneo. Pure in relazione a tale richiesta, infatti, è doveroso evidenziare l’assenza di fumus boni iuris, dal momento che l’inefficacia del titolo esecutivo del pignorante risulta del tutto inidonea a determinare l’improcedibilità dell’intera esecuzione, nell’ipotesi in cui vi siano intervenuti muniti di titolo.

Il reclamo proposto da C.C., nella parte in cui risulta ammissibile (essendo proposto a norma

dell’art. 624 c.p.c.), appare quindi totalmente infondato.

Conseguentemente, il provvedimento di emesso dal Giudice dell’Esecuzione in data 27.10.2009

deve essere interamente confermato.

Non è necessario statuire in relazione alle spese di lite, essendo stata respinta la richiesta di natura cautelare ed essendo tutt’ora pendente sia la procedura esecutiva che la causa di opposizione all’esecuzione (omissis).

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