L'intermezzo IRAF è andato abbastanza bene (pochi problemi)
Abbiamo visto :
1) come si lancia IRAF (comando cl che sta per command language);
2) come si usa ds9 fuori e dentro IRAF;
3) che prima di dare il cl dobbiamo aver aperto il
terminale pittorico ds9 e il terminale grafico xgterm;
4) che se posponiamo ad ogni comando il simbolo & la finestra terminale rimane utilizzabile (il comando
viene eseguito in background);
5) l'importanza di scegliere i limiti giusti (z1 e z2 nel
comando display di IRAF oppure i 2 valori nello scale di ds9) per poter visualizzare al meglio i dettagli delle
immagini che ci interessano;
6) che i comandi (o le istruzioni, il termine inglese è task) di IRAF possono essere eseguiti in linea (non distruttivi dei valori di default) oppure utilizzando il comando epar (edit parameters) che modifica le impostazioni di default (per mandare in esecuzione un comando con epar bisogna dare al termine :go, per uscire da epar senza eseguire il
comando bisogna dare :q ove la q sta per quit);
7) che si possono ripristinare i valori di default col comando unlearn (es. unlearn disp ove disp sta per display poichè in IRAF i comandi possono essere abbreviati utilizzando
almeno le 4 prime lettere);
8) che imex, (abbreviazione di imexamine) permette di ottenere il profilo radiale (r) i 2 profili verticale e
orizzontale (j e k) e il profilo superficiale (s) di ogni oggetto (stella o galassia) presente nell'immagine;
9) che il formato FITS ( Flexible Image Transport System) contiene oltre ai dati (non leggibili perchè in binario) un header (in formato ascii e visualizzabile anche con ds9) che contiene le informazioni sull' immagine;
10) che col comando imcopy oltre a copiare un'immagine per intero ne posso copiare una porzione (es. 1 stella e 1 pezzetto di cielo).
L'ultima cosa che facciamo ora a completamento del primo intermezzo IRAF è ottenere 3 file ascii (col comando
wtextima) contenenti un pò di cielo una stella satura e una stella non satura.
In questo modo potremo visualizzare i valori (leggere i
numeri) e capire meglio (spero) il significato di espressioni come il numero totale di conteggi di una stella è pari a …
Prima di utilizzare wtextima bisogna estrarre con imcopy dall’ immagine originale (NGC4014_R.fits) una piccolissima porzione di cielo (5 pixel x 5 pixel) e due piccole porzioni
contenenti una stella satura e non satura.
Non è stato semplice…. Ricordo prima di tutto la sintassi di imcopy
cl> imcopy NGC4014_R prova [1]
(l’estensione fits può essere omessa perchè IRAF la
riconosce e la attribuisce anche all’immagine di output prova, che diviene prova.fits).
Con l’ [1] si crea un’ immagine “clone” della prima, una copia esatta.
cl>imcopy NGC4014_R[200:204,600:604] cielo [2]
Col [2] si estrae dall’ immagine “mamma” (NGC4014_R.fits) un’immagine (cielo.fits) che contiene i pixel compresi fra
200 e 204 in x e fra 600 e 604 in y, (quindi cielo.fits è un’
immaginina di 5 pixel x 5 pixel).
Si noti che i valori (in x e y) utilizzati nella [2] non
corrispondono a quelli che abbiamo usato effettivamente per estrarre il cielo che devono essere trovati sull’immagine: nel cielo non posso avere una stella, un difetto, una variazione sostanziale del fondo.
Cambiando il range di valori in x e in y nella [2] posso estrarre una stella non satura e una stella satura (quella che abbiamo chiamato scherzosamente saturone.fits).
Ci siamo accorti che una stella (per fortuna! E capiremo perchè) non sta su 5 x 5 pixel.
Ma già col piccolo pezzo di cielo sono cominciati i problemi perchè il wtextima se non gli si dice niente (non si cambiano i parametri di default) crea un file ascii in cui i valori
associati ai singoli pixel) vengono scritti in righe che hanno una lunghezza di 80 caratteri.
Questa scrittura per righe fino ad un valore massimo di 80 caratteri ci impedisce di collegare i valori che leggiamo alla struttura (geometria) dell’ immagine 5x5.
Qui sono entrati in gioco Daniel (Mittempergher) e Valerio (Oss) che
1) hanno mutato il parametro di default maxline da 80 a 30 permettendo così la creazione di un file ascii per il cielo
(quello che abbiamo chiamato cielo.txt ove l’estensione txt indica che si tratta di un file di testo) costituito da 5 righe e 5 colonne;
2) hanno contato i pixel (nella direzione orizzontale, x) delle immagini contenenti la stella satura e la stella non satura e hanno cambiato nuovamente la maxiline secondo la
relazione da loro individuata maxline=n pixel x 6.
Il “saturone” di Daniel immagine e file ascii (i numeri non si riescono a leggere ma si intuisce comunque la posizione della stella).
La stella non satura di Valerio (immagine e file ascii) anche in questo caso i numeri non si riescono a leggere ma si
intuisce comunque la posizione della stella.
La stella non satura di Valerio (immagine e file ascii) anche in questo caso i numeri non si riescono a leggere ma si
intuisce comunque la posizione della stella.
Questo invece è il file ascii della stella non satura di Giulia
(Lusetti). Domanda per voi : come posso dire che è la stella non satura?
Qui riusciamo a leggere i valori, a determinare il centro della stella e anche la sua estensione (numero di pixel).
Osservate come i valori più bassi si abbiano ai 4 angoli (i punti più lontani dal centro della stella), il cielo risente probabilmente ancora della “luce” della stella, per esserne certi dovremmo
leggere e confrontare i valori di cielo.txt.
3210 3299 3274 3344 3295 3410 3370 3429 3530 3517 3398 3472 3408 3460 3277 3337 3323 3239 3212 3223 3177 3254 3343 3201 3375 3476 3451 3472 3647 3550 3656 3554 3641 3513 3465 3476 3359 3342 3354 3236 3251 3240 3240 3330 3364 3487 3416 3551 3685 3699 3690 3886 3870 3731 3754 3676 3625 3490 3395 3341 3326 3343 3262 3280 3380 3461 3472 3549 3724 3768 3986 4084 4210 4142 4116 4086 3971 3708 3613 3573 3386 3395 3273 3272 3283 3407 3504 3529 3744 3840 4109 4347 4602 4846 4790 4742 4543 4296 4111 3804 3623 3542 3371 3274 3248 3452 3416 3518 3708 3834 4229 4571 4955 5389 5633 5712 5668 5275 4836 4453 4032 3861 3612 3497 3405 3337 3396 3473 3584 3876 4109 4389 4992 5637 6258 6755 6994 6508 6158 5519 4882 4306 3983 3752 3533 3370 3320 3427 3612 3689 3907 4243 4839 5532 6392 7413 8046 8259 8058 7312 6311 5381 4661 4152 3914 3650 3437 3382 3393 3583 3782 4076 4586 5138 6058 7337 8489 9398 9848 9307 8340 6993 5908 4948 4357 3885 3569 3465 3349 3485 3658 3709 4101 4579 5412 6293 7770 9362 10414 10732 10234 9199 7557 6250 5178 4472 3930 3654 3470 3412 3488 3662 3678 4133 4610 5425 6669 8039 9617 10826 11149 10571 9195 7711 6282 5197 4458 4035 3584 3454 3331 3456 3616 3731 4100 4686 5437 6484 7921 9279 10340 10600 10177 8944 7474 6184 5101 4347 3913 3680 3465 3356 3500 3565 3765 4068 4521 5138 6127 7217 8364 9379 9615 9116 8142 6741 5792 4857 4237 3830 3579 3494 3420 3464 3604 3695 3926 4264 4795 5592 6450 7405 8079 8266 7952 7154 6061 5224 4662 4058 3798 3472 3390 3370 3442 3577 3557 3806 4011 4407 5008 5562 6172 6677 6723 6615 6030 5410 4799 4291 3933 3704 3435 3328 3341 3380 3472 3602 3702 3820 4208 4513 5000 5330 5576 5615 5485 5243 4728 4362 3868 3781 3581 3421 3345 3387 3340 3430 3534 3560 3757 3892 4118 4324 4487 4744 4784 4684 4493 4292 3944 3752 3620 3504 3363 3349 3261 3459 3363 3532 3531 3586 3617 3809 4053 4114 4259 4275 4172 4088 3864 3653 3599 3476 3387 3398 3287 3210 3348 3337 3353 3421 3502 3507 3686 3681 3723 3881 3788 3818 3730 3652 3542 3534 3413 3319 3352 3292 3224 3296 3336 3401 3420 3517 3499 3534 3614 3619 3654 3552 3632 3519 3540 3431 3429 3322 3377 3275 3271 3204 3295 3202 3377 3319 3381 3315 3422 3416 3490 3443 3504 3435 3422 3431 3379 3406 3312 3299 3245 3281 3264
Concludendo : misurare la magnitudine di una stella significa sommare tutti i valori (intensità luminose) ad essa associate e sottrarre alla somma finale un valore corrispondente al valor medio del cielo (corretto per eventuali imperfezioni come raggi cosmici, stelline deboli non risolte, difetti ecc) moltiplicato per un numero di pixel pari a quello occupato dalla stella, oppure
sottrarre ai pixel della stella un’ uguale quantità di pixel di cielo.
Il cielo deve essere selezionato il più vicino possibile alla stella e tutto attorno ad essa.
Ancora 3 note sull’uso di wtextimage:
1) nell’ help è scritto che funziona solo per immagini in formato IRAF :non è vero lo abbiamo utilizzato per le immagini FITS.
2) In output possiamo avere solo l’header, solo i valori di intensità (conteggi) associati ai pixel o entrambe le cose.
L’opzione del tipo di output è regolata dai parametri header (yes or no) e pixel (yes or no).
3) L’immagine da cui abbiamo estratto cielo e stelle conteneva numeri reali (non valori interi) perchè non era un’immagine
“rozza” appena acquisita dal CCD ma era stata elaborata
(secondo la procedura standard di riduzione delle immagini che prevede la sottrazione del BIAS e la divisione per il FLAT
FIELD), tuttavia i valori restituiti da wtextimage sono degli
interi come potete verificare nella slide precedente, per cui wtext ha effettuato un’approssimazione legata probabilmente al valore di default del parametro format.
Il CCD
Abell 2218
È costituito da una serie di elementi indipendenti (i
pixel, picture element) che hanno dimensioni fra 10 e 30
μ
Il numero di elettroni è proporzionale al numero di fotoni e alla loro energia.
La relazione fotone elettrone non è tuttavia 1 a 1
Ogni pixel è in grado di “trattenere” gli elettroni prodotti per effetto fotoelettrico dalla radiazione incidente.
Un fotone di energia fra 1.14 e 5 eV produce una coppia elettrone lacuna. Un fotone con energia maggiore di 5 eV produce più di una coppia .
(Qui ho improvvisato un esercizio per verificare l’intervallo di sensibilità in lunghezza d’onda corrispondente a 1.14 – 5 eV, vi ricordate la “tragedia” della conversione cm Angstrom?)
Se non vengono trattenuti dai pixel, gli elettroni si
ricombinano con le lacune in un tempo brevissimo (100 micro secondi).
I valori che “leggiamo” sul CCD non sono il numero di elettroni ma una quantità ad esso legata, le ADU
(analogic to digital units) dette anche “conteggi”.
Il guadagno (gain) del CCD stabilisce il legame fra elettroni ed ADU.
gain= Ne ADU
La capacità di raccolta dei pixel non è illimitata.
Full well capacity (dipende dal CCD) tipicamente fra 100 000 e 600 000 elettroni.
Superato questo valore il pixel è detto saturo.
Allo stesso modo il numero di ADU non è illimitato ma dipende dalla precisione del sistema di acquisizione dati.
Generalmente i numeri interi sono registrati su 2 byte (16 bit). Pertanto si hanno a disposizione ossia
65536 valori, ossia valori fra 0 e 65535 216
L'intervallo di conteggi di un CCD varia fra 0 e 65535.
Calcolare il corrispondente range dinamico in magnitudini.
Esercizio 8
Esercizio 9
Se abbiamo a disposizione 65535 ADU e un CCD con una full well capacity di 200 000 elettroni, qual è il valore del guadagno che ci consenta il massimo range dinamico?
Un rivelatore perfetto Q.E. 100 %
Risposta uniforme
linearità
Rumore nullo
Caratteristiche fisiche note
Range dinamico illimitato
Q.E. di un CCD:
2000 x 4000 15 μ
La linearità di un CCD:
In ascissa i conteggi, in ordinata la percentuale di non linearità (+/ 10%)
Esercizio 10
Esponiamo il CCD ad una sorgente luminosa (per es. una stella, non variabile) per 1,2,4,8 secondi.
Otteniamo i seguenti conteggi (somma e/o integrale su tutta la stella, cielo sottratto):
10431, 20221,40143 e 81204.
Determiniamo la linearità del CCD.
BIAS
È una posa non esposta
(otturatore chiuso e tempo di posa uguale a zero).
Serve per determinare il rumore strumentale del fondo.
DARK È un bias lungo (otturatore chiuso e tempo di posa pari a quello delle
acquisizioni scientifiche).
Segnala la presenza di eventuale rumore termico.
Flat Field
Permette di correggere le non uniformità di risposta (pixel to pixel variations).
Può essere effettuato sul cielo (notturno privo di stelle o ad
alba/tramonto) o utilizzando una lampada che illumina una zona uniforme della cupola (per
esempio coperta con un telone).
Riduzione standard delle immagini CCD
Ad ogni immagine acquisita (scientifica, flat field e dark) deve essere sottratto il bias che costituisce una sorta di offset strumentale.
La sottrazione di immagini implica una sottrazione fra i singoli pixel (corrispondenti).
Se il dark (sottratto del bias) non presenta alcun residuo l'immagine scientifica (avente esposizione uguale a quella del dark) può essere divisa per il flat field. In caso contrario deve prima essere sottratta del residuo dark (o direttamente del dark non sottratto del bias) e poi divisa.
RICAPITOLANDO
ReducedIma= Ima−bias flat field−bias
Ima è l’ immagine scientifica, il flat field deve essere acquisito nella stessa banda dell'immagine scientifica.
Dalla [1] si vede che l'immagine ridotta avrebbe un valore di ADU più basso di quello dell'immagine non ridotta.
In particolare se il flat field ha un valore medio pari a 8000 ADU e l'immagine pari a 500 600 (ADU) le ADU sull'immagine ridotta potrebbero attestarsi attorno a 0.06 0.08.
[1]
ReducedIma= Ima−bias
flat field−bias⋅avecountsff −bias
Pertanto, per evitare problemi legati alla precisone numerica si è soliti moltiplicare il secondo membro della [1] per un numero che rappresenta il valor medio dei conteggi dell'immagine flatfield bias.
In alternativa alla [2] si può normalizzare l'immagine flat field – bias a se stessa (ossia
dividere il denominatore della [2] per il valor medio dei conteggi dell’ immagine flatfield bias). Come si può vedere è la stessa cosa.
[2]
Conviene acquisire N flat field e bias e farne la media (l'errore sul valore medio cala come la )
√
NPertanto la “formula” finale per la riduzione standard risulta:
ReducedIma= Ima−avebias
aveflatfield−avebias⋅avecountsave
ff−avebias
La riduzione delle immagini CCD introduce un errore: l'errore legato a ciascuna immagine
(fluttuazione poissoniana del segnale, presenza di raggi cosmici)
Esercizio11
L' esposizione di un CCD ad una sorgente di luce uniforme (Flat Field) produce (una media) di 1800 conteggi.
Le variazioni di risposta strumentali (pixel to pixel variation) sono pari all' 1%.
Sono maggiori o minori della fluttuazione statistica associata al segnale?
Che valore devono avere i conteggi per consentire la rilevazione della pixel to pixel variation?