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(5)

A R TE

IT A L IA N A

D E C O R A T I V A

E

I N D U S T R I A L E

P E R IO D IC O MENSILE

P U B B L I C A T O S O T T O IL P A T R O C IN I O

D E L M I N I S T E R O DI A G R I C O L T U R A , I N D U S T R I A E C O M M E R C I O

E D IR E T T O DA

C A M ILLO B O IT O

POLITECNICO DI TORINO INVENTARIO N.34904 BIBLIOTECA CENTRALE...

ROM A - MILANO - VE NEZIA - BE R G A M O

F r a t .

C A T T A N E O

s u c c . a

G A F F U R I

e

G A T T I

- E d i t o r i M D C C C X C I I

A S S O C IA Z IO N E E D I S T R I B U Z I O N E

L i b r e r i a

FER D IN A N D O O N G A N IA

- V e n e z i a

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(7)

An n o II. LUGLIO 1892

A R T E I T A L I A N A

DECORATIVA E INDUSTRIALE

È riservata la proprietà a r tistica e letteraria secondo le le g g i e i tr a tta ti internazionali.

I.

L E T T E R A AGLI E D I T O R I

on posso dire di no. Lor si­

gnori mi scrivono, con molta chiarezza e con troppa bene­

volenza: — O Ella assume la direzione dell ' Arte Italiana e noi la pubblichiamo, o Ella rifiuta e noi ce ne laviamo le mani. — Come si fa a ri­

fiutare?

Sono tanti anni che si predica: — Le industrie hanno bisogno dell’arte per entrare nel commercio e per coo­

perare alla ricchezza del paese. — Poi si ragiona del buon gusto dei Francesi, che fa penetrare da per tutto, nei più lontani luoghi civili, i loro prodotti; e si rammentano in ciò i tenaci sforzi degli Inglesi, già compensati di così lieti successi; e si avverte come Tedeschi e Svizzeri, la­

sciando da parte quel po’ di goffo che avevano, ed i Russi e altri popoli, tornando al carattere dei loro vecchi stili, sieno decorosamente entrati nel gran mercato euro­

peo delle merci d’ogni specie, sfarzose o modeste, nelle quali hanno luogo, più o meno, l’allettamento della for­

ma, la seduzione del colore, e, quel che più importa, qualcosa dello spirito vario e singolare dell’ arte. E noi?

Noi, per verità, siamo andati innanzi, da quindici o vent’anni, moltissimo, tanto nella tecnica delle industrie artistiche quanto nella loro bellezza. I nostri mobili sono composti con più grazia di prima ed eseguiti con mag­

giore solidità; le nostre ceramiche hanno migliore aspetto e migliori vernici, e via via. L ’abbiamo veduto anche nella ultima Esposizione italiana di Palermo; ma la strada per­

corsa da noi è breve al paragone delle distanze superate da alcuni altri popoli. Ci resta ancora molto da camminare.

Ora, quali sono i principali mezzi per migliorare le condizioni presenti delle nostre arti industriali, delle no­

stre industrie artistiche?

I bei modelli e il buon insegnamento, cui vorreb­

bero provvedere il Governo ed un poco, qua e là, qualche Comune, qualche Provincia, qualche raro Corpo morale, riescono infecondi senza l’aiuto dei Musei, nei quali si trovino ampie collezioni di pregevoli oggetti vecchi d’ogni genere. Solo vedendo, e vedendo molto, è possibile for­

marsi un gusto fine ed un criterio esatto dei modi con cui l’arte si applica ad una determinata industria; e la

memoria prima, poi la fantasia si arricchiscono; e si ri­

vela a poco a poco, insieme con l’ immaginazione, la originalità individuale. Senonchè noi abbiamo pensato a formare i Musei d’arte industriale e decorativa quando gli stranieri ci avevano già portato via le cose più belle dei nostri gloriosi secoli passati, quando il poco che re­

stava era cresciuto straordinariamente di prezzo. Non di meno Firenze, Venezia, Milano, Torino, Roma, Napoli, Bologna, Brescia, Parma e molte altre città, ne’ loro Musei Nazionali o Civici, Archeologici o Artistici, annessi alle Scuole d’arte applicata alle industrie o privati, pos­

siedono cose ammirabili in tal numero, che, riunite, ba­

sterebbero a comporre una raccolta degna di figurare accanto alle più celebri delle grandi e ricche nazioni.

Aggiungiamo a questa ricchezza l’ altra inesauribile delle nostre chiese e dei nostri palazzi, ed avremo un materiale stupendo, che ci ammaestrerebbe davvero a ritrovare il bello nell’utile, con profitto del paese e degli artefici.

Codesto materiale bisogna farlo conoscere.

A così fatto intento il Periodico, di cui lor signori mi offrono la direzione, fu appunto ideato dalla Commis­

sione centrale per l’ insegnamento artistico-industriale; a questo intento il Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio deliberò di sussidiarlo generosamente, e con queste intenzioni, pubblicato da un editore, che ama l’arte e le cose ben fatte, compì con grande onore il primo anno di sua vita, diffondendosi in Italia e, ancora più, all’estero.

Ma il cav. Ongania, avendoci rimesso, non ostante al sussidio ministeriale, molti quattrini, ed essendo occupato in altre costose pubblicazioni, troncò l’ impresa; la quale sarebbe caduta, con vergogna del paese e del Governo, se lor signori non fossero venuti a rialzarla, fiduciosi nell’avvenire, desiderosi di dare al loro vastissimo stabi­

limento, il primo d’ Italia nel suo genere, il lustro di una pubblicazione tanto utile.

E l ' Arte Italiana decorativa e industriale rivedrà la luce, vivace e vitale, perché, come trovò nel primo anno quasi 400 associati al di là dei confini, così ne troverà dentro e fuori molti altri, e procederà più sicura al suo scopo.

Il titolo, le materie, il fine, i modi, tutto fu stabi­

lito con previdenza minuziosa dalla rammentata Commis­

sione centrale, la quale, per mezzo mio, vigilava la pub­

blicazione. E se rammento ciò, non lo faccio per altro che per mostrare come nel continuare il Periodico quale venne iniziato io compio un dovere verso il Ministero, i miei colleghi e me stesso. Non si muterà dunque nulla, salvo che testo e disegni saranno più condensati. Nello stesso spazio dovrà capire più roba.

N.° 1.

(8)

Vorrei pure che le officine e le scuole potessero ca­

varne più diretto vantaggio; perciò alle avvertenze tec­

niche, agli ammaestramenti didattici si darà molto mag­

giore importanza. Verrà aggiunta una rubrica: Libri vecchi e nuovi per le scuole e per le officine. Quante volte ho udito ripetere : — Mancano per questa cosa o per quella i libri, gli esemplari, i modelli! — Novanta voltesu cento non mancano; ma si ignora che esistano. Spesso i maestri od i capi-officina comprano dellarobaccia straniera, perchè non sanno che in Italia, forse nellastessa cittàove hanno luogo i lamenti, vennero pubblicate opere acconcie e poco costose. Cercare e non trovare quel che abbiamo spesso sotto mano, ecco uno dei nostri perditempi. Ignorar di ignorare, ecco il peggiore denostri guai.

Però bisogna che i capi-officina ed i maestri sappiano adoperare opportunamente libri e modelli. Pensare che ad alcuni di essi (pochi per fortuna) sembra quasi superflua la parte, che in questa Arte Italiana è la meglio proficua e che non si trova tanto sviluppata in nessuno di altri simili Periodici stranieri: quella che comprende le tavole grandi dei particolari, disegnati nella grandezza degli og­

getti, e corredati di piante e di sezioni! Le pareti delle of­

ficine e delle scuole dovrebbero allincontro venire tap­

pezzate di codesti am pi disegni, sicché loperaio e lalunno abbiano sotto gli occhi, non delle riproduzioni piccine,

ove la forma piuttosto sindovina che non sintenda,

ma delle rappresentazioni effettive, tali da poter essere tradotte con precisione assoluta nel legno, nel ferro, nel marmo, nella terra cotta, nelle altre materie di cui le industrie si servono.

Se vè argomento in cui riesca fatale lassuefazione al vago, allindeterminato, al presso a poco (difetti de

pigri e di chi, in fondo, non sa) è appunto questo vasto ma concreto regno delle industrie artistiche e decorative,

ove il brioso spirito della bellezza deve giovare agli usi,

piegarsi ai gusti e manifestarsi materialmente. Ilmalanno di noi Italiani è, in generale, questo delle cose fatte a un bel circa ; e l' Arte Italiana, nel campo che le spetta,

farà ogni sforzo per cercar di guarirlo. Mi protesto di lor signori

d e v o ti s s im o

Ca m i l l o Bo i t o.

i l

I l p o r t o n e d e l v e s t i b o l o n e l l a c e r t o s a d i P a v i a

— T av. I . F ig . I —

|e la volessi pigliar da lontano dovrei com inciare a parlare della C ertosa, e se cominciassi così chissà quante pagine scriverei: cosa che non debbo nè ho intenzione di fare. M a è tal monumento, questo cui appartiene il “ Portone „ pubblicato da noi, che non è possibile non accennarlo in qualsivoglia occa­

sione nel suo complesso, anche quando ci si proponga di p arlare di una sola, e, m agari, di una piccolissima delle sue parti.

Che miniera inesauribile per i decoratori, per gli scultori di ornati, pei musaicisti, p er tutti quelli insomma che hanno vivo il culto del bello e nell’esercizio di un ramo qualsisia dell’arte si occupano

Si tra tta di un edificio del rinascim ento__ ossia, tutto del rinascimento no; perchè, effetti­

vam ente, la C ertosa di Pavia venne eretta per desiderio del duca Giangaleazzo Visconti, di q uesto principe singolarm ente a- stuto, che molto fece anche pel Duomo di M ilano; anche se non è vero, come alcuni ritengono, che l’opera sua non sia stata quivi sostanziale e decisiva.

Giangaleazzo, sia per astuzia politica, sia per ambizione, sia per altra ragione, il fatto è che immaginò la erezione di cotal su­

perbo edificio; il quale, nel con­

cetto primo del suo ideatore, doveva essere un im ponente se­

polcreto per sè e la famiglia.

Così nel 1396 ai dì 27 d ’agosto con grande festa e col con­

corso di tanta gente e — si sa — del duca e dei suoi figliuoli si gettava la prim a pietra del formosissimo tem pio.

E ’l disegno chi l’aveva d ato? V attelapesca.

B ernardo da Venezia. P are. Q uesti infatti all’epoca delle fondazioni era l’ingegnere in capo dei lavori. Ma è egli provato che questo buon frate abbia tanto onore? No. Superflua cosa

Fig. 1. Portone del Vestibolo nella Certosa di Pavia.

del resto, qui andare a cercare la verità su ciò. P erc h è poi questi edifici m onum entali così grandi e ricchi, generalm ente non sbocciarono mai dalla mente di un solo; e rappresentano il con­

corso di varie intelligenze, le quali via via che il tem po si è svolto hanno pigliato vari atteggiam enti. Quindi è naturale che la C er­

tosa di P avia sia di diversi stili: abbia del medioevo, e del ri- nascim ento sopratutto; e se è organica nelle linee generali non

vuol dire che nelle particolari non rifletta lo spirito vario, mul­

tiforme, che l’anima da cima a fondo.

E cco come si spiega che ad un edificio originariam ente me­

dioevale faccia da ingresso un vestibolo com pletam ente del ri- nascimento nelle sue forme a r­

chitettoniche e in quelle decora­

tive; e un edificio così abbia una facciata fioritissima d ’ornati clas­

sici, e dentro abbia architetture, pitture e sculture in quel gusto del X V I secolo, che sta bene esaltare e benissimo lodare e am m irare a patto di non p erd ere il filo della giustizia.

Chè — sia detto p er inci­

denza — l’arte non finisce col X V e X V I secolo. —

O rbene il “ P ortone del V e­

stibolo „ quale lavoro di arch i­

tettu ra — come vede il signor lettore da sè — non ha alcun segno particolare che possa d e­

stare un g rande interesse. F orse il sottogrondale o vòltina a pa- diglioncini in cima, invece di una am pia trabeazione più comune e più classica? Chissà! L eonbattista A lberti — il forte precursore di Leonardo, l’acuto e dotto indagatore dell'arch itettu ra classica,

— a F irenze non avrebbe adoperato la volticina che adoperò l’architetto del “ P ortone „ della Certosa.

Comunque sia, se il “ P o rto ne „ della C ertosa nella sua a r­

chitettura è singolare in qualcosa, è nella volticina fa tta viepiù

(9)

D E C O R A T I V A E I N D U S T R I A L E 5

interessante dalla fioritura d'ornam enti policromi che le danno pregio.

E ’l pregio del “ Portone „ sta proprio tutto in tali orna­

menti. Sì: non c ’ è superficie per quanto piccola la quale non sia decorata. L e linee architettoniche hanno qui l’umile ufficio di inquadrare le forme ornamentali e figurative; l’ architettu ra, sovrana sempre, qui è ancella — direbbe il G arnier. M a i grandi non sentono mai umiliazion di nulla ed è loro speciale virtù quella di sapersi adattare a tutti i casi e a tutte le circostanze. Il pittore quivi si è imposto all’architetto, e l’architetto ha fatto benissimo a lasciare che il decoratore sfoggiasse in fantasia.

V e d a: la superficie piana non gli bastava; colla pittura ha immaginato che sotto il delicato architrave e ’ vi fosse una su­

perficie indietro. A questo modo ha potuto muovere le linee, av­

vivare con una massa di scuro l’assieme, dipingere d e’ vaghi cassettoncini e evitare — sagace sottigliezza! — che altre linee parallele seguissero accosto le linee in rilievo dell’architetto.

L e osservazioni verso le cose dell’arte vanno fatte a questo modo, almeno da chi sente dentro la volontà dell’im parare e la compiacenza del sapere; le cose dell’ arte, vo’ dire, vanno stu­

diate nei loro accorgimenti, e studiate così sono di “ vitale nu­

trimento„ a quegli che osserva. Il quale se vuol essere uomo giudizioso, nello studio delle cose antiche deve badare di non scom pagnar mai l’entusiasmo dalla riflessione. Non deve vedere p er vedere, ma vedere per sentire. F uggirà solo in tal caso al­

l’accusa di essere superficiale, e si distinguerà dalla gran massa che vede per vedere e tutto sfiora e scolora quello che per di­

sgrazia colpisce il suo sguardo. Non dico impressiona il suo animo.

* **

Nella lunetta semicircolare c ’è dunque uno stemma sorretto da due angioli ritti. Chi lo fece ? Lo fece Giovanbattista Pozzi nel 1580, probabilmente quando venne riempita la centina della porta, la quale — se lo ricordi — in origine era tu tta ap erta sì come lo dimostrano le formelle o rosoni dipinti nell’ intradosso o grossezza interna dell’arco.

Sopra a questo — mi par di fare il Cicerone; ahimè! sino­

nimo di descrittore disordinato e vacuo (1); sopra questa porta c ’è una statuetta — il Salvatore risorto —- cui fa corona una graziosissima ghirlanda di dieci putti dipinta a fresco. L a sta­

tuetta è mediocrissimo lavoro del X V I secolo. E ai fianchi “ la Annunziazione ,, la Vergine in ginocchio, che divotamente riceve l’Annunzio dall’Angelo. Nel sottogrondale il P ad re Eterno, ma­

lamente ridipinto in epoca posteriore, in mezzo ai profeti G ere­

mia e Salomone a sinistra e Isaia ed Ezechiele a destra. Sopra ai profeti i tondi contengono ciascuno una mezza figura d ’A n­

giolo. Nei triangoli con la base rivolta alla gronda del tetto figure e grottesche graziosissime. T u tte queste pitture sono attribuite a Bernardino Rossi o D e’Rossi, il quale le eseguì intorno al 1508.

Questo, per ciò che riguarda la storia, ed esposto in quella form a gelida, che piace tanto agli amici della fedeltà storica; la quale sarebbe meritevole, credo, anche di più considerazione se potesse colorirsi con quel certo intuito vago dell’arte “ che anima tutto ciò che tocca „.

L a frase è del Villari e io la riadopro per domandarmi se Bernardino D e’ Rossi veram ente animò col pennello le fredde linee architettoniche del “ P ortone „ che noi pubblichiamo. E rispondo: Sì. L e animò; poiché, se l’ opera sua pittorica fosse ancor meno pregevole, il colore di per sè stesso fa lieto tutto quello che tocca.

A rigore, pertanto, desidererebbesi più delicata genialità di forme e più aristocratica finezza di lavoro. M a nell’opera della decorazione non bisogna poi spingere l’acùleo dell’osservazione tanto ingiù, e per questo, a m algrado che il D e ’ Rossi siasi mo­

strato qui un pochetto volgaruccio, noi stimammo util cosa quella di riprodurre sull’A rte Italiana il “ Portone „ della C ertosa, perchè chi studia e lavora valuti convenientemente l’opera di uno che non fu l’ultimo decoratore del rinascimento.

L a tavola in colori che pubblichiamo venne tolta da uno studio eseguito sul vero dal giovane Cesare Greco della Scuola Superiore d ’A rte applicata alla Industria in Milano (che ebbe uno dei premi annuali governativi) e lo eseguì animato dal desiderio di star fedele all’originale, sì come il desiderio di quegli che scrisse la presente nota accom pagnatoria fu quello di esser fedele alla ragione della storia e a quella dei fatti.

Al f r e d o Me l a n i.

(1) Più d ’una volta mi sono chiesto, um iliato, come m ai si continui da noi a chiam ar col nome di “ C icerone, „ col nome di quel celeberrim o oratore, filosofo e uom o di S tato che sventò la congiura di Catilina, e tan to circondò il suo nom e di fam a legittim a, — come m ai si continui da noi a chiam are col nome di “ C icerone „ chi serve di guida ai forestieri nelle c ittà ; che è gene­

ralm ente persona incolta e diffonditrice di fiabe. F orse il facil ragionare assai comune ai cosidetti “ C iceroni „ giustifica (giustifica per modo di dire) tale nome preso da quegli che non chiacchierava, cioè non diceva cose vane e sciocche, m a colle sue orazioni (Filippiche) provocò la g u erra contro A ntonio e si fece celebre so p ra tu tto per questa.

Fig. 2. C apitello nel nuovo Museo delle T erm e Diocleziane in Rom a.

(10)

III.

LA PROSPETTIVA PARALLELA

N E L D IS E G N O D E L L E A R T I IN D U S T R IA L I Tutti i solidi più o meno geom etrici che n atu ra ci porge

sono dotati di tre dimensioni, quali sono: altezza, lar­

ghezza e spessore o profondità. P e r esprim ere la form a di questi corpi geom etrici, in guisa da p o ter li costruire m isuran­

done il disegno, non b asta ordinariam ente una sola figura, ed il disegnatore li riproduce valendosi delle proiezioni ortogonali: v al a dire, riferisce i punti più im portanti del corpo ad un piano orizzontale (pianta) e ad un piano verticale coordinato (prospetto principale).

Q ueste due proiezioni dello stesso solido, sono quelle che appaiono al nostro occhio, guard an d o il solido p e r di so pra e di fronte.

Diamo nella Fig. 3 la pianta ed il p ro ­ spetto di un parallelepipedo a base rettang olare.

Con questo m etodo, i q u attro spigoli che partono dagli angoli della faccia anteriore (pro­

spetto), p erch è ad angolo retto colla faccia stessa, si p roiettano in un punto ; e nella figura del prospetto, la loro lunghezza è rid otta a zero, nè può vedersi nonché m isurarsi. Se poi il solido ha incavi o rilievi speciali nei fianchi è necessario cam biare il solido di posizione rispetto al piano verticale ed o ttenere una o due nuove proiezioni sul medesimo (prospetti laterali).

P e r un solido sem plice, riesce facile a ll’artigiano che deve riprodurlo dai disegni, lo im m aginare collegate le varie p ro ie­

zioni in guisa da avere del medesimo la form a com plessiva. M a se il solido invece è complesso, può ingenerarsi confusione nel­

l’atto di questa sintesi m entale delle sue diverse app arenze, od almeno va perduto del tem po nel chiarirsene. E v id ente quindi la necessità di p ro c u rare una espressione unica del solido, la quale raccolga in sè tu tte le di lui dimensioni, ed offra tosto la sua form a quale ap p a rir deve al nostro occhio.

Q uesto si ottiene col disegno p ro ­ spettico del solido, o colla sua prospet­

tiva concorrente. Se o sse rv a si, p er esempio, il parallelepipedo della F ig. 3, fissando alquanto a destra la posizione del nostro occhio, la faccia p arallela al piano verticale ci offre due delle dom andate dimensioni, m entre la terz a viene d ata dagli spigoli fuggenti che partono dal vertice di ciascun angolo della faccia stessa. P e r la intelligenza del solido, la espressione del suo aspetto g en erale o ttenu ta colla p rospettiva concorrente (Fig. 4) è perfetta.

T u ttav ia v' ha un guaio serio a cui rim ediare.

L ’artigiano che debba costruire il solido ha bisogno di mi­

surare ciascuna delle sue tre dimensioni. In questo disegno p ro ­ spettico (dato il caso che la fro nte dell’oggetto sia sul piano verticale o del quadro, e non al di là) se la larghezza e l’altezza si possono m isurare presto e direttam ente, non si può fare al­

trettan to delle faccie in iscorcio.

In natu ra le sei faccie del solido, ora esaminato, sono a due a due eguali e parallele, m entre nel disegno a p ro sp ettiv a co ncor­

rente nessuna faccia presenta la stessa grand ezza e due soltanto sono simili fra loro. Gli spigoli che scorciano, dovendo concorrere per legge pro spettica al punto di vista, le due basi e le faccie laterali si allontanano molto dalla loro form a, e quanto più lontane dall occhio, tanto più diminuiscono le loro due dimensioni.

Esam inando la Fig. 4, delle sei faccie che racchiudono il so­

lido, una soltanto è nella sua v era form a e grand ezza: e sebbene ci sia modo di trovare la form a e gran dezza anche di tu tte le altre, le operazioni all’uopo necessarie non sono abb astan za sollecite.

L a prospettiva parallela od a cavaliere, d etta altrim enti proiezione obliqua, risolve com pletam ente questo problem a, di prim a necessità p er l'artista costruttore. Q u esta prospettiv a offre dunque il grande vantaggio di presentare in una sola figura l' immagine di un corpo sopra un piano, con tutte le sue dimen­

sioni facilm ente misurabili.

Gioverà p er altro che il solido m antenga rispetto al piano di proiezione la posizione più semplice, la quale offra nella v era misura due delle dimensioni: e p er solito si lascia la sua faccia anteriore parallela al piano verticale, ottenendo così direttam ente le dimensioni della larghezza e dell’altezza.

R iprendiam o lo stesso solido della F ig ura 4, e segnata sulla linea di terra una delle dimensioni della base, in A B, con­

duciamo dai due estremi A e B , invece delle concorrenti che

l’occhio v orrebbe, due parallele oblique sotto angolo qualunque colla linea sud detta. Q ueste oblique p a ra l­

lele, in C e D (Fig. 5) si limitano secondo la lunghezza che devono avere i lati del rettang olo base perpen dico lari al piano verticale; e si chiude la figura A B C D , parallelogram m o rap p resen ta n te la base del solido. Sui vertici dei q u attro angoli di d etta base si innalzano q u attro verticali, limitate, secondo la altezza del solido, in E , F , G, H ; congiungendo poscia con re tte i punti ottenuti, avrem o la base superiore eguale e p arallela alla inferiore.

Il com plesso della F ig. 5 risultante, d a rà una prospettiva parallela del nostro parallelepipedo, le cui faccie laterali sa­

ranno eguali e parallele fra loro: lo che

può dirsi p u re delle faccie anteriore e posteriore.

P erò la F ig. 5 non dà al nostro occhio una im m agine sod­

disfacente del solido ra p p resen ta to : e la ragione di ciò sta nella soverchia grand ezza dell’angolo d ’inclinazione e nella lunghezza eccessiva assegnata agli spigoli in iscorto. F r a tu tte le lunghezze perpendicolari (apparenti oblique) che si possono avere, e gli angoli che possono farsi colla linea di terra, si devono scegliere quelli che danno le dimensioni più favorevoli p er la sem plicità della costruzione, quanto p e r il bell’effetto della figura.

Q uanto all’angolo, la p ra tic a suggerisce di ad o ttare a p re ­ ferenza quello di 30°, il quale si ottiene con facilità dividendo p e r m età l’angolo del triangolo equilatero.

R ig u ard o alla terza dim ensione, si trovò più ragionevole di ad o p e rare una scala m età di quella u sata p er le altre due di­

mensioni. Di guisa che può l’artigiano m isurare, nella prospettiva parallela, gli spigoli in iscorcio colla

stessa scala ad o p e rata p er le altezze e larghezze, avendo però l’avvertenza di ra d d o p p iare in questo caso le mi­

sure trov ate.

L a F ig . 6 esprim e il parallele­

pipedo secondo queste norm e, e ben si vede come di poco si allontani d a lla p ro sp ettiv a concorrente, secondo la quale è reg olata la visione del no­

stro occhio.

P e r la p ro spettiv a parallela, se­

condo il Boidi, si deve p or m ente alle proposizioni seguenti:

1.° U na re tta parallela al piano di proiezione è uguale e p a­

rallela alla p ro p ria proiezione sul medesimo. Così, nella F ig. 6, sono eguali le proiezioni verticali E G , F H degli spigoli A B e C D, ai quali sono anche parallele; e nella stessa guisa le p ro ie­

zioni orizzontali (oblique) A G e D H sono eguali in direzione e lunghezza agli spigoli B E e CE, dai quali derivano.

Da questa proposizione conseguono le due seguenti : 2.° Gli angoli e le figure contenute entro piani paralleli al piano di proiezione, sono precisam ente eguali alle loro proiezioni.

3.° L e re tte eguali e parallele, hanno proiezioni eguali e parallele.

4.° L a proiezione d ’una re tta perpendicolare al piano ver­

ticale, non è un punto come nelle proiezioni ortogonali, ma una re tta obliqua colla lunghezza eguale alla m età del vero e la in­

clinazione di 30 g ra d i colla orizzontale.

5.° Dalle proiezioni ortogonali del solido si può dedurne im­

m ediatam ente la prospettiva, come si vede nella F ig. 6.

F a tta ragione del modo di segnare un solido geom etrico colla prosp ettiv a parallela, ed accennato alla g ran de im portanza di questo sistem a, veniam o ora a qualche esempio.

E s e m p io 1

Prospettiva parallela di un cubo tronco.

T ro n c an d o opportunam ente gli angoli solidi dell’esaedro, si possono ottenere nelle sue sei faccie degli ottagoni perfetti, in­

sieme collegati da triangoli equilateri giacenti secondo la d ire­

zione delle diagonali del solido.

A bbiasi (Fig. 7) la pianta dell’esaedro così ridotto, collocata con due lati dell’ottagono paralleli al piano verticale, anzi col lato posteriore sulla linea di terra.

Conviene trov are la prospettiva parallela di questa base ot- tagona col quadrato che la circoscrive, lo che si ottiene tirando dai punti a, c, d, b, quattro inclinate di 30° alla linea di terra, valendosi della operazione indicata di fianco alla F ig. 7. L a lun­

ghezza di queste oblique sarà la m età del lato del quadrato, per cui risulterà il quadrato prospettico a b, g ’ h' giacente sul piano orizzontale.

Sulla b g ’, allo indentro partendo dagli estrem i, si p o rterà mezza la lunghezza be od f g in e’ ed f ', e da questi due punti

F i g . 5

F i g . 6.

F i g . 3.

F i g . 4.

(11)

D E C O R A T I V A E I N D U S T R I A L E 7 si condurranno a sinistra due parallele alle linee di terra, le quali

intersecano la a h' nei punti e”, f ”.

Congiungendo in giro i punti c, d, e’, f ', c’, d’, f ”, e'' ot­

terremo la base ottagona inferiore. Innalzando dagli otto punti altrettante verticali lunghe quanto il lato del quadrato, si potrà segnare anche la base ottagona superiore, eguale e parallela alla inferiore ottenuta. L a faccia anteriore del solido è un ottagono nella sua vera forma e grandezza, il quale si costruisce eguale a quello in proiezione orizzontale e si riporta con parallele oblique alla faccia posteriore, eguale e parallela alla anteriore. R estano le due faccie in iscorto. M ediante le oblique n n’ ed o o’ si com­

pletano gli otto punti della faccia laterale destra, e con oblique analoghe dai punti p e q si avrà pure la faccia ottagona a si­

nistra, eguale e parallela alla ora nominata. Con questo la espres­

sione del solido è completa.

Es e m p i o 2 .°

rallele del prisma in iscorcio, perpendicolari al piano verticale, si riducono a due rette ; per tal ragione sarebbe più conveniente collocare la pianta ortogonale colle basi del prisma orizzontale perpendicolari, anziché parallele al piano verticale.

Es e m p i o 3 .°

Prospettiva parallela di un cilindro, con sovrapposta piramide tronca ottagonale.

L a proiezione orizzontale o pianta è data da tre figure con­

centriche, circolare la esterna, pentagonali le altre due, legate fra loro dalle proiezioni orizzontali degli spigoli obliqui. L ’ope­

razione principale consiste nel segnare in iscorcio parallelo la circonferenza esterna. Si circoscriva, in pianta ortogonale, alla circonferenza un quadrato colle sue diagonali e le sue rette me­

diane (Fig. 9); così la circonferenza resta individuata per i punti e, l, h, m, f , o, g , n.

Prospettiva parallela della intersezione a croce retta di due prism i a base esagona.

Collochiamo il solido in modo che uno dei prismi abbia le basi parallele al piano verticale, mentre l’altro le ha parallele al piano orizzontale, quindi projettate sul medesimo nella loro vera grandezza e forma, e che si coprono perfettam ente (Fig. 8).

L a pianta si segnerà in prospettiva parallela colle solite norme, e dai vertici della pianta esagonale in iscorcio si innal­

zeranno tante verticali di lunghezza eguale all’altezza dei prismi, ossia d b. Congiunte fra loro le sei estremità superiori di queste verticali, avremo completato il tracciamento del prisma verticale.

Ora, con misura eguale a b m od n d, a partire dai punti m” , n'' ed m’, n’ trovansi i punti p , q, p ', q' pei quali si fanno passare le parallele r r ’ ed s s’

inclinate di 30° colla orizzon­

tale, che si limiteranno ai punti r, r ', s, s’ secondo le verticali innalzate dai punti b e d' della pianta prospettica.

Gli spigoli ottenuti r s ed r ’s' danno la posizione delle basi parallele del prisma oriz­

zontale (obliquo nel nostro di­

segno) le quali saranno facil­

mente tracciate nella loro vera grandezza innalzando delle ver­

ticali anche dai punti a, c’ ed o, o’ della pianta in iscorcio.

Lo spigolo i i' si troverà por­

tando o” o della pianta orto­

gonale sullo spigolo anteriore verticale del primo prisma, da i ” in i, e fatta passare per i la solita obliqua, questa sarà limitata in i ' dalla verticale in­

nalzata sul punto o. Lo stesso lavoro si fa per lo spigolo posteriore eguale ad i i’, e congiungendo i con p avremo

uno spigolo d ’ intersezione fra i due prismi.

Esaminando la ottenuta Fig. 8, si scorge che due faccie pa­

li quadrato prospettico sarà un parallelogram m o a a’ b b’, e per le linee di operazione tracciate nella figura si o tterrà la circonferenza inscritta, individuata dai punti corrispondenti 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8. Da ciascuno di questi punti si innalzano delle verticali, alte quanto la generatrice del cilindro, e per i loro estremi passerà la circonferenza in iscorcio della base su­

periore, p ar allela ed uguale alla inferiore, alla quale si lega con due tangenti verticali.

Quanto alla espressione della piramide tronca soprapposta, basterà allo studioso la ispezione della Fig. 9 p er intendere come la si sia ottenuta costruendo nel piano fuggente i due poligoni simili concentrici in iscorcio, innalzando poscia i vertici di cia­

scuna delle basi secondo la altezza a cui sono situati e con­

giungendoli con rette. O ttenute le due basi, i punti corrispon­

denti delle medesime si uniscono con rette che rappresentano gli spigoli inclinati. L e altezze sono date dal profilo segnato di fianco alla figura.

Inutile moltiplicare gli esempi, per i quali rimandiamo al- l’A rm engard, al T ripon, al Cavallero, al Lespinasse, e special- mente alle numerose pubblicazioni del prof. G. Boidi sul disegno tecnologico industriale.

Del resto molti esempi lo studioso può, con tu tta facilità, da sè stesso proporsi e risolvere.

Come si disse, l’occhio nostro, avvezzo alla prospettiva con­

corrente, resta alquanto disgustato del parallelismo degli spigoli in iscorcio, che gli sembrano anzi fra loro divergenti. P u r troppo, quaggiù nel mondo, non sempre il gradevole coll’utile vanno d ’acco rdo : ma, per lo meglio delle a r ti . costruttive, sarà buono attenersi al secondo.

E la Prospettiva parallela dovrebbe insegnarsi nelle scuole professionali contem poraneam ente alle proiezioni ortogonali dei solidi, quindi prim a degli studi sulla prospettiva concorrente. P e r tal modo, oltre che evitare agli allievi una p arte di cosiffatto di­

sgusto, riesce anche più agevole il far loro apprezzare ed am are questo studio, la cui im portanza lo scrivente intende meglio di­

m ostrare nei prossimi numeri, specie in riguardo alle arti del fa­

legname e dello scalpellino.

(Continua) B. L a v a .

F ig . 7.

F i g . 8.

F i g . 9 .

(12)

IV.

IL DOSSALE E LA CROCE DI S. GIOVANNI IN FIRENZE

L o re ficeria fio re n tin a av e v a g ià ra g g iu n to il p iù alto ' g ra d o di sp len d o re e di p ro g re sso alla m e tà del X I V secolo, ta n to che si p o tre b b e d ire esse r q u e ­ s t ' a r te a n d a ta di p ari passo colla s c u ltu ra ch e fin d a quel te m p o a v e v a p ro d o tto m o n u m e n ti insigni p e r v ag h e zza di co m p o sizio n e, p e r m a g iste ro di m o d e lla tu ra , p e r s o rp re n ­ d e n te finezza di esecuzione.

E ra n o spesso gli stessi m a e s tri che, a d o p e ra n d o co n eg u ale p e riz ia lo scalpello ed il bu lino , sap e v an o a d a tta re l’in g eg n o lo ro p o te n te alla esecu zio n e di s ta tu e g ra n d io se , co m e al fine e p a z ie n te la v o ro di cesello.

L ’alto s e n tim e n to di m ag n ifice n za e di sp len d o re che in quel secolo si riv e la v a nel d o ta re e a d o rn a re le n o stre chiese di a rre d i so n tu o si, fu p rin c ip a le e le m e n to di q u esto p o te n tissim o sviluppo d ell’a r te g en tile nella n o s tra F ire n z e .

In o g n i chiesa, sp in tev i d a zelo re lig io so , d a v o lo n tà di e m e rg e re , d a sp irito di em u lazio n e, d a n o bil sen tim e n to d 'a ffe tto in v e rso le a rti, le più co sp icu e fam iglie fe cero a g a r a nel fa r d ip in g e re an c ó n e p e r gli a lta ri, nel d e c o ra re di m a rm i le lo ro ca p p elle, co m e nel fare o ffe rta di calici v a g a m e n te cesellati, di tu rrib u li ch e rip ro d u c e v a n o fo rm e eleg a n ti di te m p ie tti e di edicole, di c ro c i p ro c e ssio n a li g raffite e s m a lta te , di re liq u ia rj d ’o g n i g ra n d e z z a e d ’o gn i fo rm a , di p aci nelle quali si u n iv an o il la v o ro del cesello, dello sm alto e del niello, ta n to che di q u e sta p re z io sa su p ­ p ellettile e b b e ro i n o s tri tem p li la rg a d o v izia e l’a r te d e l­

l’o re ficeria eb b e fino d ’ allo ra un n u m e ro g ra n d issim o di m a e stri e di artefici.

L e fo rtu n o se v icen d e che F ir e n z e d o v e tte a ttra v e rs a r e , i b isogni di u n p icco lo s ta to che s ’era fa tto g ra n d e p e r la te n a c ia e l’a rd ire di q u e sto p o p o lo di sp lend id i m e rc a n ti i quali sap e v an o essere a s tu ti d ip lo m a tic i e fa cev a n o della re p u b b lic a n o s tra il più fo rte e te m u to so ste g n o di p a r te g uelfa in Italia, fe c e r sa c rific a re a ’ b iso g n i della p a tria ta n ti di q u esti te so ri a c c u m u la ti nelle ch iese ; la d e c a d e n z a del g u sto a rtistic o , l’a v id ità di a ltri te m p i, p ro d u ss e ro n u o v e elim in azioni; m a c o te s to p a trim o n io a rtis tic o , c o te s to te so ro , d o v ev a esser b e n g ra n d e se d o p o ta n ti secoli e ta n te t r a ­ v ersie è g iu n to fino a noi co n sì la rg o c o rre d o di s o rp re n ­ d e n ti ric c h e z z e !

Il te m p io di S. G io v an n i B a ttis ta , s a c ro al p r o te tto r e della c ittà e della re p u b b lic a , il s a n tu a rio d o v e si c o m ­ p iev an o in g ra n n u m e ro le p u b b lic h e fu n zio n i nelle quali la relig io n e d av a u n c a r a tte r e solenn e alla p ro fa n a officia- lità della ce rim o n ia , fu più d ’ o gn i a ltra ch iesa fo rn ito di m o n u m e n ti dell’o re fic e ria fio re n tin a , g ia c c h é nell’o rd in a re e p ro v v e d e re c o te s ta su p p ellettile si u n iv a alla lib e ra lità dei p riv a ti il la rg o c o n c o rs o d ’u n a c itta d in a istitu z io n e alla quale e ra s ta ta dalla re p u b b lic a affidata l’a m m in istra z io n e , la c u ra e la difesa del te m p io del P re c u rs o re .

Il c a r a tte r e a sso lu ta m e n te p o p o la re del g o v e rn o fio re n ­ tin o si e strin se c a v a in o g n i p a r te della p u b b lic a a m m in i­

s tra z io n e , ta n to che la d irez io n e, la c u ra di sped ali, di chiese, di b enefiche o p e re si affidava a q u a lc u n a delle c o r­

p o ra zio n i delle a rti alle quali tu tti i citta d in i abili a ’ p u b ­ blici uffici d o v e v a n o essere a sc ritti.

C osì all’a rte della L a n a si affidò il g o v e rn o della edifi­

cazion e e dell’am m in istra zio n e di S. M a ria del F io r e , a quella della S e ta si d e tte il ric c o sp ed ale d e g l’In n o c e n ti, a quella del C am b io la d irez io n e d ella Z e c c a , a q uella dei F o rn a i quella d e ’ g ra n a i p u b b lici, a q uella d e ’ V in a ttie ri l’in c a ric o di re g o la re l’in tro d u z io n e , la fa ttu r a e la v e n d ita dei vini.

Q u e sto a b b ia m v o lu to dire p e r isp ie g a re la ra g io n e p e r la quale tu tte le n o tizie che si rife risc o n o al te m p io di

S. G io v an n i e alle o p e re d ’a rte che lo a d o rn a n o , d eb b a n o ric e rc a rs i negli a rc h iv i di u n a delle a rti m a g g io ri, l’ a rte dei M e rc a ta n ti, d e tta an c h e l ’a r te di C alim ala p e r il nom e della v ia d o v ’e ra la su a re sid e n za, a rte che eb b e a p p u n to fin d a te m p o a n tich issim o il g o v e rn o della chiesa di S. G io ­ van n i B a ttis ta e d ’a ltre c itta d in e istitu zio n i (1 ).

E ' in c o te s to arch iv io , p re z io sa fo n te di n o tizie p e r c o ­ lo ro che si so n d a ti ag li stu d j sulla s to ria dell’a rte , che si tro v a n o i ric o rd i re la tiv i al m o n u m e n to più insigne dell’o ­ re fic e ria fio re n tin a , ad u n ’o p e ra che v a rre b b e di p e r sè sola a d im o s tra re la m e ra v ig lio sa p erfez io n e ra g g iu n ta d a q uel- l’ a r te ed a d o c u m e n ta re la s to ria della su a v ita nei d u e secoli p e r essa più b rillan ti.

Q u e s t’o p e ra è il D ossale d ’a r g e n to della chiesa di S. G io ­ v an n i B a ttis ta , che i le tto ri di q u e sto p e rio d ic o p osso no a m m ira re nelle v a rie rip ro d u z io n i le qu ali ne ra p p re s e n ta n o l’in siem e ed alcun e p a r ti p rin cip a li.

F u d e tto che la re p u b b lic a fio re n tin a volle in q u e sto im ita re n o n solo, m a s u p e ra re la m a g n ifice n za d ell’a lta re ch e C o s ta n tin o M a g n o d o n ò alla b asilica di C o sta n tin o p o li e di quello o rd in a to d a S isto III p e r la b asilica di S. M a r ia ; e se vi riu sc ì su p e ra n d o co n q u e sto il p eso m e ta llic o degli a ltri, trio n fò a d d irittu ra in q u a n to si rife risce al v a lo re a r ­ tis tic o .

Il D o ssa le, ossia p a lio tto d ’a lta re , o fro n ta le , o a n tim en - siu m che d ir si v o g lia, fu p rin c ip ia to nel 1366 e no n v en n e c o m p iu to ch e nel 14 8 0 , essen do si il la v o ro lu n g h is­

sim o e m in u zio so in te r r o tto più v o lte p e r ca u sa delle g u e rre e delle c itta d in e c o n tese che in qu el p e rio d o di te m p o si v e rific a ro n o (2).

N a r r a il V a sa ri (3 ) che fino d a ' p rim i anni del X I V secolo i C onsoli d ell’a r te dei M e rc a ta n ti a v e v a n o d a to in c a ric o ad un m a e s tro C io n e, o ra fo abilissim o, di fa r p e r la ch iesa di S. G io v a n n i un a lta re d ’ a rg e n to , ed a g g iu n g e che ad em p iè la co m m issio n e e ch e l’o p e ra fu lo d a ta assai. È sin g o lare p e rò che, a p o c h i an ni di d istan za , l’a r te stessa cred esse o p p o rtu n o di c o m m e tte re u n n u o v o a lta re d a so stitu irsi a quello di C io n e : ed io, c o n tra ria m e n te a ciò che han n o a ffe rm a to e s c r itto a ltri in to rn o al d isfac im e n to di q u el­

l’a lta re ed all’im p ie g o di alcu n e sue p a rti p e r la c o m p o si­

z io n e del n u o v o , p en so ch e nel p re s e n te dossale l’o p e ra di q u el C ion e, che altri h a p erfin o a d d ita to , n o n e n tri p e r nulla.

F o r s ’ an c h e tr a tta s i di d u e o p e re d iv e rs e : q u ella di C io ne e r a u n a lta re , q u e sto è u n D o ssa le o p a lio tto ; e in quei te m p i in cui si s ta v a assai a tta c c a ti alla p ro p r ie tà di lin­

g u a g g io , e ra b e n difficile ch e si p arla sse d ’a lta re , q u an d o si v o lev a in d ic a re il d ossale e v ic e v e rsa . D ’ a ltro c a n to poi è b e n sin g o lare che di q u e ste p a r ti d e ll’a lta re di C ione n o n si d is c o rra m ai nei m o lti d o c u m e n ti che si rife risco n o al d o ssale, ta lc h é fino a p ro v a in c o n tra rio io m i p e r m e tto di c re d e re ch e C io ne facesse u n a lta re il q uale an d ò d is tru tto c o m e ta n te a ltre p re z io s ità ch e il te m p io di S. G io v an n i p o sse d e v a (4 ). E n o n son p e rsu a so n em m en o della c e rv e l-

(1) E ra n o a ffid a ti a l g o v e rn o d e ll’a r t e d e ’ M e rc a ta n ti o di C a lim a la a n c h e : la c h ie s a d i S. M in ia to a l M o n te , la c h ie s a di S. F ra n c e s c o al M o n te , lo s p e ­ d a le di S. G iu lia n o d a lla p o r ta a S. N ic c o lò , d iv e rse c a p p e lle in v a rie c h ie s e , lo s p e d a le di T a g lia fe r r o ecc.

(2 ) A p p u n to in q u e ’ te m p i, in fin ite v ic e n d e te n n e r o s o s s o p r a F ire n z e : le c itta d in e d isc o rd ie , la p e s te , la g u e r r a c o n tro P a p a G r e g o rio X I, la sc o m u n ic a e l ’in te r d e tto d a lu i la n c ia ti su lla c ittà , la g u e r r a c o n tro P is a , le s c o rre rie delle c o m p a g n ie d i v e n tu r a ecc.

(3) V ita di A g o s tin o e A g n o lo S e n e si.

(4 ) G ra n d iss im o e r a il n u m e ro d eg li o g g e t t i p re z io si p o s s e d u to d a lla c h ie s a di S. G io v a n n i. N el 1527, in o c c a s io n e d e ll’a s se d io , il G o n fa lo n ie re di G iu stiz ia ed i P r io r i fe c e ro c o m a n d a m e n to a ’ c o n so li d e ll’a r t e d ei M e r c a ta n ti di c o n s e ­ g n a r e t u t t i li a r g e n ti di S. G io v a n n i p e r e s s e re im p ie g a ti n ei b is o g n i d e lla c i t t à ; m o lti di e ssi, c h e fig u ra n o in a p p o s ita n o ta , f u r o n o im p e g n a ti, a ltr i fu si.

A n c h e n el 1791 si fe c e ro e g u a li s e q u e s tr i di a r g e n te r ia , ed a n c h e il D o s sa le fu c o n s e g n a to alla Z e c c a p e r e s s e r fu so !

(13)

D E C O R A T I V A E I N D U S T R I A L E 9

lo tic a aggiu d icazio n e a quel C ione orafo di due delle sto rie del D ossale, p e rc h è in esse non tro v o quella differenza di c a ra tte re che una m ag g io re a n tich ità av re b b e lo ro d o ­ v u to im p rim e re ; e dirò di più che a m io m o do di v ed ere le sto rie di S . G iovanni in p rig io n e e S. G io vanni d i­

n a n z i a d E rod e sono fra le m igliori p e r a rm o n ia di co m ­ posizione, p e r studio del v ero e p e r p erizia di fa ttu ra .

M a no n tra tte n ia m o c i più o ltre su q u esto arg o m e n to e riferiam o so ltan to i rico rd i storici della insigne o p e ra d ’a rte , p e rc h è così esige l’ indole di q u esta pu bb licazion e.

L ’anno 1366 B e tto di G eri e L io n a rd o di S e r G iovanni orafi, m aestri, cittad in i fiorentini, pigliano a fare il D ossale d ’a rie n to dell’altare della chiesa di S. G io van ni B a ttista dagli ufficiali d ep u ta ti p er l’arte di C alim ala, cioè B en ed e tto degli A lb e rti, B e rn a rd o C ovoni e P ao lo R o nd in elli (1 ).

N e l 1377 a B e tto di G eri, C risto fan o di P ao lo e M i­

chele di M onte orafi, si p ag a p e r loro e p e r lo ro co m pag ni m a e stri, che fanno e lavorano il D ossale d ’a rie n to che si fa p e r la chiesa di S. G iovanni B a ttista di F ire n z e , fiorini 400 .

A ltri p ag am en ti seguono nel 1402 e nel 1410 a C risto ­ fano di P a g o lo orafo.

D a q u e s t’ep o ca passa un lungo p erio d o senza che nei libri d ell’a rte dei M ercatan ti si faccia m enzione del D ossale d ’a rg e n to , e forse ogni lavoro fu in te rro tto p e r quasi q u a­

r a n t 'anni, in ragione dei gravissim i avvenim enti che p osero la c ittà in caso di d o v er p ro v v e d ere a cose di m ag g io re in teresse pubblico.

N e l 1450 i consoli dell’a rte c o m m e tto n o a M ichelozzo di B arto lo m m e o di F iren ze in tag lia to re (2) di fare la fi­

g u ra d ’a rg e n to di S. G iovanni B a ttis ta da m e tte rsi nel t a ­ b ern aco lo del D ossale, e si p re scriv e d ap p rim a che essa sia alta un b ra ccio e un centesim o di b ra ccio , pesi p iu tto sto m eno che più di libbre 11 e che l’ a rtista ne abbia di fa ttu ra fiorini 50.

S u ccede a ltra in terru z io n e, dall’epo ca in cui M ichelozzo ha l’in carico di fa r la sta tu a di S. G io v an n i; poi nel 1475 u n a ltro d o cu m en to ci fa cono scere che: « Si da a u to rità ai C onsoli e t altri uficiali di far finire il dossale d ’arg en to di S. G iovanni, cioè le due teste (laterali) con q u a ttro storie che vi m ancano, cioè inverso la p o rta del b attesim o due sto rie che siano l’A n nunziazione, la N a tiv ità e il p a rto , c o m p a rtite secondo il disegno che si fa rà; la te rz a che ri­

g u a rd a v erso l’o p era di S. G iovanni (3 ) la cena, la donzella che balla e quan d o è ta g lia ta la te sta di S. G io v an B a t­

tista , a d o rn a te tu tte da figure di più che m ezzo rilievo, p ro n te p e r tu tto aprile 1478. »

N e l 1477 a ’ dì 2 di gennajo si fa l’ allogazione delle diverse sto rie : « B e rn a rd o di B arto lo m m e o di C enni (C ennini) faccia la sto ria dell’A n nunziazio ne; A n d re a di M ichele del V e rro c c h io faccia la s to ria della D ecollazione; A n to n io di Ja c o p o del Pollajolo faccia la s to ria della N a sc ita ; A n to n io di Salvi e F ra n c e s c o di G iovanni facciano la sto ria del co n v ito di S. Gio. B a tta secondo il m odello e dossale an tico .... »

N e l 1480 i diversi a rtisti danno il lavo ro finito.

A l D ossale d ’a rg e n to va unito un altro preziosissim o m o n u m en to dall’oreficeria fiorentina: vogliam o dire la g ra n C ro ce d ’a rg e n to d estin ata p e r lo stesso altare.

N e l 1456 i Consoli dell’a rte danno a fare la m età della C ro c e d ’a rg e n to a M iliano D ei e A n to n io di Ja c o p o del Pollajolo, e l’a ltra m età, la superiore, a B e tto di F ra n c e sc o B e tti « sui m olti altri i quali erano stati p ro p o sti p e r fare la d e tta C ro ce », che era d estin ata ad accogliere un pezzo di legno della cro ce di N . S. N el 1468 la C ro ce, che pesò

(1) Q u e s ta e le su c cessiv e n o tizie sono t r a t te d a ll’a rc h iv io dell’a rte dei M e rc a ta n ti che ven n e a c c u ra ta m e n te sp o g lia to dal celeb re e ru d ito S e n a to re C a rlo S tro z z i, e dai ric o rd i m a n o s c ritti del P rio re G ori.

(2) Il V a s a ri a ttrib u is c e q u e s ta s ta tu a a d A n to n io del P o llaio lo , m a l’a f­

fe rm a z io n e è p ie n a m e n te sm e n tita dai v a ri d o cu m en ti.

(3) C io è dal la to di tr a m o n ta n a , dove in fa c c ia alla p o r ta la te ra le del te m p io p r o s p e tta la C a n o n ic a in cu i e b b ero g ià re sid e n z a gli U fficiali d ell’a rte dei M e rc a ta n ti p re p o sti al g o v e rn o di S. G iovanni.

libbre 141, e ra co m p iu ta e gli artefici ne rice v ev an o il prezzo.

E d ecco riassu n te così più b re v e m e n te che si p otesse le notizie relativ e alla com m issione dei due insigni m o n u m en ti ed agli a rtisti che vi la v o ra ro n o , notizie che son t r a tte da d o cu m en ti della m assim a im p o rtan za , com e quelli che riv e ­ lano i nom i e ci fanno co n o sc ere i m eriti di una e le tta schiera di m aestri i quali sep p ero inn alzare a ta n to g ra d o di splendore l’o re ficeria fio rentina.

Il D ossale e la C ro ce di S. G iovanni sono il m o n u m en to più co m p leto, il d o cu m en to più chiaro, p erch è lo studioso dell’a rte e l’a rtis ta possano farsi un g iu sto c o n c e tto delle condizioni dell’o re ficeria fio ren tin a, dei m eto d i che si se ­ gu iro n o , degli artifizi che si ad o p e rav a n o p e r o tte n e re ce rti effetti. E forse, dallo stu d io a c c u ra to di questi m o nu m en ti, si p o tra n n o av e re anche le p ro v e indiscutibili dell’o rigine v e ra di a ltre scuole di o reficeria italiana, le quali in epoche p o sterio ri p ro d u ssero o p ere che a qu este ed alle c o n te m ­ po ra n ee degli stessi m aestri s’ispiravan o e che si vollero poi rite n e re siccom e concezioni originali.

Il D ossale d ’a rg e n to è co stitu ito da u na faccia o p r o ­ sp etto p rin cip ale che ha nel c e n tro u na edicola c o n ten e n te la s ta tu a del B a ttis ta , e da due laterali, in g uisa che esso a d o rn a v a e co p riv a il v ecch io a ita r m a g g io re di S. G iovanni.

U n b asa m e n to dai m odini sem plici ed elegan ti, una t r a ­ beazio ne eg u alm en te p u ra e gen tile e due piloni a r c h ite t­

ton ici la v o ra ti con finezza m eravigliosa, in q u ad ra n o la p a rte più essenziale del lav oro di oreficeria. S ono o tto altorilievi di fo rm a re tta n g o la re che p o n g o n o in m ezzo l’edicola del san to e fo rm an o il p ro sp e tto del D ossale o p a lio tto ; ogni altorilievo ra p p re s e n ta u na sto ria re la tiv a alla v ita di S. G io ­ vanni B a ttis ta ed i so g g etti ra p p re s e n ta ti sono i seguenti co m inciand o dal lato a d estra della statu a. In alto : Cristo visita S. G io van ni n e l deserto — I l battesim o d i Gesù Cristo, e nella p a rte in feriore: S. G iovanni abbandona i p a r e n ti -per recarsi nel desertoS. G io vann i predica alle turbe. D a ll’a ltro lato dell’edicola sono in alto : S. Gio­

v a n n i battezza i l popoloCristo riceve i m essa ggeri d i S. G iovanni, e in basso : S. G iovanni d in a n zi a E ro d eS. G iovanni in Carcere.

Q u e sti o tto altorilievi co stitu isco n o la p a rte p iù an tica del D ossale, quella cioè che nel 1366 fu com m essa a B etto di G eri ed a L io n a rd o di S e r G iovanni, i quali vi la v o ra ­ vano insiem e a C risto fan o di P ao lo ed a M ichele di M onte e loro com p ag n i orafi. O ra , d e te rm in a re a quale di questi a rtisti n om inati e d ’a ltri i cui nom i sono rim asti ignoti, ap p a rte n g a l’uno p iu tto s to che l’a ltro s o g g e tto , è cosa im ­ possibile, in q u an to ch è, m an can d o elem en ti di co n fro n to con a ltre o p ere n o te di questi a rtisti, n o n è il caso di rilev are lo stile dell’uno a co n fro n to di quello d ’un altro . Si è d e tto che essendo L e o n a rd o di S er G iovanni n o to siccom e ec­

cellente nel cesello, a lui dovevansi a ttrib u ire alcuni dei bassorilievi, e su p p o rre che B e tto di G eri facesse sp ec ia l- m ente la p a rte a rc h ite tto n ic a e d e c o rativ a, ip otesi del tu tto cervellotica, sapendo com e i m aestri di q u e ’ tem p i fossero espertissim i in ogni ra m o dell’a rte loro. E p erch è, del resto , non ci si deve c o n te n ta r di sapere che il su p erb o lav o ro di oreficeria fu eseg uito da una di quelle com p agn ie di an tichi a rtisti, d e ’ quali si conoscono so ltan to i capi o m eglio coloro che e b b e ro occasione di c o n tra rre l’ im p egn o coi consoli dell’a rte dei M e rc a ta n ti? Q u e s t’ in certezz a scem a forse il p reg io dell’o p e ra o la rin o m an za dell’a rte fioren tin a in quell’ep o c a fo rtu n a ta ? E d a che p rò , finalm ente, si ce rca sem p re di b a tte z z a re le o p ere d ’a rte , che no n han c o rred o di d o cu m en ti sto rici, col nom e di a rtisti già no ti, qu ando le m atrico le delle co rp o razio n i delle a rti co n ten g o n o cen ­ tinaia e cen tin aia di nom i di m aestri ese rcen ti l’a rte — p ittu ra , scu ltu ra, o reficeria — e che p u re d eb b o n o av e r lav o ra to e p ro d o tto op ere, le quali gio v a c re d e re no n siano an d a te tu tte p e rd u te a benefizio della fam a dei p o c h i noti e d eterm in a ti loro co m pagni?

N egli altorilievi antichi del D ossale la tecn ic a dell’ese-

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d iz io n e è la stessa, il c a r a tte r e è id en tico . È u n p o te n te lav o ro di cesello, dalle linee v ig o ro se , dai p ian i b en d e te rm in a ti, dalla fa ttu ra a c c u ra ta e d ire m o quasi fa tic o sa m e n te finita.

L ’o re fic e ria , o p e r m eglio d ire l’a rte d el cesello, c a m m in a in q u esto te m p o di p a ri passo colla p ittu r a , e le s to rie del D ossale h an n o lo stesso se n tim e n to , lo stesso tip o , lo stesso c o n c e tto in sp ira tiv o delle ta v o le tte su fo n d o d ’o ro u scite dalla scu o la g en tile dei G ad d i. In alcu n e di q u e ste s to rie , citiam o fra le a ltr e : S. Giovanni che va nel deserto e il Battesimo di Cristo, p a r che l’a r tis ta si sia is p ira to alle o p e re di G io tto ; e n o n solo nelle fig u re lo h a im ita to , ma

negli a c cesso ri, nella fo rm a di quelle ru p i, nella linea di qu egli a lb e re tti.

L e d ue sto rie ra ffig u ra n ti S. Giovanni dinanzi a Erode e S. Giovanni in carcere, a ttrib u ite a q uel C io ne o ra fo che a v re b b e fa tto il p rim o a lta re p e r S. G io v an n i, n o n so no p e r il c a r a tte r e dissim ili dalle a ltre e n o n h an n o nulla che ac c e n n i ad u n a m a g g io re a n tic h ità , m e n tre p e r a rm o n ia di m assa e p e r s e n tim e n to di v e rità , si d ire b b e ro q uasi più p e rfe tte delle altre .

(C ontinua) G U I D O C A R O C C I .

Ta le più belle opere che ci restano di Giovanni r Bellini è certamente l’Ancona che si ammira nella sagrestia della chiesa di S. Maria Gloriosa dei Frari in Venezia. Divisa in tre scompartimenti, vedesi in quello di mezzo, che finisce ad arco, la Beata Vergine in trono che sul ginocchio sinistro sostiene ritto sui piedi il bam­

bino Gesù che circonda colle sue braccia. Sulla finta volta vi é l’iscrizione :

Fanua certa p o li: duc mentem: dirige vitam Quae peragam commissa tuae sint omnia curae.

Al basso del trono e con un piede poggiato sull’ ul­

timo gradino di esso, stanno due angioletti in graziosa movenza, uno dei quali toccando le corde di un liuto, l’altro suonando lo zufolo, come lo chiama il Ridolfi, si accordano insieme.

Nel compartimento a destra vi è S. Nicolò in abito vescovile ed altro Santo, ed in quello a sinistra S. Be­

nedetto col pastorale ed un libro semiaperto, e del pari un altro Santo. Al di sotto vi è la scritta: Joannes Belii- nus. F. 1 4 88.

Giovanni Bellini avendo dipinto quest’Ancona nel 1488 aveva quindi 60 anni, essendo nato nel 1428, eppure nel suo lavoro fatto con bellissimo disegno mostra tutta la vigoria del colorito, la tonalità calda e brillante ammirata tanto dal Burckhardt. L ’espressione che diede alle figure è delle più belle, sia la graziosa e pura della Vergine, la soave ed evangelica del Bambino, la severa e quasi scru­

tatrice del S. Benedetto, la dolce e modesta del S. N i­

colò. Probabilmente avrà prescelto questi due Santi come protettori della famiglia patrizia dei Pesaro che tanto fa­

ceva per la chiesa dei Frari, dove nell’altare di questa famiglia si ammira la celebre Pala di Tiziano. Sulla porta della sagrestia vedesi il mausoleo del generale Benedetto Pesaro, opera pregevolissima di Lorenzo Bregno.

Benché questa Ancona abbia sofferto qualche restauro, e fra gli altri uno nel 1822 ad opera del pittore A stol- foni, pure conserva quasi tutta la sua originale bellezza, quella bellezza che il Vasari non istancavasi di ammirare, in modo che scrisse aver fatto con questo quadro più di una conversazione.

A l grandissimo pregio del dipinto fa splendido accom­

pagnamento la cornice, uno dei più bei saggi del primo rinascimento dell’arte ; sormontata da sirene e da cande­

labri, è lavorata in modo che forma un tutto collo stesso dipinto stando in perfetta relazione con esso.(1) Potrebbe forse con qualche fondamento attribuirsi ad uno dei Ca- nozii da Lendinara, non però a Lorenzo che il Paciolo ci narra essere salito in grande rinomanza per le sue opere in Venezia alla Cà grande, che cosi appunto chiamavasi la chiesa dei Frari, ma a Cristoforo suo fratello, che mancò a’ vivi nel 14 9 1. In oggi di Lorenzo nulla resta nella chiesa dei Frari, ove non si abbia ad attribuire a lui il bellissimo dorsale di un banco che vedesi di fronte alla cappella dei Milanesi. Il coro, come risulta dalla iscri­

zione che leggesi nel fianco di uno degli stalli, è opera di Marco e Giovan Pietro di Vicenza, e di tali autori lo ritiene il dottissimo Michele Caffi, maestro in siffatti ar­

gomenti.

Essendosi qualche anno fa, in seguito a furioso tem­

porale scoppiato di notte, aperta la finestra a diritta del­

l’Ancona del Bellini, ebbe la cortina inzuppata di acqua a strisciare sul dipinto che ne risentì qualche lievissimo danno, che fu però tosto risarcito, essendosi tolto il pe­

ricolo che possa ripetersi un fatto consimile.

Ni c o l ò Ba r o z z i.

(1) I d ise g n i, c h e rip ro d u c ia m o n elle q u a ttr o ta v o le di d e tta g li, so n o f e ­ d e lm e n te c o p ia ti d a ll’ o rig in a le n elle su e s te s s e d im e n sio n i, e so n o o p e ra del sig . S ilv io M is in a to , g ià a lliev o d e lla S c u o la V e n e ta d ’ a r te a p p lic a ta alle in ­ d u s trie , d i cu i è d ir e tto r e ed u n o d ei m a e s tr i il cav . G u g lie lm o S tella.

Fig. 10. Form ella in legno dell’altare di S. Giovanni B attista nella chiesa dei Frari a Venezia.

V.

L’ANCONA DI GIOVANNI BELLINI

N E L L A S A C R E S T IA D E L L A C H IESA DI S. M A R IA G L O R IO SA D EI F R A R I A V E N E Z IA

— Tav. 5 . D e tta g li 3 4 5 e 6

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