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Equazioni differenziali ordinarie

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Capitolo

16

Equazioni differenziali ordinarie

16.1 Definizioni. Condizioni iniziali. Problema di Cauchy

Si chiama equazione differenziale un’equazione nella quale compaia una funzione incognita insieme ad alcune sue derivate. Se la funzione incognita `e funzione di una sola variabile si parla di equazione differenziale ordinaria, mentre se `e funzione di pi`u variabili indipendenti, nell’equazione compaiono derivate parziali e si parla allora di equazione differenziale alle derivate parziali.

Per mantenere un costante riferimento applicativo ad un caso di studio in meccanica, utilizzeremo come problema guida in questa fase introduttiva quello dell’equazione differen- ziale ordinaria che descrive la dinamica di un punto materiale, uguagliando la forza agente su di esso al prodotto della sua massa per la sua accelerazione:

md2x dt2 = f

 x,dx

dt; t



(16.1)

Si vede subito dalla (16.1) che la soluzione di una equazione differenziale non `e unica. Se si assume, ad esempio, f = 0, una arbitraria funzione del tempo, x(t) = At + B, `e soluzione della (16.1), qualunque valore assumano le costanti A e B. Peraltro, `e immediato verificare il significato fisico di queste ultime: A `e la velocit`a del punto materiale, B `e la posizione del punto materiale al tempo t = 0. Pi`u in generale, se la forza f `e una funzione lineare a coefficienti costanti della posizione e della velocit`a, l’equazione (16.1) ammette ∞2 soluzioni, cio`e ha soluzioni dipendenti da due costanti arbitrarie. Per determinare la legge oraria del moto del punto materiale occorrer`a quindi specificare le condizioni (posizione x0 e velocit`a u0) in cui si trova il punto materiale ad un certo istante, ad esempio t = 0. Si dovr`a allora risolvere il problema differenziale:









md2x dt2 = f

 x,dx

dt; t



per t > 0

x(0) = x0, dx

dt(0) = u0,

(16.2)

vale a dire trovare la legge oraria del moto x = x(t) che verifica simultaneamente la (16.1) e le condizioni iniziali specificate. Un problema differenziale `e quindi costituito da una equazione differenziale e da condizioni che debbono essere soddisfatte da una delle sue soluzioni. Il fatto che in questo caso le condizioni da specificare siano due `e, come vedremo, legato alla presenza di una derivata di ordine massimo pari a 2 nell’equazione fondamentale della dinamica. Per questo si dice che la (16.1) `e una equazione differenziale ordinaria del secondo ordine. Il problema differenziale (16.2), in cui si cerca una soluzione specificandone i valori iniziali, si chiama problema di Cauchy.

(2)

16.2 Integrazione di alcuni tipi di equazioni differenziali del primo ordine

16.2.1 Equazioni a variabili separabili

Una importante categoria di equazioni differenziali del primo ordine `e costituita da equazioni della forma:

dy

dx = f(x) g(y) (16.3)

in cui f `e una funzione della sola x e g `e una funzione della sola y.

Supponendo che g sia sempre diversa da zero, si pu`o riscrivere la (16.3) nella forma:

1 g(y)

dy

dx = f(x). (16.4)

Siano G(y) una primitiva della funzione 1/g(y) e F (x) una primitiva della funzione f(x), vale a dire:

dG

dy(y) = 1

g(y) e dF

dx(x) = f(x);

ricordando il teorema di derivazione di una funzione composta, l’equazione (16.4) si riscrive:

d

dx {G[y(x)]} = dF dx(x).

Integrando primo e secondo membro in x si ottiene, in definitiva, la soluzione dell’equazione (16.3) in forma implicita

G[y(x)] = F (x) + c. (16.5)

La struttura di questa soluzione pu`o essere ricordata semplicemente, attraverso il seguente artificio formale. Si divide per g e si moltiplica per dx primo e secondo membro della (16.3), ottenendo:

dy

g(y) = f(x) dx. (16.6)

Integrando poi entrambi i membri della (16.6) si ottiene la soluzione nella forma implicita (16.5).

16.2.2 Equazioni lineari

Un’equazione differenziale del primo ordine y0 = f(x, y) si dice lineare quando f(x, y) `e una funzione lineare di y. Si tratta cio`e di un’equazione del tipo:

dy

dx = α(x) y + β(x), (16.7)

con α(x) e β(x) funzioni continue in un intervallo I ∈ R. Se β(x) ≡ 0, l’equazione lineare si dice omogenea (e risulta, in tal caso, a variabili separabili); in caso contrario si dice non omogenea.

(3)

16.2. Integrazione di alcuni tipi di equazioni differenziali del primo ordine

In ogni caso, la (16.7) si integra osservando che essa `e equivalente alla1: eRα(x)dx[y0− α(x) y] = β(x) eRα(x)dx.

Il primo membro di questa equazione `e evidentemente uguale alla derivata di y eRα(x)dx e perci`o si deduce che per ogni soluzione y(x) della (16.7) deve risultare

y eRα(x)dx = c +Z

β(x) eRα(x)dxdx,

cosicch´e tutte le soluzioni della (16.7) debbono essere espresse dalla formula

y = eRα(x)dx

 c +

Z

β(x) eRα(x)dxdx



. (16.8)

Viceversa, si vede immediatamente che la funzione espressa dalla (16.8) verifica la (16.7).

16.2.3 Equazioni di Bernoulli

Si chiamano equazioni differenziali di Bernoulli quelle del tipo dy

dx = α(x) y + β(x)yn (16.9)

in cui α(x) e β(x) sono funzioni continue e n `e una costante reale che supporremo diversa da 0 e da 1, per non ricadere nel caso delle equazioni lineari. La (16.9) si pu`o trasformare in un’equazione lineare assumendo come nuova incognita la funzione u = y1−n. Si ricava infatti

y = u1/(1−n), y0 = 1

1 − nun/(1−n)u0, cosicch´e la (16.9) si trasforma nella

1

1 − nun/(1−n)u0 = α(x) u1/(1−n)+ β(x) un/(1−n); dividendo per un/(1−n), si ha infine l’equazione lineare

u0 = (1 − n) α(x) u + (1 − n) β(x).

Ad ogni soluzione u(x) di questa corrisponde la soluzione y(x) = [u(x)]1/(1−n) della (16.9).

1Comunque si fissi una primitivaR

α(x)dx della funzione α(x), si ha: eRα(x)dx6= 0.

(4)

16.3 Equazioni differenziali lineari

Un’equazione differenziale di ordine n si dice lineare quando in essa non compaiono prodotti tra le derivate della funzione incognita (inclusa quest’ultima, considerata come derivata di ordine 0 di se stessa). Se si raggruppano tutti i termini contenenti la funzione incognita e le sue derivate nel primo membro, questo dovr`a risultare una funzione lineare di esse, vale a dire:

y(n)+ an−1(x) y(n−1)+ an−2(x) y(n−2)+ . . . + a1(x) y0+ a0(x) y = f(x) (16.10) con le funzioni a0(x), a1(x), . . . , an−1(x) e f(x) continue in un dato intervallo I ⊂ R. Quando, come nella (16.10), il coefficiente del termine con la derivata di ordine massimo `e posto uguale a 1, si dice che l’equazione `e scritta in forma normale.

Per la (16.10) il problema di Cauchy consiste nel cercare una soluzione y(x) che verifichi le condizioni iniziali

y(x0) = u0, y0(x0) = u1, . . . , y(n−1)(x0) = un−1, (16.11) ove x0`e un punto fissato in I e u0, u1, . . . , un−1sono numeri assegnati. Si dimostra il seguente risultato:

16.3.I Comunque si fissi x0 ∈ I e si assegnino i numeri u0, u1, . . . , un−1, il problema di Cauchy espresso dalle (16.10),(16.11) ammette una ed una sola soluzione y(x), che risulta definita in tutto l’intervalloI.

Come si vede le soluzioni della (16.10), che si chiamano anche integrali dell’equazione differenziale, possono anche essere viste come funzioni dei numeri x0, u0, u1, . . . , un−1. Si hanno in proposito le seguenti definizioni:

1. ogni integrale della (16.10) ottenuto in corrispondenza ad una certa scelta delle con- dizioni iniziali (16.11) `e detto un integrale particolare;

2. l’insieme di tutti gli integrali particolari `e detto integrale generale della (16.10).

L’equazione differenziale lineare (16.10) si dice omogenea quando il termine noto f(x) `e identicamente nullo, non omogenea nel caso contrario.

Supposto che la (16.10) sia non omogenea, `e opportuno associare ad essa la corrispondente equazione omogenea

y(n)+ an−1(x) y(n−1)+ an−2(x) y(n−2)+ . . . + a1(x) y0+ a0(x) y = 0 (16.12) poich´e vale una importante propriet`a. Infatti, se si conosce una soluzione y0(x) dell’equazione non omogenea (16.10), aggiungendo ad essa una qualsiasi soluzione η0(x) della corrispondente equazione omogenea (16.12) si ottiene una funzione y0(x) + η0(x) che `e ancora una soluzione della (16.10). Viceversa, ogni soluzione della (16.10) pu`o essere ottenuta aggiungendo a y0(x) un integrale dell’equazione omogenea (16.12).

(5)

16.4. Equazioni differenziali lineari omogenee

16.4 Equazioni differenziali lineari omogenee

Una prima propriet`a dell’equazione lineare omogenea (16.12) `e quella espressa dalla seguente affermazione. Se y1(x), y2(x), . . . , yp(x) sono p integrali della (16.12) (con p intero qualsiasi) allora, dette c1, c2, . . . , cp delle costanti arbitrarie, anche la funzione c1y1(x) + c2y2(x) + . . . + cpyp(x) `e un integrale della stessa equazione. Particolarmente rilevante `e il caso p = n poich´e, nell’ipotesi che

y1(x), y2(x), . . . , yn(x) (16.13) siano integrali della (16.12), ci fa conoscere l’integrale

y(x) = c1y1(x) + c2y2(x) + . . . + cnyn(x) (16.14) che dipende da n costanti arbitrarie (tante quanto `e l’ordine dell’equazione). Possiamo dunque chiederci se la (16.14) rappresenti l’integrale generale della (16.12). Per stabilire quali condizioni le (16.13) debbano soddisfare affinch´e ci`o sia vero, `e necessario introdurre alcuni concetti preliminari.

Considerati gli n integrali (16.13) della (16.12), si chiama wronskiano di tali integrali il seguente determinante di ordine n:

W (x) =

y1(x) y2(x) y3(x) . . . yn(x) y0

1(x) y0

2(x) y0

3(x) . . . yn0(x) y00

1(x) y00

2(x) y00

3(x) . . . yn00(x) . . . . y(n−1)

1 (x) y2(n−1)(x) y3(n−1)(x) . . . yn(n−1)(x)

. (16.15)

Per il determinante (16.15), comunque si fissino gli n integrali (16.13) della (16.12) ed un punto x0 ∈ I, sussiste la formula

W (x) = W (x0) eR xx0an−1(t)dt. (16.16) Questa propriet`a ha come immediata conseguenza il fatto che il wronskiano (16.15) o `e identicamente nullo oppure non si annulla mai nell’intervallo I. In questa seconda ipotesi, si dice che gli n integrali (16.13) dell’equazione differenziale lineare omogenea (16.12) formano un sistema fondamentale di integrali, e si dimostra che tutti e soli gli integrali della (16.12) sono compresi nella formula (16.14). Infatti, gli integrali di un’equazione differenziale lineare omogenea che costituiscono un sistema fondamentale sono anche linearmente indipendenti (nessuno di essi pu`o essere espresso mediante una combinazione lineare degli altri), e ogni altro integrale pu`o essere espresso mediante una combinazione di essi.

Tenuto conto di quanto precede, possiamo dire che si `e ottenuta l’integrazione della equazione lineare ed omogenea (16.12) quando si `e riusciti a trovare n dei suoi integrali linearmente indipendenti.

(6)

16.5 Equazioni differenziali lineari non omogenee

Consideriamo ora l’equazione non omogenea (16.10) e supponiamo di essere gi`a riusciti a costruire l’integrale generale (16.14) della corrispondente equazione omogenea (16.12). Per avere l’integrale generale della (16.10) sar`a allora sufficiente costruire un integrale particolare y0(x) della (16.10) stessa, poich´e, per quanto detto in precedenza, il cercato integrale generale della (16.10) sar`a espresso dalla formula

y(x) = c1y1(x) + c2y2(x) + . . . + cnyn(x) + y0(x). (16.17)

Mostreremo ora che, noto un sistema fondamentale di integrali della (16.12), `e sempre possibile trovare un integrale particolare della (16.10). Saranno presentati due metodi per ottenere tale risultato.

16.5.1 Metodo di variazione delle costanti arbitrarie

Il primo metodo (detto di variazione delle costanti arbitrarie o di Lagrange) si basa sul tentativo di cercare l’integrale particolare y0 della (16.10) nella forma

y0(x) = v1(x)y1(x) + v2(x)y2(x) + . . . + vn(x)yn(x) (16.18) Cerchiamo di determinare y0(x); v1(x), v2(x), . . . , vn(x) in modo che valgano, intanto, le seguenti n relazioni:













y0(x) = v1(x)y1(x) + v2(x)y2(x) + . . . + vn(x)yn(x) y0

0(x) = v1(x)y10(x) + v2(x)y02(x) + . . . + vn(x)yn0 (x)

. . . . y(n−1)

0 (x) = v1(x)y(n−1)

1 (x) + v2(x)y(n−1)

2 (x) + . . . + vn(x)yn(n−1)(x),

(16.19)

ed inoltre in modo che y0(x) verifichi l’equazione (16.10).

Osserviamo innanzitutto che, derivando ciascuna delle prime n − 1 relazioni (16.19) e sottraendo la seguente, si ottiene che le derivate v10(x), v20(x), . . . , vn0(x) devono verificare le seguenti n − 1 equazioni:











 v0

1(x)y1(x) + v02(x)y2(x) + . . . + vn0(x)yn(x) = 0 v0

1(x)y10(x) + v02(x)y20(x) + . . . + vn0(x)yn0(x) = 0

. . . . v0

1(x)y1(n−2)(x) + v20(x)y2(n−2)(x) + . . . + v0n(x)yn(n−2)(x) = 0.

(16.20)

(7)

16.5. Equazioni differenziali lineari non omogenee

Per imporre poi che y0(x) verifichi la (16.10), deriviamo l’ultima delle (16.19), ottenendo:

y(n)

0 (x) = [v1(x)y(n)

1 (x) + v2(x)y(n)

2 (x) + . . . + vn(x)yn(n)(x)]

(16.21) + [v10(x)y1(n−1)(x) + v20(x)y2(n−1)(x) + . . . + vn0 (x)yn(n−1)(x)]

e sostituiamo, nel primo membro della (16.10), le espressioni fornite dalle (16.19) e (16.21) per y0(x), y00(x), . . . , y0(n−1)(x), y0(n)(x).

Con questa sostituzione, tenendo conto che y1(x), . . . , yn(x) sono integrali dell’equazione omogenea (16.12), la (16.10) diventa:

v0

1(x)y(n−1)

1 (x) + v0

2(x)y(n−1)

2 (x) + . . . + vn0 (x)yn(n−1)(x) = f(x). (16.22) che, insieme alle (16.20), costituisce il sistema:













v10(x)y1(x) + v20(x)y2(x) + . . . + vn0 (x)yn(x) = 0 v0

1(x)y0

1(x) + v0

2(x)y0

2(x) + . . . + vn0 (x)yn0 (x) = 0

. . . . v0

1(x)y(n−1)

1 (x) + v0

2(x)y(n−1)

2 (x) + . . . + vn0(x)yn(n−1)(x) = f(x)

(16.23)

di n equazioni lineari in n incognite, il cui determinante dei coefficienti `e il wronskiano degli n integrali y1(x), . . . , yn(x) dell’equazione omogenea; poich´e `e, per ipotesi, W (x) 6= 0, le v0

1(x), . . . , vn0(x) risultano determinate. Da queste, con un semplice quadratura, si ottengono le v1(x), . . . , vn(x) che, sostituite nella (16.18), forniscono l’integrale particolare richiesto.

16.5.2 Metodo del nucleo risolvente

A partire dal sistema (16.23) si sviluppa il secondo metodo (detto del nucleo risolvente o di Cauchy). Osserviamo che, indicati con ηi(x), (i = 1, 2, . . . , n) gli aggiunti degli elementi y(n−1)

i (x) dell’ultima riga di W (x), la soluzione del sistema `e data da v0

i(x) = ηi(x) f(x)

W (x) , i = 1, 2, . . . , n.

Perci`o, fissato x0 ∈ I, si pu`o scrivere, per ogni x ∈ I vi(x) =Z x

x0

ηi(ξ) f(ξ)

W (ξ) dξ, (i = 1, 2, . . . , n), e sostituendo in (16.18):

y0(x) = Xn

i=1

yi(x) Z x

x0

ηi(ξ) f(ξ)

W (ξ) dξ =Z x

x0

1 W (ξ)

Xn i=1

yi(x) ηi(ξ) f(ξ) dξ.

(8)

Ponendo

K(x, ξ) = 1 W (ξ)

Xn i=1

yi(x) ηi(ξ) (16.24)

si pu`o scrivere la formula

y0(x) =Z x

x0

K(x, ξ) f (ξ) dξ, (16.25)

che fornisce una semplice espressione dell’integrale particolare richiesto.

La funzione K(x, ξ) (che si chiama nucleo risolvente) pu`o essere espressa in un’altra forma, osservando che la sommatoria che la definisce nella (16.24) `e lo sviluppo, secondo gli elementi dell’ultima riga, del determinante ottenuto da W (ξ) sostituendo agli elementi della sua ultima riga le funzioni y1(x), y2(x), . . . , yn(x); si pu`o dunque scrivere

K(x, ξ) = 1 W (ξ)

y1(ξ) y2(ξ) . . . yn(ξ) y0

1(ξ) y0

2(ξ) . . . y0n(ξ) . . . . y(n−2)

1 (ξ) y(n−2)

2 (ξ) . . . yn(n−2)(ξ) y1(x) y2(x) . . . yn(x)

(16.26)

ed `e questa la formula che si utilizza in pratica. Teniamo anche presente che il nucleo risolvente K(x, ξ), pensato come funzione di x, coincide con quell’integrale dell’equazione omogenea (16.12) che `e individuato dalle seguenti condizioni iniziali nel punto ξ:

K(ξ, ξ) = 0, K0(ξ, ξ) = 0, . . . , K(n−2)(ξ, ξ) = 0, K(n−1)(ξ, ξ) = 1, (16.27) ove le derivazioni si intendono fatte rispetto a x.

16.6 Equazioni differenziali lineari a coefficienti costanti omogenee

Studiamo ora il caso di un’equazione differenziale lineare i cui coefficienti, anzich´e funzioni di x, siano costanti. Si scriver`a, in generale:

y(n)+ an−1y(n−1)+ an−2y(n−2)+ . . . + a1y0+ a0y = f (x) (16.28) con a0, a1, . . . , an−1 costanti reali o complesse e f(x) funzione continua assegnata (reale o complessa) in un certo intervallo I.

Seguendo la teoria generale svolta in precedenza, studieremo dapprima l’equazione omo- genea corrispondente alla (16.28), vale a dire:

y(n)+ an−1y(n−1)+ an−2y(n−2)+ . . . + a1y0+ a0y = 0 (16.29)

(9)

16.6. Equazioni differenziali lineari a coefficienti costanti omogenee

per trovare n integrali particolari linearmente indipendenti di quest’ultima. Cominciamo con l’esaminare se la (16.29) ammetta degli integrali del tipo y = eαx, con α costante da determinarsi. Sostituendo nella (16.29) si ottiene:

eαxn+ an−1αn−1+ an−2αn−2+ . . . + a1α + a0) = 0

e allora la (16.29) ammette l’integrale y = eαx se e soltanto se α `e la radice dell’equazione algebrica di grado n:

αn+ an−1αn−1+ an−2αn−2+ . . . + a1α + a0 = 0, (16.30) che si chiama equazione caratteristica relativa all’equazione omogenea (16.29).

Supporremo dapprima che l’equazione caratteristica abbia le radici tutte distinte, siano esse α1, α2, . . . , αn. Allora la (16.29) ha gli n integrali eα1x, eα2x, . . . , eαnx, il cui wronskiano W (x), calcolato per x = 0, vale

W (0) =

1 1 . . . 1

α1 α2 . . . αn . . . . αn−1

1 αn−1

2 . . . αnn−1

ed `e quindi non nullo2 Per quanto visto in precedenza, si ha allora W (x) 6= 0 in (−∞, +∞), e quindi gli integrali eα1x, eα2x, . . . , eαnx formano un sistema fondamentale. L’integrale generale della (16.29) `e dunque dato da:

y(x) = c1eα1x+ c2eα2x+ . . . + cneαnx, (16.31) con c1, c2, . . . , cn costanti arbitrarie (reali o complesse).

Supponiamo ora che l’equazione caratteristica (16.30) abbia delle radici multiple. Siano α1, α2, . . . , αr (con r < n) le radici distinte, µ1, µ2, . . . , µr le rispettive molteplicit`a (con µ1 + µ2+ . . . + µr = n). Consideriamo una di queste radici, ad esempio αk, di molteplicit`a µk: si dimostra facilmente che, oltre all’integrale eαkx, la (16.29) ammette anche gli altri µk− 1 integrali x eαkx, x2eαkx, . . . , xµk−1eαkx, cio`e complessivamente i µk integrali

y1(x) = eαkx, y2(x) = x eαkx, y3(x) = x2eαkx, . . . , yµ

k(x) = xµk−1eαkx. (16.32) Considerando allora integrali di questo tipo in corrispondenza a ciascuna delle radici α1, α2, . . . , αr si vede che l’equazione (16.29) avr`a tutti gli integrali:













eα1x, x eα1x, x2eα1x, . . . , xµ1−1eα1x eα2x, x eα2x, x2eα2x, . . . , xµ2−1eα2x . . . . eαrx, x eαrx, x2eαrx, . . . , xµr−1eαrx,

(16.33)

2Si dimostra che un determinante di questo tipo, detto di Vandermonde, `e sempre diverso da zero purch´e i numeri α1, α2, . . . , αn siano distinti.

(10)

che sono complessivamente in numero di µ12+. . .+µr = n. Si dimostra agevolmente che gli n integrali (16.33) formano un sistema fondamentale e perci`o l’integrale generale della (16.29) `e espresso dalla formula:

y(x) = (c10+ c11x + c12x2+ . . . , +c1,µ

1−1xµ1−1) eα1x + (c20+ c21x + c22x2+ . . . , +c2,µ

2−1xµ2−1) eα2x + . . . . + (cr0 + cr1x + cr2x2+ . . . , +c1,µ

r−1xµr−1) eαrx,

(16.34)

ove c10, c11, . . ., sono costanti arbitrarie.

Vi `e da osservare che anche quando i coefficienti dell’equazione differenziale (e quindi dell’equazione caratteristica) sono reali, pu`o darsi che l’integrale generale risulti espresso da una combinazione lineare di intgrali complessi; ci`o accade quando l’equazione caratteristica (16.30) ha delle radici complesse. Tuttavia, quando la (16.29) ha i coefficienti reali, `e possibile modificare la forma del suo integrale generale e farlo apparire come una combinazione di integrali reali.

Infatti, se l’equazione caratteristica ha una radice complessa β + iγ con molteplicit`a ν, essa ha anche la radice β − iγ, coniugata della precedente, con la stessa molteplicit`a ν. Nel gruppo degli n integrali (16.33) figurano i 2ν integrali

xke(β+iγ)x, xke−iγ)x, (k = 0, 1, 2, . . . , ν − 1), (16.35) per cui nell’integrale generale (16.34) compaiono, assieme agli altri, i seguenti termini

ν−1

X

k=0

hAkxke(β+iγ)x+ Bkxke−iγ)xi

, (16.36)

con Ak, Bk costanti arbitrarie. Tenendo conto delle formule di Eulero (3.23), la (16.36) si scrive:

ν−1

X

k=0

nAkxkeβx[cos(γx) + i sin(γx)] + Bkxkeβx[cos(γx) − i sin(γx)]o

e, definendo ora Ck = Ak+ Bk e Dk = i(Ak− Bk), diventa

ν−1

X

k=0

hCkxkeβxcos(γx) + Dkxkeβxsin(γx)i ,

cosicch´e nell’espressione dell’integrale generale (16.34), anzich´e una combinazione lineare degli integrali complessi (16.35), appare un’analoga combinazione degli integrali reali

xkeβxcos(γx), xkeβxsin(γx), (k = 0, 1, 2, . . . , ν − 1).

(11)

16.7. Equazioni differenziali lineari a coefficienti costanti non omogenee

16.7 Equazioni differenziali lineari a coefficienti costanti non omogenee

Poich´e abbiamo visto come determinare n integrali linearmente indipendenti dell’equazione omogenea (16.29), possiamo ora facilmente arrivare a scrivere l’integrale generale dell’e- quazione non omogenea (16.28), applicando uno dei due metodi presentati in precedenza. In questo caso risulta particolarmente semplice l’applicazione del secondo metodo (di Cauchy), perch´e si pu`o apportare una notevole semplificazione nel calcolo del nucleo risolvente K(x, ξ).

Infatti, essendo la (16.29) a coefficienti costanti, se y(x) `e un suo integrale, tale `e anche y(x− ξ), per ogni fissato ξ. Allora, se nell’applicare la (16.26), invece di usare gli integrali y1(x), y2(x), . . . , yn(x), si usano y1(x − ξ), y2(x − ξ), . . . , yn(x − ξ), la formula per il nucleo risolvente diventa

K(x, ξ) = 1 W (0)

y1(0) y2(0) . . . yn(0) y0

1(0) y0

2(0) . . . yn0(0) . . . . y(n−2)

1 (0) y2(n−2)(0) . . . yn(n−2)(0) y1(x − ξ) y2(x − ξ) . . . yn(x − ξ)

(16.37)

e mostra che, nel caso dell’equazione a coefficienti costanti, il nucleo risolvente dipende dipende da x e ξ soltanto tramite la loro differenza x − ξ.

16.8 Equazioni di Eulero

Una importante classe di equazioni differenziali lineari a coefficienti variabili `e quella delle equazioni di Eulero, che hanno la forma:

y(n)(x) + bn−1

x y(n−1)(x) + bn−2

x2 y(n−2)(x) + . . . + b1

xn−1 y0(x) + b0

xny(x) = f (x), (16.38) che `e del tipo (16.10), con ak(x) = bk/xn−k, essendo bk (k = 0, 1, . . . , n) una costante assegnata. Nella (16.38) x deve essere sempre diverso da zero, essendo i coefficienti singolari in questo punto; senza perdere di generalit`a, possiamo supporre x > 0.

Si pu`o ottenere facilmente un sistema fondamentale di integrali della corrispondente equazione omogenea

y(n)(x) + bn−1

x y(n−1)(x) + bn−2

x2 y(n−2)(x) + . . . + b1

xn−1 y0(x) + b0

xny(x) = 0 (16.39) trasformandola in una equazione a coefficienti costanti, mediante il cambiamento di variabile da x a t(x) = log x. Posto y(x) = Y [t(x)], utilizzando il teorema di derivazione delle funzioni

(12)

composte, le derivate di y si scrivono:

y0(x) = Y0(t)|t=t(x)

1 x

y00(x) = [Y00(t) − Y0(t)]|t=t(x)

1 x2

y000(x) = [Y000(t) − 3Y00(t) + 2Y0(t)]|t=t(x)

1 x3

... ...

(16.40)

da cui risulta chiaro che la derivata k-esima di y in x si scrive come un polinomio a coefficienti costanti nelle derivate fino all’n-esima di Y rispetto a t, moltiplicato per 1/xk. Sostituendo nella (16.38) le derivate (16.40) si ottiene un polinomio a coefficienti costanti nelle derivate fino all’n-esima di Y rispetto a t, moltiplicato per 1/xn. Moltiplicando poi primo e secondo membro per xn si ottiene un’equazione differenziale di ordine n, lineare ed a coefficienti costanti in Y . Risolta tale equazione, utilizzando la trasformazione Y [t(x)] = y(x) si ottiene l’integrale generale della (16.38).

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