Cap. 8 Conclusioni
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Capitolo 8
CONCLUSIONI
Lo studio condotto presso l’Azienda agricola “Fattoria Il Lischeto” ha messo in luce un quadro di evidente poliparassitismo. Sono stati isolati protozoi (Eimeria spp. e Cryptosporidium parvum), strongili gastrointestinali e polmonari, S. papillosus, Cestodi (Moniezia benedeni),
Trichuris sp. e D. dendriticum. I parassiti hanno mostrato prevalenze ed intensità di infezione variabili nei diversi periodi dell’anno ed in base alla fascia di età considerata, in particolare coccidi, strongili gastroenterici e S.
papillosus sono risultati i più frequenti. I coccidi hanno mostrato prevalenze costantemente elevate, soprattutto nei soggetti giovani, con intensità anche elevate di infezione, in particolare si è notato che tra le specie isolate, quelle a maggiore patogenicità, sono anche quelle con la prevalenza maggiore (E. ovina, E. parva, E. ashata).
Da un punto di vista sanitario, l’allevamento non presenta particolari problemi, l’intensità delle infezioni parassitarie si sono mostrate abbastanza contenute, soprattutto considerando che lo studio è stato condotto in un allevamento biologico, che è più esposto alle parassitosi a causa del maggior sfruttamento del pascolo che aumenta la possibilità di acquisire l’infezione.
Nel complesso si può affermare che la gestione sanitaria è buona, tuttavia nell’allevamento si continuano ad utilizzare farmaci antielmintici chimici per il controllo delle parassitosi, sfruttando entrambi i trattamenti consentiti per legge.
Sarebbe consigliabile, per ridurre ulteriormente il ricorso a molecole di sintesi, un approccio più globale al controllo integrato. Con l’introduzione dell’omeopatia nella gestione dei problemi sanitari del gregge, gli allevatori hanno già mostrato un’apertura verso un nuovo modo di approcciarsi alle parassitosi, tuttavia sembra necessario uno sforzo ulteriore in quanto,
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nonostante l’omeopatia abbia dato i risultati sperati, essa è stata poi totalmente abbandonata. Si può quindi suggerire continuare nell’utilizzo delle medicine complementari, tra cui in particolare l’omeopatia, che hanno dimostrato di essere efficaci.
Anche la gestione dei pascoli potrebbe essere in qualche modo migliorata, gli animali hanno attualmente libero accesso a tutta l’area, sarebbe opportuno invece studiare una rotazione più razionale, attraverso ad esempio l’utilizzo di recinzioni, peraltro già presenti, alternando le varie aree in modo che nelle particelle non utilizzate la carica infettante possa diminuire. Vari studi sono stati fatti a questo proposito e che potrebbero essere adattati al caso.
Bisogna osservare però che far pascolare gli animali su terreni coltivati è un buon metodo per il controllo dei parassiti perché con le pratiche agronomiche si ottiene una notevole riduzione della carica ambientale. Per quanto riguarda l’alimentazione, la razione fornita è uguale per tutte le fasce di età e per i diversi momenti fisiologici, non tiene conto quindi delle diverse esigenze; sarebbe interessante in un futuro valutare se realmente i fabbisogni delle pecore sono soddisfatti ed eventualmente prevedere delle integrazioni, soprattutto proteiche, in periodi strategici del loro ciclo, come in prossimità del parto.
Per quanto riguarda la gestione della stalla, particolare attenzione dovrebbe essere rivolta a pulizie e disinfezioni frequenti degli ambienti accompagnate da un rinnovo regolare della lettiera che rappresenta un fattore di rischio importantissimo sia per i giovani agnelli che per le fattrici che rimangono in stalla nel periodo che precede e segue nel parto. L’allevamento ha infatti una lettiera permanente che rappresenta un ottimo pabulum per la resistenza ambientale di molti parassiti, quali coccidi, C. parvum etc.
Alla luce dei risultati ottenuti in questo studio, emerge nuovamente la fondamentale utilità di un monitoraggio costante dell’allevamento per valutare l’andamento delle parassitosi, che consente anche di poter capire meglio quali possono essere i fattori di rischio e gli errori, anche a livello gestionale, che possono favorirne lo sviluppo e la diffusione.
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Per far questo occorre però instaurare uno stretto rapporto di collaborazione con un veterinario che possa interpretare i dati osservati e quindi suggerire le soluzioni idonee al caso che non necessariamente sono i trattamenti antielmintici di sintesi. A livello aziendale manca infatti una figura professionale che segua l’allevamento da un punto di vista sanitario, mentre invece sarebbe auspicabile considerato anche il consistente numero di capi allevati e l’importante ruolo che l’azienda riveste nel mercato della produzione dei formaggi.