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LE BOBINE A RADIOFREQUENZA

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LE BOBINE A RADIOFREQUENZA

2.1 Introduzione alle bobine RF

Le bobine a radiofrequenza (RF coils), conosciute anche come risuonatori RF e sonde RF, sono componenti fondamentali di un sistema MRI ed hanno due funzioni: quella di generare impulsi alla frequenza di Larmor per l’eccitazione dei nuclei nel campione in esame (bobina RF trasmittente) e quella di captare il segnale emesso dai nuclei alla stessa frequenza (bobina RF ricevente).

Il campo magnetico prodotto dagli impulsi a radiofrequenza generati dalla bobina di trasmissione è indicato in letteratura come B1 ed ha direzione

perpendicolare a quella del campo magnetico principale [1].

Per ottenere immagini MRI di alta qualità, le bobine RF devono possedere due requisiti fondamentali :

• quando sono utilizzate in trasmissione, devono generare un campo B1

omogeneo nel volume di interesse (ROI – Region of Interest), in modo da eccitare uniformemente i nuclei, e possedere un campo di vista (FOV

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–Field of View) quanto più possibile elevato, poiché spesso la regione di interesse non è perfettamente nota a priori;

• quando utilizzate in ricezione, devono garantire un elevato rapporto segnale-rumore (SNR) e devono poter ricevere il segnale RF con lo stesso guadagno per ogni punto del volume in esame [1,8].

In base al principio di reciprocità [12] dei campi elettromagnetici, se la bobina ricevente soddisfa tale proprietà ed è utilizzata come trasmittente, deve essere in grado di produrre un campo omogeneo.

La recente tendenza all’utilizzo di campi magnetici B0 sempre più alti

(nell’ambito della ricerca si è arrivati ad utilizzare anche campi superiori a 8T negli studi sugli esseri umani e a 17.6T per quelli sugli animali), offre una strada in più per l’innalzamento del SNR raggiungile, utilizzato spesso per migliorare la risoluzione spaziale (negli esseri umani si sono ottenuti anche risoluzioni che stanno sotto 1 mm). Il passo più importante per l’ottimizzazione del SNR, come per l’ottimizzazione dell’omogeneità del campo RF, rimane comunque la progettazione delle bobine RF. Infatti, ogni particolare applicazione ha dei propri requisiti che devono essere soddisfatti, pertanto la bobina a radiofrequenza deve essere progettata “ad hoc”, in base al problema che si ha di fronte; non esiste una bobina che sia ottima per qualunque tipo di applicazione [8].

Nel corso degli ultimi 25 anni sono state sviluppate diverse tipologie di bobine RF le quali, secondo la loro forma, possono essere classificate in due gruppi:

• bobine di volume, che di solito hanno la forma di un cilindro cavo, al cui interno si posiziona il campione da esaminare. Queste bobine, oltre che dal fattore di qualità Q (che tratteremo più in dettaglio nel § 2.2.4 ), sono caratterizzate dal cosiddetto “Filling Factor”, il quale dà un’indicazione

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di quanto le dimensioni della bobina siano prossime a quelle del campione sotto esame, e quindi anche di quale sia il rapporto segnale rumore che ci si può aspettare; è facile, infatti, capire che quanto più alto sarà tale fattore tanto più alto sarà il rapporto segnale rumore, poiché la regione di spazio in cui non si trova il campione, ovvero la regione di spazio che non fornisce segnale utile ma contribuisce solo al rumore, è tanto minore quanto più le dimensioni della bobina sono vicine a quelle del campione stesso. Questa classe di bobine RF comprende molti tipi di risuonatori, tra cui: Helmholtz coils, saddle coils, e birdcage coils (tra tutte queste, le birdcage coils sono le più utilizzate grazie alla loro capacità di generare un campo B1 altamente omogeneo su di un grande

volume all’interno della bobina);

• bobine di superficie, sono bobine aperte, in grado, come lo stesso nome indica, di ricevere il segnale dalle strutture superficiali contigue. Di questo gruppo fanno parte single-loop e multiple-loop coils di varie forme. Esse sono molto più piccole delle volume coils ed hanno un valore di SNR più grande poiché ricevono il rumore solo da zone vicine,

ma hanno però un’omogeneità del campo B1 relativamente bassa, e

pertanto vengono utilizzate principalmente in ricezione [1,8].

Spesso vengono usate due bobine separate: una per la trasmissione, tipicamente una birdcage coil, che garantisce un’eccitazione uniforme della zona interessata, ed un’altra per la ricezione, in genere una surface coil, posizionabile molto vicino alla regione di interesse, che ha la caratteristica di avere un piccolo campo di vista (FOV). Quando questo avviene è importante garantire il loro disaccoppiamento elettronico in modo da minimizzare la mutua induttanza che deriva dal fatto che le due bobine sono accordate sulla stessa frequenza [1,8].

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2.2 Bobine di volume

Verranno di seguito riportati e analizzati alcuni fra i più importani esempi di bobine di volume; in particolare ci soffermeremo ad analizzare più dettagliatamente le birdcage colis, che sono attualmente le più utilizzate.

2.2.1 Le Helmholtz coils

Le Helmholtz coils sono costituite da due spire circolari aventi lo stesso raggio a e disposte parallelamente ad una certa distanza d l’una dall’altra, come mostrato in fig.2.1.

Fig. 2.1 – Helmholtz coil.

Il campo magnetico B1 prodotto da questa struttura non è altro che la

somma del campo prodotto dalle singole spire che la costituiscono; esso raggiunge la sua massima omogeneità, che si verifica intorno al punto di mezzo fra i due loops, quando la distanza d è pari al raggio delle spire [1].

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2.2.2 Saddle coils

Le Saddle coils sono costituite da una coppia di loop in serie con i loro conduttori posizionati attorno ad una superficie cilindrica, come mostrato in fig. 2.2.

Fig. 2.2 – Saddle coil.

Il campo B1 è generato principalmente dai quattro segmenti conduttori

verticali e la miglior omogeneità per B1 si ottiene per un angolo di

ampiezza pari a 120°, come indicato in fig. 2.2; infatti, con tale scelta la saddle coil può essere vista, come sarà più chiaro in seguito, come una Birdcage coil avente sei leg di cui due non attraversati da corrente, riuscendo così anch’essa ad approssimare una distribuzione di corrente sinusoidale sulla superficie di un cilindro “infinito” (necessaria per ottenere un campo B1 perfettamente omogeneo al suo interno). Quindi, grazie alla

sua geometria, il campo magnetico B1 della Saddle coil risulta molto più

omogeneo, nella direzione z, rispetto a quello generato da una Helmholtz coil. Inoltre, questo tipo di bobina è facilmente accessibile e fornisce un buon “fattore di riempimento” (“Filling Factor”) [8].

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2.2.3 Birdcage coils

Le Birdcage colis sono costituite da due spire circolari disposte parallelamente fra loro, chiamate “end-rings”, collegate per mezzo di rami verticali equispaziati, disposti simmetricamente su una superficie cilindrica, detti “legs” o “rungs”. Inoltre sono presenti dei condensatori, il cui scopo è il raggiungimento della condizione di risonanza.

Il motivo per cui vi è la necessità di operare alla frequenza di risonanza sarà chiarito in seguito, nel § 2.4.

Fig. 2.3 – Esempio di birdcage coil.

Le birdcage coils possono essere suddivise in due classi di base: le high-pass birdcage e le low-high-pass birdcage, alle quali si aggiunge una terza versione, la bandpass birdcage o hybrid birdcage, che costituisce una soluzione ibrida fra le due precedenti.

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Queste bobine si distinguono per la posizione dei condensatori; infatti, come si nota in fig. 2.4, nelle high-pass birdcage i condensatori sono posizionati solo sui segmenti degli end-ring, mentre nelle low-pass birdcage essi si trovano sui legs [8].

(a) (b)

Fig. 2.4 – (a) Highpass birdcage coil (b) Lowpass birdcage coil

Nelle hybrid birdcage coils i condensatori si trovano, invece, sia sugli end-ring che sui legs.

Le birdcage coils sono, oggi, le più utilizzate in applicazioni NMR, in quanto sono in grado di generare un campo a RF omogeneo in un volume molto ampio al loro interno. Partendo da considerazioni di carattere elettromagnetico, è possibile capire perché la birdcage coil possa essere utilizzata per generare un campo a RF omogeneo.

Si consideri una superficie cilindrica conduttrice di lunghezza infinita, avente raggio r, disposta secondo l’asse z, e percorsa da una densità di corrente diretta longitudinalmente e variabile in maniera sinusoidale con l’azimut φ: J0sin zφ

= s

(8)

In tal caso il campo esternamente ed internamente al cilindro è dato dalle seguenti relazioni in coordinate sferiche [1]:

est B

(

)

2 0 , cos sin 2 J r µ ρ φ φ ρ φ φ ρ ∧ ∧ ⎛ ⎞ ⎛ ⎞ =⎜ ⎟ + ⎝ ⎠ ⎝ ⎠ (2.1) int B

(

)

2 0 0 , cos sin 2 2 J J r x µ µ ρ φ φ ρ φ φ ρ ∧ ∧ ∧ ⎛ ⎞ =⎜ ⎟ = ⎝ ⎠ ⎝ ⎠ (2.2)

dalla seconda delle quali notiamo che il campo interno è diretto secondo l’asse x, ed è omogeneo.

Quindi una distribuzione cilindrica superficiale di corrente diretta secondo z, e variabile in modo sinusoidale con l’azimut, genera internamente ad essa un’induzione uniforme diretta secondo x.

Questo sta alla base della progettazione della birdcage coil, infatti, alla particolare frequenza di risonanza alla quale è utilizzata, ha la caratteristica di avere una distribuzione di corrente in cui può essere riconosciuto un andamento sinusoidale spostandosi nell’ordine da un ramo verticale all’altro, alla quale corrisponde un campo interno omogeneo.

Quindi, la maggiore o minore omogeneità del campo B1 all’ interno della

birdcage coil dipende dal numero di legs utilizzati nella sua costruzione. Infatti, più legs ci sono più la superficie conduttrice cilindrica è ben approssimata e di conseguenza maggiore sarà l’omogeneità della distribuzione del campo B1 [8].

2.2.3.1 Frequenza di risonanza e modi degeneri

L’approccio che consente una formulazione teorica del comportamento della birdcage coil dal punto di vista della risonanza, è il metodo del

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circuito equivalente. Con tale metodo la bobina viene schematizzata tramite un circuito elettrico, costituito da una serie contigua di maglie composte da autoinduttanze e mutue induttanze, associate ai conduttori costituenti la birdcage coil, e dalle capacità inserite [1]. Questo metodo consente di analizzare strutture relativamente complicate, la cui analisi esatta, basata sulle equazioni di Maxwell, risulta particolarmente difficoltosa e dispendiosa in termini di tempo. Bisogna però ricordare che tale metodo, che può essere applicato a un qualunque tipo di bobina a radiofrequenza, e che risulta essere altamente efficiente, ragionevolmente accurato e sicuramente molto pratico per la loro progettazione, può essere applicato solo a bobine le cui dimensioni siano piccole rispetto alla lunghezza d’onda [1]. Inoltre è doveroso premettere che, dato che una rappresentazione dell’elemento radiante con componenti discreti può darne la descrizione corretta solamente se la frequenza considerata è sufficientemente piccola, il comportamento dedotto da questo modello dal punto di vista della risonanza può differire da quello di altre rappresentazioni più accurate, nonché dalla realtà.

Come primo passo si valutano i valori delle induttanze, con cui si schematizzano i conduttori, e delle mutue induttanze tra i fili, attraverso le formule riportate di seguito:

0 2 ln 1 2 l l L a µ π ⎛ ⎞ = ⎝ ⎠ (2.3)

misurata in µH, valida per bobine realizzate con conduttori a sezione circolare di raggio a e lunghezza l e tanto più accurata quanto più l>>a;

0 2 1 ln 2 2 l l L w µ π ⎛ ⎞ = + ⎝ ⎠ (2.4)

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misurata in µH, valida per bobine realizzate con strisce conduttrici di larghezza w e lunghezza l e tanto più accurata quanto più l>>w;

2 2 0 2 2 ln 1 1 2 l l l d d M d d l l µ π ⎡ ⎛ ⎞ ⎤ ⎢ ⎥ = ⎜ + + ⎟− + + ⎢ ⎥ ⎣ ⎦ (2.5) dove d indica la distanza, in cm, fra i conduttori.

I circuiti ottenuti per la high-pass birdcage e per la low-pass birdcage sono riportati, rispettivamente, in fig. 2.5 e fig. 2.6:

Fig.2.5 – parte del circuito equivalente relativo a una highpass birdcage coil

(11)

Applicando il secondo principio di Kirchhoff alle maglie della rete priva di sollecitazioni, si perviene ad una forma matriciale, la cui soluzione in termini di autovalori fornisce le frequenze di risonanza del circuito.

Si può così mostrare che secondo questa schematizzazione, una bobina con

N rami verticali ha altrettanti “modi di risonanza” associati a 1

2

N +

frequenze di risonanza: si hanno N−2 “modi degeneri” caratterizzati dalla medesima frequenza e da distribuzioni di campo magnetico analoghe ma ortogonali tra loro. I restanti due modi sono relativi a frequenze distinte (non sono perciò degeneri).

Fra i modi degeneri ha fondamentale importanza il “modo dominante”, che ha la particolarità di avere una distribuzione di campo interno omogenea, e quindi è quello che viene eccitato (stabilita la frequenza di Larmor vengono determinate le dimensioni geometriche ed i valori delle capacità imponendo che il modo dominante abbia tale frequenza di risonanza).

Nella configurazione passa-alto il modo dominante è quello la cui frequenza di risonanza è la penultima in ordine di grandezza, mentre nella passa-basso è la seconda.

Inoltre la frequenza di risonanza più grande nel primo caso, ovvero la più piccola nel secondo, prende il nome di “frequenza di risonanza degli end-rings”, in quanto non si ha corrente in nessuno dei rami verticali, mentre si hanno correnti uguali (in modulo, fase e verso di rotazione) nei due end-rings [1]. Questa situazione impone un comportamento analogo a quello della bobina di Helmholtz, già analizzata nel § 2.2.1.

2.2.4 Il fattore di qualità

Nella schematizzazione di una bobina a radiofrequenza tramite il metodo del circuito equivalente risulta semplice mettere in evidenza come in un

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tale sistema esistano delle perdite di cui bisogna tener conto. Infatti in una schematizzazione ideale i conduttori della bobina possono essere considerati induttori puri, privi di resistenza, ma in realtà essi presentano una parte resistiva che può influenzare il comportamento della stessa bobina; nel caso in cui la bobina sia utilizzata in fase di trasmissione l’effetto della resistenza dei conduttori è quello di una dissipazione di potenza, mentre, se si utilizza in ricezione, si avrà un aumento del rumore in ingresso al sistema.

Un parametro importante per rappresentare le perdite dovute alla parte resistiva dei conduttori è il cosiddetto fattore di qualità, indicato con Q, che può essere espresso come

Q L

R

ω

= (2.6)

dove L è l’induttanza e R è la resistenza caratteristica dell’induttore, che può essere considerata in serie.

In linea di massima possiamo dire che tale fattore influenza notevolmente il comportamento della bobina e di tutto il sistema, in quanto si ha che

1/ 2

SNRQ . Lo stesso discorso si ripete chiaramente per i condensatori, caratterizzati anch’essi da perdite resistive, quindi la scelta di tali componenti va fatta orientandosi verso alti fattori di qualità.

Il parametro Q può essere espresso anche in maniera differente come f0

Q B

= (2.7)

in cui f0 è la frequenza di risonanza e B è la banda passante del circuito

risonante; tale definizione, in particolare, evidenzia quella che è la selettività del circuito risonante.

(13)

Il fattore di qualità ricopre, quindi, un ruolo molto importante, in quanto consente di tener conto delle perdite citate precedentemente e, più in generale, di tutti i meccanismi di perdita di un dato sistema. Nel caso delle bobine a radiofrequenza entrano in gioco, infatti, altre perdite come: le perdite dovute alle interazioni magnetiche nella regione di campo vicino della bobina e quelle dovute alle interazioni elettriche, che si traducono per lo più in dissipazioni di potenza sul campione in esame [8].

Per determinare i relativi contributi dei vari meccanismi di perdita la via seguita è quella di misurare il fattore Q in differenti condizioni di carico, ovvero di inserire all’interno della bobina il campione da analizzare (condizione di “bobina caricata”). Con tali prove è stato dimostrato che il

Q della bobina “caricata” diminuisce significativamente rispetto a quello della bobina “non caricata”, indicando così che le perdite sul campione sono dominanti rispetto a quelle analizzate in precedenza. Un parametro molto importante da prendere in considerazione è, quindi, il rapporto tra il fattore di qualità della bobina scarica e quello della bobina con carico, cioè

scarica carica Q r Q = (2.8)

Infatti, nel caso in cui r≅1, le perdite sono prevalentemente dovute alla

bobina, mentre nel caso in cui r >>1, le perdite sono dovute essenzialmente al carico; in questo senso si può dire che un valore ottimale di r è intorno a 4-5. Inoltre, sfruttando tale rapporto è possibile calcolare la sensibilità S

della bobina che si sta analizzando, riferita ad un valore di sensibilità S0

(14)

0 1 1 1 carica scarica Q S S = − =rQ (2.9)

E’ doveroso far notare che il fattore di qualità è un parametro in grado di caratterizzare qualunque bobina, sia essa una bobina di volume o di superficie.

Per quanto riguarda la Birdcage coil viene osservato un abbassamento del fattore di qualità quando essa sia costituita, a parità di diametro e di lunghezza, da un numero maggiore di legs. Questo effetto viene considerato essere causato dalla conseguente maggiore quantità di condensatori richiesti nella struttura. E’ stato comunque trovato un buon compromesso tra le proprietà desiderate per la bobina, da una parte, e la difficoltà e il numero di componenti necessari per la sua realizzazione, dall’altra.

2.2.5 Miglioramento dell’omogeneità di campo in una birdcage coil usando End-Caps

La lunghezza e il diametro della birdcage coil determinano il suo volume di sensibilità, e dovrebbero essere adattati al volume del campione da esaminare.

La massima sensibilità (rapporto fra il campo B1 e la corrente di ingresso

della bobina) viene raggiunta, nel piano che taglia la bobina a metà della sua lunghezza, quando lunghezza e diametro stanno in un rapporto di 0.7. Ma in una tale situazione, il massimo della sensibilità è valido solamente sul piano x-y trasverso alla bobina, menzionato sopra, e ciò va a discapito dell’omogeneità del campo B1 nella direzione assiale (z). Se il volume di

(15)

coil deve avere una lunghezza maggiore, in modo da raccogliere il segnale dalle regioni periferiche, (così, però, si ottiene una minore sensibilità) [8]. Un metodo per cercare di migliorare l’omogeneità del campo magnetico B1

all’interno della Birdcage coil è quello di utilizzate delle lamine conduttrici poste, quando sia possibile1, alle estremità della bobina, e dette “end-caps”. Infatti tali lamine conduttrici, che fanno parte di schermi a radiofrequenza (RF) (trattati in § 2.2.6), agiscono da specchio per la bobina, riuscendo così a raddoppiare la sua lunghezza elettrica (come dimostra il teorema delle immagini). Il risultato che si ottiene è che il campo prodotto all’interno della birdcage coil, e in particolar modo quello vicino all’estremità chiusa con lo specchio, può essere significativamente migliorato (viene tanto più migliorato quanto più lo specchio viene posto vicino all’estremità della bobina) [1].

2.2.6 Schermi a Radiofrequenza

In un sistema MRI, come ricordato nel capitolo 1, si usano un set di 3 bobine gradienti per ottenere un informazione selezionata spazialmente e un set di bobine “shim” per ottenere un alto grado di omogeneità del campo magnetico principale. Queste bobine sono generalmente costituite da avvolgimenti di conduttori la cui lunghezza totale può essere anche dell’ordine di molti metri. Quando i campi a radiofrequenza, prodotti da una bobina RF, inducono su queste bobine, si presentano numerose interazioni che possono degradare le prestazioni della bobina RF stessa. Per evitare tali interazioni le bobine RF sono spesso racchiuse, almeno parzialmente, da schermi RF (si veda fig. 2.7),

1

Nella maggior parte delle applicazioni le due estremità della bobina devono essere aperte, per consentire l’ingresso al loro interno del campione da analizzare; in alcune bobine però, come quelle destinate allo studio della testa, una delle due estremità può venir chiusa.

(16)

Fig.2.7 – Birdcage coil con schermo RF

i quali però hanno effetti drammatici sulle frequenze di risonanza e spesso sulla distribuzione del campo della bobina RF (pertanto uno studio accurato delle bobine a radiofrequenza dovrebbe includere anche gli effetti di tale schermo) [1].

2.3 Bobine di superficie

Le bobine di superficie forniscono, come già rimarcato nel § 2.1, un rapporto segnale-rumore più alto rispetto a quelle di volume; questo si verifica a causa della loro più piccola regione di sensibilità, che comporta una diminuzione della quantità di rumore ricevuta. Allo stesso tempo queste bobine sono caratterizzate da un piccolo campo di vista (FOV), che, invece, nelle applicazioni per imaging clinico è desiderato essere il più grande possibile. Una possibile soluzione a questo problema, e sicuramente la più semplice, consiste nell’utilizzare una bobina RF di superficie (single-loop coil) che sia “grande” ed abbia il minor SNR possibile, oppure riposizionare una bobina più piccola, di cui in fig. 2.8 è riportato un

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esempio, ripetendo ogni volta lo studio in relazione alla parte esaminata (ma quest’ultimo è un metodo molto dispendioso in termini di tempo).

Fig. 2.8 – Bobina di superficie circolare

Un’altra possibile soluzione consiste nell’utilizzare delle multiple-loop coils o coil array, chiamati in NMR phased array [1].

2.3.1 I phased array

Le bobine phased array, di cui un esempio è mostrato in fig. 2.9, sono particolari antenne costituite da più unità poste in parallelo in cui ciascuna bobina riceve indipendentemente dalle altre.

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La prima formulazione teorica riguardo a tali tipi di bobine ed al loro utilizzo si deve a Roemer e Hayes nel 1989 e, ad oggi, sono praticamente presenti in ogni scanner di Risonanza Magnetica grazie al fatto che consentono di ottenere un’immagine con ampio campo di vista e un buon rapporto segnale-rumore, non incrementando il tempo di scansione.

Il numero massimo di bobine utilizzabili in un array dipende dall’omogeneità del magnete e dal fatto che ogni bobina necessita di un proprio ricevitore e di un proprio hardware per l’acquisizione dei dati.

Inoltre se si considerano due bobine identiche, risonanti alla stessa frequenza f0, e si affiancano, la mutua induttanza tra di loro porta ad uno

“splittamento” della f0 in due diverse frequenze di risonanza, con una

conseguente riduzione di sensibilità alla f0. Per eliminare o ridurre questo

accoppiamento si possono sovrapporre le bobine fino ad avere mutua induttanza uguale a zero: nel caso di bobine circolari rilevazioni sperimentali hanno indicato come distanza ottima dei centri il 75% del diametro, come mostrato in fig. 2.10, in quelle quadrate il 90% del lato.

Fig. 2.10 – Tre bobine circolari sovrapposte

Tuttavia questo accorgimento non basta in un array con più di due bobine, in quanto rimane un accoppiamento mutuo tra bobine non adiacenti, inoltre

(19)

la sovrapposizione minimizza la mutua induttanza ma non la mutua resistenza di rumore tra le bobine, ed è un parametro importante nella seguente ricostruzione dell’immagine. Si può ridurre questa interazione andando a connettere ogni bobina ad un preamplificatore a bassa impedenza.

2.4 Alimentazione delle bobine RF alla frequenza di

risonanza

Per illustrare il concetto di risonanza di una bobina RF e giustificare il loro impiego in MRI, si consideri il circuito RLC illustrato in fig. 2.11:

Fig. 2.11 - Circuito RLC

Applicando la seconda legge di Kirchhoff si ottiene:

V j I C j I R − + ωLI= ω (2.10)

dove ωè la frequenza angolare e j= −1.

La corrente è data da:

L ω ωC j j R V I + − = (2.11) e posta R=0, si ottiene:

(20)

⎟ ⎠ ⎞ ⎜ ⎝ ⎛ = − = 2 1 ω ω ω ω LC j L V C j L j V I (2.12) dove si nota la divergenza della corrente quando

LC r 1 = =ω ω (2.13) Questo fenomeno è chiamato risonanza ed ωr è la frequenza di risonanza. Naturalmente, la resistenza R non può annullarsi completamente, quindi la corrente non è infinita ma alla frequenza di risonanza assume il valore massimo.

Poiché il campo magnetico prodotto da una corrente è direttamente proporzionale all’ampiezza della corrente stessa, una bobina RF può produrre campi magnetici ”massimi” con l’utilizzo di una tensione di eccitazione relativamente bassa quando si opera alla frequenza di risonanza [1,9].

2.5 Eccitazione e rivelazione in quadratura associata alle

bobine a radiofrequenza

Secondo la teoria della risonanza magnetica nucleare, può essere fornita energia ai nuclei (e quindi per il principio di reciprocità da questi ricevuta) utilizzando un campo magnetico polarizzato circolarmente ruotante alla frequenza di Larmor.

Facendo riferimento ad una polarizzazione circolare sia in trasmissione che in ricezione, rispetto ad una lineare, si ha nel primo caso il vantaggio di dimezzare la potenza generata, mentre nel secondo un incremento di un fattore 2 di SNR in ricezione.

(21)

Per quanto riguarda la prima affermazione, si consideri che un campo magnetico polarizzato linearmente B1=B1cosωt x

, può essere decomposto in due campi polarizzati circolarmente ruotanti in verso opposto fra loro, ed aventi ampiezza dimezzata rispetto a quello di partenza:

) (cos 2 ) (cos 2 1 1 ∧+ ∧ + ∧− ∧ = x y x y B1 t sin t B t sin t B ω ω ω ω .

Di queste due componenti solamente quella ruotante nel verso della precessione attorno al campo statico è in grado di eccitare la magnetizzazione, mentre l’altra rappresenta della potenza perduta.

Quindi, se viene generata solo la componente utile si ha un dimezzamento della potenza richiesta.

Relativamente al SNR, si deve osservare che il segnale ad RF emesso dai nuclei consiste in un campo magnetico polarizzato circolarmente, il quale può essere decomposto in due componenti lineari e mutuamente ortogonali, così che se in ricezione non si opera con una rivelazione in quadratura, una delle due componenti viene perduta, viceversa incrementiamo SNR di 2.

Fig. 2.12 - Eccitazione e rivelazione in quadratura

Bobina trasmettitor 0 0 0 90 ricevitore

(22)

Come mostrato in fig. 2.12, è opportuno utilizzare in trasmissione un circuito che divida la potenza trasmessa in due canali e che introduca sui due segnali così generati uno sfasamento di 90°.

L’uscita dei due canali viene utilizzata per alimentare la bobina trasmittente

in due punti sfasati spazialmente di 90°, in modo che i due campi

polarizzati linearmente e sfasati temporalmente di 90° ottenuti, diano luogo ad una polarizzazione circolare col verso di rotazione desiderato.

Sempre dalla stessa figura si osserva come in ricezione sia necessario sfasare di 90° i segnali raccolti da due punti in quadratura sulla bobina, in modo da ottenere due segnali in fase che possano così esser combinati coerentemente [1].

Figura

Fig. 2.1 – Helmholtz coil.
Fig. 2.3 – Esempio di birdcage coil.
Fig. 2.4 – (a) Highpass birdcage coil   (b) Lowpass birdcage coil
Fig. 2.8 – Bobina di superficie circolare
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Riferimenti

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