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Le MII sono infatti malattie rare, caratterizzate da una notevole eterogeneità clinica, che ne rende talora difficile l’inquadramento diagnostico

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Discussione

La valutazione di un paziente con probabile MII ha da sempre posto grandi problematiche diagnostiche oltre che terapeutiche.

Le MII sono infatti malattie rare, caratterizzate da una notevole eterogeneità clinica, che ne rende talora difficile l’inquadramento diagnostico

(5)

. I vari criteri diagnostici, che sono stati nel corso degli anni proposti, appaiono molto sensibili (anche se i dati in letteratura riportano valori compresi tra il 75% e il 100%

(26)

) ma poco specifici, e spesso non consentono di porre diagnosi differenziale con altre patologie che presentano interessamento muscolare.

I criteri diagnostici che vengono ancora oggi utilizzati, quelli di Bohan e Peter del 1975

(1)

, presentano molteplici problemi valutativi:

• Non specificano quanto debba essere considerato significativo l’aumento delle CPK ed in ogni caso l’aumento degli enzimi muscolari è un parametro sensibile ma molto poco specifico e comune ad altre miopatie;

• Non prevedono come debba essere valutata e quantizzata la forza

muscolare e spesso, nella pratica clinica, la valutazione della forza

muscolare è soggettiva;

(2)

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• Il risultato dell’elettromiografia spesso non è specifico per le MII e vi sono delle differenze interpretative interoperatore e intraoperatore

(58)

.

• La biopsia può non identificare alterazioni infiammatorie specifiche in molti pazienti: in alcuni studi sino al 90% dei pazienti non presentava infiltrato infiammatorio perché l’impegno muscolare può essere “patchy”

(75)

.

Anche il follow up di tali patologie può creare delle difficoltà, in quanto

le MII sono malattie ad andamento cronico con possibili fasi di

riacutizzazione e, spesso, il medico si trova a dover valutare la presenza e

l’entità dell’attività di malattia. Purtroppo non esistono ad oggi criteri

standardizzati per valutare l’attività di malattia; se in molti casi una

riacutizzazione è facilmente diagnosticabile per la concordanza di criteri

clinici e sierologici, in altri casi, soprattutto in pazienti con lunga durata di

malattia o trattati con dosi croniche di steroidi, può essere particolarmente

difficile giudicare l’attività di malattia. Ad esempio, il valore delle CPK,

che viene spesso utilizzato nel giudizio clinico di attività di malattia, può

essere meno marcato o del tutto assente nei pazienti con spiccata atrofia

muscolare

(2)

.

(3)

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Scopo di questo lavoro è stato quello di utilizzare la RM per valutarne la possibile utilità ai fini diagnostici e la capacità di individuare le fasi di attività di malattia.

Se consideriamo la totalità dei pazienti arruolati nel nostro studio, i valori di CPK non correlavano significativamente con l’attività di malattia, anche se i valori più elevati di tale enzima sono stati riscontrati tra i pazienti che presentano una miopatia infiammatoria idiopatica.

La RM ha dimostrato una correlazione statisticamente significativa fra la presenza di edema e attività di malattia; la presenza di edema invece non correlava con i valori di CPK.

Soggetti con una patologia molto attiva, presentavano livelli di edema elevato, mentre i pazienti con una patologia che appariva clinicamente poco attiva, mostravano livelli di edema minori. In tutti i pazienti senza segni di attività di malattia non era riscontrabile edema.

Un paziente, però, presentava un edema marcato (grado 3) a fronte di

un quadro clinico di inattività. Tale paziente presentava tuttavia una lunga

storia di malattia (30 mesi), di trattamento corticosteroideo (40 grammi di

6-metilprednisolone) e immunosoppressivo (metotrexate, ciclofosfamide,

ciclosporina ed azatioprina). Si deve inoltre considerare, che tale paziente

era l’unico che al momento dell’esecuzione della RM era in terapia con

corticosteroidi e che non è stato possibile effettuare una biopsia muscolare

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per rifiuto da parte del paziente. È quindi possibile che il paziente non presentasse realmente una MII.

Due pazienti, a fronte di una patologia lieve (grado 1), presentavano edema moderato (livello 2). Deve essere però considerato che, in tali soggetti, contrassegnati con i numeri 4 e 8, la malattia era presente da tempo (rispettivamente 21 e 172 mesi) e avevano ricevuto dosi elevate di steroidi (rispettivamente 2,5 e 38,5 grammi di 6-metilprednisolone) e immunosoppressori, che potrebbero aver modificato il quadro clinico.

Emerge, tuttavia, come la RM non sia comunque specifica per le MII.

Infatti, l’edema riscontrato dall’imaging è correlato all’infiammazione muscolare

(70)

e, dall’analisi dei pazienti che avevano una miopatia di altra natura, si può notare come anche altri pazienti presentassero infatti edema.

Il paziente con la miopatia virale, condizione che comporta un’

infiammazione muscolare

(90)

, presentava infatti edema di grado moderato.

Un paziente con miopatia di natura da determinare, presentava un

quadro di edema grave (grado 3). Tale soggetto non era però facilmente

inquadrabile poiché con ritardo cognitivo e con lunga storia di episodi

epilettici tonico clonici. Gli accertamenti hanno evidenziato una miopatia

non classificabile come MII che, alla RM, si manifestava con uno spiccato

edema. Per valutare meglio le caratteristiche del soggetto, potrebbe essere

necessario eseguire un’analisi genetica.

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I valori delle immagini pesate in diffusione possono aiutare nel quantificare l’edema e quindi l’attività di malattia

(73)

. Esiste infatti una differenza fra i valori ottenuti nei muscoli edematosi e in quelli dei volontari sani. Differenza, anche se non statisticamente significativa per la limitatezza della casistica, vi è anche fra i muscoli apparentemente indenni dei pazienti con MII e quelli dei pazienti sani. Ciò potrebbe far supporre che, anche se il muscolo appare visivamente indenne, potrebbero esserci delle alterazioni a carattere edematoso anche in tali zone.

Dal nostro studio appare che, anche quando si possa contare sui risultati di una diagnostica per immagini sensibile come la RM, è comunque necessario correlare sempre le valutazioni radiologiche con il quadro clinico del paziente

(70)

. Infatti nella nostra casistica si può notare come la RM non presenti una specificità assoluta per le MII anche se tale esame può aiutarci ad inquadrare meglio l’attività di malattia soprattutto nei pazienti che presentano quadri clinici complicati da lunga durata di malattia e trattamenti prolungati. Per alcuni autori può essere utilizzata con ottimi risultati, soprattutto per identificare lesioni non visibili clinicamente, in particolare nei pazienti affetti da DM

(78)

.

D’altro canto, l’alto costo della metodica, la rende ad oggi applicabile

solo in casi selezionati, in cui è difficile stabilire la diagnosi o il grado di

attività della malattia

(91)(92)

.

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Pag. 67

Va comunque sottolineato come la nostra casistica sia limitata, data

anche la rarità della patologia. Per poter contare su correlazioni

statisticamente più rilevanti, è quindi necessario ampliare la casistica con

nuovi pazienti con MII e miopatie di altra natura e avere la possibilità di

rivalutare tutti i pazienti nel lungo termine nelle diverse fasi di malattia.

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