Equazioni differenziali del primo ordine: casi particolari e teorema di esistenza per il
problema di Cauchy
16 dicembre 2010
Supponiamo che f (x, y) sia una funzione continua definita in un rettan- golo del piano xy. Questo significa che x varia in un intervallo I dell’asse delle x ed y varia in un intervallo J dell’asse delle y. L’espressione
y0 = f (x, y), (1)
indica il problema di trovare le funzioni y(x) definite nell’intervallo I e a valori nell’intervallo J che sono derivabili e la cui derivata in ogni punto x ∈ I sod- disfa alla condizione y0(x) = f (x, y(x)). Questo problema e/o l’espressione indicata sopra si chiama equazione differenziale del primo ordine.
Abbiamo naturalmente gi`a visto equazioni di questo tipo e cio`e le equazioni lineari y0+ a(x)y = b(x) in cui f (x, y) = b(x) − a(x)y, l’intervallo I coincide con l’intervallo di definizione di a(x) e b(x), e l’intervallo J `e tutta la retta reale. Nel caso della equazione differenziale lineare siamo riuscito a fornire una ”formula risolutiva” che esprimeva tutte le possibili soluzioni. Nel caso della equazione generale (1) questo non `e in generale possibile.
In questi appunti considereremo, in primo luogo, casi particolari della (1) nei quali sar`a possibile trovare alcune delle soluzioni.
Prima di andare avanti osserviamo che con riferimento alla (1) si cercano in genere soluzioni che soddisfano ad una condizione iniziale. Si cerca cio`e di risolvere il cosiddetto problema di Cauchy, che `e il problema di trovare (se esiste) la soluzione y che in un punto x0 ∈ I, assume un particolare valore y0 ∈ J. Il problema di Cauchy, o problema del valore inziale, si esprime in formule come segue:
y0 = f (x, y),
y(x0) = y0. (2)
La domanda che ci si chiede e se esiste una funzione che soddisfa a questo problema e se questa soluzione `e unica. Abbiamo visto che la risposta `e posi- tiva per le equazioni lineari. Diciamo subito che anche in condizioni generali `e possibile dimostrare l’esistenza di una soluzione, ma possiamo essere costret- ti a restringere la soluzione ad un intervallo pi`u piccolo di I. Per l’unicit`a dobbiamo invece aggiungere una ipotesi di ”Lipschitizianit`a rispetto ad y”
per la funzione f (x, y). Prima di affrontare il caso generale, prenderemo in considerazione alcuni casi molto particolari.
Equazioni a variabili separate Il primo caso che considereremo `e quello in cui nella (1) la funzione f (x, y) si pu`o scrivere come
f (x, y) = g(x) h(y),
dove h e g sono funzioni di una sola variabile. Scriviamo all’ora l’equazione come
h(y)dy
dx = g(x), (3)
Se u `e una soluzione della (3) in un intervallo I e x0 ∈ I, allora h(u(x))u0(x) = g(x),
per tutti gli x ∈ I. Possiamo integrare da x0 a x quest’ultima equazione per ottenere: Z x
x0
h(u(t))u0(t)dt = Z u(x)
u(x0)
h(u)du = Z x
x0
g(t)dt. (4)
In pratica se si trovano primitive H(y) di h e G(x) di g, allora si devono cercare le soluzioni tra le funzioni definite implicitamente dalla relazione
H(y) = G(x) + c, dove c `e una costante reale.
L’esempio pi`u semplice di equazioni e soluzioni di questo tipo `e fornito dal cao in cui h(y) ≡ 1. Allora l’equazione `e
y0 = g(x),
che si risolve trovando una primitiva G di g e scrivendo y(x) = G(x) + c
Un altro esempio semplice `e fornito dal caso in cui g(x) ≡ 1 ed abbiamo y0 = 1
h(y),
ovvero
h(y)dy = dx.
Cos`ı se H `e una primitiva di h, le souzioni y saranno definite implicitamente dalla
H(y) = x + c.
Consideriamo ad esempio l’equazione,
y0 = y2. (5)
Possiamo scrivere questa equazione come dy y2 = dx, che da luogo alla relazione
−1
y = x + c, ovvero
y = −1 x + c.
Osserviamo subito a questo punto che non tutte le soluzioni della (5) sono rappresentate in questa formula. Manca, ad esempio, la soluzione identica- mente nulla. In effetti quando abbiamo diviso per y2 abbiamo tacitamente supposto che le soluzioni cercate non si annullassero. Osserviamo anche che, ad esempio, il problema
y0 = y2, y(1) = −1,
ammette la soluzione y(x) = −1x che per`o non `e definita su tutto R, nonos- tante la regolarit`a della funzione y2.
Passiamo ora ad un altro esempio significativo. Consideriamo l’equazione y0 = 3y2/3 = 3p3
y2. (6)
Procediamo anche in questo caso a dividere per y2/3 per ottenere dy
y2/3 = 3dx.
Otteniamo cos`ı (nell’ipotesi che y 6= 0)
y1/3 = (x + c),
ovvero
y = (x + c)3.
Anche in questo caso la soluzione identicamente nulla non `e rappresentata nella formula generale. Ma c’`e di pi`u. Possono esistere ed infatti esistono pi`u soluzioni che soddisfano alla stessa condizione iniziale. Ad esempio le soluzioni
y(x) = x3 e y(x) ≡ 0,
soddisfano ambedue alla condizione iniziale y(0) = 0. Infatti ci sono infinite soluzioni che soddisfano a questa condizione iniziale. Se k > 0 e definiamo
uk(x) = 0 per − ∞ < x ≤ k uk(x) = (x − k)3 per k < x < +∞,
allora uk `e una soluzione dell’equazione differenziale che soddisfa alla con- dizione inziale uk(0) = 0.
Il lettore avr`a notato che la funzione f (x, y) = y2/3`e certamente continua, ma si guarda bene dall’essere Lipschitziana rispetto ad y. Non si contraddice cio`e il teorema di esistenza e unicit`a che, come vedremo, vale per l’equazione y0 = f (x, y) quando f come funzione della sola y risulta Lipschitziana.
Equazioni omogenee Ci sono equazioni che pur non essendo a ”variabili separate” possono essere facilmente ricondotte a questo tipo di equazione.
Supponiamo di avere una equazione del tipo:
y0 = f (x, y), (7)
con f continua in un rettangolo del piano. Supponiamo inoltre che per ogni numero reale t ∈ R risulti
f (tx, ty) = f (x, y).
Allora posto y = ux, la (7) diviene
xu0+ u = f (x, ux) = f (1, u), e cio`e
u0 = f (1, u) − u
x ,
che `e un’equazione a variabili separate. Naturalmente dalla soluzione u di quest’ultima equazione si ricava facilmente la soluzione y dell’equazione di partenza, ricordando che y = ux.
Esercizio 1 Trovare tutte le soluzioni delle equazioni seguenti.
y0 = x2y, yy0 = x, y0 = x + x2
y − y2, y0 = ex−y
1 + ex, y0 = x2y2− 4x2.
Esercizio 2 Trovare le soluzioni delle seguenti equazioni y0 = x + y
x − y, y0 = y2
xy + x2, y0 = x2+ xy + y2
x2 ,
y0 = y + xe−2y/x
x .
Il teorema di esistenza e unicit`a
Torniamo ora al problema generale rappresentato dall’equazione (1) o meglio dal problema (2). Supponiamo che la funzione f (x, y) sia definita e continua nel rettangolo R determinato dalle limitazioni
|x − x0| ≤ a, |y − y0| ≤ b, a, b > 0.
Vogliamo dimostrare che in un intervallo I che contiene x0, ma che, in gen- erale, potrebbe essere pi`u piccolo dell’intervallo (x0 − a, a0 + a), `e definita una funzione ϕ(x) derivabile, tale che ϕ(x0) = y0 e, per ogni x ∈ I,
ϕ0(x) = f (x, ϕ(x)).
Anche se questo risultato `e vero senza che la funzione f debba soddisfare ad ulteriori ipotesi (Teorema di Peano), la dimostrazione fornita in questi appunti `e valida solo se si suppone che la funzione f sia lipschitziana nella variabile y, cio`e che esista un numero reale positivo K tale che
|f (x, y1) − f (x, y2)| ≤ K|y1− y2|.
In altre parole dimostreremo il seguente teorema di esistenza.
Teorema 1 . Sia f (x, y) una funzione continua, a valori reali, definita sul rettangolo R, contenente il punto (x0, y0), definito dalle limitazioni
|x − x0| ≤ a, |y − y0| ≤ b, a, b > 0.
Supponiamo che M sia il massimo valore assunto da f in questo rettangolo.
Supponiamo inoltre che per qualche K > 0 valga la disuguglianza
|f (x, y1) − f (x, y2)| ≤ K|y1− y2|.
Allora per |x − x0| ≤ α, dove α = min{a, b/M} esiste una funzione ϕ(x) derivabile che soddisfa alle condizioni ϕ(x0) = y0 e
ϕ0(x) = f (x, ϕ(x)).
dimostrazione Come primo passo mostreremo che le soluzioni dell’equazione (2) sono tutte e solo le soluzioni della corrispondente equazione integrale, che si scrive
y = y0+ Z x
x0
f (t, y)dt. (8)
Pi`u precisamente dimostreremo il seguente lemma
Lemma 1 Una funzione `e una soluzione del problema di Cauchy (o del valore inziale) (2) se e solo se `e una soluzione dell’equazione integrale (8).
dimostrazione. Supponiamo che la funzione ϕ sia una soluzione del prob- lema di Cauchy (2) in un intervallo I. Allora
f (t, ϕ(t)) = ϕ0(t) ed inoltre la funzione
F (t) = f (t, ϕ(t)),
risulta continua in I ed `e quindi integrabile. Pertanto ϕ(x) = ϕ(x0) +
Z x
x0
f (t, ϕ(t))dt.
Poich´e ϕ(x0) = y0, ne segue che ϕ soddisfa alla (8). Viceversa se ϕ soddisfa alla (8), allora ϕ(x0) = y0e, derivando rispetto ad x, si ottiene, per il teorema fondamentale del calcolo che ϕ0(x) = f (x, ϕ(x)).
Definiremo ora una successione di funzioni ϕn(x) che converge uniforme- mente ad una soluzione dell’equazione integrale. Dobbiamo restringere per`o l’intervallo sul quale sono definite le funzioni ϕn(x), e quindi dove sar`a defini- ta la funzione limite, all’intervallo I = [x0−α, x0+α], indicato nell’enunciato
del teorema. Pertatno le funzioni approssimanti ϕn saranno definite nell’in- tervallo I = (x0− α, x0+ α), dove α = min{a, b/M}. Cominciamo a definire ϕ0 = y0. Cio`e la funzione ϕ(x) assume il valore costante y0. Per n ≥ 0 possiamo allora definire
ϕn+1 = y0+ Z x
x0
f (t, ϕn(t))dt. (9)
Perch´e la (9) abbia senso `e necessario che i punti (t, ϕn(t)) appartengano al rettangolo R, dove `e definita la funzione f . Questa `e la ragione della limitazione |x−x0| < α. Dimostreremo infatti che per ogni n, se |t−x0| < α, allora
|ϕn(t) − y0| < b. (10)
Non c’`e nulla da dimostrare per n = 0. Osserviamo poi che per n = 1 vale la disuguglianza
|ϕ(x) − y0| ≤ Z x
x0
|f (t, y0)|dt < M α ≤ b.
Procedendo per induzione, e supponendo che valga la (10) per n, risulta
|ϕn+1(x) − y0| ≤ Z x
x0
|f (t, ϕn(t))|dt < Mα ≤ b.
Questo completa la dimostrazione della (10). Abbiamo quindi una succes- sione ben definita di funzioni ϕn(x) definite nell’intervallo I = (x0−α, x0+α).
Si tratta ora di dimostrare che convergono ad una soluzione dell’equazione integrale (8). Per questo abbiamo bisogno dell’ipotesi che f sia lipschitziana nella variabile y. In altre parole supporremo che
|f (x, y1) − f (x, y2)| ≤ K|y1− y2|. (11) se i punti (x, y1) e (x, y2) appartengono al rettangolo dove `e definita f . Questa ipotesi ci assicura che la successione ϕn converge uniformemente.
Consideriamo infatti la serie di funzioni ϕ0 +
X∞ p=1
[ϕp(x) − ϕp−1(x)].
Osserviamo che la somma parziale di ordine n di questa serie `e proprio ϕn(x).
Dimostreremo ora per induzione che
|ϕp(x) − ϕp−1(x)| ≤ MKp−1|x − x0|p
p! , (12)
per tutti i p ≥ 1.
Per p = 1, la (12) si riduce a
|ϕ(x) − y0| ≤ M|x − x0|,
che `e certamente vera poich´e |f (t, y0)| ≤ M. Supponiamo ora che la (12) sia vera per p = m, allora, per la condizione di Lipschitz, e nell’ipotesi che x > x0,
|ϕm+1(x) − ϕm(x)| = | Z x
x0
[f (t, φm−1(t)) − f (t, φm(t))]dt| ≤ Z x
x0
K|ϕm−1(t) − ϕm(t)|dt.
L’ipotesi di induzione ci dice che l’integrando dell’ultimo integrale `e maggio- rato da
MKm−1|t − x0|m m!
Pertanto
|ϕm+1(x) − ϕm(x)| ≤ MKm m!
Z x
x0
|t − x0|mdt = MKm|x − x0|m+1 (m + 1)! . Per ottenere lo stesso risultato quando x < x0basta ripetere la dimostrazione scambiando al momento opportuno gli estremi di integrazione.
La serie
ϕ0 + X∞
p=1
[ϕp(x) − ϕp−1(x)],
converge quindi totalmente perch´e i suoi termini sono maggiorati dalle costan- ti
MKp−1αp p! ,
che sono i termini (positivi) di una serie numerica convergente. Ne segue che le funzioni ϕn(x) in quanto somme parziali di una serie totalmente conver- gente, convergono uniformemente ad una funzione ϕ(x). Resta da dimostrare che ϕ `e una soluzione di (8). Dobbiamo cio`e dimostrare che
ϕ(x) = y0 + Z x
x0
f (t, ϕ(t))dt.
Poich´e ϕ `e il limite uniforme della successione y0+
Z x
x0
f (t, ϕk(t))dt,
sar`a sufficiente dimostrare che limk
Z x
x0
f (t, ϕk(t))dt = Z x
x0
f (t, ϕ(t))dt.
In altre parole si deve dimostrare che `e lecito passare al limite sotto il segno di integrale. Osserviamo a questo punto che la convergenza uniforme delle funzioni ϕk e la continuit`a di f (continuit`a uniforme perch´e f `e definita su un compatto!) implicano la convergenza uniforme delle funzioni
Fk(t) = f (t, ϕk(t)).
Pertanto `e lecito passare al limite sotto il segno di integrale e la dimostrazione
`e completa.
Esercizio 3 Suppomiamo che f sia una funzione continua definita in un rettangolo chiuso R = I × J. Supponiamo che ϕn sia una successione di funzioni continue definite su I ed a valori in J. Supponiamo inoltre che la successione ϕn converga uniformenente ad una funzione ϕ. Dimostrare che la successione f (t, ϕn(t)) definita su I converge uniformemente alla funzione f (t, ϕ(t)).
Abbiamo trovato una soluzione dell’equazione integrale (8) e pertanto del problema di Cauchy
y0 = f (x, y), y(x0) = y0.
Non abbiamo per`o dimostrato che la soluzione `e unica. In realt`a sarebbe possibile dimostrare qualcosa di pi`u e cio`e la cosiddetta ”dipendenza continua dai parametri”, che `e espressa dal seguente lemma.
Lemma 2 Siano f e g due funzioni continue definite sul rettangolo chiuso R definito dalle limitazioni |x − x0| ≤ a e |y − y0| ≤ b. Supponiamo che la funzione f soddisfi sullo stesso rettangolo alla condizione di Lipschtiz per la variabile y relativamente alla costante di Lipschitz K. Supponiamo che i punti (x0, y1) e (x0, y2) appartengano a R e che ϕ e ψ siano rispettivamente soluzioni di
y0 = f (x, y), y(x0) = y1, (13)
e
y0 = g(x, y), y(x0) = y2. (14) Supponiamo infine che
|f (x, y) − g(x, y)| ≤ ², per tutti gli x ∈ R, (15) e
|y1− y2| ≤ δ. (16)
Allora,
|ϕ(x) − ψ(x)| ≤ δKeK|x−x0|+ ²
K(eK|x−x0|− 1). (17) Questo lemma ci dice che nelle ipotesi indicate, se si cambia di poco la funzione f ed il dato iniziale y0 la soluzione non pu`o cambiare molto, almeno nelle vicinanze di x0 Non dimostreremo questo lemma. Una dimostrazione si pu`o trovare nel libro ”An introduction to Ordinary Differential Equations”
di E. A. Coddington (capitolo 5, pag. 224). Dimostreremo invece il teorema di unicit`a che corrisponde al Lemma 2, nel caso in cui δ = ² = 0.
Teorema 2 Supponiamo che f sia una funzione continua definita nell’in- tervallo R determinato dalle disuguaglianze |x − x0| ≤ a e |y − y0| ≤ b. Sup- poniamo inoltre che f soddisfi ad una condizione di Lipschitz con costante K nella variabile y. Supponiamo cio`e che per (x, y1), (x, y2) ∈ R, valga, la condizione
|f (x, y1) − f (x, y2)| ≤ K|y1− y2|.
Supponiamo che ϕ(x) e ψ(x) siano soluzioni in un intervallo contenente x0 del problema di Cauchy:
y0 = f (x, y), y(x0) = y0. Allora ϕ(x) = ψ(x) per ogni x nell’intervallo.
dimostrazione del teorema. Dalle ipotesi deduciamo ϕ(x) = y0+
Z x
x0
f (t, ϕ(x))dt, e
ψ(x) = y0 + Z x
x0
f (t, ψ(t))dt.
Pertanto
ϕ(x) − ψ(x) = Z x
x0
[f (t, ϕ(t)) − f (t, ψ(t))]dt.
Usiamo ora la condizione di Lipschitz per f e per dedurre che, se x ≥ x0,
|ϕ(x) − ψ(x)| ≤ K Z x
x0
|ϕ(t) − ψ(t)|dt. (18)
. Se poniamo
E(x) = Z x
x0
|ϕ(t) − ψ(t)|dt, la disuguglianza (18) si pu`o scrivere
E0(x) − KE(x) ≤ 0. (19)
Questa `e una disuguaglianza differenziale del primo ordine che possiamo trattare moltiplicando ambo i lati della disequazione per la quantit`a positiva e−K(x−x0). La disequazione diventa allora (con t al posto di x)
[e−K(t−x0)E]0(t) ≤ 0.
Questo significa che la funzione e−K(t−x0)E(t) `e decrescente per t > 0, e siccome E(x0) = 0 deve essere e−K(x−x0)E(x) ≤ 0 per x > 0. Ne segue che E(x) ≤ 0 per x > x0. Ma per definitione E(x) ≥ 0 pertanto E(x) = 0 per x > x0, che implica |ϕ(t) − ψ(t)| = 0, identicamente per t > x0. Un ragionamento analogo prova che `e zero per t < x0 l’integrale
Z x0
x
|ϕ(t) − ψ(t)|dt,
e che quindi `e identicamente nullo l’integrando |ϕ(t) − ψ(t)| per t < x0.