GIORNALE LIGUSTICO
ARCHEOLOGIA, STORIA E LETTERATURA
F O N D A T O E D I R E T T O
D A
L . T . < B E L G R A N O e d Λ . ^ E R I
A N N O DICIANNOVESIMO
GENOVA
TIP O G R A F IA DEL R . IS T IT U T O SORDO-MUTI
M DCCCXCII
TOMMASO STIGLI ANI
C O N T R IB U T O A L L A S T O R IA L E T T E R A R I A D E L SECOLO XVII
(Continuaz. v . pag. 184 dell’ annata 1891).
V en en d o alla seconda qualità, cioè alla elocuzione, l’ oppo
sitore la distingue in cinque parti; chiarezza, purità, conve
nien za, ornamento e diversità. L Adone, non ha nessuna di queste condizioni: i.° perche le parole spesso non corrispon
dono alla idea che il poeta vuole esprim ere; 2.° perché molti vocaboli non sono toscani, contenendo V Adone « in se tutti gl idiomi d Italia, e poco meno, che d'Europa, ma particolar
mente il napolitano ( i ) ». 3.° perché il Marino « confonde l ’ uso g ram m a tica le , cosi nel congiungere i nomi e i pronomi coi verbi, co m e nel congiungere l’ altre parti, e n e i declin arle» ; 4. perche i traslati e 1 altre figure sono « senza i giusti requisiti » 1’ ornam ento troppo ricercato « troppo freq u en te, e tioppo fuoi di bisogno »; 5.0 perché nell’ Adone si rinvengono
. . O
« tal voci, e tal frasi, che vi si rimentova duemila volte » (2).
(1) L o S tig lia n i n on a m m e t t e v a che si d ovesse s c riv er e ηιχχ_α co n due ç:
« P e r b a rb a ris m o g r a m m a t i c a l e [erra
1
’ Adone] p erc h è p ro n u n zia b a r b a r a m e n t e , dicend o e s c riv en d o v e r b i g r a z i a ru zza per due * aspre i n v e c e di ru za per una z d o lc e ». O cch ia ie, p g. 75(2 ) Q u i lo S tig lia n i rip o rta un cu rio so g iu d izio c h e e g li a ffe rm a a v e r da to L o p e de V e g a d e ll’ A don e: « E c e r t a m e n te , c h ’ e g li è v e r o qu e llo c h e m i d ic o n o c h e dice L o p e de V e g a , e c c e lle n te p o e ta s p a g n u o l o , cioè
4
L a sentenza « cioè P invenzione di tutti quei particolari concetti che servono a p ro v a r e , a riprovare, a movere, rin
t u z z a r e , ad amplificare ed inpicciolire », si ottiene osservando sei condizioni: i.° la verità, cioè quando il senso si conforma
«alla natura della cosa significata»; e di ciò è deficiente Y Adone, contenendo esso « m o ltis s im e affermazioni bugiarde, e m o l
tissimi errori d’ arti e di sc ie n z e » ; 2.° la concordia, la quale si co n seguisce allo rch é « Γ un senso non contrasta coll’ altro, ma tutti co n giu ran o ad un fine », mentre ne\Y Adone si afferma, ad esem pio, che « A m o re sia figliuolo di Marte e che l’ istesso sia fig liu o lo di V u lc an o »: oppure che moltissimi « suoi sensi, b en ché non sieno in sè c o n t ra r i, ma d iv e r s i, nondimeno si n u o co n o a vicenda »; e qui lo Stigliani allega il c. IX del- V Adone in cui si loda L u igi X I I I chiamandolo un Ettore, e l’ eroico C a rlo Emanuele un Achille; 3.0 la sufficienza quando
« in n u m ero ed in v ig o re i sensi non sono più, nè son meno di quel che bisogna » , e invece nel poema del Marino vi sono m olti « argom enti inutili » o « alcune cose non sono dichiarate o d’ altre non v i si rende ragione 0 sono fal
sate » ; 4 .0 la co m p osizion e con la quale « l e ragioni, che hanno da p ro v a re , o da m o v e r e , 0 da amplificare son col
locate non a caso, ma ciascheduna alla sua pertinente sedia »:
invece nell’ Adone quello che doveva esser posto prima è m esso d o p o , e v ic e v e rs a ; 5.0 la n o v ità , per cui il concetto
« non è involato di fuori, m a nasce dalle stesse viscere della cosa »; e qui l’ irascibile contraddittore afferma che la miglior parte dell’ Adone è tolta dalle sue rime o dal Mondo Nuovo,
e h ’ a lui p are c h e p e r tutta la fabbrica d ell’ Adone si m anegg iano princi
p a l m e n t e da c in q u a n ta bei v o c a b ili in circa, parte dei quali siano, desiri, be ltà, v a g h e z z a , m a rt ìri, d o lc e , s o a v e , pena, to rm e nto , vezzi, baci, porpora, o s tr o , ru bini, za ffiri, c r i n i , c h i o m e , begli o c c h i , aurato, lu c e , splendore, g r e m b o , s o v e n t e , e rbette, fio ri e sim ili ». pg. 89.
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del quale il Marino « non avea veduto i soli canti già stam
pati », avendolo letto « tutto intiero in Parm a e più di un tratto; sì come egli istesso non niega »; e afferma che VAdone (( pare essere un continovo c e n t o n e , cosi nei sentimenti, come nei v e r s i, costumando naturalmente di accom pagnarsi colla rapina de’ pensieri la rapina delle parole »; 6.° la popolarità, quando « g l i argom enti non sono filosofici, cioè non co n ten go n o sentimenti specu lativ i, ma piani e comuni »; e nel- 1’ Adone v ’ é troppa oscurità, trattandosi in esso con grande frequenza di « materie dottrinali ». V en en do finalmente a l- P ultima condizione, cioè al costume, lo Stigliani la distingue in tre p a rti, bontà, co n ven evolezza ed egualità. L a prima si osserva col non abusare in descrizioni oscene, mentre in o ° n i sua parte 1’ Adone non è se non « un infame adulterio di Dei, e una scandalosa rivalità dei medesimi ». La seconda si ot
tiene quando « a’ personaggi operanti s’attribuisce portamento, che si confaccia al grado, all’ età, alla complessione, al sesso, al g e n e r e , all uffizio ed alla nazion e; nell 'A d on e invece si fa « parere briccone il cavaliere, giovane il vecchio, poltrone il c o lle ric o , femmina il m asch io, fratello il padre, pittore il m usico, e persiano il greco ». La terza condizione del costume, termina l’ oppositore, abbraccia anche in sè la som iglianza, ed è « quando le inclinazioni e gli abiti, una volta dati o da noi o da altri autori ad una persona se le conservano sempre e per tutto », e ciò non si osserva neìY Adone, perchè, ad es., avendo V e n e re nel C . I « ripreso A m o re , che ferisca gli Dei e tor
natolo a riprendere nel III, l’ inanima poco dappoi a Minerva, Diana, le M use ed altri Dei c a sti» .
Q u i finisce la prima censura, nella quale se pur vi sono alcune idee giuste, esse, nondimeno, spariscono in m ezzo ad una quantità di altre puerili, strane, ridicole. Certam ente m olti dei vizi che deturpano 1’ Adone, com e ad esempio lo straor
dinario abuso di metafore, la noiosa e affastellata descrizione
di episodi inutili, lu n g h i, dislegati, ecc., vi sono indicati e giustam en te rimproverati. P e rò è un fatto che lo Stigliani fa r id e r e , quando condanna nell’ Adone alcune scene troppo sensuali (p erchè com e avrem o occasione di vedere, nel Mondo Nuovo alcuni episodi sono assolutamente ributtanti, per la loro estrema oscenità), e quando trova ad ogni passo che il M a rino ha saccheggiato il sua poema. E sebbene egli riconosca nell’ Adone la « corrente dolcezza dei versi, eh’ in vero egli ha del suo » , nondim eno afferma che « non si può leggere senza indicibil noia » e che è « più erroneo da sé solo, che n o n so n o tutte le altre opere dell’ autore insieme: e che chiunque verrà dopo di lu i [Stigliani] a pescare in sì fatto m a r e , sarà sempre per trovarci granchi in grossa copia, e gro ssi ».
L a seconda censura dell’ Adone « fatta su 1’ edizione di Pa
rigi [ 1 6 2 3 ] , e compartita per Canti e per T av ole » è ancor più partigiana e più ingiusta della prima. Q u i, come ho detto a lt r o v e , s’ assiste ad una revisione minuta e severa della m a g g io r opera m ariniana; revisione concepita con canoni che non sono quelli di una critica spassionata, tanto che lo Stigliani tro v a imitazioni dove non esistono altro che luoghi poetici com uni. Per la invocazione a V en ere onde il Marino esordia nel suo p o e m a , ricavata come è noto, da quella di L u c r e z io , se non da un’ altra consimile nella Coltivazione del- l ’ A la m a n n i, l ’ oppositore osserva: « Nè pagana, nè cristiana.
N o n p a g a n a , perchè la Deità della poesia non era Venere, ma le M use ed A p o l lo ; non cristiana, perchè il poeta non deve o g g id ì im plorare altri, che ’l nostro verace Iddio, ovvero i suoi Santi. Scon venevolezza di costume ». Alla st. 7 del C . II ( G ià V augel mattutin battendo intorno) nella quale è para
frasata una immagine di Stazio ( 1 ) lo Stigliani osserva: «T o lta
( i ) T b e b , V I .
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questa doppia metafora ad Isabella Andreini, commediante, che ne i palchi chiamava il Gallo orologio campestre, e Cam pan a vivente » ( i ) . Il v . Chi può serica morir mirar Γ eccesso, è tolto da un suo madrigale (2), mentre invece è uno di quei soliti bisquiçi che tornarono in onore nel Seicento , ricavati dagli strambottisti del sec. X V ; la descrizione della nascita di V e nere dalla schiuma del mare (C . V II, st. 133 sg g .) è « tolta da un suo Zibaldone, o notamento di co se , manoscritto che l’ autore ebbe in Napoli, nella prigion della V ich eria, dal C a va - liero fra A r r ig o Melvindi l ’ anno 1598, al quale, egli, l’ aveva confidato in mano con altre sue scritture in una occasione d’ andare a spasso alla torre della Nunziata co’ signori Bucca »;
al v. Che il mar d’ Europa scopi le piaggie ( C . X , 1 8 1 ) osserva:
« Ê traslatione non da meno di quella del Tasso n i, il quale dice nella sua Secchia (m a convenientem ente) che gli arbori d’ un monte servivano per iscopa alla volta del cielo » (3).
( 1 ) D ’ a ltr a p arte questi sono epiteti o m e r ic i m essi in uso dai poeti d e lla P leia d e e in d iscredito dal D u Bartas. C fr. Le seizième siècle en France, tableau de la littérature et de la langue par A . Da r m e s t e t e r et A . Ha t z f e l d. P a r is , D e l a g r a v e , 1889 (4. ediz.), pag. 122.
(2) P e r c h è ve d e r , m io sole , L a tua rara beltà sì raro fai ? F o r s e per pietà , c ’ hai D i c h i m i r a r ti suole
P o i c h é m ir a r sen za m o r i r n ’ è tolto U n sì le g g i a d r o v o lt o ?
C e r t o hai pietade in v a n o .
Si m u o r e in r i m i r a r t i , io n o i c o n te n d o , M a la m o r t e è vital, da te venendo.
Cannoniera, p g . 54.
(
3
) E a g g i u n g e : « Q u e s t i è q uel T a s s o n i , che tassò a n c o r egli il Mondo N u o v o, le cu i op po sizio n i a b b iam o n el te r zo libro in ciden talm e nte rintuzz a to , c o m e a v e t e v e d u t o ». Q u i lo S tig lia n i allu d e evid e nte m en te a quella
Sim ili osservazioni lo Stigliani ha sparso per tutta la seconda c e n s u r a , alla quale fa seguire alcune tavole dove sono indi
cate le « parole basse, le vili, ed anco delle frasi della me
d esim a fo g g ia », i n eo lo g ism i, gli arcaismi, i barbarismi che si tro v a v a n o nel poem a ; aggiungendo alcune altre osserva
zioni sui n o m i propri dei personaggi, sull’ ortografia e sulla p u n teggiatura ( i ) , concludendo ipocritamente : « Tanto sola
m ente , e non più , v o g lio io che mi sia bastato d 'aver fatto co n tra il M arino , cioè d’ essermi non vendicato con o ltr a g g io s a invettiva , ma giustificato con piacevole disputa ; p e r c io c c h é tanto solam ente e non più si concede all’ uom dabbene , quale io mi professo essere , e quale per grazia di D io si sa che sono. E la medesima tranquillità d’ animo che riten go verso di lui, ritengo parimenti verso dei predetti suoi a m ici, n e’ quali non desidero di veder punizione alcuna, ma so lo un cristiano pentimento. N è c o n v e n iv a , che avendo io rim essa o g n i ingiuria al persecutor principale, serbassi poi rancore c o n tro i ministri : e che se non ho saputo odiar 1’ a r d e rò , odiassi poi li bolzoni da quello usati. Abbraccio il M a rin o , abbraccio i marinisti, e riconosco gli uni e gli altri per cari amici, e per diletti fratelli, pregando oltracciò Iddio ben ign issim o , che sì com e io lor perdono in terra, così egli perdoni in cielo, quantunque essi m ’ abbiano fatto sì merao- rabil d a n n o , quale è l’ avermi privato in vita d’ una gran parte di quella l o d e , che giustamente perviene dalle mie fatiche ».
sua A r te poetica, d ella qu ale a b b iam o brevemente parlato a pg. 63. (n. 2) o l t r e a lla le tte ra scritta d a l l ’ a rg u to modenese ad un amico « sulla ma
teria del M ondo N uovo ». C fr . L a Secchia ra p ita , ecc. (ed. Carducci).
F i r e n z e , B a r b e r a , 1861 , p g . 325-331.
(1) A n c h e in questa r e v i s i o n e p e rò lo Stigliani non è guidato da retti crite ri. C f r . la n ota a pg. 3.
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* «
N atu ralm eu te però gli ammiratori del Marino , e più di tutti Γ A c h illin i e qualche altro apertamente attaccato nell’ Oc
chiale, non rimasero quieti , sia per la violenza con la quale lo Stigliani vituperava 1’ Adone, e sia perché all’ Occhiale era unita una lettera scritta dall’ iroso poeta al Balducci, nel feb
braio del 1625, con la quale criticava acerbamente, inviandone una copia all’ amico, la vita che del Marino scrisse il Baiacca.
« O g g i, eh ’ appunto è il primo giorno di Quaresima — cosi 10 Stigliani — mando a V . S. costi in Montelibretti un li
bretto da sardelle intitolato: Fila del Cavalier Marino, e facciolo non tanto per darlo a lei , quanto per non averlo io »; pur dispiacendogli la morte dell’ emulo per « essere mancato al suo Occhiale quel lettore, che più che gli altri egli voleva v i v o , acciò che egli si correggesse , e gli diventasse benevolo » , afferm ava « quel libretto » non meritare in alcun modo « l’ap- p ro v a m e n to de’ galantuomini », perchè la Vita « oltre all’essere dettatura ign o ra n tissim a , e priva affatto d’ eloquenza e di gram m atica, non è una storia, ma una fa v o l a , e una poesia in prosa » ; terminava osservando: « Certamente che m i sento un gran pizzicar nelle mani di pigliar la penna, e di rispondere qualche cosa a questo autoruzzo ; ma perchè odoro , eh’ egli è stato a ciò istigato da altri suoi pari, e perchè veggio così lui, c o m e quegli esser più forniti d’audacia, che di sapere, e più ricchi di passione, che di sofficienza : stimo quasi peccato 11 perder tem po in garrir con idioti, da’ quali non si può im
parar nulla. A dunque risolviamo liberamente di fare a l u i , ed a lo ro , quello, che per un simile rispetto già facemmo i m esi passati al tanto tem erario quanto imperito scrittor delle Rivolte di Parnaso : cioè perdoniamo loro del tutto senza farne parola ».
L o scrittore delle Rivolte di Parnaso fu Scipione Errico, mes
sinese; e questo titolo porta una commedia che, appena pubbli-
cata fu causa di molto r u m o r e , tanto che in due anni se ne fecero parecchie edizioni ( i ) . E s s a , e le altre consi
m ili, quale , ad esempio , il Maritaggio delle Muse del Riccio , hanno probabilmente origine da quel noiosissimo Fiaggio di P arnaso, del C a p o r a l i , e, meglio a n c o r a , da tutti quei Rag
guagli di Paniaso che , dal Boccalini in p o i , infestarono F Italia ; la q u a l e , strano a co m p ren d ersi, ci si divertiva a l e g g e r l i ! P o v e r a cosa è dunque la commedia dell’ Errico ; G asp aro M u rto la fa il p ro lo go e i personaggi (che cito nel- 1’ ordine assegnato dall’ autore) sono : il Marino, il C a p o rali, le cinque M use , A p o l l o , il Boccalini (notaio di Parnaso), il P etrarca, Dante, Boccacio, T o m m as o da Messina, Γ Ariosto, il T r is s in o , il B r a c c io l in i, O m e ro e il Petracci. In questo indigesto zibaldone sono posti in ridicolo tutti costoro, spe
cialm ente il T r i s s i n o , che porta a vendere in Italia alcune lettere g rec h e , senza trovar compratori, e il Marino , di cui so n o discretam ente delineati i difetti morali, tra’ quali quello della vanita letteraria.
L o Stigliani c h e , ambizioso com ’ e r a , non aveva avuto 1’ o n o re di essere citato nella commedia, dovè aversela a male, e di qui il tono di disprezzo col quale parla dell’ Errico nella lettera al Balducci.
L ’ Errico — pubblicato Y Occhiale Appannato ( 2 ) , — fu il primo
( 1 ) C i t o le seg u e nti : L e [ R ivolte | di Parnaso | Commedia | di | Sc i p i o n e
I He r r i c o. I In M ila n o , | per G io . Battista Bidelli M D C X X V I . | C o n li
ce n za dei S u p e r io r i. E Γ anno d o p o : Le \ Rivolte | di Parnaso \ Commedia I d i
1
Sc ip io n e | He r r i c o. | C o n licenza de’ Superiori,& Privilegio . [ In V e n etia. M D C X X V I I . I P e r B a r t o l o m e o Fontana.(2) Infatti n e l l ’ Occhiute Appannato
1
’ E rrico scriv eva : « N è credo, che in q u e sto [in una ce nsura al T r i s s i n o ] io possa essere ragionevolmente nota t o di t e m e r a r i o , ed im p erito . Si c o m e in una lettera d’ un certo Aristarco n o m i n a t o m i v e g g i o . É ben v e r o c h e costui [ l o Stig lia ni] scrisse questo, s e n d o l a c e r a t o dallo strale d e ll’ invidia : però che in questa mia Comedia
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a scendere in campo contro lo Stigliani, iniziando quella nume
rosa schiera di oppositori al Y Occhiale, i quali per oltre un quarto di secolo pubblicarono una raccolta di opuscoli, alcuni v i o lentissimi, contro il malcapitato poeta. N e ll’ Occhiale Appan
nato ( i ) , un dialogo tra Gaspare Trissino (2) e C a r lo B a r
tolomeo, Arbora, Γ Errico vuol dimostrare che lo Stigliani ha trattato a sproposito del poema eroico nel censurar 1’ Adone., il quale invece è un rom anzo ; che la favola del poema è una,
v o l e v a essere a n n o v e ra to a n c h ’ e g li tra g li prim i scrittori del P o e m a E r o ic o et c o n c o rre re n e lla g lo r ia c o ’l T r i s s i n o et c o ’ l T a s s o , per a v e r c o m p o sto un P o e m a , c h e sem bra nato in un parto co n D a m a R o v e n z a et con B o v o di A n t o n a »
( 1 ) L ’ O cchiale \ Appannato [ D ialogo | d i Sc i p i o n e He r r ic o, ] N e l quale si difende F A done del C a - | u a lier G i o . Battista M a rin o | c o n tra
1
O c c h ia le del C a u a l i e r | F r a T o m a s o S tig lia n o , j D e d ic a to al M. Illustre sig. | B e rn a rdino V e s p a . I In N a p o li. | M D C X X I X . | A d instanza di G iu se p p e M atarossi.
Il CiN ELLi ( B ib l. volante, Se. X I, p g . 160) ne cita un’ altra ed izion e dello s tes s o a n n o (per G io v a ti F r a n c e s c o B i a n c o , S ta m p . C a m .) s t a m p a ta a M e ss in a ; e a g g i u n g e : « F r a tanti v a le n tu o m in i che dif esero il M a rin o , che fu c h i a m a t o c o n m o lt a ra g io n e l’ O v i d i o N a p o litan o , n on fu meta l o d e v o le , nè m e n d o tto d e g li altri il soprad etto m eritam en te lo d ato S c ip io n e E r r i c o ( in g iu s t a m e n t e p r o v o c a t o dal m a lig n o , inquieto, in vid io so , ed in una P o e tic a p u n to felice , anzi più tosto s c im u n ito S tig lia n i) con questo saporito l i bre tto ».
(2) C o s t u i era un d isce ndente di G i a n g i o r g i o , e scrisse una lettera al-
1
E r r i c o app en a p ubblicate le R ivolte d i P a r n a so , — in cui obiettava c h e le sue o s se rv a zio n i g li s e m b r a v a n o g iu ste , eccetto una ch e « è q u ella d e lle n o v e lettere, ch e egli j G i a n g i o r g i o ] g iu d izio s a m e n te a g g iu n s e a l i ’ a lfa beto it alia no ». L ’ E r r i c o risp ose subito c o l dire c h e « in qu ella sua C o m e d i a n o n fu sua in te n z io n e co n d an n ar per b ia s im e v o le 1’ addizione d e lle n o v e lettere e h ’ ei fece a l l ’ alfa beto italiano, nè di far d e te rm in a zio n e a lc u n a i n to r n o a questo; m a s o lo prese qu e sto c o m e g iu sto c a po di rno- t e g g i a r e , e di s c h e r z a r e , per non essere stata questa sua a d dizione co m u n e m e n t e accettata d agli scrittori italiani ». T a n t o la lettera del T r i s s i n o q u a n to q u e lla dell E rr ic o sono stam p a te in fine d e ll’ Occhiale Appannato.
che è c o m p iu ta , e che ha torto quando vuole che la favola sia « ravvilupata ». Egli non crede che VAdone sia un poema im m u n e da macchie ; e osserva : « N o n si negherà, come nè anche negava il m edesim o Marino , che nelle opere s u e , et in particolar nell’ Adone non si trovano i difetti ancor che gravissim i. M a il m io pensiero oggi sarà misurarvi solamente il poco sapere dell’ op p ositore , il quale se nel suo Mondo Nuovo d iversi anni fa stampato, fece assai vana Γ aspettazione, che a v e v a il m o ndo di lui, ora in mostrarsi con questo oc
chiale sul naso , dichiarò aver dall’ intutto perduto la virtù d e ll’ intelletto ». In quanto alla lascivia l’ Errico non disconosce che il M arin o poteva evitarla, perchè osserva: « Se il cavalier M a rin o quanto fu d o lc e , et arguto nel dire, fosse stato altret
tanto m o d esto et pudico, avrebbe di gran lunga gli altri poeti et sè m ed esim o avanzati : però la natura in lui fu così per
fetta nella poesia, com e corrotta nella moralità »; ma ragio
n e v o lm e n te rim provera allo Stigliani di erigersi a giudice di buon co stu m e : a C o n tutto ciò — seguita — non posso non adirarm i c o l cavalier S tig lia n i, il quale va raccogliendo, e rim p ro v e ran d o al M arino quei luoghi, che ne\Y Adone ai buoni et cristiani costum i sono contrari, mentre egli ha commesso cose p eg g io ri. Perchè se ridicola cosa è che un gobbo si burli di un altro gobbo , non men da ridere è il vedere che lo Stigliani, il quale com pose rime così disoneste et profane, che da’ Superiori con giusta severità furono proibite, or vogli ri
p rend ere le lascivie dell’ Adone, il quale sol dopo la morte del M a rin o fu sospeso infino a tanto, che si correggesse ».
T u t t o il dialogo è però una misera cosa, nè mi so accor
dare col C in elli che chiama 1’ Occhiale Appannato « saporito libretto »; gli argom enti dello Stigliani vi sono ribattuti con m olta imperizia e con v o lg a rità , non dissimile da quella con la quale quest’ ultimo aveva attaccato VAdone, e solo quando scusa il M arino d’ aver troppo frequentemente imitato o tra
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dotti i poeti anteriori, mi sembra che l’E rrico accampi buone r a gio n i. « N o n è biasim evole il furto — osserva — quando si prende da poeti latini o g r e c i, o da scrittori d’ altro l i n g u a g g io : il che fece tra gli antichi V irg ilio (per tacere di altri) il quale da O m e r o cavò tutti gli ornamenti della sua quasi divina Eneide·, e tra’ m oderni principalmente il T a s s o , il quale p ur da O m e r o e da V irg ilio e da altri prese i più bei c o lo ri del suo Goffredo; et qui non posso non ridermi, e m a ra v ig lia rm i insieme d e llO c c h ia lis ta , il quale in diversi luoghi attribuisce a macchia et errore 1’ havere il Marino nel suo Adone preso qualche concetto da V irg ilio e da O v id io e d’ altri p oeti latini, perchè in questo v ’ è più tosto lode che biasim o, anzi mi so vviene aver letto un volum etto d’ un c u rioso et osserv ato re del T a s s o , il quale raccoglie tutte le b ellezze, c h ’ egli da’ più buoni poeti tolse per adornarne il suo do ttissim o p oem a » ( i ) .
( i ) N è
1
’ O cchia le appannato b a st ò a ll’ E rr ic o , p e r c h è cinque anni dopo p u b b l i c a n d o u n ’ a l tr a c o m m e d i a , in tit o la t a : le L it i d i P in d o (Le L it i \ di Pin d o I C om edia Tragicom edia \ di | S c i p i o n e H e r r i c o | A l l ’ Illustriss. | S e n ato I d e lla n o b i l e città di | M e ss in a . | In M essina | P e r G i o . F ra n e . B ia nco , 16 3 4 ] C o n lie. d e ’ Su p. A d inst. di P l a c i d o P iz z im e n t i) , finge ( A t t o I, Se. I V ) c h e M o m o a c c o m p a g n i Italia p er le carceri di P a r n a s o , d o v e , tra g li altri, v ’ è r i n c h i u s o « un p o eta p er un m e m o r i a l e da C r i s t o f o r o C o l o m b o alla M a e s t à di A p o l l o »; e il m e m o r i a l e è il seguente: « C r i s t o f o r o C o l o m b o da G e n o v a d i c e V . M . c h e a v e n d o e ss o a v u t o a rd im e n to di passare la m e t a , c h e il g r a n d ’È r c o l e ai n a v i g a n t i pre fisse, e confidato n el suo in g e g n o et a r t e m a r i n a r e s c a , su p e rata l ’ a m p i s s i m a va stità d e ll’ im m e n s o O c e a n o , un n o v o m o n d o a l m o n d o h a fa tto c o n o s c e r e , quando esso sp era v a in p r e m i o d e l l a s u a g l o r i o s i s s i m a im p re s a esser ce le b rato da alcu n dotto ed e l e g a n t e P o e t a , è stato a v v i li t o da un P o e m a fatto da un certo p o e ta c c io , il q u a l e h a tra t ta t o una così e ro ic a a zio n e con uno stile s im ile a quello del B o v o d ’A n t o n a . P e r q u e s to l’ e sp o n e n te supplica V . M . c h e to lto qu esto p o e m a d a l m o n d o , m e n tre n o n ebbe b u o n a fo rtu n a c o ’ p o e t i , p erm etta s o l o , c h e s ia c e leb r ato d a g li storic i. Q u e s t o è il m e m o r i a l e d e l C o l o m b oC o n m igliore erudizione e con molto più corredo di dot
trina classica succédé all’ Errico Girolam o Aleandri, il quale,’
c o n tem p o ran eam en te all’ Occhiali appannato, pubblicò la prima parte della sua Difesa dell’ Adone ( i ) .
Innanzi a questo v o lu m e tto apologetico — con cui si ri
sponde alle obbiezioni dell’ Occhiale sino a quanto l’ autore di esso aveva scritto per tutto il C . X dell’ Adone — sta, oltre una dedica dello S caglia al M o lz a , una lettera dell’ Aleandri all’ A c h i l l i n i , che spronò l’ autore della Difesa a pubblicare il libro « co m p o sto nel giro di pochi giorni in una villeggia
tura v ic in o a R o m a ». In questa lettera l’ Aleandri biasima quei lu o g h i dell’ Adone, che furon proibiti dai « Censori Ec
clesiastici ». E aggiunge: « H o saputo che lo stesso Marini se n ’ era fortem ente pentito e s'a ccin g eva a correggerlo, il che parm i nè anco di presente fosse malagevole di fare. E sperar possiam o che sieno i superiori per ammetterne un g io r n o la c o rre ttio n e , veggendosi quanta noia deasi di conti
n o v o in tutte le città a g l ’ Inquisitori per la licenza, che vien lo ro chiesta di leggerlo, e perchè si fugga il pericolo del con- travenirsi dagli uomini di larga coscienza al decreto di detta
— a g g i u n g e M o m o — per c a g io n e del quale S. M. ha carcerato costui, m a c a r c e r e r à a n c h e un altro ch e in simil materia pretende ingerirsi ».
N e l 43, in fin e, p u bblicando le Guerre, di Parnaso, una specie di romanzo, n a r r a t i v o in p r o s a (L e G uerre \ di Parnaso | di Scipio n e Her r ico. | A ll III.1”0 e R e u ” ° s i g . r | Il s i g . ' A b b a t e | Ann ibaie B e ntivoglio | In Venetia.
M . D C . X L I I I . I P e r M atteo L e n i , e G io va n n i V ec ellio. J Con licenza d e ’ S u p e r i o r i e P r i v i l e g i ) l ’ E rr ic o fa ch e lo Stigliani, capitano di una schiera di s c ritto ri v a d a c o n tro il M a rin o , restando soccombente. Il libretto è del re sto p ie n o di a llu s io n i sul v a lo re de’ moderni poeti.
( i) D ife sa d ell' A d on e | poema del cav. M arini | di ] Gir o lam o Ale an d r i [ P e r risp o sta a l l ’ Occhiale | del cav. Stigliani. | A ll'Illustriss. sig. il sig. | C o n t e C a m i l l o M o lz a j A m b . R e sid. del Ser. S. D u ca di Modena | appresso la S. di N . S. P. P . U r b . V i l i . | C o n licenza de’ Superiori, e Privilegi. | In V e n e t i a , M D C X X I X . j A p p r e s s o G iac o m o Scaglia.
G I O R N A L E L I G U S T I C O Γ 5
p ro ib izio n e, e per ovviar insieme alle nuove edizioni, che intendo oggid ì se ne preparano fuori d’ Italia ».
C re d e infine esser stato lo Stigliani colui che fece proibir 1’ Adone « nel che non si vedeva mai stanco, maneggiandosi or di sè stesso, or per via de’ suoi seguaci, sì com e è stato scritto da più persone »; nè l’ Achillini poteva ignorarlo « es
sendo cosa nota a tutta Italia, e di cui va il medesimo S ti
gliani van tan dosi, come di gloriosa impresa ».
C o m in cia 1’ Aleandri col combattere il titolo del libro p erchè, o s serv a, per scoprire i difetti dell’ A d on e, « coperti dal grande splendore delle sue bellezze », sarebbe stato d’ uopo d’ un occhiale nella « guisa ch’ ha fatto il Galilei per iscoprire le m acchie solari », e invece di chiamar l ’ Occhiale opera di
fensiva « doveva intitolarla offensiva », non essendo altro,
« c o m e evidentemente apparisce, eh’ una rabbiosa invettiva ».
D o p o di che, in tanti capitoli, quanti sono quelli dell’ Occhiale, ribatte tutte le accuse dello Stigliani, riconoscendo nell 'A done non un poem a epico (com e lo considerava lo Stigliani allo scopo di innalzare tutto un suo edificio), ma un poema « fu lo stesso d’ O v id io con le Metamorfosi, di Dante col poema da lui intitolato Commedia, e del Petrarca co’ suoi Trionfi, cioè di dilungarsi con una nuova forma di poema Epico dall’ uso oramai troppo trito e di piacere con tal’ opera al m ondo e d acquistarsi gloria ». E secondo noi qui l’ Aleandri ha perfetta
m ente ra gio n e; pero noi non seguiremo l’ erudito bibliotecario degli Aldobrandini per tutta la critica serrata e irta di cita
z io n i, eh egli fa all’ Occhiale, nel quale egli non vede se non un libello contro Y Adone·, solamente diremo che contro 1 accusa dello Stigliani di avere il Marino usati troppi bar
barismi e idiotismi l’ Aleandri osserva : « C he si vaglia d’ alcune parole fianzesi e d alcune spagnuole non è meraviglia, avendo g l’ idiom i di quelle due nazioni la stessa origine dal latino, che ha il nostro italiano. A n zi dir possiamo che il linguaggio
da no i o g g id ì usato, l’ istesso sia c o ’ l latino alterato dal volgo, che p erò volgare l ’appelliamo » ; e con ciò mostra di essere al co rren te degli studi filologici di quel tempo, messi in voga co n tanto acum e dal C it t a d in i, e che in generale, la critica dell’ A le an d ri ci sembra ediScata su basi migliori di quelle dello Stigliani ( i ) .
D o p o 1’ A le a n d ri scendeva nell’ arringo Andrea Barbazza, nobile b o lo g n es e, poeta e grande amico del Marino, col quale non pure fu in co m m ercio epistolare, ma di lui fu benefattore per a v e rlo liberato dal carcere dopo 1’ affare del Murtola. Egli, nello stesso anno 1629, pubblicò le Strigliate a Tomaso Sti
gliano, celandosi sotto il nome di Robusto Pogom mega (2);
l’ op uscolo è com posto di sessantasei tra sonetti e sonettesse, ed è diviso in quattro Strigliate: la prima comprende tredici s o n e tti, la seconda quattordici, la terza quindici, la quarta ven titré : oltre un sonetto di dedicatoria al Borghese (3). « Il
( 1 ) P o c o d o p o l ’ A l e a n d r i m o r i v a , e alla sua m orte lo Scaglia pub
b l i c a v a , l ’ a n n o a ppresso, la sec o n d a parte della D ifesa (Difesa j dell Adone I poem a d el cav. M a rin i | d i | Gir o l a m o Al e a n d r i | P e r risposta all Oc
chiale I d e l c a v . S t ig lia n i. | P a r t e seconda. | A l molto II lustr. sig· | Giuseppe P e r s i c o . | C o n lic e n z a dei S u p e r i o r i , e P r iv ile g i. || In Ven etia, M D . C . X X X . I A p p r e s s o G i a c o m o S caglia).
(2 )L e
1
S trig lia te \ a Tom aso S tig lia n o , | del signor | R o b v s to Pogom m e g a .1
D e d i c a t o | a ll’ E m in e n t is s im o e R e ve re ndissim o | Sign or C ardin a l e I P i e r - M a r i a B o r g h e s e . || In Sp ira | A pp re sso Henrico Starckio. | C I D . I D C . X X I X .
(3) S i g n o r , v o i , c h ’ apparite al secol nostro R a r o lu m e di g l o r i a , e vi mostrate O r n a m e n t o di R o m a , h on or de
1
’ O stro E ’l fianco d’ O s t r o , e ’l crin di L au ro ornate ; P e r c h è l e g g e r v o le t e le StrigliateN e l m i o faceto, anzi verace inch iostro?
P e r c h è la stalla Pegasea d e g n a t e ,
M e ntre s trig lio S tig lia n , del gu ardo vostro?
G I O R N A L E L I G U S T I C O * 7
fine dell’ autore — osserva il Barbazza — è solo di scherzare su la qualità, e goffagine del poetare dello Stiglian i, non già di recar offesa alla sua fama, stimandolo per altro huom o assai honorevole. Intorno alla maniera del suo p oetare, per far più eguale lo stile al soggetto, ond’ egli venga lodato dalla sua penna m edesim a, si sono prese dal suo Occhiale e dal suo P o em a del Mondo Nuovo molte forme di d i r e , e molti v e r s i, che intrecciandosi ne’ presenti sonetti, si noteranno in vario carattere, perchè si vegga che lo Stigliani di questi com ponim enti dee più obbligo alla sua Musa, eh’ all’ autore ».
P e rò nel corso dell’ opera il Barbazza non mantiene le sue promesse, essendo i sonetti molto violenti; in uno lo chiama buffone, scimm ia del mare ( 1 ) ; in un altro confessa che se le prime rim e dello Stigliani
fur sì felici
C h e l ’ he bbe il M o n d o in q u a lc h e o p in io n e, Il M ondo N u ovo p o e m a da B a sto n e
riuscì talmente infelice
C h e n ato a p p e n a con infausti auspici' F u s e p o lto in e te rn a o b livio n e.
M a c h e , se s trig lio un a nim ai sì strano, E co n la strig lia m ia p o c o so n o ra
I l m io n u o v o M agheo conte nde in v a n o , L e g g e t e v o i , cu i tanto il M o n d o h o n o ra ;
C h e p e r diporto anco r P r e n c e s o v r a n o A le S ta lle d e l T r o n passa talh ora ( 1 ) B u ffo n c h e con sì m a g r a fantasia
Pescihuom n o m a s t i un m u s ic o A r i o n e , V o r r e i co n altrettanta in ve ntio ne R i c o m p e n s a r la tua buffoneria.
D i r t i di quattro piedi un A n fio n e M i par tro p po in g e g n o s a l e g g i a d r i a : T i n om arei c o n buona sim m e tria
B e s t ih u o m , m a v a la rim a a dir be stione.
Gio r n. L i g u s t i c o . A nno X I X .
A n c h e il Barbazza rim provera lo Stigliani di ripeter troppo spesso a vere il M arino latte proprie molte delle sue poesie :
B e n n el lib ro , S t i g l i a n , e h ’ ora t ’ ho detto C o l tuo dente p o r c i n o assali A d on e, M a ti m o s t ri un C o n i g l i o ed un C ...
C o n q u e l dir s e m p r e : Tolto a me è un detto.
C re d e che il Mondo Nuovo valga molto poco ( i ) ; come tutti gli altri marinisti è sicuro che il Sissa e il Vannetti sieno due poeti nati dalla fantasia dello Stigliani ( 2 ) , ed esorta i poeti italiani a d e m o lir le accuse dell’ Occhiale:
S u , su, B ru ni, A c h i l l i n o , ai sassi, ai sassi, V e l l o là, v e l l o l à , e h ’ è lo Stigliano, R i n a l d i , B o n a r e l l i , S a lvia n o ,
A d o s s o , ad osso, o g n u n gli serri i passi.
A l e a n d r o , C l i i a b r e r a , alcun non lassi
D i sp e n a c c h ia r q ue l gu fo in corpo hu mano, B r a c c i o l i n i , B e n i g n o e L ored a n o
P i g l i a t e v i di lui trastu lli e spassi.
S e m b r i Stim ici n e !’ opre, e ne’ sembianti F ig lio d ' ingannatrice, empia Sirena.
C o m e c h ia m a st i altrui n e ’ rozzi canti.
S e i ba b b u ino in t e r r a , in m a r Balena, C he si pasce di pesce in dì passanti S e i m o s t ru o s a S fin g e, horrida Hiena.
(1 A s c o l t a m i , S t ig lia n , da buon am ico S e n z a m o n t a r in collera , e furore, Il tuo M ondo p e r m e non vale un fico E tu pensi ritrarne oro et ho nore . L o stile è b a s s o , in sip id o , ed antico,
È p r i v o di s a p e r e , e di sapore, E di lu m i, e di n u m e ro m e n d ic o , O se tratta di M a r t e , 0 ve r d’ A m o r e . (2) H o r d im m i in corte sia , chi è quel V a n n e t t i .
E quel S i s s a , o nd e fai tanti fracassi?
S on v i v i , o sono pur di vita cassi, O son del tuo c e r v e l parti, e concetti
G I O R N A L E L I G U S T I C O * 9
G e s s i , D e S im e o n ib u s , B a r b a z z a , P a o l i S o m m a , C a s o n e , Im p e ria le, G rid a te al p oetastro a m m a z z a , a m m a z z a . S u , su. M a che ? N o n m erta un cuc co tale
M o rir per m a n si de gne ; a rd a n lo in p iazza L e carte del suo M ondo e del suo Occhiale (1).
L ’ anno stesso in cui usciva la seconda parte della Difesa, N ic o lò V illa n i, noto — sotto il nome di Aideano — per un suo lavoro su la Poesia Giocosa de’ Greci e dei Latini, che a'ncor adesso si cita con onore — pubblicava un eruditissimo libro col titolo 1’ Uccellatura, nascondendosi sotto lo pseudo-
G o ff o , bug g ia rd o , a che più celi il v e r o ? C o n f e s s a pur h o m a i , e h ’ a questi A u t o r i M a d re è l ’ invidia tua, padre il pensiero
(1 ) T u t t i i sonetti della quarta Strig lia ta sono diretti a g li a m ic i del B a rb a z z a . A G a s p a r o S a lv ia n i si d ice :
Salviani, Iddio ti s a lv i, or dimmi un p oco, Hai letto mai 1* Occhiale ο Γ Occhialino Ch* ha composto un poeta babbuino In frase così v ile , in stil si roco?
Leggilo, e dagli nel tuo studio un loco, T u , che fosti di sera e di mattino Amico scorporato del Marino.
A L u d o v i c o d ’ A g l i è parlan d o d e llo S tig lia n i:
A che minacci altrui tanta ruina?
Per far del mastro al gran Marin t’ affanni, Nè sei buono a cantar la Franceschina.
A l B r a c c io lin i, c h e pur fu uno dei firm anti la celebre protesta che sta in p rin c ip io d e l l ’ Occhiale :
Gran Bracciolin, tu sai, eh’ un Poetastro Che di più fedi autentica 1’ Occhiale Ne pinse una per tua sol per dir male Del mio Marin, eh’ è de’ poeti il Mastro.
Dunque di Lauro un ruvido vincastro Al falsario di Pindo dottrinale Esamini le spalle e ’ l criminale
D’ Apollo il danni hormai sopra un pilastro.
n im o di V in c e n z o Foresi ( i ) . Esordisce coll’ affermare che il M arin o è stato un poeta fortunato, « perciò che le accuse son
E fin a lm e n t e a l l ’ A c h i l l i n i :
T u , che v iv i, Achilino, in riva al Reno, Che la dotta C ittà bagna, e circonda, E ’ l canto accordi al mormorar dell’ onda Emulator del gran cantor Fileno, Sappi , che su ’ l latin fertil terreno
V ive un c o t a l, che di livore abbonda E con fetida bocca e lingua immonda Sparge novo Pithon rabbia, e veleno.
( i ) L ’ U ccellatura \ di | Vin c e n z o Fo r e si | A l l ’ | Occhiale del C avaliere I F r a T o m a s o S t i g l i a n i | C o n t r o V Adone | D e l C a v a l i e r Gio. Battista M a rini I E a l l a D ifesa | di G i r o l a m o A le a n d r o | C o n licenza de’ Sup. & Pri- v i l e g g i o II In V e n e t i a , M D C X X X . | A p p re s s o A n t o n io Pinelli. Il titolo del lib r o è g iu s t ific a to d a lle s eg u e n ti p aro le di prefazione: « Solito mio è nella S e t t e m b r e c c i a u s c i r m e n e fu o ri a lla c a m p ag n a , e g l i studi più g rav i trala
s c i a n d o , a t t e n d e r e s o la m e n t e a cu rare il gen io con quelle ricreationi, che p iù g l i a g g r a d a n o . M a per o rd in a rio
1
’ uccellatu ra dei tordi suole esser q u e lla c h e m a g g i o r m e n t e m ’ o c c u p a , e m i diletta. Ha portato il caso che m i sia c o n v e n u t o q u e s t’ a n n o far d im ora nella c it t à , nè potuto abbia ris t o r a r e 1’ a ff a t ic a t o m i o a n i m o co n la dolce quiete della libertà rusticana.
M a v o l e n d o io pure, se p o ss ib il fosse, in qualche maniera svagarmi; nè c o s a p e r t a l effetto a p r o p o s i t o h a v e n d o ; è o cc o rs o per avv e n tu ra , che p e r v e n u t o m i sia
1
’ Adone del M a rin o ; quale nè mai ha veva io letto, né di l e g g e r l o a ltresì p e n s a v a g i a m m a i . M a essendom isi parato avanti appunto in t e m p o , c h ’ io non v o l e v o far n u lla, g iu d icai, di non poter far cosa più a p r o p o s i t o , c h e dare una lettura a c o te sto libro. Fecilo dunque in pochi g i o r n i ; e p er fare m a g g i o r m e n t e n u l l a , le opposizioni ancora dello Stig l i a n o , e l a .risposta a qu elle d e ll’ A le a n d r o vi sopralessi. E saltommi subito il g r i c c i o l o di v o le r m ettere io ancora il becco in m olle, e recitar la m ia o p in i o n e so p r a questa o m b ra d’ asino: già che del m e s e , che a far n u lla d e stin a to h a v e v a , più ch e m o lto re stavam i da continuare. Scrissi a dunque s en z a studio, e s e n z ’ arte, e con pen na n on corrente, ma volante q u e llo ch e in questi fo g li si ra p prese nta , non a v o i , che leggete, ma a m e , c h e h o s c r i t t o , h a v e n d o lo io per me s c r i t t o , e non per v o i, e per p ia c e re a m e , e non a v o i ; face n d o ra g io n e , che questo sia il diporto m i o di q u est’ anno, e la m ia v illa , e la vostra volsi dir mia uccellatura ».
G I O R N A L E L I G U S T I C O 2 1
v era prova della bontà delle scritture, nascendo da queste l ’ invidia, e dall’ invidia la d etrazio ne». L o S tig lia n i, seguita,
« ha com m esso errore, non solo perchè ha m o s tr a to , non v o le n d o , di stimar 1’ Adone più di quello che si co n v en g a ; e perchè torto ha fatto al m o n d o , credendosi di vedere egli solo con 1’ occhiai suo quello, che ciascuno per poco a chiusi occhi si vede; ma perchè di tale impresa uscito è ignominia a lui m ed esim o ; conoscendosi per ognuno la leggierezza delle sue censure; et essendogli anco state con pubbliche censure confutate » . Dopo di che entra nell’ esame dell’ Occhiale per tutta la prima censura e per metà della seconda; e pur non concedendo che l’ Adone sia un buon poema (anzi si riprende 1’ Aleandri di crederlo perfetto), non accetta alcuna delle con
clusioni dello Stigliani ( i ) . Egli, d’ altronde, non vuole difen
dere 1’ Adone, ma la verità: la quale « essendogli più amica, che ’ l M arin i, e lo Stigliani, e che 1’ Aleandro non sono, guardinsi pur tutti di esser da lei discordanti; che egli non guarderà nessuno in v is o , tirerà bastonate da c ie c o , e guai a chi t o c c a » . Dà infine questo giudizio d ell’ Adone: « L a fa
vola, per ver dire, è poco episodiata, nè ha m olto del vario, e dello ammirabile. La favella molte volte è affettata, od oscura per cagione dell’ ornamento soverchio. L o stile dà talora nella bassezza, e talora nella gonfiezza. L a sentenza spesso ha del vano, e molte di quelle nugae canorae di Oratio. Il costume talvolta è disdicevole, o reo. E quello, che assaissimo rileva, infelicissimo è questo poema nel m uovere gli affetti: sì che talora invece di cavarti le lacrime, ti scuote il riso. Ma dal-
( i ) « M a c h i v o r rà con libero naso e senza o cch ia li rim ir a re il p o e m a d e llo A d on e ; co n oscerà , c h e egli non è tanto m a l v a g i o , q u a n t o p are a llo S t i g l i a n o , nè tanto m i r a b i l e , quanto pare a l l ’ A l e a n d r o , e a lla m a g g i o r p arte dei lettera ti m oderni » . Uccellatura, pg. 198.
l ’ altra parte la favola è u n a , co m pita, di giusta grandezza, r a v v ilu p p a ta , benché senza rico g n itio n e , e credibile. La locu
tione per lo più è chiara, leggiadra e ornata. L o stile gene
ralm ente è magnifico e nobile. La sentenza in molti luoghi è argu ta , o m orale, o erudita. Il costume universale è medio- c i emente bu ono e c o n v e n e v o le , e simile ed uguale. Ma tra le parti dell 'A d o n e la m ig lio re, e la p e g g io r e , che vi sia, è 1’ orn am en to della favella. P erò che quando egli è soverchio, fa la lo cu tio n e tanto leggiadra e tanto mirabile ch e, niuno forse v i ha tra i T o sca n i poeti, che a tal segno arrivato sia ».
L ’ anno dopo il V illani col pseudonimo di Messer Fagiano, p ubb licava l’ ultima parte dell’ oppugnazione all’ Occhiale ( i ) , co l titolo di Considerazione (2). C ’ è da sbalordire esaminando, in questo vo lu m e, la straordinaria erudizione dell’ Autore, il quale, in esso, più che palesare la sua opinione « sopra le oppositioni del Cavalier Stigliani al poema dell 'Adone » volle
« portare qualche gio vam ento alla moderna gioventù » (3).
(1) E g l i , n e l l ’ U ccellatura (pg. 482) g ià annunziava le Considerazioni:
« F o r s e q u e s t ’ a ltr o a u tu n no , se ta le n to me ne verrà, uscirò alla medesima u c c e l l a g i o n e ; g i à che in te nd o p re pararm isi n u o va preda per esser in p r o c i n to Γ A l e a n d r o di fare il sec o n d o v o lu m e per gli orti d'A d o n e » . Q ui il V i l l a n i a llu d e a lla sec o n d a p arte della D ifesa.
(2) C onsiderationi | D i | Me s s e r Fa g ia n o | Sopra | L a seconda parte del-
1
’ O cchiale | d e l C a v a l i e r S t i g l i a n o , j C o n tro a llo Adone | del Cavalier M a r i n o ; | E so pra la seconda D ifesa | di G iro la m o Aleandro. | C o n Lic enza de’ S u p . et P r i v i l e g i o || In V e n e t i a , M D C X X X I . | A ppresso G i o : Pietro P i n e ll i . P o s s i e d o la seconda e d i z i o n e , stampata in Napoli « per Lazaro S c o r i g g i o , 1 6 3 3 , alle spese di G io . D o m enic o B o ve .(3) Il V i l l a n i e ra p e r su as o c h e la poesia contemporanea camminasse p er una via f a l s a ; c r e d ia m o utile riportare qui le s u e savie considerazioni, c h ie d e n d o fin d ’ o ra v e n ia al letto re per la lungh issim a nota. N o i , del re s to , a b b iam o d o vu to dissodare un terreno quasi verg ine, quale è quello d e lla critic a n ella p rim a m e tà del secolo X V I I , analizzare dei libri che fo rse n o n saran n o letti m a i ; di qui la necessità delle lunghe e noiose
L ’ opera sua quindi, più che una vera e propria opposizione all* Occhiale, e quindi una difesa dell’ A d o n e, può riguardarsi
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d ig res s io n i. O r a la n o t a ; « Sì c o m e la m a g g i o r p arte d e l le s c i e n z e , e d e l l ’ arti s o n o in qu esto m isero sec o lo adulterate e co rr o tte ; c o s ì a v v i e n e ciò m a g g i o r m e n t e della e lo q u en za e della p oetica in p a r t ic o la r e . L a q u a l co s a io n o n attribuisco ad altra c a g i o n e , che al non a v e r 1’ u o m o i m p re ss a n e l l ’ a n i m o la v e ra c e idea del buono. D i c h e e g li a v v ie n e , c h e se tali poeti c o m p o n g o n o m a i alcuna co sa che bene stia ; ciò n on d alla scienza l o r o , m a d a lla bontà della natura p r o c e d a , o sì dal caso. E due s o n o a m i o g iu d izio le c a g io n i che im p ed is c o n o la fabbrica di cosi fatta idea; c io è la p r a v i t à , e ’l difetto d ella istitu zione. C o u c i o s i a c h e , a v o l e r e essere o t tim o p o e t a , m e stie re h a di l e g g e r e a ssid u am e nte , e di rivoltare * c o m e dice H o r a t io , co n diurna m a n o , e con notturna, i G r e c i p oeti ; e se n on in l i n g u a l o r o , a lm en o in istra niera perfettam ente offrendogli e p ossed ergli.
P e r c i ò c h e di b e llis s im e e p e lle g r in e g e m m e so no elii rip ieni ; le quali se n e l l a T o s c a n a fa v e lla s ar an n o in a n e lla te ; m e r a v i g l i o s o è, q u a n to care e l e g g i a d r e , e v e n e r a n d e le poesie n ostre saranno. E niuno fin qui dei T o sca n i p o eti h a m e ss o , c h e io sappia , m a n o a co sì fatta m in ie r a (benché i l T a s s o a lc u n e p o c h e p ietru zze di epiteti raccolti ne habbia) n o n per a ltr a c a g i o n e , ch e per n o n essere in q u e llo id io m a su fficientem ente a d do ttrin ati. D o p o l a lettura di questi, n ecessa rio è di passare a quella dei L a t i n i : q u ali sì c o m e intender si v o g l i o n o , per p o te rli poi bene im itare;
co s ì q uesto n o n p u ò f elic e m en te succedere a ch i della l in g u a l o r o n on h a p e r fe ttis s im a contezza. U t ile è n ello u ltim o lu o g o il t ra s c o rrer le g g e n d o i T o s c a n i poeti : i quali se bene in p a r a g g io de’ G r e c i , e de ’ L a t in i, pusilli, e c o m e d is c e p o li s em b r er an n o ; m o lto n o n d im e n o quanto a lle f o r m e del d ire, e q u a n to a g l i idiotism i, e quanto a lla c o n s o n a n z a , e al n u m e ro ti g i o v e r a n n o . E l e g g e r a l l i pur tutti arditam en te, e senza a lc u n a tem e n za , c h e le s cip ite zze lo ro ti c o rr o m p in o , o t ’ assord ino il p ala to : p er c iò che a q u a lu n q u e il d o lc is s im o lo to d e ’ G r e c i e de’ L atin i assuefatto è di g u stare ; p e r i c o lo non è, che il p r im o senso per alcu n altro sapore si d ile g u i o si rintuzzi g ia m m a i. H o r quanti sono qu egli dei nostri g i o v a n i , c h e o p e r a d ie n o a lla G re c a fa v e lla ? C h e n on istim ino ciò u n p e r d i m e n t o di t e m p o ? U n a E c h e n e i d e d e g li s t u d i? U n a p e d a n te r ia ? O m i s e r i , e m a l co n sig lia ti petti, ch e 1’ u n ico s t r u m e n to della scienza, e d e lla g l o r i a , i m p e d i m e n to a qu elle credon, c h e s i a , e m e n tre sp ed itam e n te c a m m i n a r v o g l i o n o , essi stessi la v ia s’ i n g o m b r a n o ; e al fine ch e ce rc a n o , o tardi o n on
una critica, qualche volta iperbolica e piena di sottili disqui
sizioni, m a spesso acuta, dotta, ragionevole, attraverso le varie scu o le letterarie antiche e moderne. Egli sa di ebraico, che cita c o ’ segni grafici di quella lingua ; crede che Dante « seb
bene intem perante n ell’ usar voci latine » è stato « nella lingua
m a i p e r a v v e n t u r a p e r v e n g o n o . L e g g e s s e r o e g l i n o alm en o le poesie Gre ch e in l i n g u a l a t i n a o b a rb a ra : c h e p u re in questa m ate ria qualche costrutto e q u a l c h e u t i l i t à ne tra rr e b b o n o . M a quanti, o buono A p o llo , son quegli, c h e p iù l à d e l l a a lfa o della beta d ’ H o m e ro habbian veduto, e che dentro di sè n o n e s t i m i n o , c h e q u e l d i v i n o poeta, al quale sì com e a lor prence tutti g l i a ltr i s 'i n c h i n a n o ; in su lso e vieto , e antico e indegno di essere i m i t a t o n o n sia?.... Q u a n t o p o i a lle poesie T o s c a n e , m olti sono di quegli c h e l e a n t i c h e di l e g g e r si s d e g n a n o , e m o lti che le biasimano e vituperano e p e r m e r e a n t i c a g l i e le t e n g o n o , e non sanno g l ’ infelici, che la proprietà d e l l o i d i o m a , e l e m a n ie re del dire, e la lingua stessa in quelle s’ apprende e c h e m o l t i fio re tti p er e ntro a lo r o si trovano, i quali giudiziosamente n e l l e m o d e r n e trapia ntati, di m ir a b ile am en ità le possono adornare.... Ma i n v e c e di quei b u o n i scrittori si l e g g o n o per lo più i Bavij, e i Mevij del s e c o l o n o s t r o ; e le lo r v a n e sen ten ze che gli stra volti parlari, e gli strani v o c a b o l i , e le v i t i o s e m e t a f o r e , e g li enim m i di Sfinge , e le h ip e r b o li, e le s p u m e e le a m p o l l e , e tutte l ’altre scem piezze loro a gara tutti cer
c a n o d ’ i m i t a r e .... E se a lc u n o si tro v a per avventu ra, che per la buona via c a m m i n i d e l p o e t a r e ; sì lo u c c e lla n o e lo proverbiano ; e popone, e cu
c u l o , e p o e ta lo c h i a m a n o da stafile. A lla prava istitutione de’ nostri p o e t i si a g g i u g n e il m a n c a m e n t o de llo s tu d io ; e ’ l darsi eglino ad in
t e n d e r e , c h e il p o e ta r e a ltr o n o n sia, che un soave tra tte n im en to, e un e r o m p e r e , e b isestare co n esso le faticose, e g r a v i occupazioni. Quindi è, c h e m o l t i n e l l ’ otio, e n e l l o scioperio com pong ono ; e le inutili scene, e c h e il n e g o t i o p a tir n on p o s s o n o alle M u s e , che grato non glie ne s a n n o , c o n s a c r a n o . A l c u n i p a s s e g g i a n o , alcuni amoreggiando i versi fan n o ; c h i p e r le c a r r o z z e , chi per le b a r c h e , chi nelle c o r t i , chi nei g i u d i t i i , ch i n e l l e p i a z z e , ch i nelle turbe gli va susurrando ; chi gli ru tta d o p o ce na, ch i s u ’l ca n ta ro g li ponza ; ch i gli fa sonnovegliando ; e g l i s e m b r a u n a h o r a m ille , c h e g io r n o sia per andare a deporli nelle o r e c c h i e d elle b r i g a t e ; e to rn arsen e poi a casa di vana lode impregnati;
e c o n la c a m i c i a due palm i ritirata sopra le natiche ».
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T o s c a n a so m m o e perfetto poeta », e a questo proposito fa una lunghissim a digressione, in cui tenta di rilevare tutte le im pro prietà scientifiche , sintattiche e filosofiche usate dal s o m m o poeta ( i ) : nè solamente di Dante s’ occupa il Villani;
perchè v o lle notare anche « alcuna cosa delle rim e del P e trarca , « per osservare ai novizi della poesia ciò che nel p ro em io » delle Considerazioni avea promesso. E avverte ; (( p ren d erem o dunque il canzoniero suo , e dandogli una scorribandola a occhi correnti ; noteremo quelle sole cose , che a noi parranno degne di essere poste in bilancia: non già per detrarre a sì gran poeta, quale noi stimiamo il Principe
( i ) Q u i cad e in a c c o n c i o rip o rta re un’ osse rv a zio n e del V i l l a n i , la quale c o n c o r d a co n u n a del B a rt o li. Il p rim o (Considerazioni, pg. 167) scriv e :
« N e l C a n t o X X I d e ll’ Inferno hassi questa co m p a r a z io n e : Q uale nell’ Arzanà de’ Viniziani
(ecc, siuo al v. 18)
F a s s i qui c o m p a r a t io n e tra la fe rve n te p e g o la d e ll’ Inferno, e la b ollente p e c e d e l l ’ A r z a n à d e ’ V i n i t i a n i , e passa b e n e . Ma c h e h a da fare con la i n fe rn a l p e g o l a il ra c c o n ta r e , c h e in q u e llo A r z a n à ch i fabbrica va selli n u o v i , c h i c a lefa tta i v e c c h i , chi m a rtella da co sta , c h i da p o pp a e ch i da p ru a , c h i fa d e ’ re m i, ch i a v v o l g e il sartiam e, e chi ra p p e z za il terza- r u o l o , e c h i
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’ a rt im o n e ? Q u a l non vede, che egli per m a g n ific are q u e llo A r z a n à d e tto h a così fatte c o se , d im entica intanto la c o n v e n ie n z a della c o m p a r a t i o n e ? » E il B a k t o l i (Storia della lett. i t a l . , V I I , parte I I , p g . 213): « B e l l i s s i m e c o m e d e s c r i z i o n i , ce rte sim ilitu d ini sue si p ro lu n g a n o tro p p o , c o m e q u e lla d e l l ’ A r s e n a l e de’ V e n e z i a n i :Quale n ell’ Arzanà de’ Viniziani (tee. fino al v . 18)
S o l a m e n t e la p rim a terzin a s e r v e al parag o ne c o l la g o di pece bollen te;
le a ltr e due c h e s e g u o n o a g g i u n g o n o partic olari che non g i o v a n o affatto a darci p iù c h i a r a idea del l a g o infe rn ale , che anzi ci d is t ra g g o n o d a l
l ’ i m m a g i n e di esso. D a n te , è c h i a r o , n on ha saputo re sistere al piacere a rtis tic o d e lla c o m p iu ta d e scrizio ne d e ll’ A r s e n a l e , ed h a fatto c o s a stu p e n d a c o m e p i tt u r a , m a c o m e sim ilitu dine diffettuosa ».