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L’approccio attuale alla terapia insulinica in gravidanza: esiste un “gold standard”?

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Academic year: 2021

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(1)

E. Torlone 1 , E. Vitacolonna 2

1

SC Medicina Interna, Scienze Endocrine e Metaboliche, Azienda Ospedaliera-Universitaria S. Maria della Misericordia Perugia;

2

Dipartimento di Medicina e Scienze dell’Invecchiamento, Università G. d’Annunzio Chieti-Pescara

Corrispondenza: dott.ssa Elisabetta Torlone, piazzale Giotto 26B, 06121 Perugia

e-mail: elitorlo@libero.it

G It Diabetol Metab 2013;33:189-198 Pervenuto in Redazione il 16-10-2013 Accettato per la pubblicazione il 17-10-2013 Parole chiave: diabete, gravidanza, terapia insulinica, analoghi dell’insulina, microinfusore di insulina, monitoraggio continuo del glucosio

Key words: diabetes, pregnancy, insulin therapy, insulin analogs, continuous subcutaneous insulin infusion, continuous glucose monitoring

RIASSUNTO

Nella gravidanza complicata da diabete è indispensabile un ottimale controllo metabolico. Gli studi sull’andamento glice- mico nel corso di gravidanza fisiologica, hanno mostrato che il concetto di “normalità” in gravidanza è nettamente diverso dalla “normalità” in epoca non gravidica. La conoscenza della fisiopatologia del metabolismo dei carboidrati in gravidanza e delle modifiche del profilo glicemico insieme alle caratteristiche delle pazienti, devono guidare nella scelta della terapia insulinica e nella modalità di somministrazione. I trial prospettici condotti in gravidanza con gli analoghi dell’insulina aspart e detemir hanno mostrato che la terapia con analoghi nel periodo preconcezio- nale riduce il rischio di ipoglicemia notturna e migliora i profili gli- cemici; sebbene gli studi non abbiano mostrato una superiorità rispetto all’insulina umana, la popolazione arruolata dal precon- cepimento ha avuto outcome migliori. Le metanalisi pubblicate sia su insulina lispro sia su glargine non hanno evidenziato un peggioramento delle malformazioni fetali rispetto ai dati ottenuti con l’insulina umana. Ancora oggi purtroppo gli obiettivi della Dichiarazione di Saint Vincent per la gravidanza non sono stati pienamente raggiunti. L’uso degli analoghi dell’insulina dovreb- be essere favorito quanto più precocemente nel counseling pre- concezionale per ottenere una migliore stabilizzazione del con- trollo metabolico per perseguire outcome materni e fetali più favorevoli. Nonostante la scarsità di studi clinici in gravidanza, il microinfusore di insulina (continuous subcutaneous insulin infu- sion, CSII) rimane tuttora, per alcuni esperti, la prima scelta nel trattamento del diabete di tipo 1 e può essere uno strumento efficace in donne gravide altamente selezionate. È stato dimo- strato che le donne in terapia con microinfusore in gravidanza nel periodo successivo al parto mantengono un migliore control- lo glicemico. Gli studi dimostrano che le donne in trattamento con CSII durante la gravidanza rispetto alle donne in terapia insulinica multiniettiva (multiple daily injections, MDI), ottengono il miglioramento metabolico più velocemente, presentano un fabbisogno insulinico inferiore e un ridotto numero di ipoglice- mie, e al termine della gravidanza presentano un controllo meta- bolico migliore. Questa terapia deve tenere conto delle difficoltà

Rassegna

L’approccio attuale alla terapia insulinica in gravidanza:

esiste un “gold standard”?

(2)

tici, la sindrome HELLP (piastrinopenia) e il parto cesareo.

Tutte queste complicanze sono direttamente o indirettamen- te collegate al grado di controllo glicemico e la Comunità Scientifica internazionale per questo motivo ha sempre posto estrema attenzione all’importanza del buon controllo metabolico da perseguire sia nel diabete preesistente alla gravidanza sia nel diabete gestazionale (gestational diabetes mellitus, GDM).

Terapia insulinica in gravidanza

La terapia insulinica è il gold standard nel trattamento del diabete in gravidanza in donne con diabete sia di tipo 1 sia di tipo 2. Essa è indicata anche nel GDM quando la terapia medica nutrizionale (medical nutrition therapy, MNT) e lo stile di vita non siano stati in grado di raggiungere e mantenere gli obiettivi metabolici

(3,4)

.

La terapia insulinica è una terapia complessa e il successo del trattamento dipende da molti fattori e scelte quali: il tipo di insulina utilizzata (umana o analogo dell’insulina), il metodo di somministrazione sottocutanea di insulina (terapia multinietti- va, multiple daily injections, MDI) o microinfusore di insulina (continuous subcutaneous insulin infusion, CSII), la possibilità di automonitoraggio della glicemia, la possibilità di monitorag- gio continuo del glucosio (continuous glucose monitoring, CGM) e infine ma non ultimi gli obiettivi glicemici utilizzati.

A fronte della letteratura esistente e delle conoscenze attuali è lecito chiedersi: per il diabete di tipo 2 e il GDM: quando iniziare il trattamento insulinico? Per ogni forma di diabete in gravidanza quale insulina somministrare in gravidanza?

Quale il metodo migliore per somministrare l’insulina? Come titolare la posologia? E soprattutto esiste un “gold standard”

terapeutico?

Per rispondere ai nostri quesiti ci occuperemo distintamente del diabete pregravidico e del GDM.

Diabete pregestazionale

Negli ultimi decenni vi è stato un netto miglioramento rispet- to al passato degli esiti della gravidanza sia nel diabete pregestazionale sia nel GDM. Ciononostante recenti dati di letteratura evidenziano ancora, nelle donne affette da dia- bete pregravidico, una frequenza di malformazioni congenite (difetto del tubo neurale e cardiopatia) tre volte superiori rispetto alla popolazione generale

(5)

e che il rischio è stretta- mente correlato al controllo metabolico al concepimento, come già dimostrato precedentemente anche dal DCCT. In aggiunta una recente metanalisi dimostra come l’assistenza pregravidica per le donne con diabete sia di tipo 1 sia di tipo 2 sia efficace nel ridurre il rischio di malformazioni congenite, la mortalità perinatale e nel ridurre l’emoglobina glicata (HbA

1c

) materna nel primo trimestre di gravidanza

(6)

.

Prima dell’avvento dell’insulina, nel 1922, nelle donne affette da diabete, il tasso di mortalità infantile era superiore al 90%

e quello di mortalità materna era pari al 30%.

e degli oneri complessivi, delle indicazioni alla terapia e della selezione delle pazienti da parte di un team esperto. Il monito- raggio continuo del glucosio (continuous glucose monitoring, CGM) può essere uno strumento efficace in donne gravide alta- mente selezionate. Grande attenzione è rivolta all’uso dei siste- mi integrati CSII-CGM anche e soprattutto nella prospettiva della

“chiusura dell’ansa”.

SUMMARY

Insulin therapy in pregnancy today – is there a “gold stan- dard”?

Optimal metabolic control is the goal in pregnancies complicat- ed by diabetes. Studies of the glucose metabolism in physiolog- ical pregnancy indicate that the concept of “normality” in preg- nancy is definitely different from what is “normal” outside preg- nancy. Knowledge of the pathophysiology of the carbohydrate metabolism in pregnancy and changes in the glycemic profile and the patients’ characteristics should guide the choice of insulin therapy and mode of delivery.

Prospective trials with the insulin analogs aspart and detemir showed that in the preconceptional period these reduced the risk of nocturnal hypoglycemia and improved glycemic profiles.

Although insulin analogs did not appear to show any particular superiority over human insulin the women enrolled from precon- ception had better outcomes. Meta-analysis on insulin lispro and on glargine showed no worsening of fetal malformations compared with human insulin.

Even today, unfortunately, the objectives of the Saint Vincent’s Declaration for pregnancy have not been fully achieved. Insulin analogs should be favored as early as possible in preconception counseling to stabilize metabolic control better and obtain more favorable maternal and fetal outcomes.

Despite the paucity of clinical trials in pregnancy, some experts still consider the insulin pump (CSII) the first choice in the treat- ment of type 1 diabetes and it can be an effective tool in highly selected pregnant women. Women using an insulin pump dur- ing pregnancy maintain better glycemic control in the postpar- tum period too. In addition their metabolic control improves faster, they have a lower insulin requirement and fewer episodes of hypoglycemia, with better metabolic control at term. This therapy must take account of the overall burden, indications to treatment and selection of patients by an experienced team.

Continuous glucose monitoring (CGM) can be useful in careful- ly selected pregnant women. Integrated CSII-CGM systems are attracting increasing attention, above all from the perspective of

“closing the loop”.

Introduzione

Nella gravidanza complicata da diabete è indispensabile un

ottimale controllo metabolico poiché uno scarso controllo si

associa a esiti della gravidanza sfavorevoli per la madre e per

il figlio

(1,2)

. I rischi fetali/neonatali sono: un accelerato accre-

scimento fetale e/o macrosomia o ritardo di crescita intra -

uterina (large for gestational age, LGA o small for gestation-

al age, SGA), nascita prematura, trauma peri-partum, ipogli-

cemia neonatale e iperbilirubinemia; le complicanze materne

sono la preeclampsia e l’emolisi, l’aumento degli enzimi epa-

(3)

rante la prima parte della gravidanza vi è un normale calo fisiologico dell’HbA

1c

con una media di circa 0,5%

(14)

; 3) l’HbA

1c

non riflette la complessità del controllo glicemico; in particolare la variabilità glicemica ha un ruolo cardine sia nel rischio acuto di complicanze del diabete sia nel rischio di evoluzione delle complicanze croniche.

Quale insulina

Nell’approccio alla terapia insulinica sostitutiva dobbiamo considerare due componenti: l’insulina necessaria per coprire il fabbisogno al pasto e l’insulina basale ovvero l’insulina necessaria per modulare i livelli glicemici nel digiuno e nella fase post-assorbitiva. L’omeostasi glicemica subisce profondi cambiamenti già nel corso della gravidanza fisiolo- gica per favorire il flusso di nutrienti dalla madre al feto, e indubbiamente tali cambiamenti vengono magnificati nelle gravidanze complicate da diabete rendendo ragione quindi dell’importante complessità di gestione

(15-17)

. Gli studi sull’an- damento glicemico nel corso di gravidanza fisiologica hanno mostrato che non solo i target glicemici preprandiali fisiologi- ci sono inferiori rispetto all’epoca non gravidica

(18,19)

, ma che l’andamento della glicemia pre- e postprandiale si modifica rispettivamente in ogni trimestre, e che nel primo trimestre, caratterizzato da uno stato di migliore tolleranza glucidica, il rischio di ipoglicemia grave è molto più elevato. Dobbiamo partire quindi da questi concetti di fisiologia nella scelta della terapia insulinica in gravidanza e si può ben comprendere perché si dovranno prediligere quelle insuline e quelle moda- lità terapeutiche dotate di caratteristiche di farmacocinetica e farmacodinamica che, consentendo un profilo più fisiologico, flessibile e “sartoriale” permettono di ridurre il rischio di ipo- glicemia e di raggiungere più facilmente i target di trattamen- to. Gli anni ’90 hanno visto l’avvento degli analoghi dell’insu- lina: dapprima le insuline rapide, caratterizzate da caratte - ristiche di farmacocinetica e farmacodinamica che han - no consentito di ottenere dei profili di azione “riproducibili”

con una minore variabilità legata all’assorbimento dal tessu- to sottocutaneo e quindi molto più idonei a mimare l’an - damento fisiologico della glicemia con minori rischi di ipogli- cemia iatrogena in particolare nella gravidanza, e in seguito gli analoghi basali con un profilo d’azione più stabile e un minore rischio di ipoglicemia iatrogena.

Date le loro peculiari caratteristiche farmacocinetiche queste insuline quindi dovrebbero essere le insuline ideali da utilizza- re in gravidanza, ma il loro uso è stato inizialmente limitato per i potenziali rischi.

Quanto sono sicuri gli analoghi dell’insulina in gravidanza?

I potenziali rischi che dobbiamo considerare nell’utilizzo degli analoghi dell’insulina sono quelli che potenzialmente potreb- bero derivare dalle modifiche strutturali delle molecole e sono: il rischio mitogenico dovuto al diverso legame che Dopo gli anni ’80 sono state intraprese strategie di counsel -

ing nelle donne affette da diabete allo scopo di evitare la gravidanza, in quanto fino ad allora fra il 30 e il 50% delle donne con diabete presentava un pessimo outcome ostetri- co. Il tasso di mortalità neonatale diminuì finalmente quando le strategie terapeutiche, grazie alla disponibilità dell’auto- controllo glicemico, permisero di ottenere un migliore con- trollo metabolico

(7)

. Da quando i meccanismi fisiopatologici del metabolismo glucidico in gravidanza sono stati studiati e da quando i programmi di management sono riusciti a per- seguire e mantenere un’ottimale glicemia durante la gravi- danza complicata da diabete, il tasso di mortalità perinatale è diminuito fino a raggiungere i livelli della popolazione gene-

rale

(8,9)

. La gravidanza diabetica presenta una notevole com-

plessità per tutti gli attori coinvolti: in primo luogo per la donna, ma anche per la sua famiglia e per il team curante.

Peraltro, in aggiunta all’ottimale terapia insulinica, sono essenziali la pianificazione e la preparazione preconcezionali.

È ormai universalmente riconosciuto il ruolo della variabilità gli- cemica sia nel rischio acuto di complicanze del diabete come anche nel rischio di evoluzione delle complicanze croniche; in modo similare negli ultimi anni nelle gestanti con diabete pre- gestazionale il target di HbA

1c

suggerito è inferiore a 6,5% a patto che venga mantenuta una stabilità del controllo glicemi- co, in quanto un’elevata instabilità, pur con un’HbA

1c

entro i target ideali, si associa a un potenziale rischio malformativo.

Il concetto di variabilità glicemica quindi deve essere traslato anche alle gravidanze complicate da diabete. A conferma dell’importanza della stabilità del controllo glicemico, infatti, sono stati pubblicati i dati di monitoraggio holter della glice- mia che hanno dimostrato come la macrosomia fetale e il rischio di malformazioni congenite correla non solo con l’HbA

1c

quanto con la variabilità glicemica al concepimento e durante tutta la gravidanza

(10-13)

.

Inoltre, indipendentemente dal riscontro di anomalie congeni- te clinicamente evidenti, l’imprinting metabolico nella vita intrauterina condiziona lo sviluppo metabolico del bambino e del futuro adulto. Gli studi epidemiologici hanno evidenziato che negli ultimi decenni abbiamo avuto una crescita esponen- ziale delle patologie metaboliche e dell’obesità in età riprodut- tiva e infantile. È da considerare peraltro che le gravidanze a rischio, quali quelle complicate da diabete, obesità materna, procreazione assistita (legata sia a un’età materna avanzata sia alle terapie necessarie per permettere la fecondazione), possono dare luogo a un ambiente uterino non “perfetto” che può favorire lo sviluppo di processi epigenetici cioè modifiche errate permanenti del DNA che si manifestano, progressiva- mente, dopo la nascita e fino all’età adulta.

Da ciò deriva quindi l’indicazione alla pianificazione della gravidanza sin dalla diagnosi di diabete nelle pazienti in età adolescenziale o fertile, che pertanto dovrebbero essere edotte sulle scelte relative alla terapia insulinica ottimale e sui farmaci potenzialmente teratogeni.

Nella definizione di un criterio di valutazione per definire la

stabilizzazione del controllo glicemico l’HbA

1c

, pur mante-

nendo un ruolo rilevante, presenta alcuni limiti: 1) innanzitut-

to i valori di riferimento in gravidanza, pur con metodo stan-

dardizzato, sono diversi che in epoca non gravidica; 2) du -

(4)

te da GDM e da diabete pregestazionale. Per quanto con- cerne lispro, studi condotti in gestanti con diabete gestazio- nale o pregestazionale non hanno dimostrato un aumento nel numero di complicanze

(23-25)

; è stata pubblicata inoltre una metanalisi che ha confrontato l’utilizzo di lispro vs l’insulina umana regolare in gravidanze complicate da diabe- te di tipo 1, che ha dimostrato che non ci sono differenze nel controllo metabolico o negli outcome perinatali a eccezione di una frequenza maggiore di neonati large for gestational age (LGA) nel gruppo trattato con lispro. Il controllo glicemi- co inoltre era sovrapponibile e in alcuni casi migliore con lispro a fronte anche di una posologia insulinica inferiore

(26)

. Per quanto concerne aspart, è stata valutata con uno studio prospettico condotto in 322 gestanti randomizzate dal pre- concepimento o entro le prime 10 settimane di gravidanza.

L’endpoint primario dello studio era l’incidenza di ipoglicemia grave

(27,28)

. L’HbA

1c

per l’arruolamento doveva essere ≤ 8% e i target di trattamento identificati erano fra 74 e 110 mg% a digiuno e pre-pasto, e inferiori a 135 mg% dopo pasto. Il rischio di ipoglicemia maggiore postprandiale con aspart era inferiore del 28% rispetto alla regolare e quello di ipoglicemia notturna era inferiore del 52%, anche se in entrambi i casi la differenza non era tale da raggiungere la significatività stati- stica e, nel caso dell’ipoglicemia notturna, il numero assolu- to di eventi era troppo basso per poter trarre delle conclusio- ni statisticamente valide. Tuttavia la glicemia postprandiale al primo e al terzo trimestre era significativamente inferiore rispetto alla regolare. I dati relativi ai neonati inoltre hanno evi- denziato risultati sovrapponibili per il peso alla nascita e nella percentuale di neonati con peso appropriato per l’età gesta- zionale; inoltre, il numero di parti pretermine era inferiore nel gruppo trattato con aspart vs regolare anche se non statisti- camente significativo. In conclusione, l’incidenza di malfor- mazioni congenite maggiori era del 4,4% nel gruppo aspart vs il 6,6% nel gruppo trattato con insulina regolare e il riscon- tro di ipoglicemia neonatale era sovrapponibile nei 2 gruppi.

Analoghi basali

Gli analoghi basali glargine e detemir associati alla terapia con CSII, se confrontati alla MDI con insulina NPH (neutral protamine Hagedorn), consentono di ottenere una maggiore stabilizzazione del controllo glicemico notturno e interpran- diale riducendo il rischio di ipoglicemia e la variabilità glice - mica

(29-31)

.

Negli ultimi anni sono stati pubblicati molti studi relativi all’u- so di glargine in gravidanza e nel 2012 è stata pubblicata una metanalisi relativa agli outcome di gravidanze trattate con glargine vs NPH

(32)

. La maggior parte dei dati era ottenuta da analisi di tipo retrospettivo condotte per lo più in soggetti con diabete pregestazionale sia di tipo 1 sia di tipo 2. Nella meta- nalisi sono stati inclusi solo 8 dei 169 articoli pubblicati in quanto erano gli unici che avevano valutato almeno 4 degli outcome definiti dalla metanalisi. L’HbA

1c

era stata valutata solo in 4 studi di cui uno evidenziava una HbA

1c

significativa- mente inferiore al concepimento con glargine vs NPH

(33)

; hanno nei confronti del recettore per l’insulina e per l’IGF1 e

i potenziali rischi teratogeni per il feto dovuti al passaggio transplacentare. Lispro, aspart e detemir hanno un legame con il recettore dell’insulina, un potere mitogenico e un lega- me con il recettore dell’IGF-1 simile all’insulina umana.

Glargine apparentemente ha un potere mitogenico e un’affinità per il recettore dell’IGF1 superiore di 6-7 volte rispetto all’insulina umana

(20)

. In realtà, dopo la somministra- zione in vivo, glargine viene trasformata in due prodotti attivi metabolicamente, M1 ed M2; M1 rappresenta più del 90%

dell’insulina glargine iniettata, è significativamente meno atti- va nel legame con il recettore dell’IGF1 e ha una minore potenza mitogenica rispetto all’insulina umana

(21)

. Pertanto, alla luce di questi dati, il rischio mitogenico che possono causare gli analoghi dell’insulina è chiaramente simile o infe- riore rispetto all’insulina umana.

Per quanto concerne il rischio teratogeno, questo si può ipo- tizzare solo nel caso in cui venga dimostrato un passaggio transplacentare dell’insulina. Il passaggio transplacentare può avvenire o attraverso la formazione di anticorpi che attraversano la placenta o per gradiente di concentrazione.

Tutti gli studi che hanno valutato gli anticorpi per lispro e aspart in gravidanza e al momento del parto non hanno evi- denziato una produzione di anticorpi specifici e non è stata rilevata la loro presenza nel sangue prelevato da cordone ombelicale. Anche studi in vitro condotti con infusione a dosaggio farmacologico di lispro e glargine condotti su pla- cente a termine non hanno mostrato passaggio transplacen- tare a dosi terapeutiche, ma solo un passaggio modesto a dosi 1000 volte superiori

(22,23)

. Per quanto concerne detemir a oggi non sono stati pubblicati i dati relativi al passaggio transplacentare.

Pertanto, anche alla luce di questi dati, non possiamo rico- noscere agli analoghi dell’insulina alcun rischio teratogeno, mentre rimane sempre confermato il rischio derivato dal con- trollo glicemico non ottimizzato.

Analoghi rapidi dell’insulina

Sono stati pubblicati molti studi sugli analoghi lispro e aspart in gravidanza sia nel diabete gestazionale sia nel pregesta- zionale. Al momento non esistono dati pubblicati su glulisina.

Dopo somministrazione sottocute, gli analoghi rapidi sono

assorbiti rapidamente in virtù del fatto che vengono deposi-

tati sotto forma monomerica e quindi sono rapidamente di -

sponibili per il passaggio in circolo. Ciò permette quindi, in

generale, di ottenere un profilo glicemico postprandiale

molto più fisiologico rispetto alle insuline umane regolari e di

ridurre significativamente il rischio di ipoglicemia. Applicando

quindi queste informazioni alla gestione delle gravidanze

complicate da diabete e considerando che il target di glice-

mia postprandiale ottimale per ridurre il rischio di macroso-

mia fetale è ≤ 130 mg%, è ovvio che la somministrazione

degli analoghi rapidi al pasto è molto più pratica e flessibile

rispetto all’insulina umana regolare. Sono stati pubblicati

molti studi sia su lispro sia su aspart in gravidanze complica-

(5)

gno insulinico che è stato più basso nelle donne che hanno utilizzato insulina lispro-protamina. I rischi mitogenici e tera- togenici per questa insulina sono gli stessi indicati per l’insulina lispro.

Microinfusore di insulina

Il CSII è considerato il “gold standard” della terapia insulinica e rappresenta una scelta terapeutica che, in pazienti selezio- nati, può comportare senza dubbio un controllo metabolico eccellente associato anche a una buona qualità di vita.

Come è noto, la terapia con CSII deve tenere conto delle dif- ficoltà e degli oneri complessivi di CSII a fronte di successi metabolici non sempre straordinari. Successi e insuccessi probabilmente collegati ad alcuni fattori fondamentali: sele- zione e individuazione dei pazienti “giusti”, capacità del team. I pazienti “giusti” per CSII sono quelli che hanno un insuccesso terapeutico con MDI che prevedesse l’uso di un analogo di insulina ad azione prolungata (grave instabilità gli- cemica, ipoglicemie asintomatiche).

Il problema della selezione dei pazienti, della presenza di indicazioni e dell’adozione della terapia con CSII, assume connotazioni diverse nella popolazione femminile, in partico- lare in relazione alla gravidanza, e sfortunatamente la lettera- tura non ci offre moltissimi studi sull’argomento.

Nonostante la scarsità di studi clinici in gravidanza, il CSII rimane tuttora, per alcuni esperti, la prima scelta nel tratta- mento del diabete di tipo 1 e la terapia con CSII è ritenuta dagli stessi un importante strumento per la gestione della gravidanza nelle gestanti con diabete mellito di tipo 1. Per giungere a conclusioni relative al tema in argomento ci avvar- remo quindi di quanto a oggi è presente in letteratura e di considerazioni mutuate dall’uso dei CSII nei soggetti non in gravidanza.

Nel 2010, una rassegna Cochrane condotta su studi ran- domizzati controllati di confronto tra CSII e MDI con almeno tre iniezioni di insulina/die in soggetti affetti da diabete di tipo 1 concludeva che la terapia con CSII offre un controllo glicemico superiore se confrontato con MDI in soggetti con diabete di tipo 1 non in gravidanza

(38)

.

Sempre nel 2010, il National Institute for Health and Clinical Excellence (NICE) ha pubblicato un Technology Assessment Report e riesaminato la precedente revisione al fine di valu- tare la clinical effectiveness e il cost-effectiveness della tera- pia con CSII rispetto a MDI: il documento, alla luce della tota- lità delle evidenze, utilizzando anche studi osservazionali a supplemento dei dati limitati provenienti dagli studi rando- mizzati controllati, conclude dicendo che il CSII fornisce alcuni vantaggi rispetto a MDI nei bambini e negli adulti. Nel capitolo relativo all’uso del CSII in gravidanza il documento riporta le seguenti conclusioni: “in donne con diabete di tipo 1 in gravidanza, la terapia con CSII raggiunge un controllo glicemico sovrapponibile rispetto alla terapia in MDI. Gli out- come materni e fetali sono simili e sovrapponibili tra i due trattamenti”

(39)

.

Analizziamo gli studi condotti in donne in gravidanza in tera- anche l’incidenza di ipoglicemia grave era valutata solo in

4 studi con distribuzione eterogenea sebbene uno eviden- ziasse un’incidenza significativamente maggiore nel gruppo trattato con NPH

(34)

.

In relazione poi agli outcome materno-fetali l’incidenza di preeclampsia era stata valutata in tutti gli 8 studi con variabili relative anche alla tipologia di diabete; uno studio mostrava una maggiore incidenza nel gruppo con diabete pregestazio- nale trattato con NPH, mentre nel GDM si evidenziava una maggiore incidenza di ipertensione gestazionale

(34)

. Per gli outcome neonatali quali il distress respiratorio (respiratory distress syndrome, RDS), l’iperbilirubinemia, il ricovero dei neonati presso l’unità di terapia intensiva neonatale (UTIN) e le malformazioni congenite, l’odds ratio (OR) non evidenzia- va differenze significative nei 2 gruppi sebbene in uno studio venisse riportato un numero maggiore di neonati ricoverati in UTIN e con malformazioni congenite nel gruppo le cui madri erano state trattate con NPH

(34)

.

Nel 2012 è stato pubblicato uno studio prospettico multicen- trico e randomizzato detemir vs NPH

(35)

. Lo studio è stato condotto in 310 gestanti con diabete di tipo 1 con HbA

1c

al concepimento < 8% di cui una parte randomizzata prima del concepimento (48%) e un’altra entro le prime settimane (52%). L’endpoint principale era l’HbA

1c

a 36 settimane e quelli secondari di efficacia valutavano l’andamento dell’HbA

1c

durante la gravidanza, il numero di soggetti con HbA

1c

≤ 6% a 24 e 36 settimane, la glicemia basale e i profili a 8 punti determinati al primo trimestre e a 14, 24 e 36 settimane. I dati di sicurezza per le gestanti includevano l’incidenza di ipoglicemia, l’eventuale progressione delle complicanze croniche, la tipologia di parto, la determinazio- ne di anticorpi specifici per detemir e aspart e cross-reacting e ogni eventuale evento av verso. I risultati ottenuti evidenzia- no che l’obiettivo HbA

1c

≤ 6% a 24 e 36 settimane era otte- nuto nel 41% delle gestanti trattate con detemir vs il 32% di quelle trattate con NPH e questa differenza era maggiore nel gruppo randomizzato prima della gravidanza. Inoltre, la fre- quenza di ipoglicemie era inferiore con detemir anche se il dato non raggiunge la significatività statistica. Sempre rima- nendo nell’ambito delle valutazioni retrospettive, nel 2012 è stato pubblicato uno studio di confronto fra 67 gravidanze trattate con glargine e 47 trattate con detemir dal periodo preconcezionale

(36)

. Le caratteristiche cliniche basali così come gli outcome materni, fetali e neonatali sono stati sovrapponibili con un’incidenza di ipoglicemia severa del 23% in entrambi i trattamenti e di malformazioni maggiori inferiori al 2% in entrambi i gruppi.

Lispro-protamina

Un recente studio retrospettivo

(37)

è stato condotto allo

scopo di confrontare l’outcome gravidico e fetale in donne

con diabete di tipo 2 o GDM, in cui l’insulina lispro-protamina

o l’NPH è stata aggiunta alla terapia medica nutrizionale e/o

all’insulina rapida in bolo. L’outcome nelle donne di entram-

bi i gruppi è stato sovrapponibile, a eccezione del fabbiso-

(6)

Un analogo recente studio

(44)

ha valutato gli outcome materno- fetali e il controllo glicemico in donne gravide affette da dia- bete di tipo 1 in terapia con CSII (n = 15) o MDI (n = 20).

I risultati dimostrano che la riduzione dei livelli di HbA

1c

era maggiore nel gruppo trattato con CSII rispetto al gruppo in MDI. I risultati mostravano inoltre che la presenza di aborto, il parto pretermine, il parto cesareo e l’ipoglicemia erano meno frequenti nelle donne trattate con CSII. Lo studio dimostrava inoltre che i nati da donne in terapia con CSII avevano un indice di Apgar significativamente migliore. Le pazienti trattate con CSII necessitavano di una dose minore di insulina

(44)

.

Sebbene gli studi pubblicati apparentemente dimostrino che la terapia con CSII non è superiore al MDI nel diabete pre - esistente alla gravidanza, numerosi studi portano ulteriori risultati confortanti: in donne con diabete di tipo 1 pregravi- dico in trattamento con CSII le ipoglicemie sono meno fre- quenti, la stabilizzazione del controllo glicemico si ottiene con maggiore facilità e soprattutto non si evidenziano gli out- come potenzialmente avversi legati a una classe White più elevata.

Gabbe et al.

(45)

hanno valutato i benefici, i rischi, i costi e la soddisfazione delle pazienti associata alla terapia con CSII.

Sebbene non vi fosse alcuna differenza durante la gravidan- za, gli autori hanno dimostrato che, nel periodo successivo al parto, il gruppo in terapia con CSII aveva mantenuto un migliore controllo glicemico. Altro dato importante di questo studio è stato il riscontro nelle gestanti che iniziavano la tera- pia con CSII durante la gravidanza, non vi era un peggiora- mento del controllo glicemico e i costi di assistenza materna- perinatale e gli outcome di salute erano sovrapponibili. Lo studio dimostra inoltre che le donne che avevano iniziato la terapia con CSII in gravidanza avevano un’alta probabilità di continuarne l’uso dopo il parto preferendo lo stile di vita fles- sibile che questo trattamento consentiva

(45)

.

È stato inoltre dimostrato che le donne che applicano il CSII per pianificare la gravidanza o in corso di gravidanza manten- gono la terapia e presentano un controllo metabolico miglio- re negli anni successivi all’espletamento del parto avvantag- giandosi, quindi, anche per la pianificazione di un’eventuale successiva gravidanza

(46)

. Questo, come ben ci insegnano gli studi e la pratica clinica, probabilmente è da attribuirsi al fatto che la gravidanza è un’occasione per revisionare comporta- menti precedentemente non corretti e, per la donna (e per il team di cura), lo stato di gravidanza costituisce di per sé la

“motivazione” per antonomasia a fare il massimo.

Limiti dell’uso del microinfusore di insulina in gravidanza

La terapia con CSII deve tenere conto delle difficoltà e degli oneri complessivi di CSII a fronte di successi metabolici non sempre straordinari. La terapia con CSII deve essere cost- effective e la presenza delle indicazioni cliniche unita all’ac- curata selezione delle pazienti vanno attentamente valutate.

Il CSII non è adatto a tutte le donne, e ci sono diversi svan- pia con CSII volti al confronto con la terapia in MDI rispetto

agli outcome materni e fetali.

Nel 2003 è stato pubblicato uno studio italiano condotto allo scopo di valutare l’esito della gravidanza in 93 donne con diabete di tipo 1 trattate con CSII (n = 25) e confrontate con terapia insulinica intensiva (n = 68). Nello studio la scelta della terapia da utilizzare era dettata esclusivamente dall’ot- tenimento del controllo metabolico soddisfacente sia nella programmazione della gravidanza sia durante il primo trime- stre. Tra le pazienti trattate con CSII, 20 erano passate a CSII, al fine di migliorare il controllo metabolico, un anno prima della gravidanza. Solo 5 pazienti avevano iniziato la terapia con CSII in corso di gravidanza. Lo studio dimostra- va che nelle pazienti con classe White più alta e con glicemia più instabile, utilizzando il CSII, si riusciva a raggiungere un controllo glicemico ottimale con risultati sovrapponibili a quelli ottenuti in donne appartenenti a una classe di White più bassa e valori glicemici più stabili. Gli autori concludeva- no che il CSII può essere considerato uno strumento utile da sfruttare maggiormente in casi problematici e complicati di donne che desiderano una gravidanza

(40)

.

In un recente studio spagnolo

(41)

gli autori confrontavano la terapia con CSII alla MDI in 351 donne in gravidanza affette da diabete mellito di tipo 1. Le donne arruolate effettuavano lo stesso regime di terapia insulinica che in epoca pregravi- dica. I regimi insulinici utilizzati nello studio erano: 1) NPH più insulina regolare (n = 196), 2) NPH più insulina lispro (n = 16), 3) CSII con insulina regolare (n = 44), 4) CSII con insulina lispro (n = 59). Sono stati valutati il controllo glicemico duran- te la gravidanza e gli outcome materno-fetali. Lo studio ha dimostrato che l’utilizzo dell’insulina lispro era associato a una minore incidenza di coma ipoglicemico, indipendente- mente dal metodo di somministrazione utilizzato. L’utilizzo del CSII, indipendentemente dal tipo di insulina utilizzata, era associato con un minor rischio di nati piccoli per età gesta- zionale.

Recentemente è stato pubblicato uno studio multicentrico retrospettivo

(42)

che ha incluso un totale di 144 donne in gra- vidanza con diabete di tipo 1 di cui 100 usavano CSII e 44 erano in terapia con MDI con analoghi rapidi per l’insulina (lispro o aspart) e glargine. Le caratteristiche dei due gruppi erano simili, a eccezione delle donne in CSII che avevano una durata più lunga di malattia e appartenevano a una clas- se di White più alta. Entrambi i gruppi hanno avuto un au - mento di peso simile e un esito materno-fetale sovrapponi- bile. Durante la gravidanza, in entrambi i gruppi era evidente un migliore controllo metabolico, ma il gruppo in CSII aveva ottenuto il risultato più velocemente. Lo studio mostrava che il fabbisogno insulinico durante la gravidanza espresso in UI/kg era inferiore nel gruppo trattato con CSII e al termine della gravidanza lo stesso gruppo presentava un’HbA

1c

inferio- re rispetto alle pazienti in MDI (6,2% ± 0,7% vs 6,5% ± 0,8%, p = 0,02)

(42)

.

Un recente studio

(43)

dimostra che, in donne affette da diabe-

te di tipo 1 pregravidico, la terapia con CSII (n = 64) rispetto

alla MDI (n = 64) era associata a un ridotto numero di ipogli-

cemie e a un fabbisogno insulinico minore. Non vi erano

invece differenze significative negli outcome perinatali.

(7)

nica rispetto alle modifiche della dieta e dell’attività fisica.

A causa della forte associazione tra controllo glicemico materno e outcome materno/fetale, ci sono potenzialmente interessanti benefici clinici e di costo-efficacia nell’utilizzo del CGM, prima e durante la gravidanza diabetica.

È stato messo in evidenza che la variabilità glicemica e i pic- chi iperglicemici si associavano ad anomalie congenite e neonati grandi per l’età gestazionale, nonostante livelli appa- rentemente normali di HbA

1c

. Petrovski et al.

(47)

hanno valu- tato gli outcome ostetrici e neonatali così come il controllo metabolico durante la gravidanza in una popolazione di 25 gestanti affette da diabete di tipo 1 in terapia insulinica con CSII, associata al CGM effettuato in maniera costante o intermittente. Nello studio la terapia con CSII e il CGM erano intrapresi almeno tre mesi prima del concepimento. Lo stu- dio dimostra che la terapia con CSII insieme al CGM, effet- tuato in maniera sia costante sia intermittente, può migliora- re il controllo glicemico e l’outcome della gravidanza; lo stu- dio sottolinea inoltre che il controllo metabolico ottenuto nel periodo del concepimento risulta essere un fattore rilevante per l’outcome gravidico.

Le analisi dei dati di uno studio prospettico randomizzato di intervento con CGM documentavano differenze nei livelli di controllo glicemico raggiunto nelle donne in gravidanza con diabete di tipo 1 e di tipo 2

(16)

. Sono stati confrontati i profili glicemici di 7 giorni, presi a intervalli di 4-6 settimane, da ini- zio a fine gravidanza in 57 donne con diabete pregravidico (40 di tipo 1, 17 di tipo 2), e sono state esaminate le varia- zioni longitudinali e le escursioni glicemiche durante la gravi- danza. Questi dati hanno confermato che le donne con dia- bete di tipo 2 trascorrono circa il 33% in meno di tempo in iperglicemia durante tutta la gravidanza (p < 0,005) e il 33%

di tempo in meno in ipoglicemia (p < 0,04).

Questi dati sul CGM hanno anche evidenziato il divario tra lo stretto controllo glicemico raccomandato durante la gravi- danza e ciò che è effettivamente conseguito in contesti clini- ci reali, con minimi miglioramenti durante la gravidanza no - nostante l’intensivo supporto prenatale multidisciplinare.

Durante il primo trimestre di gravidanza, le donne con diabe- te di tipo 1 hanno trascorso il 46% del tempo in euglicemia raggiungendo il 56% nel terzo trimestre.

Un successivo studio randomizzato controllato ha valutato in 71 donne l’efficacia del CGM retrospettivo (n = 46 con dia- bete di tipo 1, n = 25 con diabete di tipo 2) sul controllo gli- cemico materno, sul peso alla nascita e il rischio di macro- somia. Le donne sono state suddivise in due gruppi e asse- gnate alle cure standard prenatali con o senza CGM supple- mentare. Il CGM è stato effettuato a intervalli di 4-6 settima- ne e utilizzato come strumento educativo. L’outcome prima- rio valutato con l’HbA

1c

era migliore nelle donne che aveva- no utilizzato il CGM. I neonati di madri sottoposte a CGM avevano inoltre un peso alla nascita inferiore e un ridotto rischio di macrosomia

(48)

.

Un recentissimo trial randomizzato ha valutato l’uso intermit- tente del CGM real-time (CGM-RT) associato all’autocontrol- lo tradizionale in un gruppo di gravide con diabete di tipo 1.

Lo studio ha dimostrato che nella popolazione esaminata il CGM-RT non migliorava il controllo glicemico né gli outcome taggi da considerare. Non si dovrebbe intraprendere la tera-

pia con CSII durante il primo trimestre di gravidanza a causa dei rischi collegati anche al rischio di maggiore instabilità gli- cemica secondaria alla non conoscenza della terapia.

L’ideale sarebbe iniziare la terapia con CSII prima del conce- pimento. Solo in casi particolari la terapia con CSII può esse- re iniziata in corso di gravidanza, ma rigorosamente a orga- nogenesi avvenuta. Altri svantaggi della terapia con il CSII in corso di gravidanza includono ogni tipo di errore da parte della paziente o di malfunzionamento dell’apparecchio che può condurre a una sospensione del rilascio di insulina e causare una severa iperglicemia e/o chetoacidosi diabetica con gravissimi rischi per la madre e per il feto. Inoltre la tera- pia con CSII potrebbe essere troppo complessa o con costi proibitivi in alcune realtà. Pertanto, tenendo presente l’obiettivo “gravidanza”, le pazienti e il team curante dovran- no valutare attentamente i benefici e i rischi del CSII e sce- gliere comunque la modalità di somministrazione di insulina più adatta al raggiungimento degli obiettivi.

CSII e CGM

Le già ricordate limitazioni dell’HbA

1c

in corso di gravidanza e la necessità di avere uno strumento in grado di rilevare le glicemie, le fluttuazioni glicemiche e il loro andamento in que- sto particolare periodo, ci inducono a un’attenzione partico- lare al profilo glicemico quotidiano e all’automonitoraggio effettuato dalla paziente. In questo scenario il CGM può offri- re innegabili vantaggi.

Il sistema di CGM rileva i livelli di glucosio nei tessuti sottocu- tanei continuativamente nell’arco delle 24 ore, fornendo un valore medio di glucosio interstiziale. Il CGM è una tecnologia innovativa che fornisce informazioni senza precedenti su ampiezza, frequenza e durata delle escursioni glicemiche.

Attualmente sono disponibili due sistemi di monitoraggio,

il sistema retrospettivo e il sistema real time. I risultati dei

sistemi CGM retrospettivi possono essere scaricati solo dopo

il completamento di diversi giorni di monitoraggio e vengono

utilizzati per guidare il processo decisionale clinico. D’altra

parte i sistemi di monitoraggio in tempo reale permettono la

visualizzazione continua dei valori di glucosio e hanno funzio-

ni di allarme che possono essere utilizzate per avvisare

l’utente di una iperglicemia o una ipoglicemia corrente e/o

imminente. I limiti della tecnologia CGM sono il costo, la

necessità di calibrare e confermare i valori di iper- e/o ipogli-

cemia utilizzando la tradizionale determinazione capillare, il

tempo di ritardo (il CGM misura i livelli di glucosio nel liquido

interstiziale, che di solito è in ritardo rispetto ai valori di gluco-

sio nel sangue di circa 5-10 minuti), la possibilità di ecchimo-

si, sanguinamento o irritazione della pelle nel sito di posizio-

namento del sensore, l’inconveniente di dover indossare un

dispositivo supplementare, così come il potenziale aumento

di ansia. Tuttavia diversi sono i potenziali benefici. È stato

dimostrato che il CGM può essere un utilissimo strumento

educativo in grado di rendere consapevoli le gestanti affette

da diabete e guidarle nell’aggiustamento della terapia insuli -

(8)

se indicazioni di lispro possono essere estese anche alla lispro protaminata. Per quanto concerne glargine, conside- rando che non sono stati condotti studi prospettici, sebbene la percentuale di malformazioni nello studio più recente di confronto retrospettivo vs detemir sia inferiore al 3%, l’indicazione in scheda tecnica è Cat. C: quindi l’uso in gra- vidanza non è ancora “consigliato” ma può essere conside- rato in relazione al controllo clinico della gestante.

In conclusione quindi l’uso degli analoghi dell’insulina dovrebbe essere favorito quanto più precocemente nel counseling preconcezionale per ottenere una migliore stabi- lizzazione del controllo glicemico per il raggiungimento dei target glicemici ottimizzati, in quanto a oggi l’unico fattore noto e incontrovertibile responsabile di outcome avversi è lo scompenso glicemico.

Nonostante la scarsità di studi clinici in gravidanza, il CSII rimane tuttora, per alcuni esperti, la prima scelta nel tratta- mento del diabete di tipo 1 e la terapia con CSII è ritenuta dagli stessi un importante strumento per la gestione della gravidanza nelle gestanti con diabete mellito di tipo 1.

Sebbene gli studi pubblicati apparentemente dimostrino che la terapia con CSII non è superiore al MDI nel diabete pre - esistente alla gravidanza, numerosi studi dimostrano che in donne con diabete di tipo 1 pregravidico in trattamento con CSII le ipoglicemie sono meno frequenti, la stabilizzazione del controllo glicemico si ottiene con maggiore facilità e soprattutto non si evidenziano gli outcome potenzialmente avversi legati a una classe White più elevata. La terapia con CSII deve comunque tenere conto delle difficoltà e degli oneri complessivi di CSII, delle caratteristiche del team di cura nonché delle indicazioni alla terapia e della selezione delle pazienti.

Conflitto di interessi

Nessuno.

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materno-fetali rispetto all’automonitoraggio glicemico inten- sivo tradizionale. Gli autori tuttavia non escludono che il CGM-RT possa essere uno strumento efficace in donne gra- vide altamente selezionate

(49)

.

Ovviamente grande attenzione è rivolta all’uso dei sistemi integrati CSII-CGM anche e soprattutto nella prospettiva della “chiusura dell’ansa”: gli studi condotti a oggi mostrano dati incoraggianti con il sistema ad ansa chiusa nelle donne affette da diabete pregestazionale.

Diabete gestazionale

Per quanto concerne il GDM, esiste come per il diabete pregestazionale la necessità di un ottimale controllo meta- bolico. Lo storico studio di de Veciana et al. dimostra che nel GDM l’aggiustamento della terapia insulinica sulla base del controllo glicemico postprandiale rispetto al valore prepran- diale, migliora il controllo glicemico e il rischio di ipoglicemia neonatale, macrosomia e parto cesareo

(8)

.

Sebbene siano stati pubblicati dati relativi all’uso sia di sulfo- niluree sia di metformina nel GDM

(50,51)

, l’uso di tali farmaci non è raccomandato sia per il rischio teratogeno legato al passaggio transplacentare sia per l’impossibilità di ottenere l’auspicata stabilizzazione della glicemia postprandiale.

Pertanto, anche nel GDM l’indicazione attuale è quella di uti- lizzare gli analoghi dell’insulina ove non vengano raggiunti gli obiettivi di trattamento con la terapia nutrizionale associata se e ove possibile ad attività fisica.

Conclusioni

Ancora oggi, nonostante abbiamo la possibilità di utilizzare

insuline con profili di azione più fisiologici e che permettono

di avere una maggiore flessibilità terapeutica, gli obiettivi

della Dichiarazione di Saint Vincent per la gravidanza non

sono stati pienamente raggiunti. Un limite importante su cui

è necessario continuare a tenere accesa l’attenzione è il

counseling preconcezionale che deve essere considerato

come parte integrante della strategia terapeutica a partire

dall’inizio dell’età fertile, infatti diversamente i risultati che

andremo a valutare saranno sempre gravati da un controllo

glicemico al concepimento non ottimizzato. I trial prospettici

condotti in gravidanza con gli analoghi dell’insulina sono stati

quelli con aspart e detemir e hanno mostrato che la terapia

con analoghi nel periodo preconcezionale riduce il rischio di

ipoglicemia notturna e migliora i profili glicemici; sebbene gli

studi non abbiano mostrato una superiorità rispetto all’insu-

lina umana, la popolazione arruolata dal preconcepimento

ha avuto outcome migliori. Le metanalisi pubblicate sia su

insulina lispro sia su glargine non hanno evidenziato un peg-

gioramento delle malformazioni fetali rispetto ai dati ottenuti

con l’insulina umana. Alla luce di tali dati quindi anche le indi-

cazioni in scheda tecnica sono state aggiornate e lispro,

aspart e detemir vengono classificati come Cat. B, pertanto

il loro uso può essere raccomandato in gravidanza. Le stes-

(9)

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