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OGGETTO: Pratica num. 10/XX/2021

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Academic year: 2022

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OGGETTO: Pratica num. 10/XX/2021 Nota con la quale il dott. XXX, chiede di essere autorizzato a richiedere la partita IVA per poter continuare la coltivazione di un fondo di 13 ettari relativo ad una azienda agricola lasciatagli in eredità dal padre.

(delibera 14 aprile 2021)

Il Consiglio

- letto il quesito formulato dal XXX, il quale ha chiesto “di essere autorizzato a richiedere la partita Iva per poter continuare la coltivazione del fondo”, relativo ad un'azienda agricola di famiglia, della quale era titolare il padre;

- considerato che, a tal proposito, il dott. XXX ha dedotto che: i terreni oggetto dell'azienda agricola di famiglia si estendono per circa 18 ettari e sono ubicati nel territorio dei Comuni di XXX; sono ora in corso le pratiche successorie e, in proposito, egli e la sorella avrebbero concordato che la nuda proprietà della terra e dei fabbricati rurali resti ai nipoti mentre egli “resti come semplice usufruttuario”; l'azienda agricola si dedica alla “coltivazione di cereali (frumento, orzo, mais) senza allevamento di animali”; i ricavi annui dell'azienda agricola sono di circa “14/17 mila euro … con margini di guadagno assai ridotti se non nulli”; si tratterebbe quindi di un fondo che coltiverebbe

“essenzialmente a cereali attraverso conto terzisti e conferendo poi i cereali ad una cooperativa locale per lo stoccaggio e la vendita”, con un “volume d'affari che non supera i ventimila euro … senza alcun guadagno significativo”; la vicenda è diversa dal parere reso dal Consiglio in data 2 maggio 2007 perché in quel caso c'era una “gestione di tipo imprenditoriale” qui non sussistente;

“non si tratterebbe di esercitare industrie o commerci come prevede l'art. 16 dell'Ordinamento giudiziario (…) ma una mera attività contadina senza alcun guadagno significativo, attività che non interferisce in alcun modo nella mia attività lavorativa…”;

- rilevato che l'art. 16 del regio decreto n. 12/1941, norma tuttora vigente, fa divieto assoluto ai magistrati ordinari di esercitare industrie e commerci né qualsiasi libera professione;

- considerato che dai costanti precedenti consiliari rinvenuti sul tema (sentenza disciplinare del C.S.M. del 13 marzo 1969, risoluzione consiliare del 22 aprile 1970, risoluzione consiliare del 23 giugno 1976, delibera consiliare del 15 giugno 2005, sentenza disciplinare del C.S.M. del 15 luglio 2005, delibera consiliare del 25 gennaio 2017, delibera consiliare del 25 luglio 2018, delibera consiliare del 30 aprile 2019) emerge la compatibilità in astratto della posizione di socio di una società di capitali con la qualità di magistrato, ferma ogni verifica sulla compatibilità in concreto dell'attività esercitata e delle forme adottate con le condizioni di credibilità e prestigio e con l'immagine di correttezza ed indipendenza richieste per l'espletamento della funzione giudiziaria;

- che, però, dagli stessi precedenti emerge l'incompatibilità con la qualità di magistrato dell'esercizio in proprio di un'attività imprenditoriale, sia essa esercitata come titolare di un'impresa individuale sia come legale rappresentante di una società sia come socio con poteri di amministrazione disgiunta (art. 2257 c.c.);

- che pari divieto riguarda lo svolgimento di attività gestoria, anche di mero fatto;

- considerato in proposito che è irrilevante quali siano i ricavi, il fatturato e gli utili dell'attività d'impresa svolta, la quale è in radice esclusa per un magistrato;

- considerato infine che nel precedente del 2 maggio 2007 (pratica 24/XX/2004), citato dal dott.

Sabbadini, non si afferma che il magistrato in quel caso interessato non poteva svolgere la conduzione di un'impresa agricola soltanto in ragione delle dimensioni della stessa;

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- che, invece nella delibera si afferma, più in generale, che con la norma di cui all'art. 1 del d.lgs. n.

99/2004 “non si è abrogato il dettato di cui all'art. 2135 c.c., in quanto il legislatore del 2004, nel dettare i requisiti per acquisire la qualifica di imprenditore agricolo professionale, si è riferito alla sola normativa di incentivazione proveniente dallo Stato, per cui oggi si individuano due categorie di imprenditori agricoli, una prima, per la quale la professionalità si determina per legge ed una seconda, per la quale la professionalità si valuta secondo i criteri tradizionali”;

- che nel prosieguo della delibera si afferma poi che il divieto di cui all'art. 16 del regio decreto n.

12/1941 “va esteso a qualsiasi attività imprenditoriale e quindi a qualsiasi attività che si sostanzi nell'esercizio e nella gestione di un'attività economica organizzata al fine di trarne profitto”;

- considerato in concreto che il dott. XXX chiede di essere autorizzato a richiedere una partita i.v.a., rappresentando che svolgerà attività agricola non già (o non già soltanto) per l'autoproduzione e il consumo familiare (come accade a chi sia titolare di un orto) ma nell'ambito di un'attività professionale, così come emerge dal richiamo alle fatture, alla partita i.v.a, ai ricavi ed agli utili;

- ritenuto che a tale richiesta non possa che darsi risposta negativa, per le ragioni indicate in premessa;

- che il divieto si estende allo svolgimento di attività gestoria, in qualunque forma esercitata:

Pertanto,

delibera

di rispondere al quesito affermando che non è consentito essere titolare di una partita i.v.a o, comunque, di svolgere attività di gestione dell'azienda agricola già appartenente al padre."

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