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BIBLIOTECA SEZIONE LUCANA. aivioniaohd. p -j. l-l: P 1

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1

I

BIBLIOTECA

aiVIONIAOHd

p|-j ||

l-l:

1

P1

' .f

1

V.

SEZIONE

LUCANA

(2)
(3)

RAFFAELE DANZI

Poesie scelte m «

• dialetto Potentino

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V Dl POTENZA^

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TIFIGARKAHONCCMflRCt1C5ICLLO 1912 a» a> a» s>s> a>a>

(4)
(5)

ANZI

Faggio

1891

(6)
(7)

||

RHGATO

dal Sig.GiuseppeCorrado, nipote (§diRaffaeleDanzi,hoordinato e corretto I*alcune delle poesiedialettali di lui, lequali ebbero granvogaa Potenza, tanto chenonèdifficile imbattersi,dopoquaranta anni,inpersone chele ricordino quasitutteamemoria.La maggiorparte diesse furaccoltan,el70in un volumettoedito conitipiSantanello:pochealtresonoposteriori eviderolalucesufogliettivolanti.

Di tutte hocreduto,con l’autorizzazione del Corrado,difareunacernita:alcune, specie quelle degliultimianni,quandol’etàavevainariditala venaedil bisognoturbatol’umoredelDanzi, nonmi sono parse meritevolidiristampa.

Naturalmente quelle presceltemisonosembrate lemigliori.Nonsitrattadi alatelirichecivilio diimpetuosi cantidigloria;dipensieri profondi odiargute satireditempiedicostumi.11Danzi non può nemmenolontanamente essere paragonato ainostrigrandi poetidialettali:alMeli,alBelli, alPorta,enemmenoaimoderni:alRusso,alPa- scarella,a Trilussa.

Altra ala battonoisommidelpassato,ed altra educazioneartistica,altrafinezzadi gustoedi sentimentohannoiviventi!

(8)

4

11povera decoratoredisanti potentinoeraun uomosemplice, di pochi studi:eradotatoperòdi unacutospiritodiosservazione ediunacertavi- vacitànaturalediingegno.Isuoiversisonola epressione schietta dello statodell’animosuo,che èquellodiunPotentino del sessanta,dipocacul- tura,che ragioni conisuoiamici deigrandiav- venimentideltempo.

Lasua mentalità èunpò quelladelcontadino, dicuiusaleparole,

ma

appuntoperquestosiri- flettenellesue poesielasinceritàefinanchel’in- genuitàdichinonconoscelefinzionieifalsien- tusiasminell'arteenellapolitica.

Unarapidascorsadeliepoesiecheseguonoce ne convincerà subito eserviràanche arenderle piùaccessibiliachinonconosceildialettopoten- tinochenonècertoilpiùsoave,ilpiùmorbido deidialettiitalici,(t)

MalgradociòilDanzi riescequasi sempre a scriveredeiversiche,vintaladifficoltàdella pro- nunzia,apparirannofacilie scorrevoli,e qualche volta dotatidiunabellaefficacia.

Rumaniette mpo’ ncantare Asentìtantarumore: po vertettetreculore elusanghem’aggiardà.

Cosi,senzaunaggettivo,conpoche parole,ci

(i)Aquesto propositobisognafareunaosservazioneim- portante.Moltissime parole del dialetto potentinoterminano con unaelaquale è assolutamente paragonabile alla emuta ose- mimutadeiFrancesi.Nel nostro dialetto èpiùfrequentemente semimutache muta, in quanto nella pronunziadimolte paroleun suonospeciale,cheinitalianonon ha l’equivalente, èadessa dovuto.Orainunbuonnumerodicasiquesta enoncostituisce sillabaconlaconsonante chelaprecede.Chi non tenesse conto diquesta avvertenza troverebbe nellepoesie del Danziun gran numerodiversi sbagliati.

(9)

5

raccontadelgelocheglicorsenellevenequando vide,perlaprimavolta,nelgennaiodel 48,il tricoloreinmezzoalla folla,in istrada.Nella stessa poesia,che èfralepiùbeile,riproducelagioiadei Potentiniperlacostituzione chedovevaavere vita cosìcorta.

Nellasua ingenuitàilDanzicercadiscusareil Re, trattoininganno daimaliconsultori e consiglia aigiovaniper1’avvenire ognirisolutezza,a costo dellavita.

DopododicianniilDanziritrovalasuavena che,forse,lareazioneborbonicagliavevafatta inaridire:festeggia ilsessanta,

ma

conquanta paura,conquante riserve:

Siso spine noiiiscansamme Siso rosehannedaiurì.

E dopo uncurioso epitalamio(lafestanazio- nale)in cuicelebralenozze dellavagnarda

(1Ita- lia)cu lu zito (VittorioEmanuele)segueungrup- podipoesie,scrittefrail61edil66,nellequali ilDanzisifaecodeldisagiogeneralenegli anni immediatamentesuccessiviallarivoluzione.

Troppesperanzesieranofattebalenareetrop- po profondo era statoilmutamento,oltrechenel- lapolitica,nell’economia, neicostumi,nelleabi- tudinidellavita.

Lareazione borbonicaèargomentodiduepoesie:

unasullamortediBoryes del 61, eunadel 63, indirizzataallaCommissioneParlamentarevenuta aPotenza a studiareimezziperdebellareilbri- gantaggio.Inquesta sostiene cheibriganti. 3

Sì,gneso:maso oneste a cunfronte dequedditali ca pefaliiibberali solopensanod’arrubbà.

(10)

6

Questanotadiantiparlamentarismoricorrespesso neiversidiRaffaeleDanzi.

Dello stessoannoèlaMescapesca,incuièri- levatoildissidiofrapaisaniefrastieriche aPo- tenza ebbe qualche episodio violento.

Le duepoesiescrittenel65 hannoperargo- mentoilmalcontento generale perletristicondi- zionieconomicheeperilritardo nel risolverela quistioneromana.

Arrevassemeaddòhammaesse alumenosempennerrìa!

esclamailDanzi:lestrettezze,isacrifiziisisop- porterebbero allegramente.

Ma

a chi darelacolpa seessaènostra?

ChenevulummedaluRegnante Casevere stumale cuntente, Silicorse alucummente NoistesseI’hamme mannà?

*• Intantolagente emigraamorre amorre, ed ilciucciodiSciarrillsilamenta cheilpadronenon abbiamantenutolepromesseelocostringa a par- tireperl’America'66).

Giiavvenimentidel66edel67nonebbero eco nellapoesiadiRaffaeleDanzi. Forseunaccenno diquegli anninonlietisitrova nelprimo sonetto all’Italia(senzadata)pienodiaffettoperlapo- vera

mamma

nosta sfurtunara.Inveceilriscatto di

Roma

è l’argomentodibendiecidelleventi

-

quattropoesie pubblicate.

Era l’ossessionedituttiinquei tempi,ilsogno sospiratoda tanti anni.

IlDanzi ha,sulleprime,l’illusionedipoter convincerePioIX a rinunziareal poteretempo- raleedinChivoteva e chi nati votemannadice:

(11)

7

Ieddelarazzian’hada fa:

Èlarrogna eh’aveattorno Ca Phafattempo'ntustà.

Ma

benprestosiconvince che èinutilesperare:

a

Roma

sivendonoleindulgenze a stuppiedde esi bandiscelaCrociata controlaPatria.

Eppure(secondo ilDanzi)Gesù Cristol’ha dettochiaramente:

AluPapaogni respetto AfaluRe nulupurmette

Ma

iiPapafailreecondannaamorte:pro- babilmenteilDanzisiriferiscealiacondannadi

^ Monti e Tognettideinovembredel 68,quandodo- mandanelbellissimosonetto a Pio IX:

Quannede morte firme na sentenza LuCristo,braccia averte,lutienenannte? Inquelloseguentecercadimostrargliche non può,nellostessotempo, esserepapaere:

Chi volefalumièreo elunutare Nunfane nu strumento e nè na cura.1 Epoiincalza(Una parolaalpapa):

Nunè Vittorio emancheNapolione Simmenoi cavulemme PItaliauna.

Ilpapainvecerispondevaalleaspirazionilibe- raliconvocandoilConcilioEcumenico dacuiuscì ildogmadell’ infallibilità,ediiDanziloavverte ca lu inorino è struvugliare,edinseguito(Fra ilPoetaelasorte)sostienechelacadutadiNa- poleoneIIIequelladelpoteretemporalesonoef- fettodeidogma.

Occupata

Roma

consiglia(IlRiscatto di

Roma

) digridarepoco edistarebeneattentichelagrande conquistanoncisiatolta.

Lustrisseècomed’acquaint’alucrive Ca,quannevaipe beve,restangannare

(12)

8

Edinseguito:

Savire ca è stanucontrattempe Ca hafatteladupafemmena ncappà;

Lumascole crerìre canustaseir.pe Attentolacumpagnaa rescattà?

Nell’AvvocatoinParadiso, curioso racconto fan- tasticoinquartinediavvenimenti avvenutiin cielo, iquali,per contraccolpo, avrebbero determinatoin terralacaduta del potere temporale,il Danziri- tornaal suoargomentopreferito,trattandoloin formascherzosa.SanPietro è vittimadiunintrigo percuidevelasciareilsuopostodiportinaioce- leste:egliprotestaviolentemente

ma

Gesùè ine- sorabileconlui:

Mopurecu milicchiacchierevuo venne? Luvirecalamatassa s'è mbruglià?

O

pigliatilibértelee vattenne O,Pietromio,nun aggiochetefa.

Ma

Pietrononvuol sentir parlarediandarvia ed,insegnodiprotesta,decide:

Dretelaportamettenatraversa Edigge ca m’hanneposte carcerato.

CosìilDanzispiegalaprigionia deiPapidopo

il70!.

Delle poesie cheseguonosonograziosequella perleelezionipolitichedel1882,chehaunan- damentoscorrevole espigliato,edilMattutino,un dialogofraduefidanzati,unaspeciedicanzonea dispietto,nellavestediunsonetto conlacoda.

Quella del79,scrittadopoilritornodaunlungo viaggioinSiciliaeinTunisia, rinnovaladolorosa costatazione della miseria generale.

Come

risultadaquestabreverassegna,quasi tuttiigrandiavvenimentipoliticisvoltisidal48

(13)

bi!

all’82,cioèdallaprima auroradi libertàaliari- formaelettorale,trovano neiversidelDanziun brevecommento.Le sue parolesifanno affettuose ereverentiquandoparladell’ItaliaediRoma;sono aspre controipoliticantiche peripropritrascu- ranogliinteressinazionali,sonodolentiedamare quando deveconstatareletristicondizioniecono- michedellenostre regioni.

Qualechesiailvaloreartisticodiquestepoe- sie,che pure,amio giudizio,nonèscarso

;esse

S& riproducono conefficaciaed esattezzalostato dello

,spiritopubblico aPotenza nei primi tempidell’u->

>nità,e,comedocumentodicronacaeditenue psicologiapaesana,nonmeritavanodiandareper-

dute.

Gliesemplaridellaprimaedizionesonodiven-

É

tatirarissimi:hoperciò incoraggiatoilCorradonel propositodiripubblicareiversidisuononno, il qualese,comescrisseeglistesso,nontrovòmai nudiàveleca discebangiorno a nucruggejisse, edovette perciò starsene cu lapacesova a chian- gerse/assorta,haavutodaluiquestopostumo tributodimemoreaffetto.

Potenza,marzoigr2.

Doti.MicheleMarino

m

(14)
(15)

i.

'

La

costituzione del

1848

(paroledìunvecchio contadinoadei giovani )

Viche giorneprezziose Stu trentuno de

Gennare

(i) Voipo v’arruvurdare

Quanne

sirequant’a mi: Iso vecchio, e m’arrivorda

ialitempruogljo, e n’armunia

Ma

Stùpriesce*,giojamia

Nnu

vepozz’affuurà.

Er’asciùd’appress’alufuoo

Ca

vedette

nu

bellusole.

VireDio,

quanne

vole Purelu

tempe

f’accuncià!

Tanne mpò

m’assullevava

E

sentietten’armunia

Gienne

fascennepe’lavia:

«Viva

sempe

laMaistà.»

Chi

purtavalabannera?

Queddu

Prèvere de Cuzzale,(2)

Pe

lupriesce,

menu

male

Ca

laviagna ugghià.

..

(16)

Rumaniette mpo’ricantare,

A

sentìtanta rumore: Po’veriettetreculore Elusanghe m’aggiardà.(3) Sivuliantennelarmi(4)

Manche

uno

me

responnia, Era tantal’allegria

Non

purìa pappetà. (5)

A

la

donga

appercuriette(

6

)

Ca

lu

Re

staselanfesfl,(7) 1'disdette;« ognipeso

Mo

s’avrìad’abbalcà(8) Tantadazii.ca

paamme

»

E

preggiselacartedda,(9) Volestabono Paccatedda(io)

Ca

savia ammizzià! Noi

eramo

lignurante

Lorodritte

come

aSopa(11)

Eh! mannaggia sempè'Popa

(12) Nuri'vtflemme cchiù parla!»

Me

discè

nu

Saciardote:

«

Va

sturegno

sempe m^oppa, Mo

s’è> vistesagliengroppa

Nu

gn’autte d’augghià.»

Pe

lafama-tìglimiei

Simuriebrfelipoveriedde.. .

Sesoavzàliattariedde

Ne

sstufatte

come và?

Ma

lu

Re

ché nesavia

De

limale cunsultore Ch’eranotutt’traritore

E

vulieneattraplà!

La

Calabriase

mueze La

Siciliafoali

mmane

Libalcone eli

ccampane

_

Pe

cannone

hanne

squaglia!

(17)

Lu Re

dess’aDisciuscedda(13) (Lu Generale chefoze qui)

«Tu’nSiciliaaidagì

E

nonhaidarepetà;»

Quedde

ntestaserattava

Ca

verìanu male mpruoglio;

Nu

gnefozesaleeuoglio...

E

laveccias’abbuschà.

E

lugiornevintisette Licannon’aviampustare S’eraNaple revutare Eu.fraas’avienne dafà.

Vettelu

Re

tantacuragge

Ca

tenialanazione:

«

Mo

duvaresicannone

Ca

lavuogliocuntantà».

Che

sintistivefiglimii Lipprescezz’egiuvariedde!

Po

ncalavanolicappiedde:

Viva,viva

Sua

Maistà,

Queste mò

vesiadiscempia

Sicchiùmpruoglio avess’a esse

A

lirannegiar’appresse E savireve

mena

:

Affilareveliccette,

Nu

ddasciarelicurtiedde,

E

pensare caluvarniedde(14)

Nu

v’aviredafastrazza:

Esimailupeddacchio Vispannessen’alusole Sia salute.

— Mo

gnevole,

Cchiù

v’aviredaprescià.

(18)

Sipoavirelafortuna

Ca

muriretutt’accise

Ne veremme

mparavise,

E mo

giàreveacuvernà.

(1)Lanotizia della Costituzione concessa daReFerdinando giunse a Potenza nella notte dal 30al31gennaio,portata dal postino,che allora veniva da Napoli, a cavallo, una voltala set- timana.Il31fufattaladimostrazionedigioia.

(2)Luprèvere de Cuzzàle erailsacerdote Pasquale Giorgio che procedevainmezzoalla folla portando unritratto diPio IX.

(3)m’aggiardà;misigelò.

(4)ntennelarmi:informarmi.

(5)pappetà:palpitare,respirare.

(6)appercuriette:mi accorsi, quindi compresi da appercuri- re,l’apercevoirfrancese.

(7)staselanteso:era d’accordo(colpopolo)quindiconce- devalacostituzione.

(8)ognepesemos’avriad’abbalcà:sidovrebbediminuire ogni tassa.

(9)lacartedda:latassasuifarinaceichesiesigevanei molini e nei forni.

(10)Paccatedda era un vecchio contadino faceto che sapeva ammizzià, cioè suggerire delle malizie per sfuggireaicarteddari.

(11)Sopa:Esopo che frainostricontadinihaancorafama disapiente.

?

(*»)attrapplà:tender trappole,cioèinganni.

(13)Disciuscedda èilgenelaleDe Souchetcheaccompagnò con 7000 soldatiReFerdinando nel suo viaggioaPotenza,nel settembre del 1846,

(14)vamiedde:corpettodilana,

IL

La

costituzionedel

1860

(,)

È

cumparse

mo

da vere

Queddu

giornoprezzioso;

Durece annis’èstàascoso.

Che

fenèca(2)aviapiglià!

(19)

15

— Ma

non veggio1’allegria,

Cuzzale culabannera:

Ognaruno

:«figneasta sera.

Disce,s’avesseda ntrubbulà.»

SoloSciarocca(3)va stressenne:

«

Dusce

e fuoo petresere!»

Canta

tulumiserere,

Ca

cannónecotepuòfa.

Che mmalora

giaretruvenne

Che

paura

mo

chiùavire? Litornesipiere piere

Mmenz’

alistrare

hamme

da ntuppà

Nun

savirequanta prumesse

Ca

ne fannelisperanziste?

Cose

camaise soviste, Figneliccroccede

cammenà

!(4)

Pureàmmene

latrippa,

E spuntàmmene

libottoni,

Sempe

carnee maccaroni,

Osce

nnante

hamme

damagnà.

Na

nzalatade denaccia,

Na

fretturadepaneasciutto,

spezzare

nu

presutto,

E

frettarade

Genova

;

Doppe

lufèreo (5)abbuttare, Lipolmoninfraggerure.

liteste

mure

mure,

Come

achiovi

hamme

dangrascià.

Cavezare apierepenterra, Ntutt’alanurane vestemme,

Sparagnamm’

e

cumparemme Che

tresoro

hamme

truvà.

Che

crerireca èlupassare,

Ca

fasciemmeligiuovede core?

Eh

!

ma mo

chi

muore muore

! Sololupanene po

manca.

(20)

Va

stressamm’ evviva, evviva, Noinu mort’

accumpagnamme

;

Siso spinenoiliscasamme, Sisorose

hanne

daiurì.

Che

gne

mettemme

delunoste? Noilufuoosoloattezzamme:

Ma

li

mane nu

l’accustamme,

Ne

purriemme mbrustelà.(6) Dàsciafaalicapuzzone,

Ca

setozzonelicappiedde, Prontinoiculimartiedde,

Ca

lacaveràhad’arrevà.(7)

Quann’

ètempo,dàliafra,

E nusciune case scustasse, Pò,formare cas’èlumasse

A

luceddàre

giamm:

acanta,

«

Hevé Cianna

ebeve Rosa,

Ca

luvino èna santa cosa:

Questo

èlu

tempo

desciala,

Bona

vene,sibonava.» Sipo votaluquartoladuna,

Abballalasortaculafortuna.

(1)Questi versi, che nella vecchia edizione nonhannodata, nonsonoriferibiliadun giorno determinato,comeiprecedenti ecomeparrebbe dalleprime strofe.;RiproduconoIostatod’animo delDanzi(edichisaquantialtri)mistodisperanza ediscet- ticismo,nè del tutto liberodipreoccupazioni, nelperiodosuc- cessivoaiprimientusiasmi della rivoluzione.

() fenèca:paura.

(3)Sciarrocca erailbanditore delComune.

(4)fignecroccedecammenà:vedremocioècosestraor- dinarie,perfinolestampellecamminerannosole!

{5)fèreo:fegato.

() mbrustulà: scottarsi.

(7)deve arrivarelacàvera(lacarica)cioèilmomentoop portuno.

(21)

17

III.

La

festa

Nazionale

Teretùppetestagiurnara

Ca

lazitavoleabballà: S’è conchiusolumatremonio,

Ca

tant’anniavìa frascià.(i) Si

nun

crepapelupriesce,

Quanta

rriseca

n’hamme

dafà:

Si

gn’ammatte

lustrangaglione,(2) Stringi

mamma,

cas’èammuscià.

Pare ca

mo

lacatapuzia(3) Linemicifapurea:

Sis’àrrarealavagnarda,

Lu

velenognefagettà.

Nu

gne volone chiù paure,

Ca

lupàppele(4)eveammortà,

Mo passamme

lifuossetiedde

Lu

fossone(5)

hamme

da zumpà.

Situttierano a

unu

culore,

Chi

aTurino

hamme mannà, Questa

povera vagnardedda(6)

Cu

luzitos’avriacurcà.

Dà gne

sonne chiù d’ancuno,

Ca

lamusica hanno scurdà,

Fanne

accrescie ludigiuno, Solope farnearrevotà.

Ma

lumastrode cappella

Bono

assail’

hamme

truvà:

Non

sesperdeintaalafodda, E’alantome,sà

cumannà

;

gn’è d’ursode Crapera,

La

batturalasa purtà:

Na

teràrade contrabbasso Tuttelu

monne

tefaarrutà.

(22)

18

Dunca

pare chelavagnarda

Cu

ragionevoleabballa:

L’hamme

bonasituara, Tutti

l’avemme

da onorà.

Vivalafestanazionale!

Chi

èsazioha dastressà.

Vìvalatagliaelacrerenza!

^Basta che

avemme

chinelafà!) Potenza,1861.

(i)avia frascià: era andato a monte, ()sign ammattelustrangaglione:seilmaledigolanon ciuccide,(ammatte probabilmente da matar spagn. uccidere).

(?)catapuzia: èunerbache ha azione purgativa; è1’eu- phorbia LathyrisdiLinneo.

(4)pàppele;ilverme, cioèilnemico,lareazione borbonica.

(5)lufussone:lagran fossa, cioè1*impresadiRoma.

()vagnardedda:giovinetta.

IV.

In morte

di

Boryés

(l)

De

profunn’èmortoBorcia,

Lu

diavolo

mo

luscorcia,

Aneina ecorpo.

Era tantonu generalone!

Ma

daintaalufed^one,

Non

giàdafuora.

Cu

lufatto

mo

s’èvisto

Ca

venezeafal’acquisto,

E

se scaaze.

Dascèl’attaccoaPietraadd,

Gnè

fascèlacoschaluvadd,

Ancuora fugge.

Desse,

quanne mmenzo

alupiette, Se senteze nu cumpiette:

Viva1’Italia!

(23)

Fascia tantoluvaloroso,

Ggne

fascenne

nu

pertuso,

Es’ingagnaze.

Venne

appostadala

Spagna

P’accattarselapapagna,

E

s’addormeze.

Dopo

fatteI’attaccoa

Mosca

Sepigliàzepagliaeiosca,

Se n’annegghiava.(2)

Ma

lu^tempenu

Pavé

avutte,

Gne

salaronolupresutte,

E mo

se cura.

Quanne

sentelaReggina,

Ch’

è venùrossalafarina,

Arronchialumusse.

Vulia serve a nu regnante,

Ma

èmorteda breante

4nnuratamente.

Quanne

mainu breante

Ha

mise aiutrononu regnante

E

stànu sonne! Curaggioso,

ome

forte,

Cumbattia

doppe morte,

Ma

culizappele.

VivalaSpagna, viva Buorio E’

venù

adasciàlucuorio.

Saluteanoi.

Potenza 1861.

(»)IosèBoryes, catalano,nellasperanzadisuscitaredei motiinfavore della monarchia caduta, penetrònellaBasilicata nell’ottobre del186xe,dopovarie azionibrigantesche, fracui l’assalto aPietragalla, fu fucilato a Tagliacozzoildi8dicembre dello stesso anno.

(2)Sen’anaegghiava:sene scappava.

(24)

20

V.

Alla Commissione Parlamentare

venuta

in

Potenza

nel

1863

0)

Bommenuta

lideputare!

Che

favore

mo

soquestil Favorire,

ma

stipretesti

De

breanti

l’hamme

da

duvà

;

Lu savemme

casirevenure,

Pe

verède chesitratta.

Chi

ne dà pane

chiamamme

tatta,(2)

E

chinebattes’hadastracquà.

Cumpiatiresine truvare Senza segge,a.nabuffetta;

Ca

statassa bèneretta

Manco

ludiettonefàresta!

Dasciamme

gitant’atiguai

Ca

savirechiùdenoi;

Sorialivenure davoi

Ve vulemmè

ringrazià;

Bellubene che

hamm’

avutte

A

lu

meno

teconsola!

Ne

batti'alaViola,

Mo

lufìanc’ nefascharnà;

Assupparevelusuròre, Avirefattassadefesa, La stuvala ancuora è appesa, Tuttelusevesen’è squaglia.

Aggiustacelostubannaglio,(3)

Ca

sedievastumale cuntento!

Nun fascemme

ca n’atuvento

Mo

n’avesseda derrupà.

(25)

21

Sa che pesce canoipigliamme Sis’affonnalabarchetta1

Gne

vurriapòlacarretta

La

triacap’ arracà.

Mo parlamme

deatifatte Giare truvenn’alibreante?

Somme

noituttequante,

Ca ngampagna nun

gne nesò;

Si,gne sow^l;

ma

sooneste

A

confronter aiquedditali,

Ca

pe'fElPnbberali Solopensanod’arrubà.

Mettirelipesi,e

nun

verire

Che hamme

piglia lucape abadde?!(4) Sipò nciàmpecalucavadde Arretentrete

hamme

daturnà,?

Ca

penoiè

meno

male,

Chiù

luguaiosarràluvoste,

Chi

chiù àvute teneluposte

Chiù

l’azzuoppe à dapiglia.

Tre alu

monn

soliputente:

Papa,Re, echi

nun

haniente.

Iosounodiquesti tre, Diggelacosa

come

è;

Alla finena peddatiegne, Purelastrazzasim’ attocca;

Ma

ludiggieculabocca:

Quanta

viaca vuogliofà!

(x)Alla fine del febbraio del1863vennea Potenza una com- missione parlamentare per studiareiprovvedimentinecessaria distruggereilbrigantaggio:diessafacevano parteSirtori, Saffi, Bixio edaltri.

(a)tatta:padre.

(3)bannaglio:matassa.

(4)hammepigliàlucape a badde:roviniamo per una china pericolosa.

(26)

22

VI.

La mmesca pesca

(ilmiscuglio)

Data

seramimiglierà

Me

fascè na cevuddara,(x) N’assaggiainafercinara,

Non

puriettechiùmagnà.

Fo

eh’ami

me

vennentesta

D’ammetà

certifrastieri,(2) Se metterene daconsiglieri,

La

fascerenempasticcià. *

Chi ammescava

cavolieacci,

Chi

lapastaelapatata,

Quedde

nacosa,e

quedde

n’ata, Niente chiùs’accapezza.

Lu

pasticciopropiovero,

Quanne

la

sèmmela

gnecalaze,

Lu

pocouoglio se1assuppaze, Cataplasmo addeventà.

Sempe

la

semmela

giànzova, Se formaze nusulare:

Chiù

venia remmenare,

Chiù

nucuorioaddeventà.

1pigliailazappariedda

Pe

scava

queddu

tempone, Loro,cancro,ogniboccone

Nu

lufasciennerefreddà.

S'abbenchiarone(3)acrepa panza,

E

fascienne(4)limastresse,

«

Che

soqueste?chesoquesse? Noi

v'avemme

da mparà.»

(27)

-

23

— Me

saglièlu

verme

intesta,

Gne

desciettechiare chiare:

«Ssu

magna

tanto avantare, Dard’ensognaquinedà.»

Nun

parlarono;iopecorrivo

Gne

cacciailistrascinare, Miegliosefosseneattuare,

Me

fernenne d’arruvenà!

S’incarnarene,eognigiorno Vòlene

sempe

libonibocconi, Loro carneemaccaroni,

Mando

pane chiùpozz’avè.

La

bon’

anemé

de Testone Prima

tempo

l’annevenà:

La

mescuglia è na vampuglia,(5)

Lu

fasulofasazia.

Potenza1863.

(1)cevuddara:minestradifave ecipolle.

(2)forestierierano in quei tempia PotenzatuttigliItaliani, non appartenenti all’anticoRegnodiNapoli,venutiquiperra- gionid’impiego od’affari.

(3)s’abbenchiarene:sirimpinzarono, (4.)fasciennelimastresse,cioèisaccenti.

(5)lamescugliaènavampuglia, cioè ècomeunafiamma che poco dura;èun cibo chenonsazia.

VII.

Carnevale

del

1865

(l)

Carnevaleavisce diette Vaitruvennelimaccarone!

Pur’anoisavienne bone,

Ma mo nganna

sorrestà.

Che

nedàscia?...nasajetta!

Mo

ca'fau lutestamente,

Ca

da cente paa cente

Pe

lurrest’

hamma

turnà!

(28)

24

Pe

lacanna Carnevale S’ha da perdeluteniere!(i)

Nun’

è

sempe

Sante Daviere,(2)

Sempe nu

vento nu

mpò mena

!

L’ appetite èassaimurboso!

Stanne fascenne lusott’encoppa,

Arreggemm’

a purtà ngroppa

Ca

starrabbiaha dapassà.

Ne sentemme

lirrareare

Ca

n’arrivanoasciutt’asciutte;

Come

n’ossede presutte

Chiù

spulpare

hamma

rrestà.

Mpo

èlummaste,e

mpo

lasedda,

Mpo

lubuoje,e

mpo

lavacca,

La

capezza

nun

sestacca Int’

Roma quanne

se

và?

Chi

netiratorce strara,

Chi

va appresse

nun

setira, Noi

fascemme

lutiraestira,

Che

zelòppa(3)

hamma

piglià!

E restamme

talee quale

Com’

aAngelo

Uogghimbonne

(4),

Ma

stugiuove d’acchiuppl’asconne(5) Ncarche maschera ha da duvà,

Tu

vuo stennequilipiere,

E

nonsaica doppe morte Silucodderrestatorte Lavative

n’amm’avè.

Tu

lu-saicaquisigiuova?

A

nglisenglosintalafossa,(6)

E

latassaculatossa

La

umberiafaattassà?(7) Quest’ èdazio,e quedd'è trone,

Quest’èmobele, quedd’èferme,

Lu

cuddarefaliverme, Noi che giuove

hamme

da giuvà?

(29)

25

-

Arrevasseme addò

hamma

esse,(8)

A

lu

meno

se mpenneria;

Sirrestamm’amezzavia

Quanta

zèppele

ch’amm’avè.

Nu

muri:

giamm’

aTurine,

Giamm’

afaliDeputare, /

Cu

li

amme

ncavalcare,

Giamme

semp’adidesì.

Sine cantanolifuogli

Ca

lafaccia è lucuzzette, Noi

sunamme

lucularenette Lifascemm’ accujetà: Sino,

giamme

quiacent’anne,

Ca

sefalaferravia,

Mo

lazelalaattamia, Sott’aBorsa

ham

da mbarcà.(9) Stattebone Carnevale,

Ca

chiùappress’

avemm

bene,

Quanne

torn’avanne cuene Fuoralaportahaidamagnà.

Potenza,febbraio1865.

(1)Perdere lu tenière(delfucile)perlacannavale perdere iltuttoperchèunapartenon funziona più bene.

(2)Nunèsempesante Daviere:altromodoproverbialeper direchenontuttiigiornisisomigliano elecose possono cam- biaredaun momentoall’altro.

(3)zeloppa:caduta precipitosa.

(4)AngeloUocchimbonne,cioè dagli occhiinfossati,era un vecchio mendicante.

(5)Giocaread acchìuppl” asconne èilgiocare a rimpiattino.

(6)Anglise nglos ecc. èunaltrogiocodiragazzicon dellepallinedilegno.

(7)laumberia:tosse ostinata.

(8)cioèaRoma.

(9)sott’aBorsa:sullaviaestramurale,fuoriportaSanGe- rardo è unposto,indicatoancheadessocon questonome,dove un temposiaccumulavanolespazzature.

(30)

26

Vili.

Fa acqua a

la

pippa

0)

Mo

ludigge,e bonanotte, Allafineche vene, vene: Se sovisteli

mmosche

prene, So quatt’anne nu

mponne

figlia.

Tutte pemièree,epe

mammane

Se ne

vanne

liturnese;

Somme

rrumasispase espese,

E

chiùluvinnele;(2)s’èmbruglià.

Hamme

fatte

come

seconta, Cicine(3)rrott’esenzalatte,

Gne

chiaffonna alupiatte:

— Bene

miochiagge truvà!

Prima

giemm’

anu menzette, Tutte fasciemnela

mula

zoppa, Mo,tre

tummule

epurengroppa

Lu

mulattiere

hamma

purtà.(4) Sarrianiente,en’atutanto

Paarriemme cupiascere;

Da

quatt’annechesevere? Sololacorda deterà.

Avemme

tuort,e

cammenamme Nu

nne

vutamme

detestendrete,

Ca

sinoi

nzeddamm’

arrete

Lu

mattascione(5)gn’hada pensà.

DiscezeboneziCuttèra:

«Aviscive panecacannelline!

Nu

nsavire eh’ astifestine

Sempe

liruoss’

hanno

d’abballà.

(31)

27

«

Che

ne

vulemme

daluRegnante,

Ca

severestumale cuntente, Silicorse (6)alu

cummente

Noistesse

l’hamme mannà?

«1nu nfacce unufascie

Ca

gne sonne purelibone, Sì,ne portanoliragione;

M’

aluventeponne abbajà.

«

Hanne

datt’ a chistrissava N’ osse

mmocca

sane sane,

Lu

cetrulede d’urtulane Drete anoi

mo

had’arrutà.

«

Mo

sefa chi afferra afferra Ncape,mpere,eognilate,

Queddu

malediSant

Dunato A

queddavianu

mpo

afferra?

«

Nun

è

luchiant’amare,

Quanne

veneno queddii appresse!

Silu

morbe

èpurelustesse, Sante Vite gne vole pensà.

«

Mo duvamme

lumale cuntente,

E teramme

lucarré fuora.

Si

restamme

tutt’all’ascura

D’une

d’aten’

àmma

ratta.

Potenza,5febbraio1865.

(1)Nella prima edizioneiltitoloera questo:« Stu tempo ca corre fa acqualapippa e pare ca è depècuralamescisca(la carne disseccata èdipecora),vale a dire sono tempidigran mi- seria.

()vinnele:bindolo.

(3)cicinerotteecc.recipiente a formadifiascodiargilla: è un’ altrafrase cheindicalastrettezzadeitempi.

(4)Alludeall’aumento progressivo delleimposte.

(5)lumattascione:ilfrustino.

()corse:cani corsi, cioèideputati.

(32)

28 IX.

La partenza per f America

MecheleSciarrill,haipersoluciuccio, (i)

Mo

lu

mmasto

vaitruvenne.

A nu

sàliscetepuò mpenn'e,

Lu

maste vecchio

nun

truovechiù.

T’accattasteiurumaste nuovo,

Quedde

capongglustraqquale,(2)

Nu

lusaieh’ognianimale

Aveza

testa,esaneva? L’haivistea morre,‘amorre

Povera genta cu

me

.sfratta:

La

camorrafalaratta,

Lu

prugressenefa.scappa.

Lu

vedetteluciuccio tove,

Pe

la

fame

giàcarenne,

E

nu cane gnegiàcantenne:

«Toltamialamerolà.» Poverociuccio,gi'afascenne:

«

Che

travagliocam’ è venuro!

Pe

stamieglio,muro,

muro Sò

reduttoa

cammenà.

»

«

Mo

techiange

desselucane

,

Ancuoraladùscia(3)eveappicciara, Chiangerraiquann’èammurtara,

Ca

tesent’arrareà;

Te

piascezedigistrissenne Facelipierit’avivecotte?

Mo

vurriscilubucconotte,

Lu

dretepastohaid’assaggià.»

«losociuccio;è

meno

male, Mèretad’essecumpiature;

Ma

limieglie cavalcature

Mo

sestannoamuzzeà.

(33)

29

«

Chi

crerl'aca

mo

Sciarrill Avl'adaiesceda fuorapatto,

Me

cagnazelucuntratto,

La

scrutturanonfa truvà.

«Foz’lupatto a

menza

salma,

Po

damenza, a

una

e menza, Etrasù

’ncumberenza,..

Caccialo

mamma,

ca m’ habascià.(4)

«

Una

salma sova adata, N’atasalmaèpreparata, N’ata

m

postaèpelastrara, Pensafutre(5)a

cammenà.

«Aviad’orgio,epolabiama,

Da

labiamaancarchescaglia,

M’

duvà mo

purelapaglia, 1chevitaaggiamenà.

«M’eratantombriacare, M’ avia miselutorciamusse,

La

canzonadiCaprabbusse(

6

)

Mo me

1’hafattaarrevurdà.

«

E

chite1’hafattalabuva,

«

Te

l’ha fattaluzuco de d’uva,

«

E mo

casiassincerà,

«

Mannaggia

daqui,

mannaggia

dadà.»

«All’

Amereca giammenenne, Qui

se fàcu tantateste, Siparlamm’

avemme

lurreste, N’

hanno

troppoaccavaddà,

«

Ne purtamm

aCussidente,

A

RoccoBisciosciaculutrombone

Gne dasciamme

luavetone, Selufernessened’alleccà.

«

Ne truvamm’

intaastuballe,

Mo

rattammenelucuzzette, Silu

mmaste

neva chiùstrette Tutt’arriseI’

amma

piglia,

(34)

30

«

A

Sciarriìlnelu

purtamme Cu

latestecutulenne, D’ acceprevere va cantenne:

A

luspetalerequià!» Potenza,1866.

(1)Èinutiledireche lu ciuccio de Sciarriìl èilpopolo: l’asinobuono, pazienteecc...,propriocomesidiceoggi.

(2)stracquale:eunacinghiachecircondandolenatiche impediscealbastodiscendere sul collo dell’animale nella discesa.

(3)dùscia:luce,per lucerna.

(4)caccialo,mamma,cam’habascià, letteralmentevuol dire:

mamma,mandalo via chem’hadatounbacio,parolecheI’A.

metteihbocca al ciuccio di Sciarriìlprendendoledaquelladi unafanciulla a cuiilfidanzato,entratoncumberenza, hadato unbacio.

(5)futre:parola dispregiativachesiusaancora;valefa- rabutto.

(6)Caprabusseera l’intimatore deipagamenti della fondiaria, uomoquasisempre ubbriaco:ecco perchèlasuacanzoneparla delzuco ded'uva.

X.

Air Italia

,Povera

mamma

nosta sfurtunara!

Licaniancuora corronoall’addore,

c

legge averamente decretara!

Chi

nasceafflittoscunsulare

muore

!

Ma

tusina reginariccanara,

Non

crerecasia fattanotteancuora:

Da

queddistessicasistastrazzara,

Mo

t’

hanne

dasalutàda ransignora.

Tu

sinacreretricea bonafere, Scippa

quedde

ca puoiallagiurnara, Appresse,tempo passa e Dio pruvere

(35)

31 Sil’avucato(i)volena buccunara,

Pe

rnocatusincùrenahaidacere,(2

Ca quanne

pòsimartieddegn’è atastrara.)

(1)Chi sià Pavucatonon è facile argomentare;nellaprima edizioneilsonettohaquestotitolo:«Chin’aggiuta vole rruseà » cioè queglicheciaiutavuoleguadagnarequalchecosa.La mancanzadidata rende oscuraPinterpretazione.

(2)adesso cheseiincudine devi cedere.

XI.

Chi

vole

va

e chi

nun

vole

manna.

Giamme

a

Roma, giamme

frà

Giamme

lu

Papa

asupplica,

Ca

vicariosiadiCristo, r

Ma

lu

Re

nuI'ha dafà.

Casomai

capuòntustasse, Noi

turnamm’

asupplica.

Ses’imbruoglianolimatasse

Nun avemme

pòchifa.

Giamme

a

Roma, giamme

frà, Jeddelarazzianelafà;

n

larognaeh’aveattorno

Ca

1’hafatto

mpò

ntustà.

Noiallegrine

turnamme,

SalutennelaSantità,

Addò

Vittorione

giamme

:

Viva,viva sua Maistà!

Giamme

a

Roma,

e

giamme

frà, Noilapalma

hamma

purtà:

Cu

lupriesce,ei’armunia A

Una

PItalias’ha dafà.

Una

vosce,

unu

sfrisse: Silu

Papa

volefà, S’abbracciasseluCruggefisse,

*

Ma

Vittorioha daregnà.

(36)

32

XII.

La Crociata

Viacurrirevagnenciedde,(i)

Ca

se

vènnene

a stuppiedde Int’a

Roma

l’ìnnulgenze

Da

luPapa,eliMenenze.

S’eve avertalaCruciata:

Va

allatestaCicco detata;

Cu

stascusaliGesuiti S’

aumentano

lipartiti.

Giareprestoafalapesca,

Ca

poavirena cosafresca:

Mo

rrutedd’eartefìcio,

Po

tortureeSantoUfficio.

Mo

èlu

tempo

d’ess’accise, Giaredrittemparavise

Cu

n’

Anodica

a metraglia

De

lu

Conte

d’Seneaglia.

«

Bonvenuta —

disce Cristo,

A

ssu

Conte nun

l’aggiovisto, Tanto

tempo

caiol'aspetto;

Gne

mancasselucataletto?

«

Che

nutizie

me

purtare

De

lu

monne

ngravugliare? »

«Si

nun

mettela

mano

tova,

Vanne

licosesottosova:

«

Lu

nnabbissodescijalaPuta,(2) S’

hanne

spennalacuta cuta:(3) Niente chiùsenecapisce, E’

nu

fuoo ca maifernisce.

(37)

33

«

Vene

rossa la farina,

Chiù

non cerne Catarina, Tuttoè fattaconfusione,

E

chiparlava mpregione.

«

Mo

lu

Papa

pure n’ha mise

La

Cruciatap’ess’ accise, Noipe quesse

somme

qui,

E

quant’aten’

hanna

veni. »

«Giacchéèquesseascirefuora.

Giarevenn’allabanora, Mparavisenunè lucanna,

Chi

è quesso che ve

manna

«

Che culpamme

noipoveriedde!

Sentemme

dipelipurtiedde:

Dioncielo,e

Papa

nterra

A nome

tove

fascemme

laverrà. »

«

E

tantaciucciaviredaesse,

De

gicontra avoistesse!

A

lu

Papa

ognirispetto.

A

falu

Re

nulupermetto.

«Va,turnare egnédescire,

Nun

avessetant’ardire,

Ch’è

passàlu

tempe

de vava,

Quanne

Bértelatelava.

«

Chi

èche vaallaCruciata?

Ncarche

anema

desperata!

Siretantacrusci'are!

Manco

ancuorave casteare!

«V’aggiodattealu

Re

voste,

A

Vittorioil’aggioposte, Soloaledd’aubberire Ate chiacchiere

nun

sentire.»

y

(1)vagnenciedde:giovanotti.

(2)LaPuta:donnascherzosa,secondo è dettoinnota nella vecchia edizione.

(3)

lacutacuta èlagallina:cosiledonnechiamanoipolli quandodannoloroilcibo.

(38)

34

XIII.

A Pio IX.

Ma

dimrne, santopatre,incuscienza?

Come

puòfàlu

Papa

eluRegnante?

A

quanne, de morte, firme na sentenza,

Lu

Cristo,braccia averte,lutienenante?

E come

poavè tanta pacienza?!!

Ca

sìvicariosove,e fradetante

Te

staipiglienne tantacumperenza,

Ca

faid’appaltatore e sovastante!

Situsisanto enunsìtantazione, Repara ca moresse tanta gente,

Ch’

èfucilarape devozione.

Non

saccio

come

Dio ne tene a mente.

Dacché

s’èquimpruogliàlapreggissione PoveranavadiPietroa acquaevente!!

XIV.

Sul

potere

temporale.

Se

I'Italiauna, e che banora!

Lu Papa

avesseda esse

matemenare

? E’capodelachiesia,

ognuno

l’adora,

Ma

ca volefalu

Re

sa

mpò

d’amare.

Intanto

mo

sefàstucongestora, p’addeggerirlempo’ castaacciaccare, Sedisce:lutemporale

manna

a malora,

Pensa

aluspiritualecastàattrassare.

Chi

volefalumièreo elunutare,

Nun

fanè nu strumento enè nacura,

E

senzaconchiureniente,stampicciare;

Dunca

pe esselu

monne

arrevelare,

O

PietroI’ha dafàagiustamesura,

O

quessa èlaviatova,passacumpare.

(39)

35

XV.

Una parola

al

Papa.

Fernèmmela

mo, Papa,stacanzona,

Ca

non

savemme

marzo che ne

mena, Tu

fai:buoiepasce,

campana

sona,

Nun sempe

canterrailumareelena.

Arrospe

come

ludepre a,iu feddone,

Te

crirecanoistascemm’ intaaladuna,

Non

èVittorioe

manco

Napolione, \

Somme

noica

vulemme

l’Italiauna.

Mo nun

segiuovachiùamungiardino,(i)

Ca

d’uogghie l’haveaverte cch’iùd’ancune:

Nu

lufarraichiùtuluPallarino,

Ca come

tunecante,

giamm’

atuono.

Te

1’

hamme

ditte

sempe

culibone: Fairegghiede mercant’ avaio viene, E’lurispettoalareligione

Ca

nont’hafattodi:terramantiene.{2)

Nu

gitruvennevai( 3)culalanterna, Cuntentati a cantàlusestoenone Sino pòvired’urs’alataverna, Perde d’uva e d’ascene,e.stattebone.

(1)giocare amungiardino:amoscacieca.

(2)Canon t’ha fattodi:terramantiene:cioèche nontiha fattotremarelaterrasottoIpiediinmododafartidesiderare che stesse ferma.

(3)Vai:guai.

XVI.

Il Concilio

Ecumenico.

(1) Senti,Pio

Nono

mio,teparlochiare,

Cu

ssuCuncilio

muove

nuterrore:

Tu

saica

mo

lu

monn’

è struvegliare.

Che

servechiùdefàtantarumore?

(40)

36

— Mo manco

puoifachiùluputeàre:

Se

vennene

1’indulgenzieavapore;

Natu Don

nfallibileeramerciare, Falleze,eiuchiamarenempallatore.

Ne dimme

:èvecchio Dio, o chiù

nun

vere?

Che

hadatte tutteatilifurnesure,

O nun

pensaze a temp’ afarsicrere? Situ

accummenz’

addò Cristo hafernure,

Dunca

purefalleze?e

mo hamme

dacrere

Ca

siinfallibiletu! U’che impusture!!!

(x)Nel luglio del 70ilConciliòecumenico convocato a Ro- madaPioIXproclamòildogmadeH’infallibilitàdelpontefice.

Viparteciparono 683 vescovi:quellodiPotenza,monsignorFa- nia,cappuccino, votò contro, confermandoletradizioniliberali dalcleropotentino.

XVII.

Il riscatto di

Roma

Hamm’

avutte

Roma

allegramente, S’èpiglià luCuvuzze (i)abottede pugne.

La

nave

somme

rumase a tenèa

mente E

s’è calmàlabuoria,elufaugne.

(2

)

Somme

giùstressenn’:evviva,evviva, Pecchè

hamm’

avutte d’uovescuzzulare,

Lu

striss’è

come

d’acquaintaalucrive

Ca quanne

vaipe beverestengannaré.

Pensamme

ca

nun

ne scappa dali

mane, Perdemme

sieicent’annidefatihe, Duràre pestrapparladalucane:

N’avessen’afalispaddecom’ afihe.

Savìre ca èstanu contratempe

Ch’

hafattola

dupa femmena

ncappà?

Lu

mascolecrerireca

nu

stà

sempe

Attentoalla

cumpagna

arescattà?

(41)

37

— O

crerìrecaèduposularino?

Sa quanta dup’edupacchieh’aveattorno!

MasteLiola (3) assai èmalandrino Limani nefastrengecu nu cuorno.

Setrattaavè chefaculucarbone,

Ca

quann’ è mortotenge,evivoarroste;

gne

manca

labonantenzi'one

De

vulèreturnàa lustessoposte.

«Senza vulerediDio:

disceieddestesse

Nun

pocarèdad’àrbelena fronna».

Dunca

Diostesse

mo

ne1’ha permesse

Duvargne

dalimaniladoppiaionna.(4) Noi

non'hamme

fattaresistenza.

La

peraeramatura e ècarutta, Scrupole

nun avemme

de cuscienza Nè,

come

lacosapare,è tantabrutta.

Quest’era robba nosta usurpara S’èrescattàcuforche,ecualèra,

Tenemmennella

bona cunservara

Ca

vaianoisitorna pò com’era.

(1)Lucuvuzze é un piccolo monte a nord-ovestdiPotenza' pigliarelucuvuzze a botte depugneèfrasedialettalechesi- gnificacompiereimpresafacile.

(2)lufaugne:ilfavonio.

(3IMastoLiola:Loyola cioèiGesuiti.

(4)ladoppiaionna:iadoppia fionda,ilpoterespiritualee iltemporale.

XVIII.

Air

Italia.

Erapussibelemai!

Unu

stuvale, S’avienne da càvzà

Duchi

eRegnante!

Fasciennelumporchia esforchialuammale, Chi gnestrazzava lu drete,e chiLavante;

(42)

-

38

-

Doipieriintanascarpa,ènaturale,

Ca

nonsipuriadà

nu

passennante;

Ma mo

s’èditte:uno èlustuvale,?

E uno

èIupatrone,e

nu

gnèsante.

Mo

queddi

rumanure

depierepenterra,

Chi schama

danu canto, echidan’ate,

Chi

fùlmena

lascommunea,

echi la verrà..

Ma quedde

eh’èscrittoèscritto,dessePilato, Ev’asciuralasentenzia,editte sterra,(i)

«Vittorioèlupatrone,enisciun’ate.» Potenza.1870.

(1)dittesterra:e basta.

XIX.

Fra

il

poeta

e la sorte

Vurriasavèdati,sortascurara,

Chi

hafattopiglial’azzuopp’alicolosse. (i) Fossestalammiria?

Limale gente,larrabbia,lutraremente?

Niente

E’stàlaperfìria?

O

clamore depopolo,crer’io,

Ca

èsentenziadiDio?

E’stal’abuso,olaterannia?

— O

via!

— La

ngiustizia,lumalefatto Li veleni, luSantoUfficio?

Nient’affatto

E’stàludoidecembre?oquestaverrà? L’innulgenzie,eli

scommunee

terra terra?

Nientedituttoquesto!

— Dunca

sepo savè che càncheroèstà

Ca

tuttiedoidebotta1’hasfrattà?

L’infallibilità.

(x)Licolosse:PioIXeNapoleoneIII.

(43)

39

XX.

L’ avvocato

in

Paradiso

ossial'entratainRoma

V’aggiacuntànufattecriuse,criuse

Ca

gezen’avucatomparavise;

Ma

fòch’eramalatoluZerlùse,(i) E San (Jiuvannefascezestustravise.(2)

La

moffa l’avucatoaviaalunase,

Tant’annieh’addurava peluattare,(3) SanPietromai gne desse:«vienetrase, » Savia ca gne brusciavalupagliare;

E

com’infattefoze;e

mo

sentire,

Ca

purelucuglionaze,e

nun

sicrere;

L’affaredellaPrussialasavire? LuigiPagliarotta,(4)avèlippere.

A

Pietrogne

muè

lavermenara, Rrestà

come

alupàppePintaa lafava, Lest’avèze dacorreladavannara,

Ca

tuttelucammesciuottese zelava.

S’avèze dagìantanàintaaludiette, Licoppole curriennesott’esova Mast’Antunieddecotte,e

menzo

fritte, San Pàvele s’ascunnèdretea na dova.(5) Sant’Angelodoispatesfutarare

Fa

vulialisòletebravure, Creria ch’erene pureappapagnare(6) Tantadiàvlenuove ca sosciure.

Fascènuparapiglia,nasburrara,

Lu

fornes’appicciàpelapaura;

Nunn’arruvazeafa

menza

mpurnara, Perdèlupane,lufuoo,elamasciarura

(44)

40

Senteze l’avucatostasunara:

Parìanutoctabballa,(7)egi'astressenne:

«Ev’ arruvàlachiena alaiumara,

Lo

porce

mo

èlumio, e

me

nempenne. »

vett’aSan

Giuvanne

purtanare:

«Carutto èintalocascio lumaccarone:

Stu povero vagnenciedde(8)ècapitare,

Me

1aggiaspezzelà

come

a peccione.» Sentireche pensara cafasceze,

Da

veropagliettonesepurtaze, Tugnetto e Monti accantosemetteze

E

tuttilimàrtirinostilimpustaze.

s’accustà alaportaetuzzulaze,

— Non

possumus

daintarespunnia Giuvanne; «

Lu

torciamussesespezzaze,

Lu mulo

èdurrupà

mmenz’

alavia.

« Arbe, casoio,solunutare, Soasciòpegiaccattòlumereamente.

La

cartaporto,penne e calamare.

SanPietros’ha dafalutestamente.»

A

forzaarbèlaportaSan

Giuvanne

;

E

desse:«

bommenuta,

vienet’ assetta, »

E

ieddeaccumenzaze:«u’da quant’anne T’ave aspettastaseggiabeneretta;

«Tu

sai?caquestu postoeraassurpare

Da quedde

vecchio

menze

nzalanure(9), SeI’hapigliòcutìcasisfiancare,

Cu

mi,latestadattaavriaalumurj.

«Tu

fust’aGiese Cristeprecursore.

Tu

calubatteggiast’esicumpare,

Come

venèluvecchio apprettatore?

Ca

s’assettazepèsele,et’hacacciare?» Restò

Giuvanne

com’a

nu

cane ciuoto

E

nun savia mane’ addò responne.

Chiù

assaipò l’avucate denguaggiuto

;

Te

lusturdeze,etelufascecunfonne,

(45)

41

Ma

pòse ripiglià lusemplecione, E desse:«epurelusacce, echen’accatte?

Nun

sai,

come

fu fattostupurtone?

E

maste Custantine che mal’ hàfatte!!(io)

«

Che

porte,che purtone?se trasìa!

Nu

gn’erap’assettarnenupesùlo,

Lu

varosemp’ averte quistasela:

Face’eralamassariade Rezzùlo;

«

doppefozen’terrafrabbeare,

E

lusaglieronosovaanupallone.

Non

neparlantine chiù.Sosfurtunare,

Nun

aggioavuttemai prutezione!

«1nu spaddaggioaviett’invitamia, E pure m’ aggiustaze pelafesta,

Ca

doppo tanta bene ca

mu

vulìa All’ùtema

me

fascè tagliàlatesta;

«

Mo

che genia truven neli

mosche mmuola!

<”) 50solo,e pò m’ abbuscolustufate, Stuposto

me

farrialacannavola,(12) Nanniente caderria:socarcerate.»

A

stiparolechiùludutturone

Pigliàcuraggio e desse;«echeteschante? Affacciate,cavirequanta squatrone Tutt’a favore tove da nnante nnante;

«

che paurahai,soiocuti,!

Fa

lacausa,eaCristotepresente,

Mo

tacciola

dumanna,

esent’a mi,

Lu

postotul’avraifradoi

mumente.

» Fasceze na

dummanna

marteddara,

Ch’

aGiese Cristelufrontegne suràva,

Nu

lafernèdelegge,a

menza

strara

Gne

desse:«hairagione,atiaspettava.

'<

Ma

ipò che ne sacce destufatto,

Mo

m’

hanno

dittecaPietro sta malato,

Nun

sacciecuchiàfattostucuntratfo, 51ioso lupatrone,olucrìato.(13)

(46)

42

«Porte,pftttone,purtiedde,purtunare, Legge, chiave, camauro,basciapere,

Scummùnee,

indulgenzie cuntrattare

Tu

vire!culabuntà che

me

succere!

«Va,fagnellalegge aleddestesse,

E

digne,catefascesselacunsegna,

-Ca

fno,pe

mo Fha

da dàpussesse, Devasse dalaporta

quedda

nsegna.»

Leggè San

Pietro,e

come

anafui'na,'

Currìa,e gnepassaronelidolori,

Chiangenne

nnanta Cristo: « ah!che ruvina!

Ncielo

mt^so

trasùlitraretori ».

«

Che

traret^ji!Pietro vaitruvenne,

Lu

troppe e troppe!lusaicafacrepà?

Tu

tanto a poco, a pocosigiùtrasenne,

Pe

tignecalabarracca è derrupà.

«

Mo

pure cu mi.lichiacchiere

vuò

venne?!

Lu

virecalamatassas’è mpruglià.

O

pigliatilibértele(14)e vattenne, O,Pietromio,nonn’aggio chetefà.

«Pietro,

Tu

sai,cheiteparlochiare:

FagnellalacunsegnaaGiuvanniedde;

Tu

saicheitepozzespodestare Dalla seggiatepasso aluscagniedde.(15)

Quanne

sentèSanPietrostitrunàre,

TutteluParavisegiàcarenne:

— Pe

caretà,Signore,metterepare,

La

tigna(16)culi

mane

se giàsceppenne.

Abbattagliavaforteluscuràre: (17)

«Signore!falacausa, e pòluvire,

Pe

na papocchia(18)che t’hanno appurtare,

Tu

tanto,tanto

mfame mo me

crire?!!

«

Oh

!PoveroPietro:superpetramhanc, Battia lu

monne

ntiero,ch’aggioabbaglià!

Mo,

super petramhanc,ntang,ntang, Lispadd’mie

me

sent’arramaccà.

(47)

4?

«

Ma

(19)Jedde ha l’avucate caludefenne,

E

pareeh’avessetuttalaragione, Sivene nat’avucato,(sevote tnpenne) Sefà lacausa,esenzaquistione.»

«E pureiotel’accordo statuverse,

(Gne

desse GieseCrist’)epureaspette;

Ma

pòtepozzedieh’è

tempe

perse,

Ca

s’èsfigghiàda vero

mo

lucurpette

«Basta...

Ca

siafernura.lopure t’accordo

Lu tempe

tigneca venenat’aucate.

Da mo

da nante nonfacciochiùlu sordo, 50iol’infallibile,enisciun’ ate.» Frattante ca fasciennestucungestora,

Trasènnetuttel’anime mparavise, ListatuediPasquino ede Martora, Pure Jupriesce loregn’ avienne mise, San Giovanne, ascètutto presciare,

SanPietromuzzacavalufasulo:

«Lanfallibilitàm’ ha arruvenare!

E

tuttechignecolpa?.,

queddu

mulo!

Aggio passa cchiù

mbonna

laiumara (20)

E mo

im’aggiasperd’intalafodda:

Già

ebella

mo

è fattalapensala,

Ca

de dasciàstuposte nun

me

ncodda.

Diete alaporta mettonatraversa,

E

digge ca m’

hanne

poste carcerato:

51

mo

sefalacausa,èbellaepersa,

Nu

cuornetras’incielo nat’avucato!»

Potenza,1870.

(x)luzerlùso:ilbistetico,ilburberochesiinquietaper niente:taleèlaqualitàcheicontadini attribuiscono a S.Pietro

(a)stu stravise:questo errore.

( 3 )lu attare:bucafattanelleporte perlasciareI*entrata algatto.

(*)èevidente che allude a Napoleone111:nonsicomprende

(48)

44

perchèlochiami Luigi Pagliarotta, che èun nomignolo comune fraicontadinidiPotenza.

(5)dova:doga.

(6)appapagnare:presidalia «papagna»(papavero)cioè dormienti.

(7)toctabballa:giocodiragazzi chesifaconlebacchedi unapianta.

(8)vagnenciedde:giovanotto.

(9)nzaianuro:scimunito.

(10)masto Costantine:allude alladonazionedell’Imperatore Costantino alla Chiesa.

(11)limoschearnimuola:Jemoschea volo.

(xa)mefarrìalacannavola:mi farebbe gola.

(13)criàto:servo.

(14)bértele:bisacce.

(15)scagniedde:piccoloscanno; passare,(insenso attivo), dallaseggia aJuscagnovale destituire,punire.

(16)latigna:icapelli.

(17)scurare:disgraziato.

(18)papocchia:fandonia.

(19)Jedde:cioèSanGiovanni.

(20)iumara:fiumana.

XI.

Lu chiù

pizze fredcT è lu

fuulare 1879

Spolpatene,

Mengenza

mia, Aggio truvàstuchiantalere!(i) Senza

fumo

aliciminiere

Doppe

dece

anne

ca soturnà.

Statt’allegra,

nun chiangemme Nun fascemme

licriature

Mo

ne

magnanime

liscorzedure Appresse

avemme

lutallirà.{2) Ancuora èniente,è giuove derose

Figne a tante can’

avvezzamme

A

stadeggiune, e pò ne

giamme

AddìiziRrocch’a sternegghià.(3)

(49)

45 Paci'enza,paci'enza,

Desselu

monaco

alavagnarda

Doppe

fattalamustarda

Ca

de

fumé

era piglia.(4) Si

parlamme avemme

tuorte;

So fannonieliragioni

Quanne

sesàcalipatroni J

Sempe

prima hanne da magnà.

senevenelacamorra

De

liservie cammarieri, Licriati,elicucchieri Li famiglielilacchè.

Me

descire:

ma

so tant’anne

Ca

se’rrèmenastansalata,

Quanne

lu

verme

delaNcurnata Liferniscedefaaffuà?

A

chièfàveze pòdigg’ io

Che,

crerirecasonosce!

Solibonicafignea osce

Nun

ne fannegia urbeà.

Ma

si

magnano

lipatrone Pure penoihanne da pensare,

Che,

ve fùsceve scurdare Lipiattecan’

hanne mannà

?

Ne mannarene

liricchezze Mobiliesmobilencrusciare,

Lu

cuntarore,lumascenare;

Che

ne fannedesirerà?

Linemici ne descienne:

— Mo

sedievalumascenare.

— Cu

lufattes’èduvare D’ osse nerestaa mascenà.

(1)Aggiotruvà stu chiantalere:hotrovatouncosìpro- fondo statodimiseria edidepressione.

(a)tallirà:i!boccone saporito,

(3)Pigne a tante ecc.\:finoa chenonciabitueremoa star digiuni,chè alloraandremoastemegghiarcialcamposanto (ziRocchene erailcustode).

(4)lamustarda ecc...:quandosiaccorse che,.,lapietanza nonera riuscitacomeerasuo desiderio.

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